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Benedizione dei Palli e Celebrazione Eucaristica nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29.06.2024


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, alle ore 9.30, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha benedetto i Palli, presi dalla Confessione dell’Apostolo Pietro e destinati agli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’anno. Il Pallio verrà poi imposto a ciascun Arcivescovo Metropolita dal Rappresentante Pontificio nella rispettiva Sede Metropolitana.

Dopo il rito di benedizione dei Palli, il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica con i Cardinali, con gli Arcivescovi Metropoliti e con i Vescovi Sacerdoti.

Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

Omelia del Santo Padre

Guardiamo ai due Apostoli Pietro e Paolo: il pescatore di Galilea che Gesù fece pescatore di uomini; il fariseo persecutore della Chiesa trasformato dalla Grazia in evangelizzatore delle genti. Alla luce della Parola di Dio lasciamoci ispirare dalla loro storia, dallo zelo apostolico che ha segnato il cammino della loro vita. Incontrando il Signore, essi hanno vissuto una vera e propria esperienza pasquale: sono stati liberati e, davanti a loro, si sono aperte le porte di una nuova vita.

Fratelli e sorelle, alla vigilia dell’anno giubilare, soffermiamoci proprio sull’immagine della porta. Il Giubileo, infatti, sarà un tempo di grazia nel quale apriremo la Porta Santa, perché tutti possano varcare la soglia di quel santuario vivente che è Gesù e, in Lui, vivere l’esperienza dell’amore di Dio che rinvigorisce la speranza e rinnova la gioia. E anche nella storia di Pietro e di Paolo ci sono delle porte che si aprono.

La prima Lettura ci ha raccontato la vicenda della liberazione di Pietro dalla prigionia; questo racconto ha tante immagini che ci ricordano l’esperienza della Pasqua: l’episodio accade durante la festa degli Azzimi; Erode richiama la figura del faraone d’Egitto; la liberazione avviene di notte come fu per gli israeliti; l’angelo dà a Pietro le stesse disposizioni che furono date a Israele: alzarsi in fretta, mettersi la cintura, indossare i sandali (cfr At 12,8; Es 12,11). Quello che ci viene narrato, dunque, è un nuovo esodo. Dio libera la sua Chiesa, libera il suo popolo che è in catene, e ancora una volta si mostra come il Dio della misericordia che sostiene il suo cammino.

E in quella notte di liberazione, dapprima si aprono miracolosamente le porte del carcere; poi, di Pietro e dell’angelo che lo accompagna si dice che si trovarono davanti «alla porta di ferro che arriva alla città; la porta si aprì da sé davanti a loro» (At 12,10). Non sono loro ad aprire la porta, essa si apre da sé. È Dio che apre le porte, è Lui che libera e spiana la strada. A Pietro – come abbiamo ascoltato dal Vangelo – Gesù aveva affidato le chiavi del Regno; ma egli fa esperienza che, ad aprire le porte, è per primo il Signore, Lui sempre ci precede. Ed è curioso un fatto: le porte del carcere si sono aperte per la forza del Signore, ma Pietro poi farà fatica ad entrare nella casa della comunità cristiana: colei che va alla porta, pensa che sia un fantasma e non gli apre (cfr At 12,12-17). Quante volte le comunità non imparano questa saggezza di aprire le porte!

Anche il cammino dell’Apostolo Paolo è anzitutto un’esperienza pasquale. Egli, infatti, dapprima viene trasformato dal Risorto sulla via di Damasco e poi, nella continua contemplazione del Cristo Crocifisso, scopre la grazia della debolezza: quando siamo deboli – egli afferma – in realtà è proprio allora che siamo forti, perché non ci aggrappiamo più a noi stessi, ma a Cristo (cfr 2 Cor 12,10). Afferrato dal Signore e crocifisso con Lui, Paolo scrive: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Ma il fine di tutto ciò non è una religiosità intimista e consolatoria – come oggi ci presentano alcuni movimenti nella Chiesa: una spiritualità da salotto –; al contrario, l’incontro con il Signore accende nella vita di Paolo lo zelo per l’evangelizzazione. Come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, alla fine della sua vita egli dichiara: «Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero» (2 Tm 4,17).

Proprio nel raccontare di come il Signore gli ha donato tante possibilità per annunciare il Vangelo, Paolo usa l’immagine delle porte aperte. Così, del suo arrivo ad Antiochia insieme a Barnaba, si dice che «appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (At 14,27). Allo stesso modo, rivolgendosi alla comunità di Corinto dice: «Mi si è aperta una porta grande e propizia» (1 Cor 16,9); e scrivendo ai Colossesi li esorta così: «Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo» (Col 4,3).

Fratelli e sorelle, i due Apostoli Pietro e Paolo hanno fatto questa esperienza di grazia. Hanno toccato con mano l’opera di Dio, che ha aperto le porte del loro carcere interiore e anche delle prigioni reali dove sono stati rinchiusi a causa del Vangelo. E, inoltre, ha aperto davanti a loro le porte dell’evangelizzazione, perché sperimentassero la gioia dell’incontro con i fratelli e le sorelle delle comunità nascenti e potessero portare a tutti la speranza del Vangelo.

E anche noi quest’anno ci prepariamo ad aprire la Porta Santa.

Fratelli e sorelle, oggi gli Arcivescovi Metropoliti nominati nell’ultimo anno ricevono il Pallio. In comunione con Pietro e sull’esempio di Cristo, porta delle pecore (cfr Gv 10,7), sono chiamati ad essere pastori zelanti, che aprono le porte del Vangelo e che, con il loro ministero, contribuiscono a costruire una Chiesa e una società dalle porte aperte.

E voglio dare, con fraterno affetto, il mio saluto alla Delegazione del Patriarcato Ecumenico: grazie di essere venuti a manifestare il comune desiderio della piena comunione tra le nostre Chiese. Invio un sentito saluto cordiale al mio fratello, al mio caro fratello Bartolomeo.

I Santi Pietro e Paolo ci aiutino ad aprire la porta della nostra vita al Signore Gesù, intercedano per noi, per la città di Roma e per il mondo intero. Amen.

