Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste, Singapore (2 - 13 settembre 2024) – Santa Messa nello Stadio Gelora Bung Karno, 05.09.2024


Omelia del Santo Padre

Parole di ringraziamento del Santo Padre al termine della Messa

Questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto allo Stadio Gelora Bung Karno. Dopo aver effettuato alcuni giri in papamobile tra i fedeli presenti il Papa ha presieduto la celebrazione della Santa Messa nella Memoria di Santa Teresa di Calcutta.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia.

Al termine, dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo Metropolita di Jakarta, Em.mo Card. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, e prima della benedizione finale, il Papa ha rivolto ai fedeli e ai pellegrini presenti un saluto e alcune parole di ringraziamento. Quindi Papa Francesco è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica.

Erano presenti, nei due stati da cui è stata seguita la Messa, in totale poco più di 100.000 fedeli.

Pubblichiamo di seguito l’omelia e le parole di ringraziamento che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

 

Testo in lingua italiana

L’incontro con Gesù ci chiama a vivere due atteggiamenti fondamentali, che ci permettono di diventare suoi discepoli. Il primo atteggiamento: ascoltare la Parola; il secondo: vivere la Parola. Prima ascoltare, perché tutto nasce dall’ascolto, dall’aprirsi a Lui, dall’accogliere il dono prezioso della sua amicizia. Ma poi è importante vivere la Parola ricevuta, per non essere ascoltatori vani che illudono sé stessi (cfr Gc 1,22); per non rischiare di ascoltare soltanto con le orecchie senza che il seme della Parola scenda nel cuore e cambi il nostro modo di pensare, di sentire, di agire, e questo non è buono. La Parola che ci viene donata e che ascoltiamo chiede di diventare vita, di trasformare la vita, di incarnarsi nella nostra vita.

Questi due atteggiamenti essenziali: ascoltare la Parola e vivere la Parola, possiamo contemplarli nel Vangelo che è stato appena proclamato.

Anzitutto, ascoltare la Parola. L’Evangelista racconta che tanta gente accorreva da Gesù e «la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio» (Lc 5,1). Cercano Lui, hanno fame e sete della Parola del Signore e la sentono risuonare nelle parole di Gesù. Dunque, questa scena, che si ripete tante volte nel Vangelo, ci dice che il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di una verità capace di sfamare e saziare il suo desiderio di felicità; che non possiamo accontentarci delle sole parole umane, dei criteri di questo mondo, dei giudizi terreni; sempre abbiamo bisogno di una luce che venga dall’alto a illuminare i nostri passi, di un’acqua viva che possa dissetare i deserti dell’anima, di una consolazione che non deluda perché proviene dal cielo e non dalle effimere cose di quaggiù. In mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane, fratelli e sorelle, c’è bisogno della Parola di Dio, l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita.

Fratelli e sorelle, non dimentichiamo questo: il primo compito del discepolo – noi tutti siamo discepoli! – non è quello di indossare l’abito di una religiosità esteriormente perfetta, di fare cose straordinarie o impegnarsi in imprese grandiose. No. Il primo compito, il primo passo, invece, consiste nel sapersi mettere in ascolto dell’unica Parola che salva, quella di Gesù, come possiamo vedere nell’episodio evangelico, quando il Maestro sale sulla barca di Pietro per distanziarsi un po’ dalla riva e così predicare meglio alla gente (cfr Lc 5,3). La nostra vita di fede inizia quando umilmente accogliamo Gesù sulla barca della nostra esistenza, gli facciamo spazio, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e da essa ci facciamo interrogare, scuotere e cambiare.

Allo stesso tempo, fratelli e sorelle, la Parola del Signore chiede di incarnarsi concretamente in noi: siamo perciò chiamati a vivere la Parola. Ripetere soltanto la Parola, senza viverla, ci fa diventare come pappagalli: sì, la dico, ma non si capisce, non si vive. Infatti, dopo che ha finito di predicare alle folle dalla barca, Gesù si rivolge a Pietro e lo esorta a rischiare scommettendo su quella Parola: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» (v. 4). La Parola del Signore non può restare una bella idea astratta o suscitare soltanto l’emozione di un momento; essa ci chiede di cambiare il nostro sguardo, di lasciarci trasformare il cuore a immagine di quello di Cristo; la Parola ci chiama a gettare con coraggio le reti del Vangelo in mezzo al mare del mondo, “correndo il rischio”, sì, correndo il rischio di vivere l’amore che Lui ci ha insegnato e ha vissuto per primo. Anche a noi, fratelli e sorelle, il Signore, con la forza bruciante della sua Parola, chiede di prendere il largo, di staccarci dalle rive stagnanti delle cattive abitudini, delle paure e delle mediocrità, per osare una nuova vita. La mediocrità piace al diavolo! Perché entra in noi e ci rovina.

Certo, gli ostacoli e le scuse per dire di no non mancano mai; ma guardiamo ancora all’atteggiamento di Pietro: veniva da una notte difficile, in cui non aveva pescato nulla, era arrabbiato, era stanco, era deluso; eppure, invece di rimanere paralizzato in quel vuoto e bloccato dal proprio fallimento, dice: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (v. 5). Sulla tua parola getterò le reti. E allora accade l’inaudito, il miracolo di una barca che si riempie di pesci fino quasi ad affondare (cfr v. 7).

Fratelli e sorelle, dinanzi ai tanti compiti della nostra vita quotidiana; davanti alla chiamata, che tutti avvertiamo, a costruire una società più giusta, ad andare avanti sulla via della pace e del dialogo – quella via che qui in Indonesia da tempo è stata tracciata –, possiamo sentirci a volte inadeguati, sentire il peso di tanto impegno che non sempre porta i frutti sperati oppure dei nostri errori che sembrano arrestare il cammino. Ma con la stessa umiltà e la stessa fede di Pietro, anche a noi è chiesto di non restare prigionieri dei nostri fallimenti. Questa è una cosa molto brutta, perché i fallimenti ci prendono e noi possiamo diventare prigionieri dei fallimenti. No, per favore: non restiamo prigionieri dei nostri fallimenti; invece di rimanere con lo sguardo fisso sulle nostre reti vuote, guardiamo a Gesù e fidiamoci di Lui. Non guardare le tue reti vuote, guarda Gesù, guarda Gesù! Lui ti farà camminare, Lui ti farà andare bene, fidati di Gesù! Sempre possiamo rischiare di prendere il largo e gettare nuovamente le reti, anche quando abbiamo attraversato la notte del fallimento, il tempo della delusione in cui non abbiamo preso nulla. Adesso farò un piccolo momento di silenzio e ognuno di voi pensi ai propri fallimenti. [pausa] E guardando questi fallimenti, rischiamo, andiamo avanti con il coraggio della Parola di Dio.

Santa Teresa di Calcutta, della quale oggi celebriamo la memoria e che instancabilmente si è presa cura dei più poveri e si è fatta promotrice di pace e di dialogo, diceva: “Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda:anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare”. Fratello e sorella, non stancarti mai di seminare, perché questo è vita.

Questo, fratelli e sorelle, vorrei dire anche a voi, a questa Nazione, a questo meraviglioso e variegato arcipelago: non stancatevi di prendere il largo e, non stancatevi di gettare le reti, non stancatevi di sognare, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità, che è un vero tesoro fra voi. Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso, per favore, e andate avanti! E siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza!

Questo è il desiderio espresso di recente dai Vescovi del Paese, ed è l’augurio che anch’io vorrei rivolgere a tutto il popolo indonesiano: camminare insieme per il bene della società e della Chiesa! Siate costruttori di speranza. Sentite bene: siate costruttori di speranza! Quella speranza del Vangelo che non delude (cfr Rm 5,5), non delude mai, e che ci apre alla gioia senza fine. Grazie tante.

[01315-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

La rencontre avec Jésus nous appelle à vivre deux attitudes fondamentales qui nous permettent de devenir ses disciples. La première attitude: écouter la Parole; le deuxième: vivre la Parole. Écouter d’abord, parce que tout vient de l’écoute, de l’ouverture à Lui, de l’accueil du don précieux de son amitié. Mais ensuite, il est important de vivre la Parole reçue, pour ne pas être de vains auditeurs qui se trompent eux-mêmes (cf. Jc 1, 22) ; pour ne pas risquer d’écouter seulement avec les oreilles sans que la semence de la Parole ne descende dans le cœur ni change notre façon de penser, de sentir et d’agir, et ce n’est pas bien. La Parole qui nous est donnée et que nous écoutons demande à devenir vie, à transformer la vie, à s’incarner dans notre vie.

Ces deux attitudes essentielles : écouter la Parole et vivre la Parole, nous pouvons les contempler dans l’Évangile qui vient à peine d’être proclamé.

