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Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 03.06.2024


Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.

Intervento di Sr. Patricia Murray, I.B.V.M.

Intervento di Blessing Okoedion

Intervento di Emanuele Selleri

Questa mattina, alle ore 11.30, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 29 settembre 2024, sul tema “Dio cammina con il Suo popolo”.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Sr. Patricia Murray, I.B.V.M., Segretaria Esecutiva dell'UISG e Delegata alla XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi; Blessing Okoedion, sopravvissuta alla tratta, mediatrice culturale, Presidente di Weavers of Hope ed Emanuele Selleri, Direttore Esecutivo di ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Ne riportiamo di seguito gli interventi:

Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.

Testo in lingua inglese

Traduzione in lingua italiana

Testo in lingua inglese

Each year the Holy Father offers a special message to celebrate the World Day of Migrants and Refugees. This year´s celebration, the 110th, takes place on Sunday 29 September, and the theme is “God Walks with his People.”

Pope Francis highlights the pilgrim nature of the Church. The people of God is always journeying towards the heavenly homeland. Hoping for heaven is real hope today, but it contrasts sharply with the desperate and perilous quest of so many for a place of survival, security and well-being.

The Church is now on its synodal journey, a kind of migration. The Holy Father opens his Message: “The emphasis placed on the synodal dimension permits the Church to rediscover its own pilgrim nature, as the People of God on the way through history, on a pilgrimage, ‘migrating’ as it were towards the Kingdom of Heaven.”

The Church is on its way, like the people of Israel in the book of Exodus liberated from the land of bondage and thereupon free to seek the Promised Land. This long exodus from slavery to freedom takes a lifetime, and prefigures each one’s path towards the kingdom of God.

The well-known Exodus story is instructive. For the people of Israel, both the push factor – forced labor, slavery, repression – and the pull factor – the Promised Land – were irresistible. Nothing could dissuade them from setting out on their hazardous journey.

Today, rather than rejecting and repressing those on the move, we should pay attention to the push and pull factors behind forced migration. If we experienced similar pressures, we would flee, too. So let’s see the migrants as brothers and sisters, whether they are forced to flee, blocked from entering, or both. Their journeys of despair and hope could be ours. Further, as Pope Francis declares in his concluding Prayer, it is wrong to become selfishly possessive of our God-given corner of temporary earthly dwelling.

People on the move, the exiled and displaced, refugees and victims of trafficking, and many migrants, are cruelly tested by adversities. They can be tempted to lose hope. Yet, on the brink of despair, so many of them carry bibles and other religious items. They put their trust in the only real anchor of salvation – God who accompanies them on their journey. The fundamental meaning of the book of Exodus, and of every exodus, is that God precedes and accompanies his sons and daughters of every time and place who call on him.

This year’s message says that the Lord is present in his people and in every vulnerable person on the move who knocks at the door of our heart and hopes to meet us, to meet God in us. Echoing the words of Jesus, “I was a stranger and you took me in” (Matthew 25:35), the Holy Father tells us that encounters with migrants are moments of divine revelation (theophany): “An encounter with a migrant, as with any brother and sister in need, is also an encounter with Christ. He himself has told us this.”

Pope Francis concludes with an invitation to all to walk together: this is the shared journey, the “synodal” path. We have just one common home together, this unique planet, so each of us inevitably shares the paths of the migrants and refugees of our time. Welcoming the many wayfarers on earth is how we progress together on pilgrimage toward the heavenly homeland.

[00942-EN.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua italiana

Ogni anno il Santo Padre ci dona un Messaggio speciale per celebrare la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Quest'anno la celebrazione, giunta alla sua 110ª edizione, si terrà domenica 29 settembre, e il tema è “Dio cammina con il Suo popolo”.

Papa Francesco intende evidenziare la dimensione itinerante della Chiesa. Il popolo di Dio è sempre in cammino verso la patria celeste. Sperare per il Paradiso oggi è una speranza reale, ma si pone in netto contrasto con la disperata e pericolosa ricerca di tanti per un luogo di sopravvivenza, sicurezza e prosperità.

La Chiesa è ora in cammino sinodale, una sorta di migrazione. Il Santo Padre apre, infatti, così il suo Messaggio: «L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli».

