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Santa Messa nella Domenica di Pentecoste, 19.05.2024


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.00 di questa mattina, Domenica di Pentecoste, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Basilica di San Pietro.

Pubblichiamo di seguito l’Omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Il racconto della Pentecoste (cfr At 2,1-11), ci mostra due ambiti dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: in noi e nella missione, con due caratteristiche: la forza e la gentilezza.

L’azione dello Spirito in noi è forte, come simboleggiano i segni del vento e del fuoco, che spesso nella Bibbia sono associati alla potenza di Dio (cfr Es 19,16-19). Senza questa forza, non riusciremmo mai a sconfiggere il male, né a vincere i desideri della carne di cui parla San Paolo, a vincere quelle pulsioni dell’anima: l’impurità, l’idolatria, le discordie, le invidie … (cfr Gal 5,19-21): con lo Spirito si possono vincere, Lui ci dà la forza per farlo, perché Lui entra nel nostro cuore “arido, rigido e gelido” (cfr Sequenza Veni Sancte Spiritus). Quelle pulsioni rovinano le nostre relazioni con gli altri e dividono le nostre comunità, e Lui entra nel cuore e guarisce tutto.

Ce lo mostra anche Gesù, quando, spinto dallo Spirito, si ritira per quaranta giorni nel deserto (cfr Mt 4,1-11) per essere tentato. E in quel tempo anche la sua umanità cresce, si rafforza e si prepara alla missione.

Contemporaneamente, l’agire del Paraclito in noi è anche gentile: è forte e gentile. Il vento e il fuoco non distruggono né inceneriscono quello che toccano: l’uno riempie la casa in cui si trovano i discepoli e l’altro si posa delicatamente, in forma di fiammelle, sul capo di ciascuno. E anche questa delicatezza è un tratto dell’agire di Dio che ritroviamo tante volte nella Bibbia.

Ed è bello vedere come la stessa mano robusta e callosa che prima ha dissodato le zolle delle passioni, poi delicatamente, messe a dimora le pianticelle della virtù, le “bagna”, le “cura” (cfr Sequenza) e le protegge con amore, perché crescano e si irrobustiscano, e noi possiamo gustare, dopo la fatica del combattimento contro il male, la dolcezza della misericordia e della comunione con Dio. Così è lo Spirito: forte, ci dà la forza per vincere, e anche delicato. Si parla dell’unzione dello Spirito, lo Spirito ci unge, è con noi. Come dice una bella preghiera della Chiesa antica: «La tua mitezza rimanga, o Signore, con me e così i frutti del tuo amore!» (Odi di Salomone, 14,6)

Lo Spirito Santo, disceso sui discepoli e fattosi vicino – cioè “paraclito” – agisce trasformando i loro cuori e infondendo in essi un’«audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima» (S. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 24). Come testimonieranno poi Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio, quando si pretenderà di imporre loro di «non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù» (At 4,18); essi risponderanno: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (v. 20). E per rispondere questo hanno la forza dello Spirito Santo.

E questo è importante anche per noi, che abbiamo avuto in dono lo Spirito nel Battesimo e nella Confermazione. Dal “cenacolo” di questa Basilica, come gli Apostoli, siamo inviati, oggi specialmente, ad annunciare il Vangelo a tutti, andando «sempre oltre, non solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione veramente universale» (Redemptoris missio, 25). E grazie allo Spirito possiamo e dobbiamo farlo con la stessa forza e con la stessa gentilezza.

Con la stessa forza: cioè, non con prepotenza e imposizioni – il cristiano non è prepotente, la sua forza è un’altra, e la forza dello Spirito –,nemmeno coi calcoli e colle furbizie, ma con l’energia che viene dalla fedeltà alla verità, che lo Spirito insegna ai nostri cuori e fa crescere in noi. E così noi ci arrendiamo allo Spirito, non ci arrendiamo alla forza del mondo, ma continuiamo a parlare di pace a chi vuole la guerra, a parlare di perdono a chi semina vendetta, a parlare di accoglienza e solidarietà a chi sbarra le porte ed erige barriere, a parlare di vita a chi sceglie la morte, a parlare di rispetto a chi ama umiliare, insultare e scartare, a parlare di fedeltà a chi rifiuta ogni legame, confondendo la libertà con un individualismo superficiale, opaco e vuoto. Senza lasciarci intimorire dalle difficoltà, né dalle derisioni, né dalle opposizioni che, oggi come ieri, non mancano mai nella vita apostolica (cfr At 4,1-31).

E nello stesso tempo in cui agiamo con questa forza, il nostro annuncio vuol essere gentile, per accogliere tutti. Non dimentichiamo questo: tutti, tutti, tutti. Non dimentichiamo quella parabola degli invitati a festa che non sono voluti andare: “Andate agli incroci delle strade e portate tutti, tutti, tutti, buoni e cattivi, tutti” (cfr Mt 22,9-10). Lo Spirito ci dà la forza per andare avanti e chiamare tutti con gentilezza, ci dà la gentilezza di accogliere tutti.

Tutti noi, fratelli e sorelle, abbiamo tanto bisogno di speranza, che non è ottimismo, no, è un’altra cosa. Abbiamo bisogno di speranza. La speranza la si raffigura come un’ancora, lì, alla riva, e noi, aggrappati alla corda, verso la speranza. Abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno di alzare gli occhi su orizzonti di pace, di fratellanza, di giustizia e di solidarietà. È questa l’unica via della vita, non ce n’è un’altra. Certo, purtroppo, spesso non appare facile, anzi a tratti si presenta tortuosa e in salita. Ma noi sappiamo che non siamo soli: abbiamo questa sicurezza che con l’aiuto dello Spirito Santo, con i suoi doni, insieme possiamo percorrerla e renderla sempre più percorribile anche per gli altri.

Rinnoviamo, fratelli e sorelle, la nostra fede nella presenza, accanto a noi, del Consolatore, e continuiamo a pregare:

Vieni, Spirito Creatore, illumina le nostre menti,

riempi della tua grazia i nostri cuori, guida i nostri passi,

dona al nostro mondo la tua pace.

Amen.

[00859-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Le récit de la Pentecôte (cf. Ac 2, 1-11), nous montre deux domaines d’action de l’Esprit Saint dans l’Église : en nous et dans la mission, avec deux caractéristiques : la force et la délicatesse.

