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Le meditazioni e le preghiere per la Via Crucis 2024 “In preghiera con Gesù sulla via della croce” scritte dal Santo Padre Francesco, 29.03.2024


Testo in lingua italiana

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Testo in lingua italiana

VIA CRUCIS 2024: “In preghiera con Gesù sulla via della croce”

Introduzione

Signore Gesù, guardiamo la tua croce e capiamo che hai dato tutto per noi. Noi ti dedichiamo questo tempo. Vogliamo trascorrerlo vicini a te, che dal Getsemani al Calvario hai pregato. Nell’Anno della preghiera ci uniamo al tuo cammino di preghiera.

Dal Vangelo secondo Marco (14,32-37)

Giunsero a un podere chiamato Getsemani […]. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “[…] Restate qui e vegliate". Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava […]: "Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu". Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: "[…] Non sei riuscito a vegliare una sola ora?”

Signore, hai preparato con la preghiera ogni tua giornata e ora nel Getsemani prepari la Pasqua. Abbà! Padre! Tutto è possibile a te – dici – perché la preghiera è anzitutto dialogo e intimità; ma è anche lotta e richiesta: allontana da me questo calice! Ed è affidamento e dono: Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu. Così, in preghiera, sei entrato nella porta stretta del nostro dolore e l’hai attraversata fino in fondo. Hai sentito «paura e angoscia» (Mc 14,33): paura di fronte alla morte, angoscia sotto il peso del nostro peccato che hai provato su di te, mentre un’amarezza infinita ti invadeva. Ma nel pieno della lotta hai pregato «più intensamente» (Lc 22,44): così hai trasformato la veemenza del dolore in offerta d’amore.

Una cosa sola ci hai domandato: restare con te, vegliare. Non ci chiedi l’impossibile, ma la vicinanza. Eppure, quante volte ho preso le distanze da te! Quante volte, come i discepoli, anziché vegliare ho dormito, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché stanco, anestetizzato dalle comodità, assonnato nell’anima. Gesù, ripeti ancora a me, a noi tua Chiesa: «Alzatevi e pregate» (Lc 22,46). Svegliaci, Signore, destaci dal torpore del cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera.

1. Gesù è condannato a morte

Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?". Ma egli taceva e non rispondeva nulla. […] Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!". Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito (Mc 14,60-61;15,4-5).

Gesù, tu sei la vita e sei condannato a morte; sei la verità e subisci un falso processo. Ma perché non reclami? Perché non alzi la voce e non spieghi le tue ragioni? Perché non confuti i dotti e i potenti come hai sempre fatto con successo? La tua reazione stupisce, Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri. Gesù, mi accorgo che ti conosco poco perché non conosco abbastanza il tuo silenzio; perché nella frenesia di correre e fare, assorbito dalle cose, preso dalla paura di non stare a galla o dalla smania di mettermi al centro, non trovo il tempo per fermarmi e rimanere con te: per lasciare agire te, Parola del Padre che operi nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote: m’insegna che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza.

Preghiamo dicendo: Parla al mio cuore, Gesù

Tu che rispondi al male col bene

Parla al mio cuore, Gesù

Tu che spegni il clamore con la mitezza

Parla al mio cuore, Gesù

Tu che detesti le chiacchiere e le lamentele

Parla al mio cuore, Gesù

Tu che mi conosci nell’intimo

Parla al mio cuore, Gesù

Tu che mi ami più di quanto io mi ami

Parla al mio cuore, Gesù

2. Gesù è caricato della croce

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo

sul legno della croce,

perché, non vivendo più per il peccato,

vivessimo per la giustizia;

dalle sue piaghe siete stati guariti (1 Pt 2,24).

Gesù, portiamo anche noi delle croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto… Gesù, come si fa a pregare lì? Come fare quando mi sento schiacciato dalla vita, quando un peso mi grava sul cuore, quando sono sotto pressione e non ho più la forza di reagire? La tua risposta sta in una proposta: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Venire a te; io, invece, mi chiudo in me: rimugino, rivango, mi piango addosso, sprofondo nel vittimismo, campione di negatività. Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso. Tu questo desideri: che gettiamo in te fatiche e affanni, perché vuoi che ci sentiamo liberi e amati in te. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia stanchezza e le mie miserie, getto in te ogni peso del cuore.

Preghiamo dicendo: Io vengo a te, Signore

Con la mia storia

Io vengo a te, Signore

Con le mie fatiche

Io vengo a te, Signore

Con i miei limiti e le mie fragilità

Io vengo a te, Signore

Con le mie paure

Io vengo a te, Signore

Riponendo ogni fiducia nel tuo amore

Io vengo a te, Signore

3. Gesù cade la prima volta

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24).

Gesù, sei caduto: a cosa pensi, come preghi col viso nella polvere? Ma soprattutto, cosa ti dà la forza di rialzarti? Mentre sei con la faccia a terra e non vedi più il cielo, ti immagino ripetere nel cuore: Padre, che sei nei cieli. Lo sguardo d’amore del Padre che si posa su di te è la tua forza. Ma immagino anche che, mentre baci la terra arida e fredda, pensi all’uomo, tratto dalla terra, a noi, che siamo al centro del tuo cuore; e che ripeti le parole del tuo testamento: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi» (Lc 22,19). L’amore del Padre per te e il tuo per noi: l’amore, ecco la molla che ti fa rialzare e andare avanti. Perché chi ama non resta a terra, riparte; chi ama non si stanca, corre; chi ama vola. Gesù, ti chiedo sempre tante cose, ma una sola mi serve: saper amare. Cadrò nella vita, ma con l’amore potrò rialzarmi e andare avanti, come hai fatto tu, che sei esperto di cadute. La tua vita, infatti, è stata un continuo cadere verso di noi: da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a crocifisso, fino al sepolcro; sei caduto in terra come seme che muore, sei caduto per rialzarci da terra e portarci in cielo. Tu che risollevi dalla polvere e fai rinascere la speranza, dammi la forza di amare e ricominciare.

Preghiamo dicendo: Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

Quando prevale la delusione

Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

Quando i giudizi degli altri si abbattono su di me

Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

Quando le cose non vanno e divento insofferente

Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

Quando mi sembra di non farcela più

Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

Quando mi opprime il pensiero che nulla cambierà

Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare

4. Gesù incontra la madre

Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse […] al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé (Gv 19,26-27).

Gesù, i tuoi ti hanno abbandonato, Giuda ti ha tradito, Pietro rinnegato: sei rimasto solo con la croce. Ma ecco tua madre. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e farsene carico. Gesù, nello sguardo pieno di lacrime e di luce di Maria ritrovi la memoria della tenerezza, delle carezze, delle braccia amorevoli che ti hanno sempre accolto e sostenuto. Lo sguardo materno è lo sguardo della memoria, che ci fonda nel bene. Non si può fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma neppure di una madre che ci rimette a posto nel mondo. Tu lo sai e dalla croce ci dai la tua stessa madre. Ecco tua madre, dici al discepolo, a ognuno di noi: dopo l’Eucaristia, ci dai Maria, dono estremo prima di morire. Gesù, il tuo cammino è stato confortato dal ricordo del suo amore; anche il mio cammino ha bisogno di fondarsi nella memoria del bene. Mi accorgo, però, che la mia preghiera è povera di memoria: veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani. Maria, ferma la mia corsa, aiutami a fare memoria: a custodire la grazia, a ricordare il perdono e i prodigi di Dio, a ravvivare il primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine.

Preghiamo dicendo: Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

Quando riemergono le ferite del passato

Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

Quando smarrisco il senso e il filo delle cose

Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

Quando perdo di vista i doni che ho ricevuto

Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

Quando perdo di vista il dono che sono

Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

Quando mi dimentico di ringraziarti

Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore

5. Gesù viene aiutato dal Cireneo

Mentre [i soldati] lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù (Lc 23,26).

Gesù, quante volte, davanti alle sfide della vita, presumiamo di farcela da soli! Com’è difficile chiedere una mano, per paura di dare l’impressione di non essere all’altezza, noi sempre attenti ad apparire bene e a metterci in bella mostra! Non è facile fidarsi, ancor meno affidarsi. Ma chi prega sa di essere bisognoso e tu, Gesù, sei abituato ad affidarti nella preghiera. Così non disdegni l’aiuto del Cireneo. Esponi le tue fragilità a lui, un uomo semplice, un contadino al ritorno dai campi. Grazie perché, facendoti sostenere nel bisogno, cancelli l’immagine di un dio invulnerabile e distante. Non sei inarrestabile nel potere, ma invincibile nell’amore, e ci insegni che voler bene significa soccorrere gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano. Allora le fragilità si trasformano in opportunità. È accaduto al Cireneo: la tua debolezza gli ha cambiato la vita e lui si accorgerà un giorno di aver soccorso il suo Salvatore, di essere stato redento mediante quella croce che ha portato. Perché anche la mia vita cambi, ti prego, Gesù: aiutami ad abbassare le difese e a lasciarmi amare da te: lì, dove più mi vergogno di me.

Preghiamo dicendo: Guariscimi, Gesù!

Da ogni presunzione di autosufficienza

Guariscimi, Gesù!

Dal pensare di farcela senza te e senza gli altri

Guariscimi, Gesù!

Dalle smanie del perfezionismo

Guariscimi, Gesù!

Dalla ritrosia nell’affidarti le mie miserie

Guariscimi, Gesù!

Dalla fretta di fronte ai bisognosi che incontro nel cammino

Guariscimi, Gesù!

6. Gesù riceve conforto dalla Veronica che gli asciuga il volto

Sia benedetto Dio […] Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione […]. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione (2 Cor 1,3-5).

Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi, Signore, e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza. Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione. Quante volte invoco consolazione da te, Gesù! Ma la Veronica mi ricorda che pure tu ne hai bisogno: tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Amore non amato, anche oggi cerchi tra la folla cuori sensibili alla tua sofferenza, al tuo dolore. Cerchi veri adoratori, che in spirito e verità (cfr Gv 4,23) rimangano con te (cfr Gv 15), Amore abbandonato. Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e consolarti. E fa’ che, nel tuo nome, io sia consolazione per gli altri.

Preghiamo dicendo: Rendimi testimone della tua consolazione

Dio di misericordia, vicino a chi ha il cuore ferito

Rendimi testimone della tua consolazione

Dio di tenerezza, che ti commuovi per noi

Rendimi testimone della tua consolazione

Dio di compassione, che detesti il disinteresse

Rendimi testimone della tua consolazione

Tu, che ti rattristi quando punto il dito contro gli altri

Rendimi testimone della tua consolazione

Tu, che non sei venuto a condannare ma a salvare

Rendimi testimone della tua consolazione

7. Gesù cade ancora sotto il peso della croce

[Il figlio minore] ritornò in sé e disse: […] Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato […]. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato […]; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse […]: “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,17-18.20-22.24)

Gesù, la croce pesa: porta il carico della sconfitta, del fallimento, dell’umiliazione. Lo capisco quando mi sento schiacciato dalle cose, bersagliato dalla vita e incompreso dagli altri; quando avverto il peso eccessivo e snervante della responsabilità e del lavoro, quando sono compresso nella morsa dell’ansia, assalito dalla malinconia, mentre un pensiero soffocante mi ripete: non ne esci, stavolta non ti rialzi. Ma c’è di peggio. Mi accorgo che tocco il fondo quando ci ricasco: quando ricado nei miei sbagli, nei miei peccati, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi accorgo che non sono diverso. Non c’è niente di peggio che essere delusi di sé stessi, schiacciati dal senso di colpa. Ma tu, Gesù, sei caduto più volte sotto il peso della croce per starmi vicino quando ricado. Con te la speranza non finisce mai e dopo ogni caduta si risale, perché quando sbaglio non ti stanchi di me, ma ti fai più vicino a me. Grazie perché mi attendi; grazie perché ricado tante volte e mi perdoni infinite volte: sempre. Ricordami che le cadute possono diventare momenti cruciali del cammino, perché mi portano a capire l’unica cosa che conta: che ho bisogno di te. Gesù, incidimi nel cuore la certezza più importante: che mi rialzo davvero solo quando tu mi rialzi, quando mi liberi dai peccati. Perché la vita non ricomincia dalle mie parole, ma dal tuo perdono.

Preghiamo dicendo: Rialzami, Gesù!

Quando, paralizzato dalla sfiducia, provo tristezza e sconforto

Rialzami, Gesù!

Quando vedo la mia inadeguatezza e mi sento inutile

Rialzami, Gesù!

Quando prevalgono la vergogna e la paura di non farcela

Rialzami, Gesù!

Quando sono tentato di perdere la speranza

Rialzami, Gesù!

Quando dimentico che la mia forza sta nel tuo perdono

Rialzami, Gesù!

8. Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23,27).

Gesù, chi ti segue fino alla fine lungo la via della croce? Non i potenti, che ti aspettano sul Calvario, non gli spettatori che stanno lontano, ma le persone semplici, grandi ai tuoi occhi e piccole a quelli del mondo. Sono le donne, a cui hai dato speranza: non hanno voce ma si fanno sentire. Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine a te, ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze. Gesù, le donne che incontri si battono il petto e fanno lamenti su di te. Non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime arriva al tuo cuore. E la mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore mite e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo.

Preghiamo dicendo: Gesù, sciogli il mio cuore indurito

Tu che conosci i segreti del cuore

Gesù, sciogli il mio cuore indurito

Tu che ti rattristi davanti alla durezza degli animi

Gesù, sciogli il mio cuore indurito

Tu che ami i cuori umili e contriti

Gesù, sciogli il mio cuore indurito

Tu che hai asciugato col perdono le lacrime di Pietro

Gesù, sciogli il mio cuore indurito

Tu che trasformi il pianto in canto

Gesù, sciogli il mio cuore indurito

9. Gesù è spogliato delle vesti

“Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. […] Risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25,37-40).

Gesù, sono le parole che hai detto prima della Passione. Ora capisco questa tua insistenza nell’immedesimarti coi bisognosi: tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale. Ti guardo, Gesù, spogliato delle vesti, e capisco che m’inviti a spogliarmi di tante esteriorità. Perché tu non guardi le apparenze, ma il cuore. E non vuoi una preghiera sterile, ma feconda di carità. Dio spogliato, metti a nudo anche me. Perché è facile parlare, ma poi io ti amo veramente nei poveri, tua carne ferita? Prego per chi è spogliato di dignità? O prego per coprire solo i miei bisogni e rivestirmi di sicurezze? Gesù, la tua verità mi mette a nudo e mi porta a mettere a fuoco quel che conta: te crocifisso e i fratelli crocifissi. Dammi di capirlo ora, per non essere trovato spoglio d’amore quando mi presenterò dinanzi a te.

Preghiamo dicendo: Spogliami, Signore Gesù!

Dell’attaccamento alle apparenze

Spogliami, Signore Gesù!

Della corazza dell’indifferenza

Spogliami, Signore Gesù!

Del credere che soccorrere gli altri non tocchi a me

Spogliami, Signore Gesù!

Di un culto fatto di perbenismo ed esteriorità

Spogliami, Signore Gesù!

Della convinzione che la vita va bene se va bene a me

Spogliami, Signore Gesù!

10. Gesù è inchiodato alla croce

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,33-34).

Gesù, ti trapassano braccia e gambe coi chiodi lacerandoti le carni e proprio ora, mentre il dolore fisico è più atroce, dalle tue labbra sgorga la preghiera impossibile: perdoni chi ti sta mettendo i chiodi nei polsi. E non una volta sola, ma tante, come ricorda il Vangelo, con quel verbo che indica un’azione ripetuta: dicevi: “Padre, perdona”. Allora con te, Gesù, anch’io posso trovare il coraggio di scegliere il perdono, che libera il cuore e rilancia la vita. Signore, non ti basta perdonarci, ci giustifichi pure davanti al Padre: non sanno quello che fanno. Prendi le nostre difese, ti fai nostro avvocato, intercedi per noi. Ora che le tue mani, con cui benedicevi e risanavi, sono inchiodate, e che i tuoi piedi, con cui portavi lieti annunci, non possono più camminare, adesso, nell’impotenza, ci riveli l’onnipotenza della preghiera. Sulla vetta del Golgota ci sveli l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo. Gesù, che io preghi non solo per me e per i miei cari, ma per chi non mi vuol bene e mi fa del male; che io preghi, secondo i desideri del tuo cuore, per chi è lontano da te; per riparare e intercedere a favore di quanti, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te.

Preghiamo dicendo: Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

Per la dolorosa passione di Gesù

Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

Per la potenza delle sue piaghe

Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

Per il suo perdono sulla croce

Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

Per quanti perdonano per il tuo amore

Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

Per l’intercessione di quanti credono, adorano, sperano e ti amano

Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero

11. Gesù grida il suo abbandono

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,45-46).

Gesù, ecco la preghiera inaudita: gridi al Padre il tuo abbandono. Tu, Dio del cielo, non tuoni risposte, ma chiedi perché? Al culmine della Passione avverti la distanza dal Padre e nemmeno più lo chiami Padre, come sempre, ma Dio, quasi a non riuscire più a identificarne il volto. Perché questo? Per immergerti fino in fondo nell’abisso del nostro dolore. Lo hai fatto per me, affinché io, quando vedo solo buio, quando sperimento il crollo delle certezze e il naufragio del vivere, non mi senta più solo, ma creda che tu sei lì con me: tu, Dio della comunione che provi l’abbandono per non lasciarmi più ostaggio della solitudine. Quando hai gridato il tuo perché, lo hai fatto con un Salmo: così hai messo in preghiera persino la desolazione più estrema. Ecco cosa fare nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare a te. Gloria a te, Signore Gesù, perché non sei fuggito dal mio smarrimento, ma l’hai abitato fino in fondo; lode e gloria a te che, caricandoti di ogni distanza, ti sei fatto vicino a chi è da te più lontano. E io, nel buio dei miei perché, ritrovo te, Gesù, luce nella notte. E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, rivedo te, mio Dio: fa’ che ti riconosca e ti ami.

Preghiamo dicendo: Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

Nei bimbi non nati e in quelli abbandonati

Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

In tanti giovani, in attesa di chi ascolti il loro grido di dolore

Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

Nei troppi anziani scartati

Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

Nei detenuti e in chi è solo

Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

Nei popoli più sfruttati e dimenticati

Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami

12. Gesù muore consegnandosi al Padre e consegnando al buon ladrone il paradiso

[Uno dei malfattori appeso alla croce] disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. […] Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò (Lc 23,42-43.46).

Gesù, un malfattore in paradiso! Si affida a te e tu lo affidi con te al Padre. Dio dell’impossibile, fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Fai della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza. Ma questi ribaltamenti li operi con noi, mai senza di noi. Gesù, ricordati di me: questa preghiera sincera ti ha permesso di operare prodigi nella vita di quel malfattore. Potenza inaudita della preghiera. A volte penso che la mia preghiera sia inascoltata e invece l’essenziale è perseverare, avere costanza, ricordarsi di dirti: “Gesù, ricordati di me”. Ricordati di me e il mio male non sarà più un capolinea, ma una ripartenza. Ricordati: mettimi cioè di nuovo nel tuo cuore, anche quando mi allontano, quando mi perdo nella ruota della vita che gira vorticosamente. Ricordati di me, Gesù, perché essere ricordati da te – lo mostra il buon ladrone – è entrare in paradiso. Soprattutto ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia.

Preghiamo dicendo: Gesù, ricordati di me

Quando la speranza svanisce e regna la disillusione

Gesù, ricordati di me

Quando sono incapace di prendere una decisione

Gesù, ricordati di me

Quando perdo fiducia in me e negli altri

Gesù, ricordati di me

Quando perdo di vista la grandezza del tuo amore

Gesù, ricordati di me

Quando credo che la mia preghiera sia inutile

Gesù, ricordati di me

13. Gesù è deposto dalla croce tra le braccia di Maria

Simeone […] a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,33-35).

Maria, dopo il tuo “sì” il Verbo si fece carne nel tuo grembo; ora adagiata sul tuo grembo c’è la sua carne martoriata: quel bimbo che tenevi tra le braccia è un cadavere straziato. Eppure adesso, nel momento più sofferto, risplende la tua offerta: una spada ti trapassa l’anima e la tua preghiera continua ad essere un “sì” a Dio. Maria, noi siamo poveri di “sì” e ricchi di “se”: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse… Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti “se” da dire a Dio, ma dici ancora “sì”. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola. E mentre tieni tra le braccia Gesù esanime, risuonano in te le ultime parole che ti ha rivolto: Ecco tuo figlio. Madre, sono io quel figlio! Accoglimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire “sì” a Dio, “sì” all’amore. Madre di pietà, viviamo un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione: tu, tenera e forte, ungici di mitezza: sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell’anima.

Preghiamo dicendo: Prendimi per mano, Maria

Quando cedo alla recriminazione e al vittimismo

Prendimi per mano, Maria

Quando smetto di lottare e accetto di convivere con le mie falsità

Prendimi per mano, Maria

Quando indugio e non trovo il coraggio di dire “sì” a Dio

Prendimi per mano, Maria

Quando sono indulgente con me e inflessibile con gli altri

Prendimi per mano, Maria

Quando voglio che la Chiesa e il mondo cambino, ma io non cambio

Prendimi per mano, Maria

14. Gesù è deposto nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea

Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. […] Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia (Mt 27,57-60).

Giuseppe: il nome che insieme a Maria sta all’alba del Natale, segna pure l’aurora della Pasqua. Giuseppe di Nazaret sognò e con coraggio prese Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe di Arimatea, ne prendi il corpo, senza sapere che un sogno impossibile e meraviglioso si realizzerà proprio lì, nel sepolcro che hai dato a Cristo quando pensavi che lui non potesse far più nulla per te. Invece è proprio vero che ogni dono fatto a Dio riceve una ricompensa più grande. Giuseppe di Arimatea, sei il profeta del coraggio audace. Per fare il tuo dono a un morto vai dal temuto Pilato e lo preghi, così da poter regalare a Gesù il sepolcro che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è tenace e alle parole seguono le opere. Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi. Il tuo sepolcro che – unico nella storia – sarà fonte di vita, era nuovo, appena scavato nella roccia. E io, che cosa do di nuovo a Gesù in questa Pasqua? Un po’ di tempo per stare con Lui? Un po’ di amore per gli altri? I miei timori e le mie miserie sepolte, che Cristo attende gli offra come hai fatto tu col sepolcro? Sarà davvero Pasqua se donerò qualcosa di mio a Colui che per me ha dato la vita: perché è dando che si riceve; perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dona.

Preghiamo dicendo: Abbi pietà, Signore

Di me, pigro a convertirmi

Abbi pietà, Signore

Di me, che molto amo ricevere e poco donare

Abbi pietà, Signore

Di me, incapace di arrendermi al tuo amore

Abbi pietà, Signore

Di noi, pronti a servirci delle cose ma lenti nel servire gli altri

Abbi pietà, Signore

Del nostro mondo, infestato dai sepolcri dell’egoismo

Abbi pietà, Signore

Invocazione conclusiva (il nome di Gesù, 14 volte)

Signore, ti preghiamo come i bisognosi, i fragili e i malati del Vangelo, che ti invocavano con la parola più semplice e familiare: con il tuo nome.

Gesù, il tuo nome salva, perché tu sei la nostra salvezza.

Gesù, sei la mia vita e per non perdere la rotta nel cammino ho bisogno di te, che perdoni e rialzi, che guarisci il mio cuore e dai senso al mio dolore.

Gesù, hai preso su di te il mio male e dalla croce non mi punti il dito contro, ma mi abbracci; tu, mite e umile di cuore, risanami dal livore e dal risentimento, liberami dal sospetto e dalla sfiducia.

Gesù, ti guardo in croce e vedo spalancarsi davanti ai miei occhi l’amore, senso del mio essere e meta del mio cammino: aiutami ad amare e perdonare, a superare l’insofferenza e l’indifferenza, a non lamentarmi.

Gesù, sulla croce hai sete, ed è sete del mio amore e della mia preghiera; ne hai bisogno per portare a compimento i tuoi progetti di bene e di pace.

Gesù, ti rendo grazie per quanti rispondono al tuo invito e hanno la perseveranza di pregare, il coraggio di credere e la costanza di andare avanti nelle difficoltà.

Gesù, ti presento i pastori del tuo popolo santo: la loro preghiera sostiene il gregge; trovino tempo per stare davanti a te, conformino il loro cuore al tuo.

Gesù, ti benedico per le contemplative e i contemplativi, la cui preghiera, nascosta al mondo e a te gradita, custodisce la Chiesa e l’umanità.

Gesù, porto davanti a te le famiglie e le persone che stasera hanno pregato dalle loro case, gli anziani, specialmente quelli soli, gli ammalati, gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alla tua.

Gesù, questa preghiera di intercessione raggiunga le sorelle e i fratelli che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del tuo nome; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti.

Gesù, con la tua croce hai fatto di tutti noi una cosa sola: stringi nella comunione i credenti, infondi sentimenti fraterni e pazienti, aiutaci a collaborare e a camminare insieme; custodisci la Chiesa e il mondo nella pace.

Gesù, giudice santo che mi chiamerai per nome, liberami dai giudizi temerari, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive.

Gesù, prima di morire dici: “è compiuto”. Io, nella mia incompiutezza, non potrò dirlo; ma confido in te, perché sei la mia speranza, la speranza della Chiesa e del mondo.

Gesù, ancora una parola voglio dirti e continuare a ripeterti: grazie! Grazie, mio Signore e mio Dio.

[00551-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

CHEMIN DE CROIX 2024 :“En prière avec Jésus sur le chemin de la croix”

Introduction

Seigneur Jésus, nous regardons ta croix et nous comprenons que tu as tout donné pour nous. Nous te consacrons ce temps. Nous voulons le passer près de toi qui, de Gethsémani au Calvaire, as prié. En cette Année de la prière, nous nous unissons à ton chemin de prière.

De l’Évangile selon saint Marc (14, 32-37)

Ils parviennent à un domaine appelé Gethsémani. […] Puis il emmène avec lui Pierre, Jacques et Jean, et commence à ressentir frayeur et angoisse. Il leur dit : “[…] Restez ici et veillez”. Allant un peu plus loin, il tombait à terre et priait […] : “Abba… Père, tout est possible pour toi. Éloigne de moi cette coupe. Cependant, non pas ce que moi, je veux, mais ce que toi, tu veux !”. Puis il revient et trouve les disciples endormis. Il dit à Pierre : “[…] Tu n’as pas eu la force de veiller seulement une heure ?”

Seigneur, tu as préparé par la prière chacune de tes journées et maintenant, à Gethsémani, tu prépares la Pâque. Abba ! Père ! Tout est possible pour toi – dis-tu – parce que la prière est avant tout dialogue et intimité ; mais elle est aussi lutte et demande : Éloigne de moi cette coupe ! Et elle est confiance et don : Cependant, non pas ce que moi, je veux, mais ce que toi, tu veux. Ainsi, tu es entré en prière par la porte étroite de notre souffrance et tu l’as franchie jusqu’au bout. Tu as ressenti « peur et angoisse » (Mc 14, 33) : peur face à la mort, angoisse sous le poids de notre péché que tu as pris sur toi, alors qu’une amertume infinie t’envahissait. Mais, en plein combat, tu as prié « plus intensément » (Lc 22, 44) : tu as ainsi transformé la véhémence de la douleur en offrande d’amour.

Tu nous as demandé une seule chose : rester avec toi, veiller. Tu ne nous demandes pas l’impossible, mais la proximité. Et pourtant, combien de fois je me suis éloigné de toi ! Combien de fois, comme les disciples, au lieu de veiller j’ai dormi, combien de fois n’ai-je pas eu le temps ou l’envie de prier, parce que j’étais fatigué, anesthésié par le confort, l’âme endormie. Jésus, répète-moi encore, à nous ton Église : « Levez-vous et priez » (Lc 22, 46). Réveille-nous, Seigneur, sors-nous de la torpeur du cœur, car aujourd’hui encore, aujourd’hui surtout, tu as besoin de notre prière.

1. Jésus est condamné à mort

Alors, s’étant levé, le grand prêtre, devant tous, interrogea Jésus : “Tu ne réponds rien ? Que dis-tu des témoignages qu’ils portent contre toi ?”. Mais lui gardait le silence et ne répondait rien. […] Pilate lui demanda à nouveau : “Tu ne réponds rien ? Vois toutes les accusations qu’ils portent contre toi”. Mais Jésus ne répondit plus rien, si bien que Pilate fut étonné (Mc 14, 60-61 ; 15, 4-5).