[01115-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Regardons les deux apôtres Pierre et Paul: le pêcheur de Galilée que Jésus a faits pêcheur d’hommes; le pharisien persécuteur de l’Église transformé par la grâce en évangélisateur des païens. À la lumière de la Parole de Dieu, laissons-nous inspirer par leur histoire, par le zèle apostolique qui a marqué le chemin de leur vie. En rencontrant le Seigneur, ils ont vécu une véritable expérience pascale: ils ont été libérés et les portes d’une vie nouvelle se sont ouvertes devant eux.

Frères et sœurs, à la veille de l’année jubilaire, arrêtons-nous précisément sur l’image de la porte. Le Jubilé, en effet, sera un temps de grâce au cours duquel nous ouvrirons la Porte Sainte, afin que tous puissent franchir le seuil de ce sanctuaire vivant qu’est Jésus et, en Lui, faire l’expérience de l’amour de Dieu qui vivifie l’espérance et renouvelle la joie. Dans l’histoire de Pierre et Paul, il y a aussi des portes qui s’ouvrent.

La première Lecture nous a raconté l’histoire de la libération de Pierre de la prison; ce récit comporte de nombreuses images qui nous rappellent l’expérience de Pâques: l’épisode se déroule pendant la Fête des Pains sans levain; Hérode rappelle la figure du Pharaon d’Egypte; la libération a lieu de nuit, comme pour les Israélites; l’ange donne à Pierre les mêmes instructions que celles données à Israël: vite se lever, mettre sa ceinture, mettre ses sandales (cf. Ac 12, 8; Ex 12, 11). Ce qui nous est raconté est donc un nouvel exode: Dieu libère son Église, libère son peuple enchaîné, et se montre à nouveau comme le Dieu de la miséricorde qui soutient sa marche.

En cette nuit de libération, d’abord les portes de la prison s’ouvrent miraculeusement, puis il est dit que Pierre et l’ange qui l’accompagne se tiennent devant «le portail de fer donnant sur la ville. Celui-ci s’ouvrit tout seul devant eux» (Ac 12, 10). Ce ne sont pas eux qui ouvrent la porte, elle s’ouvre d’elle-même. C’est Dieu qui ouvre la porte, c’est Lui qui libère et ouvre le chemin. Comme nous l’avons entendu dans l’Évangile, Jésus avait confié à Pierre les clés du Royaume; mais il fait l’expérience que c’est le Seigneur qui ouvre les portes en premier, Il nous précède toujours. Et il y a un fait curieux : les portes de la prison ont été ouvertes par la puissance du Seigneur, mais Pierre a ensuite du mal à entrer dans la maison de la communauté chrétienne : celui qui va à la porte, pense que c'est un fantôme et ne lui ouvre pas (cf. Ac 12, 12-17). Que de fois les communautés méconnaissent cette sagesse d'ouvrir les portes !

Le chemin de l’Apôtre Paul est aussi et avant tout une expérience pascale. En effet, il est d’abord transformé par le Ressuscité sur le chemin de Damas et ensuite, dans la contemplation continuelle du Christ Crucifié, il découvre la grâce de la faiblesse: quand nous sommes faibles – dit-il – c’est alors que nous sommes forts, parce que nous ne nous accrochons plus à nous-mêmes, mais au Christ (cf. 2 Co 12, 10). Saisi par le Seigneur et crucifié avec lui, Paul écrit: «Je vis, mais ce n’est plus moi, c’est le Christ qui vit en moi» (Ga 2, 20). Mais le but de tout cela n’est pas une religiosité intimiste et consolatrice - comme quelques mouvements dans l'Église aujourd'hui nous la présentent : une spiritualité de salon - ;au contraire, la rencontre avec le Seigneur allume dans la vie de Paul un zèle pour l’évangélisation. Comme nous l’avons entendu dans la deuxième Lecture, à la fin de sa vie, il déclare: «Le Seigneur, lui, m’a assisté. Il m’a rempli de force pour que, par moi, la proclamation de l’Évangile s’accomplisse jusqu’au bout et que toutes les nations l’entendent» (2 Tm 4, 17).

C'est justement en racontant comment le Seigneur lui a donné tant de possibilités d’annoncer l’Évangile, que Paul utilise l'image des portes ouvertes. Ainsi, à son arrivée à Antioche avec Barnabé, il est dit qu’«une fois arrivés, ayant réuni l’Église, ils rapportèrent tout ce que Dieu avait fait avec eux, et comment il avait ouvert aux nations la porte de la foi» (Ac 14, 27). De même, il s’adresse à la communauté de Corinthe: «Une porte s’est ouverte toute grande à mon activité» (1 Co 16, 9); et il écrit aux Colossiens pour les exhorter en ces termes: «Priez en même temps pour nous, afin que Dieu ouvre une porte à notre parole et que nous annoncions le mystère du Christ» (Col 4, 3).

Frères et sœurs, les deux Apôtres Pierre et Paul ont fait cette expérience de la grâce. Ils ont touché du doigt l’œuvre de Dieu, qui a ouvert les portes de leur prison intérieure, ainsi que des prisons réelles où ils étaient enfermés à cause de l’Évangile. Il a également ouvert devant eux les portes de l’évangélisation pour qu’ils expérimentent la joie de rencontrer leurs frères et sœurs dans les communautés naissantes et puissent apporter à tous l’espérance de l’Évangile.

Et nous aussi nous nous préparons à ouvrir la Porte Sainte.

Frères et sœurs, les Archevêques Métropolitains nommés dans le cours de l’année dernière reçoivent aujourd’hui le Pallium. En communion avec Pierre et à l’exemple du Christ, porte des brebis (cf. Jn 10, 7), ils sont appelés à être des pasteurs zélés qui ouvrent les portes de l’Évangile et qui, par leur ministère, contribuent à la construction d’une Église et d’une société aux portes ouvertes.

Et c’est avec une affection fraternelle que je salue la délégation du. Et je veux saluer, avec une affection fraternelle, la délégation du Patriarcat Œcuménique: merci d’être venus manifester le désir commun d’une pleine communion entre nos Églises. Je salue cordialement mon frère, mon cher frère Bartholomée.

Que les saints Pierre et Paul nous aident à ouvrir la porte de notre vie au Seigneur Jésus, qu’ils intercèdent pour nous, pour la ville de Rome et pour le monde entier. Amen.