La Chiesa è in cammino, come lo fu il popolo di Israele nel libro dell’Esodo, liberato dalla terra della schiavitù e a quel punto libero di cercare la Terra Promessa. Questo lungo esodo dalla schiavitù e verso la libertà richiede una vita intera, e prefigura il cammino di ciascuno verso il regno di Dio.

La nota storia di Esodo è istruttiva. Per il popolo di Israele, sia la spinta – il lavoro forzato, la schiavitù, la repressione – sia il richiamo – la Terra Promessa – erano fattori irresistibili. Nulla avrebbe potuto dissuaderli dal pianificare quel viaggio pericoloso.

Oggi, piuttosto che respingere e reprimere chi è in cammino, dovremmo porre attenzione ai fattori di spinta e di richiamo che sono alla base della migrazione forzata. Anche noi, se vivessimo simili pressioni, fuggiremmo. Allora, cerchiamo di vedere i migranti come fratelli e sorelle, siano essi costretti a fuggire o bloccati al confine, o entrambi i casi. I loro viaggi di disperazione e speranza potrebbero essere i nostri. Inoltre, come dichiara Papa Francesco nella sua preghiera conclusiva, è sbagliato diventare egoisticamente possessivi del nostro angolo di dimora terrena temporanea donato da Dio.

Gli itineranti, gli esuli, i rifugiati, i migranti di oggi, come quelli di ieri, sono crudelmente provati dalle avversità. Possono essere tentati dal perdere la speranza. Eppure, sull’orlo della disperazione, tanti di loro portano la Bibbia e altri oggetti religiosi. Essi pongono la loro fiducia nell’unica reale ancora di salvezza - Dio che li accompagna nel loro cammino. Il senso fondamentale del libro dell'Esodo, e di ogni esodo, è che Dio precede e accompagna i suoi figli e le sue figlie, di ogni tempo e luogo, che lo invocano.

Il Messaggio di quest’anno spiega che il Signore è presente nel suo popolo e in ogni persona vulnerabile in cammino che bussa alla porta del nostro cuore e spera di incontrarci, di incontrare Dio in noi. Richiamando le parole di Gesù, “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25), il Santo Padre ci dice che gli incontri con i migranti sono momenti di rivelazione divina (teofania): «l’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso».

Il Santo Padre ci invita a leggere le migrazioni, spesso forzate, di tanti fratelli e sorelle come un vero segno dei tempi, un'icona della Chiesa pellegrina verso la patria eterna: «I loro viaggi di speranza ci ricordano che “la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3,20)».

Papa Francesco conclude con un invito, rivolto a tutti, a camminare insieme: questo è il cammino condiviso, il cammino "sinodale". Abbiamo una sola casa comune insieme, questo pianeta unico; quindi, ognuno di noi condivide inevitabilmente le strade dei migranti e dei rifugiati del nostro tempo. Accogliere i molti viandanti sulla terra è il modo in cui procediamo insieme in pellegrinaggio verso la Patria celeste.

[00942-IT.01] [Testo originale: Inglese]

Intervento di Sr. Patricia Murray, I.B.V.M.

The two icons presented for our reflection are challenging. The first is a reminder of the synodal journey being undertaken by all the people of God walking together with their different vocations, charisms, cultures and ministries in service of the reign of God in our current world reality. This reminds us of the biblical journey, the Exodus, with all its challenges, difficulties and hardships until the people of Israel reached the promised land.

The second icon recalls another contemporary journey - that of migrants crossing challenging and hostile landscapes today. The statue in St. Peter's square shows us the pain and struggle of the journey of men, women and children as they strive to reach their own promised land. Some of the obstacles they face are geographic - deserts, seas, mountain ranges, extensive plains -while others are physical barriers erected by human hands - high walls, barbed wire fences and steel barriers. Still others are the barriers of rejection, hostility, xenophobia and even hatred.

These are our sisters and brothers in need of our help. They deserve our respect, acceptance and recognition. But that will only happen when we draw close and encounter them. At borders and frontiers they arrive with great expectation, despite the dangers and travails of the journey. They are fleeing wars, terrorism and conflicts, they have been exploited and excluded economically because of corrupt political and economic systems. Many have lost their homes and their livelihood as a result of climate change and environmental destruction.