Jésus, tu es la vie et tu es condamné à mort ; tu es la vérité et tu subis un faux procès. Mais pourquoi ne te plains-tu pas ? Pourquoi n’élèves-tu pas la voix et n’expliques-tu pas tes raisons ? Pourquoi ne réfutes-tu pas les savants et les puissants comme tu l’as toujours fait avec succès ? Ta réaction étonne, Jésus : au moment décisif, tu ne parles pas, tu te tais. Parce que plus le mal est fort, plus ta réponse est radicale. Et ta réponse est le silence. Mais ton silence est fécond : il est prière, il est douceur, il est pardon, il est chemin pour remédier au mal, pour convertir ce que tu souffres en un don que tu offres. Jésus, je m’aperçois que je te connais peu parce que je ne connais pas assez ton silence ; parce que dans la frénésie de courir et de faire, absorbé par les choses, pris de peur de ne pas rester à flot ou par la manie me mettre au centre, je ne trouve pas le temps de m’arrêter et de rester avec toi pour te laisser agir, Parole du Père qui œuvre dans le silence. Jésus, ton silence me secoue : il m’enseigne que la prière ne naît pas des lèvres qui remuent, mais d’un cœur qui sait être à l’écoute : parce que prier c’est se rendre docile à ta Parole, c’est adorer ta présence.

Prions en disant : Parle à mon cœur, Jésus

Toi qui réponds au mal par le bien

Parle à mon cœur, Jésus

Toi qui éteins l’agitation par la douceur

Parle à mon cœur, Jésus

Toi qui détestes les bavardages et les plaints

Parle à mon cœur, Jésus

Toi qui me connais au plus profond

Parle à mon cœur, Jésus

Toi qui m’aimes plus que moi-même

Parle à mon cœur, Jésus

2. Jésus est chargé de la croix

Lui-même a porté nos péchés,

dans son corps, sur le bois,

afin que, morts à nos péchés,

nous vivions pour la justice.

Par ses blessures, nous sommes guéris. (1 P 2, 24).

Jésus, nous portons nous aussi des croix, parfois très lourdes : une maladie, un accident, la mort d’un être cher, une déception affective, un enfant en perdition, le travail qui manque, une blessure intérieure qui ne guérit pas, l’échec d’un projet, une énième attente qui ne donne rien... Jésus, comment fait-on pour prier dans ces cas ? Comment faire quand je me sens écrasé par la vie, quand un poids me pèse sur le cœur, quand je suis sous pression et que je n’ai plus la force de réagir ? Ta réponse se trouve dans une proposition : « Venez à moi, vous tous qui êtes fatigués et chargés, et je vous donnerai le repos » (Mt 11, 28). Venir à toi ! Moi, au contraire, je me referme en moi-même : je rumine, je ressasse, je pleure sur moi, je m’enfonce dans la victimisation, championne de négativité. Venez à moi : nous le dire n’a pas suffi, alors voici que tu viens à nous et que tu portes notre croix sur tes épaules, pour nous en ôter le poids. C’est ce que tu veux : que nous te confions nos peines et nos tourments, car tu veux que nous nous sentions libres et aimés de toi. Merci, Jésus. J’unis ma croix à la tienne, je t’apporte mes fatigues et mes misères, je jette en toi tous les fardeaux de mon cœur.

Prions en disant : Je viens à toi, Seigneur

Avec mon histoire

Je viens à toi, Seigneur

Avec mes peines

Je viens à toi, Seigneur

Avec mes limites et mes fragilités

Je viens à toi, Seigneur

Avec mes peurs

Je viens à toi, Seigneur

En plaçant toute ma confiance dans ton amour

Je viens à toi, Seigneur

3. Jésus tombe pour la première fois

Amen, amen, je vous le dis : si le grain de blé tombé en terre ne meurt pas, il reste seul ; mais s’il meurt, il porte beaucoup de fruit. (Jn 12, 24)

Jésus, tu es tombé : à quoi penses-tu, comment pries-tu, le visage dans la poussière ? Et surtout, qu’est-ce qui te donne la force de te relever ? Alors que tu es face contre terre et que tu ne vois plus le ciel, je t’imagine répétant dans ton cœur : Père, qui es aux cieux. Le regard aimant du Père qui se pose sur toi est ta force. Mais j’imagine aussi qu’en embrassant la terre sèche et froide, tu penses à l’homme, tiré de la terre, à nous, qui sommes au centre de ton cœur, et que tu répètes les paroles de ton testament : « Ceci est mon corps, donné pour vous » (Lc 22, 19). L’amour du Père pour toi et le tien pour nous : l’amour, c’est le ressort qui te fait te relever et avancer. Car celui qui aime ne reste pas à terre, il repart ; celui qui aime ne se fatigue pas, il court ; celui qui aime vole. Jésus, je te demande toujours beaucoup de choses, mais je n’ai besoin que d’une seule : savoir aimer. Je tomberai dans la vie, mais, avec l’amour, je pourrai me relever et avancer, comme tu l’as fait, toi qui es expert en chutes. Ta vie, en effet, a été une chute continuelle vers nous : de Dieu à l’homme, de l’homme au serviteur, du serviteur au crucifié, jusqu’au tombeau. Tu es tombé en terre comme une graine qui meurt, tu es tombé pour nous relever de la terre et nous emmener au ciel. Toi qui relèves de la poussière et fais renaître l’espérance, donne-moi la force d’aimer et de recommencer.

Prions en disant : Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

Quand la déception l’emporte

Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

Quand les jugements des autres s’abattent sur moi

Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

Quand les choses ne vont pas et que je deviens impatient

Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

Quand je sens que je n’y arrive plus

Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

Quand je suis accablé par l’idée que rien ne changera

Jésus, donne-moi la force d’aimer et de recommencer

4. Jésus rencontre sa mère

Jésus, voyant sa mère, et près d’elle le disciple qu’il aimait, dit […] au disciple : “Voici ta mère”. Et à partir de cette heure-là, le disciple la prit chez lui (Jn 19, 26-27).

Jésus, les tiens t’ont abandonné, Judas t’a trahi, Pierre t’a renié : tu es resté seul avec la croix. Mais voici ta mère. Pas besoin de mots, ses yeux suffisent qui savent regarder en face la souffrance et s’en charger. Jésus, dans le regard plein de larmes et de lumière de Marie, tu te souviens de la tendresse, des caresses, des bras aimants qui t’ont toujours accueilli et soutenu. Le regard maternel est le regard de la mémoire, qui nous enracine dans le bien. On ne peut pas se passer d’une mère qui nous met au monde, ni d’une mère qui nous remet à notre place dans le monde. Tu le sais, et de la croix tu nous donnes ta propre mère. Tu le dis au disciple, à chacun de nous : Voici ta mère. Après l’Eucharistie, tu nous donnes Marie, don ultime avant de mourir. Jésus, ton chemin a été réconforté par le souvenir de son amour ; mon chemin aussi a besoin de s’enraciner dans le souvenir du bien. Mais je m’aperçois que ma prière est pauvre en souvenirs : rapide, expéditive, une liste de besoins pour aujourd’hui et demain. Marie, arrête ma course, aide-moi à faire mémoire, à conserver la grâce, à me rappeler le pardon et les prodiges de Dieu, à raviver le premier amour, à savourer de nouveau les merveilles de la providence, à pleurer de gratitude.

Prions en disant : Seigneur, ravive en moi le souvenir de ton amour

Quand les blessures du passé resurgissent

Seigneur, ravive en moi le souvenir de ton amour

Quand je perds le sens et le fil des choses

Seigneur, ravive en moi le souvenir de ton amour

Quand je perds de vue les dons que j’ai reçus.

Seigneur, il ravive en moi le souvenir de ton amour

Quand je perds de vue le don que je suis

Seigneur, il ravive en moi le souvenir de ton amour

Quand j’oublie de te remercier

Seigneur, ravive en moi le souvenir de ton amour

5. Jésus est aidé par le Cyrénéen

Comme [les soldats] l’emmenaient, ils prirent un certain Simon de Cyrène qui revenait des champs, et ils le chargèrent de la croix pour qu’il la porte derrière Jésus (Lc 23, 26).

Jésus, combien de fois, face aux défis de la vie, nous imaginons que nous y arriverons tout seuls ! Comme il est difficile de demander de l’aide, de peur de donner l’impression de ne pas être à la hauteur, nous qui sommes toujours attentifs à paraître et à nous faire remarquer ! Il n’est pas facile de faire confiance, encore moins de se confier. Mais celui qui prie sait qu’il est dans le besoin et toi, Jésus, tu es habitué à te confier dans la prière. Ainsi tu ne dédaignes pas l’aide du Cyrénéen. Tu lui exposes tes fragilités, à lui un homme simple, un paysan du retour des champs. Merci parce que, en te faisant soutenir dans le besoin, tu effaces l’image d’un dieu invulnérable et distant. Ton pouvoir est sans limites, mais tu es invincible en amour, et tu nous enseignes qu’aimer c’est secourir les autres précisément là, dans les faiblesses dont ils ont honte. Alors les fragilités deviennent des opportunités. Cela est arrivé au Cyrénéen : ta faiblesse a changé sa vie et il se souviendra, un jour, avoir secouru son Sauveur, avoir été racheté par cette croix qu’il a portée. Pour que ma vie change aussi, je te prie, Jésus : aide-moi à baisser les défenses et à me laisser aimer par toi : là, où j’ai le plus honte de moi.

Prions en disant : Guéris-moi, Jésus !

De toute présomption d’autosuffisance

Guéris-moi, Jésus !

De penser y arriver sans toi et sans les autres

Guéris-moi, Jésus !

De la manie du perfectionnisme

Guéris-moi, Jésus !

De la réticence à te confier mes misères

Guéris-moi, Jésus !

D’esquiver les nécessiteux que je rencontre en chemin

Guéris-moi, Jésus !

6. Jésus reçoit le réconfort de Véronique qui lui essuie la face

Béni soit Dieu, […] le Père plein de tendresse, le Dieu de qui vient tout réconfort. Dans toutes nos détresses, il nous réconforte ; ainsi, nous pouvons réconforter tous ceux qui sont dans la détresse […]. En effet, de même que nous avons largement part aux souffrances du Christ, de même, par le Christ, nous sommes largement réconfortés (2Co 1, 3-5)

Jésus, beaucoup suivent le spectacle barbare de ton exécution et, sans te connaître et sans connaître la vérité, émettent des jugements et des condamnations, jetant sur toi infamie et mépris. Cela arrive encore aujourd’hui, Seigneur, et un cortège macabre n’est même pas nécessaire : il suffit d’un clavier pour insulter et publier des sentences. Mais, pendant que beaucoup crient et jugent, une femme se fraye un chemin au milieu de la foule. Elle ne parle pas : elle agit. Elle n’invective pas : elle s’apitoie. Elle va à contre-courant : seule, avec le courage de la compassion, elle risque par amour, elle trouve le moyen de passer parmi les soldats juste pour donner à ton visage le réconfort d’une caresse. Son geste passera à l’histoire et c’est un geste de consolation. Combien de fois j’invoque de toi la consolation, Jésus ! Mais Véronique me rappelle que toi aussi tu en as besoin : toi, Dieu proche, tu demandes ma proximité ; toi, mon consolateur, tu veux être consolé par moi. Amour non aimé, aujourd’hui encore tu cherches parmi la foule des cœurs sensibles à ta souffrance, à ta douleur. Tu cherches de vrais adorateurs, qui, en esprit et en vérité (cf. Jn 4, 23), restent avec toi (cf. Jn 15), Amour abandonné. Jésus, allume en moi le désir d’être avec toi, de t’adorer et de te consoler. Et fais que, en ton nom, je sois consolation pour les autres.

Prions en disant : Rends-moi témoin de ta consolation

Dieu de miséricorde, proche de celui qui a le cœur blessé

Rends-moi témoin de ta consolation

Dieu de tendresse, qui t’émeus pour nous

Rends-moi témoin de ta consolation

Dieu de compassion, toi qui détestes l’indifférence

Rends-moi témoin de ta consolation

Toi qui es triste quand je pointe du doigt les autres

Rends-moi témoin de ta consolation

Toi qui n’es pas venu condamner mais sauver

Rends-moi témoin de ta consolation

7. Jésus tombe encore sous le poids de la croix

Alors il rentra en lui-même et se dit : […] “Je me lèverai, j’irai vers mon père, et je lui dirai : Père, j’ai péché contre le ciel et envers toi”. Il se leva et s’en alla vers son père. Comme il était encore loin, son père l’aperçut et fut saisi de compassion ; il courut se jeter à son cou et le couvrit de baisers. Le fils lui dit : “Père, j’ai péché […]. Je ne suis plus digne d’être appelé ton fils.” Mais le père […] : “ mon fils que voilà était mort, et il est revenu à la vie ; il était perdu, et il est retrouvé.” (Lc 15, 17-18.20-22.24).

Jésus, la croix est lourde : elle porte le poids de la défaite, de l’échec, de l’humiliation. Je le comprends quand je me sens écrasé par les choses, tourmenté par la vie et incompris des autres ; quand je ressens le poids excessif et stressant de la responsabilité et du travail, quand je suis oppressé par l’étau de l’anxiété, assailli par la mélancolie alors qu’une pensée étouffante me répète : tu ne t’en sortiras pas, cette fois tu ne te relèveras pas. Mais il y a pire. Je m’aperçois que je touche le fond quand je replonge : quand je retombe dans mes erreurs, dans mes péchés, quand je me scandalise des autres et que je m’aperçois que je ne suis pas différent. Il n’y a rien de pire que d’être déçu de soi, écrasé par la culpabilité. Mais toi, Jésus, tu es tombé plusieurs fois sous le poids de la croix pour être près de moi quand je retombe. Avec toi, l’espérance ne finit jamais, je remonte après chaque chute, car lorsque je me trompe, tu ne te lasses pas de moi mais tu te rapproches davantage de moi. Merci de m’attendre ; merci de me pardonner infiniment, toujours, lorsque sans cesse je rechute. Rappelle-moi que les chutes peuvent devenir des moments cruciaux du chemin parce qu’elles me font comprendre la seule chose qui compte : que j’ai besoin de toi. Jésus, inscris dans mon cœur la certitude la plus importante : je ne me relève vraiment que lorsque tu me relèves, lorsque tu me délivres des péchés. Car la vie ne repart pas de mes paroles, mais de ton pardon.

Prions en disant : Relève-moi, Jésus !

Quand, paralysé par la méfiance, j’éprouve tristesse et découragement

Relève-moi, Jésus !

Quand je vois mon insuffisance et je me sens inutile

Relève-moi, Jésus !

Quand dominent la honte et la peur de ne pas y arriver

Relève-moi, Jésus !

Quand je suis tenté de perdre espérance

Relève-moi, Jésus !

Quand j’oublie que ma force réside dans ton pardon

Relève-moi, Jésus !

8. Jésus rencontre les femmes de Jérusalem

Le peuple, en grande foule, le suivait, ainsi que des femmes qui se frappaient la poitrine et se lamentaient sur Jésus (Lc 23, 27).

Jésus, qui est-ce qui te suit jusqu’au bout sur le chemin de la croix ? Non pas les puissants qui t’attendent sur le Calvaire, non pas les spectateurs qui restent au loin, mais les personnes simples, grandes à tes yeux et petites aux yeux du monde. Ce sont les femmes auxquelles tu as donné de l’espérance. Elles n’ont pas de voix mais elles se font entendre. Aide-nous à reconnaître la grandeur des femmes, elles qui, à Pâques, ont été fidèles et proches de toi mais qui sont encore aujourd’hui rejetées et subissent outrages et violences. Jésus, les femmes que tu rencontres se frappent la poitrine et pleurent sur toi. Elles ne pleurent pas sur elles-mêmes, mais elles pleurent sur toi, elles pleurent sur le mal et sur le péché du monde. Leur prière faite de larmes arrive à ton cœur. Et ma prière, sait-elle pleurer ? Est-ce que je m’émeus devant toi, crucifié pour moi, devant ton amour doux et blessé ? Est-ce que je pleure mes faussetés et mon inconstance ? Face aux tragédies du monde mon cœur est-il de glace, ou bien fond-il ? Comment est-ce que je réagis à la folie de la guerre, aux visages d’enfants qui ne savent plus sourire, aux mères qui les voient sous-alimentés et affamés et qui n’ont plus de larmes à verser ? Toi, Jésus, tu as pleuré sur Jérusalem, tu as pleuré sur la dureté de notre cœur. Secoue-moi à l’intérieur, donne-moi la grâce de pleurer en priant et de prier en pleurant.

Prions en disant : Jésus, attendris mon cœur endurci

Toi qui connais les secrets du cœur

Jésus, attendris mon cœur endurci

Toi qui t’attristes devant la dureté des âmes

Jésus, attendris mon cœur endurci

Toi qui aimes les cœurs humbles et contrits

Jésus, attendris mon cœur endurci

Toi qui as essuyé avec le pardon les larmes de Pierre

Jésus, attendris mon cœur endurci

Toi qui transformes les pleurs en chant

Jésus, attendris mon cœur endurci

9. Jésus est dépouillé de ses vêtements

“Seigneur, quand est-ce que nous t’avons vu… ? Tu avais donc faim, et nous t’avons nourri ? Tu avais soif, et nous t’avons donné à boire ? Tu étais un étranger, et nous t’avons accueilli ? Tu étais nu, et nous t’avons habillé ? Tu étais malade ou en prison… Quand sommes-nous venus jusqu’à toi ?” […] Il leur répondra : “Amen, je vous le dis : chaque fois que vous l’avez fait à l’un de ces plus petits de mes frères, c’est à moi que vous l’avez fait.” (Mt 25, 37-40).

Jésus, ce sont les paroles que tu as dites avant la Passion. Je comprends maintenant ton insistance à t’identifier aux nécessiteux : tu as été emprisonné ; tu es étranger, conduit hors de la ville pour être crucifié ; tu es nu, dépouillé des vêtements ; tu es malade et blessé ; tu es assoiffé sur la croix et affamé d’amour. Fais que je te voie dans les personnes souffrantes et que je voie les personnes souffrantes en toi, parce que tu es là, en celui qui est dépouillé de sa dignité, dans les christs humiliés par la domination et l’injustice, par les gains injustes faits sur la peau des autres dans l’indifférence générale. Je te regarde, Jésus, dépouillé de tes vêtements, et je comprends que tu m’invites à me dépouiller de nombre d’extériorités. Car tu ne regardes pas les apparences, mais le cœur. Tu ne veux pas de prière stérile, mais féconde en charité. Dieu dépouillé, mets-moi aussi à nu. Parce qu’il est facile de parler, mais est-ce que je t’aime vraiment dans les pauvres, ta chair blessée ? Est-ce que je prie pour ceux qui sont dépouillés de dignité ? Ou est-ce que je prie pour couvrir seulement mes besoins et me revêtir de sécurités ? Jésus, ta vérité me met à nu et m’amène à mettre l’accent sur ce qui compte : toi le crucifié, et les frères crucifiés. Accorde-moi de le comprendre maintenant, pour ne pas être trouvé dépouillé d’amour quand je me présenterai devant toi.

Prions en disant : Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

De l’attachement aux apparences

Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

De la cuirasse de l’indifférence

Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

De croire que secourir les autres ne me concerne pas

Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

D’un culte fait de respectabilité et d’extériorité

Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

De la conviction que la vie va bien si elle va bien pour moi

Dépouille-moi, Seigneur Jésus !

10. Jésus est cloué sur la croix

Lorsqu’ils furent arrivés au lieudit Le Crâne (ou Calvaire), ils crucifièrent Jésus, avec les deux malfaiteurs, l’un à droite et l’autre à gauche. Jésus disait : “Père, pardonne-leur : ils ne savent pas ce qu’ils font” (Lc 23, 33-34).

Jésus, ils te transpercent les bras et les jambes avec des clous déchirant la chair et, en ce moment même, alors que la douleur physique est la plus atroce, de tes lèvres jaillit la prière impossible : tu pardonnes à ceux qui fixent les clous dans tes poignets. Et pas une seule fois, mais souvent, comme le rappelle l’Évangile, avec ce verbe qui indique une action répétée : tu disais “Père, pardonne”. Alors avec toi, Jésus, moi aussi je peux trouver le courage de choisir le pardon qui libère le cœur et qui relance la vie. Seigneur, il ne te suffit pas de nous pardonner, tu nous justifies aussi devant le Père : Ils ne savent pas ce qu’ils font. Tu prends notre défense, tu te fais notre avocat, tu intercèdes pour nous. Maintenant que tes mains avec lesquelles tu bénissais et guérissais sont clouées, et que tes pieds avec lesquels tu portais de joyeuses nouvelles ne peuvent plus marcher, maintenant, dans l’impuissance, tu nous révèles la toute-puissance de la prière. Sur le sommet du Golgotha tu nous révèles la grandeur de la prière d’intercession qui sauve le monde. Jésus, fais que je ne prie pas seulement pour moi et pour mes proches, mais pour ceux qui ne m’aiment pas et qui me font du mal ; que je prie, selon les désirs de ton cœur, pour ceux qui sont loin de toi ; pour réparer et intercéder en faveur de ceux qui, t’ignorant, ne connaissent pas la joie de t’aimer et d’être pardonnés par toi.

Prions en disant : Père, prends pitié de nous et du monde entier

Par la douloureuse passion de Jésus

Père, prends pitié de nous et du monde entier

Par la puissance de ses plaies

Père, prends pitié de nous et du monde entier

Par son pardon sur la croix

Père, prends pitié de nous et du monde entier

Pour ceux qui pardonnent par ton amour

Père, prends pitié de nous et du monde entier

Par l’intercession de ceux qui croient, qui adorent, qui espèrent et qui t’aiment

Père, prends pitié de nous et du monde entier

11. Jésus crie son abandon

À partir de la sixième heure (c’est-à-dire : midi), l’obscurité se fit sur toute la terre jusqu’à la neuvième heure. Vers la neuvième heure, Jésus cria d’une voix forte : “Éli, Éli, lema sabactani ?”, ce qui veut dire : “Mon Dieu, mon Dieu, pourquoi m’as-tu abandonné ?” (Mt 27, 45-46).

Jésus, voilà la prière inouïe : tu cries au Père ton abandon. Toi, le Dieu du ciel, tu ne fulmines pas des réponses, mais tu demandes pourquoi ? Au sommet de la Passion, tu ressens la distance avec le Père et tu ne l’appelles même plus Père, comme d’habitude, mais Dieu, au point de ne presque plus réussir à identifier son visage. Pourquoi cela ? Pour te plonger jusqu’au fond de l’abîme de notre souffrance. Tu l’as fait pour moi, pour que, lorsque je vois seulement l’obscurité, que j’expérimente l’écroulement des certitudes et le naufrage de la vie, je ne me sente plus seul et que je croie que tu es là avec moi : toi, Dieu de la communion qui ressens l’abandon pour ne plus me laisser otage de la solitude. Quand tu as crié ton pourquoi, tu l’as fait avec un Psaume : ainsi tu as mis en prière même la désolation la plus extrême. Voilà ce qu’il faut faire dans les tempêtes de la vie : au lieu de se taire et de garder en soi, il faut crier vers toi. Gloire à toi, Seigneur Jésus, car tu n’as pas fui mon égarement, mais tu l’as habité jusqu’au bout ; louange et gloire à toi qui, en te chargeant de toute distance, t’es fait proche de ceux qui sont le plus éloignés de toi. Et moi, dans l’obscurité de mes pourquoi, je te retrouve, toi, Jésus, lumière dans la nuit. Et dans le cri de tant de personnes seules et exclues, opprimées et abandonnées, je te revois, mon Dieu : fais que je te reconnaisse et que je t’aime.

Prions en disant : Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

Dans les enfants qui ne sont pas nés et les enfants abandonnés

Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

Dans nombre de jeunes, en attente de celui qui écoute leur cri de souffrance

Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

Dans trop de personnes âgées écartées

Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

Dans les détenus et les personnes seules

Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

Dans les peuples les plus exploités et oubliés

Jésus, fais que je te reconnaisse et que je t’aime

12. Jésus meurt s’en remettant au Père et en donnant au bon larron le paradis

[L’un des malfaiteurs suspendus en croix] disait : “Jésus, souviens-toi de moi quand tu viendras dans ton Royaume”. Jésus lui déclara : “Amen, je te le dis : aujourd’hui, avec moi, tu seras dans le Paradis”. […] Jésus poussa un grand cri : “Père, entre tes mains je remets mon esprit”. Et après avoir dit cela, il expira (Lc 23, 42-43.46).

Jésus, un malfaiteur au paradis ! Il se confie à toi et tu le confies avec toi au Père. Dieu de l’impossible, tu fais d’un voleur un saint. Et pas seulement : sur le Calvaire tu changes le cours de l’histoire. Tu fais de la croix, emblème du supplice, l’icône de l’amour ; du mur de la mort un pont sur la vie. Tu transformes les ténèbres en lumière, la séparation en communion, la souffrance en une danse, et même le sépulcre, dernière étape de la vie, en point de départ de l’espérance. Mais tu opères ces retournements avec nous, jamais sans nous. Jésus, souviens-toi de moi : cette prière sincère t’a permis d’opérer des prodiges dans la vie de ce malfaiteur. Puissance inouïe de la prière ! Parfois je pense que ma prière n’est pas écoutée. Au contraire, l’essentiel est de persévérer, avoir de la constance, se rappeler de te dire : “Jésus, souviens-toi de moi”. Souviens-toi de moi et mon mal ne sera plus un terminus, mais un nouveau départ. Souviens-toi : mets-moi de nouveau dans ton cœur, même quand je m’éloigne, quand je me perds dans le tourbillon de la vie. Souviens-toi de moi, Jésus, car être souvenu de toi – le bon larron le montre – c’est entrer au paradis. Rappelle-moi surtout, Jésus, que ma prière peut changer l’histoire.

Prions en disant : Jésus, souviens-toi de moi

Quand l’espérance s’évanouit et que règne la désillusion

Jésus, souviens-toi de moi

Quand je suis incapable de prendre une décision

Jésus, souviens-toi de moi

Quand je perds confiance en moi et dans les autres

Jésus, souviens-toi de moi

Quand je perds de vue la grandeur de ton amour

Jésus, souviens-toi de moi

Quand je crois que ma prière est inutile

Jésus, souviens-toi de moi

13. Jésus est déposé de la croix dans les bras de Marie

Syméon […] dit à Marie sa mère :“Voici que cet enfant provoquera la chute et le relèvement de beaucoup en Israël. Il sera un signe de contradiction – et toi, ton âme sera traversée d’un glaive” (Lc 2, 34-35).

Marie, après ton “oui”, le Verbe s’est fait chair dans ton sein ; maintenant, sa chair meurtrie repose sur ton sein. Cet enfant que tu tenais dans les bras est un cadavre meurtri. Et pourtant, au moment le plus douloureux, ton offrande resplendit : une épée transperce ton âme et ta prière continue d’être un “oui” à Dieu. Marie, nous sommes pauvres de “oui” et riches de “si” : si j’avais eu de meilleurs parents, si j’avais été plus compris et aimé, si la carrière avait été meilleure pour moi, s’il n’y avait pas eu ce problème, si je ne souffrais plus, si Dieu m’écoutait... Toujours à nous demander le pourquoi des choses, nous avons du mal à vivre le présent avec amour. Tu aurais beaucoup de “si” à dire à Dieu, mais tu dis encore “oui”. Forte dans la foi, tu crois que la douleur, traversée par l’amour, porte des fruits de salut ; que la souffrance avec Dieu n’a pas le dernier mot. Et tandis que tu tiens Jésus sans vie dans tes bras, les dernières paroles qu’il t’a adressées résonnent en toi : Voici ton fils. Mère, je suis ce fils ! Accueille-moi dans tes bras et penche-toi sur mes blessures. Aide-moi à dire “oui” à Dieu, “oui” à l’amour. Mère de pitié, nous vivons des temps impitoyables et nous avons besoin de compassion : toi, tendre et forte, oins-nous de douceur : défais les résistances du cœur et les nœuds de l’âme.

Prions en disant : Prends-moi par la main, Marie

Quand je cède à la récrimination et à la victimisation

Prends-moi par la main, Marie

Quand j’arrête de me battre et que j’accepte de vivre avec mes faussetés

Prends-moi par la main, Maria

Quand je tarde et que je ne trouve pas le courage de dire “oui” à Dieu

Prends-moi par la main, Marie

Quand je suis indulgent avec moi et inflexible avec les autres

Prends-moi par la main, Marie

Quand je veux que l’Église et le monde changent alors que je ne change pas

Prends-moi par la main, Marie

14. Jésus est déposé dans le sépulcre de Joseph d’Arimathie

Comme il se faisait tard, arriva un homme riche originaire d’Arimathie qui s’appelait Joseph, et qui était devenu, lui aussi, disciple de Jésus. Il alla trouver Pilate pour demander le corps de Jésus. […] Prenant le corps, Joseph l’enveloppa dans un linceul immaculé, et le déposa dans le tombeau neuf qu’il s’était fait creuser dans le roc (Mt 27, 27-60).