Tout d’abord, écouter la Parole. L’évangéliste raconte que de nombreuses personnes affluaient vers Jésus et que «la foule se pressait autour de Lui pour écouter la parole de Dieu» (Lc 5, 1). Ils Le cherchent, ils ont faim et soif de la Parole du Seigneur et ils l’entendent résonner dans les paroles de Jésus. Cette scène, qui se répète tant de fois dans l’Évangile, nous dit que le cœur de l’homme est toujours à la recherche d’une vérité capable de nourrir et d’assouvir son désir de bonheur ; que nous ne pouvons pas nous satisfaire des seules paroles humaines, des critères de ce monde, des jugements terrestres. Nous avons toujours besoin d’une lumière qui vienne d’en haut pour éclairer nos pas, d’une eau vive qui étanche la soif des déserts de l’âme, d’une consolation qui ne déçoive pas parce qu’elle vient du ciel et non pas des choses éphémères de ce monde. Au milieu de l’étourdissement et de la vanité des paroles humaines, frères et sœurs, il y a un besoin de la Parole de Dieu, la seule qui soit une boussole pour notre voyage, la seule qui soit capable de nous ramener au vrai sens de la vie parmi tant de blessures et d’égarements.

Frères et sœurs, n’oublions pas ceci : le premier devoir du disciple – nous sommes tous disciples! – n’est pas de revêtir les vêtements d’une religiosité extérieurement parfaite, de faire des choses extraordinaires ou de s’engager dans des entreprises grandioses. Non. Le premier devoir, en revanche, le premier pas consiste à savoir écouter la seule Parole qui sauve, celle de Jésus, comme nous le voyons dans le passage de l’Évangile, lorsque le Maître monte dans la barque de Pierre pour s’éloigner un peu du rivage et ainsi mieux prêcher aux gens (cf. Lc 5,3). Notre vie de foi commence lorsque nous accueillons humblement Jésus dans la barque de notre vie, lorsque nous lui faisons de la place, lorsque nous écoutons sa Parole et que nous nous laissons interpeller, secouer et changer par elle.

En même temps, frères et sœurs, la Parole du Seigneur demande à s’incarner concrètement en nous : nous sommes donc appelés à vivre la Parole. Répéter seulement la Parole, sans la vivre, nous rend comme des perroquets: oui, je le dis, mais elle n’est pas comprise, elle n’est pas vécue. En effet, après avoir fini de prêcher aux foules depuis la barque, Jésus se tourne vers Pierre et l’exhorte à prendre le risque de parier sur cette Parole : «Avancez au large, et jetez vos filets pour la pêche» (v. 4). La Parole du Seigneur ne peut pas rester une belle idée abstraite ou susciter seulement l’émotion d’un moment ; elle nous demande de changer notre regard, de laisser notre cœur se transformer à l’image de celui du Christ; la Parole nous appelle à jeter courageusement les filets de l’Évangile au milieu de la mer du monde, en “courant le risque”, oui, en courant le risque de vivre l’amour qu’il nous a enseigné et qu’il a vécu le premier. Frères et sœurs, le Seigneur nous demande à nous aussi, avec la force brûlante de sa Parole, de prendre le large, de nous éloigner des rivages stagnants des mauvaises habitudes, des peurs et de la médiocrité, d’oser vivre une vie nouvelle. La médiocrité plaît au diable! Parce qu’elle nous pénètre et nous ruine.

Bien sûr, les obstacles et les excuses pour dire non ne manquent jamais ; mais regardons encore l’attitude de Pierre : il sortait d’une nuit difficile, où il n’avait rien pêché, il était en colère, il était fatigué, il était déçu; et pourtant, au lieu de rester paralysé dans ce vide et bloqué par son échec, il dit : «Maître, nous avons peiné toute la nuit sans rien prendre; mais, sur ta parole, je vais jeter les filets » (v. 5). Sur ta parole, je jetterai les filets. Et c’est alors que se produit la chose la plus inouïe, le miracle d’une barque qui se remplit de poissons au point presque de couler (cf. v. 7).

Frères et sœurs, devant les nombreuses tâches de notre vie quotidienne, devant l’appel que nous ressentons tous à construire une société plus juste, à avancer sur le chemin de la paix et du dialogue – ce chemin qui, ici en Indonésie, est tracé depuis longtemps –, nous pouvons parfois nous sentir inadéquats, ressentir le poids de nombreux engagements qui ne portent pas toujours les fruits espérés, ou de nos erreurs qui semblent interrompre le chemin. Mais avec la même humilité et la même foi que Pierre, il nous est demandé de ne pas rester prisonniers de nos échecs. C’est une très mauvaise chose, car les échecs nous rattrapent et nous pouvons devenir prisonniers des échecs. Non, s’il vous plaît: ne devenons pas prisonniers de nos échecs; au lieu de rester les yeux fixés sur nos filets vides, regardons Jésus et faisons-Lui confiance. Ne regarde pas tes filets vides, regarde Jésus! Il te fera marcher, il te guérira, fais confiance à Jésus! Nous pouvons toujours prendre le risque de prendre le large et de jeter à nouveau nos filets, même lorsque nous avons traversé la nuit de l’échec, le temps de la déception où nous n’avons rien attrapé. Je vais maintenant faire un petit moment de silence et chacun d’entre vous va réfléchir à ses propres échecs. [pause] Et en regardant ces échecs, prenons des risques, allons de l’avant avec le courage de la Parole de Dieu.

Sainte Teresa de Calcutta, dont nous célébrons aujourd’hui la mémoire, qui s’est inlassablement occupée des plus pauvres et est devenue une promotrice de la paix et du dialogue, avait l’habitude de dire : “Quand nous n’avons rien à donner, donnons-Lui ce rien. Et rappelle-toi : même si tu ne récoltes rien, ne te lasse jamais de semer”. Frère et sœur, ne te lasse jamais de semer, car c’est la vie.

Ceci, mes frères et sœurs, je voudrais aussi vous le dire, à cette nation, à cet archipel merveilleux et varié : ne vous lassez pas de prendre le large, ne vous lassez pas de jeter vos filets, ne vous lassez pas de rêver, ne vous lassez pas de rêver et de construire à nouveau une civilisation de paix ! Osez toujours rêver le rêve de la fraternité, qui est vrai trésor au milieu de vous. Sur la Parole du Seigneur, je vous encourage à semer l’amour, à parcourir avec confiance le chemin du dialogue, à garder votre bonté et votre gentillesse avec le sourire qui vous caractérise. Vous a-t-on dit que vous étiez un peuple souriant? Ne perdez pas votre sourire, s’il vous plaît, et allez de l’avant! Et soyez des bâtisseurs de paix. Soyez des bâtisseurs d’espérance.

C’est le souhait récemment exprimé par les évêques du pays, et c’est le souhait que je voudrais moi aussi adresser à tout le peuple indonésien : marcher ensemble pour le bien de la société et de l’Église! Soyez des bâtisseurs d’espérance. Écoutez bien: soyez des bâtisseurs d’espérance! Cette espérance de l’Évangile qui ne déçoit pas (cf. Rm 5, 5), elle ne déçoit jamais, et qui nous ouvre à une joie sans fin. Merci beaucoup.

[01315-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The encounter with Jesus calls us to live out two fundamental attitudes that enable us to become his disciples. The first attitude is listening to the word, and the second is living the word. First, listening, because everything comes from listening, from opening ourselves to him, welcoming the precious gift of his friendship. Then it is important to live the word we have received, so as not to listen in vain and deceive ourselves (cf. Jas 1:22). Indeed, those who risk listening only with their ears do not allow the seed of the word to descend into their hearts and thus change their way of thinking, feeling and acting, and this is not good. The word given, and received through listening, wishes to become life in us, transform us and become incarnate in our lives.

The Gospel that was just proclaimed helps us to reflect on these two essential attitudes: listening to the word and living the word.

First of all, listening to the word. The Evangelist relates that many people flocked to Jesus and “the crowd was pressing in on him to hear the word of God” (Lk 5:1). They were looking for him, hungering and thirsting for the word of the Lord and they heard it resound in the words of Jesus. This scene, then, repeated many times in the Gospel, tells us that the human heart is always searching for a truth that can feed and satisfy its desire for happiness. We cannot be satisfied by human words alone, the thinking of this world and earthly judgments. We always need a light from on high to illuminate our steps, living water that can quench the thirst of the deserts of the soul, consolation that does not disappoint because it comes from heaven and not from the fleeting things of this world. In the midst of the confusion and vanity of human words, brothers and sisters, there is need for the word of God, the only true compass for our journey, which alone is capable of leading us back to the true meaning of life amid so much woundedness and confusion.

Brothers and sisters, let us not forget that the first task of the disciple – and we are all disciples! – is not to clothe ourselves with an outwardly perfect religiosity, do extraordinary things or engage in grandiose undertakings. No, the first task, the first step, instead, is to know how to listen to the only word that saves, the word of Jesus. We can see this in the Gospel scene, when the Master climbs into Peter’s boat to distance himself a little from the shore and thus preach better to the people (cf. Lk 5:3). Our life of faith begins when we humbly welcome Jesus into the boat of our lives, make room for him, listen to his word and let ourselves be questioned, challenged and changed by it.

At the same time, brothers and sisters, the word of the Lord asks to be incarnated concretely in us so we are called to live the word. Merely repeating the word, without living it, makes us like parrots: yes, we speak the word, but do not understand it, do not live it. After Jesus has finished preaching to the crowds from the boat, he turns to Peter and challenges him to take the risk of betting on that word, “Put out into the deep water and let down your nets for a catch” (v. 4). The word of the Lord cannot remain as a fine abstract idea or stir up only a passing emotion. It asks us to change our gaze and allow our hearts to be transformed into the image of Christ’s heart. The word calls us to cast courageously the nets of the Gospel into the sea of the world, running the risk, yes, running the risk of living the love that he first lived and in turn taught us to live. The Lord, with the burning power of his word, also asks us, brothers and sisters, to put out to sea, break away from the stagnant shores of bad habits, fears and mediocrity and dare to live a new life. The devil likes mediocrity, because it enters within us and destroys us.

