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#synod24 – Presentazione dell’Em.mo Card. Jean-Claude Hollerich, S.I., Relatore Generale del Sinodo della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 15.10.2024


Presentazione dell’Em.mo Card. Jean-Claude Hollerich, S.I

Traduzione in lingua tedesca

Pubblichiamo di seguito la Presentazione della Parte III dell’Instrumentum laboris dedicata ai “Luoghi” che l’Em.mo Card. Jean-Claude Hollerich, S.I., Relatore Generale del Sinodo, ha pronunciato – alla presenza del Santo Padre - questa mattina all’apertura dei lavori:

Presentazione dell’Em.mo Card. Jean-Claude Hollerich, S.I

Buongiorno e benvenuti. Riprendiamo il nostro lavoro. Se guardiamo il calendario, scopriamo che siamo arrivati alla decima sessione dei Circoli Minori. Domani mattina terremo anche la decima Congregazione Generale: le due modalità del nostro lavoro procedono con lo stesso ritmo, che cerchiamo di continuare a tenere senza cedere alla fatica.

Il calendario ci dice anche che siamo arrivati alla Parte III dell’Instrumentum laboris, cioè all’ultimo capitolo del libro. Affrontiamolo con la stessa decisione ed energia dei precedenti, perché non è meno importante. Last but not least si direbbe in inglese. Come ci dice il titolo della sezione, assumiamo «la prospettiva dei Luoghi che, contro la tentazione di un universalismo astratto, parlano della concretezza dei contesti in cui si incarnano le relazioni, con la loro varietà, pluralità e interconnessione, e con il loro radicamento nel fondamento sorgivo della professione di fede» (IL2, Introduzione).

Parlare di luoghi significa rimettere al centro dell’attenzione che «La Chiesa non si può comprendere senza il radicamento in un luogo e in una cultura» (IL2, n. 80). Questo «non significa cedere al particolarismo o al relativismo, ma valorizzare la concretezza in cui, nello spazio e nel tempo, prende forma un’esperienza condivisa di adesione alla manifestazione di Dio che salva» (ibid.). Il primo paragrafo di questa Sezione, intitolato «Territori in cui camminare insieme», ci invita a mettere a tema come, nel nostro tempo, le persone vivono la dimensione del radicamento a un contesto. Molti fattori, che non sto qui a riepilogare, fanno sì che oggi questa esperienza abbia una connotazione spaziale e geografica assai meno marcata che in passato. Abbiamo sempre bisogno di appartenere, ma questo bisogno trova risposta in trame di relazioni «con un ancoraggio territoriale più dinamico ed elastico che in passato», fino al caso limite dell’ambiente digitale. Che cosa comporta questo per il compimento della nostra missione di annuncio del Vangelo? In che modo dobbiamo ripensare le nostre istituzioni «nella logica del servizio della missione» (IL2, n. 87), che si svolge in un contesto diverso rispetto al passato? Quali forme istituzionali e organizzative hanno bisogno di essere cambiate e come?

Da sempre nella Chiesa parlare di contesti locali significa però anche prendere in considerazione «le relazioni che si instaurano tra luoghi e culture». Luoghi e culture non sono pianeti diversi, ma sono sempre in relazione gli uni con gli altri. Ancora di più lo sono le Chiese che li abitano, in ragione del vincolo della comunione che le stringe nell’unità della Chiesa tutta di cui il Vescovo di Roma è principio visibile. Queste Chiese, che sono tutte rappresentate in quest’Aula, a diversi livelli e in diversi modi intrattengono tra di loro e con la Chiesa tutta una ricca gamma di relazioni, che si concretizza in uno scambio di doni. Ci sono le Ecclesiae sui iuris orientali a fianco della Chiesa latina. A loro volta ciascuna di queste Chiese presenta diocesi o eparchie, che intrattengono tra di loro e con la Chiesa intera una varietà di relazioni, anche istituzionali, a partire da quelle che danno vita ai raggruppamenti di Chiese. Infine, la comunione presiede anche alla vita interna di ciascuna Chiesa locale, nelle diverse forme con cui avviene la partecipazione dei fedeli, in particolare negli organismi previsti a questo scopo. Di questo trattano il secondo e il terzo paragrafo della Parte III dell’Instrumentum laboris, intitolati rispettivamente «Le Chiese locali nell’una e unica Chiesa cattolica» e «I legami che danno forma all’unità della Chiesa».