Joseph : le nom qui, avec Marie, se trouve à l’aube de Noël, marque aussi l’aurore de Pâques. Joseph de Nazareth eut un songe et, avec courage, prit Jésus pour le sauver d’Hérode. Toi, Joseph d’Arimathie, tu prends son corps sans savoir qu’un rêve impossible et merveilleux va se réaliser là, dans le tombeau que tu as donné au Christ quand tu pensais que celui-ci ne pouvait plus rien pour toi. Au contraire, tout don fait à Dieu reçoit une récompense plus grande. Joseph d’Arimathie, tu es le prophète du courage audacieux. Pour faire ton don à un mort, tu vas voir le redouté Pilate et tu le pries, afin de pouvoir offrir à Jésus le tombeau que tu avais fait construire pour toi. Ta prière est tenace et les œuvres suivent les paroles. Joseph, rappelle-nous que la prière faite avec insistance porte du fruit et traverse même l’obscurité de la mort ; que l’amour ne reste pas sans réponse mais permet de nouveaux commencements. Ton sépulcre qui – unique dans l’histoire – sera source de vie, était nouveau, creusé depuis peu dans la roche. Et moi, qu’est-ce que je donne de nouveau à Jésus en cette Pâque ? Un peu de temps pour être avec Lui ? Un peu d’amour pour les autres ? Mes craintes et mes misères enterrées, dont le Christ attend de moi l’offrande, comme tu l’as fait avec le sépulcre ? Ce sera vraiment Pâques si je donne une chose qui m’appartient à Celui qui a donné sa vie pour moi : parce que c’est en donnant que l’on reçoit ; parce que l’on trouve la vie quand on la perd et on la possède quand on la donne.

Prions en disant : Prends pitié, Seigneur

De moi, paresseux à me convertir

Prends pitié, Seigneur

De moi qui aime beaucoup recevoir et peu donner

Prends pitié, Seigneur

De moi, incapable de me livrer à ton amour

Prends pitié, Seigneur

De nous, prêts à nous servir des choses mais lents à servir les autres

Prends pitié, Seigneur

De notre monde, plein des tombeaux de l’égoïsme

Prends pitié, Seigneur

Invocation conclusive (le nom de Jésus, 14 fois)

Seigneur, nous te prions comme les nécessiteux, les personnes fragiles et les malades de l’Évangile, qui t’invoquaient avec la parole la plus simple et la plus familière : avec ton nom.

Jésus, ton nom sauve, parce que tu es notre salut.

Jésus, tu es ma vie et pour ne pas me perdre en chemin. J’ai besoin de toi qui pardonnes et qui relèves, qui guéris mon cœur et qui donnes un sens à ma souffrance.

Jésus, tu as pris sur toi mon mal et, de la croix, tu ne me pointes pas du doigt mais tu m’embrasses. Toi, doux et humble de cœur, guéris-moi de la rancœur et du ressentiment, libère-moi de la suspicion et de la méfiance.

Jésus, je te regarde en croix et je vois s’ouvrir tout grand devant mes yeux l’amour, sens de mon être et but de mon chemin. Aide-moi à aimer et pardonner, à dépasser l’intolérance et l’indifférence, à ne pas me plaindre.

Jésus, sur la croix, tu as soif, et c’est la soif de mon amour et de ma prière. Tu en as besoin pour mener à bien tes projets de bien et de paix.

Jésus, je te rends grâce pour ceux qui répondent à ton invitation et qui ont la persévérance de prier, le courage de croire et la constance d’avancer dans les difficultés.

Jésus, je te présente les pasteurs de ton peuple saint : que leurs prières soutiennent le troupeau ; qu’ils prennent le temps de se tenir devant toi, qu’ils conforment leur cœur au tien.

Jésus, je te bénis pour les contemplatives et les contemplatifs dont la prière, cachée au monde, t’est agréable et garde l’Église et l’humanité.

Jésus, je porte devant toi les familles et les personnes qui ont prié ce soir à la maison, les personnes âgées, spécialement celles qui sont seules, les malades, trésors de l’Église qui unissent leurs souffrances à la tienne.

Jésus, que cette prière d’intercession rejoigne les sœurs et les frères qui, dans de nombreuses parties du monde, souffrent de persécutions à cause de ton nom ; ceux qui subissent le drame de la guerre et ceux qui, puisant leur force en toi, portent de lourdes croix.

Jésus, avec ta croix, tu as fait de nous tous une seule chose : renforce dans la communion les croyants, répands des sentiments de fraternité et de patience, aide-nous à collaborer et à marcher ensemble. Garde l’Église et le monde dans la paix.

Jésus, juge saint qui m’appelleras par mon nom, délivre-moi des jugements téméraires, des médisances et des paroles violentes et blessantes.

Jésus, avant de mourir, tu dis : “tout est accompli”. Moi, dans mon inachèvement, je ne pourrai pas le dire. Mais j’ai confiance en toi parce que tu es mon espérance, l’espérance de l’Église et du monde.

Jésus, je veux te dire encore un mot et continuer à te le répéter : merci ! Merci, mon Seigneur et mon Dieu.

[00551-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

STATIONS OF THE CROSS 2024

In Prayer with Jesus on the Way of the Cross

Introduction:

Lord Jesus, as we contemplate your cross, we realize that you sacrificed yourself completely for our sake. We now take this time to be with you. We want to spend it in closeness to you. On the way from Gethsemane to Calvary, you never stopped praying. In this Year of Prayer, we accompany you on your own journey of prayer.

From the Gospel according to Mark

They went to a place called Gethsemane… Jesus took with him Peter and James and John, and began to be distressed and agitated. He said to them, “Remain here and keep awake.” Going a little farther, he threw himself on the ground and prayed… “Abba, Father, for you all things are possible; remove this cup from me; yet not what I want but what you want.” He came and found them sleeping; and he said to Peter, “Could you not keep awake one hour?” (14:32-37).

Lord, you prepared for every day of your life with prayer, and now, in Gethsemane, you prepare for your Passover. Abba, Father, for you all things are possible, you say, for prayer is before all else dialogue and intimacy, yet at the same time struggle and supplication: Remove this cup from me! Prayer too is entrustment and offering: Yet not what I want, but what you want. In your prayer, you passed through the narrow door of our human suffering and experienced it fully. You were “distressed and agitated” (Mk 14:33), fearful in the face of death, crushed beneath the burden of our sin, and oppressed by untold grief. Yet in the midst of this struggle, you prayed “more earnestly” (Lk 22:44), and in this way turned your bitter anguish into a sacrifice of love.

Of us, you asked only one thing: to remain with you and to keep awake. You did not ask something impossible, but simply closeness. How many times, though, have I strayed far from you! How many times, like the disciples, rather than keeping awake, have I instead fallen asleep! How many times have I failed to find the time or the desire to pray, whether from weariness, distraction or dullness of mind and heart! Lord Jesus, say once more to me and to us, your Church: “Get up and pray” (Lk 22:46). Rouse us, Lord! Awaken our hearts from their lethargy, for today too – today above all – you count on our prayer.

First Station: Jesus is condemned to death

Then the high priest stood up before them and asked Jesus, “Have you no answer? What is it that they testify against you?” But he was silent and did not answer… Pilate again asked him, “Have you no answer? See how many charges they bring against you.” But Jesus made no further reply, so that Pilate was amazed (Mk 14:60-61; 15:4-5).

Jesus, you are life itself, and now you are sentenced to death. You are truth itself, and now you are falsely put on trial. Why don’t you protest? Why don’t you speak up and defend yourself? Why don’t you confound the learned and powerful, as you did so often and so well? Your reaction troubles us, Jesus: at the decisive moment, you choose not to speak; you remain silent. Because the more potent evil is, the more radical is your response. And that response is silence. Yet that silence is itself pregnant: it is prayer, meekness, forgiveness; it is a means of redeeming evil, a means of converting your passion into a sacrificial gift. Jesus, I realize how little I know you, for I find it hard to understand your silence. Amid the frantic pace of my life, my absorption with the things of this world, my struggle to keep up with others or my need to be at the centre of attention, I fail to find time to stop and be with you. To allow you, Word of the Father, ever silently at work, to act in my life. Jesus, I find your silence troubling. It makes me realize that prayer is not about lips that move, but a heart that listens, for to pray is to become open to your word, and to adore your presence.

Let us pray together and say: Speak to my heart, Jesus

You, who respond to evil with good,

Speak to my heart, Jesus

You, who calm rage with meekness

Speak to my heart, Jesus

You, who detest gossip and complaints,

Speak to my heart, Jesus

You, who peer into the depths of my heart,

Speak to my heart, Jesus

You, who love me more than I do myself,

Speak to my heart, Jesus

Second Station: Jesus carries his cross

He bore our sins in his body on the cross,

so that, free from sins,

we might live for righteousness;

by his wounds you have been healed (1 Pet 2:24).

Jesus, we too have our crosses to bear. At times, they are heavy indeed: illness, an accident, the death of a dear one, disappointment in love, a child gone astray, a lost job, a hurt that will not heal, a failed project, the frustration of yet another hope… Jesus, how do I pray in those situations? What am I to do when I feel crushed by life, heavy of heart, under pressure and lacking the strength to go on? Your answer is an invitation: “Come to me, all you that are weary and are carrying heavy burdens, and I will give you rest” (Mt 11:28). “Come to me”. Yet I take refuge in myself: I brood, I nurse my griefs, I wallow in negativity. Come to me. Saying this was not enough; you came to us and you took our cross upon your shoulders to lighten its weight. You want us to lay upon your shoulders all our problems and needs, because you want us to find freedom and love in you. Thank you, Jesus. I unite my cross to yours, I bring you my weariness and my cares, I cast upon you every burden of my heart.

Let us pray together and say: I come to you, Lord

With the story of my life,

I come to you, Lord

With all my cares,

I come to you, Lord

With all my frailty and shortcomings,

I come to you, Lord

With all my fears,

I come to you, Lord

With complete trust in your love for me,

I come to you, Lord

Third Station: Jesus falls the first time

Very truly, I tell you, unless a grain of wheat falls into the earth and dies, it remains just a single grain; but if it dies, it bears much fruit (Jn 12:24).

Jesus, you have fallen. What are you thinking, how are you praying, prostrate in the dust? Above all, what gives you the strength to pick yourself up again? As you lie face-down on the ground, unable to see the sky above, I imagine you praying in your heart: Father, who art in heaven. The loving gaze of the Father is the source of your strength. At the same time, I imagine that, as you kiss the cold dry ground, you think of man, formed from the dust of the earth. You think of all of us whom you hold in your heart, and you repeat once again the words of your testament: “This is my body, which is given for you” (Lk 22:19). The Father’s love for you and your love for us: that love is the force that makes you get up and go forward. For those who love do not stay down but start over again; those who love do not tire, but keep going; those who love take wing and fly. Jesus, I keep asking you for many things, but there is only one thing that I need, and that is the ability to love. I will fall often in life, but with your love, I will be able to pick myself up and go forward, even as you did. For you know what it means to fall. Your life was a constant descent for our sake: from God to man, from man to slave, from slave to crucifixion and the tomb. Like the seed that falls to the ground and dies, you came down in order to lift us up from the earth and bring us to heaven. You, who raise us from the dust and give us new hope, grant me the strength to love and to begin anew.

Let us pray together and say: Jesus, give me the strength to love and begin anew

When I am overcome by disappointment,

Jesus, give me the strength to love and begin anew

When I am weighed down by the judgements of others,

Jesus, give me the strength to love and begin anew

When things go wrong and I lose my patience,

Jesus, give me the strength to love and begin anew

When I feel that I cannot go on,

Jesus, give me the strength to love and begin anew

When I fear that nothing will ever change,

Jesus, give me the strength to love and begin anew

Fourth Station: Jesus meets his Mother

When Jesus saw his mother and the disciple whom he loved standing beside her, he said to the disciple, “Here is your mother.” And from that hour the disciple took her into his own home (Jn 19:26-27).

Jesus, your disciples abandoned you, Judas betrayed you and Peter denied you. You are left alone with your cross. Yet your Mother is there for you. She needs no words, it is enough to look into her eyes that understand and share in your suffering. Jesus, in Mary’s eyes, bright with tears, you see mirrored the tender love, the warm caresses and the loving embrace that surrounded and sustained you from your earliest years. A mother’s eyes remind us too of all the goodness we have known. All of us need a mother to bring us into the world, but also to help us find our proper place in the world. You know this, and, from the cross, you give us your own Mother. Here is your Mother, you say to your disciple and to each of us. After the gift of the Eucharist, you gave us Mary as your final, parting gift. Jesus, on your journey you drew strength from the memory of her love; my journey too needs to be grounded in the memory of all the goodness I have known. Yet I realize how little room I make in my prayer for grateful remembrance. My prayer is all too hurried, a quick list of things I need for today and tomorrow. Mary, stop me from rushing. Help me to recall and cherish the graces I have received, to remember God’s forgiveness and his blessings, to revive my first love, to savour anew the wonders of his providence, and to shed tears of gratitude.

Let us pray together and say: Lord, renew in me the memory of your love

When the wounds of the past are re-opened,

Lord, renew in me the memory of your love

When I lose my sense of reality,

Lord, renew in me the memory of your love

When I take for granted all the gifts I have received,

Lord, renew in me the memory of your love

When I lose sight of the gift that I am,

Lord, renew in me the memory of your love

When I neglect to give you thanks,

Lord, renew in me the memory of your love

Fifth Station: Jesus is helped by Simon of Cyrene

As the soldiers led him away, they seized a man, Simon of Cyrene, who was coming from the country, and they laid the cross on him, and made him carry it behind Jesus (Lk 23:26).

Jesus, how often in the face of life’s challenges we think that we can go it alone! How hard we find it to ask for help, lest we give the impression that we are not up to the task! What pains we take to put ourselves in the best light, to put on a good show! It is not easy to trust others, and even less to depend on them. Yet those who pray know their needs, and you, Jesus, in your own prayer, knew what it meant to entrust yourself completely. So you did not refuse the help offered by the man from Cyrene. You allowed this simple man, a farmer returning from the fields, to witness your weakness. Thank you, Jesus, because, by letting yourself be helped in your need, you have shown us the image of a God who is not distant and untouchable. In your vulnerability, you have shown us the triumph of your love. You have taught us that to love means to reach out to those who may be ashamed to ask for our help. In this way, weakness becomes an opportunity for growth. That is what happened to Simon of Cyrene. Your weakness changed his life; one day he will realize that he helped his Saviour and was redeemed by the very cross he carried. Jesus, grant that my life too may change. Help me lower my defenses and allow you to love me in those places where I have fallen most grievously.

Let us pray together and say: Heal me, Jesus

From the presumption of self-sufficiency,

Heal me, Jesus

From thinking that I can do without you or anyone else,

Heal me, Jesus

From my obsession with being perfect,

Heal me, Jesus

From my reluctance to entrust my frailty to you,

Heal me, Jesus

From hurrying past the needy whom I encounter on my way,

Heal me, Jesus

Sixth Station: Jesus is comforted by Veronica, who wipes his face

Blessed be God, the Father of mercies and the God of all consolation, who consoles us in all our affliction, that we may be able to console those who are in any affliction… For just as the sufferings of Christ are abundant for us, so also our consolation is abundant through Christ (2 Cor 1:3-5).

Jesus, crowds of people witness the brutal spectacle of your execution. Without knowing you or knowing the truth, they make judgements, they cast aspersions, they mock you and condemn you. The same thing happens even now, Lord, without the need for a gruesome parade: all it takes is a keyboard to spew insults and condemnation. Yet amid the roar of the crowd, a woman makes her way to Jesus. She says nothing; she acts. She does not rant and rail; she shows mercy and compassion. She goes against the tide: alone, with the courage of compassion and love, she finds a way to pass among the soldiers, merely to give you the comfort of a caress. Her gesture of mercy will be remembered for all time. Jesus, how often I ask you to be consoled! Veronica reminds me that you too want to be consoled. You, the God who draws near to us, ask us to draw near to you. You, my comfort, desire to be comforted by me. Jesus, Love unrequited, today too you look among the crowd for hearts sensitive to your suffering and pain. You seek true worshippers, those who adore in spirit and truth (cf. Jn 4:23), and abide in you (cf. Jn 15). Jesus, Love forsaken, awaken in me the desire to remain in your presence, to adore you and to console you. Grant that, in your name, I may be a source of consolation for others.

Let us pray together and say: Make me a witness of your consolation

God of mercy, ever close to the heartbroken,

Make me a witness of your consolation

God of tender love, who take pity on us,

Make me a witness of your consolation

God of compassion, who detest apathy and indifference,

Make me a witness of your consolation

You, who are grieved when I point a finger at others,

Make me a witness of your consolation

You, who came not to condemn but to save,

Make me a witness of your consolation

Seventh Station: Jesus falls again beneath the weight of the cross

[The younger son] came to himself and said… “I will get up and go to my father, and I will say to him, ‘Father, I have sinned” … So he set off and went to his father. But while he was still far off, his father saw him and was filled with compassion; he ran and put his arms around him and kissed him. Then the son said to him, “Father, I have sinned; I am no longer worthy to be called your son.” But the father said… “This son of mine was dead and is alive again; he was lost and is found” (Lk 15:17-18.20-22.24).

Jesus, the cross is heavy: it bears all the weight of disappointment, failure and humiliation. I realize this whenever I feel overwhelmed, beleaguered and misunderstood; when I am weighed down by the burdens of responsibility and work, when I find myself in the grip of anxiety and desperation, and keep saying to myself: “This is it; this time you won’t get back up.” And it only gets worse. Every time I fall back into my sins and faults, I hit rock bottom: I am critical of others and then realize that I am no different. There is nothing worse than self-remorse and the overwhelming sense of guilt. Jesus, you fell again and again beneath the weight of the cross, and so you are at my side whenever I stumble and fall. With you, hope always springs anew; after every fall, I can get up again. When I stumble, you do not give up on me but draw even closer. Thank you for watching over me. Thank you, because I fall so often, yet you never cease to forgive me. Keep reminding me that every fall can become a crucial step on my journey, since it helps me to realize the one thing that matters: my need for you. Jesus, plant in my heart the firm realization that I truly rise only when you lift me up, when you set me free from my sins. For life begins anew not from my resolutions, but from your forgiveness.

Let us pray together and say: Raise me up, Jesus

When I am disheartened, dismayed and discouraged,

Raise me up, Jesus

When I recognize my failings and feel worthless,

Raise me up, Jesus

When I feel overwhelmed by feelings of shame and inadequacy,

Raise me up, Jesus

When I am tempted to lose hope,

Raise me up, Jesus

When I forget that my strength lies in your forgiveness,

Raise me up, Jesus

Eighth Station: Jesus meets the women of Jerusalem

A great number of the people followed him, and among them were women who were beating their breasts and wailing for him (Lk 23:27).

Jesus, who remains with you to the end along the way of the cross? Not the powerful, who wait for you on Calvary, nor the onlookers standing at a distance, but those ordinary people who are great in your eyes, yet small in the eyes of the world. There are the women, in whom you inspired hope: they have no voice, yet they make their presence felt. Help us to recognize the dignity of those women who remained faithful and stood by you in your passion, and those who in our own day are exploited and endure injustice and indignity. Jesus, the women you encounter beat their breasts and weep for you. They do not weep for themselves, but for you; they weep for the evil and sin of the world. Their tearful prayers touch your heart. Is my own prayer capable of tears? Am I moved as I gaze upon you, crucified for my sake, and contemplate your gentle, wounded love? Do I grieve for my hypocrisy and my infidelity? When I am faced with the tragedies of today’s world, is my heart frozen or does it melt? How do I react when I see the madness of war, the faces of children no longer able to smile and of mothers who see them hungry and underfed, and have no more tears to shed? Jesus, you wept over Jerusalem; you weep over the hardness of our hearts. Touch my heart; add tears to my prayer and prayer to my tears.

Let us pray together and say: Jesus, melt my hardened heart

You know the secrets of every heart,

Jesus, melt my hardened heart

You are grieved by the hardness of our hearts,

Jesus, melt my hardened heart

You love hearts that are humble and contrite,

Jesus, melt my hardened heart

You dried Peter’s tears by your forgiveness

Jesus, melt my hardened heart

You turn our mourning into song,

Jesus, melt my hardened heart

Ninth Station: Jesus is stripped of his garments

“Lord, when was it that we saw you hungry and gave you food or thirsty and gave you something to drink? And when was it that we saw you a stranger and welcomed you or naked and gave you clothing? And when was it that we saw you sick or in prison and visited you?” … And he will answer them, ‘Truly I tell you, just as you did it to one of the least of these who are members of my family, you did it to me” (Mt 25:37-40).

Jesus, you spoke these words before your passion. Now I know why you insisted on identifying yourself with those in need. You too were imprisoned; you too were a stranger, led outside the city to be crucified. You too were naked, stripped of your clothes. You too were sick and wounded; on the cross, you too were thirsty and hungered for love. Teach me to see you in those who suffer, for you are there, and in those stripped of their dignity, demeaned by the arrogance, injustice and power of those who exploit the poor amid general indifference. I look at you, Jesus, stripped of your garments, and I realize that you are asking me to strip myself of so many unnecessary things. For you do not look at appearances, but at the heart, and you ask for a prayer that is not empty but rich in love. Divested of everything, divest me in the same way. Words are cheap. Do I really love you in the poor, your wounded flesh? Do I pray for those stripped of their dignity? Or do I pray only for my own needs and garb myself in my own certainties? Jesus, your truth lays me bare and forces me to focus on what really matters: on you, the crucified Lord, and our crucified brothers and sisters. Grant that I may understand this now, lest I be found naked, bereft of love, when I stand before you on the last day.

Let us pray together and say: Strip me, Lord Jesus

Of my attachment to appearances,

Strip me, Lord Jesus

Of my armour of indifference,

Strip me, Lord Jesus

Of my idea that helping others is not my job,

Strip me, Lord Jesus

Of empty words and routine prayer,

Strip me, Lord Jesus

Of the notion that life is good if it is good for me,

Strip me, Lord Jesus

Tenth Station: Jesus is nailed to the cross

When they came to the place that is called The Skull, they crucified Jesus there with the criminals, one on his right and one on his left. Then Jesus said, “Father, forgive them; for they do not know what they are doing” (Lk 23:33-34).

Jesus, they pierce your arms and legs with nails, tearing through your flesh; yet even now, when your physical pain is most excruciating, you utter the unthinkable prayer: you forgive the very ones who drive nails into your wrists. Nor is this the first time, for so many other times, as the Gospel tells us, you repeated: “Father, forgive…”. With you, Jesus, I too can find courage to embrace the forgiveness that sets our hearts free and enables life to begin anew. Lord, it was not enough for you to forgive us; you also excused us before the Father: “for they do not know what they are doing”. You take our side, you become our advocate, you intercede on our behalf. Now your hands that blessed and healed are nailed fast; now your feet that brought glad tidings to the poor can no longer move; now, in utter helplessness, you show us the triumphant power of prayer. Atop Golgotha, you reveal to us the heights of intercessory prayer, which brings salvation to the world. Jesus, let me pray not merely for myself and for my dear ones, but also for those who do not love me and for those who hurt me. Let me pray, according to the intentions of your heart, for those who wander far from you. Let me make reparation for, and intercede for, all those who do not know you or the joy of experiencing your love and forgiveness.

Let us pray together and say: Father, have mercy on us and on the whole world

Through the sorrowful passion of Jesus,

Father, have mercy on us and on the whole world

Through the power of his wounds,

Father, have mercy on us and on the whole world

Through his forgiveness offered on the cross,

Father, have mercy on us and on the whole world

For all those who forgive others out of love for you,

Father, have mercy on us and on the whole world

By the prayers of all those who believe and hope in you, adore you and love you,

Father, have mercy on us and on the whole world

Eleventh Station: Jesus’ cry of abandonment

From noon on, darkness came over the whole land until three in the afternoon. And about three o’clock Jesus cried with a loud voice, “Eli, Eli, lema sabachthani?” that is, “My God, my God, why have you forsaken me?” (Mt 27:45-46).

Jesus, this prayer of yours is unexpected: you cry out to the Father in your abandonment. You, the eternal Son, dispense no answers from on high, but simply ask why? At the height of your passion, you experience the distance of the Father; you no longer even call him “Father”, but “God”, almost as if you can no longer glimpse his face. Why? So that you can plunge into the abyss of our pain. You did this for my sake, so that when I see only darkness, when I experience the collapse of my certainties and the wreckage of my life, I will no longer feel alone, but realize that you are there beside me. You, the God of closeness, experienced abandonment so that I need no longer fall prey to feelings of isolation and abandonment. When you asked the question why, you did it in the words of a Psalm. You made even the utmost experience of desolation into a prayer. As we too must do, amid the storms of life. Rather than keeping silent, closed in on ourselves, we should cry out to you. Glory to you, Lord Jesus, for you did not flee from my pain and confusion, but tasted them to the full. Praise and glory to you, for you bridged every distance in order to draw near to those who were farthest from you. In my own dark night, when I keep asking why, I find you, Jesus, the light that shines in the darkness. And in the plea of all those who are alone, rejected, oppressed or abandoned, I find you, my God. May I always recognize your presence and turn to you in love.

Let us pray together and say: Jesus, help me to recognize you and love you

In unborn and abandoned children,

Jesus, help me to recognize you and love you

In young people who long for someone to hear their cry of pain,

Jesus, help me to recognize you and love you

In the many elderly people left alone and forgotten,

Jesus, help me to recognize you and love you

In prisoners and in the lonely,

Jesus, help me to recognize you and love you

In those peoples most exploited and ignored,

Jesus, help me to recognize you and love you

Twelfth Station: Jesus dies, commending himself to the Father and the good thief to Paradise

[One of the criminals who were crucified with him] said, “Jesus, remember me when you come into your kingdom.” He replied, “Truly I tell you, today you will be with me in Paradise” … Then Jesus, crying with a loud voice, said, “Father, into your hands I commend my spirit.” Having said this, he breathed his last (Lk 23:42-43.46).

A criminal in Paradise! He entrusts himself to you, Jesus, and you entrust him, along with yourself, to the Father. God of the impossible, you turn a thief into a saint. And not only that: on Calvary you change the course of history. You turn the cross, the emblem of torture, into the very icon of love. You make the wall of death a bridge to life. You turn darkness into light, division into fellowship, sorrow into dancing. You even turn the tomb, the last outpost of life, into a doorway of hope. All these reversals you bring about in union with us, and never without us. Jesus, remember me! This heartfelt prayer was all it took to work a miracle in the life of that criminal. Such is the amazing power of prayer. At times, I may feel that my prayers go unheard, yet what is most important is to persevere, to persist, to keep saying to you: “Jesus, remember me!” If you remember me, my evil will no longer be an endpoint but a new beginning. Remember me: welcome me once more into your heart, even when I stray, when I lose my way in the tumult of life. Remember me, Jesus, for to be remembered by you – as the Good Thief shows us – is to enter into paradise. Above all, remind me, Jesus, that my prayer can change the course of history.

Let us pray together and say: Jesus, remember me

When hope fades and disappointment reigns,

Jesus, remember me

When I am powerless to make a decision,

Jesus, remember me

When I lose faith in myself and in others,

Jesus, remember me

When I lose sight of the immensity of your love,

Jesus, remember me

When I think that all my prayers are fruitless,

Jesus, remember me

Thirteenth Station: Jesus is taken down from the Cross and placed in the arms of Mary

Simeon said to his mother Mary, “This child is destined for the falling and the rising of many in Israel, and to be a sign that will be opposed… and a sword will pierce your own soul too” (Lk 2:33-35).

Mary, because you said “yes”, the Word took flesh in your womb. Now his broken body lies on your lap. The child you once cradled in your arms is now a mangled corpse. Yet even now, in the depths of your grief, you demonstrate your complete self-abandonment. A sword has pierced your soul, yet in your prayer, you continue to say “yes”’ to God. We find it so hard to say “yes”; more often we say “but”: but if I had better parents, but if I had been better understood and loved, but if my career had taken off, but if I hadn’t had that problem or that illness, but if God had only granted my request... We keep asking why things happen as they do, and so we find it hard to live the present moment with love. You, Mary, could have had any number of “ifs” to say to God, but you persisted in saying “yes”. Steadfast in your faith, you believed that sorrow, experienced in love, bears saving fruit. That with God, suffering never has the final word. As you hold the lifeless body of Jesus in your arms, you hear once more his last words to you: Behold your son. Mother, I am that son! Take me into your arms and tend my wounds. Help me to say “yes” to God, “yes” to love. Mother of mercy, we live in a merciless age and we yearn for compassion and understanding. In the strength of your love, anoint us with the balm of meekness. Overcome the resistance of our hearts and untie the knots of our souls.

Let us pray together and say: Mary, take my hand

When I indulge in recrimination and self-pity,

Mary, take my hand

When I give up and succumb to my failings,

Mary, take my hand

When I am weak and find it hard to say “yes” to God,

Mary, take my hand

When I am indulgent with myself and unbending with others,

Mary, take my hand

When I want the Church and the world to change, yet refuse to change myself,

Mary, take my hand

Fourteenth Station: Jesus is placed in the tomb of Joseph of Arimathea

When it was evening, there came a rich man from Arimathea, named Joseph, who was also a disciple of Jesus. He went to Pilate and asked for the body of Jesus… Joseph took the body and wrapped it in a clean linen cloth and laid it in his own new tomb, which he had hewn in the rock (Mt 27:57-60).