Of course, there are always obstacles and excuses for saying no to this call. Let us look again at Peter’s behaviour. He had come to shore after a difficult night of not catching anything. He was angry, tired and disappointed, and yet, instead of remaining paralyzed by that emptiness or impeded by his own failure, he says: “Master, we have worked all night long but have caught nothing. Yet, on your word, I will let down the nets” (v. 5). On your word, I will let down the nets. Then, something unheard of happens, the miracle of a boat filling up with fish until it almost sinks (cf. v. 7).

Brothers and sisters, faced with the many responsibilities of our daily lives, together with the call we all feel to build a more just society and move forward on the path of peace and dialogue – that path which has long been the case in Indonesia – we can sometimes feel inadequate. We sometimes feel the weight of our commitment and dedication that does not always bear fruit, or of our mistakes that seem to impede the journey we are on. We too are asked not to remain prisoners of our failures, which is very bad, because failures take hold of us and we can become prisoners of failure. No, please: let us not remain prisoners of our failures. Instead of keeping our eyes fixed only on our empty nets, then, we are to look to Jesus and trust him. Do not look at your empty nets, look at Jesus! He will make you walk, he will help you, trust in Jesus! Even when we have passed through the night of failure and times of disappointment when we have caught nothing, we can always risk going out to sea and cast our nets again. Now let us take a moment of silence and each of you think about your own failures. And looking at these failures, let us risk, let us move forward with the courage of the word of God.

Saint Teresa of Calcutta, whose memory we celebrate today and who tirelessly cared for the poorest of the poor and became a promoter of peace and dialogue, used to say, “When we have nothing to give, let us give that nothing. And remember, even if you reap nothing, never tire of sowing”. Brother and sister, never tire of sowing, for this is life.

Brothers and sisters, I would also like to say to you, to this nation, to this wonderful and varied archipelago, do not grow weary of setting sail, do not grow weary of casting your nets, do not grow weary of dreaming, do not grow weary of building again a civilization of peace. Always dare to dream of fraternity, which is a real treasure among you. Guided by the word of the Lord, I encourage you to sow seeds of love, confidently tread the path of dialogue, continue to show your goodness and kindness with your characteristic smile. Have you been told that you are a smiling people? Please, do not lose your smile, and keep moving forward! And be builders of peace. Be builders of hope!

The Bishops of the country recently expressed a desire that I too would like to communicate to all the Indonesian people: walk together for the good of society and of the Church! Be builders of hope. Listen carefully: be builders of hope, the hope of the Gospel, which does not disappoint (cf. Rom 5:5), which never disappoints, but instead opens us up to endless joy. Thank you very much.

[01315-EN.02] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

Die Begegnung mit Jesus ruft uns dazu auf, zwei grundlegende Haltungen zu leben, die uns befähigen, seine Jünger zu werden. Die erste Haltung: das Wort hören; die zweite: das Wort leben. Zuerst hören, denn alles kommt vom Hören, davon, dass wir uns ihm öffnen, dass wir das kostbare Geschenk seiner Freundschaft annehmen. Aber dann ist es wichtig, das empfangene Wort zu leben, damit wir es nicht vergeblich hören und uns selbst betrügen (vgl. Jak 1,22); damit wir nicht riskieren, dass wir nur mit den Ohren hören, ohne dass der Same des Wortes in unser Herz fällt und unser Denken, Fühlen und Handeln verwandelt – und das ist nicht gut. Das Wort, das uns geschenkt wird und das wir hören, verlangt danach, Leben zu werden, das Leben zu verwandeln, in unserem Leben konkret zu werden.

Diese beiden wesentlichen Haltungen – das Wort hören und das Wort leben – können wir im eben verkündeten Evangelium betrachten.

Zuerst, das Wort hören. Der Evangelist berichtet, dass viele Menschen zu Jesus strömten und »die Volksmenge Jesus bedrängte und das Wort Gottes hören wollte« (Lk 5,1). Sie suchen ihn, sie hungern und dürsten nach dem Wort des Herrn, und sie hören es in den Worten Jesu widerklingen. Deshalb sagt uns diese Szene, die sich im Evangelium oft wiederholt, dass das menschliche Herz immer auf der Suche nach einer Wahrheit ist, die sein Verlangen nach Glück nähren und stillen kann; dass wir uns nicht mit menschlichen Worten allein, mit den Kriterien dieser Welt, mit irdischen Urteilen zufrieden geben können; wir bedürfen stets eines Lichts aus der Höhe, das unsere Schritte erhellt, eines lebendigen Wassers, das die Wüsten der Seele bewässern kann, eines Trostes, der nicht enttäuscht, weil er vom Himmel kommt und nicht von den vergänglichen Dingen hier unten. Von betäubenden und vergänglichen menschlichen Worten umgeben, Brüder und Schwestern, brauchen wir das Wort Gottes, das einzige, das ein Kompass für unseren Weg ist, das einzige, das uns inmitten so vieler Verwundungen und Verwirrungen zum wahren Sinn des Lebens zurückführen kann.

Brüder und Schwestern, lasst uns nicht vergessen: Die erste Aufgabe des Jüngers – wir alle sind Jünger – besteht nicht darin, das Gewand einer äußerlich perfekten Religiosität anzulegen, außergewöhnliche Dinge zu tun oder großartige Heldentaten zu vollbringen. Nein. Die erste Aufgabe, der erste Schritt besteht vielmehr darin, auf das einzige Wort hören zu können, das rettet, das Wort Jesu, wie wir an jener Begebenheit im Evangelium sehen können, als der Meister in das Boot des Petrus steigt, um sich ein wenig vom Ufer zu entfernen und so dem Volk besser predigen zu können (vgl. Lk 5,3). Unser Glaubensleben beginnt, wenn wir Jesus demütig in das Boot unseres Lebens aufnehmen, ihm Platz machen, auf sein Wort hören und uns davon anfragen, aufrütteln und verwandeln lassen.

Zugleich, Brüder und Schwestern, will das Wort des Herrn in uns konkret Fleisch annehmen: Wir sind also aufgerufen, das Wort zu leben. Wenn wir das Wort nur wiederholen, ohne es zu leben, macht uns das zu so etwas wie Papageien: ja, ich sage es, aber man versteht es nicht, man lebt es nicht. Nachdem er nämlich damit fertig ist, der Menschenmenge vom Boot aus zu predigen, wendet sich Jesus an Petrus und fordert ihn auf, im Vertrauen auf jenes Wort ein Wagnis einzugehen: »Fahr hinaus, wo es tief ist und werft eure Netze zum Fang aus« (V. 4). Das Wort des Herrn darf nicht eine schöne abstrakte Idee bleiben oder nur ein momentanes Gefühl wecken; es fordert uns auf, unsere Sichtweise zu ändern und unser Herz zu einem Abbild des Herzens Christi verwandeln zu lassen; das Wort ruft uns auf, mutig die Netze des Evangeliums mitten im Meer der Welt auszuwerfen, „das Risiko einzugehen“, ja, das Risiko einzugehen, die Liebe zu leben, die er zuvorderst uns gelehrt und vorgelebt hat. Auch von uns, Brüder und Schwestern, verlangt der Herr mit der brennenden Kraft seines Wortes, aufs Meer hinauszufahren, und uns von den stehenden Ufergewässern der schlechten Gewohnheiten, der Ängste und der Mittelmäßigkeit zu lösen, um ein neues Leben zu wagen. Die Mittelmäßigkeit gefällt dem Teufel! Sie befällt uns und ruiniert uns.

Gewiss, an Hindernissen und Ausreden für ein Nein mangelt es nie; aber schauen wir uns noch einmal das Verhalten des Petrus an. Er hatte eine schwierige Nacht hinter sich, in der er nichts gefangen hatte, er war verärgert, er war müde, er war enttäuscht; doch anstatt in dieser Leere gelähmt und durch sein Versagen blockiert zu sein, sagt er: »Meister, wir haben die ganze Nacht gearbeitet und nichts gefangen. Doch auf dein Wort hin werde ich die Netze auswerfen« (V. 5). Auf dein Wort hin werde ich die Netze auswerfen. Und da geschieht das Unerhörte, das Wunder eines Bootes, das sich mit Fischen füllt, bis es fast sinkt (vgl. V. 7).

