Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù 2024, 17.09.2024


Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato ai giovani e alle giovani del mondo per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 24 novembre 2024, sul tema: Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31):

Testo in lingua italiana

Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31)

Cari giovani!

L’anno scorso abbiamo cominciato a percorrere la via della speranza verso il Grande Giubileo riflettendo sull’espressione paolina «Lieti nella speranza» (Rm 12,12). Proprio per prepararci al pellegrinaggio giubilare del 2025, quest’anno ci lasciamo ispirare dal profeta Isaia, che afferma: «Quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31). Questa espressione è tratta dal cosiddetto Libro della consolazione (Is 40-55), nel quale viene annunciata la fine dell’esilio di Israele in Babilonia e l’inizio di una nuova fase di speranza e di rinascita per il popolo di Dio, che può ritornare in patria grazie a una nuova “via” che, nella storia, il Signore apre per i suoi figli (cfr Is 40,3).

Anche noi, oggi, viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato. Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive (cfr Bolla Spes non confundit, 12). Per questo, carissimi, vorrei che, come accadde a Israele in Babilonia, anche a voi giungesse l’annuncio di speranza: ancora oggi il Signore apre davanti a voi una strada e vi invita a percorrerla con gioia e speranza.

1.Il pellegrinaggio della vita e le sue sfide

Isaia profetizza un “camminare senza stancarsi”. Riflettiamo allora su questi due aspetti: il camminare e la stanchezza.

La nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, nostra salvezza e pienezza di ogni bene. I traguardi, le conquiste e i successi lungo il percorso, se rimangono solo materiali, dopo un primo momento di soddisfazione ci lasciano ancora affamati, desiderosi di un senso più profondo; infatti non appagano del tutto la nostra anima, perché siamo stati creati da Colui che è infinito e, perciò, in noi abita il desiderio di trascendenza, la continua inquietudine verso il compimento delle aspirazioni più grandi, verso un “di più”. Per questo, come vi ho detto tante volte, “guardare la vita dal balcone” a voi giovani non può bastare.

Tuttavia, è normale che, pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo, prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza. In alcuni casi, a provocare ansia e fatica interiore sono le pressioni sociali, che spingono a raggiungere certi standard di successo negli studi, nel lavoro, nella vita personale. Questo produce tristezza, mentre viviamo nell’affanno di un vuoto attivismo che ci porta a riempire le giornate di mille cose e, nonostante ciò, ad avere l’impressione di non riuscire a fare mai abbastanza e di non essere mai all’altezza. A questa stanchezza si unisce spesso la noia. Si tratta di quello stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai, e preferisce rimanere nella propria comfort zone, chiuso in sé stesso, vedendo e giudicando il mondo da dietro uno schermo, senza mai “sporcarsi le mani” con i problemi, con gli altri, con la vita. Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!

La soluzione alla stanchezza, paradossalmente, non è restare fermi per riposare. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza! La speranza vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti, perché essa è un dono che riceviamo da Dio stesso: Egli riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino, ci indica la direzione e la meta della vita. L’apostolo Paolo ha utilizzato l’immagine dell’atleta nello stadio che corre per ricevere il premio della vittoria (cfr 1 Cor 9,24). Chi di voi ha partecipato a una gara sportiva – non da spettatore ma da protagonista – conosce bene la forza interiore che serve per raggiungere il traguardo. La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di perseverare nella corsa, che ci fa avere uno “sguardo lungo” che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna. Se c’è un traguardo bello, se la vita non va verso il nulla, se niente di quanto sogno, progetto e realizzo andrà perduto, allora vale la pena di camminare e di sudare, di sopportare gli ostacoli e affrontare la stanchezza, perché la ricompensa finale è meravigliosa!

2. Pellegrini nel deserto

Nel pellegrinaggio della vita ci saranno inevitabilmente sfide da affrontare. Anticamente, nei pellegrinaggi più lunghi, si doveva affrontare il cambiamento delle stagioni e il mutare del clima; attraversare piacevoli prati e freschi boschi, ma anche monti innevati e torridi deserti. Quindi, anche per chi è credente, il pellegrinaggio della vita e il cammino verso una meta lontana rimangono comunque faticosi, come lo fu per il popolo d’Israele il viaggio nel deserto verso la Terra promessa.

Così è per tutti voi. Anche per chi ha ricevuto il dono della fede, ci sono stati momenti felici in cui Dio è stato presente e lo avete sentito vicino, e altri momenti in cui avete sperimentato il deserto. Può succedere che all’entusiasmo iniziale nello studio o nel lavoro, oppure allo slancio di seguire Cristo – sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio o nella vita consacrata – seguano momenti di crisi, che fanno sembrare la vita come un difficile cammino nel deserto. Questi tempi di crisi, però, non sono tempi persi o inutili, ma possono rivelarsi occasioni importanti di crescita. Sono i momenti di purificazione della speranza! Nelle crisi, infatti, vengono meno tante false “speranze”, quelle troppo piccole per il nostro cuore; esse vengono smascherate e, così, restiamo nudi con noi stessi e con le domande fondamentali della vita, oltre ogni illusione. E in quel momento, ciascuno di noi può chiedersi: su quali speranze appoggio la mia vita? Sono vere o sono illusioni?

In questi momenti, il Signore non ci abbandona; si fa vicino con la sua paternità e ci dona sempre il pane che rinvigorisce le nostre forze e ci rimette in cammino. Ricordiamo che al popolo nel deserto diede la manna (cfr Es 16) e al profeta Elia, stanco e scoraggiato, per due volte offrì una focaccia e dell’acqua perché potesse camminare per «quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (cfr 1Re 19,3-8). In queste storie bibliche, la fede della Chiesa ha visto delle prefigurazioni del dono prezioso dell’Eucaristia, vera manna e vero viatico, che Dio ci dona per sostenerci nel nostro cammino. Come diceva il beato Carlo Acutis, l’Eucaristia è l’autostrada per il cielo. Un giovane che ha fatto dell’Eucaristia il suo appuntamento quotidiano più importante! Così, intimamente uniti al Signore, si cammina senza stancarsi perché Lui cammina con noi (cfr Mt 28,20). Vi invito a riscoprire il grande dono dell’Eucaristia!

Nei momenti inevitabili di fatica del nostro pellegrinaggio in questo mondo, impariamo allora a riposare come Gesù e in Gesù. Egli, che raccomanda ai discepoli di riposare dopo essere ritornati dalla missione (cfr Mc 6,31), riconosce il vostro bisogno di riposo del corpo, di tempo per il vostro svago, per godere della compagnia degli amici, per fare sport e anche per dormire. Ma c’è un riposo più profondo, il riposo dell’anima, che molti cercano e pochi trovano, che si trova solo in Cristo. Sappiate che tutte le stanchezze interiori possono trovare sollievo nel Signore, che vi dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Quando la stanchezza del cammino vi appesantisce, tornate a Gesù, imparate a riposare in Lui e a rimanere in Lui, poiché «quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31).

3.Da turisti a pellegrini

Cari giovani, l’invito che vi rivolgo è quello di mettervi in cammino, alla scoperta della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio. Ma ciò che vi raccomando è questo: mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini. Il vostro camminare, cioè, non sia semplicemente un passare per i luoghi della vita in modo superficiale, senza cogliere la bellezza di ciò che incontrate, senza scoprire il senso delle strade percorse, catturando brevi momenti, esperienze fugaci da fissare in un selfie. Il turista fa così. Il pellegrino invece si immerge con tutto sé stesso nei luoghi che incontra, li fa parlare, li fa diventare parte della sua ricerca di felicità. Il pellegrinaggio giubilare, allora, vuole diventare il segno del viaggio interiore che tutti noi siamo chiamati a compiere, per giungere alla mèta finale.

Con questi atteggiamenti, ci prepariamo tutti all’Anno del Giubileo. Spero che per molti di voi sarà possibile venire a Roma in pellegrinaggio per varcare le Porte Sante. Per tutti, in ogni caso, ci sarà la possibilità di compiere questo pellegrinaggio anche nelle Chiese particolari, alla riscoperta dei tanti santuari locali che custodiscono la fede e la pietà del santo e fedele popolo di Dio. Ed è mio augurio che questo pellegrinaggio giubilare diventi per ciascuno di noi «un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “Porta di salvezza”» (Bolla Spes non confundit, 1). Vi esorto a viverlo con tre atteggiamenti fondamentali: il ringraziamento, perché il vostro cuore si apra alla lode per i doni ricevuti, primo fra tutti il dono della vita; la ricerca, perché il cammino esprima il desiderio costante di cercare il Signore e di non spegnere la sete del cuore; e, infine, il pentimento, che ci aiuta a guardare dentro di noi, a riconoscere le strade e le scelte sbagliate che a volte intraprendiamo e, così, poterci convertire al Signore e alla luce del suo Vangelo.

4.Pellegrini di speranza per la missione

Vi lascio ancora un’immagine suggestiva per il vostro percorso. Arrivando alla Basilica di San Pietro a Roma, si attraversa la piazza che è circondata dal colonnato realizzato dal grande architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini. Il colonnato, nel suo insieme, appare come un grande abbraccio: sono le due braccia aperte della Chiesa, nostra madre, che accoglie tutti i suoi figli! In questo prossimo Anno Santo della Speranza, invito tutti voi a sperimentare l’abbraccio di Dio misericordioso, a sperimentare il suo perdono, la remissione di tutti i nostri “debiti interiori”, come era tradizione nei giubilei biblici. E così, accolti da Dio e rinati in Lui, diventate anche voi braccia aperte per tanti vostri amici e coetanei che hanno bisogno di sentire, attraverso la vostra accoglienza, l’amore di Dio Padre. Ognuno di voi doni «anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (ivi, 18), e così diventiate instancabili missionari della gioia.

Mentre camminiamo, alziamo lo sguardo, con gli occhi della fede, verso i santi che ci hanno preceduto nel cammino, che sono giunti alla meta e ci danno la loro incoraggiante testimonianza: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4,7-8). L’esempio dei santi e delle sante ci trascina e ci sostiene.

Coraggio! Vi porto tutti nel cuore e affido il cammino di ognuno di voi alla Vergine Maria, affinché sul suo esempio sappiate attendere con pazienza e fiducia ciò che sperate, restando in cammino come pellegrini di speranza e di amore.

Roma, San Giovanni in Laterano, 29 agosto 2024, Memoria del martirio di San Giovanni Battista.

FRANCESCO

[01399-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Ceux qui espèrent dans le Seigneur marchent sans se fatiguer (cf. Is 40, 31)

Chers jeunes!

L’année dernière, nous avons commencé à parcourir le chemin de l’espérance vers le Grand Jubilé en réfléchissant sur l’expression paulinienne “Joyeux dans l’espérance” (cf. Rm 12, 12). C’est précisément pour nous préparer au pèlerinage jubilaire de 2025 que nous nous laissons inspirer cette année par le prophète Isaïe qui dit: «Ceux qui espèrent dans le Seigneur […] marchent sans se fatiguer» (Is 40, 31). Cette expression est tirée du Livre dit de la Consolation (Is 40-55) qui annonce la fin de l’exil d’Israël à Babylone et le début d’une nouvelle phase d’espérance et de renaissance pour le peuple de Dieu, qui peut retourner dans sa patrie grâce à un nouveau “chemin” que, dans l’histoire, le Seigneur ouvre à ses enfants (cf. Is 40, 3).

Aujourd’hui aussi, nous vivons une époque marquée par des situations dramatiques qui engendrent le désespoir et nous empêchent d’envisager l’avenir avec un esprit serein: la tragédie de la guerre, l’injustice sociale, l’inégalité, la faim, l’exploitation de l’être humain et de la création. Souvent, ceux qui paient le plus lourd tribut, c’est vous, les jeunes qui ressentez l’incertitude de l’avenir et n’entrevoyez pas de débouchés certains pour vos rêves, courant ainsi le risque de vivre sans espérance, prisonniers de l’ennui et de la mélancolie, parfois entraînés dans l’illusion de la transgression et des réalités destructrices (cf. Bulle Spes non confundit, n. 12). C’est pourquoi, chers amis, j’aimerais que l’annonce de l’espérance vous parvienne également,comme ce fut le cas pour Israël à Babylone : aujourd’hui encore, le Seigneur ouvre devant vous une route et Il vous invite à la parcourir avec joie et espérance.

1.Le pèlerinage de la vie et ses défis

Isaïe prophétise une “marche sans fatigue ”. Réfléchissons donc à ces deux aspects: la marche et la fatigue.

Notre vie est un pèlerinage, un voyage qui nous pousse à nous dépasser, un voyage à la recherche du bonheur; et la vie chrétienne, en particulier, est un pèlerinage vers Dieu, notre salut et la plénitude de tout bien. Les objectifs, les réalisations et les succès le long du parcours, s’ils ne sont que matériels, nous laissent encore sur notre faim après un premier moment de satisfaction, désireux d’un sens plus profond. En effet, ils ne comblent pas complètement notre âme parce que nous avons été créés par Celui qui est infini. Par conséquent, le désir de transcendance réside en nous, le souci permanent de réaliser de plus grandes aspirations, d’aller vers un “plus”. C’est pourquoi, comme je vous l’ai dit à maintes reprises, “regarder la vie depuis le balcon” n’est pas suffisant pour vous, les jeunes.