L’action de l’Esprit en nous est forte, comme le symbolisent les signes du vent et du feu, qui sont souvent associés à la puissance de Dieu dans la Bible (cf. Ex 19, 16-19). Sans cette puissance, nous ne pourrions jamais vaincre le mal, ni les désirs de la chair dont parle saint Paul, pour vaincre ces pulsions de l'âme : l’impureté, l’idolâtrie, les discordes, les envies… (cf. Ga 5, 19-21) : avec l'Esprit, on peut les vaincre, Il nous donne la force de le faire, car Il entre dans notre cœur “ aride, rigide et froid ” (cf. Séquence Veni Sancte Spiritus). Ces pulsions ruinent nos relations avec les autres et divisent nos communautés, et Lui il entre dans notre cœur et guérit tout.

Jésus nous le montre également lorsque, poussé par l’Esprit, il se retire pendant quarante jours dans le désert (cf. Mt 4, 1-11) pour être tenté. Et pendant ce temps, son humanité grandit aussi, se renforce et le prépare à la mission.

En même temps, l’action du Paraclet en nous est délicate : elle est forte et délicate. Le vent et le feu ne détruisent ni ne brûlent ce qu’ils touchent : l’un remplit la maison dans laquelle se trouvent les disciples et l’autre se pose délicatement, sous forme de petites flammes, sur la tête de chacun. Et cette délicatesse est aussi un trait de l’action de Dieu que nous retrouvons tant de fois dans la Bible.

Et il est beau de voir comment la même main robuste et calleuse qui a d’abord labouré les mottes de terre des passions, puis délicatement, après avoir planté les semis de la vertu, les “ arrose ”, les “ soigne ” (cf. Séquence) et les protège avec amour, de sorte qu’ils grandissent et deviennent plus forts, et que nous puissions goûter, après la fatigue de la lutte contre le mal, la douceur de la miséricorde et de la communion avec Dieu. Ainsi est l'Esprit : fort, Il nous donne la force de vaincre, mais Il est aussi délicat. On parle de l'onction de l'Esprit, l'Esprit nous oint, il est avec nous. Comme le dit une belle prière de l’Église primitive : « Ta douceur demeure, Seigneur, avec moi, ainsi que les fruits de ton amour » (Odes de Salomon, 14, 6).

L’Esprit Saint, qui est descendu sur les disciples s’est fait proche – c'est-à-dire “ paraclet ” – agit en transformant leur cœur et en leur insufflant une « audace qui les pousse à transmettre aux autres leur expérience de Jésus et l’espérance qui les anime » (St Jean Paul II, Enc. Redemptoris missio, n. 24). Comme en témoigneront ensuite Pierre et Jean devant le Sanhédrin, lorsqu’on prétendra leur interdire « formellement de parler ou d’enseigner au nom de Jésus » (Ac 4, 18) ; ils répondront : « Il nous est impossible de nous taire sur ce que nous avons vu et entendu » (v. 20). Et pour répondre cela, ils ont la force de l’Esprit-Saint.

C’est également important pour nous, qui avons reçu en don l’Esprit lors du Baptême et de la Confirmation. Depuis le “cénacle” de cette Basilique, comme les Apôtres, nous sommes envoyés, aujourd'hui en particulier, pour annoncer l’Évangile à tous, en allant « toujours au-delà, non seulement du point de vue géographique mais aussi au-delà des barrières ethniques et religieuses, pour accomplir une mission réellement universelle » (Redemptoris missio, n. 25). Et grâce à l’Esprit, nous pouvons et devons le faire avec la même force et la même délicatesse.

Avec la même force : c’est-à-dire non pas avec arrogance et en imposant, - le chrétien n'est pas brutal, sa force est autre, et c'est la force de l'Esprit -, ni avec des calculs et des ruses, mais avec l’énergie qui vient de la fidélité à la vérité, que l’Esprit enseigne à nos cœurs et fait grandir en nous. Et ainsi nous, nous nous abandonnons à l’Esprit, nous ne nous abandonnons pas à la force du monde, mais nous continuons à parler de paix à ceux qui veulent la guerre, à parler de pardon à ceux qui sèment vengeance, à parler d’accueil et de solidarité à ceux qui barrent les portes et érigent des barrières, à parler de vie à celui qui choisit la mort, à parler de respect à celui qui aime humilier, insulter et écarter, à parler de fidélité à celui qui refuse tout lien, confondant la liberté avec un individualisme superficiel, opaque et vide. Sans nous laisser intimider par les difficultés, ni par les moqueries, ni par les oppositions qui, aujourd’hui comme hier, ne manquent jamais à la vie apostolique (cf. Ac 4, 1-31).

Et en même temps que nous agissons avec cette force, notre annonce veut être délicate, pour accueillir chacun. N’oublions pas ceci : tous, tous, tous. N’oublions pas cette parabole des invités à la fête qui n’ont pas voulu aller : “Allez aux carrefours des routes et emmenez-les tous, tous, tous, bons et mauvais, tous” (cf. Mt 22, 9-10). L’Esprit nous donne la force d’aller de l’avant et appeler tout le monde avec délicatesse, Il nous donne la délicatesse d’accueillir tout le monde.

Nous avons tous, frères et sœurs, un grand besoin d'espérance, qui n'est pas de l'optimisme, non, c'est autre chose. Nous avons besoin d'espérance. L'espérance est représentée comme une ancre, là, sur le rivage, et nous, accrochés à la corde, vers l'espérance. Nous avons besoin d'espérance, nous avons besoin de lever les yeux vers des horizons de paix, de fraternité, de justice et de solidarité. C'est la seule façon de vivre, il n'y en a pas d'autre. Bien sûr, malheureusement, elle n’est pas toujours facile, mais au contraire sinueuse par endroits et en pente. Mais nous savons que nous ne sommes pas seuls : nous avons cette certitude, qu’avec l’aide de l’Esprit Saint, avec ses dons, nous pouvons ensemble la parcourir et la rendre de plus en plus praticable, aussi pour les autres.

Renouvelons, frères et sœurs, notre foi en la présence du Consolateur à nos côtés et continuons à prier :

Viens, Esprit créateur, éclaire nos âmes,

remplis nos cœurs de ta grâce, guide nos pas,

donne à notre monde ta paix.

Amen.

[00859-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The account of Pentecost (cf. Acts 2:1-11) shows us two areas of the Holy Spirit’s working in the Church: in us and in mission, with two characteristics: power and gentleness.