[01115-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Let us look at the two Apostles, Peter and Paul: the fisherman from Galilee whom Jesus made a fisher of men, and the Pharisee who persecuted the Church but was transformed by grace into an evangelizer of the nations. In the light of God’s word, let us draw inspiration from their story and from the apostolic zeal that marked their lives. In encountering the Lord, they experienced a true passover: they were set free: the doors to a new life opened before them.

Brothers and sisters, on the eve of the Jubilee Year, let us reflect on that image of the door. The Jubilee will be a time of grace during which we will open the Holy Door so that everyone may cross the threshold of that living sanctuary who is Jesus and, in him, experience the love of God that confirms our hope and renews our joy. In the story of Peter and Paul, several doors open.

The first reading tells of the deliverance of Peter from prison; it is filled with images reminiscent of Passover. The event takes place during the feast of Unleavened Bread. Herod recalls the figure of the Pharaoh of Egypt. The deliverance takes place at night, as it did for the Israelites. The angel gives Peter the same instructions once given to Israel: he tells Peter to rise quickly, gird himself and put on his sandals (cf. Acts 12:8; Ex 12:11). The account, then, is that of a new exodus. God delivers his Church, frees his people who are in chains, and once again reveals himself as the God of mercy who sustains them on their journey.

On that night of deliverance, the doors of the prison are first miraculously opened. Then, we are told that when Peter and the angel accompanying him came to the iron gate leading into the city, “it opened to them of its own accord” (Acts 12:10). They did not open the door; it opened by itself. It is God who opens doors; he is the one who sets us free and opens the way before us. Jesus, as we heard in the Gospel, entrusted the keys of the Kingdom to Peter, yet Peter realizes that it is the Lord who opens doors; he always goes before us. This point is significant: the doors of the prison were opened by the Lord’s strength, but Peter then found it hard to enter the house of the Christian community. The woman who went to the door thought that it was a ghost and did not open the door (cf. Acts 12:12-17). How many times have communities not learned this wisdom of the need to open the doors!

The journey of the Apostle Paul is also, primarily, a passover experience. First, he is changed by his encounter with the Risen Lord on the road to Damascus and then, fervently contemplating the crucified Christ, discovers the grace of weakness. When we are weak, he tells us, it is then that we are strong, because we no longer rely on ourselves, but on Christ (cf. 2 Cor 12:10). Seized by the Lord and crucified with him, Paul can write, “It is no longer I who live, but Christ who lives in me” (Gal 2:20). Yet this does not lead to a consoling, inward-looking religiosity – like that found in a few movements in the Church today – on the contrary, the encounter with the Lord ignites in the life of Paul a burning zeal for evangelization. As we heard in the second reading, at the end of his life, he could say: “The Lord stood by me and gave me strength to proclaim the message fully, that all the Gentiles might hear it” (2 Tim 4:17).

In describing how the Lord gave him so many opportunities to preach the Gospel, Paul employs the image of open doors. He journeyed to Antioch with Barnabas, and we read that “when they arrived, they gathered the church together and declared all that God had done with them, and how he had opened a door of faith to the Gentiles” (Acts 14:27). In a similar way, in writing to the community in Corinth, he says, “a wide door for effective work opened to me” (1 Cor 16:9). Writing to the Colossians, he urges them: “Pray for us also, that God may open to us a door for the word, to declare the mystery of Christ” (Col 4:3).

Brothers and sisters, the Apostles Peter and Paul both experienced this grace. They witnessed first-hand the work of God, who opened the doors of their interior prisons but also the actual prisons into which they were thrown because of the Gospel. The Lord also opened before them the doors of evangelization, so they could have the joy of encountering their brothers and sisters in the fledgling communities and bring the hope of the Gospel to all. Now, this year we also are preparing to open the Holy Door.

Brothers and sisters, today the Metropolitan Archbishops appointed in the last year receive the pallium. In communion with Peter and following the example of Christ, the gate for the sheep (cf. Jn 10:7), they are called to be zealous shepherds who open the doors of the Gospel and, through their ministry, help to build a Church and a society of open doors.

With fraternal affection, I greet the delegation of the Ecumenical Patriarchate, whom I thank for coming to manifest the shared desire for full communion between our Churches. I also send heartfelt cordial greetings to my dear brother Bartholomew.

May Saints Peter and Paul help us to open the door of our lives to the Lord Jesus. May they intercede for us, for this City of Rome and for the whole world. Amen.

[01115-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Blicken wir auf die beiden Apostel Petrus und Paulus: den Fischer aus Galiläa, den Jesus zu einem Menschenfischer machte; den Pharisäer, der die Kirche verfolgte und durch die Gnade zum Missionar der Heiden wurde. Lassen wir uns im Licht des Wortes Gottes von ihrer Geschichte inspirieren, vom apostolischen Eifer, der ihren Lebensweg geprägt hat. Als sie dem Herrn begegneten, machten sie eine wahrhaft österliche Erfahrung: Sie wurden befreit und vor ihnen öffneten sich die Türen zu einem neuen Leben.

Brüder und Schwestern, verweilen wir am Vorabend des Heiligen Jahres gerade bei dem Bild der Tür. Das Heilige Jahr wird nämlich eine Zeit der Gnade sein, in der wir die Heilige Pforte öffnen, damit alle die Schwelle jenes lebendigen Heiligtums überschreiten können, das Jesus ist, und in ihm die Liebe Gottes erfahren können, durch die die Hoffnung gestärkt und die Freude erneuert wird. Auch in der Geschichte von Petrus und Paulus gibt es Pforten, die sich öffnen.

Die erste Lesung berichtet von der Begebenheit der Befreiung Petri aus dem Gefängnis; dieser Bericht enthält viele Bilder, die uns an die Pascha-Erfahrung erinnern: die Episode ereignet sich während des Festes der Ungesäuerten Brote; Herodes erinnert an die Gestalt des ägyptischen Pharaos; die Befreiung geschieht in der Nacht, wie einst bei den Israeliten; der Engel gibt Petrus dieselben Anweisungen, die auch Israel gegeben worden waren: schnell aufzubrechen, sich zu gürten, die Sandalen anzuziehen (vgl. Apg 12,8; Ex 12,11). Was uns erzählt wird, ist also ein neuer Exodus: Gott befreit seine Kirche, er befreit sein Volk, das in Ketten liegt, und erweist sich erneut als Gott der Barmherzigkeit, der ihnen auf ihrem Weg Halt gibt.