Cependant, bien que nous commencions nos parcours avec enthousiasme, il est normal que nous finissions tôt ou tard par ressentir de la fatigue. Dans certains cas, les causes de l’anxiété et de la fatigue intérieure sont les pressions sociales qui nous poussent à atteindre certaines normes de réussite dans les études, le travail et la vie personnelle. Cela engendre de la tristesse car nous vivons dans l’angoisse d’un activisme vide qui nous amène à remplir nos journées de mille choses et, malgré cela, nous avons le sentiment de ne jamais en faire assez et de ne jamais être à la hauteur. Cette lassitude s’accompagne souvent d’ennui. Il s’agit de l’état d’apathie et d’insatisfaction de ceux qui ne se mettent pas en marche, ne se décident pas, ne choisissent pas, ne prennent jamais de risques et préfèrent rester dans leur zone de confort repliés sur eux-mêmes, et qui voient et jugent le monde derrière un écran, sans jamais “se salir les mains” avec les problèmes, avec les autres, avec la vie. Cette fatigue est comme un ciment dans lequel nos pieds sont pris et qui finit par durcir, nous alourdir, nous paralyser et nous empêcher d’avancer. Je préfère la fatigue de ceux qui sont en chemin à l’ennui de ceux qui restent immobiles et n’ont pas envie de marcher!

La solution à la fatigue, paradoxalement, n’est pas de rester immobile pour se reposer. Elle consiste plutôt à se mettre en route et à devenir des pèlerins d’espérance. C’est l’invitation que je vous lance: marchez dans l’espérance! L’espérance surmonte toute fatigue, toute crise et toute angoisse, en nous donnant une forte motivation pour avancer, parce qu’elle est un don que nous recevons de Dieu lui-même: Il remplit notre temps de sens, Il nous éclaire sur le chemin, Il nous montre la direction et le but de la vie. L’apôtre Paul a utilisé l’image de l’athlète dans le stade qui court pour recevoir le prix de la victoire (cf. 1 Co 9, 24). Ceux qui ont participé à une compétition sportive – non pas en tant que spectateurs mais en tant que protagonistes – connaissent bien la force intérieure qu’il faut pour atteindre la ligne d’arrivée. L’espérance est précisément une force nouvelle que Dieu insuffle en nous, qui nous permet de persévérer dans la course, qui nous donne une “vision à long terme” pour surmonter les difficultés du présent et qui nous oriente vers un but précis: la communion avec Dieu et la plénitude de la vie éternelle. S’il existe un beau but, si la vie ne va pas vers le néant, si rien de ce que je rêve, projette et réalise ne sera perdu, alors cela vaut la peine de marcher et de transpirer, d’endurer les obstacles et d’affronter la fatigue, parce que la récompense finale est merveilleuse!

2.Pèlerins dans le désert

Au cours du pèlerinage de la vie, il y a inévitablement des défis à relever. Dans l’Antiquité, lors des longs pèlerinages, il fallait faire face aux changements de saison et de climat, traverser des prairies agréables et de fraîches forêts, mais aussi des montagnes enneigées et des déserts torrides. De même pour les croyants, le pèlerinage d’une vie et le voyage vers une destination lointaine sont toujours fatigants, tout comme l’a été pour le peuple d’Israël le voyage dans le désert vers la Terre promise.

Il en est de même pour vous tous. Même pour ceux qui ont reçu le don de la foi, il y a eu des moments heureux où Dieu a été présent et où vous l’avez senti proche; et d’autres moments où vous avez fait l’expérience du désert. Il peut arriver que l’enthousiasme initial dans les études ou le travail, ou bien l’élan pour suivre le Christ – que ce soit dans le mariage, le sacerdoce ou la vie consacrée – soient suivis de moments de crise qui font ressembler la vie à une marche difficile dans le désert. Ces moments de crise, cependant, ne sont pas des moments perdus ou inutiles, mais ils peuvent s’avérer être des occasions importantes de croissance. Ce sont des temps de purification de l’espérance! Dans les crises, en effet, beaucoup de fausses “espérances”, celles qui sont trop petites pour nos cœurs, échouent. Elles sont démasquées et nous restons ainsi nus, face à nous-mêmes et aux questions fondamentales de la vie, au-delà de toutes les illusions. Et à ce moment-là, chacun de nous peut se demander: sur quelles espérances est-ce que je fonde ma vie? Sont-elles vraies ou sont-elles des illusions?

Dans ces moments, le Seigneur ne nous abandonne pas, il s’approche de nous comme un Père et nous donne toujours le pain qui refait nos forces et nous remet en route. Rappelons-nous qu’Il a donné la manne au peuple du désert (cf. Ex 16) et qu’Il a offert à deux reprises au prophète Élie, fatigué et découragé, du pain et de l’eau pour qu’il puisse marcher pendant «quarante jours et quarante nuits jusqu’à l’Horeb, la montagne de Dieu» (1 R 19, 8). Dans ces récits bibliques, la foi de l’Église a vu des préfigurations du don précieux de l’Eucharistie, véritable manne et véritable viatique, que Dieu nous donne pour nous soutenir sur notre chemin. Comme l’a dit le bienheureux Carlo Acutis, l’Eucharistie est l’autoroute pour le ciel. Un jeune homme qui a fait de l’Eucharistie son rendez-vous quotidien le plus important! Ainsi, intimement unis au Seigneur, nous marchons sans nous fatiguer parce qu’Il marche avec nous (cf. Mt 28, 20). Je vous invite à redécouvrir le grand don de l’Eucharistie!

Dans les inévitables moments de fatigue de notre pèlerinage en ce monde, apprenons à nous reposer comme Jésus et en Jésus. Lui qui conseille aux disciples de se reposer au retour de leur mission (cf. Mc 6, 31), Il connaît vos besoins de repos du corps, de temps de récréation pour profiter de la compagnie d’amis, pour faire du sport et même pour dormir. Mais il existe un repos plus profond, le repos de l’âme que beaucoup cherchent et que peu trouvent, et qui ne se trouve que dans le Christ. Sachez que toute fatigue intérieure peut trouver un soulagement dans le Seigneur qui vous dit: «Venez à moi, vous tous qui peinez sous le poids du fardeau, et moi, je vous procurerai le repos» (Mt 11, 28). Lorsque la fatigue du voyage vous pèse, revenez à Jésus, apprenez à vous reposer en Lui et à demeurer en Lui car «Ceux qui espèrent dans le Seigneur […] marchent sans se fatiguer» (Is 40, 31).

3.De touristes à pèlerins

Chers jeunes, l’invitation que je vous adresse est de vous mettre en route à la découverte de la vie, sur les traces de l’amour, à la recherche du visage de Dieu. Mais ce que je vous recommande, c’est de prendre la route non pas comme de simples touristes, mais comme des pèlerins. Votre marche ne doit pas consister à simplement passer dans les lieux de la vie de manière superficielle, sans saisir la beauté de ce que vous rencontrez, sans découvrir le sens des chemins parcourus, en capturant des moments éphémères, des expériences fugaces à fixer dans un selfie. C’est ce que fait le touriste. Le pèlerin, en revanche, s’immerge pleinement dans les lieux qu’il rencontre, il les fait parler, les intègre à sa recherche du bonheur. Le pèlerinage jubilaire veut donc devenir le signe du voyage intérieur que nous sommes tous appelés à faire, pour atteindre la destination finale.

C’est dans cet état d’esprit que nous nous préparons tous à l’Année Jubilaire. J’espère que, pour beaucoup d’entre vous, il sera possible de venir à Rome en pèlerinage pour franchir les Portes Saintes. Pour tous, cependant, il y aura la possibilité de faire ce pèlerinage également dans les Églises particulières, pour redécouvrir les nombreux sanctuaires locaux qui gardent la foi et la piété du saint et fidèle peuple de Dieu. Je souhaite que ce pèlerinage jubilaire devienne pour chacun d’entre nous «un moment de rencontre vivante et personnelle avec le Seigneur Jésus, “Porte du salut”» (Bulle Spes non confundit, n. 1). Je vous invite à le vivre avec trois attitudes fondamentales: l’action de grâce, afin que votre cœur s’ouvre à la louange pour les dons reçus, en premier lieu le don de la vie; la recherche, pour que votre chemin exprime le désir constant de chercher le Seigneur et de ne pas éteindre la soif de vos cœurs; enfin, le repentir, qui nous aide à regarder en nous-mêmes, à reconnaître les mauvais chemins et les mauvais choix que nous faisons parfois et à nous convertir au Seigneur et à la lumière de son Évangile.

4.Pèlerins d’espérance pour la mission

Je vous laisse encore une image suggestive pour votre voyage. Pour arriver à la Basilique Saint-Pierre à Rome, on traverse la place entourée de la colonnade réalisée par le grand architecte et sculpteur Gian Lorenzo Bernini. La colonnade, dans son ensemble, ressemble à une grande étreinte: ce sont les deux bras ouverts de l’Église, notre mère, qui accueille tous ses enfants! En cette prochaine Année Sainte de l’Espérance, je vous invite tous à faire l’expérience de l’étreinte du Dieu miséricordieux, de son pardon, de la remise de toutes nos “dettes intérieures”, comme c’était la tradition des jubilés bibliques. Accueillis ainsi par Dieu et nés de nouveau en Lui, vous devenez vous aussi des bras ouverts pour beaucoup de vos amis et de vos contemporains qui ont besoin de sentir, à travers votre accueil, l’amour de Dieu le Père. Que chacun de vous donne «ne serait-ce qu’un sourire, un geste d’amitié, un regard fraternel, une écoute sincère, un service gratuit, en sachant que, dans l’Esprit de Jésus, cela peut devenir une semence féconde d’espérance pour ceux qui le reçoivent» (ibid., n. 18), devenant ainsi d’infatigables missionnaires de la joie.

En cheminant, levons les yeux avec le regard de la foi vers les saints qui nous ont précédés sur le chemin, qui ont atteint le but et qui nous donnent leur témoignage encourageant: «J’ai mené le bon combat, j’ai achevé ma course, j’ai gardé la foi. Je n’ai plus qu’à recevoir la couronne de la justice: le Seigneur, le juste juge, me la remettra en ce jour-là, et non seulement à moi, mais aussi à tous ceux qui auront désiré avec amour sa Manifestation glorieuse» (2 Tm 4, 7-8). L’exemple des saints et des saintes nous attire et nous soutient.

Courage! Je vous porte tous dans mon cœur et je confie le cheminement de chacun d’entre vous à la Vierge Marie, afin que, à son exemple, vous sachiez attendre avec patience et confiance ce que vous espérez, en restant en chemin comme des pèlerins de l’espérance et de l’amour.

Rome, Saint-Jean-du-Latran, 29 août 2024, Mémoire du martyre de Saint Jean-Baptiste.

FRANÇOIS

[01399-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Those who hope in the Lord will run and not be weary (cf. Is 40:31)

Dear young people!

Last year we set out on the path of hope towards the Great Jubilee by reflecting on Saint Paul’s words, “Rejoice in hope” (Rom 12:12). In order to prepare ourselves for the Jubilee pilgrimage of 2025, this year we can take inspiration from the prophet Isaiah, who says: “Those who hope in the Lord… will run and not be weary” (Is 40:31). These words are taken from the so-called Book of Consolation (Is 40-55), which heralds the end of Israel’s exile in Babylon and the beginning of a new age of hope and rebirth for God’s people, who can return to their homeland thanks to a new “highway” that the Lord is presently opening up for his children (cf. Is 40:3).

Today, we too live in times marked by dramatic situations that generate despair and prevent us from looking to the future with serenity: the tragedy of war, social injustices, inequalities, hunger and the exploitation of human beings and the natural environment. Often the ones who pay the highest price are precisely young people. You sense the uncertainty of the future and are not sure about where your dreams will lead. In this way, you can be tempted to live without hope, as prisoners of boredom, depression and even be drawn to risk-taking and destructive behaviours (cf. Spes Non Confundit, 12). For this reason, dear young people, I would like the message of hope to come to you, as was the case with Israel in Babylon. Today too, the Lord is opening a highway before you, and he invites you to set out on it with joy and hope.

1.The pilgrimage of life and its challenges

The prophet Isaiah speaks of “walking without tiring”. Let us reflect then on these two realities: walking and tiredness.

Our life is a pilgrimage, a journey that pushes us beyond ourselves, a journey in search of happiness. The Christian life in particular is a pilgrimage towards God, our salvation and the fullness of every good thing. Our goals, achievements and successes along the way, if they remain only material, will, after an initial moment of satisfaction, still leave us hungry, longing for something greater. They cannot completely satisfy our soul, because we were created by One who is infinite; as a result, we have an innate desire for transcendence, a constant restless drive towards the fulfilment of higher aspirations, towards “even more”. That is why, as I have often said to you, “looking at life from a balcony” is not enough for you young people.

Still, it is normal that, while we set out on our journeys with enthusiasm, sooner or later we will begin to feel tired. In some cases, anxiety and inner fatigue are brought on by social pressures, the need to attain certain levels of success in our studies, our work and our personal life. This produces a certain despondency, as we live running from one thing to another in an empty “activism” that makes us fill our days with a thousand things and, in spite of this, feel that we never manage to do enough and never quite measure up. This tiredness is often accompanied by a certain ennui, the apathy and dissatisfaction that affects those who never set out, choose, decide, take risks, preferring to remain in their own comfort zone, closed in on themselves, seeing and judging the world from a distance, without ever “dirtying their hands” with problems, with other people, with life itself. This kind of tiredness is a kind of wet cement in which we stand; eventually it hardens, weighs us down, paralyzes us and prevents us from moving forward. I prefer the tiredness of those who are moving forward, not the ennui of those who stand still with no desire to move!