The synod points again and again to the link between the cry of the poor and the cry of the Earth and the need to urgently tackle the ecological crisis if we are to protect the lives of the most vulnerable and indeed confront the threat to the whole of humanity. Many migrants are young men and women seeking better educational opportunities. They come carrying the hopes of their families and extended communities for a better life. The synod urges us to hear their cries and to enable them “to determine their own means of growth.” 4a.

We need to be there to welcome them and to help them in a multitude of small practical ways. All are traumatised in some way. Some are grieving deeply - I’m thinking in particular of mothers and fathers whose children have slipped from their grasp in rough and high seas and who are inconsolable at the loss of their sons and daughters or the many who have seen their family members and friends die along the way, overcome by the demands of the journey.

The synod reminds us that in meeting our migrant brother and sister we encounter “the face and the flesh of Christ, who though he was rich became poor for our sake that we might become rich through his poverty.” (2 Cor 8:9). We need to meet these brothers and sisters of ours, to get to know them, to hear the story of their lives. They have direct knowledge of the suffering Christ and they call us to conversion, to a change of mind and heart. They have much to teach us and we have much to learn - this will only happen if we truly walk together and listen deeply and help them to realise their hopes and dreams, just as we hope to realise our own.

The synod calls for radical inclusion of those on the margins and peripheries and this applies particularly to these our sisters and brothers coming to seek a more fulfilling life. The synodal image of the tent reminds us to open spaces in our hearts and in our lives for encounter, for exchange and for deep listening. When we hear the story of the other person, we become responsible for him, for her and they in turn become responsible for us. This is the mutuality of participation, communion and mission which is at the heart of our synodal way of walking together, of living together. May we seek to have “the same mind ….as Christ Jesus” (Phil 2:5) and in journeying together, find answers to each other’s needs and understand in a new way the Gospel beatitude “Blessed are the poor in spirit.” (Mt. 5:3).

[00943-EN.01] [Original text: English]

Intervento di Blessing Okoedion

“Dio cammina con il suo popolo”: il tema del Messaggio del Santo Padre lo ritrovo nella mia vita. Dio ha davvero camminato con me, anche attraverso chi mi ha fatto incontrare lungo la via. Sono nata e cresciuta nello Stato di Edo, che oggi è generalmente considerato il centro della tratta di esseri umani in Nigeria. Migliaia di donne e ragazze vengono reclutate e obbligate a una vita fatta di abuso, debito, umiliazione, violenze, sfruttamento e soprattutto di silenzio. Come tante altre donne vittime/sopravvissute alla tratta di esseri umani, anche io sono stata ingannata e fatta venire in Europa nel 2013, dove sono stata portata su una strada e messa in vendita. Mi era stato chiesto di restituire un “debito” di 65 mila euro. Per gli sfruttatori sei una merce in vendita su cui speculare e guadagnare; per i compratori di sesso sei una merce in vendita da comprare e usare per il loro piacere, imponendoti una violenza che viene “giustificata” dall’uso del denaro.

Grazie all’istruzione che mi ha permesso di conoscere i miei diritti fondamentali, e grazie a Dio che mi ha dato la forza e il coraggio, sono riuscita a scappare e denunciare. Dopo la denuncia, sono stata portata in un centro anti tratta: Casa Rut di Caserta, dove ho conosciuto suor Rita Giaretta, che è attualmente responsabile di Casa Magnificat a Roma, e che mi ha accompagnata in un percorso di rinascita che mi ha fatto ritrovare me stessa. Sr. Rita è stata per me uno di quei buoni samaritani di cui parla il Santo Padre quando dice che grazie a Dio “ci sono buoni samaritani lungo la via”; è ciò che ho sperimentato incontrando Sr. Rita che mi ha accolta e amata.

Spesso si parla di volontarietà, si parla della prostituzione come del mestiere più antico nel mondo, ma dimentichiamo la vulnerabilità di migliaia di bambine, ragazze e donne, che spesso partono da contesti difficili e che non sono libere ma ridotte in schiavitù, sono vittime della tratta di esseri umani, un fenomeno che è ampiamente frainteso. Come dice Papa Francesco, “i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo”; è così anche per le vittime di tratta. Bisognerebbe conoscere meglio e capire la situazione delle vittime, da dove vengono, quali sono le condizioni di miseria, degrado, mancanza di opportunità che le spinge a lasciare i loro Paesi. Ma bisognerebbe ascoltare di più anche le sopravvissute alla tratta di esseri umani, i loro vissuti di paura e dolore, ma anche di resistenza e di coraggio nei Paesi di destinazione in cui vengono sfruttate.