Und in jener Nacht der Befreiung öffnen sich zunächst auf wundersame Weise die Gefängnistüren; dann heißt es von Petrus und dem ihn begleitenden Engel, dass sie »an das eiserne Tor [kamen], das in die Stadt führt; es öffnete sich ihnen von selbst« (Apg 12,10). Nicht sie sind es, die das Tor öffnen, es öffnet sich von selbst. Gott ist es, der die Türen öffnet, er ist es, der befreit und den Weg ebnet. Wie wir im Evangelium gehört haben, hat Jesus dem Petrus die Schlüssel des Reiches Gottes anvertraut; aber Petrus erlebt, dass es der Herr ist, der die Türen zuerst öffnet, immer ist er uns voraus. Und dann ist da noch eine merkwürdige Tatsache: Die Türen des Gefängnisses haben sich durch die Kraft des Herrn geöffnet, aber Petrus hat dann Schwierigkeiten, das Haus der christlichen Gemeinschaft zu betreten: Diejenige, die zur Tür geht, hält ihn für ein Gespenst und öffnet ihm nicht (vgl. Apg 12,12-17). Wie oft versäumen es Gemeinschaften, diese Weisheit des Türöffnens zu lernen!

Auch der Weg des Apostels Paulus ist in erster Linie eine österliche Erfahrung. Zunächst wird er nämlich auf der Straße nach Damaskus vom Auferstandenen verwandelt und dann entdeckt er durch die beständige Betrachtung des gekreuzigten Christus die Gnade der Schwachheit: Wenn wir schwach sind, so sagt er, dann sind wir in Wirklichkeit stark, weil wir uns nicht mehr an uns selbst, sondern an Christus klammern (vgl. 2 Kor 12,10). Vom Herrn ergriffen und mit ihm gekreuzigt, schreibt Paulus: »Nicht mehr ich lebe, sondern Christus lebt in mir« (Gal 2,20). Das Ziel all dessen ist nicht eine rein innerliche und trosthafte Religiosität – wie einige Bewegungen in der Kirche sie heute aufweisen: eine Salon-Spiritualität; im Gegenteil, die Begegnung mit dem Herrn entfacht im Leben des Paulus einen Eifer für die Evangelisierung. Wie wir in der zweiten Lesung gehört haben, erklärt er am Ende seines Lebens: »Aber der Herr stand mir zur Seite und gab mir Kraft, damit durch mich die Verkündigung vollendet wird und alle Völker sie hören« (2 Tim 4,17).

Gerade wenn er erzählt, wie der Herr ihm so viele Gelegenheiten gegeben hat, um das Evangelium zu verkünden, verwendet Paulus das Bild der offenen Türen. So heißt es über seine Ankunft in Antiochia zusammen mit Barnabas: »Als sie dort angekommen waren, riefen sie die Gemeinde zusammen und berichteten alles, was Gott mit ihnen zusammen getan und dass er den Heiden die Tür zum Glauben geöffnet hatte« (Apg 14,27). Ebenso sagt er zur Gemeinde von Korinth: »Denn weit und wirksam ist mir hier eine Tür geöffnet worden« (1 Kor 16,9); und an die Kolosser schreibt er: »Betet auch für uns, damit Gott uns eine Tür öffnet für das Wort und wir vom Geheimnis Christi sprechen können« (Kol 4,3).

Brüder und Schwestern, die beiden Apostel Petrus und Paulus haben diese Gnadenerfahrung gemacht. Sie erlebten unmittelbar das Wirken Gottes, der die Türen ihres inneren Gefängnisses und auch der wirklichen Gefängnisse öffnete, in denen sie wegen des Evangeliums eingesperrt waren. Und darüber hinaus öffnete er ihnen auch die Türen zur Evangelisierung, so dass sie die Freude erleben konnten, ihren Brüdern und Schwestern in den jungen Gemeinden zu begegnen und allen die Hoffnung des Evangeliums zu bringen. Und auch wir bereiten uns dieses Jahr darauf vor, die Heilige Pforte zu öffnen.

Brüder und Schwestern, heute erhalten die im vergangenen Jahr ernannten Erzbischöfe Metropoliten das Pallium. In Gemeinschaft mit Petrus und nach dem Vorbild Christi, der die Tür zu den Schafen ist (vgl. Joh 10,7), sollen sie eifrige Hirten sein, die die Türen des Evangeliums öffnen und durch ihren Dienst dazu beitragen, eine Kirche und eine Gesellschaft mit offenen Türen aufzubauen.

Und ich grüße mit brüderlicher Zuneigung die Delegation des Ökumenischen Patriarchats: Danke, dass Sie gekommen sind, um den gemeinsamen Wunsch nach der vollen Gemeinschaft unserer Kirchen zu bekunden. Ich sende einen aufrichtigen und herzlichen Gruß an meinen Bruder, an meinen lieben Bruder Bartholomäus.

Mögen die Heiligen Petrus und Paulus uns helfen, die Tür unseres Lebens für Jesus, den Herrn, zu öffnen, und mögen sie für uns, für die Stadt Rom und für die ganze Welt Fürsprache einlegen. Amen.

[01115-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Contemplemos a los dos Apóstoles Pedro y Pablo: el pescador de Galilea a quien Jesús hizo pescador de hombres; el fariseo perseguidor de la Iglesia transformado por la gracia en evangelizador de los gentiles. A la luz de la Palabra de Dios, dejémonos inspirar por sus historias, por el celo apostólico que marcó el camino de sus vidas. En su encuentro con el Señor, tuvieron una verdadera experiencia pascual: fueron liberados y ante ellos se abrieron las puertas de una vida nueva.

Hermanos y hermanas, en vísperas del año jubilar, detengámonos a considerar precisamente la imagen de la puerta. El Jubileo, en efecto, será un tiempo de gracia en el que abriremos la Puerta Santa, para que todos tengan oportunidad de cruzar el umbral de ese santuario vivo que es Jesús y, en Él, experimentar el amor de Dios que fortifica la esperanza y renueva la alegría. También en la historia de Pedro y de Pablo hay puertas que se abren.