The solution to tiredness, oddly enough, is not to stand still and rest. It is to set out and become pilgrims of hope. This is my invitation to you: walk in hope! Hope overcomes all weariness, every crisis and every worry. It gives us a powerful incentive to press forward, for it is a gift received from God himself. The Lord fills our life with meaning, sheds light on our path and shows us its ultimate direction and goal. The Apostle Paul uses the image of an athlete in the stadium racing to receive the prize of victory (cf. 1 Cor 9:24). Those of you who have taken part in a sports competition – not just as spectators but as athletes – know how much inner strength it takes to reach the finish line. Hope is precisely a new kind of strength that God instils in us, enabling us to persevere in the race, to see beyond present difficulties and to press forward to the goal of communion with him and the fullness of eternal life. If a beautiful goal exists, if life has an ultimate meaning, if nothing of what I dream, plan and accomplish will ever be lost, then it is worth the effort to keep walking, exerting ourselves, overcoming obstacles and fatigue, because the ultimate prize is magnificent beyond measure!

2.Pilgrims in the desert

In the pilgrimage of life, there will inevitably be challenges to face. In earlier times, long pilgrimages involved coping with changing seasons and climates, crossing pleasant meadows and cool forests, but also snow-capped mountains and parched deserts. Even for those who are believers, the pilgrimage of life and the journey to our ultimate goal can prove tiring, as the journey through the desert to the Promised Land was for the people of Israel.

And for all of you! Those who have received the gift of faith know happy moments when we can feel God’s presence and closeness, but other moments too, when we experience the desert. It can happen that our initial enthusiasm for school or work, or for following Christ – whether in marriage, the priesthood or consecrated life – can be followed by moments of crisis, that make life seem like a difficult trek in the desert. Those times of crisis, however, are not wasted or useless: they can become important times of growth. They are moments when hope is purified! In crises, many false “hopes”, hopes too small for our heart, fade into significance; they are revealed for what they are and we find ourselves alone in facing the fundamental questions of life, with no illusions. And in those times, each of us can ask: what are the hopes on which I have based my life? Are they real hopes or simply mirages?

At those times, the Lord does not abandon us. Like a father, he draws near to us and constantly gives us the bread that renews our strength for the journey. Let us remember that to the people in the desert he gave manna (cf. Ex 16) and to the prophet Elijah, weary and discouraged, he twice offered bread and water, so that he could walk for “forty days and forty nights to Horeb, the mountain of God” (cf. 1 Kings 19:3-8). In those biblical stories, the faith of the Church has seen prefigured the precious gift of the Eucharist, the true manna, the true food for the journey, that God gives us to sustain us on our way. As Blessed Carlo Acutis said, the Eucharist is the highway to heaven. Carlo made the Eucharist his most important daily appointment! In this way, in union with the Lord, we can walk without tiring, for he is walking alongside us (cf. Mt 28:20). I encourage all of you to rediscover the great gift of the Eucharist!

In those inevitable moments of fatigue in our pilgrimage in this world, let us learn, then, to rest like Jesus and in Jesus. He told his disciples to rest after they returned from their mission (cf. Mk 6:31); he also recognizes your own need for bodily rest, time for recreation, for enjoying the company of friends, for sports and for sleep. Yet there is a deeper kind of rest, the repose of the soul, which many seek and few find, for it is to be found in Christ alone. Realize that all your inner weariness can find repose in the Lord, who says to you: “Come to me, all you that are weary and carrying heavy burdens, and I will give you rest” (Mt 11:28). When the weariness of the journey weighs you down, come back to Jesus, learn to rest in him and abide with him, for “those who hope in the Lord... will run and not be weary” (Is 40:31).

3.From tourists to pilgrims

Dear young people, I am inviting you to set out on a journey, to discover life along the path of love, and to seek the face of God. My advice to you is this: do not set out as mere tourists, but as true pilgrims. Do not be like superficial sightseers, blind to the beauty around you, never discovering the meaning of the roads you take, interested only in a few fleeting moments to capture in a selfie. Tourists do this. Pilgrims, on the other hand, immerse themselves fully in the places they encounter, listen to the message they communicate, and make them a part of their quest for happiness and fulfilment. The Jubilee pilgrimage is meant to be the outward sign of an inward journey that all of us are called to make towards our final destination.

With these attitudes, let us all prepare for the Jubilee Year. I trust that many of you will be able to come to Rome on pilgrimage to pass through the Holy Doors. In any case, everyone will be able to make this pilgrimage in his or her local Church, by visiting its churches and shrines that preserve the faith and devotion of God’s holy and faithful people. It is my hope that this Jubilee pilgrimage will become for each of us “a moment of genuine, personal encounter with the Lord Jesus, the ‘Door’ of our salvation’” (Spes Non Confundit, 1). I encourage you to approach this experience with three fundamental attitudes. First, thanksgiving, with hearts open to praise God for his many gifts, especially the gift of life. Then, a spirit of seeking, as an expression of our heart’s unquenchable thirst to encounter the Lord. And finally, penance, which helps us to look within, to acknowledge the wrong paths and decisions we have at times taken and, in this way, to be converted to the Lord and to the light of his Gospel.

4.Pilgrims of hope for the mission

Allow me to leave you with one more evocative image to guide your journey. Those who visit Saint Peter’s Basilica in Rome cross the great square surrounded by the colonnade built by the celebrated architect and sculptor Gian Lorenzo Bernini. The entire colonnade appears as two open arms, an image of the Church, our mother, who embraces all her children. In this coming Holy Year of Hope, I invite all of you to experience the embrace of our merciful God, to experience his pardon and the forgiveness of all our “interior debts”, as in the biblical tradition of the jubilee years. In this way, embraced by God and born again in him, you too can become open arms to embrace your many friends and peers who need to feel, through your welcome, the love of God the Father. May each of you give even just “a smile, a warm gesture of friendship, a kind look, a ready ear, a good deed, in the knowledge that, in the Spirit of Jesus, these can become, for those who receive them, rich seeds of hope” (ibid., 18), and thus become tireless missionaries of joy.

As we press forward, let us lift our gaze, in faith, to the saints who have gone before us on the journey, who have reached the goal and now encourage us by their testimony: “I have fought the good fight, I have finished the race, I have kept the faith. From now on, there is reserved for me the crown of righteousness, which the Lord, the righteous judge, will give me on that day; and not only to me, but also to all those who have longed for his appearing” (2 Tim 4:7-8). The example of so many saints, men and women, impels and sustains us.

Courage! All of you have a special place in my heart. I entrust your journey to the Virgin Mary, so that, following her example, you may be able to look forward with patience and confidence to the fulfilment of all your hopes, even now, as you persevere in your journey as pilgrims of hope and of love.

Rome, Saint John Lateran, 29 August 2024, Memorial of the Martyrdom of Saint John the Baptist.

FRANCIS

[01399-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Die auf den Herrn hoffen, gehen und werden nicht müde (vgl. Jes 40,31)

Liebe Jugendliche!

Letztes Jahr haben wir begonnen, auf das Heilige Jahr hin einen Weg der Hoffnung zu beschreiten, indem wir über den paulinischen Ausdruck »Freut euch in der Hoffnung« (Röm 12,12) nachgedacht haben. Um uns auf die Heilig-Jahr-Wallfahrt 2025 vorzubereiten, lassen wir uns in diesem Jahr vom Propheten Jesaja inspirieren, der sagt: »Die aber auf den Herrn hoffen, [...] gehen und werden nicht matt« (Jes 40,31). Dieser Ausdruck stammt aus dem sogenannten Buch des Trostes (Jes 40-55), das das Ende des babylonischen Exils Israels und den Beginn einer neuen Phase der Hoffnung und der Neugeburt für das Gottesvolk ankündigt, das dank eines neuen „Weges“, den der Herr seinen Kindern in der Geschichte eröffnet (vgl. Jes 40,3), in seine Heimat zurückkehren kann.

Auch wir leben heute in Zeiten, die von dramatischen Zuständen geprägt sind, die Verzweiflung hervorrufen und uns daran hindern, gelassen in die Zukunft zu blicken: die Tragödie des Krieges, die soziale Ungerechtigkeit, die Ungleichheit, der Hunger, die Ausbeutung des Menschen und der Schöpfung. Den höchsten Preis zahlt oft gerade ihr jungen Menschen, die ihr die Ungewissheit der Zukunft spürt und keine gesicherten Perspektiven für eure Träume erkennt. So lauft ihr Gefahr, ohne Hoffnung zu leben und euch, gefangen in Langeweile und Schwermut, bisweilen von der Illusion der Grenzüberschreitung und destruktiver Handlungen mitreißen zu lassen (vgl. Bulle Spes non confundit, 12). Deshalb, liebe Freunde, würde ich mir wünschen, dass auch euch, so wie es Israel in Babylon geschah, die Botschaft der Hoffnung erreicht: Auch heute noch eröffnet euch der Herr einen Weg und lädt euch ein, ihn mit Freude und Hoffnung zu beschreiten.

1.Die Pilgerschaft des Lebens und ihre Herausforderungen

Jesaja prophezeit ein „Gehen ohne zu ermüden“. Betrachten wir also diese beiden Aspekte: das Gehen und die Müdigkeit.

Unser Leben ist eine Pilgerschaft, eine Reise, die uns über uns selbst hinausführt, ein Unterwegssein auf der Suche nach dem Glück; und das christliche Leben ist insbesondere eine Pilgerschaft zu Gott, unserem Heil und der Fülle alles Guten. Die Ziele, Errungenschaften und Erfolge auf dem Weg lassen uns, wenn sie nur materiell bleiben, nach einem anfänglichen Moment der Befriedigung immer noch hungrig zurück und verlangen nach einem tieferen Sinn. Tatsächlich befriedigen sie unsere Seele nicht vollständig, denn wir wurden von demjenigen geschaffen, der unendlich ist, und deshalb wohnt in uns die Sehnsucht nach Transzendenz, die ständige Unruhe nach der Erfüllung höherer Ziele, nach einem „Mehr“. Deshalb, und das habe ich euch schon oft gesagt, kann es für euch junge Leute nicht genug sein, „das Leben vom Balkon aus zu betrachten“.

Es ist jedoch normal, dass wir, selbst wenn wir unsere Wege voller Enthusiasmus beginnen, früher oder später ein Gefühl der Müdigkeit empfinden. In manchen Fällen liegt die Ursache für Angst und innere Müdigkeit in dem gesellschaftlichen Druck, im Studium, im Beruf und im Privatleben bestimmte Erfolgsstandards erreichen zu müssen. Das erzeugt Traurigkeit, denn wir leben in der Hektik eines leeren Aktivismus, der dazu führt, dass wir unsere Tage mit tausend Dingen füllen und trotzdem das Gefühl haben, nie genug zu tun und nie mithalten können. Diese Müdigkeit wird oft von Langeweile begleitet. Dabei handelt es sich um einen Zustand der Apathie und Unzufriedenheit, den all jene empfinden, die sich nicht auf den Weg machen, sich nicht entscheiden, keine Wahl treffen, keine Risiken eingehen und es vorziehen, in ihrer Komfortzone zu bleiben und in sich selbst verschlossen die Welt am Bildschirm zu betrachten und zu beurteilen, ohne sich jemals die Hände mit Problemen, mit anderen, mit dem Leben „schmutzig“ zu machen. Diese Art von Müdigkeit ist wie Zement, in dem unsere Füße stecken, der irgendwann hart und schwer wird und uns lähmt und daran hindert, voranzukommen. Mir ist die Müdigkeit derer, die unterwegs sind, lieber als die Langeweile derer, die stillstehen und keine Lust zum Gehen haben!

Der Ausweg aus der Müdigkeit besteht paradoxerweise nicht darin, stehen zu bleiben und sich auszuruhen. Vielmehr muss man sich auf den Weg machen und zu einem Pilger der Hoffnung werden. Dies ist meine Einladung an euch: Macht euch voller Hoffnung auf den Weg! Die Hoffnung überwindet alle Müdigkeit, jede Krise und jede Angst und sie gibt uns eine starke Motivation, weiterzumachen, denn sie ist ein Geschenk, das wir von Gott selbst empfangen: Er erfüllt unsere Zeit mit Sinn, er gibt uns Licht auf unserem Weg, er zeigt uns die Richtung und das Ziel des Lebens. Der Apostel Paulus verwendete das Bild von den Athleten im Stadion, die laufen, um den Siegespreis zu erhalten (vgl. 1 Kor 9,24). Diejenigen von euch, die schon einmal an einem sportlichen Wettkampf teilgenommen haben – nicht als Zuschauer, sondern als Teilnehmer – kennen die innere Stärke, die nötig ist, um die Ziellinie zu erreichen. Die Hoffnung ist wahrhaft eine neue Kraft, die Gott uns verleiht und die uns befähigt, den Wettkampf durchzuhalten. Sie gibt uns eine „Weitsicht“, die über die Schwierigkeiten der Gegenwart hinausgeht und uns auf ein bestimmtes Ziel hin führt: die Gemeinschaft mit Gott und die Fülle des ewigen Lebens. Wenn es ein schönes Ziel gibt, wenn das Leben nicht ins Leere läuft, wenn nichts von dem, was ich träume, plane und verwirkliche, verloren geht, dann lohnt es sich, zu laufen und zu schwitzen, Schwierigkeiten auszuhalten und gegen die Müdigkeit anzukämpfen, denn die Belohnung am Ende ist wunderschön!