Joseph. The name that, along with the name of Mary, appears at the dawn of Christ’s coming, now returns at the first light of Easter. Joseph of Nazareth had a dream and courageously took Jesus and saved him from Herod. You, Joseph of Arimathea, now take his body, without realizing that something incredible and wonderful would happen there, in the tomb you provided for Jesus when all seemed lost. Yet how true it is that every gift given to God receives an even greater reward. Joseph of Arimathea, you are a prophet of boldness and courage. To bestow your gift on one who was dead, you approach the dreaded Pilate and ask permission to bury Jesus in the tomb that you had prepared for yourself. Your plea is insistent and you do what you said. Joseph, remind us that persevering prayer bears fruit and overcomes even the darkness of death. Love never goes unanswered, but always grants new beginnings. Your tomb, which – alone in history – would be the wellspring of new life, was itself new, freshly hewn from the rock. As for me, what new gift will I give Jesus this Easter? A little more time to spend with him? A little more love for others? My fears and my buried sorrows, which Christ is waiting for me to offer to him, as you did with your tomb? It will truly be Easter if only I give something of myself to the One who gave his life for me. For it is in giving that we receive, and we find our lives whenever we lose them, our possessions whenever we give them away.

Let us pray together and say: Have mercy, Lord

On me, so loath to be converted,

Have mercy, Lord

On me, so prone to take and so reluctant to give,

Have mercy, Lord

On me, who find it so hard to surrender to your love,

Have mercy, Lord

On us, so ready to use things but so slow to serve others,

Have mercy, Lord

On our world, dotted with sepulchres of selfishness,

Have mercy, Lord

Concluding Invocations to the Holy Name of Jesus

Lord, we lift our prayer to you, like the poor, the needy and the sick in the Gospels, who called upon you in the simplest and most direct of ways: by crying out your name.

Jesus, your name itself saves, for you are our salvation.

Jesus, you are my life. I need you, lest I go astray, for you forgive me and raise me up; you bring healing to my heart and give meaning to my pain.

Jesus, you took my evil upon yourself. From the cross, you do not accuse me but embrace me. Meek and humble of heart, heal me of jealousy and resentment; set me free from suspicion and distrust.

Jesus, as I contemplate you on the cross, I find pure love, the meaning of my life and the goal of my journey. Help me to love and forgive, to leave behind my impatience and indifference, and not to feel sorry for myself.

Jesus, on the cross you thirsted. You thirsted for my love and my prayer; you count on them, in bringing to fulfilment your plan of goodness and peace.

Jesus, I thank you for all those who answer your call and persevere in prayer, firm faith and constancy in confronting every challenge and difficulty.

Jesus, I lift up to you the pastors of your flock, whose prayer sustains your holy people. May they make time to dwell in your presence and may they conform their hearts to your own.

Jesus, I praise you for those contemplatives, male and female, whose prayer, hidden from the world and pleasing to you, sustains the Church and our human family.

Jesus, I bring before you all those families and individuals who have prayed with us tonight in their homes: the elderly, especially those who live alone, and the sick, the treasures of the Church, who unite their sufferings to your own.

Jesus, may this prayer of intercession embrace our brothers and sisters who in so many parts of the world are suffering persecution on account of your name; those who experience the trauma of war, and all those who look to you for the strength to bear their heavy crosses.

Jesus, by your cross, you have made us one. Bring believers into deeper communion, help us to grow in fraternity and forbearance, to cooperate with one another and to journey together. Grant lasting peace to your Church throughout the world.

Jesus, just judge who will one day call me by name, free me from hasty judgment, gossip, and violent and offensive words.

Jesus, in the hour of your death, you said: “It is finished”. I have not yet finished the course of my life, yet I continue to trust in you, for you are my hope, the hope of the Church and the hope of our world.

Jesus, let me say one last word to you, and to say it over and over again: Thank you! Thank you, my Lord and my God!

[00551-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

VIA CRUCIS 2024: „Im Gebet zusammen mit Jesus auf dem Kreuzweg”

Einführung

Herr Jesus, wir schauen auf dein Kreuz und begreifen, dass du alles für uns hingegeben hast. Wir widmen dir diese Zeit. Wir wollen sie nahe bei dir verbringen, der du von Getsemani bis zum Kalvarienberg gebetet hast. Im Jahr des Gebets verbinden wir uns mit dir auf deinem Weg des Gebets.

Aus dem Evangelium nach Markus (14,32-37)

Sie kamen zu einem Grundstück, das Getsemani heißt […]. Und er nahm Petrus, Jakobus und Johannes mit sich. Da ergriff ihn Furcht und Angst und er sagte zu ihnen: „[…] Bleibt hier und wacht!“ Und er ging ein Stück weiter, warf sich auf die Erde nieder und betete […]: „Abba, Vater, alles ist dir möglich. Nimm diesen Kelch von mir! Aber nicht, was ich will, sondern was du willst“. Und er ging zurück und fand sie schlafend. Da sagte er zu Petrus: […] „Konntest du nicht einmal eine Stunde wach bleiben?“

Herr, du hast jeden deiner Tage mit dem Gebet vorbereitet, und jetzt bereitest du in Getsemani Ostern vor. Abba, Vater, alles ist dir möglich – sagst du – denn das Gebet ist vor allem Dialog und Vertrautheit; aber es ist auch Kampf und Bitte: Nimm diesen Kelch von mir! Und es ist Anvertrauen und Hingabe: Aber nicht, was ich will, sondern was du willst. So bist du im Gebet durch das enge Tor unseres Schmerzes eingetreten und hast es ganz durchschritten. Du hast »Furcht und Angst« (Mk 14,33) empfunden: Furcht im Angesicht des Todes, Angst unter der Last unserer Sünde, die du auf dir verspürt hast, während dich eine unendliche Bitterkeit überkam. Doch inmitten des Kampfes hast du »noch inständiger« gebetet (Lk 22,44). So hast du die Wucht des Schmerzes in ein Opfer der Liebe verwandelt.

Du hast uns nur um eines gebeten: bei dir zu bleiben und mit dir zu wachen. Du verlangst nicht das Unmögliche von uns, sondern Nähe. Doch wie oft habe ich Abstand von dir genommen! Wie oft habe ich wie die Jünger geschlafen, statt zu wachen, wie oft hatte ich keine Zeit oder keine Lust zu beten, weil ich müde war, betäubt vom Komfort, schläfrig in der Seele. Jesus, sag mir, sag uns, deiner Kirche, noch einmal: »Steht auf und betet« (Lk 22,46). Weck uns, Herr, rüttle uns aus der Benommenheit des Herzens auf, denn auch heute, gerade heute, ist unser Gebet dir wichtig.

1. Jesus wird zum Tode verurteilt

Da stand der Hohepriester auf, trat in die Mitte und fragte Jesus: „Willst du denn nichts sagen zu dem, was diese Leute gegen dich vorbringen?“. Er aber schwieg und gab keine Antwort. […] Da wandte sich Pilatus wieder an ihn und fragte: „Willst du denn nichts dazu sagen? Sieh doch, wie viele Anklagen sie gegen dich vorbringen“. Jesus aber gab keine Antwort mehr, sodass Pilatus sich wunderte (Mk 14,60-61;15,4-5).

Jesus, du bist das Leben und bist doch zum Tod verurteilt; du bist die Wahrheit und erleidest doch einen unwahrhaftigen Prozess. Aber warum forderst du dein Recht nicht ein? Warum erhebst du nicht deine Stimme und erklärst deine Beweggründe? Warum widerlegst du nicht die Gelehrten und die Machthaber, wie du es stets mit Erfolg getan hast? Deine Reaktion verblüfft, Jesus: Im entscheidenden Augenblick sprichst du nicht, du schweigst. Denn je stärker das Böse ist, desto radikaler ist deine Antwort. Und deine Antwort ist das Schweigen. Aber dein Schweigen ist fruchtbar: Es ist Gebet, Sanftmut, Vergebung, es ist der Weg, um vom Bösen zu befreien, um das, was du erleidest, in ein Geschenk zu verwandeln, das du darbringst. Jesus, ich merke, dass ich dich nur wenig kenne, weil ich dein Schweigen nicht genügend kenne. Denn in der Hektik des Eilens und Machens, von vielen Dingen vereinnahmt, erfüllt von der Angst, unterzugehen oder von der Versessenheit, mich selbst in den Mittelpunkt zu stellen, finde ich nicht die Zeit, innezuhalten und bei dir zu bleiben: um dich handeln zu lassen, dich, das Wort des Vaters, der du in der Stille wirkst. Jesus, dein Schweigen rüttelt mich auf: es lehrt mich, dass das Gebet nicht aus der Bewegung der Lippen kommt, sondern aus einem Herzen, das fähig ist, zuzuhören. Denn beten heißt, für dein Wort empfänglich zu werden, es heißt, deine Gegenwart anzubeten.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, sprich zu meinem Herzen

Der du auf das Böse mit dem Gutem antwortest

Jesus, sprich zu meinem Herzen

Der du das Geschrei mit Sanftmut beruhigst

Jesus, sprich zu meinem Herzen

Der du Geschwätz und Nörgelei verabscheust

Jesus, sprich zu meinem Herzen

Der du mich in meinem Innersten kennst

Jesus, sprich zu meinem Herzen

Der du mich mehr liebst als ich mich selbst liebe

Jesus, sprich zu meinem Herzen

2. Jesus nimmt das Kreuz auf seine Schultern

Er hat unsere Sünden mit seinem eigenen Leib
auf das Holz des Kreuzes getragen,
damit wir tot sind für die Sünden
und leben für die Gerechtigkeit.
Durch seine Wunden seid ihr geheilt (1 Pt 2,24).

Jesus, auch wir tragen Kreuze, manchmal sehr schwere: eine Krankheit, ein Unfall, den Tod eines geliebten Menschen, eine emotionale Enttäuschung, ein Kind, das man verloren hat, Arbeitslosigkeit, eine seelische Wunde, die nicht heilt, das Scheitern eines Plans, eine erneute enttäuschte Erwartung... Jesus, wie kann man da beten? Was kann ich tun, wenn ich mich vom Leben erdrückt fühle, wenn eine Last auf meinem Herzen liegt, wenn ich unter Druck stehe und nicht mehr die Kraft habe zu reagieren? Deine Antwort ist ein Angebot: »Kommt alle zu mir, die ihr mühselig und beladen seid! Ich will euch erquicken« (Mt 11,28). Zu dir kommen; ich hingegen verschließe mich in mir selbst: Ich brüte, denke stets über dasselbe nach, bemitleide mich selbst, versinke in der Opferrolle, bin ein Meister des negativen Denkens. Kommt zu mir: Es uns zu sagen, war nicht genug, und siehe du kommst uns also entgegen und nimmst unser Kreuz auf deine Schultern, um uns sein Gewicht abzunehmen. Das ist es, was du willst: Dass wir Mühen und Sorgen auf dich werfen, weil du möchtest, dass wir uns bei dir frei und geliebt fühlen. Danke, Jesus. Ich verbinde mein Kreuz mit deinem, ich bringe dir meine Müdigkeit und mein Elend, ich übergebe dir jede Last des Herzens.

Lasst uns gemeinsam beten: Herr, ich komme zu Dir

Mit meiner Geschichte

Herr, ich komme zu Dir

Mit meinen Mühen

Herr, ich komme zu Dir

Mit meiner Begrenztheit und meiner Zerbrechlichkeit

Herr, ich komme zu Dir

Mit meinen Ängsten

Herr, ich komme zu Dir

Indem ich ganz auf deine Liebe all mein Vertrauen setze

Herr, ich komme zu Dir

3. Jesus fällt zum ersten Mal unter dem Kreuz

Amen, amen, ich sage euch: Wenn das Weizenkorn nicht in die Erde fällt und stirbt, bleibt es allein; wenn es aber stirbt, bringt es reiche Frucht (Joh 12,24).

Jesus, du bist gefallen: Woran denkst du, wie betest du mit dem Gesicht im Staub? Doch vor allem, was gibt dir die Kraft, wieder aufzustehen? Ich stelle mir vor, dass du, während du mit dem Gesicht auf dem Boden liegst und den Himmel nicht mehr siehst, in deinem Herzen wiederholst: Vater im Himmel. Der liebevolle Blick des Vaters, der auf dir ruht, ist deine Stärke. Aber ich stelle mir auch vor, dass du, während du die dürre und kalte Erde küsst, an den Menschen denkst, der aus Erde gemacht wurde, an uns, die wir in der Mitte deines Herzens sind, und dass du die Worte deines Testaments wiederholst: »Das ist mein Leib, der für euch hingegeben wird« (Lk 22,19). Die Liebe des Vaters zu dir und die deine zu uns: Die Liebe, das ist die Triebfeder, die dich aufstehen und weitergehen lässt. Denn wer liebt, bleibt nicht am Boden, er beginnt von neuem; wer liebt, wird nicht müde, er läuft; wer liebt, kann fliegen. Jesus, ich bitte dich immer um viele Dinge, aber nur eines brauche ich: lieben zu können. Ich werde im Leben hinfallen, aber mit der Liebe werde ich wieder aufstehen und weitergehen können, so wie du es getan hast, der du Erfahrung hast mit dem Fallen. Dein Leben war nämlich ein ständiges Fallen: Vom Gott wirst du zum Menschen, vom Menschen zum Diener, vom Diener zum Gekreuzigten, bis hin zum Grab; du bist zur Erde gefallen wie ein Same, der stirbt, du bist gefallen, um uns von der Erde zu erheben und uns in den Himmel zu bringen. Du, der du aus dem Staub wiederaufrichtest und die Hoffnung wieder aufleben lässt, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

Wenn die Enttäuschung die Oberhand gewinnt

Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

Wenn die Urteile anderer auf mich niedergehen

Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

Wenn es nicht gut geht und ich unduldsam werde

Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

Wenn ich das Gefühl habe, dass ich es nicht mehr schaffe

Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

Wenn mich der Gedanke bedrückt, dass sich nichts ändern wird

Jesus, gib mir die Kraft zu lieben und neu zu beginnen

4. Jesus begegnet seiner Mutter

Als Jesus die Mutter sah und bei ihr den Jünger, den er liebte, sagte er […] zu dem Jünger: Siehe, deine Mutter! Und von jener Stunde an nahm sie der Jünger zu sich. (Joh 19,26-27).

Jesus, die Deinen haben dich verlassen, Judas hat dich verraten, Petrus hat dich verleugnet: Du bist mit dem Kreuz allein gelassen worden. Aber da ist deine Mutter. Es bedarf keiner Worte, ihre Augen genügen, sie sind fähig, dem Leid ins Gesicht zu sehen und es auf sich zu nehmen. Jesus, in Marias tränen- und lichterfülltem Blick findest du die Erinnerung an die Zärtlichkeit, die Liebkosungen, die liebevollen Arme, die dich immer aufgenommen und unterstützt haben. Der mütterliche Blick ist der Blick der Erinnerung, der uns im Guten gründet. Wir kommen nicht ohne eine Mutter aus, die uns auf die Welt bringt, aber auch nicht ohne eine Mutter, die uns in der Welt wieder aufrichtet. Du weißt das, und vom Kreuz aus schenkst du uns deine eigene Mutter. Siehe, deine Mutter, sagst du zu dem Jünger, zu einem jeden von uns: Im Anschluss an die Eucharistie gibst du uns Maria, das letzte Geschenk, bevor du stirbst. Jesus, durch die Erinnerung an ihre Liebe wurdest du auf deinem Weg bestärkt; auch mein Weg bedarf der Erinnerung an das Gute. Ich stelle jedoch fest, dass mein Gebet arm an Erinnerung ist: eilig, geschäftig, eine Liste von Bedürfnissen für heute und morgen. Maria, gebiete meiner Eile Einhalt, hilf mir, mich zu erinnern: Die Gnade zu hüten, mich an Gottes Vergebung und Wundertaten zu erinnern, die erste Liebe neu zu beleben, die Wunder der Vorsehung wieder zu kosten, vor Dankbarkeit zu weinen.

Lasst uns gemeinsam beten: Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

Wenn die Wunden der Vergangenheit wieder zum Vorschein kommen

Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

Wenn ich den Sinn und den Zusammenhang der Dinge verliere

Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

Wenn ich die Geschenke aus den Augen verliere, die ich erhalten habe

Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

Wenn ich das Geschenk aus den Augen verliere, das ich selbst bin

Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

Wenn ich vergesse, dir zu danken

Herr, belebe in mir die Erinnerung an deine Liebe

5. Simon von Kyrene hilft Jesus das Kreuz tragen

Als sie Jesus hinausführten, ergriffen sie Simon, einen Mann aus Kyrene, der gerade vom Feld kam. Ihm luden sie das Kreuz auf, damit er es hinter Jesus hertrage. (Lk 23,26).

Jesus, wie oft maßen wir uns angesichts der Herausforderungen des Lebens an, es allein zu schaffen! Wie schwer fällt es uns, um Hilfe zu bitten, aus Angst, den Eindruck zu erwecken, dass wir der Aufgabe nicht gewachsen sind, wir, die wir immer darauf bedacht sind, einen guten Eindruck zu machen und uns in Szene zu setzen! Es ist nicht leicht, zu vertrauen und noch weniger, sich anzuvertrauen. Aber diejenigen, die beten, wissen, dass sie bedürftig sind, und du, Jesus, bist es gewohnt, dich im Gebet anzuvertrauen. Deshalb verschmähst du die Hilfe des Kyrenäers nicht. Du lässt ihn deine Schwächen erkennen, einen einfachen Mann, einen Bauern, der von den Feldern zurückkehrt. Ich danke dir, denn indem du dich in deiner Not unterstützen lässt, löschst du das Bild eines unverwundbaren und fernen Gottes aus. Du bist nicht unaufhaltsam in deiner Macht, sondern unbesiegbar in deiner Liebe, und du lehrst uns, dass Lieben bedeutet, die anderen eben bei jenen Schwächen zu unterstützen, für die sie sich schämen. Dann verwandeln sich Schwächen in Chancen. So geschah es dem Kyrenäer: Deine Schwäche veränderte sein Leben und er wird eines Tages erkennen, dass er seinem Retter beigestanden hat, dass er durch das Kreuz, das er trug, erlöst worden ist. Damit sich auch mein Leben verändert, bitte ich dich, Jesus: Hilf mir, meine Schutzschilde abzulegen und mich von dir lieben zu lassen; da, wo ich mich am meisten meiner selbst schäme.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, heile mich!

Von aller Anmaßung der Selbstgenügsamkeit

Jesus, heile mich!

Von dem Gedanken, es ohne dich und ohne die anderen zu schaffen

Jesus, heile mich!

Von der Versessenheit zum Perfektionismus

Jesus, heile mich!

Von meinem inneren Widerstand, dir mein Elend anzuvertrauen

Jesus, heile mich!

Von meiner Eile, wenn ich unterwegs Bedürftigen begegne

Jesus, heile mich!

6. Veronika reicht Jesus das Schweißtuch

Gepriesen sei der Gott […] der Vater des Erbarmens und Gott allen Trostes. Er tröstet uns in all unserer Not, damit auch wir die Kraft haben, alle zu trösten, die in Not sind, […]. Wie uns nämlich die Leiden Christi überreich zuteilgeworden sind, so wird uns durch Christus auch überreicher Trost zuteil. (2 Kor 1,3-5).

Jesus, viele verfolgen das barbarische Spektakel deiner Hinrichtung und fällen, ohne dich zu kennen und ohne die Wahrheit zu kennen, Urteile. Sie verurteilen dich und begegnen dir mit Schmähung und Verachtung. Das geschieht auch heute, Herr, und dazu bedarf es nicht einmal eines makabren Festzugs. Es genügt eine Tastatur, um zu beleidigen und Urteile kundzutun. Doch während viele schreien und urteilen, bahnt sich eine Frau den Weg durch die Menge. Sie spricht nicht. Sie handelt. Sie schimpft nicht. Sie erbarmt sich. Sie schwimmt gegen den Strom: allein, mit dem Mut des Mitleids. Sie begibt sich aus Liebe in Gefahr, sie findet einen Weg, um zwischen den Soldaten hindurchzukommen, nur um deinem Antlitz den Trost einer Liebkosung zuteilwerden zu lassen. Ihre Geste wird in die Geschichte eingehen und es ist eine Gebärde des Trostes. Wie oft bitte ich dich um Trost, Jesus! Aber Veronika erinnert mich daran, dass auch du ihn brauchst: Du, der nahe Gott, bittest um meine Nähe; du, mein Tröster, willst von mir getröstet werden. Als ungeliebte Liebe suchst du auch heute noch in der Menge nach Herzen, die für dein Leiden, für deinen Schmerz sensibel sind. Du suchst wahre Beter, die im Geist und in der Wahrheit (vgl. Joh 4,23) bei dir, der verlassenen Liebe, bleiben (vgl. Joh 15). Jesus, entfache in mir das Verlangen, bei dir zu bleiben, dich anzubeten und dich zu trösten. Und mache, dass ich in deinem Namen für andere zum Trost werde.

Lasst uns gemeinsam beten: Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

Gott der Barmherzigkeit, du bist denen nahe, die ein verwundetes Herz haben

Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

Gott der Zärtlichkeit, der du mit uns fühlst

Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

Gott des Mitgefühls, du verabscheust die Gleichgültigkeit

Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

Der du traurig bist, wenn ich mit dem Finger auf andere zeige

Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

Der du nicht gekommen bist, um zu verurteilen, sondern um zu retten

Mach mich zu einem Zeugen deines Trostes

7. Jesus fällt zum zweiten Mal unter dem Kreuz

[Der jüngere Sohn] ging in sich und sagte: […] Ich will aufbrechen und zu meinem Vater gehen und zu ihm sagen: Vater, ich habe mich […] versündigt. […] Dann brach er auf und ging zu seinem Vater. Der Vater sah ihn schon von Weitem kommen und er hatte Mitleid mit ihm. Er lief dem Sohn entgegen, fiel ihm um den Hals und küsste ihn. Da sagte der Sohn zu ihm: Vater, ich habe mich […] versündigt; ich bin nicht mehr wert, dein Sohn zu sein. Der Vater aber sagte […]: Dieser, mein Sohn, war tot und lebt wieder; er war verloren und ist wiedergefunden worden (Lk 15,17-18.20-22.24).

Jesus, das Kreuz wiegt schwer: Es trägt die Bürde der Niederlage, des Scheiterns, der Demütigung. Ich verstehe es, wenn ich mich von den Dingen erdrückt, vom Leben geplagt und von anderen missverstanden fühle; wenn ich das übermäßige und zermürbende Gewicht von Verantwortung und Arbeit spüre, wenn ich mich im Griff der Angst erdrückt fühle und von Melancholie überfallen werde, während ein erstickender Gedanke mir immer wieder sagt: Da kommst du nicht mehr raus, diesmal erhebst du dich nicht wieder. Aber es gibt Schlimmeres. Ich merke, dass ich den Tiefpunkt erreiche, wenn ich rückfällig werde: wenn ich in meine Fehler, in meine Sünden zurückfalle, wenn ich an anderen Anstoß nehme und dann feststelle, dass ich selbst nicht anders bin. Es gibt nichts Schlimmeres, als von sich selbst enttäuscht zu sein, erdrückt von Schuldgefühlen. Aber du, Jesus, bist mehrere Male unter der Last des Kreuzes gefallen, um mir beizustehen, wenn ich erneut falle. Mit dir endet die Hoffnung nie und nach jedem Sturz kann ich wieder aufstehen, denn wenn ich einen Fehler mache, wirst du meiner nicht müde, sondern bist mir noch näher. Ich danke dir, weil du auf mich wartest; danke, weil ich viele Male hinfalle und du mir unzählige Male vergibst: immer. Erinnere mich daran, dass Niederlagen zu entscheidenden Momenten des Weges werden können, weil sie mich dazu bringen, das Einzige zu verstehen, was zählt: dass ich dich brauche. Jesus, schreibe mir die wichtigste Gewissheit ins Herz: Dass ich mich nur dann wirklich wiederaufrichte, wenn du mich aufrichtest, wenn du mich von der Sünde befreist. Denn das Leben beginnt nicht mit meinen Worten neu, sondern mit deiner Vergebung.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, richte mich wieder auf!

Wenn ich, durch Misstrauen gelähmt, traurig und niedergeschlagen bin

Jesus, richte mich wieder auf!

Wenn ich meine Unzulänglichkeit sehe und mich nutzlos fühle

Jesus, richte mich wieder auf!

Wenn ich mich schäme und Angst habe zu versagen

Jesus, richte mich wieder auf!

Wenn ich in die Versuchung gerate, die Hoffnung zu verlieren

Jesus, richte mich wieder auf!

Wenn ich vergesse, dass meine Stärke in deiner Vergebung liegt

Jesus, richte mich wieder auf!

8. Jesus begegnet den weinenden Frauen

Es folgte ihm eine große Menge des Volkes, darunter auch Frauen, die um ihn klagten und weinten (Lk 23,27).

Jesus, wer folgt dir auf deinem Kreuzweg bis zum Ende? Nicht die Mächtigen, die auf dem Kalvarienberg auf dich warten, nicht diejenigen, die aus der Ferne zuschauen, sondern die einfachen Menschen, die in deinen Augen groß und in den Augen der Welt gering sind. Es sind die Frauen, denen du Hoffnung geschenkt hast. Sie haben keine Stimme, aber sie verschaffen sich Gehör. Hilf uns, die Größe der Frauen zu erkennen, derjenigen, die dir an Ostern treu und nahe waren, die aber auch heute noch ausgegrenzt werden und Schmähungen und Gewalt erleiden. Jesus, die Frauen, denen du begegnest, schlagen sich an die Brust und beweinen dich. Sie beweinen nicht sich selbst, sondern sie weinen um dich, sie weinen über das Böse und die Sünde in der Welt. Ihr Gebet aus Tränen trifft dein Herz. Ist auch mein Gebet der Tränen fähig? Lasse ich mich von dir innerlich berühren, von dir, der du für mich gekreuzigt worden bist, von deiner gütigen und verwundeten Liebe? Beweine ich meine Verlogenheit und meine Wankelmütigkeit? Bleibt mein Herz angesichts der Tragödien in der Welt steinhart oder lässt es sich erweichen? Wie reagiere ich auf den Wahnsinn des Krieges, auf Kindergesichter, die nicht mehr lächeln können, auf Mütter, die sie unterernährt und hungrig sehen und keine Tränen mehr haben, die sie vergießen könnten? Du, Jesus, hast über Jerusalem geweint, du hast über unsere Hartherzigkeit geweint. Rüttle mich innerlich auf, gib mir die Gnade, beim Beten zu weinen und beim Weinen zu beten.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

Der du die Geheimnisse des Herzens kennst

Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

Der du über die Verstocktheit der Herzen trauerst

Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

Der du demütige und zerknirschte Herzen liebst

Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

Der du Petrus´ Tränen durch Vergebung trocknest

Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

Der du unsere Klage in Gesang verwandelst

Jesus, erweiche mein verhärtetes Herz

9. Jesus wird seiner Kleider beraubt

„Herr, wann haben wir dich hungrig gesehen und dir zu essen gegeben oder durstig und dir zu trinken gegeben? Und wann haben wir dich fremd gesehen und aufgenommen oder nackt und dir Kleidung gegeben? Und wann haben wir dich krank oder im Gefängnis gesehen und sind zu dir gekommen?“ Darauf wird der König ihnen antworten: „Amen, ich sage euch: Was ihr für einen meiner geringsten Brüder getan habt, das habt ihr mir getan“ (Mt 25,37-40).

Jesus, das sind die Worte, die du vor deiner Passion gesprochen hast. Jetzt verstehe ich, dass du dich immer mit den Notleidenden identifizierst: Du wurdest gefangen genommen; du, ein Fremder, wurdest aus der Stadt geführt, um gekreuzigt zu werden; du bist nackt, deiner Kleider beraubt; du bist krank und verwundet; dich dürstet am Kreuz und du bist hungrig nach Liebe. Lass mich dich in den Leidenden erkennen und die Leidenden in dir, denn du bist gegenwärtig in denen, die ihrer Würde beraubt sind, in denen, die dir gleich, aus Überheblichkeit und Ungerechtigkeit gedemütigt werden, durch unfaire Gewinne, die in allgemeiner Gleichgültigkeit auf Kosten der Mitmenschen gemacht werden. Ich sehe dich an, Jesus, du bist deiner Kleider beraubt, und ich verstehe, dass du mich einlädst, mich vieler äußerlicher Dinge zu entledigen. Denn du schaust nicht auf den Schein, sondern auf das Herz. Und du willst kein steriles Gebet, sondern eines, das in der Liebe fruchtbar ist. Entblößter Gott, entblöße auch mich. Denn Reden ist einfach, aber liebe ich dich dann auch wirklich in den Armen, die dein verwundetes Fleisch sind? Bete ich für diejenigen, die ihrer Würde beraubt sind? Oder bete ich nur, um meine Bedürfnisse zu decken und mich in Sicherheit zu hüllen? Jesus, deine Wahrheit legt mich bloß und hilft mir, mich auf das zu konzentrieren, worauf es ankommt: auf dich, den Gekreuzigten und die gekreuzigten Brüder und Schwestern. Gib, dass ich das jetzt begreife, damit ich nicht ohne Liebe dastehe, wenn ich vor dich treten werde.