Brüder und Schwestern, angesichts der vielen Aufgaben unseres täglichen Lebens, angesichts des Rufs, den wir alle verspüren, eine gerechtere Gesellschaft aufzubauen und auf dem Weg des Friedens und des Dialogs weiterzugehen – jenem Weg, der hier in Indonesien seit langem vorgezeichnet ist –, fühlen wir uns vielleicht manchmal unzulänglich, spüren wir die Last unserer vielen Bemühungen, die nicht immer die erhofften Früchte bringen, oder unserer Fehler, die uns auf dem Weg aufzuhalten scheinen. Aber auch von uns wird verlangt, dass wir mit derselben Demut und demselben Glauben des Petrus nicht Gefangene unseres Versagens bleiben. Das ist etwas sehr Schlimmes, denn Misserfolge halten uns fest und wir können zu Gefangenen unserer Misserfolge werden. Nein, bitte: Bleiben wir nicht Gefangene unserer Misserfolge; statt starr auf unsere leeren Netze zu blicken, lasst uns auf Jesus schauen und ihm vertrauen. Schau nicht auf deine leeren Netze, schau auf Jesus! Er bringt dich zum Gehen, er bringt dich gut voran, vertau auf Jesus! Wir können es immer wagen, aufs Meer hinauszufahren und unsere Netze erneut auszuwerfen, auch wenn wir eine Nacht des Scheiterns durchgemacht haben, eine Zeit der Enttäuschung, in der wir nichts gefangen haben. Wir halten jetzt einen kurzen Moment der Stille und jeder von euch denkt über seine Misserfolge nach. (Pause) Und in Anbetracht dieser Misserfolge lasst uns etwas riskieren, lasst uns mit dem Mut des Wortes Gottes weitermachen.

Die heilige Teresa von Kalkutta, deren Gedenktag wir heute feiern und die sich unermüdlich der Ärmsten angenommen hat und eine Förderin des Friedens und des Dialogs war, sagte: „Wenn wir nichts zu geben haben, geben wir ihm dieses Nichts. Und denk daran: Auch wenn du nichts ernten solltest, werde nicht müde zu säen“. Bruder und Schwester, werde nie müde zu säen, denn das ist Leben.

Dies, Brüder und Schwestern, möchte ich auch euch, dieser Nation, diesem wunderbaren und vielfältigen Archipel sagen: Werdet nicht müde in See zu stechen, werdet nicht müde eure Netze auszuwerfen, werdet nicht müde zu träumen, werdet nicht müde zu träumen und wieder eine Zivilisation des Friedens aufzubauen! Wagt es immer, den Traum der Geschwisterlichkeit zu träumen, der ein wahrer Schatz für euch ist. Auf das Wort des Herrn hin ermutige ich euch, Liebe zu säen, vertrauensvoll den Weg des Dialogs zu beschreiten und weiterhin Güte und Freundlichkeit zu zeigen – mit dem typischen Lächeln, das euch auszeichnet. Hat man euch gesagt, dass ihr ein lächelndes Volk seid? Verliert euer Lächeln nicht, bitte, und macht weiter! Und seid Friedensstifter und schenkt Hoffnung!

Dies ist der Wunsch, den die Bischöfe des Landes kürzlich geäußert haben, und auch ich möchte diesen Wunsch an das gesamte indonesische Volk richten: Gemeinsam gehen zum Wohl der Gesellschaft und der Kirche! Seid Baumeister der Hoffnung. Hört gut zu: Seid Baumeister der Hoffnung! Jener Hoffnung des Evangeliums, die nicht enttäuscht (vgl. Röm 5,5), die niemals enttäuscht und die uns offen macht für die Freude, die kein Ende kennt. Vielen Dank.

[01315-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

El encuentro con Jesús nos llama a vivir dos actitudes fundamentales, que nos hacen capaces de llegar a ser sus discípulos. La primera actitud es escuchar la Palabra y la segunda es vivir la Palabra. Primero escucharla, porque todo nace de la escucha, de abrirse a Él, de acoger el don precioso de su amistad. Pero después es importante vivir la Palabra recibida, para no ser oyentes superficiales que se engañan a sí mismos (cf. St 1,22), para no arriesgarnos a escuchar sólo con los oídos sin que la semilla de la Palabra llegue al corazón y cambie nuestro modo de pensar, de sentir y de actuar, y esto no es bueno. La Palabra que se nos da y que escuchamos tiene que hacerse vida, transformar la vida, encarnarse en nuestra vida.

Estas dos actitudes esenciales: escuchar la Palabra y vivir la Palabra, podemos contemplarlas en el Evangelio que se acaba de proclamar.

En primer lugar, escuchar la Palabra. El evangelista narra que mucha gente acudía a Jesús y que «la multitud se amontonaba alrededor de Jesús para escuchar la Palabra de Dios» (Lc 5,1). Lo buscaban, tenían hambre y sed de la Palabra del Señor y la oyeron resonar en las palabras de Jesús. Por eso, esta escena, que se repite tantas veces en el Evangelio, nos dice que el corazón del hombre está siempre en búsqueda de una verdad que sea capaz de alimentar y saciar su deseo de felicidad, que no podemos conformarnos sólo con las palabras humanas, con los criterios de este mundo o con sus juicios mundanos. Necesitamos siempre una luz que venga de lo alto para iluminar nuestro camino, un agua viva que pueda calmar la sed de los desiertos del alma, un consuelo que no defrauda porque proviene del cielo y no de las cosas efímeras del mundo. En medio del aturdimiento y la vanidad de las palabras humanas, hermanos y hermanas, necesitamos la Palabra de Dios, la única que sirve de brújula en nuestro camino, la única que, frente a tantas heridas y pérdidas, es capaz de devolvernos al significado auténtico de la vida.

Hermanos y hermanas, no olvidemos esto: la primera tarea del discípulo —todos nosotros somos discípulos— no es la de vestir el hábito de una religiosidad exteriormente perfecta, ni de hacer cosas extraordinarias o dedicarse a grandes proyectos. No. Por el contrario, la primera tarea el primer paso consiste en saber ponerse a la escucha de la única Palabra que salva, la de Jesús, como podemos ver en el episodio del Evangelio cuando el Maestro sube a la barca de Pedro para distanciarse un poco de la orilla y así poder predicar mejor a la gente (cf. Lc 5,3). Nuestra vida de fe comienza cuando acogemos humildemente a Jesús en la barca de nuestra existencia, cuando le hacemos un espacio, cuando nos ponemos a la escucha de su Palabra y dejamos que esta nos interpele, nos agite y nos cambie.

Asimismo, hermanos y hermanas, la Palabra del Señor nos pide que la encarnemos concretamente en nosotros, por eso estamos llamados a vivir la Palabra. Sólo repetir la Palabra, sin vivirla, nos convierte en pagayos. Sí, la decimos, pero no la entendemos, no la vivimos. En efecto, después de que Jesús terminó de predicar a la multitud desde la barca, se dirigió a Pedro y lo exhortó a asumir el riesgo de apostar por esa Palabra: «Navega mar adentro, y echen las redes» (Lc 5,4). La Palabra del Señor no puede permanecer como una bonita idea abstracta, o suscitar sólo la emoción del momento, más bien nos pide que cambiemos nuestra mirada, que nos dejemos transformar el corazón a imagen del de Cristo; la Palabra nos llama a echar con valentía las redes del Evangelio en medio del mar del mundo, “corriendo el riesgo”, sí, corriendo el riesgo de vivir el amor que Él nos ha enseñado y ha vivido primero. También a nosotros, hermanos y hermanas, con la fuerza abrasante de su Palabra, el Señor nos pide ir mar adentro, alejándonos de las orillas pantanosas de los malos hábitos, de los miedos y de las mediocridades, para atrevernos a emprender una nueva vida. Al diablo le gusta la mediocridad, porque se introduce en nosotros y nos arruina.

Por supuesto, nunca faltan los obstáculos y las excusas para decir que no. Pero fijémonos en la actitud de Pedro: había pasado una noche difícil en la cual no había pescado nada, estaba enfadado, estaba cansado, estaba decepcionado; sin embargo, en vez de quedarse paralizado en ese vacío y bloqueado por su fracaso, dice: «Maestro, hemos trabajado la noche entera y no hemos sacado nada, pero si tú lo dices, echaré las redes» (Lc 5,5). Si tú lo dices, echaré las redes. Y entonces sucede lo insólito, el milagro de una barca que se llena de pescados a tal grado que casi se hunde (cf. Lc 5,7).

Hermanos y hermanas, frente a las numerosas ocupaciones de nuestra vida cotidiana; ante la llamada, que todos sentimos, de construir una sociedad más justa, de avanzar en el camino de la paz y del diálogo —este camino que aquí en Indonesia se ha propuesto desde hace tiempo—, a veces podemos sentirnos insuficientes, sentir el peso de tanto compromiso que no siempre da los frutos esperados o de nuestros errores que parecen frenar el camino. Pero con la misma humildad y la misma fe de Pedro, también a nosotros se nos pide que no permanezcamos encerrados en nuestros fracasos. Esto es algo muy feo, porque los fracasos nos abruman y nos pueden hacer sus prisioneros. No, por favor, no permanezcamos prisioneros de nuestros fracasos. En vez de permanecer con nuestra mirada fija en nuestras redes vacías, miremos a Jesús y confiemos en Él. No mires tus redes vacías, mira a Jesús, mira a Jesús. Él te hará caminar, Él te guiará, confía en Él. Siempre podemos arriesgarnos a ir mar adentro y volver a echar las redes, aun cuando hayamos pasado a través de la noche del fracaso, a través del tiempo de la desilusión en el cual no hayamos sacado nada. Ahora, haré un pequeño momento de silencio y cada uno de ustedes piense en sus propios fracasos. [pausa] Y mirando estos fracasos, arriesguémonos, sigamos adelante con la valentía de la Palabra de Dios.