The Spirit’s work in us is powerful, as symbolized by the signs of wind and fire, which are often associated with God’s power in the Bible (cf. Ex 19:16-19). Without such power we would never be able to defeat evil on our own, nor overcome the “desires of the flesh” that Saint Paul refers to, those drives of the soul: “impurity, idolatry, dissension, and envy” (cf. Gal 5:19-21). They can be overcome with the Spirit who gives us the power to do so, for he enters into our hearts that are “parched, stiff and cold” (cf. Sequence Veni Sancte Spiritus). These drives spoil our relationships with others and divide our communities, yet the Spirit enters into our hearts and heals everything.

Jesus too shows us this when, prompted by the Spirit, he withdraws for forty days and is tempted in the desert (cf. Mt. 4:1-11). During that time his humanity also grows, is strengthened and prepared for mission.

At the same time, the Paraclete’s working in us is also gentle: powerful and gentle. The wind and the fire do not destroy or reduce to ashes whatever they touch: the one fills the house where the disciples are, and the other rests gently, in the form of flames, on the head of each. This gentleness, too, is a feature of God’s way of acting, one that we frequently encounter in the Scriptures.

It is reassuring to see how the same sturdy, calloused hand that first breaks up the clods of our passions, then gently, after planting the seeds of virtue, “waters” them and “tends” them (cf. Sequence). He lovingly protects these virtues, so that they can grow stronger and so that, after the toil of combatting evil, we may taste the sweetness of mercy and communion with God. The Spirit is like this: powerful, giving us the power to overcome, and also gentle. We speak about the anointing of the Spirit, the Spirit anoints us for he is with us. As a beautiful prayer of the early Church says: “Let your gentleness, O Lord, and the fruits of your love, abide with me” (Odes of Solomon, 14:6).

The Holy Spirit, who descended upon the disciples and remained at their side, that is, as the “Paraclete”, transformed their hearts and instilled in them “a serene courage which impelled them to pass on to others their experience of Jesus and the hope which motivated them” (SAINT JOHN PAUL II, Redemptoris Missio, 24). Peter and John would later testify before the Sanhedrin, after being told “not to speak or teach at all in the name of Jesus” (Acts 4:18): “We cannot but speak of what we have seen and heard” (v. 20). And they possessed the power of the Holy Spirit to speak of these things.

This is also true of us, who received the Spirit in Baptism and Confirmation. From the “Upper Room” of this Basilica, like the Apostles, we too are being sent forth, particularly at the present time, to proclaim the Gospel to all. We are sent into the world “not only geographically but also beyond the frontiers of race and religion, for a truly universal mission” (Redemptoris Missio, 25). Thanks to the Spirit, we can and must do this with his own power and gentleness.

With the same power: that is, not with arrogance and impositions – a Christian is not arrogant, for his or her power is something else, it is the power of the Spirit – nor with calculation and cunning, but with the energy born of fidelity to the truth that the Spirit teaches us in our hearts and causes to grow within us. Consequently, we surrender to the Spirit, not to worldly power. We tirelessly proclaim peace to those who desire war, proclaim forgiveness to those who seek revenge, we proclaim welcome and solidarity to those who bar their doors and erect barriers, we proclaim life to those who choose death, we proclaim respect to those who love to humiliate, insult and reject, we proclaim fidelity to those who would sever every bond, thereby confusing freedom with a bleak and empty individualism. Nor are we intimidated by hardship, derision or opposition, which, today as always, are never lacking in the apostolate (cf. Acts 4:1-31).

At the same time that we act with this power, our proclamation seeks to be gentle, welcoming to everyone. Let us not forget this: everyone, everyone, everyone. Let us not forget the parable of those who were invited to the feast but did not want to go: “Go therefore to the streets and bring everyone, everyone, everyone, both the bad and the good, everyone” (cf. Mt 22:9-10). The Spirit grants us the power to go forth and call everyone with gentleness, he grants us the gentleness to welcome everyone.

All of us, brothers and sisters, are in great need of hope, which is not optimism; no, it is something else. We need hope. Hope is depicted as an anchor, there at the shore, and in clinging to its rope, we move toward hope. We need hope, we need to lift our gaze to horizons of peace, fraternity, justice and solidarity. This alone is the way of life, there is no other. Naturally, it is not always easy; indeed, there are times that the path is winding and uphill. Yet we know that we are not alone, we have the certainty that, by the help of the Holy Spirit and by his gifts, we can walk together and make that path more and more inviting for others as well.

Brothers and sisters, let us renew our faith in the presence of the Comforter, who is at our side, and continue to pray:

Come, Creator Spirit, enlighten our minds,

fill our hearts with your grace, guide our steps,

grant your peace to our world. Amen.

[00859-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Der Pfingstbericht (vgl. Apg 2,1-11) zeigt uns zwei Wirkungsbereiche des Heiligen Geistes in der Kirche: in uns und in der Sendung. Dieses Wirken weist zwei Merkmale auf: Kraft und Sanftheit.

Das Wirken des Geistes in uns ist kraftvoll, wie es die Zeichen des Windes und des Feuers versinnbildlichen, die in der Bibel oft mit Gottes Macht in Verbindung gebracht werden (vgl. Ex 19,16-19). Ohne diese Kraft wären wir niemals in der Lage, weder das Böse zu besiegen, noch die Begierden des Fleisches zu überwinden, von denen der heilige Paulus spricht, um diese Triebkräfte der Seele zu besiegen: die Unreinheit [...], den Götzendienst [...], den Streit [...], den Neid (vgl. Gal 5,19-21); mit dem Geist können sie überwunden werden, er gibt uns dazu die Kraft, denn er kommt in unser „dürres, starres und kaltes“ Herz (vgl. Sequenz Veni Sancte Spiritus). Diese Triebkräfte zerstören unsere Beziehungen zu anderen und spalten unsere Gemeinschaften und er kommt in unser Herz und heilt alles.

Das zeigt uns auch Jesus, als er sich, vom Geist bewegt, für vierzig Tage in die Wüste zurückzieht (vgl. Mt 4,1-11), wo er versucht werden sollte. Und in dieser Zeit wächst er auch in seinem Menschsein, es wird gestärkt und für die Sendung vorbereitet.

Gleichzeitig ist das Wirken des Parakleten in uns auch sanft: es ist stark und sanft. Der Wind und das Feuer zerstören weder das, was sie berühren, noch verbrennen sie es: Der Wind erfüllt das Haus, in dem sich die Jünger befinden, und das Feuer lässt sich behutsam, in Form von Feuerzungen, auf dem Haupt eines jeden nieder. Und auch diese Behutsamkeit ist ein Wesensmerkmal des Handelns Gottes, das wir in der Bibel oft finden.