Lasst uns gemeinsam beten: Befreie mich, Herr Jesus!

Vom Hang zu Äußerlichkeiten

Befreie mich, Herr Jesus!

Von dem Schutzschild der Gleichgültigkeit

Befreie mich, Herr Jesus!

Von dem Glauben, ich bräuchte anderen nicht zu helfen

Befreie mich, Herr Jesus!

Von einem Kult der Anständigkeit und der Äußerlichkeit

Befreie mich, Herr Jesus!

Vom Glauben, dass alles in Ordnung ist, wenn es mir gut geht

Befreie mich, Herr Jesus!

10. Jesus wird an das Kreuz genagelt

Sie kamen an den Ort, der Schädelhöhe heißt; dort kreuzigten sie ihn und die Verbrecher, den einen rechts von ihm, den andern links. Jesus aber betete: „Vater, vergib ihnen, denn sie wissen nicht, was sie tun!“ (Lk 23,33-34).

Jesus, sie durchbohren deine Arme und Beine mit Nägeln und zerfleischen deinen Leib, und gerade jetzt, während der körperliche Schmerz am schlimmsten ist, kommt ein unvorstellbares Gebet über deine Lippen: Du vergibst denen, die dir die Nägel in die Handgelenke schlagen. Und das nicht nur einmal, sondern viele Male, wie das Evangelium berichtet, mit einem Verb, das eine wiederholte Handlung anzeigt. Du sagtest: „Vater, vergib ihnen“. So kann auch ich mit dir, Jesus, den Mut finden, den Weg der Vergebung zu wählen, die das Herz befreit und das Leben wieder erneuert. Herr, es genügt dir nicht, uns zu vergeben, du rechtfertigst uns auch vor dem Vater: Sie wissen nicht, was sie tun. Du verteidigst uns, machst dich zu unserem Anwalt, du trittst für uns ein. Jetzt, da deine segnenden und heilenden Hände festgenagelt sind, und deine Füße, mit denen du frohe Kunde gebracht hast, nicht mehr gehen können, zeigst du uns in deiner Ohnmacht die Allmächtigkeit des Gebets. Auf dem Gipfel von Golgotha enthüllst du uns die Größe des fürbittenden Gebets, das die Welt rettet. Jesus, gib, dass ich nicht nur für mich und meine Lieben bete, sondern auch für jene, die mich nicht lieben und die mir wehtun; dass ich gemäß deinem Herzenswunsch für diejenigen bete, die fern sind von dir; dass ich für jene Sühne leiste und bete, die dich ignorieren und so nicht die Freude kennen, dich zu lieben und von dir Vergebung zu erlangen.

Lasst uns gemeinsam beten: Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

Aufgrund des schmerzhaften Leidens Jesu

Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

Aufgrund der Macht seiner Wunden

Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

Aufgrund seiner Vergebung am Kreuz

Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

Aufgrund derer, die wegen deiner Liebe vergeben

Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

Aufgrund der Fürsprache all derer, die glauben, anbeten, hoffen und dich lieben

Vater, hab Erbarmen mit uns und mit der ganzen Welt

11. Jesus schreit seine Verlassenheit heraus

Von der sechsten Stunde an war Finsternis über dem ganzen Land bis zur neunten Stunde. Um die neunte Stunde schrie Jesus mit lauter Stimme: „Eli, Eli, lema sabachtani?“, das heißt: „Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?“ (Mt 27,45-46).

Jesus, welch ungeheuerliches Gebet: Laut schreist du zum Vater aus deiner Verlassenheit. Du, Gott des Himmels, gibst keine dröhnenden Antworten, sondern du fragst: Warum? Auf dem Höhepunkt deines Leidensweges fühlst du dich fern vom Vater und du nennst ihn auch nicht mehr Vater, wie sonst, sondern Gott, fast so, als könntest du sein Gesicht nicht mehr erkennen. Warum dies? Um bis in die abgründigen Tiefen unseres Schmerzes einzutauchen. Du hast das für mich getan, damit ich, wenn ich nur noch Dunkelheit sehe und erlebe, dass Gewissheiten einstürzen und mein Leben Schiffbruch erleidet, mich nicht mehr allein fühle, sondern daran glauben kann, dass du dann bei mir bist: du, Gott der Gemeinschaft, der du die Verlassenheit spürst, um mich nicht länger in der Geiselhaft der Einsamkeit zu belassen. Als du dein Warum herausgerufen hast, da hast du dies mit einem Psalm getan: So ließest du selbst die größte Verzweiflung zum Gebet werden. Das also ist in den Stürmen des Lebens zu tun: statt zu schweigen und die Gefühle zu unterdrücken, sollte man zu dir rufen. Ehre sei dir, Herr Jesus, denn du bist nicht vor meiner Verlorenheit geflohen, sondern hast dich selbst in sie hineinbegeben; Lob und Ehre sei dir, indem du alle Ferne auf dich genommen hast, bist du denen nahegekommen, die am weitesten von dir entfernt sind. Und im Dunkel meiner Fragen finde ich dich wieder, Jesus, du Licht in der Nacht. Und in dem Schreien so vieler Einsamer und Ausgeschlossener, Unterdrückter und Verlassener sehe ich dich wieder, mein Gott: Lass mich dich erkennen und dich lieben.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

In den ungeborenen und verlassenen Kindern

Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

In den vielen jungen Menschen, die darauf warten, dass jemand ihren Schmerzensschrei hört

Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

In den vielen verlassenen alten Menschen

Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

In den Gefangenen und Einsamen

Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

In den ausgebeuteten und vergessenen Völkern

Jesus, lass mich dich erkennen und lieben

12. Jesus stirbt. Er überlässt sich ganz dem Vater und dem guten Schächer eröffnet er das Paradies

Einer der Verbrecher [am Kreuz] sagte: „Jesus, denk an mich, wenn du in dein Reich kommst!“ Jesus antwortete ihm: „Amen, ich sage dir: Heute noch wirst du mit mir im Paradies sein“. Und Jesus rief mit lauter Stimme: „Vater, in deine Hände lege ich meinen Geist“. Mit diesen Worten hauchte er den Geist aus (Lk 23,42-43, 46).

Jesus, ein Übeltäter im Paradies! Er vertraut sich dir an, und du vertraust ihn zusammen mit dir dem Vater an. Gott des Unmöglichen, du machst aus einem Dieb einen Heiligen. Und nicht nur das: Auf dem Kalvarienberg änderst du den Lauf der Geschichte. Du machst aus dem Kreuz, dem Symbol der Todesqual, eine Ikone der Liebe; aus der Mauer des Todes eine Brücke zum Leben. Du verwandelst Dunkelheit in Licht, Trennung in Gemeinschaft, Schmerz in Tanz und sogar das Grab, die letzte Station des Lebens, in einen Ausgangspunkt für die Hoffnung. Doch diese Umwandlungen vollbringst du zusammen mit uns, niemals ohne uns. Jesus, denk an mich: Dieses aufrichtige Gebet hat es dir erlaubt, im Leben jenes Übeltäters Wunder zu wirken. Unermessliche Macht des Gebets. Manchmal denke ich, dass mein Gebet nicht erhört wird; doch es kommt darauf an, beharrlich zu bleiben, beständig zu sein und nicht zu vergessen, dir zu sagen: „Jesus, denk an mich“. Denk an mich, und meine Boshaftigkeit wird nicht mehr das Ende sein, sondern ein neuer Ausgangspunkt. Denk an mich: Nimm mich also wieder in dein Herz auf, auch wenn ich mich entferne, wenn ich mich im „Hamsterrad“ des Lebens verliere. Denk an mich, Jesus, denn wenn du an jemanden denkst – das zeigt der gute Schächer – bedeutet das, ins Paradies einzutreten. Erinnere mich vor allem daran, dass mein Gebet die Geschichte verändern kann.

Lasst uns gemeinsam beten: Jesus, denk an mich

Wenn die Hoffnung schwindet und Enttäuschung herrscht

Jesus, denk an mich

Wenn ich nicht in der Lage bin, eine Entscheidung zu treffen

Jesus, denk an mich

Wenn ich den Glauben an mich selbst und an andere verliere

Jesus, denk an mich

Wenn ich die Größe deiner Liebe aus den Augen verliere

Jesus, denk an mich

Wenn ich den Eindruck habe, dass mein Gebet nutzlos ist

Jesus, denk an mich

13. Jesus wird vom Kreuz abgenommen und in den Schoß seiner Mutter gelegt

Und Simeon […] sagte zu Maria, der Mutter Jesu: „Siehe, dieser ist dazu bestimmt, dass in Israel viele zu Fall kommen und aufgerichtet werden, und er wird ein Zeichen sein, dem widersprochen wird, - und deine Seele wird ein Schwert durchdringen“ (Lk 2,33-35).

Maria, nach deinem „Ja“ ist das Wort in deinem Schoß Fleisch geworden; jetzt liegt sein geschundener Leib in deinem Schoß. Das Kind, das du in deinen Armen gehalten hast, ist ein entstellter Leichnam. Doch auch jetzt, im schmerzlichsten Moment, leuchtet dein Opfer auf: Ein Schwert durchdringt deine Seele, und dein Gebet ist weiterhin ein „Ja“ zu Gott. Maria, wir sagen selten „Ja“ und oft „Wenn“: Wenn ich bessere Eltern gehabt hätte, wenn ich besser verstanden und mehr geliebt worden wäre, wenn meine Karriere besser verlaufen wäre, wenn es dieses Problem nicht gäbe, wenn ich bloß nicht mehr leiden würde, wenn Gott mich erhören würde... Ständig fragen wir uns, warum Dinge geschehen, und so fällt es uns schwer, die Gegenwart liebevoll zu leben. Du hättest so viele „Wenn“, die du Gott sagen könntest, aber du sagst weiterhin „Ja“. Stark im Glauben bist du gewiss, dass ein von Liebe durchwobener Schmerz Früchte des Heils trägt; dass das Leiden bei Gott nicht das letzte Wort hat. Und während du den leblosen Jesus in deinen Armen hältst, klingen seine letzten Worte an dich in dir nach: Siehe, dein Sohn. Mutter, ich bin dieser Sohn! Nimm mich in deine Arme und beuge dich über meine Wunden. Hilf mir, „Ja“ zu sagen zu Gott, „Ja“ zur Liebe. Mutter des Erbarmens, wir leben in einer unerbittlichen Zeit und wir brauchen Mitgefühl: Du, liebevoll und stark, salbe uns mit Sanftmut: Löse die Widerstände des Herzens und die Wirrsale der Seele.

Lasst uns gemeinsam beten: Nimm mich bei der Hand, Maria

Wenn ich mich in Klagen und Selbstmitleid verfalle

Nimm mich bei der Hand, Maria

Wenn ich aufhöre zu kämpfen und mich mit meinen Lügen abfinde

Nimm mich bei der Hand, Maria

Wenn ich zögere und nicht den Mut finde, zu Gott „Ja“ zu sagen

Nimm mich bei der Hand, Maria

Wenn ich nachsichtig mit mir bin und unnachgiebig gegenüber anderen

Nimm mich bei der Hand, Maria

Wenn ich will, dass die Kirche und die Welt sich verändern, aber ich mich nicht ändere

Nimm mich bei der Hand, Maria

14. Jesus wird in das Grab des Josef von Arimathäa gelegt

Gegen Abend kam ein reicher Mann aus Arimathäa namens Josef; auch er war ein Jünger Jesu. Er ging zu Pilatus und bat um den Leichnam Jesu. […] Josef nahm den Leichnam und hüllte ihn in ein reines Leinentuch. Dann legte er ihn in ein neues Grab, das er für sich selbst in einen Felsen hatte hauen lassen (Mt 27,57-60).

Josef, der zusammen mit Maria am Beginn von Weihnachten steht, steht auch am Anfang des Osterereignisses. Josef von Nazaret träumte und nahm Jesus mutig mit sich, um ihn vor Herodes zu retten; du, Josef von Arimathäa, nimmst seinen Leichnam mit, nicht wissend, dass ein unmöglicher und wunderbarer Traum genau dort wahr werden wird, in dem Grab, das du Christus geschenkt hast, als du dachtest, er könne nichts mehr für dich tun. Doch es ist wahr, dass man für jedes Geschenk, das man Gott macht, überreich entlohnt wird. Josef von Arimathäa, du bist der Prophet des kühnen Mutes. Um einem Toten ein Geschenk zu machen, gehst du zu dem gefürchteten Pilatus und bittest ihn, um Jesus das Grab schenken zu können, das du für dich selbst bauen hast lassen. Dein Gebet ist beharrlich, und den Worten folgen Taten. Josef, erinnere uns daran, dass das beharrliche Gebet Früchte trägt und gar das Dunkel des Todes durchdringt; dass die Liebe nicht unerwidert bleibt, sondern neue Anfänge schenkt. Dein Grab, das – einmalig in der Geschichte – eine Quelle des Lebens sein wird, war neu, frisch aus dem Felsen gehauen. Und ich, was schenke ich Jesus an diesem Osterfest Neues? Ein wenig Zeit, um bei ihm zu sein? Ein wenig Liebe für die Mitmenschen? Meine begrabenen Ängste und Nöte, von denen Christus erwartet, dass ich sie ihm anbiete, wie du es mit dem Grab getan hast? Es wird wahrhaftig Ostern sein, wenn ich etwas von mir demjenigen schenke, der für mich sein Leben hingegeben hat. Denn wenn wir geben, empfangen wir; denn zum Leben finden wir, wenn wir es verlieren, und wir besitzen es, wenn wir es hingeben.

Lasst uns gemeinsam beten: Hab Erbarmen, Herr

Mit mir, der ich zu träge bin mich zu bekehren

Hab Erbarmen, Herr

Mit mir, der ich sehr gern empfange und weniger gern gebe

Hab Erbarmen, Herr

Mit mir, der ich unfähig bin, mich deiner Liebe zu ergeben

Hab Erbarmen, Herr

Mit uns, die wir uns bereitwillig der Dinge bedienen, aber nur zögerlich anderen dienen

Hab Erbarmen, Herr

Mit unserer Welt, die voll ist von den Gräbern des Egoismus

Hab Erbarmen, Herr

Schlussanrufungen (der Name Jesu, 14 Mal)

Herr, wir beten zu dir wie die Bedürftigen, die Gebrechlichen und die Kranken im Evangelium, die dich mit dem einfachsten und vertrautesten Wort anrufen: mit deinem Namen.

Jesus, dein Name rettet, denn du bist unser Heil.

Jesus, du bist mein Leben, und um mich auf meinem Weg nicht zu verirren, brauche ich dich, der du vergibst und aufrichtest, der du mein Herz heilst und meinem Schmerz einen Sinn verleihst.

Jesus, du hast meine Sünden auf dich genommen, und vom Kreuz aus zeigst du nicht mit dem Finger auf mich, sondern umarmst mich; der du gütig und von Herzen demütig bist, heile mich von Missgunst und Groll, befreie mich von Argwohn und Misstrauen.

Jesus, ich schaue auf dich am Kreuz und sehe vor meinen Augen die Liebe aufgehen, den Sinn meines Daseins und das Ziel meines Weges: Hilf mir zu lieben und zu verzeihen sowie Ungeduld und Gleichgültigkeit zu überwinden und nicht zu klagen.

Jesus, am Kreuz bist du durstig, und es dürstet dich nach meiner Liebe und meinem Gebet; damit willst du deine Pläne des Guten und des Friedens zur Vollendung zu bringen.

Jesus, ich danke dir für diejenigen, die deiner Einladung folgen und ausdauernd sind im Gebert; die den Mut haben, zu glauben, und die Beständigkeit, trotz aller Schwierigkeiten weiterzugehen.

Jesus, ich bringe dir die Hirten deines heiligen Volkes: Ihr Gebet gibt der Herde Halt; lass sie Zeit finden, vor dir zu stehen, lass sie ihr Herz dem deinen gleichgestalten.

Jesus, ich preise dich für die kontemplativen Ordensleute, deren Gebet, verborgen vor der Welt und dir wohlgefällig, die Kirche und die Menschheit beschützt.

Jesus, ich bringe die Familien und die Menschen vor dich, die heute Abend von zuhause aus gebetet haben, die Alten, besonders die Alleinstehenden, die Kranken, jene Edelsteine der Kirche, die ihre Leiden mit den deinen vereinen.

Jesus, dieses Fürbittgebet möge die Schwestern und Brüder erreichen, die in so vielen Teilen der Welt um deines Namens willen Verfolgung erleiden; diejenigen, die unter dem Drama des Krieges leiden, und diejenigen, die in dir Kraft schöpfen und schwere Kreuze tragen.

Jesus, durch dein Kreuz hast du uns alle eins werden lassen: Halte die Gläubigen in der Gemeinschaft zusammen, hilf uns, geschwisterlich und geduldig zu sein, zusammenzuarbeiten und miteinander unterwegs zu sein; bewahre die Kirche und die Welt im Frieden.

Jesus, heiliger Richter, der du mich beim Namen rufen wirst, befreie mich von vorschnellen Urteilen, von Klatsch und von verletzenden und beleidigenden Worten.

Jesus, bevor du stirbst, sagst du: „Es ist vollbracht“. In meiner Unvollkommenheit werde ich das nicht sagen können; doch ich vertraue auf dich, denn du bist meine Hoffnung, die Hoffnung der Kirche und der Welt.

Jesus, ein Wort möchte ich dir noch sagen und es immerzu wiederholen: Danke! Ich danke dir, mein Herr und mein Gott.

[00551-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

VIA CRUCIS 2024: “En oración con Jesús en el camino de la cruz”

Introducción

Señor Jesús, al mirar tu cruz comprendemos tu entrega total por nosotros. Te consagramos y ofrecemos este tiempo. Queremos pasarlo junto a ti, que rezaste desde el Getsemaní hasta el Calvario. En el Año de la oración nos unimos a tu camino orante.

Del Evangelio según san Marcos (14,32-37)

Llegaron a una propiedad llamada Getsemaní […]. Después llevó con él a Pedro, Santiago y Juan, y comenzó a sentir temor y a angustiarse. Entonces les dijo “[…] Quédense aquí velando”. Y adelantándose un poco, se postró en tierra y decía: “Abba –Padre– todo te es posible: aleja de mí este cáliz, pero que no se haga mi voluntad, sino la tuya”. Después volvió y encontró a sus discípulos dormidos. Y Jesús dijo a Pedro: “[…] ¿No has podido quedarte despierto ni siquiera una hora?”.

Señor, tú preparabas con la oración cada una de tus jornadas, y ahora en Getsemaní preparas la Pascua. Y orabas diciendo Abba –Padre– todo te es posible, porque la oración es ante todo diálogo e intimidad, pero es también lucha y petición: ¡aleja de mí este cáliz! Así mismo, es entrega confiada y don: Pero que no se haga mi voluntad, sino la tuya. Así, orante, entraste por la puerta estrecha de nuestro dolor y la atravesaste hasta el final. Tuviste «temor y angustia» (Mc 14,33): temor frente a la muerte, angustia bajo el peso de nuestros pecados, que cargaste sobre ti, mientras te invadía una amargura infinita. Sin embargo, en lo más duro de la lucha oraste «más intensamente» (Lc 22,44). De esta manera, transformaste la violencia del dolor en ofrenda de amor.

Nos pides una sola cosa: quedarnos contigo y velar. No nos pides lo imposible, sino que permanezcamos cerca de ti. Y, sin embargo, ¡cuántas veces me he alejado de ti! Cuántas veces, como los discípulos, en lugar de velar, me dormí, cuántas veces no tuve tiempo o ganas de rezar, porque estaba cansado, anestesiado por la comodidad o con el alma adormecida. Jesús, vuelve a repetirme a mí, vuelve a repetirnos a nosotros, que somos tu Iglesia: «Levántense y oren» (Lc 22,46). Despiértanos, Señor, sacude el letargo de nuestros corazones, porque también hoy, sobre todo hoy, necesitas nuestra oración.

1. Jesús es condenado a muerte

El Sumo Sacerdote, poniéndose de pie ante la asamblea, interrogó a Jesús: «¿No respondes nada a lo que estos atestiguan contra ti?». El permanecía en silencio y no respondía nada. […] Pilato lo interrogó nuevamente: «¿No respondes nada? ¡Mira de todo lo que te acusan!». Pero Jesús ya no respondió a nada más, y esto dejó muy admirado a Pilato (Mc 14,60-61;15,4-5).

Jesús, tú eres la vida, pero te condenan a muerte; eres la verdad y sin embargo eres víctima de un falso proceso. Pero, ¿por qué no te rebelas? ¿Por qué no levantas la voz y explicas cuáles son tus propias razones? ¿Por qué no rebates a los sabios y a los poderosos como siempre lo has hecho? Jesús, tu actitud desconcierta; en el momento decisivo no hablas, sino callas. Porque cuanto más fuerte es el mal, más radical es tu respuesta. Y tu respuesta es el silencio. Pero tu silencio es fecundo: es oración, es mansedumbre, es perdón, es la vía para redimir el mal, para convertir tus sufrimientos en un don que nos ofreces. Jesús, me doy cuenta de que apenas te conozco porque conozco poco tu silencio, porque en el frenesí de las prisas y del hacer, absorbido por las cosas, atrapado por el miedo de no mantenerme a flote o por el afán de querer ponerme siempre en el centro, no encuentro tiempo para detenerme y quedarme contigo; para permitirte a ti, Palabra del Padre, obrar en silencio. Jesús, tu silencio me estremece, me enseña que la oración no nace de los labios que se mueven, sino de un corazón que sabe escuchar. Porque rezar es hacerse dócil a tu Palabra, es adorar tu presencia.

Oremos diciendo: Háblame al corazón, Jesús

Tú que respondes al mal con el bien

Háblame al corazón, Jesús

Tú que apagas los gritos con la mansedumbre

Háblame al corazón, Jesús

Tú que detestas la murmuración y los reproches

Háblame al corazón, Jesús

Tú que me conoces íntimamente

Háblame al corazón, Jesús

Tú que me amas más de cuanto yo pueda amarme

Háblame al corazón, Jesús

2. Jesús carga la cruz

Él llevó sobre la cruz nuestros pecados,

cargándolos en su cuerpo,

a fin de que, muertos al pecado, vivamos para la justicia.

Gracias a sus llagas, ustedes fueron curados (1 P 2,24).

Jesús, nosotros también cargamos nuestras cruces, a veces muy pesadas: una enfermedad, un accidente, la muerte de un ser querido, una decepción amorosa, un hijo que se perdió, la falta de trabajo, una herida interior que no cicatriza, el fracaso de un proyecto, una esperanza más que se malogra... Jesús, ¿cómo rezar ahí? ¿Cómo hacerlo cuando me siento aplastado por la vida, cuando un peso oprime mi corazón, cuando estoy bajo presión y ya no tengo fuerzas para reaccionar? Tu respuesta se encuentra en una invitación: «Vengan a mí todos los que están afligidos y agobiados, y yo los aliviaré» (Mt 11,28). Ir a ti; yo, en cambio, me encierro en mí mismo, rumiando mentalmente, escarbando en el pasado, quejándome, hundiéndome en el victimismo, paladín de negatividad. Vengan a mí; no te ha parecido suficiente decírnoslo, sino que has venido a nosotros para tomar nuestra cruz sobre tus hombros, y quitarnos su peso. Esto es lo que deseas: que descarguemos en ti nuestros cansancios y sinsabores, porque quieres que en ti nos sintamos libres y amados. Gracias, Jesús. Uno mi cruz a la tuya, te traigo mi fatiga y mis miserias, pongo en ti todo el agobio que tengo en mi corazón.

Oremos diciendo: Acudo a ti, Señor

Con mi historia personal

Acudo a ti, Señor

Con mis cansancios

Acudo a ti, Señor

Con mis límites y mis fragilidades

Acudo a ti, Señor

Con mis miedos

Acudo a ti, Señor

Confiando sólo en tu amor

Acudo a ti, Señor

3. Jesús cae por primera vez

Les aseguro que si el grano de trigo que cae en la tierra no muere, queda solo; pero si muere, da mucho fruto (Jn 12,24).

Jesús, has caído. ¿En qué piensas?, ¿cómo rezas postrado rostro en tierra? Pero, sobre todo, ¿qué es lo que te da fuerzas para volver a levantarte? Mientras estás boca abajo en el suelo y ya no puedes ver el cielo, te imagino repitiendo en tu corazón: Padre, que estás en los cielos. La mirada amorosa del Padre posada en ti es tu fuerza. Pero imagino también que, mientras besas la tierra árida y fría, piensas en el hombre, sacado de la tierra, piensas en nosotros, que estamos en el centro de tu corazón; y que repites las palabras de tu testamento: «Esto es mi Cuerpo, que se entrega por ustedes» (Lc 22,19). El amor del Padre por ti y el tuyo por nosotros: el amor, ese es el estímulo que te hace levantarte y seguir adelante. Porque el que ama no se queda derrumbado, sino que vuelve a empezar; el que ama no se cansa, sino que corre; el que ama vuela. Jesús mío, siempre te pido muchas cosas, pero necesito sólo una: saber amar. Caeré en la vida, pero con amor podré volver a levantarme y seguir adelante, como hiciste tú, que tienes experiencia en las caídas. Tu vida, en efecto, ha sido una caída continua hacia nosotros: de Dios a hombre, de hombre a siervo, de siervo a crucificado, hasta el sepulcro; caíste en la tierra como semilla que muere, caíste para levantarnos de la tierra y llevarnos al cielo. Tú que levantas del polvo y reavivas la esperanza, dame la fuerza para amar y volver a empezar.

Oremos diciendo: Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

Cuando prevalece la desilusión

Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

Cuando el juicio de los demás se abate sobre mí

Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

Cuando las cosas no van bien y me vuelvo intolerante

Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

Cuando siento que ya no puedo más

Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

Cuando me oprime el pensamiento de que nada cambiará

Jesús, dame la fuerza para amar y volver a empezar

4. Jesús encuentra a su madre

Al ver a la madre y cerca de ella al discípulo a quien él amaba, Jesús […] dijo al discípulo: «Aquí tienes a tu madre». Y desde aquel momento, el discípulo la recibió en su casa (Jn 19,26-27).

Jesús, los tuyos te han abandonado; Judas te ha traicionado, Pedro te ha negado. Te has quedado solo con la cruz, pero ahí está tu madre. No hacen falta palabras, son suficientes sus ojos que saben mirar de frente al sufrimiento y asumirlo. Jesús, en la mirada de María, llena de lágrimas y de luz, encuentras el grato recuerdo de su ternura, de sus caricias, de sus brazos amorosos que siempre te han acogido y sostenido. La mirada de la propia madre es la mirada de la memoria, que nos cimienta en el bien. No podemos prescindir de una madre que nos dé a luz, pero tampoco de una madre que nos encarrile en el mundo. Tú lo sabes y desde la cruz nos entregas a tu propia madre. Aquí tienes a tu madre, dices al discípulo, a cada uno de nosotros. Después de la Eucaristía, nos das a María, tu último don antes de morir. Jesús, tu camino fue consolado por el recuerdo de su amor; también mi camino necesita cimentarse en la memoria del bien. Sin embargo, me doy cuenta de que mi oración es pobre en memoria: es rápida, apresurada; con una lista de necesidades para hoy y mañana. María, detén mi carrera, ayúdame a hacer memoria: a custodiar la gracia, a recordar el perdón y las maravillas de Dios, a reavivar el primer amor, a saborear de nuevo las maravillas de la providencia, a llorar de gratitud.

Oremos diciendo: Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

Cuando vuelven a aparecer las heridas del pasado

Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

Cuando pierdo el sentido y el rumbo de las cosas

Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

Cuando pierdo de vista los dones que he recibido

Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

Cuando pierdo de vista el don de mi propio ser

Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

Cuando me olvido de agradecerte

Reaviva en mí, Señor, el recuerdo de tu amor

5. Jesús es ayudado por el Cirineo

Cuando [los soldados] lo llevaban, detuvieron a un tal Simón de Cirene, que volvía del campo, y lo cargaron con la cruz, para que la llevara detrás de Jesús (Lc 23,26).

Jesús, cuántas veces, frente a los retos de la vida, presumimos de lograr hacer todo sólo con nuestras propias fuerzas. ¡Qué difícil nos resulta pedir ayuda, ya sea por miedo a dar la impresión de que no estamos a la altura de las circunstancias, o porque siempre nos preocupamos por quedar bien y lucirnos! No es fácil confiar, y menos aún abandonarse. En cambio, quien reza es porque está necesitado, y tú, Jesús, estás acostumbrado a abandonarte en la oración. Por eso no desdeñas la ayuda del Cirineo. Le muestras tus fragilidades a un hombre sencillo, a un campesino que vuelve del campo. Gracias porque, al dejarte ayudar en tu necesidad, borras la imagen de un dios invulnerable y lejano. Tú no te muestras imbatible en el poder, sino invencible en el amor, y nos enseñas que amar significa socorrer a los demás precisamente allí, en las debilidades de las que se avergüenzan. De este modo, las fragilidades se transforman en oportunidades. Fue lo que le sucedió a Cirineo: tu debilidad cambió su vida y un día se daría cuenta de que había ayudado a su Salvador, de que había sido redimido por medio de esa cruz que cargó. Para que mi vida también cambie, te ruego, Jesús: ayúdame a bajar mis defensas y a dejarme amar por ti; justo ahí, donde más me avergüenzo de mí mismo.