2.Pilger in der Wüste

Auf der Pilgerreise des Lebens gibt es unweigerlich Herausforderungen, denen man sich stellen muss. In früheren Zeiten musste man auf längeren Pilgerreisen mit den verschiedenen Jahreszeiten und dem wechselnden Klima zurechtkommen; man durchquerte schöne Wiesen und kühle Wälder, aber auch schneebedeckte Berge und drückend heiße Wüsten. Auch für gläubige Menschen ist die Pilgerreise ihres Lebens und die Reise zu einem weit entfernten Ziel immer noch anstrengend, so wie die Wüstenwanderung des Volkes Israel zum Gelobten Land.

So ergeht es euch allen. Auch für diejenigen, die das Geschenk des Glaubens empfangen haben, gab es glückliche Momente, in denen Gott gegenwärtig war und in denen ihr seine Nähe gespürt habt, und andere Momente, in denen ihr eine Wüstenerfahrung gemacht habt. Es kann vorkommen, dass auf den anfänglichen Enthusiasmus im Studium oder in der Arbeit oder auf den Elan in der Christusnachfolge – sei es in der Ehe, im Priestertum oder im gottgeweihten Leben –, Momente der Krise folgen, die das Leben wie einen schwierigen Weg durch die Wüste erscheinen lassen. Diese Krisenzeiten sind jedoch keine verlorenen oder nutzlosen Zeiten, sondern sie können sich als wichtige Gelegenheiten zum Wachstum erweisen. Sie sind Zeiten der Läuterung der Hoffnung! In Krisen werden nämlich viele falsche „Hoffnungen“, die zu klein sind für unser Herz, zerschlagen; sie werden entlarvt und so bleiben wir ohne „Drumherum“ bei uns selbst und bei den grundlegenden Fragen des Lebens, jenseits aller Illusionen. Und in diesem Moment kann sich jeder von uns fragen: Auf welche Hoffnungen gründe ich mein Leben? Sind sie wahr oder sind es Illusionen?

In diesen Momenten lässt uns der Herr nicht im Stich. Er steht uns väterlich zur Seite und gibt uns immer das Brot, das uns wieder neue Kraft verleiht und uns wieder weitergehen lässt. Erinnern wir uns daran, dass er dem Volk in der Wüste Manna gab (vgl. Ex 16) und dem Propheten Elia, der müde und entmutigt war, zweimal einen Laib Brot und Wasser, so dass er »vierzig Tage und vierzig Nächte bis zum Gottesberg Horeb« gehen konnte (1 Kön 19,3-8). In diesen biblischen Geschichten hat der Glaube der Kirche Vorbilder für das kostbare Geschenk der Eucharistie gesehen, jenes echte Manna und jenes wahre Viatikum, das Gott uns gibt, um uns auf unserem Weg zu stärken. Wie der selige Carlo Acutis sagte, ist die Eucharistie die Autobahn zum Himmel. Dieser junge Mann machte die Eucharistie zu seiner wichtigsten täglichen Verabredung! Auf diese Weise eng mit dem Herrn verbunden, gehen wir und werden nicht müde, denn er geht mit uns (vgl. Mt 28,20). Ich lade euch ein, das große Geschenk der Eucharistie wiederzuentdecken!

In den unvermeidlichen Momenten der Müdigkeit auf unserer Pilgerreise in dieser Welt sollten wir also lernen, wie Jesus und in Jesus zu ruhen. Er, der den Jüngern rät, sich nach der Rückkehr von ihrer Mission auszuruhen (vgl. Mk 6,31), weiß um euer Bedürfnis nach Ruhe für den Körper, nach Zeit für Ablenkungen, für das Beisammensein mit Freunden, für Sport und auch für den Schlaf. Aber es gibt eine tiefere Ruhe, die Ruhe der Seele, die viele suchen und nur wenige finden, und die nur in Christus zu finden ist. Macht euch bewusst, dass alle innere Müdigkeit im Herrn Linderung finden kann, der zu euch sagt: »Kommt alle zu mir, die ihr mühselig und beladen seid! Ich will euch erquicken« (Mt 11,28). Wenn euch auf eurem Weg Müdigkeit befällt, kehrt zu Jesus zurück, lernt, in ihm zu ruhen und in ihm zu bleiben, denn die »auf den Herrn hoffen, [...] gehen und werden nicht matt« (Jes 40,31).

3.Vom Touristen zum Pilger

Liebe Jugendliche, ich lade euch ein, euch aufzumachen, um das Leben zu entdecken – auf den Spuren der Liebe, auf der Suche nach dem Antlitz Gottes. Aber ich empfehle euch Folgendes: Macht euch nicht als bloße Touristen auf den Weg, sondern als Pilger. Ihr solltet nicht einfach nur oberflächlich durch die Orte des Lebens ziehen – ohne die Schönheit dessen zu erfassen, was euch begegnet, ohne die Bedeutung der gegangenen Wege zu entdecken – bloß darauf aus, kurze Momente, flüchtige Erfahrungen zu erhaschen, die sich in einem Selfie festhalten lassen. Der Tourist tut dies. Der Pilger hingegen taucht ganz in die Orte ein, denen er begegnet, er bringt sie zum Sprechen und macht sie zum Teil seiner Suche nach dem Glück. Die Heilig-Jahr-Wallfahrt will also zum Zeichen für die innere Reise werden, zu der wir alle aufgerufen sind, um das endgültige Ziel zu erreichen.

Mit dieser Haltung bereiten wir uns alle auf das Heilige Jahr vor. Ich hoffe, dass es vielen von euch möglich sein wird, nach Rom zu pilgern, um die Heiligen Pforten zu durchschreiten. Jedenfalls werden alle auch in den Teilkirchen diese Wallfahrt machen können und dabei die vielen lokalen Gnadenorte wiederentdecken können, wo das heilige und gläubige Volk Gottes seinen Glauben und seine Frömmigkeit pflegt. Und ich hoffe, dass diese Pilgerreise anlässlich des Heiligen Jahres für uns alle zu einem »Moment der lebendigen und persönlichen Begegnung mit unserem Herrn Jesus Christus [wird, der die] „Tür“ zum Heil« ist (Bulle Spes non confundit, 1). Ich ermutige euch, dabei drei Grundhaltungen einzunehmen: Dankbarkeit, damit euer Herz sich öffnet zum Lobpreis für die empfangenen Gaben, allen voran die Gabe des Lebens; Suche, damit die Reise den beständigen Wunsch zum Ausdruck bringt, den Herrn zu suchen und den Durst des Herzens nicht auszulöschen; und schließlich Reue, die uns hilft, in uns zu gehen, die falschen Wege und Entscheidungen zu erkennen, die wir manchmal treffen, und uns so zum Herrn und zum Licht seines Evangeliums bekehren zu können.

4.Ausgesandt als Pilger der Hoffnung

Ich gebe euch noch ein weiteres beherzigenswertes Bild mit auf euren Weg. Wenn man zum Petersdom in Rom kommt, überquert man den Platz, der von den Kolonnaden des großen Architekten und Bildhauers Gian Lorenzo Bernini umgeben ist. Die Säulengänge sehen insgesamt wie eine große Umarmung aus: Sie stellen die beiden offenen Arme der Kirche dar, unserer Mutter, die alle ihre Kinder willkommen heißt! In diesem kommenden Heiligen Jahr der Hoffnung lade ich euch alle ein, die Umarmung des barmherzigen Gottes zu erleben, seine Vergebung zu erfahren, den Nachlass all unserer „inneren Schulden“, wie es anlässlich der biblischen Heiligen Jahre üblich war. Und solchermaßen von Gott angenommen und in ihm neu geboren, werdet auch ihr zu offenen Armen für viele eurer Freunde und Gleichaltrigen, die es nötig haben, durch eure herzliche Offenheit für sie die Liebe Gottes des Vaters zu spüren. Jeder von euch schenke »auch nur ein Lächeln, eine Geste der Freundschaft, einen geschwisterlichen Blick, ein aufrichtiges Zuhören, einen kostenlosen Dienst […], in dem Wissen, dass dies im Geist Jesu für diejenigen, die es empfangen, zu einem fruchtbaren Samen der Hoffnung werden kann“ (ebd., 18). So möget ihr zu unermüdlichen Missionaren der Freude werden.

Lasst uns auf unserem Weg mit den Augen des Glaubens aufblicken zu den Heiligen, die uns auf diesem Weg vorausgegangen sind, die das Ziel erreicht haben und uns ihr ermutigendes Zeugnis geben: »Ich habe den guten Kampf gekämpft, den Lauf vollendet, die Treue bewahrt. Schon jetzt liegt für mich der Kranz der Gerechtigkeit bereit, den mir der Herr, der gerechte Richter, an jenem Tag geben wird, aber nicht nur mir, sondern allen, die sein Erscheinen ersehnen« (2 Tim 4,7-8). Das Beispiel der heiligen Männer und Frauen spornt uns an und trägt uns.

Habt Mut! Ich trage euch alle in meinem Herzen und vertraue den Weg eines jeden von euch der Jungfrau Maria an, damit ihr es – ihrem Beispiel folgend – versteht, geduldig und voller Zuversicht auf das zu warten, was ihr erhofft, und weiter unterwegs zu bleiben als Pilger der Hoffnung und Liebe.

Rom, St. Johannes im Lateran, 29. August 2024, Gedenktag der Enthauptung Johannes’ des Täufers.

FRANZISKUS

[01399-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Los que esperan en el Señor caminan sin cansarse (cf. Is 40,31)

Queridos jóvenes:

El año pasado comenzamos a recorrer el camino de la esperanza hacia el gran Jubileo, reflexionando sobre la expresión paulina «alegres en la esperanza» (cf. Rm 12,12). Precisamente para prepararnos a la peregrinación jubilar del 2025, este año nos inspiramos en el profeta Isaías, que afirma: “Los que esperan en el Señor caminan sin cansarse” (cf. Is 40,31). Esta expresión está tomada del llamado Libro de la Consolación (Is 40-55), en el que se anuncia el fin del exilio de Israel en Babilonia y el inicio de una nueva etapa de esperanza y de renovación para el pueblo de Dios, que puede volver a su patria gracias a un nuevo “camino” que, en la historia, el Señor abre para sus hijos (cf. Is 40,3).

También nosotros, hoy vivimos tiempos marcados por situaciones dramáticas que generan desesperación e impiden mirar el futuro con serenidad: la tragedia de la guerra, las injusticias sociales, las desigualdades, el hambre, la explotación del ser humano y de la creación. Frecuentemente los que pagan el precio más alto son ustedes los jóvenes, que perciben la incertidumbre del futuro y no vislumbran posibilidades claras a sus sueños, corriendo así el riesgo de vivir sin esperanza, prisioneros del hastío y de la tristeza, a veces arrastrados por la ilusión de la delincuencia y las conductas destructivas (cf. Bula Spes non confundit, 12). Por ello, queridos jóvenes, me gustaría que, como le sucedió a Israel en Babilonia, también a ustedes llegue el mensaje de esperanza: del mismo modo hoy el Señor abre frente a ustedes un camino y los invita a recorrerlo con gozo y esperanza.

1.La peregrinación de la vida y sus retos

Isaías profetiza un “caminar sin cansarse”. Reflexionemos entonces en estos dos aspectos: el caminar y el cansancio.

Nuestra vida es una peregrinación, un viaje que nos impulsa más allá de nosotros mismos, un camino en búsqueda de la felicidad; y la vida cristiana, en particular, es una peregrinación hacia Dios, nuestra salvación y plenitud de todo bien. Las metas, las conquistas y los éxitos a lo largo del camino, si se quedan sólo en el ámbito material, después de un primer momento de satisfacción nos dejan aún sedientos, deseosos de un sentido más profundo. En efecto, no sacian plenamente nuestra alma porque fuimos creados por Aquel que es infinito y, por esa razón, habita en nosotros el deseo de la trascendencia, la constante inquietud hacia el cumplimiento de las aspiraciones más grandes, hacia “algo mayor”. Por lo tanto, como se los he dicho muchas veces, “ver la vida desde el balcón”, para ustedes, los jóvenes, no puede ser suficiente.

No obstante, es normal que, aunque hayamos iniciado nuestros recorridos con entusiasmo, tarde que temprano comencemos a sentir cansancio. En algunos casos, lo que provoca ansiedad y cansancio interior son las presiones sociales que constriñen a alcanzar ciertos estándares de éxito en los estudios, el trabajo y la vida personal. Esto produce depresión, ya que vivimos en el afán de un activismo vacío que nos lleva a llenar el día con miles de cosas y, a pesar de ello, tener la sensación de nunca hacer lo suficiente y nunca estar a la altura. A este cansancio se une frecuentemente el hastío. Es ese estado de apatía e insatisfacción de quien no se involucra en nada, no se decide, no elige, nunca arriesga y prefiere permanecer en su zona de confort, encerrado en sí mismo, viendo y juzgando el mundo detrás de una pantalla, sin jamás “ensuciarse las manos” con los problemas, con los demás, con la vida. Este tipo de cansancio es como un cemento en el cual están sumergidos nuestros pies, que termina por endurecerse, se vuelve pesado, nos paraliza y nos impide caminar. ¡Prefiero el cansancio de quien está en camino que el hastío de quien permanece detenido y sin deseo de caminar!