Und es ist schön zu sehen, wie dieselbe kräftige und schwielige Hand, die zuerst die Schollen der Leidenschaften durchpflügt hat, dann behutsam die Setzlinge der Tugend pflanzt, sie „gießt“, „pflegt“ (vgl. Sequenz) und liebevoll beschützt, damit sie wachsen und stärker werden und wir nach der Mühsal des Kampfes gegen das Böse die Süße der Barmherzigkeit und der Gemeinschaft mit Gott verkosten können. So ist auch der Geist: stark, er gibt uns die Kraft zu siegen, aber er ist auch zart.  Es ist die Rede von der Salbung des Heiligen Geistes, der Heilige Geist salbt uns, er ist mit uns. So heißt es in einem schönen Gebet der frühen Kirche: »Deine Sanftmut, o Herr, bleibe bei mir, und ebenso die Früchte deiner Liebe« (Oden Salomos, 14,6).

Der Heilige Geist, der auf die Jünger herabgekommen ist und ihnen beisteht – das ist der „Paraklet“ –, wirkt, indem er ihre Herzen verwandelt und sie mit einer »Kühnheit [beseelt], die sie anleitet, anderen ihre Erfahrungen mit Jesus und die Hoffnung, die sie erfüllt, mitzuteilen« (Johannes Paul II., Enzyklika Redemptoris missio, 24). Das bezeugen später Petrus und Johannes vor dem Hohen Rat, als man von ihnen verlangt, »[niemals] wieder im Namen Jesu zu verkünden und zu lehren« (Apg 4,18), und sie dann antworten: »Wir können unmöglich schweigen über das, was wir gesehen und gehört haben« (V. 20). Und für diese Antwort haben sie die Kraft des Heiligen Geistes.

Und das ist auch für uns wichtig, die wir in Taufe und Firmung den Heiligen Geist empfangen haben. Vom „Abendmahlssaal“ dieser Basilika aus sind wir wie die Apostel ausgesandt, besonders heute, allen das Evangelium zu verkünden und dabei »immer weiter zu gehen, nicht nur im geographischen Sinne, sondern auch dazu, ethnische und religiöse Barrieren zugunsten einer wahrhaft universalen Mission zu überwinden« (Redemptoris missio, 25). Und dank des Heiligen Geistes können und müssen wir dies mit der gleichen Kraft und der gleichen Sanftheit tun.

Mit der gleichen Kraft: das heißt, nicht mit Arroganz und Zwang ̶  der Christ ist nicht überheblich, seine Kraft ist eine andere, es ist die Kraft des Heiligen Geistes  ̶  auch nicht mit Berechnung und List, sondern mit der Energie, die aus der Treue zur Wahrheit kommt, die der Heilige Geist unsere Herzen lehrt und die er in uns wachsen lässt. Und so fügen wir uns dem Heiligen Geist, wir beugen uns nicht der Kraft der Welt, sondern wir sprechen weiterhin vom Frieden zu denen, die den Krieg wollen; wir sprechen von Vergebung zu denen, die Rache säen; wir sprechen von Aufnahme und Solidarität zu denen, die die Türen verriegeln und Schranken errichten; wir sprechen vom Leben zu denen, die den Tod wählen; wir sprechen von Respekt zu denen, die es lieben, andere zu demütigen, zu beleidigen und auszuschließen; wir sprechen von Treue zu denen, die jede Bindung ablehnen, weil sie Freiheit mit einem oberflächlichen, stumpfen und hohlen Individualismus verwechseln. Ohne uns von Schwierigkeiten einschüchtern zu lassen, oder von Spott und Widerständen, an denen es gestern wie heute im apostolischen Leben nie mangelt (vgl. Apg 4,1-31).

Und während wir mit dieser Kraft wirken, will unsere Verkündigung zugleich sanft sein, so dass sie für alle einladend ist. Vergessen wir das nicht: Alle, alle, alle. Vergessen wir nicht jenes Gleichnis von den Gästen des Hochzeitsmahls, die nicht hingehen wollten: „Geht also an die Kreuzungen der Straßen und bringt alle mit, alle, alle, Gute und Böse, alle“ (vgl. Mt 22,9-10). Der Heilige Geist gibt uns die Kraft, weiterzugehen und alle sanft zu rufen. Er gibt uns die Sanftheit, alle anzunehmen.

Wir alle, Brüder und Schwestern, bedürfen so sehr der Hoffnung, die nicht etwa Optimismus ist, nein, das ist etwas anderes. Wir brauchen Hoffnung. Wir brauchen Hoffnung. Die Hoffnung wird als ein Anker dargestellt, dort, am Ufer, und wir klammern uns an die Leine, die zur Hoffnung führt. Wir brauchen Hoffnung, wir brauchen eine Perspektive des Friedens, der Geschwisterlichkeit, der Gerechtigkeit und der Solidarität. Dies ist der einzige Weg des Lebens, es gibt keinen anderen. Gewiss, leider scheint er oft nicht einfach, ja abschnittsweise ist er gar verschlungen und steil. Aber wir wissen, dass wir nicht allein sind: Wir haben diese Sicherheit, dass wir ihn mit der Hilfe des Heiligen Geistes, mit seinen Gaben, gemeinsam gehen können und ihn auch für andere mehr und mehr gangbar machen können.

Erneuern wir, Brüder und Schwestern, unseren Glauben an die Gegenwart und Nähe des Trösters und beten wir weiterhin:

Komm, Schöpfergeist, erleuchte unseren Verstand,

erfülle unsere Herzen mit deiner Gnade, leite unsere Schritte,

schenke unserer Welt deinen Frieden.

Amen.

[00859-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

El relato de Pentecostés (cf. Hch 2,1-11), nos muestra dos ámbitos de la acción del Espíritu Santo en la Iglesia, en nosotros y en la misión; con dos características, la fuerza y la amabilidad.

La acción del Espíritu en nosotros es fuerte, como lo simbolizan los signos del viento y del fuego, que a menudo en la Biblia se relacionan con el poder de Dios (cf. Ex 19,16-19). Sin ese poder nosotros nunca podremos derrotar al mal ni vencer los deseos de la carne de los que habla san Pablo, es decir, vencer esas pulsiones del alma: la impureza, la idolatría, las discordias, las envidias (cf. Ga 5,19-21). Con el Espíritu podemos vencerlas, Él nos da la fuerza para hacerlo, porque Él entra en nuestro corazón “árido, duro y frío” (cf. Secuencia Veni Sancte Spiritus). Esas pulsiones arruinan nuestras relaciones con los demás y dividen nuestras comunidades, pero Él entra en el corazón y sana todo. Así nos lo ha mostrado Jesús cuando, movido por el Espíritu, se retiró durante cuarenta días al desierto para ser tentado (cf. Mt 4,1-11). Y en ese momento también su humanidad crecía, se fortalecía y se preparaba para la misión.