Santa Teresa de Calcuta, cuya memoria hoy celebramos, que incansablemente cuidó a los más pobres y se hizo promotora de la paz y del diálogo, decía: “Cuando no tengamos nada que dar, demos ese nada. Y recuerda: aunque no tengas nada que cosechar, no te canses nunca de sembrar”. Hermano y hermana, no te canses jamás de sembrar, porque esto es vida.

Esto, hermanos y hermanas, quisiera decírselo también a ustedes, a esta nación, a este maravilloso y variado archipiélago, no se cansen de zarpar no se cansen de echar las redes, no se cansen de soñarno se cansen de soñar y de seguir construyendo una civilización de paz. Atrévanse siempre a soñar en la fraternidad, la cual es un verdadero tesoro entre ustedes. Con la Palabra del Señor, los animo a sembrar amor, a recorrer confiados el camino del diálogo, a seguir manifestando vuestra bondad y amabilidad con la sonrisa típica que los caracteriza ¿Les han dicho que son un pueblo sonriente? Por favor, no pierdan la sonrisa y sigan adelante. Y sean constructores de paz. Sean constructores de esperanza.

Este es el deseo expresado recientemente por los obispos del país, y es el deseo que yo también quiero dirigir a todo el pueblo indonesio: caminen juntos por el bien de la sociedad y de la Iglesia. Sean constructores de esperanza. Escúchenme bien, sean constructores de esperanza. Esa esperanza del Evangelio que no defrauda (cf. Rm 5,5), que nunca defrauda y que nos abre a la alegría que no tiene fin. Muchas gracias.

[01315-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

O encontro com Jesus convoca-nos a viver duas atitudes fundamentais, que nos permitem tornarmo-nos seus discípulos. A primeira atitude: escutar a Palavra; a segunda: viver a Palavra. Primeiro escutar, porque tudo nasce da escuta, da abertura a Ele, do acolhimento do dom precioso da sua amizade. Mas depois é importante viver a Palavra recebida, para não sermos meros ouvintes que se enganam a si mesmos (cf. Tg 1, 22) e para não corrermos o risco de escutar apenas com os ouvidos, sem que a semente da Palavra desça ao coração e mude o nosso modo de pensar, sentir e agir. Isso não é bom. A Palavra que nos é dada e que escutamos pede para se tornar vida, para transformar a vida e para ser encarnada na nossa vida.

Estas duas atitudes essenciais, escutar a Palavra e viver a Palavra, podemos contemplá-las no Evangelho que acabou de ser proclamado.

Primeiramente, escutar a Palavra. O evangelista conta que muitas pessoas acorriam a Jesus e que a multidão se comprimia à volta dele «para escutar a palavra de Deus» (Lc 5, 1). Procuravam-no, tinham fome e sede da Palavra do Senhor, que ouviam ressoar nas palavras de Jesus. Por isso, este episódio, que se repete tantas vezes no Evangelho, diz-nos que o coração do homem está sempre à procura de uma verdade que possa aplacar e alimentar o seu desejo de felicidade; que não podemos contentar-nos apenas com as palavras humanas, os critérios deste mundo e os juízos terrenos; precisamos sempre de uma luz do alto para iluminar os nossos passos, de uma água viva que possa irrigar os desertos da alma, de uma consolação que não desiluda porque provém do céu e não das coisas passageiras deste mundo. Perante o entontecimento e a vaidade das palavras humanas, faz falta, irmãos e irmãs, a Palavra de Deus, a única que é bússola para o nosso caminho e é capaz de, no meio de tantas feridas e perplexidades, nos reconduzir ao verdadeiro sentido da vida.

Irmãos e irmãs, não esqueçamos isto: a primeira tarefa do discípulo – todos nós somos discípulos! – não é vestir o hábito de uma religiosidade exteriormente perfeita, fazer coisas extraordinárias ou envolver-se em projetos grandiosos. Não! Pelo contrário, a primeira tarefa, o primeiro passo consiste em saber escutar a única Palavra que salva, que é a de Jesus, como podemos ver no episódio evangélico, o Mestre sobe para a barca de Pedro a fim de se afastar um pouco da margem e, assim, pregar melhor ao povo (cf. Lc 5, 3). A nossa vida de fé começa quando, acolhendo humildemente Jesus na barca da nossa vida, lhe damos espaço, escutamos a sua Palavra e, por ela, nos deixamos interpelar, estremecer e transformar.

Ao mesmo tempo, irmãos e irmãs, a Palavra do Senhor pede para ser encarnada concretamente em nós: somos, portanto, chamados a viver a Palavra. Repetir simplesmente a Palavra, sem a viver, faz-nos ser como papagaios: pronuncio-a, sim, mas não se compreende, não se vive. Na verdade, quando terminou de pregar às multidões a partir da barca, Jesus dirige-se a Pedro, exortando-o a arriscar e a apostar nesta Palavra: «Faz-te ao largo; e vós, lançai as redes para a pesca» (v. 4). A Palavra do Senhor não pode permanecer uma linda ideia abstrata ou suscitar apenas a emoção de um momento; ela exige-nos que mudemos o olhar, que deixemos o coração transformar-se à imagem do de Cristo; a Palavra chama-nos a lançar corajosamente as redes do Evangelho no meio do mar do mundo, “correndo o risco”, sim, correndo o risco de levar à prática o amor que Ele nos ensinou e viveu em primeiro lugar. Irmãos e irmãs, também a nós o Senhor, com a força ardente da sua Palavra, pede para nos fazermos ao mar, para sairmos das margens paradas dos maus hábitos, dos medos e da mediocridade, para ousarmos uma vida nova. A mediocridade agrada ao diabo! Porque entra em nós e nos arruína.

Claro que existem sempre obstáculos e desculpas no sentido de dizermos “não”; mas olhemos de novo para a atitude de Pedro: tinha vindo de uma noite difícil, em que não tinha apanhado nada, estava arrasado, cansado, desiludido; e, no entanto, em vez de ficar paralisado naquele vazio e bloqueado pelo seu próprio fracasso, diz: «Mestre, trabalhámos durante toda a noite e nada apanhámos; mas, porque Tu o dizes, lançarei as redes» (v. 5). Porque Tu o dizes, lançarei as redes. E então dá-se o inaudito: o milagre de uma barca que se enche de peixes a ponto de quase afundar (cf. v. 7).

Irmãos e irmãs, perante as muitas tarefas da nossa vida quotidiana; perante o apelo, que todos sentimos, de construir uma sociedade mais justa, de avançar no caminho da paz e do diálogo – aquele caminho que aqui na Indonésia foi traçado há muito tempo –, podemos por vezes julgar-nos inadequados, sentir o peso de tanto esforço que nem sempre dá os frutos esperados, ou o peso dos nossos erros que parecem impedir o caminho. Mas, com a mesma humildade e fé de Pedro, também nos é pedido para não ficarmos prisioneiros dos nossos fracassos. Trata-se de uma coisa muito má, porque os fracassos apanham-nos e podemos tornar-nos seus prisioneiros. Não! Por favor: não fiquemos prisioneiros dos nossos fracassos! Em vez de permanecermos com os olhos fixos nas nossas redes vazias, olhemos para Jesus e confiemos n’Ele. Não olhes para as tuas redes vazias; olha para Jesus, olha para Jesus! Ele far-te-á caminhar, Ele far-te-á andar bem. Confia n’Ele! Podemos sempre arriscar, fazendo-nos ao mar e lançando de novo as redes, mesmo depois de termos atravessado a noite do fracasso, o tempo da desilusão, em que não pescámos nada. Agora farei um pequeno momento de silêncio e cada um de vós vai pensar nos seus próprios fracassos. [pausa] Olhando para estes fracassos, arrisquemos, avancemos com a coragem da Palavra de Deus.

Santa Teresa de Calcutá, cuja memória celebramos hoje, que se dedicou incansavelmente aos mais pobres e se tornou uma promotora da paz e do diálogo, costumava dizer: “Quando nada tivermos para dar, demos esse nada. E lembra-te: nunca te canses de semear, mesmo se não vieres a colher nada”. Irmão e irmã, nunca te canses de semear, porque isto é vida.

É exatamente isto, irmãos e irmãs, que eu gostaria de dizer também a vós, a esta nação, a este arquipélago maravilhoso e variegado: não vos canseis de partir para o alto-mar nem vos canseis de lançar as redes; não vos canseis de sonhar nem de construir de novo uma civilização de paz! Ousai sempre o sonho da fraternidade, que é um verdadeiro tesouro entre vós. Com a Palavra do Senhor encorajo-vos a semear o amor, a percorrer com confiança o caminho do diálogo, a praticar continuamente a vossa bondade e amabilidade com o sorriso que vos caracteriza. Já vos disseram que sois um povo sorridente? Não percais o sorriso, por favor, e segui em frente! E sede construtores de paz. Sede construtores de esperança!

É este o desejo recentemente expresso pelos Bispos do vosso País, e é o voto que também eu gostaria de formular a todo o povo indonésio: caminhar juntos para o bem da sociedade e da Igreja! Sede construtores de esperança. Escutai bem: sede construtores de esperança! Daquela esperança do Evangelho que não desilude (cf. Rm 5, 5), nunca desilude, e abre a uma alegria sem fim. Muito obrigado.