La solución al cansancio, paradójicamente, no es detenerse a descansar. Es más bien ponerse en camino y volverse peregrinos de esperanza. Esta es mi exhortación: ¡caminen en la esperanza! La esperanza vence todo cansancio, toda crisis y toda ansiedad, dándonos una fuerte motivación para seguir adelante, porque esta esperanza es un regalo que recibimos de Dios mismo. Él colma de sentido todo nuestro tiempo, nos ilumina en el camino, nos indica la dirección y la meta de nuestra vida. El apóstol san Pablo utilizó la imagen del atleta en el estadio que corre para recibir el premio de la victoria (cf. 1 Co 9,24). Quien de entre ustedes haya participado en una carrera —no como espectador, sino como protagonista— sabe bien la fuerza interior que se necesita para alcanzar la meta. La esperanza es precisamente una fuerza nueva, que Dios infunde en nosotros, que nos permite perseverar en el camino, que nos hace tener una “mirada amplia” que va más allá de las dificultades del momento y nos dirige hacia una meta concreta: la comunión con Dios y la plenitud de la vida eterna. Si hay un objetivo grandioso, si la vida no está dirigida hacia la nada, si nada de cuanto sueño, proyecto y realizo se perderá, entonces vale la pena seguir caminando y sudando, soportando los obstáculos y afrontando los cansancios, porque la recompensa final es maravillosa.

2.Peregrinos en el desierto

En la peregrinación de la vida habrá retos inevitables que afrontar. Antiguamente, en las peregrinaciones más largas, había que enfrentarse a los cambios de las estaciones y el clima; atravesar hermosas praderas y bosques frescos, pero también montes nevados y áridos desiertos. Del mismo modo, para el creyente, el peregrinar de la vida y el camino hacia la meta lejana siguen siendo fatigosos, como lo fue para el pueblo de Israel el viaje por el desierto hacia la Tierra prometida.

Así pasa con ustedes. Incluso para los que han recibido el don de la fe, ha habido momentos felices en los que Dios ha estado presente y lo han sentido cercano, y otros momentos en los que han experimentado la soledad. Puede suceder que al entusiasmo inicial en el estudio o en el trabajo, o ante el impulso de seguir a Cristo —ya sea en el matrimonio, en el sacerdocio o en la vida consagrada— sigan momentos de crisis, que hacen que la vida parezca como una difícil travesía por el desierto. Estos tiempos de crisis, sin embargo, no son perdidos o inútiles, sino que pueden transformarse en ocasiones importantes para crecer. Son periodos de purificación de la esperanza. De hecho, en estas crisis muchas falsas “esperanzas”, que resultan demasiado pequeñas para nuestro corazón, se desvanecen; quedan desenmascaradas y, así, quedamos al desnudo frente a nosotros mismos y ante las cuestiones fundamentales de la vida, lejos de todo espejismo. Y en ese momento, cada uno de nosotros puede preguntarse: ¿en qué esperanzas fundamento mi vida?, ¿son reales o son ilusorias?

En esos momentos, el Señor no nos abandona; se hace cercano a nosotros mostrándonos su paternidad y nos da siempre el pan que reaviva nuestras fuerzas y nos pone de nuevo en camino. Recordemos que al pueblo en el desierto le dio el maná (cf. Ex 16) y al profeta Elías, cansado y desanimado, le ofreció dos veces pan y agua para que pudiera caminar durante «cuarenta días y cuarenta noches hasta la montaña de Dios, el Horeb» (cf. 1 R 19,3-8). En estos relatos bíblicos, la fe de la Iglesia ha visto prefigurado el don precioso de la Eucaristía, verdadero maná y verdadero viático, que Dios nos da para sostenernos en nuestro camino. Como decía el beato Carlos Acutis, la Eucaristía es la autopista hacia el cielo. Él fue un joven que hizo de la Eucaristía su cita cotidiana más importante. Así, íntimamente unidos al Señor, caminamos sin cansarnos porque Él camina con nosotros (cf. Mt 28, 20). Los invito a redescubrir este gran don de la Eucaristía.

En los inevitables momentos de fatiga que acompañan nuestra peregrinación por este mundo, aprendamos entonces a descansar como Jesús y en Jesús. Él, que aconseja a los discípulos descansar, al volver de su misión (cf. Mc 6,31), reconoce vuestra necesidad de descanso físico, de tiempo de esparcimiento, para disfrutar de la compañía de los amigos, para hacer deporte e incluso para dormir. Pero hay un descanso aún más profundo, el descanso del alma, que muchos buscan y pocos logran, y que sólo se halla en Cristo. Sepan que todo cansancio interior puede encontrar alivio en el Señor, que les dice: «Vengan a mí todos los que están afligidos y agobiados, y yo los aliviaré» (Mt 11, 28). Cuando el cansancio del camino los agobie, vuélvanse a Jesús, aprendan a descansar en Él y a permanecer en Él, porque “los que esperan en el Señor caminan sin cansarse” (cf. Is 40,31).

3.De turistas a peregrinos

Queridos jóvenes, la invitación que les hago es a ponerse en camino, a descubrir la vida, tras las huellas del amor, en busca del rostro de Dios. Pero les recomiendo esto: no se pongan en camino como simples turistas, sino como peregrinos. Que vuestro caminar no sea simplemente un pasar por los lugares de la vida de forma superficial: sin captar la belleza de lo que van encontrando, sin descubrir el sentido de los caminos recorridos, capturando breves momentos, experiencias fugaces para conservarlas en un selfie. El turista hace esto. El peregrino, en cambio, se sumerge de lleno en los lugares que encuentra, los hace hablar, los convierte en parte de su búsqueda de la felicidad. La peregrinación jubilar, por lo tanto, ha de ser signo del viaje interior que todos estamos llamados a hacer, para llegar al destino final.

Con esta disposición, preparémonos todos para el Año Jubilar. Espero que para muchos de ustedes sea posible venir a Roma en peregrinación para cruzar las Puertas Santas. En todo caso, para todos habrá también la posibilidad de realizar esta peregrinación en las mismas Iglesias particulares, ocasión para redescubrir los numerosos santuarios locales que conservan la fe y la piedad del pueblo santo y fiel de Dios. Y deseo que esta peregrinación jubilar se convierta para cada uno de nosotros en un «encuentro vivo y personal con el Señor Jesús, “puerta” de salvación» (Bula Spes non confundit, 1). Los exhorto a vivirla con tres actitudes fundamentales: el agradecimiento, para que sus corazones se abran a la alabanza por los dones recibidos, ante todo por el don de la vida; la búsqueda, para que el camino exprese el deseo constante de buscar al Señor y de no de apagar la sed del corazón; y, por último, el arrepentimiento, que nos ayuda a mirar dentro de nosotros mismos, a reconocer los pasos y las decisiones equivocadas que a veces tomamos y, así, poder convertirnos al Señor y a la luz de su Evangelio.

4.Peregrinos de esperanza para la misión

Les dejo una imagen más sugestiva para vuestro itinerario. Al llegar a la Basílica de San Pedro, en Roma, se atraviesa la plaza que está rodeada por la columnata diseñada por el famoso arquitecto y escultor Gian Lorenzo Bernini. La columnata, en su conjunto, tiene la forma de un gran abrazo: son los dos brazos abiertos de la Iglesia, nuestra madre, que acoge a todos sus hijos. En este próximo Año Santo de la Esperanza, los invito a todos a experimentar el abrazo del Dios misericordioso, a experimentar su perdón, la remisión de todas nuestras “ofensas interiores”, como era tradición en los jubileos bíblicos. Y así, acogidos por Dios y renacidos en Él, conviértanse también ustedes en brazos abiertos para tantos de sus amigos y coetáneos que necesitan sentir, a través de vuestra acogida, el amor de Dios Padre. Que cada uno de ustedes regale «aunque sea una sonrisa, un gesto de amistad, una mirada fraterna, una escucha sincera, un servicio gratuito, sabiendo que, en el Espíritu de Jesús, esto puede convertirse en una semilla fecunda de esperanza» (ibíd., 18), y se conviertan así en incansables misioneros de la alegría.

Al caminar, alcemos la vista, con la mirada de la fe vuelta hacia los santos que nos han precedido en el camino, que han llegado a la meta y nos dan su testimonio alentador: «He peleado hasta el fin el buen combate, concluí mi carrera, conservé la fe. Y ya está preparada para mí la corona de justicia, que el Señor, como justo Juez, me dará en ese Día, y no solamente a mí, sino a todos los que han aguardado con amor su Manifestación» (2 Tm 4,7-8). El ejemplo de los santos y santas nos atrae y nos sostiene.

¡Ánimo! Los llevo a todos en el corazón y confío el camino de cada uno de ustedes a la Virgen María, para que, siguiendo su ejemplo, sepan aguardar con paciencia y confianza lo que esperan, permaneciendo en camino como peregrinos de esperanza y de amor.

Roma, San Juan de Letrán, 29 de agosto de 2024, Memoria del martirio de san Juan Bautista.

FRANCISCO

[01399-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Aqueles que esperam no Senhor, caminham sem se cansar (cf. Is 40,31)

Caros jovens!

No ano passado, começamos a percorrer o caminho da esperança rumo ao Grande Jubileu, refletindo sobre a expressão paulina “Alegres na esperança” (Rm 12, 12). Precisamente para nos prepararmos para a peregrinação jubilar de 2025, este ano deixamo-nos inspirar pelo profeta Isaías, que diz: “Os que esperam no Senhor [...] caminham sem se cansar” (Is 40, 31). Esta expressão é retirada do chamado Livro da Consolação (Is 40-55), que anuncia o fim do exílio de Israel na Babilônia e o início de uma nova fase de esperança e de renascimento para o povo de Deus, que pode regressar à sua pátria graças a um novo “caminho” que, na história, o Senhor abre aos seus filhos (cf. Is 40, 3).

Também nós vivemos hoje tempos marcados por situações dramáticas que geram desespero e nos impedem de olhar para o futuro com espírito sereno: a tragédia da guerra, as injustiças sociais, as desigualdades, a fome, a exploração do ser humano e da criação. Muitas vezes, quem paga o preço mais alto sois vós, jovens, que sentis a incerteza do futuro e não vislumbrais perspectivas seguras para os vossos sonhos, correndo assim o risco de viver sem esperança, prisioneiros do tédio e da melancolia, por vezes arrastados para a ilusão da transgressão e das realidades destrutivas (cf. Bula Spes non confundit, 12). Por isso, queridos amigos, gostaria que, como aconteceu ao povo de Israel na Babilônia, chegasse também a vós o anúncio da esperança: hoje o Senhor abre diante de vós um caminho e convida-vos a percorrê-lo com alegria e esperança.

1.A peregrinação da vida e os seus desafios

Isaías profetiza um “caminhar sem cansaço”. Reflitamos então sobre estes dois aspectos: o caminhar e o cansaço.

A nossa vida é uma peregrinação, uma jornada que nos empurra para além de nós mesmos, um caminho em busca da felicidade; e a vida cristã, em particular, é uma peregrinação em direção a Deus, à nossa salvação e à plenitude de todo o bem. As realizações, as conquistas e os sucessos do caminho, se forem apenas materiais, depois de um primeiro momento de satisfação, deixam-nos ainda com fome, desejosos de um sentido mais profundo; em verdade, não satisfazem completamente a nossa alma, porque fomos criados por Aquele que é infinito e, por isso, em nós habita o desejo de transcendência, a inquietação contínua para a realização de aspirações maiores, para um “algo a mais”. É por isso que, como já vos disse tantas vezes, “olhar a vida da varanda” não é suficiente para vós, jovens.

No entanto, é normal que, apesar de começarmos as nossas jornadas com entusiasmo, mais cedo ou mais tarde comecemos a sentir cansaço. Nalguns casos, o que provoca ansiedade e cansaço interior são as pressões sociais para atingir determinados padrões de sucesso nos estudos, no trabalho e na vida pessoal. Isto produz tristeza, pois vivemos no afã de um ativismo vazio que nos leva a preencher os nossos dias com mil coisas e, apesar disso, a sentir que nunca conseguimos fazer o suficiente e que nunca estamos à altura. Este cansaço é muitas vezes acompanhado pelo tédio. É o estado de apatia e de insatisfação de quem não se põe a caminho, não decide, não escolhe, nunca arrisca e prefere ficar na sua zona de conforto, fechado em si mesmo, vendo e julgando o mundo por detrás de uma tela, sem nunca “sujar as mãos” com os problemas, com os outros, com a vida. Este tipo de cansaço é como um cimento no qual mergulhamos os pés, e que acaba por endurecer, pesar, paralisar e impedir-nos de avançar. Prefiro o cansaço dos que estão a caminho do que o tédio dos que estão parados e não têm vontade de andar!

A solução para o cansaço, paradoxalmente, não é ficar parado para descansar. É, pelo contrário, pôr-se a caminho e tornar-se peregrino da esperança. Este é o convite que vos faço: caminhai na esperança! A esperança vence todo o cansaço, toda a crise e toda a ansiedade, dando-nos uma forte motivação para avançar, porque é um dom que recebemos do próprio Deus: Ele enche o nosso tempo de sentido, ilumina-nos o caminho, indica-nos a direção e a meta da vida. O apóstolo Paulo utilizou a imagem do atleta no estádio, que corre para receber o prémio da vitória (cf. 1 Cor 9, 24). Quem já participou numa competição desportiva – não como espectador, mas como protagonista – conhece bem a força interior que é necessária para chegar à meta. A esperança é precisamente uma força nova, que Deus infunde em nós, que nos permite perseverar na corrida, que nos dá uma “visão de longo alcance”, que ultrapassa as dificuldades do presente e nos orienta para uma meta concreta: a comunhão com Deus e a plenitude da vida eterna. Se há uma bela meta, se a vida não se dirige para o vazio, se nada daquilo que sonho, projeto e realizo se perde, então vale a pena caminhar e suar, suportar os obstáculos e enfrentar o cansaço, porque a recompensa final é maravilhosa!