La primera lectura nos ha descrito el episodio de la liberación de Pedro de su cautiverio. Este relato tiene muchas imágenes que nos recuerdan el acontecimiento de la Pascua: el hecho se verifica durante la fiesta de los ázimos; Herodes trae a la memoria la figura del faraón de Egipto; la liberación sucede de noche, como fue también para los hebreos; el ángel da a Pedro las mismas instrucciones que se dieron a Israel: levántate rápido, ponte el cinturón, cálzate las sandalias (cf. Hch 12, 7-8; Ex 12,11). Lo que se nos narra, pues, es un nuevo éxodo; Dios libera a su Iglesia, libera a su pueblo, que está encadenado, y se muestra una vez más como el Dios de la misericordia que sostiene su camino.

En aquella noche de liberación sucedió que, ante todo, se abrieron milagrosamente las puertas de la prisión. Luego, de Pedro y del ángel que lo acompaña se dice que «llegaron a la puerta de hierro que daba a la ciudad. La puerta se abrió sola delante de ellos» (Hch 12,10). No fueron ellos los que abrieron la puerta, sino se abrió sola. Es Dios quien abre las puertas, es Él quien libera y despeja el camino. A Pedro ―como escuchamos en el Evangelio―, Jesús le había confiado las llaves del Reino. Pero Pedro experimenta que es el Señor quien abre primero las puertas, porque Él nos precede siempre. Y hay un hecho curioso: las puertas de la cárcel se abrieron por el poder del Señor, pero Pedro encontró después dificultades para entrar en la casa de la comunidad cristiana: la mujer que va a abrir a la puerta, piensa que es un fantasma y no le abre (cf. Hch 12,12-17). ¡Cuántas veces las comunidades no asimilan esta sabiduría de abrir las puertas!

También el itinerario del apóstol Pablo es, ante que nada, una experiencia pascual. Él, en efecto, primero fue transformado por el Resucitado en el camino de Damasco y después, en la incesante contemplación de Cristo crucificado, descubrió la gracia de la debilidad; cuando somos débiles ―decía― en realidad, justo entonces, es que somos fuertes porque ya no nos aferramos a nosotros mismos, sino a Cristo (cf. 2 Co 12,10). Aferrado al Señor y crucificado con Él, Pablo escribía «ya no vivo yo, sino que Cristo vive en mí» (Ga 2,20). Pero la finalidad de ello no era una religiosidad intimista y consoladora ―como nos la presentan hoy algunos movimientos en la Iglesia: una espiritualidad de salón―; al contrario, el encuentro con el Señor encendió en la vida de Pablo un celo evangelizador. Como hemos escuchado en la segunda lectura, al final de su vida Pablo declara: «El Señor estuvo a mi lado, dándome fuerzas, para que el mensaje fuera proclamado por mi intermedio y llegara a oídos de todos los paganos» (2 Tim 4,17).

Precisamente en el contar cómo el Señor le había dado muchas oportunidades de anunciar el Evangelio, Pablo utiliza la imagen de las puertas abiertas. Así, en relación a su llegada a Antioquía junto con Bernabé, se dice que «convocaron a los miembros de la Iglesia y les contaron todo lo que Dios había hecho con ellos y cómo había abierto la puerta de la fe a los paganos» (Hch 14,27). Del mismo modo, dirigiéndose a la comunidad de Corinto decía: «mientras tanto, permaneceré en Éfeso hasta Pentecostés, ya que se ha abierto una gran puerta para mi predicación» (1 Co 16,8-9); y escribiendo a los Colosenses los exhortaba así: «rueguen también por nosotros, a fin de que Dios nos allane el camino para anunciar el misterio de Cristo» (Col 4,3).

Hermanos y hermanas, los dos Apóstoles Pedro y Pablo tuvieron esta experiencia de gracia. Ellos, en primera persona, experimentaron la obra de Dios, que les abrió las puertas de su prisión interior y también de las prisiones reales, donde estuvieron encarcelados a causa del Evangelio. Y, además, abrió ante ellos las puertas de la evangelización, para que pudieran experimentar la alegría de encontrarse con los hermanos y hermanas de las comunidades nacientes y llevar la esperanza del Evangelio a todos.

Y también nosotros nos preparamos este año para abrir la Puerta Santa.

Hermanos y hermanas, hoy reciben el palio los arzobispos metropolitanos nombrados durante el último año. En comunión con Pedro y siguiendo el ejemplo de Cristo, puerta de las ovejas (cf. Jn 10, 7), están llamados a ser pastores diligentes que abran las puertas del Evangelio y que, con su ministerio, ayuden a construir una Iglesia y una sociedad de puertas abiertas.

Y quisiera dirigir, con afecto fraterno, mi saludo a la Delegación del Patriarcado ecuménico: gracias por haber venido a manifestar el deseo común de la plena comunión entre nuestras Iglesias. Envío un cordial saludo a mi hermano, a mi querido hermano Bartolomé.

Que los santos Pedro y Pablo nos ayuden a abrir la puerta de nuestra vida al Señor Jesús; que intercedan por nosotros, por la ciudad de Roma y por el mundo entero. Amén.

[01115-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Fixemos o nosso olhar nos dois Apóstolos, Pedro e Paulo: o pescador da Galileia que Jesus fez pescador de homens; o fariseu perseguidor da Igreja transformado pela Graça em evangelizador dos gentios. À luz da Palavra de Deus, deixemo-nos inspirar pelas suas histórias e pelo zelo apostólico que marcou o caminho das suas vidas. Ao encontrarem o Senhor, fizeram uma verdadeira experiência pascal: foram libertados e abriram-se diante deles as portas de uma vida nova.

Irmãos e irmãs, nas vésperas do ano jubilar, detenhamo-nos precisamente na imagem da porta. Com efeito, o Jubileu será um tempo de graça no qual abriremos a Porta Santa, para que todos possam atravessar o limiar daquele santuário vivo que é Jesus e, n’Ele, experimentar o amor de Deus que revigora a esperança e renova a alegria. Também na história de Pedro e Paulo há portas que se abrem.