Al mismo tiempo, el actuar del Paráclito en nosotros es amable: es fuerte y delicado. El viento y el fuego no destruyen ni incineran lo que tocan: el primero resuena en la casa donde se encuentran los discípulos y el segundo se posa suavemente, en forma de llamas, sobre la cabeza de cada uno. Y también esta delicadeza es un rasgo del actuar de Dios que encontramos tantas veces en la Biblia. Así pues, es hermoso ver cómo la misma mano robusta y callosa que antes había arado los surcos de las pasiones, después, delicadamente, cultiva las pequeñas plantas de las virtudes, las “riega”, las “sana” (cf. Secuencia) y las protege con amor, para que crezcan y se fortifiquen, y nosotros podamos gustar, después del esfuerzo de la lucha contra el mal, la dulzura de la misericordia y de la comunión con Dios. Así es el Espíritu: es fuerte, nos da la fuerza para vencer y es también delicado. Se habla de la unción del Espíritu; el Espíritu nos unge y está con nosotros. Como dice una hermosa oración de la Iglesia primitiva: «Que tu humildad, oh Señor, more en mí, con los frutos de tu amor» (Odas de Salomón, 14,6).

El Espíritu Santo, que descendió sobre los discípulos y se hizo cercano —es decir “paráclito”— actúa transformando sus corazones e infundiéndoles una «audacia que les impulsa a transmitir a los demás su experiencia de Jesús y la esperanza que los anima» (S. Juan Pablo II, Carta enc. Redemptoris missio, 24). Como testimoniarán después Pedro y Juan ante el Sanedrín, cuando se les intentó prohibir que dijeran «una sola palabra o enseñaran en el nombre de Jesús» (Hch 4,18); ellos dirán: «Nosotros no podemos callar lo que hemos visto y oído» (v. 20). Y para responder así, tenían la fuerza del Espíritu Santo.

Y esto vale también para nosotros, que hemos recibido el don del Espíritu en el Bautismo y en la Confirmación. Desde el “cenáculo” de esta Basílica, como los apóstoles, somos enviados, hoy especialmente, a anunciar el Evangelio a todos, yendo «cada vez más lejos, no sólo en sentido geográfico, sino también más allá de las barreras étnicas y religiosas, para una misión verdaderamente universal» (Redemptoris missio, 25). Y gracias al Espíritu podemos y debemos hacerlo con la misma fuerza y la misma amabilidad.

Con la misma fuerza: es decir, no con prepotencia e imposiciones —el cristiano no es prepotente, su fuerza es diferente, es la fuerza que viene del Espíritu—, ni tampoco con cálculos y engaños, sino con la energía que proviene de la fidelidad a la verdad, esa que el Espíritu inculca en nuestros corazones y hace crecer en nosotros. Por eso nosotros nos rendimos al Espíritu, no nos rendimos al mundo, sino que continuamos hablando de paz a quien quiere la guerra; a hablar de perdón a quien siembra venganza; a hablar de acogida y solidaridad a quien cierra las puertas y levanta barreras; a hablar de vida a quien elige la muerte; a hablar de respeto a quien le gusta humillar, insultar y descartar; a hablar de fidelidad a quien rechaza todo vínculo y confunde la libertad con un individualismo superficial, opaco y vacío. Todo ello sin dejarnos atemorizar por las dificultades, ni por las burlas, ni por las oposiciones que, hoy como ayer, no faltan nunca en la vida apostólica (cf. Hch 4,1-31).

Y al mismo tiempo en que actuemos con esta fuerza, nuestro anuncio busca ser amable, para acoger a todos. No olvidemos esto: a todos, a todos, a todos. No olvidemos aquella parábola de los invitados a la fiesta que no quisieron ir: “vayan a los cruces de los caminos y lleven a todos, todos, todos, buenos y malos, a todos” (cf. Mt 22,9-10). El Espíritu nos da la fuerza para ir adelante e invitar a todos con amabilidad, Él nos da la delicadeza de acoger a todos. Todos nosotros, hermanos y hermanas, tenemos mucha necesidad de esperanza, que no debe confundirse con optimismo, —no—, es otra cosa. A la esperanza se le representa como un ancla, allí, fija en la orilla, y nosotros aferrados a la cuerda de esa esperanza. Tenemos necesidad de esperanza, tenemos necesidad de elevar los ojos hacia horizontes de paz, de fraternidad, de justicia y de solidaridad. Este es el único camino para la vida, no hay otro. Es cierto, lamentablemente, a menudo no resulta fácil; es más, a veces se presenta sinuoso y cuesta arriba. Pero nosotros sabemos que no estamos solos: tenemos la seguridad de que, con la ayuda del Espíritu Santo, con sus dones, podemos recorrer juntos ese camino y hacerlo siempre más transitable también para los demás.

Renovemos, hermanos y hermanas, nuestra fe en la presencia del Consolador entre nosotros y continuemos rezando:

Ven, Espíritu creador, ilumina nuestras mentes,

llena de tu gracia nuestros corazones, guía nuestros pasos,

concede a nuestro mundo tu paz.

Amén.

[00859-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

A narração do Pentecostes (cf. At 2, 1-11) mostra-nos um duplo âmbito de ação do Espírito Santo na Igreja: em nós e na missão, com duas caraterísticas, ou seja, força e gentileza.

A ação do Espírito em nós é forte como simbolizam os sinais do vento e do fogo, que aparecem na Bíblia, frequentemente, associados com a força de Deus (cf. Ex 19, 16-19). Sem esta força, nunca conseguiremos derrotar o mal, nem vencer os desejos da carne referidos por São Paulo, vencer impulsos íntimos como a «impureza (…), a idolatria (…), as discórdias (…), as invejas» (cf. Gal 5, 19-21): com o Espírito podem-se vencer; Ele dá-nos a força para o conseguir, porque entra no nosso coração árido, duro e frio (cf. Sequência «Veni Sancte Spiritus»). Aqueles impulsos arruínam as nossas relações com os outros e dividem as nossas comunidades; Ele entra no coração e cura tudo. Isto mesmo nos mostra Jesus, quando, impelido pelo Espírito, Se retira durante quarenta dias para o deserto (cf. Mt 4, 1-11) a fim de ser tentado. Também durante esse tempo cresce a sua humanidade, que se revigora preparando-se para a missão.