È stato il dolore e la comprensione di quello che ho dovuto subire sulla mia pelle a farmi decidere di mettere la faccia in prima persona, raccontando la mia storia nel libro “Il coraggio della Libertà”, e a impegnarmi come mediatrice culturale. Ma è stata anche la relazione che ho avuto con suor Rita a spingermi a farlo. Per le vittime di tratta è importantissimo il supporto psicologico e la relazione interpersonale perché la tratta lascia tanti traumi, anche dopo che le vittime sono fuggite o sono state allontanate dallo sfruttamento. I trafficanti disumanizzano e oggettivizzano le loro vittime, con conseguente perdita di autostima e di controllo sulla propria vita, sulla propria libertà e dignità̀. Suor Rita mi ha aiutata a ritrovare fiducia in me stessa e negli altri, a riprendere gli studi e a iniziare a lavorare come mediatrice culturale e interprete. E mi ha accompagnata anche a vivere la mia fede in modo più profondo e vero. Ho ritrovato i valori che mi aveva trasmesso la mia famiglia e che avevo un po’ perso dopo essere stata ingannata e trafficata da una donna che si diceva cristiana e che frequentava una delle tante chiese che proliferano in Nigeria. Ho imparato di nuovo che cosa significa essere cristiani. Che cos’è l’amore, la tenerezza, il dono e la fedeltà. Ho sentito un po’ alla volta che mi stavo rinnovando come persona, come donna e anche come cristiana. Solo dopo questo percorso ho deciso di rimettermi in gioco, di raccontare la mia storia e di combattere la tratta di esseri umani.

Da questa lotta è nata un’associazione chiamata Weavers of Hope, “Tessitrici di speranza”, che ho fondato con altre donne africane sopravvissute alla tratta di esseri umani. Grazie all’associazione Weavers of Hope Aps, circa 150 ragazze e donne sono state aiutate dal 2018 fino ad oggi ad uscire dallo sfruttamento sessuale e ad iniziare un percorso del re-inserimento sociale e lavorativo, lavoriamo anche in Nigeria sulla sensibilizzazione ed empowerment delle ragazze e donne in particolare nelle zone rurale. Noi non ci vergogniamo di essere chiamate le sopravvissute dello sfruttamento sessuale perché́, con la nostra testimonianza, vorremmo che qualsiasi bambina in Nigeria possa avere la speranza di continuare a sognare e perché chi è ancora vittima possa trovare il coraggio di poterne uscire.

Nell’anno 2022 mi sono laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali all’Università L’Orientale di Napoli, e ho fatto la mia tesi sul reinserimento delle donne nigeriane vittime di tratta in Italia. Ho intervistato 70 donne che hanno fatto il percorso di reinserimento dal 2004 al 2022. I racconti sono simili e fanno emergere che c’è ancora molto da fare affinché queste donne possano realmente condurre una vita in autonomia senza correre il rischio di cadere nuovamente nelle mani dei trafficanti. Per questo sento che il mio e il nostro impegno sono assolutamente urgenti e fondamentali.

[00944-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di Emanuele Selleri

Buongiorno a tutti e a tutte.

Innanzitutto, grazie per l’invito a partecipare a questa conferenza stampa per la presentazione del Messaggio di papa Francesco in occasione della 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. È importante sottolineare che si tratti della 110ª Giornata perché vuol dire che da almeno 110 anni la Chiesa cattolica richiama la nostra attenzione alla centralità delle migrazioni nella storia ed esistenza umana, anche se a dire il vero lo ha fatto fin dalle sue origini.