A primeira leitura contou-nos o acontecimento da libertação de Pedro da prisão. Esta narrativa tem muitas imagens que nos recordam a experiência da Páscoa: o episódio ocorre durante a festa dos Ázimos; Herodes recorda a figura do Faraó do Egito; a libertação tem lugar de noite, como aconteceu com os israelitas; o anjo dá a Pedro as mesmas instruções que foram dadas a Israel: levanta-te depressa, põe o cinto, calça as sandálias (cf. At 12, 8; Ex 12, 11). Portanto, o que nos é narrado é um novo êxodo: Deus liberta a sua Igreja, o seu povo acorrentado, e mostra-se mais uma vez como o Deus da misericórdia que sustenta o seu caminho.

Naquela noite de libertação, a princípio abrem-se milagrosamente as portas da prisão; depois diz-se, de Pedro e do anjo que o acompanha, que eles estão diante da «porta de ferro que dá para a cidade, a qual se abriu por si mesma» (At 12, 10). Não são eles que abrem a porta, ela abre-se por si mesma. É Deus que abre as portas, é Ele quem liberta e abre caminhos. A Pedro – como ouvimos no Evangelho – Jesus tinha confiado as chaves do Reino; mas ele experimenta que é o Senhor quem abre primeiro as portas. Ele vai sempre à nossa frente.

Chega a ser curioso: as portas da prisão são abertas pela força do Senhor, mas depois Pedro encontrará dificuldades para entrar na casa da comunidade cristã, aquela que vai à porta pensa que é um fantasma, e não a abre. Quantas vezes as comunidades não aprendem esta sabedoria de “abrir as portas”.

O caminho do apóstolo Paulo é, também e sobretudo, uma experiência pascal. Efetivamente, primeiro ele é transformado pelo Ressuscitado no caminho de Damasco e, depois, na contemplação contínua de Cristo crucificado, descobre a graça da fraqueza: quando somos fracos – afirma – é então que somos realmente fortes, porque já não nos apegamos a nós mesmos, mas a Cristo (cf. 2 Cor 12, 10). Alcançado pelo Senhor e crucificado com Ele, Paulo escreve: «Já não sou eu que vivo, mas é Cristo que vive em mim» (Gl 2, 20). O objetivo de tudo isto, porém, não é uma religiosidade intimista e consoladora, como hoje nos apresentam alguns movimentos na Igreja, com uma “espiritualidade de salão”; pelo contrário, o encontro com o Senhor acende na vida de Paulo o zelo pela evangelização. Como ouvimos na segunda leitura, no fim da sua vida ele declara: «O Senhor esteve comigo e deu-me forças, a fim de que, por meu intermédio, o anúncio fosse plenamente proclamado e todos os gentios o escutassem» (2 Tm 4, 17).

Precisamente para contar como o Senhor lhe deu tantas oportunidades de anunciar o Evangelho, Paulo recorre à imagem das portas abertas. Sobre a sua chegada a Antioquia juntamente com Barnabé, diz-se que «assim que chegaram, reuniram a igreja e contaram tudo o que Deus fizera com eles, e como abrira aos pagãos a porta da fé» (At 14, 27). Do mesmo modo, dirigindo-se à comunidade de Corinto, diz: «abriu-se ali uma porta larga e propícia» (1 Cor 16, 9); e escrevendo aos Colossenses, exorta-os assim: «orai também por nós, para que Deus abra uma porta à nossa pregação, a fim de que eu anuncie o mistério de Cristo» (Col 4, 3).

Irmãos e irmãs, os dois Apóstolos Pedro e Paulo fizeram esta experiência de graça. Tocaram com as mãos a obra de Deus, que lhes abriu as portas da sua prisão interior e também das prisões reais onde estavam encerrados por causa do Evangelho. E abriu-lhes, igualmente, as portas da evangelização, para que pudessem experimentar a alegria do encontro com os irmãos e irmãs das comunidades nascentes e levar a todos a esperança do Evangelho. E assim, nos preparamos para abrir a Porta Santa, neste ano!

Irmãos e irmãs, hoje os Arcebispos Metropolitanos nomeados durante o último ano recebem o Pálio. Em comunhão com Pedro e seguindo o exemplo de Cristo, porta das ovelhas (cf. Jo 10, 7), são chamados a ser pastores zelosos, que abrem as portas do Evangelho e que, com o seu ministério, ajudam a construir uma Igreja e uma sociedade de portas abertas.

Saúdo, com afeto fraterno, a Delegação do Patriarcado Ecuménico: obrigado por terem vindo manifestar o desejo comum da plena comunhão entre as nossas Igrejas. Envio uma sentida saudação cordial ao meu irmão, ao meu caro irmão Bartolomeu.

Que os Santos Pedro e Paulo nos ajudem a abrir a porta da nossa vida ao Senhor Jesus, que eles intercedam por nós, pela cidade de Roma e pelo mundo inteiro. Amém.

[01115-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Przyjrzyjmy się dwóm apostołom Piotrowi i Pawłowi - rybakowi z Galilei, którego Jezus uczynił rybakiem ludzi; faryzeuszowi, prześladowcy Kościoła, przemienionemu przez łaskę w ewangelizatora pogan. W świetle Słowa Bożego pozwólmy się zainspirować ich historią, apostolską gorliwością, która naznaczyła drogę ich życia. Gdy spotkali Pana, przeżyli w najpełniejszym tego słowa znaczeniu doświadczenie paschalne - zostali wyzwoleni i otworzyły się przed nimi drzwi nowego życia.

Bracia i siostry, w wigilię Roku Jubileuszowego skupmy się właśnie na obrazie drzwi. Jubileusz będzie bowiem czasem łaski, w którym otworzymy Drzwi Święte, aby wszyscy mogli przekroczyć próg tego żywego sanktuarium, którym jest Jezus, i w Nim doświadczyć miłości Boga, która ożywia nadzieję i odnawia radość. Również w historii Piotra i Pawła są drzwi, które się otwierają.