2.Peregrinos no deserto

Na peregrinação da vida, haverá inevitavelmente desafios a enfrentar. Nos tempos antigos, durante as peregrinações mais longas, era preciso enfrentar as mudanças de estação e de clima; atravessar prados agradáveis e bosques refrescantes, mas também montanhas cobertas de neve e desertos tórridos. Assim, a peregrinação de uma vida e a viagem para um destino longínquo não deixam de ser cansativas também para quem crê, tal como o foi para o povo de Israel a viagem pelo deserto até à Terra Prometida.

Assim é para todos vós. Mesmo para aqueles que receberam o dom da fé, houve momentos felizes em que Deus esteve presente e o sentistes próximo, e outros momentos em que experimentastes o deserto. Pode acontecer que o entusiasmo inicial nos estudos ou no trabalho, ou o impulso para seguir Cristo – tanto no matrimônio, como no sacerdócio ou na vida consagrada – sejam seguidos por momentos de crise, que fazem com que a vida pareça uma difícil caminhada no deserto. Estes momentos de crise, porém, não são tempos perdidos ou inúteis, mas podem revelar-se importantes oportunidades de crescimento. São tempos de purificação da esperança! Com efeito, durante as crises são desfeitas muitas “esperanças” falsas, demasiado pequenas para o nosso coração; são desmascaradas e, assim, ficamos nus diante de nós próprios e das questões fundamentais da vida, para além de qualquer ilusão. E, nesse momento, cada um de nós pode perguntar-se: em que esperanças baseio a minha vida? São esperanças verdadeiras ou são ilusões?

Nestes momentos, o Senhor não nos abandona; aproxima-se com a sua paternidade e dá-nos sempre o pão que revigora as nossas forças e nos põe de novo a caminho. Recordemos que ao povo no deserto deu o maná (cf. Ex 16) e ao profeta Elias, cansado e desanimado, ofereceu duas vezes um pão achatado e água para que pudesse caminhar “quarenta dias e quarenta noites até chegar ao Horeb, o monte de Deus” (cf. 1 Rs 19, 3-8). Nestas histórias bíblicas, a fé da Igreja viu prefigurações do dom precioso da Eucaristia, verdadeiro maná e verdadeiro viático, que Deus nos dá para nos sustentar no nosso caminho. Como dizia o Beato Carlo Acutis, a Eucaristia é a autoestrada para o céu. Um jovem que fez da Eucaristia o seu compromisso quotidiano mais importante! Assim, intimamente unidos ao Senhor, caminhamos sem nos cansarmos, porque Ele caminha junto a nós (cf. Mt 28,20). Convido-vos a redescobrir o grande dom da Eucaristia!

Nos inevitáveis momentos de cansaço da nossa peregrinação neste mundo, aprendamos então a descansar como Jesus e em Jesus. Ele, que recomenda aos discípulos que repousem depois de regressarem da sua missão (cf. Mc 6, 31), reconhece a vossa necessidade de repouso do corpo, de tempo para o lazer, para gozar a companhia dos amigos, para o desporto e até para o sono. Mas há um repouso mais profundo, o repouso da alma, que muitos procuram e poucos encontram, e que só pode ser encontrado em Cristo. Sabei que todo o cansaço interior pode encontrar alívio no Senhor, que vos diz: “Vinde a mim, todos vós que estais cansados e oprimidos, e eu hei de aliviar-vos” (Mt 11, 28). Quando o cansaço do caminho vos pesar, voltai para Jesus, aprendei a descansar n’Ele e a permanecer n’Ele, pois “aqueles que esperam no Senhor [...] caminham sem se cansar” (Is 40,31).

3.De turistas a peregrinos

Queridos jovens, o convite que vos faço é para que vos coloqueis a caminho, para descobrir a vida, nas pegadas do amor, em busca do rosto de Deus. Mas o que vos recomendo é o seguinte: não partam como meros turistas, mas como peregrinos. Isto é, que a vossa caminhada não seja apenas uma passagem pelos lugares da vida de forma superficial, sem captar a beleza do que encontrais, sem descobrir o sentido dos caminhos percorridos, captando só breves momentos, experiências fugazes registradas numa selfie. O turista faz isso. O peregrino, pelo contrário, mergulha de alma e coração nos lugares que encontra, fá-los falar, torna-os parte da sua busca de felicidade. A peregrinação jubilar quer, portanto, tornar-se o sinal do caminho interior que todos somos chamados a fazer para chegar ao destino final.

Com estas atitudes, todos nos preparamos para o Ano Jubilar. Espero que para muitos de vós seja possível vir a Roma em peregrinação para atravessar as Portas Santas. Para todos, em todo o caso, haverá a possibilidade de fazer esta peregrinação também nas Igrejas particulares, para redescobrir os numerosos santuários locais que guardam a fé e a piedade do povo santo e fiel de Deus. E faço votos de que esta peregrinação jubilar se torne para cada um de nós “um momento de encontro vivo e pessoal com o Senhor Jesus, ‘porta’ de salvação” (Bula Spes non confundit, 1). Exorto-vos a vivê-la com três atitudes fundamentais: a ação de graças, para que o vosso coração se abra ao louvor pelos dons recebidos, principalmente o dom da vida; a procura, para que o caminho exprima o desejo constante de procurar o Senhor e de não deixar apagar a sede do coração; e, por fim, o arrependimento, que nos ajuda a olhar para dentro de nós mesmos, a reconhecer os caminhos e as opções erradas que por vezes tomamos e, assim, a poder converter-nos ao Senhor e à luz do seu Evangelho.

4.Peregrinos de esperança para a missão

Deixo-vos mais uma imagem sugestiva para a vossa viagem. Ao chegar à Basílica de São Pedro, em Roma, atravessa-se a praça que está rodeada pela colunata criada pelo grande arquiteto e escultor Gian Lorenzo Bernini. A colunata, no seu conjunto, parece um grande abraço: são os dois braços abertos da Igreja, nossa mãe, que acolhe todos os seus filhos! Neste próximo Ano Santo da Esperança, convido-vos a todos a experimentar o abraço do Deus misericordioso, a experimentar o seu perdão, a remissão de todas as nossas “dívidas interiores”, como era tradição nos jubileus bíblicos. E assim, acolhidos por Deus e renascidos n'Ele, também vós vos tornais braços abertos para tantos dos vossos amigos e colegas que precisam de sentir, através do vosso acolhimento, o amor de Deus Pai. Cada um de vós ofereça “ao menos um sorriso, um gesto de amizade, um olhar fraterno, uma escuta sincera, um serviço gratuito, sabendo que, no Espírito de Jesus, isso pode tornar-se uma semente fecunda de esperança para quem o recebe” (ibid., 18), e assim vos tornareis incansáveis missionários da alegria.

Enquanto caminhamos, levantemos o olhar, com os olhos da fé, para os santos que nos precederam na caminhada, que chegaram à meta e nos dão o seu testemunho encorajador: “Combati o bom combate, terminei a corrida, permaneci fiel.A partir de agora, já me aguarda a merecida coroa, que me entregará, naquele dia, o Senhor, justo juiz, e não somente a mim, mas a todos os que anseiam pela sua vinda” (2Tm 4,7-8). O exemplo dos homens e das mulheres santos atrai-nos e sustenta-nos.

Coragem! Trago-vos a todos no meu coração e confio o caminho de cada um de vós à Virgem Maria, para que, seguindo o seu exemplo, saibais esperar com paciência e confiança aquilo que esperais, permanecendo no vosso caminho como peregrinos da esperança e do amor.

Roma, São João de Latrão, 29 de agosto de 2024, memória do martírio de São João Batista.

FRANCISCUS

[01399-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Ci, co zaufali Panu, idą bez znużenia (por. Iz 40, 31)

Drodzy Młodzi!

W ubiegłym roku wyruszyliśmy drogą nadziei ku Wielkiemu Jubileuszowi, rozważając Pawłowe wyrażenie: „Weselcie się nadzieją” (Rz 12, 12). Właśnie po to, aby przygotować się do jubileuszowej pielgrzymki roku 2025, w tym roku czerpiemy inspirację z proroka Izajasza, który mówi: „ci, co zaufali Panu [...], bez znużenia idą” (Iz 40, 31). Wyrażenie to zostało zaczerpnięte z tak zwanej Księgi Pocieszenia (Iz 40-55), która zapowiada koniec niewoli Izraela w Babilonie i początek nowego etapu nadziei i odrodzenia ludu Bożego. Lud ten może powrócić do swojej ojczyzny dzięki nowej „drodze”, którą w historii Pan otwiera dla swoich dzieci (por. Iz 40, 3).

My także żyjemy dziś w czasach naznaczonych dramatami, które rodzą desperację i uniemożliwiają nam spoglądanie w przyszłość ze spokojem w sercu: tragedia wojny, niesprawiedliwości społeczne, nierówności, głód, wyzysk człowieka i stworzenia. Często najwyższą cenę płacicie wy, młodzi, którzy odczuwacie niepewność jutra i nie dostrzegacie stabilnych perspektyw dla waszych marzeń. Grozi wam przez to życie pozbawione nadziei, stawanie się więźniami nudy i melancholii, niekiedy pociągniętymi iluzją występku i destrukcyjnej rzeczywistości (por. Bulla Spes non confundit, 12). Dlatego najmilsi, chciałbym, aby podobnie jak w przypadku Izraela w Babilonie, także do was dotarło orędzie nadziei: także dzisiaj Pan otwiera przed wami drogę i zaprasza was do podążania nią z radością i nadzieją.

1.Pielgrzymka życia i jej wyzwania

Izajasz przepowiada „wędrowanie bez znużenia”. Zastanówmy się zatem nad tymi dwoma aspektami: wędrowaniem i znużeniem.

Nasze życie jest pielgrzymką, podróżą, która pcha nas poza nas samych, podróżą w poszukiwaniu szczęścia. Zwłaszcza życie chrześcijańskie jest pielgrzymką ku Bogu, ku naszemu zbawieniu i pełni wszelkiego dobra. Cele, osiągnięcia, i sukcesy na tej drodze, jeśli są jedynie materialne, to po początkowej satysfakcji, nadal pozostawiają nas głodnymi, spragnionymi głębszego sensu. Nie zaspokajają bowiem całkowicie naszej duszy, ponieważ zostaliśmy stworzeni przez Tego, który jest nieskończony. A zatem, tkwi w nas pragnienie transcendencji, ciągły niepokój, kierujący nas ku spełnianiu wyższych aspiracji, ku „czemuś więcej”. Dlatego, jak już wiele razy mówiłem, „patrzenie na życie z perspektywy balkonu” nie może wam młodym wystarczać.

Niemniej jednak, to normalne, że nawet jeśli rozpoczynamy nasze podróże pełni entuzjazmu, prędzej czy później zaczynamy odczuwać znużenie. W niektórych przypadkach, przyczyną niepokoju i wewnętrznego znużenia jest presja społeczna, która wymusza osiągnięcie określonych standardów sukcesu w nauce, pracy i życiu osobistym. Powoduje to smutek: żyjemy w zgiełku pustego aktywizmu, prowadzącego nas do wypełnienia naszych dni tysiącem rzeczy, a mimo to czujemy, że nigdy nie udaje nam się zrobić wystarczająco dużo, i że nigdy nie potrafimy stanąć na wysokości zadania. Temu znużeniu często towarzyszy znudzenie. Jest to stan apatii i niezadowolenia ludzi, którzy nie wyruszają w drogę, nie podejmują decyzji, nie dokonują wyborów, nigdy nie podejmują ryzyka i wolą pozostać w swojej strefie komfortu, zamknięci w sobie, widząc i oceniając świat zza ekranu, nigdy nie „brudząc sobie rąk” problemami, innymi ludźmi ani życiem. Ten rodzaj znużenia jest jak beton, w którym zanurzone są nasze stopy, a który w końcu twardnieje, obciąża, paraliżuje nas i uniemożliwia nam pójście naprzód. Wolę znużenie tych, którzy są w drodze, niż znudzenie tych, którzy stoją w miejscu, nie mając ochoty ruszyć w drogę!

Lekarstwem na znużenie, paradoksalnie, nie jest trwanie w miejscu i odpoczynek. Jest nim raczej wyruszenie w drogę i przemiana w pielgrzymów nadziei. To jest moja zachęta dla was: wędrujcie w nadziei! Nadzieja przezwycięża wszelkie znużenie, wszelki kryzys i wszelki niepokój, dając nam silną motywację do pójścia naprzód, ponieważ jest darem, który otrzymujemy od samego Boga: On wypełnia nasz czas sensem, oświeca nas w drodze, pokazuje nam kierunek i cel życia. Św. Paweł Apostoł użył obrazu sportowca na stadionie, biegnącego po nagrodę zwycięstwa (por. 1 Kor 9, 24). Ci z was, którzy brali udział w zawodach sportowych – nie jako widzowie, lecz jako uczestnicy – dobrze znają wewnętrzną siłę, której potrzeba, by dotrzeć do mety. Nadzieja jest właśnie taką nową siłą, którą Bóg w nas zaszczepia, która pozwala nam wytrwać w wyścigu, która daje nam „dalekowzroczność”, wykraczającą poza trudności chwili obecnej i kieruje nas ku pewnemu celowi: ku komunii z Bogiem i pełni życia wiecznego. Jeśli istnieje piękny cel, jeśli życie nie zmierza ku nicości, jeśli nic z tego, o czym marzę, co planuję i realizuję, nie zostanie zatracone, to warto iść i pocić się, pokonywać przeszkody i stawiać czoła znużeniu, bo ostateczna nagroda jest wspaniała!