Ao mesmo tempo a ação do Paráclito em nós é gentil: é forte e gentil. O vento e o fogo não destroem nem reduzem a cinza o que tocam: um enche a casa onde se encontram os discípulos e o outro pousa delicadamente, em forma de chamas, sobre a cabeça de cada um dos presentes. Esta delicadeza é também um traço da ação de Deus, que encontramos muitas vezes na Bíblia.

E é maravilhoso ver como a mesma mão robusta e calejada que, primeiro, desenterrou os torrões das paixões, depois depõe delicadamente as plantinhas da virtude, rega-as, cuida delas (cf. Sequência «Veni Sancte Spiritus») e protege-as amorosamente a fim de crescerem e se robustecerem, permitindo-nos saborear, depois do cansaço da luta contra o mal, a doçura da misericórdia e da comunhão com Deus. Assim é o Espírito: forte, dando-nos a força para vencer, e também delicado: fala-se da unção do Espírito, o Espírito unge-nos, está connosco. Como diz uma estupenda oração da Igreja antiga, «a vossa mansidão, ó Senhor, permaneça comigo bem como os frutos do vosso amor» (Odes de Salomão, 14, 6).

Tendo descido sobre os discípulos e colocando-se a seu lado – isto é, como seu «paráclito» –, o Espírito Santo atua transformando os seus corações e infundindo neles uma «audácia que os leva a transmitir aos outros a sua experiência de Jesus e a esperança que os anima» (São João Paulo II, Carta enc. Redemptoris missio, 24). Disso mesmo dão testemunho depois Pedro e João, quando o Sinédrio lhes quis impor «a proibição formal de falar ou ensinar em nome de Jesus»: «Não podemos deixar de afirmar o que vimos e ouvimos» (At 4, 18.20). E, para responder assim, contaram com a força do Espírito Santo.

Isto reveste-se de grande importância também para nós, que recebemos o dom do Espírito no Batismo e na Confirmação. Como os Apóstolos, do «cenáculo» desta Basílica somos enviados, hoje em particular, a anunciar o Evangelho a todos, indo «sempre mais além, não só em sentido geográfico, mas também ultrapassando barreiras étnicas e religiosas, até se chegar a uma missão verdadeiramente universal» (Redemptoris missio, 25). E, graças ao Espírito, podemos e devemos fazê-lo com a mesma força e a mesma gentileza.

Com a mesma força, isto é, não com arrogância e imposição – o cristão não é arrogante, a sua força é outra: a força do Espírito –, nem com cálculos e astúcia, mas com a energia que vem da fidelidade à verdade, que o Espírito ensina aos nossos corações e faz crescer em nós. E assim nós rendemo-nos, mas é ao Espírito, não nos rendemos à força do mundo, mas continuamos a falar de paz a quem quer a guerra, a falar de perdão a quem semeia vingança, a falar de acolhimento e solidariedade a quem tranca as portas e ergue barreiras, a falar de vida a quem escolhe a morte, a falar de respeito a quem gosta de humilhar, insultar e descartar, a falar de lealdade a quem rejeita qualquer vínculo, confundindo liberdade com um individualismo superficial, opaco e vazio. Sem nos deixarmos amedrontar pelas dificuldades, zombarias e oposições que, hoje como ontem, nunca faltam na vida apostólica (cf. At 4, 1-31).

E ao mesmo tempo que agimos com esta força, o nosso anúncio quer ser gentil, para acolher a todos. Não nos esqueçamos disto: todos, todos, todos... Não nos esqueçamos da parábola daqueles convidados para a festa que não quiseram vir: «Saí pelas encruzilhadas das estradas e trazei a todos, todos, todos, bons e maus, todos» (cf. Mt 22, 9-10). O Espírito dá-nos a força para prosseguir e chamar a todos com gentileza, dá-nos a gentileza de acolher a todos

Todos nós, irmãos e irmãs, temos tanta necessidade de esperança, que não é otimismo, mas algo de diferente. Precisamos de esperança. Esta é representada como uma âncora, presa à margem, e nós agarrados à corda, a esperança. Precisamos de esperança, precisamos de levantar os olhos para horizontes de paz, fraternidade, justiça e solidariedade. Tal é o único caminho da vida, não há outro. É certo que o mesmo, muitas vezes infelizmente, não se apresenta fácil, antes aparece tortuoso e em subida. Mas sabemos que não estamos sozinhos; sentimos a segurança de que, com a ajuda do Espírito Santo, com os seus dons, juntos podemos percorrê-lo e torná-lo sempre mais acessível também para os outros.

Renovemos, irmãos e irmãs, a nossa fé na presença do Consolador ao nosso lado e continuamos a rezar:

Vinde, Espírito Criador, iluminai as nossas mentes,

enchei da vossa graça os nossos corações, guiai os nossos passos,

dai ao nosso mundo a vossa paz.

Amen.

[00859-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Opisie Pięćdziesiątnicy (por. Dz 2, 1-11) ukazuje nam dwa obszary działania Ducha Świętego w Kościele: w nas i w misji, z dwiema cechami: mocą i łagodnością.

Działanie Ducha Świętego w nas jest mocne, co symbolizują znaki wiatru i ognia, które w Biblii często kojarzone są z mocą Bożą (por. Wj 19, 16-19). Bez tej mocy nigdy nie bylibyśmy w stanie pokonać zła ani pożądań ciała, o których mówi św. Paweł, przezwyciężyć te bodźce duszy: „nieczystość [...], bałwochwalstwo [...], niezgodę [...], zazdrość” (por. Ga 5, 19-21): z Duchem można je pokonać, On daje nam siłę, aby to zrobić, ponieważ wchodzi do naszych serc „jałowych, zatwardziałych i oziębłych” (por. Sekwencja Veni Sancte Spiritus). Te bodźce rujnują nasze relacje z innymi i dzielą nasze wspólnoty, a On wkracza do serca i uzdrawia wszystko.

Jezus pokazuje nam to również, gdy kierowany Duchem Świętym udaje się na czterdzieści dni na pustynię (por. Mt 4, 1-11), aby doznawać kuszenia. W tym czasie, również Jego człowieczeństwo wzrasta, zostaje umocnione i przygotowuje się do misji.