Oremos diciendo: Sáname, Jesús

De toda presunción de autosuficiencia

Sáname, Jesús

De creer que puedo prescindir de ti y de los demás

Sáname, Jesús

Del afán de perfeccionismo

Sáname, Jesús

De la reticencia a entregarte mis miserias

Sáname, Jesús

De la prisa mostrada ante los necesitados que encuentro en mi camino

Sáname, Jesús

6. Jesús recibe el consuelo de la Verónica que le enjuga el rostro

Bendito sea Dios […] Padre de las misericordias y Dios de todo consuelo, que nos reconforta en todas nuestras tribulaciones, para que nosotros podamos dar a los que sufren el mismo consuelo […]. Porque así como participamos abundantemente de los sufrimientos de Cristo, también por medio de Cristo abunda nuestro consuelo (2 Co 1,3-5).

Jesús, son tantos los que asisten al bárbaro espectáculo de tu ejecución y, sin conocerte y sin saber la verdad, emiten juicios y condenas, arrojando sobre ti infamia y desprecio. Sucede también hoy, Señor, y ni siquiera es necesario un cortejo macabro; basta un teclado para insultar y publicar condenas. Pero mientras tantos gritan y juzgan, una mujer se abre paso entre la multitud. No habla, actúa. No protesta, se compadece. Va contra la corriente, sola, con la valentía de la compasión; se arriesga por amor, encuentra la manera de pasar entre los soldados sólo para brindarte el consuelo de una caricia en el rostro. Su gesto pasará a la historia y como un gesto de consuelo. ¡Cuántas veces habré invocado tu consuelo, Jesús! Y ahora la Verónica me recuerda que tú también lo necesitas. Tú, Dios cercano, pides mi cercanía; tú, consolador mío, quieres ser consolado por mí. Amor no amado, buscas aún hoy entre la multitud corazones sensibles a tu sufrimiento, a tu dolor. Buscas verdaderos adoradores, que en espíritu y en verdad (cf. Jn 4,23) permanezcan contigo (cf. Jn 15), Amor abandonado. Jesús, enciende en mí el deseo de estar contigo, de adorarte y consolarte. Y haz que yo, en tu nombre, sea consuelo para los demás.

Oremos diciendo: Hazme testigo de tu consuelo

Dios de misericordia, que te haces cercano a quien tiene el corazón herido

Hazme testigo de tu consuelo

Dios de ternura, que te conmueves por nosotros

Hazme testigo de tu consuelo

Dios de compasión, que detestas la indiferencia

Hazme testigo de tu consuelo

Tú, que te entristeces cuando señalo con el dedo a los demás

Hazme testigo de tu consuelo

Tú, que no has venido a condenar sino a salvar

Hazme testigo de tu consuelo

7. Jesús cae por segunda vez bajo el peso de la cruz

[El hijo menor] recapacitó y dijo: Ahora mismo iré a la casa de mi padre y le diré: «Padre, pequé» […]. Entonces partió y volvió a la casa de su padre. Cuando todavía estaba lejos, su padre lo vio y se conmovió profundamente, corrió a su encuentro, lo abrazó y lo besó. El joven le dijo: «Padre, pequé […]; no merezco ser llamado hijo tuyo». Pero el padre dijo: […] «mi hijo estaba muerto y ha vuelto a la vida, estaba perdido y fue encontrado» (Lc 15,17-18.20-22.24).

Jesús, la cruz pesa mucho; lleva en sí el peso de la derrota, del fracaso, de la humillación. Lo comprendo cuando me siento aplastado por las cosas, acosado por la vida e incomprendido por los demás; cuando siento el peso excesivo y exasperante de la responsabilidad y del trabajo, cuando me siento oprimido en las garras de la ansiedad, asaltado por la melancolía, mientras un pensamiento asfixiante me repite: no saldrás adelante, esta vez no te levantarás. Pero las cosas empeoran aún más. Me doy cuenta de que toco fondo cuando vuelvo a caer, cuando recaigo en mis errores, en mis pecados, cuando me escandalizo de los demás y luego me doy cuenta de que yo no soy distinto de ellos. No hay nada peor que sentirse decepcionado de sí mismo, aplastado por los sentimientos de culpa. Pero tú, Jesús, caíste muchas veces bajo el peso de la cruz para estar a mi lado cuando yo caigo. Contigo la esperanza nunca se acaba, y después de cada caída nos volvemos a levantar, porque cuando me equivoco no te cansas de mí, sino que te acercas más a mí. Gracias porque me esperas; gracias, pues, aunque caiga muchas veces me perdonas siempre, siempre. Recuérdame que las caídas se pueden convertir en momentos cruciales del camino, porque me llevan a comprender que lo único que importa es que te necesito. Jesús, imprime en mi corazón la certeza más importante: que vuelvo a levantarme de verdad sólo cuando me levantas tú, cuando me liberas del pecado. Porque la vida no vuelve a empezar con mis palabras, sino con tu perdón.

Oremos diciendo: Levántame, Jesús

Cuando, paralizado por la desconfianza, siento tristeza y desesperación

Levántame, Jesús

Cuando veo mi incapacidad y me siento inútil

Levántame, Jesús

Cuando prevalecen la vergüenza y el miedo al fracaso

Levántame, Jesús

Cuando tengo la tentación de perder la esperanza

Levántame, Jesús

Cuando olvido que mi fortaleza está en tu perdón

Levántame, Jesús

8. Jesús encuentra a las mujeres de Jerusalén

Lo seguían muchos del pueblo y un buen número de mujeres, que se golpeaban el pecho y se lamentaban por él (Lc 23,27).

Jesús, ¿quién te acompaña hasta el final en tu camino de la cruz? No son los poderosos, que te esperan en el Calvario, ni los espectadores que se quedan lejos, sino la gente sencilla, grande a tus ojos, pero pequeña a los del mundo. Son esas mujeres, a las que has dado esperanza; que no tienen voz, pero se hacen oír. Ayúdanos a reconocer la grandeza de las mujeres, las que en Pascua te fueron fieles y no te abandonaron, las que aún hoy siguen siendo descartadas, sufriendo ultrajes y violencia. Jesús, las mujeres que encuentras se golpean el pecho y se lamentan por ti. No lloran por ellas, sino que lloran por ti, lloran por el mal y el pecado del mundo. Su oración hecha de lágrimas llega a tu corazón. ¿Acaso mi oración sabe llorar? ¿Me conmuevo ante ti, crucificado por mí, ante tu amor bondadoso y herido? ¿Lloro por mis falsedades y mi inconstancia? Ante las tragedias del mundo, ¿mi corazón permanece frío o se conmueve? ¿Cómo reacciono ante la locura de la guerra, ante los rostros de los niños que ya no saben sonreír, ante sus madres que los ven desnutridos y hambrientos sin tener siquiera más lágrimas que derramar? Tú, Jesús, has llorado por Jerusalén, has llorado por la dureza de nuestros corazones. Sacúdeme por dentro, dame la gracia de llorar rezando y de rezar llorando.

Oremos diciendo: Jesús, ablanda mi corazón endurecido

Tú que conoces los secretos del corazón

Jesús, ablanda mi corazón endurecido

Tú que te entristeces ante la dureza de los ánimos

Jesús, ablanda mi corazón endurecido

Tú que amas los corazones contritos y humillados

Jesús, ablanda mi corazón endurecido

Tú que enjugaste con el perdón las lágrimas de Pedro

Jesús, ablanda mi corazón endurecido

Tú que transformas el llanto en canto

Jesús, ablanda mi corazón endurecido

9. Jesús es despojado de sus vestiduras

«Señor, ¿cuándo te vimos hambriento, y te dimos de comer; sediento y te dimos de beber? ¿Cuándo te vimos de paso, y te alojamos; desnudo y te vestimos? ¿Cuándo te vimos enfermo o preso, y fuimos a verte?» […]. Les responderá: «Les aseguro que cada vez que lo hicieron con el más pequeño de mis hermanos, lo hicieron conmigo» (Mt 25,37-40).

Jesús, estas son las palabras que dijiste antes de la Pasión. Ahora comprendo esa insistencia tuya en identificarte con los necesitados: tú, encarcelado; tú, extranjero, conducido fuera de la ciudad para ser crucificado; tú, desnudo, despojado de tus vestidos; tú, enfermo y herido; tú, sediento en la cruz y hambriento de amor. Concédeme que pueda verte en los que sufren y que a los que sufren los pueda ver en ti, porque tú estás ahí, en quien está despojado de dignidad, en los cristos humillados por la prepotencia y la injusticia, por las ganancias injustas obtenidas a costa de los demás y ante la indiferencia general. Te miro, Jesús, despojado de tus vestiduras, y comprendo que me invitas a despojarme de tantas exterioridades vacías. Porque tú no miras las apariencias, sino el corazón. Y no quieres una oración estéril, sino fecunda en caridad. Dios despojado, ponme al descubierto también a mí. Porque es fácil hablar, pero luego, ¿te amo yo de verdad en los pobres, en tu carne herida? ¿Rezo por los que han sido despojados de dignidad? ¿O rezo sólo para cubrir mis propias necesidades y revestirme de seguridad? Jesús, tu verdad me deja al descubierto y me lleva a ocuparme de lo que importa: tú crucificado, y los hermanos crucificados. Concédeme que lo comprenda ahora, para que no me encuentre falto de amor cuando deba presentarme ante ti.

Oremos diciendo: Despójame, Señor Jesús

Del apego a las apariencias

Despójame, Señor Jesús

De la armadura de la indiferencia

Despójame, Señor Jesús

Del creer que yo no tenga que socorrer a los demás

Despójame, Señor Jesús

De un culto hecho de convencionalismo y exterioridad

Despójame, Señor Jesús

De la convicción de que en la vida todo está biensi yo estoy bien

Despójame, Señor Jesús

10. Jesús es clavado en la cruz

Cuando llegaron al lugar llamado «del Cráneo», lo crucificaron junto con los malhechores, uno a su derecha y el otro a su izquierda. Jesús decía: «Padre, perdónalos, porque no saben lo que hacen» (Lc 23,33-34).

Jesús, te perforan las manos y los pies con clavos, lacerando tu carne, y justo ahora, mientras el dolor físico se hace más insoportable, brota de tus labios la oración imposible, perdonas al que te está hundiendo los clavos en las muñecas. Y no sólo una vez, sino muchas veces, como recuerda el Evangelio, con ese verbo que indica una acción repetida, decías "Padre, perdona". Por eso, contigo, Jesús, también yo puedo encontrar el valor de elegir el perdón que libera el corazón y relanza la vida. Señor, no te basta con perdonarnos, sino también nos justificas ante el Padre: no saben lo que hacen. Toma nuestra defensa, hazte nuestro abogado, intercede por nosotros. Ahora que tus manos, con las que bendecías y curabas, están clavadas, y tus pies, con los que traías la buena nueva, ya no pueden caminar, ahora, en la impotencia, nos revelas la omnipotencia de la oración. En la cumbre del Gólgota nos revelas la altura de la oración de intercesión que salva al mundo. Jesús, que yo no rece sólo por mí y por mis seres queridos, sino también por los que no me quieren y me hacen daño; que yo rece según los deseos de tu corazón, por los que están lejos de ti; reparando e intercediendo en favor de los que, ignorándote, no conocen la alegría de amarte y de ser perdonados por ti.

Oremos diciendo: Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

Por la dolorosa pasión de Jesús

Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

Por el poder de sus llagas

Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

Por su perdón en la cruz

Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

Por cuantos perdonan por amor a ti

Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

Por la intercesión de los que creen, adoran, esperan y te aman

Padre, ten misericordia de nosotros y del mundo entero

11. El grito de abandono de Jesús en la cruz

Desde el mediodía hasta las tres de la tarde, las tinieblas cubrieron toda la región. Hacia las tres de la tarde, Jesús exclamó en alta voz: «Elí, Elí, lemá sabactani», que significa: «Dios mío, Dios mío, ¿por qué me has abandonado?» (Mt 27,45-46).

Jesús, he aquí una oración sin precedentes: clamas al Padre tu abandono. Tú, Dios del cielo, que no replicas estruendosamente ninguna respuesta, sino que preguntas ¿por qué? En el ápice de la Pasión experimentas el alejamiento del Padre y ya ni siquiera le llamas Padre, como haces siempre, sino Dios, como si fueras incapaz de identificar su rostro. ¿Por qué? Para sumergirte hasta el fondo del abismo de nuestro dolor. Tú lo hiciste por mí, para que cuando sólo vea tinieblas, cuando experimente el derrumbamiento de las certezas y el naufragio del vivir, ya no me sienta solo, sino que crea que tú estás ahí conmigo; tú, Dios de la comunión, experimentaste el abandono para no dejarme más como rehén de la soledad. Cuando gritaste tu por qué, lo hiciste con un salmo; así convertiste en oración incluso la desolación más extrema. Esto es lo que hay que hacer en las tormentas de la vida; en vez de callar y aguantar, clamar a ti. Gloria a ti, Señor Jesús, porque no has huido de mi desolación, sino que la has habitado hasta lo más profundo. Alabanza y gloria a ti que, cargando sobre ti toda lejanía, te has hecho cercano a los más alejados de ti. Y yo, en las tinieblas de mis porqués, te encuentro a ti, Jesús, luz en la noche. Y en el grito de tantas personas solas y excluidas, oprimidas y abandonadas, te veo a ti, Dios mío: haz que te reconozca y te ame.

Oremos diciendo: Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

En los niños no nacidos y en aquellos abandonados

Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

En tantos jóvenes, en espera de que alguien oiga su grito de dolor

Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

En los numerosos ancianos descartados

Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

En los prisioneros y en quien se encuentra solo

Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

En los pueblos más explotados y olvidados

Haz, Jesús, que te reconozca y te ame

12. Jesús muere encomendándose al Padre y concediéndole el Paraíso al buen ladrón

[Uno de los malhechores crucificados] decía: «Jesús, acuérdate de mí cuando vengas a establecer tu Reino». Él le respondió: «Yo te aseguro que hoy estarás conmigo en el Paraíso» […]. Jesús, con un grito, exclamó: «Padre, en tus manos encomiendo mi espíritu». Y diciendo esto, expiró (Lc 23,42-43.46).

Jesús, ¡un malhechor va al Paraíso! Él se encomienda a ti y tú lo encomiendas contigo al Padre. Dios de lo imposible, que haces santo a un ladrón. Y no sólo eso: en el Calvario cambias el curso de la historia. Conviertes la cruz, que es emblema del tormento, en icono del amor; cambias el muro de la muerte en puente hacia la vida. Transformas la oscuridad en luz, la separación en comunión, el dolor en danza e incluso el sepulcro ―última estación de la vida― en punto de partida de la esperanza. Pero estas transformaciones las realizas con nosotros, nunca sin nosotros. Jesús, acuérdate de mí: esta oración sincera te permitió obrar maravillas en la vida de aquel malhechor. Qué poder inaudito el de la oración. A veces pienso que mi oración no es escuchada, mientras que lo esencial es perseverar, tener constancia, acordarme de decirte: “Jesús, acuérdate de mí”. Acuérdate de mí y mi mal ya no será un final, sino un nuevo inicio. Acuérdate, vuelve a ponerme en tu corazón, incluso cuando me aleje, cuando me pierda en la rueda de la vida que gira vertiginosamente. Acuérdate de mí, Jesús, porque ser recordado por ti ―lo demuestra el buen ladrón― es entrar en el Paraíso. Sobre todo, recuérdame, Jesús, que mi oración puede cambiar la historia.

Oremos diciendo: Jesús, acuérdate de mí

Cuando la esperanza desaparece y reina la desilusión

Jesús, acuérdate de mí

Cuando no soy capaz de tomar una decisión

Jesús, acuérdate de mí

Cuando pierdo la confianza en mí o en los demás

Jesús, acuérdate de mí

Cuando pierdo de vista la grandeza de tu amor

Jesús, acuérdate de mí

Cuando creo que mi oración resulta inútil

Jesús, acuérdate de mí

13. Jesús es bajado de la cruz y entregado a María

Simeón […] dijo a María, la madre: «Este niño será causa de caída y de elevación para muchos en Israel; será signo de contradicción, y a ti misma una espada te atravesará el corazón» (Lc 2,33-35).

María, después de tu "sí" el Verbo se hizo carne en tu seno; ahora yace en tu regazo su carne torturada. Aquel niño que tuviste en tus brazos ahora es un cadáver destrozado. Sin embargo, ahora, en el momento más doloroso, resplandece la ofrenda de ti misma: una espada atraviesa tu alma y tu oración sigue siendo un "sí" a Dios. María, nosotros somos pobres de "síes", pero ricos del "si": si yo hubiera tenido mejores padres, si me hubieran comprendido y amado más, si mi carrera hubiera ido mejor, si no hubiera tenido aquel problema, si tan sólo no sufriera más, si Dios me escuchara... Preguntándonos siempre el porqué de las cosas, nos cuesta vivir el presente con amor. Tú tendrías tantos "si" que decirle a Dios, en cambio, sigues diciendo "sí", se cumpla en mí. Fuerte en la fe, crees que el dolor, atravesado por el amor, da frutos de salvación; que el sufrimiento acompañado por Dios no tiene la última palabra. Y mientras sostienes en tus brazos a Jesús sin vida, resuenan en ti las últimas palabras que te dirigió: He aquí a tu hijo. Madre, ¡yo soy ese hijo! Recíbeme en tus brazos e inclínate sobre mis heridas. Ayúdame a decirle "sí" a Dios, "sí" al amor. Madre de misericordia, vivimos en un tiempo despiadado y necesitamos compasión: tú, tierna y fuerte, úngenos con mansedumbre; deshaz las resistencias del corazón y los nudos del alma.

Oremos diciendo: Tómame de la mano, María

Cuando cedo a la recriminación y al victimismo

Tómame de la mano, María

Cuando dejo de luchar y acepto convivir con mis falsedades

Tómame de la mano, María

Cuando titubeo y non tengo el valor de decirle “sí” a Dios

Tómame de la mano, María

Cuando soy indulgente conmigo mismo e inflexible con los demás.

Tómame de la mano, María

Cuando quiero que la Iglesia y el mundo cambien, pero yo no cambio

Tómame de la mano, María

14. Jesús es depositado en el sepulcro de José de Arimatea

Al atardecer, llegó un hombre rico de Arimatea, llamado José, que también se había hecho discípulo de Jesús, y fue a ver a Pilato para pedirle el cuerpo de Jesús. […] José tomó el cuerpo, lo envolvió en una sábana limpia y lo depositó en un sepulcro nuevo que se había hecho cavar en la roca (Mt 27,57-60).

José, ese es el nombre que, junto con el de María, marcan la aurora de la Navidad y marcan también la aurora de la Pascua. José de Nazaret advertido en sueños se llevó audazmente a Jesús para salvarlo de Herodes; tú, José de Arimatea, te llevas su cuerpo, sin saber que un sueño imposible y maravilloso se hará realidad allí mismo, en el sepulcro que le diste a Cristo cuando pensabas que él ya no podía hacer nada más por ti. En cambio, es verdad que todo don hecho a Dios es recompensado siempre por él. José de Arimatea, eres el profeta del valor intrépido. Para entregarle tu regalo a un muerto acudes al temido Pilato y le ruegas que te permita darle a Jesús la tumba que habías mandado a construir para ti. Tu oración es persistente y a las palabras siguen los hechos. José, recuérdanos que la oración perseverante da fruto y atraviesa incluso las tinieblas de la muerte; que el amor no se queda sin respuesta, sino que regala nuevos comienzos. Tu sepulcro, que ―único en la historia― será fuente de vida, era nuevo, recién labrado en la roca. Y yo, ¿qué cosa nueva le doy a Jesús en esta Pascua? ¿Un poco de tiempo para estar con Él? ¿Un poco de amor a los demás? ¿Mis miedos y miserias enterradas, que Cristo está esperando que le ofrezca, como tú, José, hiciste con el sepulcro? Será verdaderamente Pascua si doy algo de lo mío a Aquel que dio la vida por mí; porque es dando como se recibe; y porque la vida se encuentra cuando se pierde y se posee cuando se da.

Oremos diciendo: Señor, ten piedad

De mí, negligente para convertirme

Señor, te piedad

De mí, que me gusta recibir mucho, pero dar poco

Señor, te piedad

De mí, incapaz de rendirme a tu amor

Señor, te piedad

De nosotros, rápidos para servirnos de las cosas, pero lentos para el servicio a los demás

Señor, te piedad

De nuestro mundo, plagado de los sepulcros de nuestro egoísmo

Señor, te piedad

Invocación conclusiva (el nombre de Jesús, 14 veces)

Señor, te rogamos como los necesitados, los frágiles y los enfermos del Evangelio, que te suplicaban con la palabra más sencilla y familiar: pronunciando tu nombre.

Jesús, tu nombre salva, porque tú eres nuestra salvación.

Jesús, tú eres mi vida y para no perderme en el camino te necesito a ti, que perdonas y levantas, que sanas mi corazón y das sentido a mi dolor.

Jesús, tú tomaste sobre ti mi maldad, y desde la cruz no me señalas con el dedo, sino que me abrazas; tú, manso y humilde de corazón, sáname de la amargura y del resentimiento, líbrame del prejuicio y de la desconfianza.

Jesús, te contemplo en la cruz y veo que se despliega ante mis ojos el amor, que da sentido a mi ser y es meta de mi camino. Ayúdame a amar y a perdonar, a vencer la intolerancia y la indiferencia, a no quejarme.

Jesús, en la cruz tienes sed, es sed de mi amor y de mi oración; los necesitas para llevar a cabo tus planes de bien y de paz.

Jesús, te doy gracias por los que responden a tu invitación y tienen la perseverancia de rezar, la valentía de creer y la constancia para seguir adelante a pesar de las dificultades.

Jesús, te encomiendo a los pastores de tu pueblo santo: su oración sostiene el rebaño; que encuentren tiempo para estar ante ti y que asemejen su corazón al tuyo.

Jesús, te bendigo por las contemplativas y los contemplativos, cuya oración, oculta al mundo, es agradable a ti. Protege a la Iglesia y a la humanidad.

Jesús, traigo ante ti las familias y las personas que han rezado esta noche desde sus casas; a los ancianos, especialmente a los que están solos; a los enfermos, gemas de la Iglesia que unen sus sufrimientos a los tuyos.

Jesús, que esta oración de intercesión abrace a los hermanos y hermanas de tantas partes del mundo que sufren persecución a causa de tu nombre; a los que padecen la tragedia de la guerra y a los que, sacando fuerzas de ti, cargan con pesadas cruces.

Jesús, por tu cruz has hecho de todos nosotros una sola cosa: reúne en comunión a los creyentes, infúndenos sentimientos fraternos y pacientes, ayúdanos a cooperar y a caminar juntos; mantén a la Iglesia y al mundo en la paz.

Jesús, juez santo que me llamarás por mi nombre, líbrame de juicios temerarios, chismes y palabras violentas y ofensivas.

Jesús, que antes de morir dijiste “todo se ha cumplido”. Yo, en mi miseria, no podré decirlo nunca. Pero confío en ti, porque eres mi esperanza, la esperanza de la Iglesia y del mundo.

Jesús, una palabra más quiero decirte y seguir repitiéndote: ¡Gracias! Gracias, Señor mío y Dios mío.

[00551-ES.01] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua portoghese

VIA-SACRA 2024

«Em oração com Jesus, no caminho da cruz»

Introdução

Senhor Jesus, olhamos para a vossa cruz e compreendemos que destes tudo por nós. Dedicamo-Vos este tempo. Queremos passá-lo ao pé de Vós, que rezastes desde o Getsémani até ao Calvário. No Ano de Oração, unimo-nos ao vosso caminho de oração.

Evangelho segundo São Marcos (14, 32-37)

Chegaram a uma propriedade chamada Getsémani (…). Tomando consigo Pedro, Tiago e João, começou a sentir pavor e a angustiar-Se. E disse-lhes: «(...) Ficai aqui e vigiai». Adiantando-Se um pouco, caiu por terra e orou (…): «Abbá, Pai! Tudo Te é possível; afasta de Mim este cálice! Mas não se faça o que Eu quero, e sim o que Tu queres». Depois, foi ter com os discípulos, encontrou-os a dormir e disse a Pedro: «(…) Nem uma hora pudeste vigiar!»

Senhor, preparastes com a oração cada uma das vossas jornadas e agora, no Getsémani, preparais a Páscoa. Abbá, Pai! Tudo Te é possível – dizeis Vós –, porque a oração é antes de tudo diálogo e intimidade; mas é também luta e súplica: afasta de Mim este cálice! E é abandono e oferta: mas não se faça o que Eu quero, e sim o que Tu queres. Assim, em oração, entrastes pela porta estreita do nosso sofrimento e atravessaste-la profundamente. Sentistes medo e angústia (cf. Mc 14, 33): medo diante da morte, angústia sob o peso do nosso pecado que experimentastes sobre Vós, enquanto Vos invadia uma amargura infinita. Mas, no apogeu da luta, rezastes «mais instantemente» (Lc 22, 44): assim transformastes a veemência do sofrimento em oferta de amor.

Uma coisa apenas nos pedistes: ficar convosco, vigiar. Não nos pedis o impossível, mas a proximidade. No entanto, quantas vezes me distanciei de Vós! Quantas vezes, como os discípulos, em vez de vigiar dormi, quantas vezes não tive tempo ou vontade de rezar porque cansado, anestesiado pelas comodidades, ensonado na alma. Jesus, repeti novamente para mim, para nós, vossa Igreja: «Levantai-vos e orai» (Lc 22, 46). Acordai-nos, Senhor, despertai-nos do torpor do coração, porque também hoje, sobretudo hoje, precisais da nossa oração.

1. Jesus é condenado à morte

O Sumo Sacerdote ergueu-se no meio da assembleia e interrogou Jesus: «Não respondes nada ao que estes testemunham contra Ti?» Mas Ele continuava em silêncio e nada respondia. (…) Pilatos interrogou-o de novo, dizendo: «Não respondes nada? Vê de quantas coisas és acusado!» Mas Jesus nada mais respondeu, de modo que Pilatos estava estupefacto (Mc 14, 60-61; 15, 4-5).

Jesus, sois a vida, e acabais condenado à morte; sois a verdade, e suportastes um processo cheio de falsidades. Mas por que não reclamais? Por que não levantais a voz e explicais as vossas razões? Por que não refutais os eruditos e os poderosos, como sempre fizestes com tanto sucesso? A vossa reação é surpreendente, Jesus: no momento decisivo, não falais; calais-Vos. Porque, quanto mais forte é o mal, mais radical é a vossa resposta. E a vossa resposta é o silêncio. Mas o vosso silêncio é fecundo: é oração, é mansidão, é perdão, é o caminho para redimir do mal, para converter o que sofreis num dom que ofereceis. Jesus, dou-me conta de Vos conhecer pouco, porque não conheço suficientemente o vosso silêncio; porque no frenesim de correr e fazer, absorvido pelas coisas, tomado pelo medo de não continuar a figurar ou pela mania de me pôr no centro, não encontro tempo para parar e ficar convosco: para Vos deixar agir a Vós, Palavra do Pai que trabalhais no silêncio. Jesus, o vosso silêncio mexe comigo: ensina-me que a oração não nasce dos lábios que se movem, mas dum coração que sabe permanecer à escuta: porque rezar é fazer-se dócil à vossa Palavra, é adorar a vossa presença.

Rezemos dizendo: Falai ao meu coração, Jesus

Vós que respondeis ao mal com o bem

Falai ao meu coração, Jesus

Vós que extinguis o clamor com a mansidão

Falai ao meu coração, Jesus

Vós que detestais a crítica e as lamentações

Falai ao meu coração, Jesus

Vós que me conheceis intimamente

Falai ao meu coração, Jesus

Vós que me tendes mais amor do que me amo eu próprio

Falai ao meu coração, Jesus

2. Jesus carrega a cruz

Subindo ao madeiro,

Ele levou os nossos pecados no seu corpo,

para que, mortos para o pecado,

vivamos para a justiça:

pelas suas chagas fomos curados (1 Ped 2, 24).