2.Pielgrzymi na pustyni

W pielgrzymce życia nieuchronnie pojawią się wyzwania, które trzeba będzie podjąć. W dawnych czasach, podczas dłuższych pielgrzymek trzeba było sobie radzić ze zmieniającymi się porami roku i zmiennością klimatu. Należało przemierzać zarówno przyjemne łąki i emanujące świeżością lasy, lecz także ośnieżone góry i upalne pustynie. Tak więc, nawet dla wierzących, pielgrzymka życia i droga do odległego celu są męczące, podobnie jak podróż przez pustynię do Ziemi Obiecanej była wyzwaniem dla ludu Izraela.

Dotyczy to każdego z was. Również ci z was, którzy otrzymali dar wiary, przeżywali zarówno chwile szczęśliwe, gdy Bóg był obecny i gdy czuliście, że był blisko was, jak i momenty, gdy doświadczaliście pustyni. Może się zdarzyć, że po początkowym entuzjazmie w nauce lub pracy, albo po porywie pójścia za Chrystusem – czy to w małżeństwie, kapłaństwie czy życiu konsekrowanym – następuje czas kryzysu, który sprawia, że życie wydaje się trudnym wędrowaniem po pustyni. Te momenty kryzysu nie są jednak czasem straconym czy bezużytecznym, ale mogą okazać się ważnymi szansami na rozwój. Są to okresy oczyszczenia nadziei! W kryzysach zostaje bowiem rozwianych wiele fałszywych „nadziei”, tych zbyt małych dla naszych serc. Zostają zdemaskowane i w ten sposób pozostajemy nadzy ze sobą, i z fundamentalnymi pytaniami życia, pozbawieni jakichkolwiek złudzeń. I w takim momencie, każdy z nas może zadać sobie pytanie: na jakich nadziejach opieram swoje życie? Czy są one prawdziwe, czy też złudne?

W takich chwilach Pan nas nie opuszcza; przychodzi ze swoim ojcostwem i zawsze daje nam chleb, który wzmacnia nasze siły i pozwala nam znów wyruszyć w drogę. Pamiętajmy, że ludowi na pustyni dawał On mannę (por. Wj 16), a prorokowi Eliaszowi, znużonemu i zniechęconemu, dwukrotnie ofiarował podpłomyk i wodę, aby mógł iść „czterdzieści dni i czterdzieści nocy aż do Bożej góry Horeb” (por. 1 Krl 19, 3-8). W tych biblijnych historiach wiara Kościoła widziała zapowiedź cennego daru Eucharystii, prawdziwej manny i prawdziwego wiatyku, które Bóg daje nam, aby podtrzymać nas w drodze. Jak powiedział bł. Carlo Acutis, młody człowiek, który uczynił Eucharystię swoim najważniejszym codziennym spotkaniem: Eucharystia jest autostradą do nieba! W ten sposób, ściśle zjednoczeni z Panem, możemy wędrować niestrudzenie, ponieważ On idzie z nami (por. Mt 28, 20). Zachęcam was do ponownego odkrycia wielkiego daru Eucharystii!

W nieuniknionych chwilach znużenia naszą pielgrzymką na tym świecie, nauczmy się odpoczywać jak Jezus i w Jezusie. On, który zaleca uczniom odpoczynek po powrocie z misji (por. Mk 6, 31), uznaje potrzebę odpoczynku ciała, czasu na rozrywkę, na cieszenie się towarzystwem przyjaciół, na uprawianie sportu, a także na sen. Ale istnieje też głębszy odpoczynek, odpoczynek duszy, którego wielu szuka, a niewielu znajduje, i który znajduje się jedynie w Chrystusie. Wiedzcie, że wszelkie wewnętrzne zmęczenie może znaleźć ukojenie w Panu, który mówi do każdego z was: „Przyjdźcie do Mnie wszyscy, którzy utrudzeni i obciążeni jesteście, a Ja was pokrzepię” (Mt 11, 28). Kiedy zmęczenie podróżą was przytłacza, powróćcie do Jezusa, nauczcie się odpoczywać w Nim i trwać w Nim, ponieważ „ci, co zaufali Panu [...], bez znużenia idą” (Iz 40, 31).

3.Od turystów do pielgrzymów

Drodzy młodzi, zaproszenie, które do was kieruję, dotyczy wyruszenia w drogę, by odkrywać życie, wędrować śladami miłości i poszukiwać oblicza Boga. Ale to, o co wam zalecam, to wyruszenie w drogę nie jako zwykli turyści, lecz jako pielgrzymi. Znaczy to, że wasza wędrówka nie powinna być jedynie przechodzeniem przez życie w sposób powierzchowny, bez zatrzymania się nad pięknem tego, co napotykacie, bez odkrywania znaczenia przebytych dróg, chwytając jedynie krótkie chwile i ulotne doświadczenia, utrwalone za pomocą selfie. Tak postępuje turysta. Pielgrzym natomiast zanurza się całym sercem w miejscach, które napotyka, sprawia, że one przemawiają, że stają się częścią jego poszukiwania szczęścia. Pielgrzymka jubileuszowa może zatem stać się znakiem wewnętrznej drogi, do której odbycia wszyscy jesteśmy wezwani, aby dotrzeć do ostatecznego celu.

Z takim nastawieniem przygotowujemy się wszyscy do Roku Jubileuszowego. Mam nadzieję, że wielu z was będzie mogło przybyć do Rzymu w pielgrzymce, by przekroczyć progi Drzwi Świętych. Dla wszystkich będzie też możliwość odbycia tej pielgrzymki także w Kościołach partykularnych, aby na nowo odkryć wiele lokalnych sanktuariów, które strzegą wiary i pobożności świętego i wiernego Ludu Bożego. I mam nadzieję, że ta jubileuszowa pielgrzymka stanie się dla każdego z nas „wydarzeniem żywego i osobistego spotkania z Panem Jezusem, «bramą» zbawienia” (Bulla Spes non confundit, 1). Zachęcam was do przeżywania jej z trzema zasadniczymi postawami: dziękczynieniem, aby wasze serce było otworzyło się na uwielbienie za otrzymane dary, przede wszystkim dar życia; poszukiwaniem, aby droga wyrażała nieustanne pragnienie poszukiwania Pana, a nie tłumienia pragnienia serca; i wreszcie skruchą, która pomaga nam spojrzeć w głąb siebie, rozpoznać błędne drogi i wybory, które czasami podejmujemy, a tym samym nawrócić się do Pana i do światła Jego Ewangelii.

4.Pielgrzymi nadziei dla misji

Na drogę zostawiam wam jeszcze jeden sugestywny obraz. Przybywając do Bazyliki Świętego Piotra w Rzymie, przechodzimy przez plac otoczony kolumnadą, wykonaną przez wielkiego architekta i rzeźbiarza Gian Lorenzo Berniniego. Kolumnada, jako całość, wygląda jakby obejmowała plac: są to dwa otwarte ramiona Kościoła, naszej matki, która wita wszystkie swoje dzieci! W tym nadchodzącym Roku Świętym Nadziei, zapraszam was wszystkich do doświadczenia przytulenia przez miłosiernego Boga, do doświadczenia Jego przebaczenia, darowania wszystkich naszych „wewnętrznych długów”, jak to było w tradycji jubileuszy biblijnych. Przyjęci przez Boga i odrodzeni w Nim, wy również stajecie się otwartymi ramionami dla wielu waszych przyjaciół i rówieśników, którzy potrzebują poczuć, poprzez waszą akceptację, miłość Boga Ojca. Niech każdy z was da „choćby tylko uśmiech, gest przyjaźni, braterskie spojrzenie, szczere wysłuchanie, bezinteresowną posługę, wiedząc, że w Duchu Jezusa może to stać się owocnym ziarnem nadziei dla tych, którzy je przyjmują” (tamże, 18), stając się w ten sposób niestrudzonymi misjonarzami radości.

Wędrując, spójrzmy w górę oczami wiary, ku świętym, którzy poprzedzili nas w tej drodze, którzy dotarli do celu i dają nam zachęcające świadectwo: „W dobrych zawodach wystąpiłem, bieg ukończyłem, wiary ustrzegłem. Na ostatek odłożono dla mnie wieniec sprawiedliwości, który mi w owym dniu odda Pan, sprawiedliwy Sędzia, a nie tylko mnie, ale i wszystkim, którzy umiłowali pojawienie się Jego” (2 Tm 4, 7-8). Niech przykład świętych mężczyzn i kobiet pociąga nas i wspiera.

Odwagi! Noszę was wszystkich w moim sercu i powierzam drogę każdego z was Maryi Dziewicy, abyście za Jej przykładem pokornie i ufnie potrafili oczekiwać na to, co jest dla waszą nadzieją, będąc w drodze jako pielgrzymi nadziei i miłości.

W Rzymie, u Świętego Jana na Lateranie, dnia 29 sierpnia 2024 r., we wspomnienie męczeństwa św. Jana Chrzciciela.

FRANCISZEK

 

[01399-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا فرنسيس

في اليوم العالمي التّاسع والثّلاثين للشّبيبة

24 تشرين الثّاني/ نوفمبر 2024

"الرَّاجونَ لِلرَّبّ، [...]، يَسيرونَ ولا يَتعَبون" (أشعيا 40، 31)

أيّها الشّباب الأعزّاء،

بدأنا في السّنة الماضيّة السّير على طريق الرّجاء نحو اليوبيل الكبير، وتأمّلنا في جملة القدّيس بولس "كُونوا في الرَّجاءِ فَرِحين" (رومة 12، 12). واستعدادًا لحجّ اليوبيل في سنة 2025، نسمح لأنفسنا هذه السّنة بأن نستلهم النّبي أشعيا الذي يقول: "الرَّاجونَ لِلرَّبّ، [...]، يَسيرونَ ولا يَتعَبون" (أشعيا 40، 31). هذه الجملة مأخوذة من ما يسمّى بسفر التّعزية (أشعيا 40-55)، الذي يُعلَن فيه نهاية سبي إسرائيل إلى بابل، وبداية مرحلة جديدة من الرّجاء، والولادة الجديدة لشعب الله الذي يستطيع العودة إلى وطنه بفضل ”طريق“ جديد يفتحه الله لأبنائه عبر التّاريخ (راجع أشعيا 40، 3).

نحن أيضًا نعيش اليوم في زمن يتَّسِمُ بأوضاع مأساويّة، تبعث على اليأس وتمنعنا من النّظر إلى المستقبل بنفس هادئة مطمئنّة: مأساة الحرب، والظّلم الاجتماعيّ، وعدم المساواة، والجوع، واستغلال البشر والخليقة. في كثير من الأحيان، أنتم الشّباب الذين تدفعون الثّمن الكبير، والذين تشعرون بعدم اليقين بشأن المستقبل ولا ترون منافِذ أكيدة لأحلامكم، وبالتالي توشكون أن تعيشوا بلا أمل، أسرى الملل والكآبة، فتنجرفون أحيانًا إلى وهْم الاعتداء وأنواع الدّمار. (راجع مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي، الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 12). لهذا، أيّها الأحبّاء، أودّ، كما حدث لإسرائيل في بابل، أن يصل إليكم إعلان الرّجاء أيضًا: اليوم أيضًا يفتح الله أمامكم طريقًا ويدعوكم إلى اتّباعه بفرح ورجاء.

1. رحلة الحياة وتحدياتها

تنبّأ أشعيا قال: "يَسيرونَ ولا يَتعَبون". لنتأمّل إذًا في هذين الجانبَين: السَّير والتعب.

حياتنا هي رحلة حجّ، رحلة تدفعنا إلى ما هو أبعد من أنفسنا، ورحلة بحث عن السّعادة. الحياة المسيحيّة، بشكل خاص، هي حجّ نحو الله، خلاصنا وكمال كلّ خير. الأهداف والانتصارات والنّجاحات على طول الطّريق، إن ظلّت ماديّة فقط، بعد أوّل لحظة من الشّبع، تتركنا جائعين، ومشتاقين إلى معنى أعمق. في الواقع، إنّها لا تُشبِع نفوسنا شِبَعًا كاملًا، لأنّ الذي خَلَقنا هو اللامتناهي، وبالتّالي، تسكن فينا الرّغبة في التّسامي فوق ما هو أرضي، والقلق المستمرّ نحو تحقيق أسمى التّطلعات، نحو ”المزيد“. لهذا، كما قلت لكم مرات عديدة، ”النّظر إلى الحياة من الشّرفة“، لا يمكن أن يكون كافيًا لكم، أيّها الشّباب.