Infine, l’ultimo paragrafo mette a tema «Il servizio all’unità del Vescovo di Roma». Credo di interpretare la mens del Santo Padre ribadendo l’invito ad affrontare il lavoro e lo scambio su questo paragrafo in uno spirito di parresia. Il Santo Padre ci ha convocato qui per ascoltare i nostri consigli anche sul modo in cui rendere oggi più efficace il suo servizio e quello della Curia Romana. Ha diritto di conoscere quello che pensiamo veramente, a partire dalla vita e dai bisogni del Popolo di Dio nei luoghi d cui proveniamo.

A prima vista, molti dei temi che affrontiamo in questo Modulo possono apparire tecnici, per addetti ai lavori, lontani dalla vita quotidiana della stragrande maggioranza del Popolo di Dio. Sono sicuro che i Forum teologico-pastorali che vivremo domani pomeriggio ci aiuteranno a sfatare questa impressione, mettendo in risalto la rilevanza di questi temi per la missione della Chiesa nel mondo di oggi.

Soprattutto penso che anche questo Modulo, come e forse ancora più di quello precedente, incroci e interpelli l’esperienza vissuta di noi che siamo qui. Mi sembra questa la prospettiva più corretta in cui collocarci per affrontare il lavoro che ci aspetta.

Per rendercene conto, invito ciascuno di noi a prendere un minuto per guardarsi intorno, innanzi tutto lasciando scorrere lo sguardo sulle persone sedute al suo stesso tavolo. [BREVE PAUSA].

E poi invito ciascuno ad ampliare lo sguardo, abbracciando tutta l’Aula. Ammetto che per me, da questo tavolo in posizione rialzata, è più facile [BREVE PAUSA].

In questo luogo molto concreto, l’Aula Paolo VI, abbiamo trascorso ormai quasi due mesi della nostra vita. In questo luogo abbiamo fatto crescere le relazioni tra di noi, in una rete che non è limitata da queste mura, ma che davvero abbraccia la Chiesa tutta e il mondo intero. In questo luogo abbiamo vissuto una esperienza ricca e intensa. Come in ogni incontro sinodale, ma in modo ancora più speciale, abbiamo sperimentato che l’incontro tra fratelli e sorelle nella fede non è esente da fatiche e difficoltà, ma conduce all’incontro con il Signore e fa sgorgare la gioia del Vangelo.

Se tenessimo questo tesoro solo per noi, lo trasformeremmo in un privilegio. Questo Modulo allora ci offre l’opportunità di chiederci quali sono i modi, le forme anche organizzative e istituzionali, perché la ricchezza dell’esperienza che abbiamo vissuto qui, in questo luogo, diventi accessibile a tutto il Popolo di Dio, e non solo tramite il nostro racconto, ma attraverso il rinnovamento delle nostre Chiese. Non sarà possibile portare tutti i Battezzati nell’Aula Paolo VI, ma non è questo il punto: non è necessario venire qui per entrare nel dinamismo della Chiesa sinodale. Lo scopo del nostro lavoro dei prossimi giorni è proporre strumenti che lo rendano più facile.

[01572-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua tedesca

Guten Morgen und willkommen. Lassen Sie uns unsere Arbeit fortsetzen. Wenn wir einen Blick auf den Kalender werfen, stellen wir fest, dass wir bei der zehnten Sitzung der Circuli minori angekommen sind. Morgen früh werden wir auch die zehnte Generalkongregation abhalten: die beiden Formen unserer Arbeit schreiten im gleichen Tempo voran, das wir zu halten versuchen, ohne uns der Müdigkeit hinzugeben.