Jesus, também nós carregamos cruzes, às vezes muito pesadas: uma doença, um acidente, a morte dum ente querido, uma desilusão afetiva, um filho que anda perdido, o emprego que falta, uma ferida interior que não cura, o fracasso dum projeto, a milésima expetativa para nada... Jesus, como se faz então para rezar? Como fazer quando me sinto esmagado pela vida, quando um fardo me pesa no coração, quando estou sob pressão e já não tenho força para reagir? A vossa resposta reside numa proposta: «Vinde a Mim, todos os que estais cansados e oprimidos, que Eu hei de aliviar-vos» (Mt 11, 28). Vir a Vós… mas eu fecho-me em mim: passo e repasso, sinto pena de mim mesmo, afundo na condição de vítima, um campeão de negatividade. Vinde a Mim: dizê-lo, não foi suficiente! Então vindes ao nosso encontro e carregais aos ombros a nossa cruz, para nos tirar de cima o seu peso. Desejais que lancemos sobre Vós fadigas e preocupações, pois quereis que nos sintamos livres e amados em Vós. Obrigado, Jesus! Uno a minha cruz à vossa, trago-Vos o meu cansaço e as minhas misérias, lanço sobre Vós todos os pesos do meu coração.

Rezemos dizendo: Venho a Vós, Senhor

Com a minha história

Venho a Vós, Senhor

Com as minhas canseiras

Venho a Vós, Senhor

Com as minhas limitações e fragilidades

Venho a Vós, Senhor

Com os meus temores

Venho a Vós, Senhor

Depondo toda a confiança no vosso amor

Venho a Vós, Senhor

3. Jesus cai pela primeira vez

Em verdade, em verdade vos digo: se um grão de trigo, lançado à terra, não morrer, fica ele só; mas, se morrer, dá muito fruto (Jo 12, 24).

Caístes, Jesus! Em que pensais, como rezais com a face no pó? Mas sobretudo o que é que Vos dá a força para Vos levantardes? Enquanto estais com o rosto por terra, não podendo já ver o céu, imagino-Vos a repetir no coração: Pai, que estais nos céus. O olhar amoroso do Pai, que pousa sobre Vós, é a vossa força. Mas imagino também que, enquanto beijais a terra árida e fria, estejais a pensar no homem, tirado da terra, a pensar em nós, que estamos no centro do vosso coração; e repitais as palavras do vosso Testamento: «Isto é o meu corpo, que vai ser entregue por vós» (Lc 22, 19). O amor do Pai por Vós, e o vosso por nós. O amor: aqui está a mola que Vos faz levantar e prosseguir. Porque, quem ama, não fica por terra, recomeça; quem ama, não se cansa, corre; quem ama, voa. Jesus, peço-Vos sempre muitas coisas, mas só preciso duma: saber amar. Cairei na vida, mas, com o amor, poderei levantar-me e continuar para diante, como fizestes Vós, que sois perito em quedas. De facto a vossa vida foi um cair contínuo ao nosso encontro: de Deus para homem, de homem para servo, de servo para crucificado, até ao túmulo; caístes na terra como semente que morre; caístes para nos reerguer da terra e levar para o Céu. Vós que levantais do pó e fazeis renascer a esperança, dai-me forças para amar e recomeçar.

Rezemos dizendo: Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

Quando prevalece a desilusão

Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

Quando caiem sobre mim os juízos dos outros

Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

Quando nada funciona e me torno impaciente

Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

Quando sinto que não aguento mais

Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

Quando me oprime o pensamento de que nada mudará

Jesus, dai-me a força de amar e recomeçar

4. Jesus encontra sua mãe

Então Jesus, ao ver ali ao pé a sua mãe e o discípulo que Ele amava, disse (...) ao discípulo: «Eis a tua mãe!» E, desde aquela hora, o discípulo acolheu-a como sua (Jo 19, 26-27).

Jesus, os vossos abandonaram-Vos, Judas traiu-Vos, Pedro renegou-Vos: ficastes sozinho com a cruz. Mas está lá a vossa mãe. Não são necessárias palavras, bastam os seus olhos, que sabem enfrentar o sofrimento e ocupar-se dele. Jesus, no olhar de Maria cheio de lágrimas e de luz, encontrais a memória da ternura, das carícias, dos braços amorosos que sempre Vos acolheram e sustentaram. O olhar materno é o olhar da memória, que nos fundamenta no bem. Não se pode prescindir duma mãe que nos traz ao mundo, mas também não podemos prescindir duma mãe que nos ponha direitos, no mundo. Vós o sabeis e, da cruz, dais-nos a vossa própria mãe. Eis a tua mãe – dizeis ao discípulo, a cada um de nós: depois da Eucaristia, dais-nos Maria, a dádiva extrema antes de morrer. Jesus, no vosso caminho, serviu-Vos conforto a recordação do seu amor; também o meu caminho precisa de se fundar na memória do bem. Dou-me conta, porém, que a minha oração é pobre de memória: rápida, apressada, uma lista de necessidades para hoje e amanhã. Maria, detende a minha corrida! Ajudai-me a fazer memória: a guardar a graça, a lembrar o perdão e os prodígios de Deus, a reavivar o primeiro amor, a saborear as maravilhas da providência, a chorar de gratidão.

Rezemos dizendo: Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

Quando reaparecem as feridas do passado

Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

Quando extravio o sentido e o fio das coisas

Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

Quando perco de vista os dons que recebi

Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

Quando perco de vista o dom que sou

Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

Quando me esqueço de Vos agradecer

Senhor, reavivai em mim a recordação do vosso amor

5. Jesus é ajudado pelo Cireneu

Quando [os soldados] O iam conduzindo, lançaram mão de um certo Simão de Cirene, que voltava do campo, e carregaram-no com a cruz, para a levar atrás de Jesus (Lc 23, 26).

Jesus, quantas vezes, diante dos desafios da vida, presumimos de os superar sozinhos! Como é difícil pedir uma mão, com medo de dar a impressão de não estarmos à altura, temos sempre a preocupação de bem parecer e nos exibir! Não é fácil fiar-se, e menos ainda entregar-se. Mas quem reza sabe que é um necessitado e Vós, Jesus, estais habituado a entregar-Vos na oração. Assim não desprezais a ajuda do Cireneu. Expondes as vossas fragilidades a ele, um homem simples, um agricultor que volta do campo. Obrigado porque, fazendo-Vos amparar na necessidade, apagais a imagem dum deus invulnerável e distante. Não sois imóvel no poder, mas invencível no amor, e ensinais-nos que amar significa socorrer os outros precisamente nisto: nas fragilidades de que se envergonham. Então as fragilidades transformam-se em oportunidades. Assim aconteceu ao Cireneu: a vossa fragilidade mudou a sua vida; e um dia dar-se-á conta de ter socorrido o seu Salvador, ter sido redimido através daquela cruz que levou. Para que a minha vida também mude, peço-Vos, Jesus: ajudai-me a baixar as defesas e deixar-me amar por Vós, precisamente no ponto onde tenho mais vergonha de mim mesmo.

Rezemos dizendo: Curai-me, Jesus!

De toda a presunção de autossuficiência

Curai-me, Jesus!

De pensar que consigo sem Vós e sem os outros

Curai-me, Jesus!

Da mania do perfeccionismo

Curai-me, Jesus!

Da relutância em entregar-Vos as minhas misérias

Curai-me, Jesus!

Da pressa frente aos necessitados que encontro no caminho

Curai-me, Jesus!

6. Jesus é confortado pela Verónica que Lhe enxuga o rosto

Bendito seja Deus (…) o Pai das misericórdias e o Deus de toda a consolação! Ele nos consola em toda a nossa tribulação, para que também nós possamos consolar aqueles que estão em qualquer tribulação (…). Na verdade, assim como abundam em nós os sofrimentos de Cristo, também, por meio de Cristo, é abundante a nossa consolação (2 Cor 1, 3-5).

Jesus, muitos acompanham o espetáculo bárbaro da vossa execução e, sem Vos conhecer nem conhecer a verdade, proferem sentenças e condenações, lançando sobre Vós infâmia e desprezo. O mesmo acontece hoje, Senhor, e nem sequer é preciso um cortejo macabro: basta um teclado para insultar e publicar sentenças. Mas, enquanto muitos gritam e condenam, abre caminho no meio da multidão uma mulher. Não fala; age. Não insulta; compadece-se. Vai contracorrente: sozinha, com a coragem da compaixão, arrisca por amor, encontra forma de passar por entre os soldados apenas para Vos dar o conforto duma carícia no rosto. O seu gesto passará à história, e é um gesto de consolação. Quantas vezes invoco a vossa consolação, Jesus! Mas a Verónica lembra-me que também Vós precisais da consolação: Vós, um Deus próximo, pedis a minha proximidade; Vós, meu consolador, quereis ser consolado por mim. Amor não amado, também hoje procurais no meio da multidão corações sensíveis ao vosso sofrimento, à vossa amargura. Procurais verdadeiros adoradores que, em espírito e verdade (cf. Jo 4, 23), permaneçam convosco (cf. Jo 15), Amor abandonado. Jesus, acendei em mim o desejo de estar convosco, de Vos adorar e consolar. E fazei que eu seja, em vosso nome, consolação para os outros.

Rezemos dizendo: Tornai-me testemunha da vossa consolação

Deus de misericórdia, próximo de quem tem o coração ferido

Tornai-me testemunha da vossa consolação

Deus de ternura, que Vos comoveis por nós

Tornai-me testemunha da vossa consolação

Deus de compaixão, que detestais a indiferença

Tornai-me testemunha da vossa consolação

Vós que ficais triste quando aponto o dedo contra os outros

Tornai-me testemunha da vossa consolação

Vós que não viestes para condenar, mas para salvar

Tornai-me testemunha da vossa consolação

7. Jesus cai de novo sob o peso da cruz

[O filho mais novo], caindo em si, disse: (…) Levantar-me-ei, irei ter com o meu pai e vou dizer-lhe: «Pai, pequei (…)». E, levantando-se, foi ter com o pai. Quando ainda estava longe, o pai viu-o e, enchendo-se de compaixão, correu a lançar-se-lhe ao pescoço e cobriu-o de beijos. O filho disse-lhe: «Pai, pequei (…); já não mereço ser chamado teu filho». Mas o pai disse (...): «Este meu filho estava morto e reviveu, estava perdido e foi encontrado» (Lc 15, 17-18.20-22.24).

Jesus, a cruz pesa! Carrega o peso da derrota, do fracasso, da humilhação. Compreendo-o quando me sinto esmagado pelas coisas, metralhado pela vida e incompreendido pelos outros; quando sinto o peso excessivo e enervante da responsabilidade e do trabalho, quando estou comprimido pelas garras da ansiedade, assaltado pela melancolia, enquanto um pensamento sufocante me vai repetindo: não vais sair desta, desta vez não te erguerás. Mas há pior. Dou-me conta de tocar o fundo, quando volto a cair no mesmo: quando caio de novo nos meus erros, nos meus pecados, quando me escandalizo dos outros e depois apercebo-me de que não sou diferente. Não há nada pior do que ficar desiludido consigo mesmo, esmagado pelo sentimento de culpa. Mas Vós, Jesus, caístes várias vezes sob o peso da cruz, para estar perto de mim quando volto a cair. Convosco a esperança nunca acaba e, depois de cada queda, levanto-me outra vez, porque, quando erro, não Vos cansais de mim, mas ainda mais Vos aproximais. Obrigado por esperardes por mim; obrigado porque volto a cair tantas vezes e me perdoais infinitas vezes: sempre. Recordai-me que as quedas podem tornar-se momentos cruciais no caminho, porque me levam a compreender a única coisa que importa: que preciso de Vós. Jesus, gravai no meu coração a certeza mais importante: que só me levanto verdadeiramente quando Vós me levantais, quando me libertais dos pecados. Porque a vida não recomeça das minhas palavras, mas do vosso perdão.

Rezemos dizendo: Levantai-me, Jesus!

Quando, paralisado pela difidência, sinto tristeza e desânimo

Levantai-me, Jesus!

Quando vejo a minha inadequação e me sinto inútil

Levantai-me, Jesus!

Quando prevalecem a vergonha e o medo de não conseguir

Levantai-me, Jesus!

Quando me sinto tentado a perder a esperança

Levantai-me, Jesus!

Quando esqueço que a minha força está no vosso perdão

Levantai-me, Jesus!

8. Jesus encontra as mulheres de Jerusalém

Seguiam Jesus uma grande multidão de povo e umas mulheres que batiam no peito e se lamentavam por Ele (Lc 23, 27).

Jesus, quem é que Vos segue até ao fim pelo caminho da cruz? Não os poderosos, que Vos esperam no Calvário, nem os espetadores que estão longe, mas as pessoas simples, grandes aos vossos olhos e pequenas aos do mundo. São as mulheres a quem destes esperança: não têm voz, mas fazem-se ouvir. Ajudai-nos a reconhecer a grandeza das mulheres, daquelas que foram fiéis e estiveram perto de Vós na Páscoa, mas também daquelas que ainda hoje são descartadas, sofrendo ultrajes e violências. Jesus, as mulheres que encontrais batem no peito e choram por Vós. Não choram por si mesmas, mas por Vós; choram pelo mal e o pecado do mundo. A sua oração feita de lágrimas chega ao vosso coração. E a minha oração sabe chorar? Comovo-me diante de Vós, crucificado por mim, diante do vosso amor manso e ferido? Choro as minhas falsidades e a minha inconstância? À vista das tragédias do mundo, o meu coração permanece gelado ou enternece-se? Como reajo à loucura da guerra, a rostos de crianças que já não sabem sorrir, a mães que as veem desnutridas e famintas e não têm mais lágrimas para derramar? Vós, Jesus, chorastes por Jerusalém, chorastes pela dureza do nosso coração. Sacudi-me no meu íntimo, dai-me a graça de chorar rezando e de rezar chorando.

Rezemos dizendo: Jesus, enternecei o meu coração endurecido

Vós que conheceis os segredos do coração

Jesus, enternecei o meu coração endurecido

Vós que Vos entristeceis face à dureza dos ânimos

Jesus, enternecei o meu coração endurecido

Vós que amais os corações humildes e contritos

Jesus, enternecei o meu coração endurecido

Vós que enxugastes com o perdão as lágrimas de Pedro

Jesus, enternecei o meu coração endurecido

Vós que transformais o choro em canto

Jesus, enternecei o meu coração endurecido

9. Jesus é despojado das suas vestes

«Senhor, quando foi que Te vimos com fome e Te demos de comer, ou com sede e Te demos de beber? Quando Te vimos peregrino e Te recolhemos, ou nu e Te vestimos? E quando Te vimos doente ou na prisão, e fomos visitar-Te?» E o Rei vai dizer-lhes, em resposta: «Em verdade vos digo: Sempre que fizestes isto a um destes meus irmãos mais pequeninos, a Mim mesmo o fizestes» (Mt 25, 37-40).

Jesus, estas palavras disseste-las antes da Paixão. Agora compreendo a vossa insistência em identificar-Vos com os necessitados: Vós estivestes encarcerado; Vós sois tratado como estrangeiro, levado até fora da cidade para ser crucificado; Vós estais nu, despojado das vestes; Vós, doente e ferido; Vós, sedento na cruz e faminto de amor. Fazei que Vos veja nos atribulados e veja os atribulados em Vós, porque Vós estais neles, em quem é despojado de dignidade, nos cristos humilhados pela prepotência e a injustiça, por lucros iníquos obtidos à custa dos outros na indiferença geral. Olho para Vós, Jesus, despojado das vestes, e compreendo que me convidais a despojar-me de tantas exterioridades. Porque Vós não olhais para as aparências, mas para o coração. E não quereis uma oração estéril, mas caritativamente fecunda. Deus despido, desnudai-me também a mim. Porque é fácil falar, mas será que Vos amo de verdade nos pobres, a vossa carne ferida? Rezo por quem está despojado de dignidade? Ou rezo apenas para acudir às minhas necessidades e rodear-me de segurança? Jesus, a vossa verdade desnuda-me e leva-me a centrar no que importa: Vós crucificado e os irmãos crucificados. Dai-me a graça de o compreender agora, para não ser encontrado despojado de amor quando me apresentar diante de Vós.

Rezemos dizendo: Despojai-me, Senhor Jesus!

Do apego às aparências

Despojai-me, Senhor Jesus!

Da couraça da indiferença

Despojai-me, Senhor Jesus!

De julgar que não toca a mim socorrer os outros

Despojai-me, Senhor Jesus!

Dum culto feito de respeitabilidade e exterioridade

Despojai-me, Senhor Jesus!

Da convicção de que a vida corre bem, se eu estiver bem

Despojai-me, Senhor Jesus!

10. Jesus é pregado na cruz

Quando chegaram ao lugar chamado Calvário, crucificaram-No a Ele e aos malfeitores, um à direita e outro à esquerda. Jesus dizia: «Perdoa-lhes, Pai, porque não sabem o que fazem» (Lc 23, 33-34).

Jesus, trespassam-Vos braços e pés com cravos, dilacerando-Vos as carnes; mas é agora, quando o sofrimento físico é mais atroz, que brota dos vossos lábios a oração impossível: perdoais a quem Vos está cravando os pregos nos pulsos. E não apenas uma vez mas muitas, como recorda o Evangelho com esta forma verbal que indica uma ação repetida: dizíeis «Perdoa-lhes, Pai…». Convosco, Jesus, também eu posso encontrar a coragem de escolher o perdão, que liberta o coração e relança a vida. E, Senhor, não Vos basta perdoar-nos, quereis também desculpar-nos diante do Pai: não sabem o que fazem. Assumis a nossa defesa, fazeis-Vos nosso advogado, intercedeis por nós. Agora que as vossas mãos, com que abençoáveis e curáveis, estão pregadas, e que os vossos pés, com que leváveis a boa nova, já não podem caminhar, agora, na impotência, revelais-nos a omnipotência da oração. No cimo do Gólgota, manifestais-nos a sublimidade da oração de intercessão, que salva o mundo. Jesus, que eu reze não só por mim e pelos meus entes queridos, mas também por quem não me quer bem e me faz mal; que eu reze, segundo os desejos do vosso coração, por quem vive longe de Vós; que eu reze para reparar e interceder em favor de quantos, ignorando-Vos, não conhecem a alegria de Vos amar e ser perdoados por Vós.

Rezemos dizendo: Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

Pela dolorosa paixão de Jesus

Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

Pelo poder das suas chagas

Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

Pelo seu perdão na cruz

Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

Por quantos perdoam por vosso amor

Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

Por intercessão de quantos creem, adoram, esperam e Vos amam

Pai, tende misericórdia de nós e do mundo inteiro

11. Jesus grita o seu abandono

Desde o meio-dia até às três da tarde, as trevas envolveram toda a terra. Cerca das três horas da tarde, Jesus clamou com voz forte: «Eli, Eli, lemà sabactàni?», isto é, «Meu Deus, meu Deus, porque Me abandonaste?» (Mt 27, 45-46).

Jesus, eis a oração inaudita! Gritais ao Pai o vosso abandono. Vós, Deus do céu, não trovejais respostas, mas perguntais porquê? No auge da Paixão, sentis a distância do Pai; e já nem O chamais Pai – como sempre –, mas Deus, como se já não conseguísseis identificar o seu rosto. Por que é que sucede isto? Para mergulhardes até ao fundo no abismo do nosso sofrimento. Fizeste-lo por mim, para que, quando vir apenas escuridão, quando experimentar o colapso das certezas e o naufrágio da vida, já não me sinta só, mas acredite que Vós estais lá comigo: Vós, Deus da comunhão, que experimentais o abandono para não mais me deixar refém da solidão. Quando gritastes o vosso porquê, fizeste-lo com um Salmo: assim trouxestes à oração a desolação mais extrema. Eis o que se deve fazer nas tempestades da vida: em vez de calar e guardar dentro, gritar por Vós. Glória a Vós, Senhor Jesus, porque não fugistes da minha confusão, mas viveste-la profundamente; louvor e glória a Vós que, assumindo todas as distâncias, fizestes-Vos próximo de quem está mais longe de Vós. E, na escuridão dos meus porquês, encontro-Vos a Vós, Jesus, luz na noite. E, no grito de tantas pessoas sozinhas e excluídas, oprimidas e abandonadas, revejo-Vos a Vós, meu Deus: fazei que Vos reconheça e Vos ame.

Rezemos dizendo: Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

Nas crianças não nascidas e nas abandonadas

Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

Em tantos jovens à espera de alguém que ouça o seu grito de dor

Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

Nos inúmeros idosos descartados

Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

Nos presos e em quem vive sozinho

Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

Nos povos mais explorados e esquecidos

Jesus, fazei que Vos reconheça e vos ame

12. Jesus morre entregando-Se ao Pai e dando ao bom ladrão o Paraíso

[Um dos malfeitores crucificado] disse: «Jesus, lembra-Te de mim quando estiveres no teu Reino». Ele respondeu-lhe: «Em verdade te digo: hoje estarás comigo no Paraíso». (…) Dando um forte grito, Jesus exclamou: «Pai, nas tuas mãos entrego o meu espírito». Dito isto, expirou (Lc 23, 42-43.46).

Jesus, um malfeitor no Paraíso!!! Ele confia-Se a Vós, e Vós O confiais juntamente convosco ao Pai. Deus do impossível, dum ladrão fazeis um santo. Mais: no Calvário, mudais o curso da história. Fazeis da cruz, emblema do suplício, o ícone do amor; do muro da morte, uma ponte para a vida. Transformais as trevas em luz, a separação em comunhão, o sofrimento em dança, e o próprio túmulo – última estação da vida – no ponto de partida da esperança. Mas estas inversões, realizai-las connosco, nunca sem nós. Jesus, lembrai-Vos de mim: esta oração sincera permitiu-Vos fazer maravilhas na vida daquele malfeitor. Força inaudita da oração. Às vezes penso que a minha oração não seja ouvida, mas o essencial é perseverar, ter constância, recordar-se de Vos dizer: «Jesus, lembrai-Vos de mim». Lembrai-Vos de mim e o meu mal já não será última paragem, mas um recomeço. Lembrai-Vos, isto é, colocai-me de novo no vosso coração, mesmo quando me afastar, quando me perder na roda da vida que gira loucamente. Lembrai-Vos de mim, Jesus, porque ser recordado por Vós – assim no-lo mostra o bom ladrão – é entrar no Paraíso. Sobretudo lembrai-me, Jesus, que a minha oração pode mudar a história.

Rezemos dizendo: Jesus, lembrai-Vos de mim

Quando a esperança se desvanece e reina a desilusão

Jesus, lembrai-Vos de mim

Quando sou incapaz de tomar uma decisão

Jesus, lembrai-Vos de mim

Quando perco a fé em mim e nos outros

Jesus, lembrai-Vos de mim

Quando perco de vista a grandeza do vosso amor

Jesus, lembrai-Vos de mim

Quando penso que minha oração seja inútil

Jesus, lembrai-Vos de mim

13. Jesus é descido da cruz e posto nos braços de Maria

Simeão (...) disse a Maria, sua mãe: «Este menino está aqui para queda e ressurgimento de muitos em Israel e para ser sinal de contradição; uma espada trespassará a tua alma» (Lc 2, 34-35).

Maria, depois do vosso «sim», o Verbo fez-Se carne no vosso ventre; agora, reclinada sobre o vosso ventre, está a sua carne torturada: aquele menino que trazíeis nos braços é um cadáver dilacerado. E todavia, agora no momento mais doloroso, resplandece a vossa oferta: uma espada trespassa-Vos a alma e a vossa oração continua a ser um «sim» a Deus. Maria, nós somos pobres de «sins e ricos de «ses»: se tivesse tido pais melhores, se tivesse sido mais compreendido e amado, se a minha carreira tivesse corrido melhor, se não tivesse havido aquele problema, se eu ao menos deixasse de sofrer, se Deus me ouvisse... Ao perguntar-nos perpetuamente pelo porquê das coisas, sentimos dificuldade em viver o presente com amor. Vós teríeis muitos «ses» para dizer a Deus, mas ainda dizeis «sim». Forte na fé, acreditais que o sofrimento, permeado pelo amor, produz frutos de salvação; que o sofrimento com Deus não tem a última palavra. E, enquanto segurais nos braços Jesus inanimado, ressoam em Vós as últimas palavras que Ele Vos dirigiu: Eis o teu filho. Mãe, sou eu aquele filho! Acolhei-me nos vossos braços e debruçai-Vos sobre as minhas feridas. Ajudai-me a dizer «sim» a Deus, «sim» ao amor. Mãe de piedade, vivemos num tempo cruel e precisamos de compaixão: Vós, terna e forte, ungi-nos de mansidão: dissolvei as resistências do coração e os nós da alma.

Rezemos dizendo: Tomai-me pela mão, Maria

Quando cedo a recriminações e a fazer a vítima

Tomai-me pela mão, Maria

Quando deixo de lutar aceitando conviver com as minhas falsidades

Tomai-me pela mão, Maria

Quando vou adiando e não encontro a coragem de dizer «sim» a Deus

Tomai-me pela mão, Maria

Quando sou indulgente comigo mesmo e inflexível com os outros

Tomai-me pela mão, Maria

Quando quero que a Igreja e o mundo mudem, mas eu não mudo

Tomai-me pela mão, Maria

14. Jesus é colocado no túmulo de José de Arimateia

Ao cair da tarde, veio um homem rico de Arimateia, chamado José; que também se tornara discípulo de Jesus. Foi ter com Pilatos e pediu-lhe o corpo de Jesus. (...) José tomou o corpo, envolveu-o num lençol limpo e depositou-o num túmulo novo, que tinha mandado talhar na rocha (Mt 27, 57-60).

José: o nome que juntamente com o de Maria está no alvorecer do Natal, marca também a aurora da Páscoa. José de Nazaré sonhou e corajosamente levou Jesus para O salvar de Herodes; tu, José de Arimateia, tomas o corpo d’Ele, sem saber que um sonho impossível e maravilhoso se vai realizar lá mesmo, no túmulo que deste a Cristo quando pensavas que Ele não poderia fazer mais nada por ti. Ao contrário, é mesmo verdade que toda a dádiva feita a Deus recebe uma recompensa maior. José de Arimateia, és o profeta da coragem ousada. Para dar o teu dom a um morto, vais ter com o temido Pilatos e fazes-lhe um pedido, para poderes oferecer a Jesus o túmulo que fizeras construir para ti. O teu pedido é tenaz, e às palavras seguem-se as obras. Tu, José, recordas-nos que a oração insistente dá fruto e atravessa até a escuridão da morte; que o amor não fica sem resposta, mas oferece novos começos. O teu túmulo – único na história – será fonte de vida: era novo, há pouco escavado na rocha. E eu, o que dou de novo a Jesus nesta Páscoa? Um pouco de tempo para estar com Ele? Um pouco de amor para os outros? Os meus medos e as minhas misérias sepultadas, que Cristo espera lhe sejam oferecidos como fizeste tu com o túmulo? Será verdadeiramente Páscoa se der algo de meu Àquele que por mim deu a sua vida: pois é dando que se recebe; a vida é encontrada quando se perde, e é possuída quando se dá.

Rezemos dizendo: Tende piedade, Senhor

De mim, preguiçoso para me converter

Tende piedade, Senhor

De mim, que gosto muito de receber e pouco de dar

Tende piedade, Senhor

De mim, incapaz de me render ao vosso amor

Tende piedade, Senhor

De nós, prontos a servir-nos das coisas, mas lentos em servir os outros

Tende piedade, Senhor

Do nosso mundo, infestado pelos túmulos do egoísmo

Tende piedade, Senhor

Invocação final (do nome de Jesus, 14 vezes)

Senhor, nós Vos suplicamos como aqueles necessitados, frágeis e doentes do Evangelho que Vos invocavam com a palavra mais simples e familiar, isto é, com o vosso nome.

Jesus, o vosso nome salva, porque Vós sois a nossa salvação.

Jesus, sois a minha vida e, para não perder o rumo no caminho, preciso de Vós, que perdoais e ergueis, que curais o meu coração e dais sentido ao meu sofrimento.

Jesus, tomastes sobre Vós o meu mal e, da cruz, não me acusais, mas abraçais-me; Vós, manso e humilde de coração, curai-me do rancor e do ressentimento, libertai-me da suspeita e da desconfiança.

Jesus, olho para Vós na cruz e vejo escancarar-se diante dos meus olhos o amor, sentido do meu ser e meta do meu caminho: ajudai-me a amar e a perdoar, a superar a impaciência e a indiferença, a não me lamentar.

Jesus, na cruz tivestes sede, e é sede do meu amor e da minha oração; precisais disso para realizar plenamente os vossos projetos de bem e de paz.

Jesus, agradeço-Vos por todos aqueles que respondem ao vosso convite e são perseverantes na oração, têm a coragem de acreditar e a constância para avançar nas dificuldades.

Jesus, apresento-Vos os pastores do vosso povo santo: a sua oração sustenta o rebanho; que eles encontrem tempo para estar diante de Vós, conformem o seu coração ao vosso.

Jesus, bendigo-Vos pelas contemplativas e os contemplativos, cuja oração, escondida do mundo e agradável a vossos olhos, guarde a Igreja e a humanidade.

Jesus, trago à vossa presença as famílias e as pessoas que rezaram esta noite nas suas casas, os idosos, especialmente os que estão sozinhos, os doentes, joias da Igreja que unem os seus sofrimentos ao vosso.