ومع ذلك، فمن الطّبيعي أنّه على الرّغم من أنّنا نبدأ مسيرتنا بحماس، إلّا أنّنا عاجلًا أم آجلًا نبدأ بالشّعور بالتّعب. وفي بعض الحالات، ما يسبّب القلق والتّعب الدّاخليّ هو الضّغوط الاجتماعيّة، التي تدفع الإنسان للوصول إلى معايير معيّنة من النّجاح في الدّراسة والعمل والحياة الشّخصيّة. وينتج عن ذلك حزن، ونعيش في قلق من النّشاط الفارغ الذي يقودنا إلى ملء أيامنا بآلاف الأشياء، وعلى الرّغم من ذلك، يتكوَّن لدينا انطباع بعدم القدرة على فعل ما يكفي وعدم الوصول إلى المستوى أبدًا. ويضاف مرارًا الملل إلى هذا التّعب. إنّها حالة اللامبالاة وعدم الرّضى في الذين لا ينطلقون ولا يسيرون، ولا يقرّرون، ولا يختارون، ولا يخاطرون أبدًا، ويفضلّون البقاء في منطقة راحتهم، منغلقين على أنفسهم، ويرون العالم ويحكمون عليه من خلف الأقنعة، دون أن ”تتسخ أيديهم“ بالمشاكل، مع الآخرين، ومع الحياة. هذا النّوع من التّعب يشبه الإسمنت الذي تُوحِلُ فيه أقدامنا، ثم يجِفّ ويثقل علينا ويقيِّدنا ويمنعنا من متابعة السّير. أُفضِّل تعب الذين يسيرون، على ملل الذين يظلّون خامدين ولا رغبة لهم في السّير!

والمفارقة أنّ الحلّ للتعب هو عدم البقاء واقفين لنستريح. بل هو أن ننطلق في مسيرة ونصير حجّاج رجاء. هذه هي دعوتي لكم: سيروا في الرّجاء! الرّجاء يتغلّب على كلّ تعب، وكلّ أزمة، وكلّ قلق، ويعطينا دافعًا قوّيًا لمتابعة السّير، وهو عطيّة نقبلها من الله نفسه: فهو يعطي معنى لوقتنا، وينير لنا مسيرتنا، ويبيِّن لنا الاتجاه وهدف الحياة. استخدم الرّسول بولس صورة المتسابقين في المدرّج الذين يركضون لينالوا جائزة النّصر (1 قورنتس 9، 24). مَن منكم شارك في مسابقة رياضيّة - ليس كمتفرّج ولكن كمشارك فعليّ - يعرف جيِّدًا القوة الدّاخلية اللازمة للوصول إلى الهدف. الرّجاء هو بالتّحديد قوّة جديدة يغرسها الله فينا، وتسمح لنا بأن نثابر في السّباق، وتعطينا ”نظرًا بعيدًا“ يتجاوز صعوبات الحاضر ويوجِّهنا نحو هدف أكيد: الشّركة والوَحدة مع الله، وكمال الحياة الأبديّة. إن كان هناك هدف جميل، وإن كانت الحياة لا تسير نحو اللاشيء، وإن لم يضِع شيء مما أحلم به وأخطّط له وأحقّقه، إذّاك يستحق الأمر أن نسير، ونعرَق، ونتحمّل العقبات، ونواجه التّعب، لأنّ المكافأة النّهائية مدهشة!

2. الحجّاج في الصّحراء

في رحلة الحياة ستكون هناك حتمًا تحديات يجب مواجهتها. في العصور القديمة، في رحلات الحجّ الطّويلة، كان لا بد من مواجهة تغيّر الفصول وتنوّع المناخ. كانوا يجتازون المروج الجميلة والغابات الباردة، ولكن أيضًا الجبال المغطاة بالثّلوج والصّحاري الحارة. كذلك للمؤمنين أيضًا، فإنّ حجّ الحياة والمسيرة نحو هدف بعيد لا يزالان متعِبَين، كما كانت الرّحلة في الصّحراء نحو أرض الميعاد لشعب إسرائيل.

وهذا هو بالنّسبة لكم جميعًا. وأيضًا بالنّسبة للذين قبِلوا عطيّة الإيمان، كانت هناك لحظات سعيدة فيها كان الله حاضرًا وشعرتم بقربه، ولحظات أخرى اختبرتم فيها الصّحراء. قَد يحدث أنّ الحماسة الأولى في الدّراسة أو العمل، أو الاندفاع لاتّباع المسيح – سواء في الزّواج أو الكهنوت أو الحياة المكرّسة – تتبعها لحظات أزمة تجعل الحياة تبدو وكأنّها مسيرة صعبة في الصّحراء. مع ذلك، أوقات الأزمات هذه ليست أوقاتًا ضائعة أو عديمة الفائدة، بل يمكنها أن تكون فرصًا مهمّة للنّمو. إنّها لحظات تنقية الرّجاء! في الواقع، في الأزمات، تختفي ”آمالٌ“ زائفة كثيرة، التي هي أصغر من قلبنا. إنّها تنكشف في الصعاب، ونبقى عراة مع أنفسنا ومع الأسئلة الأساسيّة للحياة، وبعيدًا عن أيّ وهْم. وفي هذه اللحظة يستطيع كلّ واحد منّا أن يسأل نفسه: على أيّ آمال أبني حياتي؟ هل هي حقيقيّة أم أوهام؟

في هذه اللحظات، الرّبّ يسوع لا يتركنا، بل يقترب منّا بأُبوّته ويعطينا دائمًا الخبز الذي ينشّط قوّتنا ويعيدنا إلى مسيرتنا. لنتذكّر أنّه أعطى المَنَّ للشعب في البرّيّة (راجع خروج 16) وإيليّا النّبيّ، الذي كان متعبًا ومحبطًا، قدّم له مرّتين رغيف خبزٍ وماء حتّى يتمكّن من أن يمشي "أَربَعينَ يَومًا وأَربَعينَ لَيلَةً إِلى جَبَلِ اللهِ حوريب" (راجع الملوك الأوّل 19، 3-8). في قصص الكتاب المقدّس هذه، رأى إيمان الكنيسة تنبّؤات مسبقة لعطيّة الإفخارستيّا الثّمينة، والمنّ الحقيقيّ والزّاد الحقيقيّ، الذي يمنحنا إياه الله ليقوِّيَنا في مسيرتنا. كما قال الطّوباويّ كارلو أكوتيس، الإفخارستيّا هي الطّريق إلى السّماء. هذا الشّاب الذي جعل من القربان الأقدّس موعده اليوميّ الأهمّ! وهكذا، باتّحادنا الوثيق مع الرّبّ يسوع، نسير دون كلل، لأنّه هو يسير معنا (راجع متّى 28، 20). أدعوكم إلى أن تكتشفوا من جديد عطيّة الإفخارستيّا الكبيرة!

في لحظات التّعب الحتميّة في أثناء حجّنا في هذا العالم، لنتعلّم أن نستريح مثل يسوع وفي يسوع. هو الذي أوصى التّلاميذ أن يستريحوا بعد أن رجعوا من الرّسالة (راجع مرقس 6، 31)، يدرك حاجتكم إلى راحة الجسم، ووقت التّرفيه عن النّفس، لكي تستمتعوا بصحبة الأصدقاء، وتمارسوا الرّياضة ولكي تناموا أيضًا. لكن، هناك راحة أعمق، وهي راحة النّفس، التي يبحث عنها كثيرون وقليلون يجدونها، والتي توجد فقط في المسيح. اعلموا أنّ التّعب الدّاخلي كلّه يمكن أن يجد الرّاحة في الرّبّ يسوع الذي يقول لكم: "تَعالَوا إِلَيَّ جَميعًا أَيُّها المُرهَقونَ المُثقَلون، وأَنا أُريحُكم" (متّى 11، 28). عندما يَثقُل عليكم تعب المسير، ارجعوا إلى يسوع، وتعلَّموا أن تجدوا الرّاحة فِيهِ وأن تبقوا فِيهِ، لأن "الرَّاجينَ لِلرَّبّ [...] يَسيرونَ ولا يَتعَبون" (أشعيا 40، 31).

3. لا سُيَّاح بل حُجَّاج

أيّها الشّباب الأعزّاء، الدّعوة التي أوجّهها إليكم هي أن تنطلقوا في مسيرة، وتكتشفوا الحياة، على خطى المحبّة، وتبحثوا عن وجه الله. وما أوصيكم به هو هذا: لا تنطلقوا في رحلتكم مجرّد سائحين فقط، بل حجّاجًا. أي لا تكُنْ مسيرتكم ببساطة مرورًا في أماكن الحياة بطريقة سطحيّة، ودون أن تدركوا جمال ما تصادفون، ودون أن تكتشفوا معنى الطّرق التي قطعتموها، فتلتقطون لحظات قصيرة، وخبرات عابرة تثبّتونها في صورة شخصيّة (سِلْفِي). السّائح يفعل ذلك. أمّا الحاجّ، فينغمس بكلّ نفسه في الأماكن التي يمرّها، ويجعلها تتكلّم، وتصير جزءًا من بحثه عن السّعادة. حجّ اليوبيل إذًا، يهدف لأن يصير علامة الرّحلة الدّاخليّة التي نحن كلّنا مدعوّون إلى أن نقوم بها، لكي نصل إلى الهدف النّهائيّ.

بهذه المواقف نستعدّ كلّنا لسنة اليوبيل. أتمنّى أن يستطيع الكثيرون منكم أن يأتوا إلى روما في رحلة حجّ ليعبروا من الأبواب المقدّسة. في كلّ حال، سيكون هناك إمكانيّة للجميع أن يقوموا بهذا الحجّ في الكنائس الخاصّة أيضًا، لاكتشاف المزارات المحلّيّة الكثيرة من جديد، التي تحمي إيمان وتقوى شعب الله المقدّس والمؤمن. وأتمنّى أن يصير حجّ اليوبيل هذا لكلّ واحد منّا "لحظة لقاء شخصيّ وحيّ مع الرّبّ يسوع، ”باب الخلاص“ (مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي، الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 1). أحثّكم على أن تعيشوه بثلاثة مواقف أساسيّة: الشّكر، حتّى ينفتح قلبكم على تسبيح الله لعطاياه التي قبلتموها منه، وفي المقام الأوّل عطيّة الحياة. والبحث، حتّى تعبِّر مسيرتكم عن رغبتكم الدّائمة في طلب الرّبّ يسوع ولا تُطفؤوا عطش قلبكم. وأخيرًا، التّوبة، التي تساعدنا لننظر داخل أنفسنا، ونتعرّف على الطّرق والخيارات الخاطئة التي نسلكها أحيانًا، فنقدر أن نتوب إلى الرّبّ يسوع وإلى نور إنجيله.

4. حجّاج رجاءٍ للرّسالة

أترك لكم أيضًا صورة موحية لمسيرتكم. عندما تَصِلون إلى بازيليكا القّديس بطرس في روما، تعبرون السّاحة التي تحيطها الأروقة التي أنشأها المهندس المعماري والنّحات العظيم جان لورينزو بيرنيني (Gian Lorenzo Bernini). الرّواق كلّه من جانبيه يبدو لنا مثل عِناق كبير: مثل ذراعَي الكنيسة المفتوحتَين، أمّنا، التي تستقبل أبناءها كلّهم! في سنة الرّجاء المقدّسة المقبلة هذه، أدعوكم جميعًا إلى أن تختبروا عِناق الله الرّحيم، وتختبروا مغفرته، ومَحوَ جميع ”ذنوبكم الدّاخليّة“، كما كان في تقليد اليوبيلات في الكتاب المقدّس. وهكذا، بعد أن يستقبلكم الله ويلِدكم فيه من جديد، صيروا أنتم أيضًا أذرعًا مفتوحة لأصدقائكم وأقرانكم الكثيرين الذين يحتاجون أن يشعروا، باستقبالكم لهم، بمحبّة الله الآب. ليقدّم كلّ واحد منكم "ولو ابتسامة فقط، أو علامة صداقة، أو نظرة أخويّة، أو إصغاء صادقًا، أو خدمة مجّانيّة، ونحن نعلَم أنّ ذلك يمكن أن يصير، في روح يسوع، بذرة رجاء مثمرة للذين يَرَوْنها منّا" (المرجع نفسه، 18)، وتصيرون هكذا مرسلين فرح لا يكِلّون.

ونحن نسير، لنرفع عيوننا، عيون الإيمان، نحو القدّيسين الذين سبقونا في مسيرتهم، والذين وصلوا إلى الهدف، وهم يعطوننا شهادتهم المشجّعة: "جاهَدتُ جِهادًا حَسَنًا وأَتْمَمْتُ شَوطي وحافَظتُ على الإِيمان، وقد أُعِدَّ لي إِكْليلُ البِرِّ الَّذي يَجْزيني بِه الرَّبُّ الدَّيَّانُ العادِلُ في ذلِكَ اليَوم، لا وَحْدي، بل جَميعَ الَّذينَ اشْتاقوا ظُهورَه" (2 طيموتاوس 4، 7-8). ليشدِّدْنا ويُسنِدْنا مثال القدّيسين والقدّيسات.

تشجّعوا! أحملكم جميعًا في قلبي وأوكل مسيرة كلّ واحد منكم إلى مريم العذراء، حتّى تعرفوا على مثالها، أن تنتظروا بصبر وثقة ما ترجونه، وتبقوا سائرين حجّاجَ رجاء ومحبّة.

روما، بازيليكا القدّيس يوحنّا في اللاتران، يوم 29 آب/أغسطس 2024، تذكار استشهاد القدّيس يوحنّا المعمدان.

فرنسيس

[01399-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0700-XX.02]