[01315-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Spotkanie z Jezusem wzywa nas do życia dwiema fundamentalnymi postawami, które pozwalają nam stać się Jego uczniami. Pierwsza postawa: słuchanie Słowa; druga: żyć Słowem. Najpierw słuchać, ponieważ wszystko rodzi się ze słuchania, z otwarcia się na Niego, z przyjęcia cennego daru Jego przyjaźni. Ale ponadto ważne jest: aby żyć otrzymanym Słowem, aby nie być próżnymi słuchaczami, którzy oszukują samych siebie (por. Jk 1, 22), aby nie ryzykować słuchania tylko uszami, bez ziarna Słowa zstępującego do serca i zmieniającego nasz sposób myślenia, odczuwania i działania, bo to nie jest dobre. Słowo, które jest nam dane i którego słuchamy, ma stać się życiem, przemienić życie, wcielić się w nasze życie.

Te dwie zasadnicze postawy: słuchanie Słowa i życie Słowem, możemy kontemplować w Ewangelii, która właśnie została odczytana.

Przede wszystkim, słuchanie Słowa. Ewangelista opowiada, że wielu ludzi przychodziło do Jezusa i „tłum cisnął się do Niego, aby słuchać słowa Bożego” (Łk 5, 1). Szukają Go, są głodni i spragnieni słowa Pana Boga i słyszą jego rezonowanie w słowach Jezusa. Zatem ta scena, która powtarza się wiele razy w Ewangelii, mówi nam, że ludzkie serce zawsze poszukuje prawdy zdolnej nakarmić i nasycić jego pragnienie szczęścia. Mówi nam, że nie możemy zadowolić się jedynie ludzkimi słowami, kryteriami tego świata, ziemskimi osądami. Że zawsze potrzebujemy: światła, które przychodzi z wysoka, by oświetlać nasze kroki; żywej wody, która mogłaby ugasić pragnienie na pustyniach duszy; pocieszenia, które nie zawodzi, ponieważ pochodzi z nieba, a nie z ulotnych rzeczy tego świata. Pośród dezorientacji i próżności ludzkich słów, bracia i siostry, potrzeba Słowa Bożego, jedynego, które jest busolą dla naszej podróży, jedynego, które pośród wielu ran i zagubienia, jest w stanie z powrotem przyprowadzić nas do autentycznego sensu życia.

Bracia i siostry, nie zapominajmy tego: pierwszym zadaniem ucznia – my wszyscy jesteśmy uczniami! – nie jest to, aby przybierać szatę zewnętrznie doskonałej religijności, aby czynić rzeczy nadzwyczajne lub angażować się w wielkie przedsięwzięcia. Nie. Pierwsze zadanie, pierwszy krok, natomiast, polega na umiejętności słuchania jedynego Słowa, które zbawia, słowa Jezusa. Tak jak możemy zobaczyć w wydarzeniu ewangelicznym, kiedy Mistrz wchodzi do łodzi Piotra, aby oddalić się nieco od brzegu, i w ten sposób lepiej nauczać ludzi (por. Łk 5, 3). Nasze życie wiary zaczyna się wówczas, kiedy pokornie przyjmujemy Jezusa do łodzi naszego życia, czynimy Mu miejsce, słuchamy Jego słowa i pozwalamy mu, by stawiało nam pytania, wstrząsało nami i zmieniało nas.

Jednocześnie, bracia i siostry, słowo Pana domaga się, aby konkretnie „stało się w nas ciałem”: jesteśmy zatem wezwani do życia Słowem. Samo powtarzanie Słowa, bez życia nim, sprawia, że stajemy się jak papugi: tak, wypowiadam je, ale go nie rozumiem, nie żyję nim. Po zakończeniu głoszenia tłumom z łodzi, Jezus zwraca się bowiem do Piotra i zachęca go do podjęcia ryzyka i postawienia na to Słowo: „Wypłyń na głębię i zarzućcie sieci na połów!” (w. 4). Słowo Boże nie może pozostać piękną abstrakcyjną ideą lub wzbudzać tylko chwilowe emocje. Ono domaga się zmiany naszego spojrzenia, abyśmy pozwolili przemienić serce na obraz serca Chrystusa. Słowo wzywa nas do odważnego zarzucenia sieci Ewangelii pośród morza świata, „podejmując ryzyko”, tak, podejmując ryzyko życia miłością, której On pierwszy nas nauczył i którą żył jako pierwszy. Również nas, bracia i siostry, Pan wzywa z płomienną mocą swojego Słowa, abyśmy wypłynęli na głębię, oderwali się od brzegów stagnacji złych przyzwyczajeń, lęków i przeciętności, i abyśmy odważyli się żyć nowym życiem. Przeciętność podoba się diabłu! Ponieważ wnika w nas i nas wyniszcza.

Oczywiście, przeszkód i wymówek, by powiedzieć „nie”, nigdy nie brakuje. Ale spójrzmy raz jeszcze na postawę Piotra: przyszedł po ciężkiej nocy, w której nic nie złowił, był zdenerwowany, był zmęczony, był rozczarowany, a jednak zamiast pozostać sparaliżowanym w tej pustce i zablokowanym własną porażką, mówi: „Mistrzu, całą noc pracowaliśmy i nic nie ułowiliśmy. Lecz na Twoje słowo zarzucę sieci” (w. 5). Na Twoje słowo zarzucę sieci. I wtedy dzieje się rzecz niespotykana, cud napełnienia łodzi rybami, niemal aż do jej zanurzenia (por. w. 7).

Bracia i siostry, wobec wielu zadań naszego codziennego życia; w obliczu wezwania, które wszyscy odczuwamy, do budowania bardziej sprawiedliwego społeczeństwa, do pójścia naprzód drogą pokoju i dialogu – tą drogą, która tutaj w Indonezji dawno została wytyczona – możemy czasami czuć się niezdatni, odczuwać ciężar tak wielkiego zaangażowania, które nie zawsze przynosi oczekiwane owoce, lub naszych błędów, które zdają się hamować drogę. Ale z taką samą pokorą i wiarą, jakie miał Piotr, także i od nas żąda się, byśmy nie stawali się więźniami naszych porażek. Jest to coś bardzo złego, ponieważ porażki nas dopadają i możemy stać się więźniami porażek. Nie, proszę, nie pozostańmy więźniami naszych porażek; zamiast stać ze wzrokiem utkwionym w naszych pustych sieciach, spójrzmy na Jezusa i Jemu zaufajmy. Nie wpatruj się w swoje puste sieci, spójrz na Jezusa! On sprawi, że będziesz chodził, On sprawi, że wyzdrowiejesz, zaufaj Jezusowi! Zawsze możemy zaryzykować wypłynięcie na głębię i ponowne zarzucenie sieci, nawet jeśli przeszliśmy przez noc porażki, okres rozczarowania, kiedy nic nie ułowiliśmy. Teraz poproszę o chwilę ciszy, a każdy z was niech pomyśli o swoich własnych porażkach. [chwila ciszy] I patrząc na te porażki, podejmijmy ryzyko, chodźmy naprzód z odwagą Słowa Bożego.

Święta Teresa z Kalkuty, której wspomnienie dziś obchodzimy, a która niestrudzenie troszczyła się o najuboższych i stała się promotorką pokoju i dialogu, mawiała: „Kiedy nie mamy co dać, dajmy im to ‘nic’. I pamiętaj: Nawet jeśli miałbyś niczego nie zebrać, nigdy nie przestawaj siać”. Bracie i siostro, nigdy nie przestawaj siać, bo to jest życie”.

Bracia i siostry, chciałbym to również powiedzieć wam, temu Narodowi, temu wspaniałemu i różnorodnemu archipelagowi: niestrudzenie wypływajcie na głębię, niestrudzenie zarzucajcie sieci, niestrudzenie snujcie marzenia, niestrudzenie snujcie marzenia i budujcie na nowo cywilizację pokoju! Zawsze miejcie odwagę marzyć o braterstwie, które jest prawdziwym skarbem wśród was. Słowem Pana zachęcam was do zasiewania miłości, do ufnego kroczenia drogą dialogu, do praktykowania nadal waszej dobroci i życzliwości z typowym uśmiechem, który was wyróżnia. Czy powiedziano wam, że jesteście narodem uśmiechniętym? Nie traćcie uśmiechu, proszę, i podążajcie naprzód! I bądźcie budowniczymi pokoju. Bądźcie budowniczymi nadziei!

Takie jest pragnienie wyrażone niedawno przez biskupów tego kraju, i jest to życzenie, które również ja chciałbym skierować do całego ludu indonezyjskiego: podążać razem dla dobra społeczeństwa i Kościoła! Bądźcie budowniczymi nadziei. Posłuchajcie dobrze: bądźcie budowniczymi nadziei! Tej nadziei Ewangelii, która nie zawodzi (por. Rz 5, 5), nigdy nie zawodzi, i która otwiera nas na radość bez końca. Dziękuję bardzo.