Der Kalender sagt uns auch, dass wir bei Teil III des Instrumentum laboris angelangt sind, d.h. beim letzten Kapitel des Buches. Wir sollten es mit der gleichen Entschlossenheit und Energie angehen wie die vorangegangenen, denn es ist nicht weniger wichtig. Last but not least würde man auf Englisch sagen. Wie der Titel des Kapitels ausdrückt, nehmen wir „die Perspektive der Orte ein, die gegen die Versuchung eines abstrakten Universalismus von der Konkretheit der Kontexte sprechen, in denen sich die Beziehungen verkörpern, mit ihrer Vielfalt, Pluralität und Verflechtung und mit ihrer Verwurzelung im entstehenden Fundament des Glaubensbekenntnisses“ (IL 2, Einleitung).

Von Orten zu sprechen bedeutet, die Aufmerksamkeit auf die Tatsache zu lenken, dass „die Kirche nicht verstanden werden kann, ohne die Verwurzelung an einem Ort und in einer Kultur“ (IL 2, Nr. 80). Dies „bedeutet nicht, einem Partikularismus oder Relativismus nachzugeben, sondern die Konkretheit zur Geltung zu bringen, in der in Raum und Zeit das gemeinsam erlebte Festhalten an der Offenbarung des heilbringenden Gottes Gestalt annimmt“ (ebd.). Der erste Absatz dieses Abschnitts mit dem Titel „Gebiete, in denen wir gemeinsam gehen“ lädt uns ein, uns darauf zu konzentrieren, wie die Menschen in unserer Zeit die Dimension der Verwurzelung in einem Kontext erleben. Viele Faktoren, die ich hier nicht zusammenfassen möchte, führen dazu, dass diese Erfahrung heute eine viel weniger ausgeprägte räumliche und geografische Konnotation hat als in der Vergangenheit. Wir haben immer noch das Bedürfnis, dazuzugehören, aber dieses Bedürfnis wird in Beziehungsgeflechten „mit einer dynamischeren und flexibleren territorialen Verankerung als in der Vergangenheit“ beantwortet, bis hin zum Grenzfall des digitalen Umfelds. Was bedeutet dies für die Erfüllung unseres Auftrags, das Evangelium zu verkünden? Wie müssen wir unsere Institutionen „in der Logik des Dienstes an der Sendung“ (IL 2, Nr. 87), der in einem anderen Kontext als in der Vergangenheit stattfindet, neu denken? Welche institutionellen und organisatorischen Formen müssen verändert werden und wie?

In der Kirche von lokalen Kontexten zu sprechen, bedeutete jedoch schon immer, „die zwischen Orten und Kulturen bestehenden Beziehungen“ zu berücksichtigen. Orte und Kulturen sind keine verschiedenen Planeten, sondern stehen immer in Beziehung zueinander. Das gilt umso mehr für die Kirchen aufgrund des Bandes der Gemeinschaft, das sie in der Einheit der ganzen Kirche verbindet, deren sichtbares Prinzip der Bischof von Rom ist. Diese Kirchen, die hier alle vertreten sind, unterhalten auf verschiedenen Ebenen und in unterschiedlicher Weise untereinander und mit der Gesamtkirche eine reiche Palette von Beziehungen, die sich in einem Austausch von Gaben äußern. Neben der lateinischen Kirche gibt es die orientalischen Kirchen sui iuris. Jede dieser Kirchen hat ihrerseits Diözesen oder Eparchien, die untereinander und mit der Gesamtkirche vielfältige, auch institutionelle Beziehungen unterhalten. Schließlich steht die Gemeinschaft auch dem inneren Leben jeder Ortskirche vor, und zwar in den verschiedenen Formen der Beteiligung der Gläubigen, insbesondere in den dafür vorgesehenen Gremien. Dies wird im zweiten und dritten Abschnitt von Teil III des Instrumentum laboris unter dem Titel „Die Ortskirchen in der einen und einzigen katholischen Kirche“ bzw. „Die Verbindungen, die der Einheit der Kirche Gestalt verleihen“ behandelt.