Pierwsze czytanie opowiedziało nam historię uwolnienia Piotra z więzienia. Opis ten zawiera wiele obrazów, które przypominają nam doświadczenie Paschy: wydarzenie to ma miejsce podczas Święta Przaśników; Herod przywołuje postać egipskiego faraona; uwolnienie następuje w nocy, tak jak to było w przypadku Izraelitów; anioł daje Piotrowi takie same polecenia, jakie zostały przekazane Izraelowi: wstań szybko, przepasz się, włóż sandały (por. Dz 12, 7-8; Wj 12, 11). Jest to więc opowiadanie o nowym exodusie: Bóg uwalnia swój Kościół, uwalnia swój lud, który jest w okowach, i po raz kolejny ukazuje się jako Bóg miłosierdzia, który wspiera go w drodze.

A w tę noc wyzwolenia najpierw w cudowny sposób otwierają się bramy więzienia; następnie mowa o Piotrze i towarzyszącym mu aniele, że „doszli do żelaznej bramy prowadzącej do miasta. Ta otwarła się sama przed nimi” (Dz 12, 10). To nie oni otwierają bramę, otwiera się sama. To Bóg otwiera drzwi, to On uwalnia i oczyszcza drogę. Piotrowi – jak słyszeliśmy w Ewangelii – Jezus powierzył klucze królestwa; ale on doświadcza tego, że to Pan pierwszy otwiera drzwi, On zawsze nas uprzedza. A oto ciekawy fakt: drzwi więzienia zostały otwarte mocą Pana, ale Piotr ma potem trudności z wejściem do domu wspólnoty chrześcijańskiej: ten, kto podchodzi do drzwi, myśli, że to duch i nie otwiera mu (por. Dz 12, 12-17). Ileż to razy wspólnoty nie uczą się tej mądrości otwierania drzwi!

Również droga Apostoła Pawła jest przede wszystkim doświadczeniem paschalnym. Najpierw zostaje on przemieniony przez Zmartwychwstałego na drodze do Damaszku, a następnie, w nieustannej kontemplacji ukrzyżowanego Chrystusa, odkrywa łaskę słabości: powiada, że kiedy niedomagamy, to właśnie wtedy jesteśmy mocni, ponieważ już nie trzymamy się kurczowo siebie, lecz Chrystusa (por. 2 Kor 12, 10). Pochwycony przez Pana i z Nim ukrzyżowany, Paweł pisze: „Już nie ja żyję, lecz żyje we mnie Chrystus” (Ga 2, 20). Ale celem tego wszystkiego nie jest intymna i pocieszająca religijność – jak to nam dzisiaj ukazują niektóre ruchy w Kościele: duchowość „salonowa”. Przeciwnie, spotkanie z Panem rozpala w życiu Pawła zapał ewangelizacyjny. Jak słyszeliśmy w drugim czytaniu, pod koniec swojego życia oświadcza: „Pan stanął przy mnie i wzmocnił mnie, aby się przeze mnie dopełniło głoszenie [Ewangelii] i aby wszystkie narody [je] posłyszały” (2 Tm 4, 17).

Paweł, pragnąc opowiedzieć o tym, jak Pan dał mu bardzo wiele okazji do głoszenia Ewangelii, używa obrazu otwartych drzwi. Tak więc o jego przybyciu do Antiochii wraz z Barnabą jest powiedziane, że „kiedy przybyli i zebrali [miejscowy] Kościół, opowiedzieli, jak wiele Bóg przez nich zdziałał i jak otworzył poganom podwoje wiary” (Dz 14, 27). Podobnie, zwracając się do wspólnoty w Koryncie, mówi: „Otwarła mi się bowiem wielka i obiecująca brama” (1 Kor 16, 9); a pisząc do Kolosan, zachęca ich w następujący sposób: „Módlcie się jednocześnie i za nas, aby Bóg otworzył nam podwoje [dla] słowa, dla wypowiedzenia tajemnicy – Chrystusa” (Kol 4, 3).

Bracia i siostry, obydwaj apostołowie, Piotr i Paweł, dostąpili tego doświadczenia łaski. Doświadczyli na sobie działania Boga, który otworzył drzwi ich wewnętrznego więzienia, a także tych prawdziwych więzień, w których byli zamknięci z powodu Ewangelii. Otworzył przed nimi również drzwi ewangelizacji, aby mogli doświadczyć radości spotkania z braćmi i siostrami w rodzących się wspólnotach i nieść wszystkim nadzieję Ewangelii.

I my również w tym roku przygotowujemy się do otwarcia Drzwi Świętych.

Bracia i siostry, dziś arcybiskupi metropolici nominowani w ciągu minionego roku otrzymują paliusz. W jedności z Piotrem i za przykładem Chrystusa, który jest bramą owiec (por. J 10, 7), są wezwani do bycia gorliwymi pasterzami, którzy otwierają drzwi Ewangelii i którzy poprzez swoją posługę przyczyniają się do budowania Kościoła i społeczeństwa o drzwiach otwartych.

I pragnę przekazać, z braterską serdecznością, moje pozdrowienia dla Delegacji Patriarchatu Ekumenicznego – dziękuję za przybycie, aby zamanifestować wspólne pragnienie pełnej jedności między naszymi Kościołami. Przesyłam serdeczne pozdrowienia mojemu bratu, mojemu drogiemu bratu Bartłomiejowi.

Niech święci Piotr i Paweł pomogą nam otworzyć Panu Jezusowi drzwi naszego życia, niech wstawiają się za nami, za Rzymem i za całym światem. Amen.

[01115-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في عيد القدّيسَين بطرس وبولس

السّبت 29 حزيران/ يونيو 2024

بازيليكا القدّيس بطرس

لننظر إلى الرّسولَين بطرس وبولس: صيّاد الجليل الذي جعله يسوع صيادًا للبشر، والفريسيّ مضطهد الكنيسة الذي غيّرته النّعمة وصار مبشّرًا للأمم. وفي ضوء كلمة الله، لنستلهم قصتهما، وغيرتهما الرّسوليّة التي ميّزت مسيرة حياتهما. بلقائهما بالرّبّ يسوع، عاشا خبرة فصحيّة حقيقيّة، فتحرّرا، وانفتحت أمامهما أبواب حياة جديدة.