[01315-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسوليّة إلى إندونيسيا، وبابوا غينيا الجديدة، وتيمور الشّرقيّة، وسنغافورة

2-13 أيلول/سبتمبر 2024

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القداس الإلهيّ

في مدرّج ”Gelora Bung Carno“ - جاكارتا

5 أيلول/سبتمبر 2024

لقاؤنا مع يسوع يدعونا إلى أن نتّخذ موقفَين أساسيَّين، يسمحان لنا بأن نصير تلاميذه. الموقف الأوّل: الإصغاء إلى الكلمة، والموقف الثّاني: الكلمة تصير فينا حياة. أوّلًا الإصغاء، لأنّ كلّ شيء يُولد من الإصغاء، ومن انفتاحنا على يسوع، ومن قبولنا لعطيّة صداقته الثّمينة. ثمّ من المهمّ أن تصير الكلمة التي تلقّيناها حياة فينا، حتّى لا نكون مستمعين عبثًا يخدعون أنفسهم (راجع يعقوب 1، 22)، وحتّى لا نغامر فنسمع فقط بآذاننا، دون أن تقع بذرة الكلمة في قلبنا وتغيّر طريقة تفكيرنا وشعورنا وتصرّفاتنا. الكلمة التي أُعطيَت لنا والتي أصغينا إليها تطلب أن تصير حياة، وأن تغيّر الحياة، وأن تتجسّد في حياتنا.

هذان الموقفان الأساسيّان: الإصغاء إلى الكلمة والكلمة تصير حياة فينا، يمكن أن نتأمّل فيهما في الإنجيل الذي أُعلِن قبل قليل.

أوّلاً، الإصغاء إلى الكلمة. روى الإنجيليّ أنّ أُناسًا كثيرين ذهبوا إلى يسوع و"ازْدَحَمَ الجَمعُ علَيهِ لِسَماعِ كَلِمَةِ الله" (لوقا 5، 1). كانوا يبحثون عنه، وكانوا جائعين وعطاشًا إلى كلمة الله، وسمعوا صداها في كلام يسوع. لذلك، هذا المشهد، الذي يتكرّر كثيرًا في الإنجيل، يقول لنا إنّ قلب الإنسان يبحث دائمًا عن حقيقة تقدر أن تُطعم وتُشبع رغبته في السّعادة، وأنّنا لا نستطيع أن نكتفي بالكلام البشريّ وحده، وبمعايير هذا العالم، وبالأحكام الأرضيّة، بل نحتاج دائمًا إلى نورٍ يأتي من العُلى لينير خطواتنا، وإلى ماءٍ حيّ يقدر أن يروي عطش صحاري نفوسنا، وإلى تعزية لا تخدعنا، لأنّها تأتي من السّماء وليس من الأمور الزّائلة هنا على الأرض. أيّها الإخوة والأخوات، في وسط ذهول وغرور الكلام البشريّ، نحن بحاجة إلى كلمة الله، الوحيدة التي يمكن أن تكون بوصلة مسيرتنا، والوحيدة بين جراحنا الكثيرة وضياعنا، التي تقدر أن تعيدنا من جديد إلى معنى الحياة الحقيقيّ.

أيّها الإخوة والأخوات، لا ننسَ هذا: ليست مهمّة التّلميذ الأولى – ونحن كلّنا تلاميذ! - أن يرتدي ثوب التّديّن المثاليّ في الظّاهر، ويقوم بأمور غير عاديّة أو يلتزم بمشاريع كبيرة. الخطوة الأولى هي أن يعرف كيف يصغي إلى الكلمة الوحيدة التي تخلِّص، كلمة يسوع، كما يمكننا أن نرى في الحدث الإنجيليّ، عندما صعد المعلّم إلى سفينة بطرس وابتعد قليلًا عن الشّاطئ، بدأ يعلِّم النّاس بشكل أفضل (راجع لوقا 5، 3). حياتنا الإيمانيّة تبدأ عندما نستقبل يسوع بتواضع في سفينة حياتنا، ونفسح له المجال، ونصغي إلى كلمته، ونتركها تسألنا وتنفضنا وتغيّرنا.

في الوقت نفسه، كلمة الرّبّ يسوع تطلب أن تتجسّد فينا بصورة عمليّة: لذلك نحن مدعوّون إلى أن نجعل الكلمة فينا حياة. في الواقع، بعد أن انتهى من تعليم الجموع من السّفينة، التفت يسوع إلى بطرس وحثّه أن يجازف ويُراهن على كلمة الله: "سِرْ في العُرْض، وأَرسِلوا شِباكَكُم لِلصَّيد" (الآية 4). لا يمكن لكلمة الرّبّ يسوع أن تبقى فكرة جميلة ومجرّدة أو أن تُثير فقط فينا مشاعر مدّة لحظة، بل إنّها تطلب منّا أن نغيّر نظرتنا، وأن نحوّل قلبنا ونجعله على مثال قلب المسيح، الذي يدعونا إلى أن نُرسل شباك الإنجيل بشجاعة في وسط بحر العالم، ”ونجازف“، نعم نجازف، فنحيا حياة المحبّة التي علّمنا إيّاها وعاشها هو أوّلًا. أيّها الإخوة والأخوات، الرّبّ يسوع يطلب منّا نحن أيضًا، بقوّة كلمته المضطرمة، أن نسير في العُرض، وأن نبتعد عن الشّواطئ الرّاكدة، وعن عاداتنا السّيّئة ومخاوفنا وفتورنا، لكي نجرؤ فنحيا حياة جديدة. الشّيطان يحبّ أن نكون فاترين، لأنّه يدخل فينا ويُفسدنا.

طبعًا، لن تغيب العقبات والأعذار لكي نقول لا، لكن لننظر مرّة أخرى إلى موقف بطرس: كان راجعًا بعد ليلة صعبة لم يَصطد فيها شيئًا، وكان غاضبًا ومُتعبًا ومُحبطًا، مع ذلك، وبدل أن يبقى مشلولًا في ذلك الفراغ وعالقًا بفشله، قال: "يا مُعَلِّم، تَعِبْنا طَوالَ اللَّيلِ ولَم نُصِبْ شَيئًا، ولكِنِّي بِناءً على قَولِكَ أُرسِلُ الشِّباكَ" (الآية 5). بِناءً على قَولِكَ أُرسِلُ الشِّباكَ. وبعد ذلك حدث ما لم يُسمع به من قبل، معجزة السّفينة التي امتلأت بالسّمك حتّى كادت تغرق (راجع الآية 7).

أيّها الإخوة والأخوات، أمّام المهام الكثيرة في حياتنا اليوميّة، وأمام الدّعوة، التي نشعر بها كلّنا، إلى بناء مجتمع فيه مزيد من العدل، والاستمرار على طريق السّلام والحوار – هذا الطّريق الذي تمّ اتّباعه، هنا في إندونيسيا منذ زمن - يمكننا أن نشعر أحيانًا بأنّنا غير أكْفَاء، ويمكن أن نشعر بثقل التزام كثير لا يؤدّي دائمًا إلى النّتائج المرجوّة أو نشعر بأخطائنا التي تبدو أنّها عقبة في المسيرة. لكن بتواضع بطرس نفسه وإيمانه نفسه، نحن أيضًا مطلوبٌ منّا ألّا نبقى أسرى فشلنا، وبدل أن نُبقي نظرنا ثابتًا على شباكنا الفارغة، علينا أن ننظر إلى يسوع ونثق به. يمكننا أن نجازف دائمًا فنسير في العُرض ونُرسل شباكنا من جديد، حتّى بعد قضاء ليلة فاشلة، ووقت يائس لم نصطد فيه شيئًا. الآن، سأعطي وقتًا قصيرًا من الصّمت، وليفكّر كلّ واحد منكم في فشله. [استراحة] وبينما ننظر إلى هذا الفشل، لنخاطر ولنَسِر إلى الأمام بتشجيع كلمة الله.

قالت القدّيسة تريزا دي كالكوتا، التي نحتفل بتذكارها اليوم، والتي اهتمّت بالفقراء بلا كلل، وصارت داعية للسّلام والحوار: ”عندما لا يكون لدينا شيء نعطيه للآخرين، لنعطهم هذا اللا شيء. وتذكّر: حتّى لو لن تحصد شيئًا، لا تتعب أبدًا من أن تزرع“. أيّها الأخّ، وأيّتها الأخت، لا تتعب أبدًا من أن تزرع، لأنّ الزّرع هو حياة.

أيّها الإخوة والأخوات، هذا ما أودّ أن أقوله لكم أيضًا، ولهذه الأمّة، ولهذا الأرخبيل الرّائع والمتنوّع: لا تتعبوا من أن تسيروا في عُرض البحر وأن تُرسلوا شباككم، ولا تتعبوا من أن تحلموا وأن تبنوا حضارة السّلام من جديد! تجرّؤوا دائمًا على أن تحلموا بالإخوّة، لأنّها كنزٌ حقيقيٌّ بينكم! أشجّعكم أن تزرعوا المحبّة بِناءً على كلمة الرّبّ يسوع، وأن تتبعوا بثقة طريق الحوار، وأن تمارسوا أيضًا صلاحكم ولطفكم مع الابتسامة الخاصّة التي تميّزكم. هل قالوا لكم أنّكم شعب مُبتسم؟ من فضلكم، لا تفقدوا هذه الابتسامة، واستمرّوا! وكونوا بُناة السّلام وبُناة الرّجاء.

كانت هذه رغبة أساقفة هذا البلد التي عبّروا عنها قبل قليل، وهي الأمنيّة التي أودّ أيضًا أن أتمنَّاها للشّعب الإندونيسيّ كلّه: سيروا معًا من أجل خير المجتمع والكنيسة! وكونوا بناة الرّجاء، رجاء الإنجيل الذي لا يخذلنا أبدًا (رومة 5، 5) والذي يجعلنا نفتح أنفسنا على الفرح الذي لا نهاية له. شكرًا جزيلًا.