Im letzten Absatz schließlich geht es um den „Dienst an der Einheit des Bischofs von Rom“. Ich glaube, ich interpretiere die Aufforderung des Heiligen Vaters, die Arbeit und den Austausch über diesen Absatz im Geiste der parresia anzugehen. Der Heilige Vater hat uns hierher gerufen, um auch unseren Rat zu hören, wie er seinen Dienst und den der römischen Kurie heute effektiver gestalten kann. Er hat ein Recht darauf zu erfahren, was wir wirklich denken, ausgehend vom Leben und den Bedürfnissen des Volkes Gottes an den Orten, aus denen wir kommen.

Auf den ersten Blick mögen viele der Themen, die wir in diesem Modul behandeln, technisch erscheinen, für Insider, weit entfernt vom täglichen Leben der großen Mehrheit des Volkes Gottes. Ich bin sicher, dass die theologisch-pastoralen Foren, die wir morgen Nachmittag erleben werden, uns helfen werden, diesen Eindruck zu zerstreuen, indem sie die Relevanz dieser Themen für die Mission der Kirche in der Welt von heute hervorheben.

Vor allem aber denke ich, dass dieses Modul, wie auch und vielleicht noch mehr als das vorhergehende, die gelebte Erfahrung von uns, die wir hier sind, trifft und hinterfragt. Dies scheint mir die richtige Perspektive zu sein, um uns auf die vor uns liegende Arbeit einzustellen.

Um dies zu erkennen, lade ich jeden von uns ein, sich eine Minute Zeit zu nehmen, um sich umzuschauen, und zunächst den Blick auf die Menschen zu richten, die an unserem eigenen Tisch sitzen. (KURZE PAUSE).

Und dann lade ich jeden ein, seinen Blick zu weiten und den ganzen Raum zu erfassen. Ich gebe zu, dass es für mich von diesem erhöhten Tisch aus einfacher ist [KURZE PAUSE].

An diesem ganz konkreten Ort, der Aula Paul VI., haben wir nun fast zwei Monate unseres Lebens verbracht. An diesem Ort sind unsere Beziehungen untereinander gewachsen, in einem Netzwerk, das nicht durch diese Mauern begrenzt ist, sondern wirklich die ganze Kirche und die ganze Welt umfasst. An diesem Ort haben wir eine reiche und intensive Erfahrung gemacht. Wie bei jedem Synodentreffen, aber in einer noch spezielleren Weise, haben wir erfahren, dass die Begegnung zwischen Brüdern und Schwestern im Glauben nicht frei von Mühen und Schwierigkeiten ist, aber sie führt zu einer Begegnung mit dem Herrn und bringt die Freude des Evangeliums hervor.

Wenn wir diesen Schatz nur für uns behalten würden, würden wir ihn zu einem Privileg machen. Dieses Modul bietet also die Gelegenheit, uns zu fragen, was die Wege, die Formen sind, auch organisatorisch und institutionell, damit der Reichtum der Erfahrung, die wir hier, an diesem Ort, gemacht haben, dem ganzen Volk Gottes zugänglich wird - und zwar nicht nur durch unsere Geschichte, sondern durch die Erneuerung unserer Kirchen. Es wird nicht möglich sein, alle Getauften in die Aula Paul VI. zu bringen, aber darum geht es nicht: Man muss nicht hierherkommen, um an der Dynamik der synodalen Kirche teilzuhaben. Das Ziel unserer Arbeit in den nächsten Tagen ist es, Instrumente vorzuschlagen, die dies erleichtern.

[01572-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

[B0794-XX.02]