Jednocześnie działanie Parakleta w nas jest również łagodne: jest mocne i łagodne. Wiatr i ogień nie niszczą ani nie spalają tego, czego dotykają: wiatr napełnia dom, w którym znajdują się uczniowie, a ogień spoczywa łagodnie, w postaci płomieni, na głowie każdego z nich. Owa delikatność jest również cechą Bożego działania, którą znajdujemy wiele razy w Biblii.

I to jest piękne, gdy widzimy, że ta sama silna i spracowana ręka, która najpierw spulchniła grudy namiętności, następnie łagodnie, po zasadzeniu sadzonek cnoty, „podlewa” je, „pielęgnuje” (por. Sekwencja) i chroni je z miłością, aby mogły rosnąć i stawać się silniejsze, a my, po znużeniu walką ze złem, mogliśmy zakosztować słodyczy miłosierdzia i komunii z Bogiem. Taki jest Duch: mocny, daje nam siłę by zwyciężać, a także delikatny. Mówimy o namaszczeniu Duchem, Duch nas namaszcza, On jest z nami. Jak mówi piękna modlitwa pierwotnego Kościoła: „Niech Twoja łagodność, Panie, trwa we mnie, a także owoce Twojej miłości!” (Ody Salomona, 14,6).

Duch Święty, który zstąpił na uczniów i stał się bliskim – to znaczy „Parakletem” – działa, przemieniając ich serca i zaszczepiając w nich „odwagę, która ich pobudza do przekazywania innym swego doświadczenia Jezusa” (św. Jan Paweł II, Enc. Redemptoris missio, 24). Jak zaświadczą później przed Sanhedrynem Piotr i Jan, kiedy zakazano im „w ogóle przemawiać, i nauczać w imię Jezusa” (Dz 4, 18), odpowiedzą: „nie możemy nie mówić tego, cośmy widzieli i słyszeli” (w. 20). Aby odpowiedzieć w taki sposób, mają moc Ducha Świętego.

Jest to również ważne dla nas, którzy otrzymaliśmy Ducha w sakramentach chrztu i bierzmowania. Z „wieczernika” tej Bazyliki, podobnie jak Apostołowie, jesteśmy posłani, szczególnie dzisiaj, aby głosić Ewangelię wszystkim, wychodząc „coraz dalej, nie tylko w sensie geograficznym, ale przekraczając bariery etniczne i religijne, z misją prawdziwie powszechną” (Redemptoris missio, 25). Dzięki Duchowi Świętemu możemy i musimy czynić to z tą samą mocą i z tą samą łagodnością.

Z tą samą mocą: czyli nie z arogancją i narzucaniem się – chrześcijanin nie jest apodyktyczny, jego siłą jest coś innego, jest to siła Ducha – ani z wyrachowaniem i przebiegłością, lecz z energią wypływającą z wierności prawdzie, której Duch uczy nasze serca i sprawia, że w nas wzrasta.

Zatem poddajemy się Duchowi, nie poddajemy się siłom świata, ale nadal mówimy o pokoju tym, którzy chcą wojny, mówimy o przebaczeniu tym, którzy sieją zemstę, mówimy o gościnności i solidarności tym, którzy zatrzaskują drzwi i stawiają bariery, mówimy o życiu tym, którzy wybierają śmierć, mówimy o szacunku dla tych, którzy lubią poniżać, obrażać i odrzucać, mówimy o wierności tym, którzy odrzucają wszelkie więzi, myląc wolność z powierzchownym, nieprzejrzystym i pustym indywidualizmem. Nie pozwalając się zastraszyć ani trudnościom, ani szyderstwom, ani przeciwnościom, których dziś, podobnie jak wczoraj, w życiu apostolskim nigdy nie brakuje (por. Dz 4, 1-31).

Jednocześnie, gdy działamy z tą siłą, nasze głoszenie powinno być łagodne, aby akceptować wszystkich,

Nie zapominajmy o tym: wszyscy, wszyscy, wszyscy. Nie zapominajmy o przypowieści o zaproszonych na ucztę, którzy nie chcieli iść: „Idźcie więc na rozstajne drogi i zaproście wszystkich, wszystkich, wszystkich, dobrych i złych, wszystkich” (por. Mt 22, 9-10). Duch Święty daje nam siłę, by iść i wzywać wszystkich z życzliwością, daje nam życzliwość, by przyjmować wszystkich.

My wszyscy, bracia i siostry, bardzo potrzebujemy nadziei, która nie jest optymizmem, nie, to coś innego. Potrzebujemy nadziei. Nadzieję przedstawia się jako kotwicę, tam, na brzegu, a my, trzymając się liny, kierujemy się ku nadziei. Potrzebujemy nadziei, potrzebujemy wzniesienia oczu ku perspektywom pokoju, braterstwa, sprawiedliwości i solidarności. To jedyna droga życia, nie ma innej. Oczywiście, niestety, często nie wydaje się łatwa, w rzeczy samej czasami jest kręta i pod górę. Ale wiemy, że nie jesteśmy sami: mamy te pewność, że z pomocą Ducha Świętego, z Jego darami, razem możemy nią kroczyć i czynić ją coraz bardziej osiągalną także dla innych.

Odnówmy, bracia i siostry, naszą wiarę w obecność Pocieszyciela u naszego boku i nadal się modlimy:

Przyjdź, Duchu Stworzycielu, oświeć nasze umysły,
napełnij nasze serca swoją łaską, kieruj naszymi krokami,
obdarz nasz świat swoim pokojem.

Amen.

[00859-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في عيد العنصرة

يوم الأحد 19 أيّار/مايو 2024

بازيليكا القدّيس بطرس

حادثة العنصرة (راجع أعمال الرّسل 2، 1-11)، تبيِّن لنا مجالَين لعمل الرّوح القدس في الكنيسة: فينا وفي الرّسالة. ويعمل بميزتَين: القوّة واللطف.

عمل الرُّوح فينا قوّة، وترمز إليه علامات الرّيح والنّار، والتي ترتبط غالبًا في الكتاب المقدّس بقوّة الله (راجع خروج 19، 16-19). بدون هذه القوّة لا نستطيع أبدًا أن ننتصر على الشّرّ، ولا أن نتغلّب على شهوات الجسد التي تكلّم عليها القدّيس بولس في القراءة الثّانية: "الزِّنى [...]، وعِبادة الأَوثانِ [...]، والخِصام [...] والحَسَد (غلاطيّة 5، 19–21): بالرّوح نستطيع أن ننتصر عليها، فهو يمنحنا القوّة لنقوم بذلك، لأنّه يدخل إلى قلبنا ”الجاف والقاسيّ والبارد“ (راجع النّشيد هيَّا أروحَ الخالِق). هذه الشّهوات تُفسد علاقاتنا مع الآخرين وتُدخل الانقسامات في جماعات المؤمنين، والرّوح يدخل القلب ويشفيّ كلّ شيء.