[01315-AR.02] [Testo originale: Italiano]

 

Parole di ringraziamento del Santo Padre al termine della Santa Messa

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

 

Testo in lingua italiana

Ringrazio il Cardinale Ignatius, come pure il Presidente della Conferenza Episcopale e gli altri Pastori della Chiesa in Indonesia, che insieme ai presbiteri e ai diaconi servono il popolo santo di Dio in questo grande Paese. Grazie alle religiose, ai religiosi e a tutti i volontari; e con tanto affetto agli anziani, ai malati e ai sofferenti che hanno offerto le loro preghiere. Grazie!

La mia visita in mezzo a voi volge al termine e voglio esprimere la mia gioiosa gratitudine per la squisita accoglienza che mi è stata riservata. La rinnovo al Signor Presidente della Repubblica, che oggi era qui presente, alle altre Autorità civili e alle forze dell’ordine, e la estendo all’intero popolo indonesiano.

Si dice nel Libro degli Atti degli Apostoli che il giorno della Pentecoste c’è stato a Gerusalemme un grande chiasso. E tutti facevano chiasso per predicare il Vangelo. Mi raccomando, cari fratelle e sorelle, fate chiasso! Fate chiasso!

Il Signore vi benedica. Grazie!

[01316-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Je remercie le Cardinal Ignatius, ainsi que le Président de la Conférence Épiscopale et les autres pasteurs de l’Église en Indonésie qui, avec les prêtres et les diacres, servent le peuple saint de Dieu dans ce grand pays. Merci également aux religieuses, aux religieux et à tous les bénévoles et, avec beaucoup d’affection, merci aux personnes âgées, aux personnes malades et souffrantes qui ont offert leurs prières. Merci!

Ma visite parmi vous touche à sa fin et je souhaite exprimer ma joyeuse gratitude pour l’accueil remarquable qui m’a été réservé. Je la renouvelle au Président de la République, qui est ici présent aujourd’hui, aux autres Autorités civiles ainsi qu’aux forces de l’ordre, et je l’étends à tout le peuple indonésien.

Dans le livre des Actes des Apôtres, il est dit que le jour de la Pentecôte, il y eut une grande agitation à Jérusalem. Et tout le monde faisait du bruit pour annoncer l’Évangile. Attention, chers frères et sœurs, faites du bruit! Faites du bruit!

Que le Seigneur vous bénisse. Merci!

[01316-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

I thank Cardinal Ignatius, as well as the President of the Bishops’ Conference and the other Bishops of the Church in Indonesia, who together with the priests and deacons serve the holy people of God in this great country. I thank, too, the consecrated men and women, all the volunteers and, with great affection, the elderly, sick and suffering who have been praying for us. Thank you!

My visit among you is drawing to an end, and I wish to express my joyful gratitude for the superb welcome that I have received. With renewed thanks to the President of the Republic, who was present here today, to the other Civil Authorities and the security services, I likewise express my appreciation to the entire Indonesian people.

It says in the Acts of the Apostles that on the day of Pentecost there was a great commotion in Jerusalem. And everyone was making a noise in preaching the Gospel. Please, dear brothers and sisters, make a noise! Make a noise!

May the Lord bless you. Thank you!

[01316-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Ich bedanke mich bei Kardinal Ignatius sowie dem Vorsitzenden der Bischofskonferenz und den anderen Hirten der Kirche in Indonesien, die zusammen mit den Priestern und Diakonen dem heiligen Volk Gottes in diesem großen Land dienen. Ich danke den Ordensfrauen, den Ordensmännern und allen freiwilligen Helfern; und besonders danke ich den alten, kranken und leidenden Menschen, die ihre Gebete dargebracht haben. Danke!

Mein Besuch bei euch neigt sich dem Ende zu, und ich möchte meine freudige Dankbarkeit für die vorzügliche Aufnahme zum Ausdruck bringen, die ich erfahren habe. Ich erneuere meinen Dank an den Präsidenten der Republik, der heute hier anwesend war, an die anderen zivilen Autoritäten und die Ordnungskräfte und möchte das gesamte indonesische Volk in diesen Dank miteinschließen.

In der Apostelgeschichte heißt es, dass am Pfingsttag ein großer Aufruhr in Jerusalem herrschte. Und alle verkündeten lautstark das Evangelium. Passt auf, liebe Brüder und Schwestern, macht Lärm! Macht ordentlich Lärm!

Der Herr segne euch. Danke!

[01316-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Agradezco al cardenal Ignatius, como también al Presidente de la Conferencia Episcopal y a los demás pastores de la Iglesia en Indonesia, que junto con los presbíteros y diáconos sirven al pueblo santo de Dios en este gran país. Le doy las gracias a las religiosas, a los religiosos y a todos los voluntarios; y con mucho afecto a los ancianos, a los enfermos y a cuantos sufren, que han ofrecido sus oraciones. ¡Gracias!

Mi visita en medio de ustedes llega a su fin y quiero expresar mi gozosa gratitud por la exquisita acogida que me han brindado. La renuevo al señor Presidente de la República, que hoy está aquí presente, a las demás autoridades civiles y a las fuerzas del orden, y la hago extensiva a todo el pueblo indonesio.

En el libro de los Hechos de los Apóstoles se dice que el día de Pentecostés hubo una gran algarabía en Jerusalén. Y todos predicaban el Evangelio con gran entusiasmo. Queridos hermanos y hermanas, ¡hagan lío!, ¡hagan lío!

El Señor los bendiga¡ Gracias!

[01316-ES.02] [Texto original: Italiano]

 

 

 

Traduzione in lingua portoghese

Agradeço ao Cardeal Ignatius, bem como ao Presidente da Conferência Episcopal e aos demais Bispos da Igreja na Indonésia, que, juntamente com os presbíteros e diáconos, servem o povo santo de Deus neste grande País. Obrigado às consagradas, aos consagrados e a todos os voluntários; e, com muito carinho, obrigado aos idosos, aos doentes e às pessoas que sofrem, oferecendo a Deus as suas orações. Obrigado!

A minha visita entre vós está próxima do fim e quero exprimir a minha alegre gratidão pelo primoroso acolhimento que me foi dispensado. Reitero-a ao Senhor Presidente da República, que hoje estava aqui presente, às demais Autoridades civis e às forças da ordem, e estendo-a a todo o povo indonésio.

Diz o livro dos Actos dos Apóstolos que, no dia de Pentecostes, houve um grande ruído em Jerusalém. E todos faziam barulho para pregar o Evangelho. Queridos irmãos e irmãs, não esqueçais: fazei barulho! Fazei barulho!

O Senhor vos abençoe. Obrigado!

[01316-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dziękuję Kardynałowi Ignatiusowi, jak również Przewodniczącemu Konferencji Episkopatu i innym Pasterzom Kościoła w Indonezji, którzy wraz z kapłanami i diakonami posługują świętemu ludowi Bożemu w tym wielkim kraju. Dziękuję zakonnicom, zakonnikom oraz wszystkim wolontariuszom; i z wielką miłością osobom starszym, chorym i cierpiącym, które ofiarowały swoje modlitwy. Dziękuję!

Moja wizyta wśród was dobiega końca i pragnę wyrazić radosną wdzięczność za wspaniałe przyjęcie, jakie otrzymałem. Kieruję ją do Pana Prezydenta Republiki, który był tu dziś obecny, pozostałych władz cywilnych i służb porządkowych, obejmując nią także cały naród indonezyjski.

Księga Dziejów Apostolskich mówi, że w dniu Pięćdziesiątnicy w Jerozolimie powstał wielki szum. Wszyscy robili szum, aby głosić Ewangelię. Proszę was, drodzy bracia i siostry, zróbcie szum! Róbcie szum!

Niech was Bóg błogosławi. Dziękuję!

[01316-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

الزيارة الرّسوليّة إلى إندونيسيا، وبابوا غينيا الجديدة، وتيمور الشّرقيّة، وسنغافورة

2-13 أيلول/سبتمبر 2024

كلمة شكر لقداسة البابا فرنسيس

في ختام القداس الإلهيّ

في مدرّج ”Gelora Bung Carno“ - جاكارتا

5 أيلول/سبتمبر 2024

أشكر الكاردينال أغناطيوس، وكذلك رئيس مجلس الأساقفة ورعاة الكنيسة الآخرين في إندونيسيا، الذين يخدمون مع الكهنة والشّمامسة شعب الله المقدّس في هذا البلد الكبير. شكرًا للرّهبان والرّاهبات وجميع المتطوّعين. والشّكر الموصول مع الكثير من المودّة للمسنّين والمرضى والمتألّمين الذين صلّوا من أجلنا. شكرًا!

زيارتي بينكم تقترب من نهايتها وأريد أن أعرب عن شكري وفرحي للاستقبال الرّائع الذي استقبلتمونا به. وأجدّد شكري لرئيس الجمهوريّة، الذي كان حاضرًا هنا اليوم، والسُّلُطات المدنيّة الأخرى وقوّات الشّرطة، وأشمل بشكري الشّعب الإندونيسي بأكمله.

بارككم الرّبّ يسوع. شكرًا!

[01316-AR.02] [Testo originale: Italiano]

 

[B0659-XX.02]