أيّها الإخوة والأخوات، في عشيّة سنة اليوبيل، لنتوقّف عند صورة الباب. في الواقع، سيكون اليوبيل زمن نعمة نفتح فيه الباب المقدّس، حتّى يتمكّن الجميع من عبور عتبة المَقدِس الحيّ الذي هو يسوع، وفيه، سيعيشون خبرة محبّة الله التي تحيِي الرّجاء وتجدّد الفرح. وفي قصة بطرس وبولس أيضًا أبواب تنفتح.

رَوَت لنا القراءة الأولى قصّة تحرير بطرس من السّجن. نجد في هذه القصّة صورًا كثيرة تذكّرنا بخبرة الفصح: حدثت هذه الحادثة خلال عيد الفطير. ويذكّرنا هيرودس بشخصيّة فرعون مصر. وقد تمّ التّحرير ليلًا كما حدث لبني إسرائيل. وأعطى الملاك بطرس نفس التّعليمات التي أُعطيت لبني إسرائيل: قُمْ على عجل، واشدُدْ وسطك بالزنّار، واربُطْ نَعلَيك (راجع أعمال الرّسل 12، 8؛ خروج 12، 11). ما يُروى لنا إذن هو قصة خروج جديد: الله يحرّر كنيسته، وشعبه المقيَّد، ويُظهِرُ مرّة أخرى نفسه أنّه إله الرّحمة الذي يسند مسيرة شعبه.

وفي تلك الليلة، ليلة تحرير بطرس، انفتحت أبواب السّجن أوّلًا بأعجوبة. ثمّ يقال عن بطرس والملاك الذي رافقه إنّهما وجدا نفسيهما أمام "البابِ الحَديدِ الَّذي يَنفُذُ إِلى المَدينَة، فانفَتَحَ لَهما مِن نَفْسِه" (أعمال الرّسل 12، 10). لم يفتحا هما الباب، بل انفتح لهما مِن نفسِه. الله هو الذي يفتح الأبواب، وهو الذي يحرّر ويمهّد الطّريق. وكما سمعنا من الإنجيل، أعطى يسوع مفاتيح الملكوت إلى بطرس، لكنّ بطرس اختبر أنّ الله هو الذي يفتح الأبواب أوّلًا، وهو يسبقنا دائمًا.

وكذلك مسيرة الرّسول بولس هي أوّلًا خبرة فصحيّة. في الواقع، لقد غيّره أوّلًا وبدّله الرّبّ القائم من بين الأموات على طريق دمشق. ومن ثمّ، في تأمّله المستمرّ في المسيح المصلوب، اكتشف نعمة ضعفه. قال: عندما نكون ضعفاء فإنّنا في الواقع نكون أقوياء، لأنّنا لم نعد متعلّقين بأنفسنا، بل بالمسيح (راجع 2 قورنتس 12، 10). وقال بولس، الذي أمسك به الرّبّ يسوع ومعه صُلِب: "فما أَنا أَحْيا بَعدَ ذلِك، بلِ المسيحُ يَحْيا فِيَّ" (غلاطية 2، 20). والهدف من كلّ هذا ليس تديّنًا شخصيًّا وتعزية خاصّة، بل العكس، فإنّ اللقاء مع الرّبّ يسوع أشعل غَيرة البشارة بالإنجيل في حياة بولس. وكما سمعنا في القراءة الثّانية، قال في نهاية حياته: "كانَ الرَّبَّ معي وَقَوَّاني لِتُعلَنَ البِشارةُ عن يَدي على أَحسَنِ وَجهٍ ويَسمَعَها جَميعُ الوَثَنِيِّين" (2 طيموتاوس 4، 17).

وعندما يروي كيف منحه الرّبّ يسوع الإمكانيات الكثيرة ليُعلن البشارة، استخدم بولس صورة الأبواب المفتوحة. فقال عن وصوله إلى أنطاكية مع برنابا إنّه "جَمَعا الكَنيسَةَ عِندَ وُصولِهما، وأَخبرا بِكُلِّ ما أَجرى اللهُ مَعَهُما وكَيفَ فَتَحَ بابَ الإِيمانِ لِلوَثَنِيِّين" (أعمال الرّسل 14، 27). وبنفس الأسلوب، قال مخاطبًا جماعة قورنتس: "فقدِ انفَتَحَ لي فيها بابٌ لِلعَمَلِ كَبير" (1 قورنتس 16، 9). وكتب إلى أهل قولسي وحثّهم قائلًا: "صَلُّوا مِن أَجلِنا أَيضًا كَيما يَفتَحَ اللهُ لَنا بابًا لِلكَلام فنُبَشِّرَ بِسِرِّ المسيح" (قولسي 4، 3).

أيّها الإخوة والأخوات، عرف الرّسولان بطرس وبولس خبرة النّعمة هذه. لقد لمسا لمس اليّد عمل الله الذي فتح لهما أبواب سجنهما الدّاخلي وأيضًا السّجون الحقيقيّة التي سُجِنوا فيها بسبب الإنجيل. علاوة على ذلك، فتح لهما أبواب البشارة بالإنجيل ليختبرا فرح اللقاء مع الإخوة والأخوات في الجماعات المؤمنة النّاشئة ويحملا رجاء الإنجيل إلى الجميع. ونحن أيضًا نستعد هذ السّنة لفتح الباب المقدّس.

أيّها الإخوة والأخوات، اليوم يَتَسَلَّمُ رؤساء الأساقفة الذين تمّ تعيّينهم في السّنة الماضيّة ”الباليوم“. في الشّركة والوَحدة مع بطرس وعلى مثال المسيح، باب الخراف (راجع يوحنّا 10، 7)، فإنّهم مدعوُّون إلى أن يكونوا رعاةً غيّورين يفتحون أبواب الإنجيل ويساهمون بخدمتهم في بناء كنيسة ومجتمع أبوابهما مفتوحة.

أحيّي بمودة أخويّة وفد البطريركيّة المسكونيّة: شكرًا لحضوركم للتعبير عن الرّغبة المشتركة في الشّركة والوَحدة الكاملة بين كنائسنا. وأوجّه تحياتي الحارّة إلى أخي، أخي العزيز قداسة البطريرك برثلماوس.

ليساعدنا القدّيسان بطرس وبولس لنفتح باب حياتنا للرّبّ يسوع، وليشفعا لنا، ولمدينة روما، وللعالم أجمع. آمين.

[01115-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0541-XX.02]