يسوع يبيِّن لنا هذا أيضًا عندما ابتعد، مدفوعًا بالرّوح، إلى الصّحراء أربعين يومًا (راجع متّى 4، 1-11) ليُجَرَّب. وفي ذلك الوقت نمت إنسانيَّته أيضًا وتقوّت واستعدت للرّسالة.

في الوقت نفسه، عمل الرّوح المؤيِّد فينا هو أيضًا لطيف. هو قويّ ولطيف. لم تدمّر الرّيح والنّار ولم تحرق ما لمست: ملأ الرّيح البيت حيث يوجد التّلاميذ ونزلت النّار عليهم بلطف، على شكل ألسنة، على رأس كلّ واحد. وهذا اللطف هو أيضًا ميزة من ميزات عمل الله التي نجدها مرات عديدة في الكتاب المقدّس.

وحسَنٌ أن نرى كيف أنّ اليّد القويّة الخشنة نفسها التي استأصلت أوّلًا تراب الأهواء، ثم زرعت برِقّة نباتات الفضيلة الصّغيرة، ”وسقتها“، و ”اعتنت بها“ (راجع النّشيد)، وحمتها بمحبّة، حتّى تنموَ وتصير أقوى، ونستطيع أن نتذوّق، بعد تعب محاربة الشّرّ، حلاوة الرّحمة والشّركة والوَحدة مع الله. وكما تقول صلاة جميلة في الكنيسة القديمة: "لتكن وداعتك يا ربّ معي، وثمار محبّتك!" (أناشيد سليمان، 14، 6).

بعد أن نزل الرّوح القدس على التّلاميذ وصار قريبًا منهم - أي ”البراقليط“ - عمل على تبديل قلوبهم وغرس فيهم "الجرأة التي تدفعهم إلى نقل خبرتهم مع يسوع إلى الآخرين والرّجاء الذي يُحييهم" (القدّيس يوحنّا بولس الثّاني، رسالة عامّة، رسالة الفادي، 24). كما شهد بعد ذلك بطرس ويوحنّا أمام المجمع، عندما حاولوا أن يجبروهما على "ألّا يَذكُرا اسمَ يَسوعَ أَو يُعَلِّما بِه" (أعمال الرّسل 4، 18) فأجابا: "أَمَّا نَحنُ فلا نَستَطيعُ السُّكوتَ عن ذِكْرِ ما رَأَينا وما سَمِعْنا" (الآية 20).

وهذا الأمر مهمّ أيضًا بالنّسبة لنا، نحن الذين نِلنا موهبة الرّوح القدس في المعموديّة والتّثبيت. من ”العلّيّة“ من هذه البازيليكا، ومثل الرّسل، أُرسلنا لنعلن بشارة الإنجيل للجميع، ولنذهب "دائمًا إلى ما هو أبعد، ليس فقط بالمعنى الجغرافي، بل أيضًا إلى ما هو أبعد من الحواجز العرقيّة والدّينيّة، من أجل رسالة شاملة حقًّا" (رسالة الفادي، 25). وبفضل الرّوح القدس، يمكننا وعلينا أن نقوم بذلك، بالقوّة نفسها وباللطف نفسه.

بالقوّة نفسها، لا بالغطرسة والإكراه، ولا حتّى بالحسابات والمَكر، بل بالطّاقة التي تأتي من أمانتنا للحقّ، والتي يعلّمنا إياها الرّوح القدس ويفيضها في قلوبنا وينمّيها فينا. إذّاك سنستسلم إلى الرّوح لا إلى قوّة العالم، وسنواصل في التّكلّم على السّلام إلى الذين يريدون الحرب، وعلى المغفرة إلى الذين يزرعون الانتقام، وعلى الاستقبال والتّضامن إلى الذين يغلقون الأبواب ويقيمون الحواجز، وعلى الحياة إلى الذين يختارون الموت، وعلى الاحترام إلى الذين يحبّون أن يُذلّوا ويهينوا ويقصوا الآخرين، وعلى الأمانة إلى الذين يرفضون أيّ رابط، ويخلطون بين الحرّيّة والفرديّة السّطحيّة، والمُبهَمة والفارغة. دون أن نخاف من الصّعوبات، ولا من الاستهزاء بنا، ولا من المعارضات التي لا تنقص أبدًا في الحياة الرّسوليّة، اليوم كما في الأمس (راجع أعمال الرّسل 4، 1-31).

وفي الوقت نفسه الذي نعمل فيه بهذه القوّة، تريد أن تكون بشارتنا لطيفة، حتّى نستقبل الجميع. لا ننسَ هذا: الجميع، الجميع، الجميع. لا ننسَ مَثَل المدعوّين إلى العرس الذين لم يرغبوا في الذّهاب إلى العرس: ”اذهَبوا إِلى مفارِقِ الطُّرُق وادعُوا الجميع، الجميع، الجميع، الأخيار والأشرار، الجميع“ (راجع متّى 22، 9-10). الرّوح يمنحنا القوّة لنستمرّ وندعو الجميع بلطف، ويمنحنا اللطف لنستقبل الجميع.

كلّنا، أيّها الإخوة والأخوات، بحاجة ماسّة إلى الرّجاء، وإلى أن نرفع عيوننا إلى آفاق السّلام والأخوّة والعدل والتّضامن. هذا هو طريق الحياة الوحيد، ولا يوجد طريق آخر. بالتّأكيد، يبدو أنّ الأمر ليس غالبًا سهلًا، للأسف، بل في بعض الأحيان يبدو متعرّجًا وشاقًّا. لكنّنا نعلم أنّنا لسنا وحدنا، وأنّه يمكننا بمساعدة الرّوح القدس، ومواهبه، أن نسير في هذا الطّريق ونجعله صالحًا للسّير للآخرين أيضًا.

أيّها الإخوة والأخوات، لنجدّد إيماننا بحضور المعزّي بجانبنا، ولنواصل الصّلاة:

هيَّا أروحَ الخالِق، وأنر عقولنا،

واملأ قلوبنا بنعمتك، واهدِ خطواتنا،

وامنح عالمنا سلامك.

آمين.

[00859-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0414-XX.02]