Ci presentiamo: io rappresento come direttore esecutivo l’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (ASCS), una organizzazione di volontariato nata venti anni fa come braccio sociale, operativo e culturale della Regione Europa-Africa dei Missionari di San Carlo – Scalabriniani. È fondamentale per noi ribadire che l’ASCS è nata dal carisma e dal cuore di San Giovanni Battista Scalabrini, uno dei pionieri della pastorale con i migranti nella chiesa cattolica. Il pensiero, in preparazione a questa giornata, va naturalmente a questo uomo di chiesa non solo per la sua lungimiranza e visione profetica dei fenomeni migratori, ma anche per il suo coraggio e resilienza. Quando San Scalabrini alla fine del 1800 iniziava la missione con gli emigrati italiani con la fondazione nel 1887 dei Missionari Scalabriniani e nel 1895 delle Suore Missionarie Scalabriniane, tanti nella chiesa credevano che le migrazioni fossero un fenomeno temporaneo e di breve durata! Evidentemente, non si erano resi ancora conto che, come diceva lo stesso Scalabrini, “l’emigrazione è…legge di natura”.

L’ASCS in questi venti anni si è dedicata alla missione con i migranti e i rifugiati in Italia e nel mondo sulle orme di questo grande e attualissimo santo. La frase che esprime l’essenza del nostro essere e del nostro operare è: “con i migranti, rifugiati e comunità locali in Italia e nel mondo”. Questa è una affermazione della nostra consapevolezza che la questione migratoria non può essere gestita nella società e nella chiesa lavorando solo con i migranti, ma includendo anche le comunità autoctone in un lavoro costante e incessante di creazione di spazi e tempi per l’incontro tra le persone, un incontro che genera conoscenza, convivialità, amicizia e armonia.

Attualmente i tre ambiti principali di intervento della nostra organizzazione sono: l’accoglienza integrale, l’animazione interculturale soprattutto con i giovani e la cooperazione allo sviluppo. Proprio partendo da quello che è il nostro “motto”, tutte le attività che nascono e si sviluppano in questi tre ambiti sono fatte non solo “per”, ma soprattutto con. Questa preposizione con, apparentemente insignificante, è una delle chiavi principali di comprensione e attuazione delle nostre iniziative. In altre parole, ci sforziamo affinché il con, questo “stile sinodale” di “essere insieme” e di “fare le cose insieme” con i migranti e i rifugiati, con i giovani, con i volontari, con le comunità e chiese locali, con altre organizzazioni che lavorano nello stesso ambito, caratterizzi tutte le nostre attività: dalla cena e il corso di formazione a Casa Scalabrini 634, nostro centro qui a Roma; continuando con i campi di servizio e di condivisione con i giovani alle frontiere europee di Ventimiglia, Oulx, Calais e Ceuta o alle “frontiere interne italiane”, come la zona del Gran Ghetto di Rignano nelle campagne tra Foggia e San Severo; e finendo con i progetti di sviluppo in Guatemala, Bolivia e Brasile.

In questo senso possiamo dire che il messaggio di Papa Francesco per questa Giornata è per l’ASCS di grande incoraggiamento e ispirazione. Questo perché le due certezze che Papa Francesco ci indica, cioè che Dio cammina con il suo popolo migrante e che Dio è presente nel suo popolo, ci confermano e ci incoraggiano a perseverare nella nostra azione con. Ci dicono che continuando ad essere ed operare con, siamo sulla buona strada, cioè quella percorsa da Dio stesso che nonostante le difficoltà e le nostre ritrosie insiste nel chiederci di incontrare i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati per fare un pezzo di strada con loro, condividere la nostra vita con loro. Allo stesso tempo il fatto che Dio sia presente nel popolo migrante ci esorta ad accogliere le straordinarie sorprese che ci riserva questo cammino proprio perché l’incontro con i migrati e i rifugiati ci apre all’incontro con Dio stesso. E per finire, il fatto che Dio cammina con il popolo migrante ci deve insegnare l’umiltà di comprendere che il protagonista della missione con i migranti e con i rifugiati non è l’ASCS, ma è Dio stesso. Quindi noi siamo chiamati a camminare sulla strada che Dio ci indica, a fare del nostro meglio per essere e fare con i migranti e i rifugiati nei loro percorsi, ma nella consapevolezza che noi siamo al servizio di questa missione, non suoi protagonisti. E questo vuol dire concretamente che quel pezzo di strada che faremo con i migranti e i rifugiati pur non essendo sufficiente ai nostri occhi, deve essere intrapreso con la fiducia che Dio è presente, che Dio partecipa a questo cammino, che Dio farà la sua parte, anche se noi non riusciamo a fare bene la nostra. È questa la certezza che ci dà la forza e la speranza per proseguire con la missione che ci è stata affidata.

[00945-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0467-XX.02]