Jesus, que esta oração de intercessão alcance as irmãs e os irmãos que, em muitas partes do mundo, sofrem perseguições por causa do vosso nome; aqueles que sofrem o drama da guerra e quantos, com a força que lhes vem de Vós, carregam cruzes pesadas.

Jesus, com a vossa cruz fizestes de todos nós um só: uni os crentes em comunhão, infundi sentimentos fraternos e pacientes, ajudai-nos a colaborar e a caminhar juntos; guardai a Igreja e o mundo na paz.

Jesus, juiz santo que me chamareis pelo nome, livrai-me dos juízos temerários, da crítica e das palavras violentas e ofensivas.

Jesus, antes de morrer dissestes «tudo está consumado» (Jo 19, 30). Incompleto como estou, não poderei dizer o mesmo; mas confio em Vós, porque sois a minha esperança, a esperança da Igreja e do mundo.

Jesus, quero dizer-Vos ainda uma palavra e ficar repetindo-a: obrigado! Obrigado, meu Senhor e meu Deus.

[00551-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

DROGA KRZYŻOWA 2024: „Modlitwa z Jezusem na drodze krzyża”

Wprowadzenie

Panie Jezu, patrzymy na Twój krzyż i rozumiemy, że oddałeś za nas wszystko. Poświęcamy Tobie ten czas. Chcemy go spędzić blisko Ciebie, który modliłeś się od Getsemani do Kalwarii. W Roku Modlitwy dołączamy do Ciebie na Twojej drodze modlitwy.

Z Ewangelii według św. Marka (14, 32-37)

Przyszli do ogrodu zwanego Getsemani [...]. Wziął ze sobą Piotra, Jakuba i Jana i począł drżeć, i odczuwać trwogę. I rzekł do nich: [...] „Zostańcie tu i czuwajcie!”. I odszedłszy nieco dalej, upadł na ziemię i modlił się [...]: „Abba, Ojcze, dla Ciebie wszystko jest możliwe, zabierz ten kielich ode Mnie! Lecz nie to, co Ja chcę, ale to, co Ty niech się stanie!”. Potem wrócił i zastał ich śpiących. Rzekł do Piotra: [...] Jednej godziny nie mogłeś czuwać?”.

Panie, przygotowałeś modlitwą każdy swój dzień, a teraz w Getsemani przygotowujesz Paschę. Abba, Ojcze! Dla Ciebie wszystko jest możliwe – mówisz – ponieważ modlitwa jest przede wszystkim dialogiem i bliskością; ale jest także walką i prośbą: zabierz ode mnie ten kielich! I jest zawierzeniem siebie oraz darem: Lecz nie to, co Ja chcę, ale to, co Ty niech się stanie! Tak więc w modlitwie wszedłeś w wąską bramę naszego cierpienia i przeszedłeś przez nią do końca. Odczuwałeś „lęk i trwogę” (Mk 14, 33): lęk w obliczu śmierci, trwogę pod ciężarem naszego grzechu, którego doświadczyłeś na sobie, podczas gdy ogarnęła Cię niekończąca się gorycz. Ale pośród tej walki modliłeś się „intensywniej” (Łk 22, 44): w ten sposób przemieniłeś gwałtowność bólu w ofiarę miłości.

Prosiłeś nas tylko o jedno: abyśmy byli z Tobą, abyśmy czuwali. Nie wymagasz od nas rzeczy niemożliwych, ale bliskości. Jednak, ileż to razy oddalałem się od Ciebie! Ile razy, jak uczniowie, zamiast czuwać, spałem, ile razy nie miałem czasu ani ochoty na modlitwę, bo byłem zmęczony, znieczulony wygodami, uśpiony na duszy. Jezu, powtórz mi, powtórz nam, Twojemu Kościołowi: „Wstańcie i módlcie się” (Łk 22, 46). Obudź nas, Panie, wyrwij nas z letargu naszych serc, bo także dzisiaj, szczególnie dzisiaj, potrzebujesz naszej modlitwy.

1. Jezus na śmierć skazany

Najwyższy kapłan wystąpił na środek i zapytał Jezusa: „Nic nie odpowiadasz na to, co oni zeznają przeciw Tobie?” Lecz On milczał i nic nie odpowiedział [...] Piłat ponownie Go zapytał: „Nic nie odpowiadasz? Zważ, o jakie rzeczy Cię oskarżają”. Lecz Jezus nic już nie odpowiedział, tak że Piłat się dziwił (Mk 14, 60-61; 15,4-5).

Jezu, Ty jesteś życiem i jesteś skazany na śmierć; jesteś prawdą a zostajesz poddany fałszywemu procesowi. Dlaczego nie protestujesz? Dlaczego nie podnosisz głosu i nie przedstawisz swoich racji? Dlaczego nie obalasz uczonych i potężnych, jak to zawsze z powodzeniem czyniłeś? Twoja reakcja zdumiewa, Jezu: w decydującym momencie nie mówisz, milczysz. Ponieważ im silniejsze zło, tym bardziej Twoja reakcja jest radykalna. A Twoją odpowiedzią jest milczenie. Ale Twoje milczenie jest owocne: jest modlitwą, jest łagodnością, jest przebaczeniem, jest drogą do odkupienia zła, do przekształcenia tego, co znosisz, w dar, który ofiarowujesz. Jezu, zdaję sobie sprawę, że znam Ciebie mało, ponieważ nie znam wystarczająco Twojego milczenia; ponieważ w szaleństwie pośpiechu i działania, pochłonięty sprawami, ogarnięty lękiem, że nie utrzymam się na powierzchni, lub opanowany chęcią postawienia siebie w centrum, nie znajduję czasu, aby zatrzymać się i pozostać z Tobą: pozwolić Tobie, Słowu Ojca, działać w milczeniu. Jezu, Twoje milczenie wstrząsa mną: uczy mnie, że modlitwa nie pochodzi z poruszania ustami, ale z serca, które potrafi wsłuchiwać się: ponieważ modlić się to chętnie uczyć się Twojego Słowa, to adorować Twoją obecność.

Módlmy się słowami: Jezu, przemów do mego serca

Ty, który na zło odpowiadasz dobrem

Jezu, przemów do mego serca

Ty, który tłumisz wrzawę łagodnością

Jezu, przemów do mego serca

Ty, który nie znosisz gadulstwa i narzekania

Jezu, przemów do mego serca

Ty, który znasz mnie do głębi

Jezu, przemów do mego serca

Ty, który kochasz mnie bardziej, niż ja sam siebie

Jezu, przemów do mego serca

2. Jezus bierze krzyż na swe ramiona

On sam, w swoim ciele poniósł nasze grzechy na drzewo, abyśmy przestali być uczestnikami grzechów, a żyli dla sprawiedliwości – Krwią Jego ran zostaliście uzdrowieni (1 P 2, 24).

Jezu, my także niesiemy krzyże, czasami bardzo ciężkie: chorobę, wypadek, śmierć ukochanej osoby, rozczarowanie emocjonalne, utracone dziecko, brak pracy, wewnętrzną ranę, która się nie goi, niepowodzenie projektu, kolejne oczekiwanie, które spaliło na panewce... Jezu, jak się w takich sytuacjach modlić? Co robić, gdy czuję się przygnieciony przez życie, gdy ciężar leży mi na sercu, gdy jestem pod presją i nie mam już siły, żeby zareagować? Twoja odpowiedź tkwi w propozycji: „Przyjdźcie do Mnie wszyscy, którzy utrudzeni i obciążeni jesteście, a Ja was pokrzepię” (Mt 11, 28). Przyjść do Ciebie; ja natomiast zamykam się w sobie: rozmyślam, roztrząsam, użalam się nad sobą, pogrążam się w byciu ofiarą – mistrz negatywności. Przyjdźcie do mnie: nie wystarczyło powiedzenie tego, więc przychodzisz do nas i bierzesz nasz krzyż na swe ramiona, żeby zdjąć z nas jego ciężar. Tego właśnie pragniesz: abyśmy zrzucili na Ciebie nasze trudy i udręki, ponieważ chcesz, abyśmy w Tobie czuli się wolni i miłowani. Dziękuję Ci, Jezu. Łączę mój krzyż z Twoim, przynoszę Tobie moje znużenie i moją nędzę, zrzucam na Ciebie wszelkie ciężary mojego serca.

Módlmy się słowami: Przychodzę do Ciebie, Panie

Z moją historią

Przychodzę do Ciebie, Panie

Z moimi trudnościami

Przychodzę do Ciebie, Panie

Z moimi ograniczeniami i słabościami

Przychodzę do Ciebie, Panie

Z moimi lękami

Przychodzę do Ciebie, Panie

Pokładając całą ufność w Twojej miłości

Przychodzę do Ciebie, Panie

3. Jezus upada po raz pierwszy

Zaprawdę, zaprawdę, powiadam wam: Jeżeli ziarno pszenicy wpadłszy w ziemię nie obumrze, zostanie tylko samo, ale jeżeli obumrze, przynosi plon obfity (J 12, 24).

Jezu, upadłeś: o czym myślisz, jak się modlisz z twarzą w pyle? A nade wszystko, co daje Ci siłę, żeby się podnieść? Kiedy leżysz twarzą do ziemi i nie widzisz już nieba, wyobrażam sobie, jak powtarzasz w swym sercu: Ojcze, któryś jest w niebie. Pełne miłości spojrzenie Ojca spoczywające na Tobie jest Twoją siłą. Ale wyobrażam sobie również, że całując suchą i zimną ziemię, myślisz o człowieku, powstałym z ziemi, o nas, którzy jesteśmy w centrum Twojego serca; i że powtarzasz słowa Twojego testamentu: „To jest Ciało moje, które za was będzie wydane” (Łk 22, 19). Miłość Ojca do Ciebie i Twoja do nas: miłość, która jest bodźcem sprawiającym, iż wstajesz i idziesz dalej. Kto bowiem kocha, nie pozostaje na ziemi, lecz zaczyna od nowa; kto kocha, nie męczy się, lecz biegnie; kto kocha, wznosi się. Jezu, zawsze proszę Ciebie o wiele rzeczy, ale potrzebuję tylko jednej: umiejętności kochania. Upadnę w życiu, ale dzięki miłości będę mógł się podnieść i iść naprzód, tak jak Ty, który jesteś znawcą upadków. Twoje życie było w istocie jednym ciągłym upadaniem ku nam: od Boga do człowieka, od człowieka do sługi, od sługi do ukrzyżowanego, aż do grobu; wpadłeś w ziemię jako ziarno, które obumiera , upadłeś, aby podnieść nas z ziemi i zabrać nas do nieba. Ty, który podnosisz z prochu i ożywiasz nadzieję, daj mi siłę, aby kochać i zacząć od nowa.

Módlmy się słowami: Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

Kiedy zwycięża rozczarowanie

Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

Kiedy spadają na mnie osądy innych

Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

Kiedy sprawy nie idą po mojej myśli i staję się niecierpliwy
Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

Kiedy czuję, że nie dam już rady

Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

Kiedy przytłacza mnie myśl, że nic się nie zmieni
Jezu, daj mi siłę, by kochać i zacząć od nowa

4. Jezus spotyka swoją matkę

Kiedy więc Jezus ujrzał Matkę i stojącego obok Niej ucznia, którego miłował, rzekł do [...] ucznia: „Oto Matka twoja”. I od tej godziny uczeń wziął Ją do siebie (J 19, 26-27).

Jezu, Twoi opuścili Cię, Judasz Cię zdradził, Piotr zaparł się Ciebie: zostałeś sam z krzyżem. Ale oto Twoja Matka. Nie potrzeba słów, wystarczą Jej oczy, które wiedzą, jak spojrzeć cierpieniu w twarz i wziąć je na siebie. Jezu, w pełnym łez i światła spojrzeniu Maryi odnajdujesz wspomnienie czułości, pieszczot, kochających ramion, które zawsze Ciebie akceptowały i wspierały. Spojrzenie matki jest spojrzeniem pamięci, które ugruntowuje nas w dobroci. Nie możemy obejść się bez matki, która nas wydaje nas na świat, ale nie możemy też obejść się bez matki, która umieszcza nas na właściwym miejscu w świecie. Ty o tym wiesz i z krzyża dajesz nam swoją własną Matkę. Oto Matka Twoja, mówisz do ucznia, do każdego z nas: po Eucharystii dajesz nam Maryję, ostateczny dar przed śmiercią. Jezu, na Twojej dodało Ci otuchy wspomnienie Jej miłości; moja droga również potrzebuje oparcia w pamiętaniu o dobru. Zdaję sobie jednak sprawę, że mojej modlitwie brakuje pamięci: jest szybka, pospieszna, jak jakaś lista potrzeb na dziś i jutro. Maryjo, zatrzymaj ten mój bieg, pomóż mi pamiętać: pielęgnować łaskę, pamiętać o Bożym przebaczeniu i cudach, ożywić pierwszą miłość, na nowo rozsmakować się w cudach Opatrzności, płakać z wdzięczności.

Módlmy się słowami: Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

Kiedy odnawiają się rany przeszłości

Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

Kiedy zatracam sens i istotę rzeczy

Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

Kiedy tracę z oczu dary, które otrzymałem

Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

Kiedy tracę z oczu dar, którym jestem

Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

Kiedy zapominam Tobie dziękować

Panie, ożyw we mnie pamięć o Twej miłości

5. Cyrenejczyk pomaga Jezusowi

Gdy [żołnierze] Go wyprowadzili, zatrzymali niejakiego Szymona z Cyreny, który wracał z pola, i włożyli na niego krzyż, aby go niósł za Jezusem (Łk 23, 26).

Jezu, jakże często w obliczu życiowych wyzwań sądzimy, iż poradzimy sobie sami! Jakże trudno prosić o pomoc, bojąc się, że sprawimy wrażenie, iż nie jesteśmy w stanie sprostać zadaniu, my, którzy zawsze staramy się dobrze wypaść i dobrze się zaprezentować! Nie łatwo zaufać, a tym bardziej powierzyć siebie. Ale ten, kto się modli, wie, że jest potrzebującym, a Ty, Jezu, jesteś przyzwyczajony do powierzenia siebie w modlitwie. Nie gardzisz więc pomocą Cyrenejczyka. Ukazujesz mu swoje słabości, prostemu człowiekowi, rolnikowi wracającemu z pola. Dziękuję Tobie, że pozwalając sobie pomóc w potrzebie, przekreślasz obraz jakiegoś bożka niewrażliwego i dalekiego. Nie jesteś niepohamowany w mocy, lecz niezwyciężony w miłości i uczysz nas, że kochać oznacza pomagać innym właśnie w tych słabościach, których się wstydzą. Wtedy słabości przekształcają się w szanse. Tak stało się z Cyrenejczykiem: Twoja słabość zmieniła jego życie i pewnego dnia zrozumie on, że pomógł swojemu Zbawicielowi, że został odkupiony przez krzyż, który niósł. Niech także moje życie się zmieni, proszę Cię, Jezu: pomóż mi osłabić tę obronę i pozwolić, abyś mnie kochał: tam, gdzie najbardziej się siebie wstydzę.

Módlmy się słowami: Uzdrów mnie, Jezu!

Od wszelkiej pychy samowystarczalności

Uzdrów mnie, Jezu!

Od myślenia, że mogę dać sobie radę bez Ciebie i bez innych

Uzdrów mnie, Jezu!

Od manii perfekcjonizmu

Uzdrów mnie, Jezu!

Od niechęci do powierzenia Tobie mojej nędzy

Uzdrów mnie, Jezu!

Od pośpiechu gdy staję na przeciw potrzebujących, których spotykam na drodze
Uzdrów mnie, Jezu!

6. Jezus pocieszony przez Weronikę, ocierającą Mu twarz

Błogosławiony Bóg [...], Ojciec miłosierdzia i Bóg wszelkiej pociechy, Ten, który nas pociesza w każdym naszym utrapieniu, byśmy sami mogli pocieszać tych, co są w jakiejkolwiek udręce [...]. Jak bowiem obfitują w nas cierpienia Chrystusa, tak też wielkiej doznajemy przez Chrystusa pociechy (2 Kor 1, 3-5).

Jezu, wielu śledzi barbarzyński spektakl Twojej egzekucji i, nie znając Ciebie i nie znając prawdy, wydaje osąd i potępienie, obrzucając Ciebie hańbą i pogardą. Dzieje się tak również dzisiaj, Panie, i nie trzeba nawet makabrycznego orszaku: wystarczy klawiatura, aby obrażać i publikować wyroki. Ale gdy tak wielu krzyczy i osądza, pewna niewiasta przedziera się przez tłum. Nie mówi: działa. Nie przeklina: współczuje. Idzie pod prąd: samotnie, z odwagą współczucia, naraża się ze względu na miłość, znajduje sposób, by przejść między żołnierzami tylko po to, aby dać ci ulgę i ukojenie dla twarzy. Jej gest przejdzie do historii i jest gestem pocieszenia. Jakże często wzywam pocieszenia od Ciebie, Jezu! Ale Weronika przypomina mi, że Ty też go potrzebujesz: Ty, Bóg bliski, prosisz o moją bliskość; Ty, mój pocieszyciel, chcesz być przeze mnie pocieszony. Miłości niekochana, także dzisiaj szukasz w tłumie serc wrażliwych na Twoje cierpienie, na Twój ból. Szukasz prawdziwych czcicieli, którzy w duchu i w prawdzie (por. J 4, 23) trwają z Tobą (por. J 15), Miłości opuszczona. Jezu, rozpal we mnie pragnienie bycia z Tobą, adorowania Ciebie i pocieszania. I spraw, abym w Twoje imię był pocieszeniem dla innych.

Módlmy się słowami: Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

Boże miłosierdzia, bliski tym, których serca są zranione
Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

Boże czułości, który wzruszasz się z naszego powodu
Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

Boże współczucia, który brzydzisz się obojętnością
Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

Ty, który smucisz się, gdy wytykam palcem innych
Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

Ty, który przyszedłeś nie po to, by potępić, lecz aby zbawić
Uczyń mnie świadkiem Twojego pocieszenia

7. Jezus znowu upada pod ciężarem krzyża

[Młodszy syn] zastanowił się i rzekł: [...] Zabiorę się i pójdę do mego ojca, i powiem mu: Ojcze, zgrzeszyłem [...].Wybrał się więc i poszedł do swojego ojca. A gdy był jeszcze daleko, ujrzał go jego ojciec i wzruszył się głęboko; wybiegł naprzeciw niego, rzucił mu się na szyję i ucałował go. A syn rzekł do niego: „Ojcze, zgrzeszyłem [...], już nie jestem godzien nazywać się twoim synem”. Lecz ojciec rzekł [...]: „ten mój syn był umarły, a znów ożył; zaginął, a odnalazł się” (Łk 15, 17-18.20-22.24).

Jezu, krzyż jest ciężki: niesie brzemię porażki, niepowodzenia, upokorzenia. Rozumiem to, kiedy czuję się przygnieciony różnymi sprawami, nękany przez życie i niezrozumiany przez innych; kiedy odczuwam nadmierne i wyczerpujące brzemię odpowiedzialności i pracy, kiedy jestem przygnieciony udrękami niepokoju, atakowany melancholią, podczas gdy dławiąca myśl powtarza mi: z tego nie wyjdziesz, tym razem nie wstaniesz. Ale jest jeszcze gorzej. Uświadamiam sobie, że sięgam dna, kiedy znowu upadam: kiedy powracam do swoich błędów, do swoich grzechów, kiedy gorszę się innymi, a potem zdaję sobie sprawę, że nie jestem inny. Nie ma nic gorszego niż rozczarowanie samym sobą, przygniecenie poczuciem winy. Ale Ty, Jezu, wiele razy upadałeś pod ciężarem krzyża, aby stać przy mnie, gdy powtórnie upadam. Z Tobą nadzieja nigdy się nie kończy, a po każdym upadku powstaje się na nowo, ponieważ kiedy zawodzę, nie męczysz się mną, ale stajesz się jeszcze bliższy mnie. Dziękuję Ci, że na mnie czekasz; dziękuję Ci, bo upadam wiele razy, a Ty wybaczasz mi niezliczoną ilość razy: zawsze. Przypominaj mi, że upadki mogą stać się kluczowymi momentami drogi, ponieważ prowadzą mnie do zrozumienia jedynej rzeczy, która się liczy: że Ciebie potrzebuję. Jezu, wyryj w moim sercu najważniejszą pewność: że naprawdę powstaję tylko wtedy, gdy Ty mnie podnosisz, gdy uwalniasz mnie od grzechów. Bo życie nie zaczyna się na nowo od moich słów, ale od Twojego przebaczenia.

Módlmy się słowami: Podnieś mnie, Jezu!

Kiedy sparaliżowany nieufnością odczuwam smutek i przygnębienie

Podnieś mnie, Jezu!

Kiedy widzę swoją nieudolność i czuję się bezwartościowy
Podnieś mnie, Jezu!

Kiedy dominuje wstyd i strach przed tym, że nie dam rady
Podnieś mnie, Jezu!

Kiedy jestem kuszony, by stracić nadzieję
Podnieś mnie, Jezu!

Kiedy zapominam, że moja siła leży w Twoim przebaczeniu
Podnieś mnie, Jezu!

8. Jezus spotyka niewiasty z Jerozolimy

Szło za Nim mnóstwo ludu, także kobiet, które zawodziły i płakały nad Nim (Łk 23, 27).

Jezu, kto podąża za Tobą aż do końca drogą krzyżową? Nie możni, którzy czekają na Ciebie na Kalwarii, nie gapie, którzy stoją z daleka, ale ludzie prości, wielcy w Twoich oczach, a mali w oczach świata. Są to kobiety, którym dałeś nadzieję: nie mają głosu, ale dają się słyszeć. Pomóż nam rozpoznać wielkość kobiet, które w wydarzeniu paschalnym były wierne i bliskie Tobie, ale które nadal są odrzucane, doznając zniewag i przemocy. Jezu, niewiasty, które spotykasz, biją się w piersi i płaczą nad Tobą. Nie płaczą nad sobą, ale płaczą z Twego powodu, płaczą nad złem i grzechem świata. Ich modlitwa pełna łez dociera do Twojego serca. A czy mojej modlitwie towarzyszą łzy? Czy wzruszam się przed Tobą, ukrzyżowanym dla mnie, przed Twoją łagodną i zranioną miłością? Czy opłakuję moje fałsze i moją niestałość? Czy w obliczu tragedii świata moje serce jest z lodu czy wybucha płaczem? Jak reaguję na szaleństwo wojny, na twarze dzieci, które nie potrafią się już uśmiechać, na matki, które widzą je niedożywione i głodne, i którym brak już łez? Ty, Jezu, płakałeś nad Jerozolimą, płakałeś nad zatwardziałością naszych serc. Wstrząśnij mną od wewnątrz, daj mi łaskę płaczu modląc się, i modlitwy płacząc.

Módlmy się słowami: Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

Ty, który znasz tajemnice serca
Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

Ty, który bolejesz nad zatwardziałością dusz
Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

Ty, który kochasz serca pokorne i skruszone
Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

Ty, który przebaczeniem osuszyłeś łzy Piotra
Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

Ty, który zamieniasz płacz w śpiew
Jezu, roztop moje zatwardziałe serce

9. Jezus z szat obnażony

„Panie, kiedy widzieliśmy Cię głodnym i nakarmiliśmy Ciebie? spragnionym i daliśmy Ci pić? Kiedy widzieliśmy Cię przybyszem i przyjęliśmy Cię? lub nagim i przyodzialiśmy Cię? Kiedy widzieliśmy Cię chorym lub w więzieniu i przyszliśmy do Ciebie?”. A Król im odpowie: „Zaprawdę, powiadam wam: Wszystko, co uczyniliście jednemu z tych braci moich najmniejszych, Mnieście uczynili” (Mt 25, 37-40).

Jezu, są to słowa, które wypowiedziałeś przed Męką. Teraz rozumiem to Twoje naleganie w utożsamianiu się z potrzebującymi: Ty zostałeś uwięziony; Ty, obcy, wyprowadzony z miasta, by zostać ukrzyżowanym; Ty, nagi, odarty z szat; Ty, chory i zraniony; Ty, spragniony na krzyżu i głodny miłości. Pozwól, bym zobaczył Ciebie w cierpiących i abym widział cierpiących w Tobie, bo tam jesteś, w tych odartych z godności, w chrześcijanach upokorzonych arogancją i niesprawiedliwością, niesprawiedliwymi zyskami kosztem innych, przy ogólnej obojętności. Patrzę na Ciebie, Jezu, ogołoconego z szat i rozumiem, że zapraszasz mnie do ogołocenia się z wielu pozorów zewnętrznych. Ty bowiem nie patrzysz na pozory, lecz na serce. I nie chcesz jałowej modlitwy, lecz modlitwy owocnej miłością. Boże ogołocony, obnaż i mnie. Łatwo jest bowiem mówić, ale czy potem naprawdę miłuję Ciebie w ubogich, Twoje zranione ciało? Czy modlę się za tych odartych z godności? A może modlę się tylko po to, by zaspokoić swoje potrzeby i przyodziać się w poczucie bezpieczeństwa? Jezu, Twoja prawda obnaża mnie i sprawia, że skupiam się na tym, co ważne: na Tobie ukrzyżowanym i na ukrzyżowanych braciach i siostrach. Daj mi zrozumieć to teraz, abym nie okazał się ogołocony z miłości, kiedy stanę przed Tobą.

Módlmy się słowami: Ogołoć mnie, Panie Jezu!

Z przywiązania do pozorów
Ogołoć mnie, Panie Jezu!

Ze zbroi obojętności
Ogołoć mnie, Panie Jezu!

Z przekonania, że pomaganie innym nie jest moją sprawą
Ogołoć mnie, Panie Jezu!

Z kultu zewnętrznej poprawności i powierzchowności
Ogołoć mnie, Panie Jezu!

Z przekonania, że życie jest dobre, jeśli jest dobre dla mnie
Ogołoć mnie, Panie Jezu!

10. Jezus przybity do krzyża

Gdy przyszli na miejsce, zwane „Czaszką”, ukrzyżowali tam Jego i złoczyńców, jednego po prawej, drugiego po lewej Jego stronie. Lecz Jezus mówił: „Ojcze, przebacz im, bo nie wiedzą, co czynią” (Łk 23, 33-34).

Jezu, przebijają Twoje ręce i nogi gwoździami, rozdzierając Twoje ciało, i właśnie teraz, gdy fizyczny ból jest najbardziej rozdzierający, z Twoich ust płynie niewyobrażalna modlitwa: przebaczasz tym, którzy wbijają gwoździe w Twoje nadgarstki. I nie tylko raz, ale wiele razy, jak wspomina Ewangelia, z tym czasownikiem wskazującym na powtarzające się działanie: mówiłeś: „Ojcze, przebacz”. Tak więc z Tobą, Jezu, ja również mogę znaleźć odwagę, aby wybrać przebaczenie, które wyzwala serce i wskrzesza życie. Panie, nie wystarcza Ci, że nam przebaczasz, Ty także usprawiedliwiasz nas przed Ojcem: nie wiedzą, co czynią. Weź nas w obronę, stań się naszym adwokatem, wstawiaj się za nami. Teraz, gdy Twoje ręce, którymi błogosławiłeś i uzdrawiałeś, są przybite, a Twoje stopy, którymi niosłeś radosną nowinę, nie mogą już chodzić, teraz, w niemocy, objawiasz nam wszechmoc modlitwy. Na szczycie Golgoty objawiasz nam szczyt modlitwy wstawienniczej, która zbawia świat. Jezu, obym modlił się nie tylko za siebie i moich bliskich, ale także za tych, którzy mnie nie kochają i którzy mnie krzywdzą; obym modlił się według pragnień Twojego Serca za tych, którzy są daleko od Ciebie; obym wynagradzał i wstawiał się za tymi, którzy nie znając Ciebie, nie zaznają radości miłowania Ciebie i otrzymywania Twojego przebaczenia.

Módlmy się słowami: Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

Dla bolesnej Męki Jezusa
Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

Przez moc Jego ran
Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

Przez Jego przebaczenie na krzyżu
Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

Przez tych, którzy przebaczają ze względu na Twą miłość
Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

Przez wstawiennictwo tych, którzy wierzą, adorują, żywią nadzieję i Ciebie miłują
Ojcze, miej miłosierdzie dla nas i świata całego

11. Jezus wykrzykuje swoje opuszczenie

Od godziny szóstej mrok ogarnął całą ziemię, aż do godziny dziewiątej. Około godziny dziewiątej Jezus zawołał donośnym głosem: „Eli, Eli, lema sabachthani?”, to znaczy Boże mój, Boże mój, czemuś Mnie opuścił? (Mt 27, 45-46).

Jezu, oto niezwykła modlitwa: donośnym głosem wołasz do Ojca o swoim opuszczeniu. Ty, Bóg nieba, nie wykrzykujesz odpowiedzi, lecz pytasz dlaczego? W szczytowym momencie Męki odczuwasz swoje oddalenie od Ojca i nie nazywasz Go już nawet Ojcem, jak zawsze, lecz Bogiem, niemal tak, jakbyś nie mógł już rozpoznać Jego oblicza. Dlaczego tak się dzieje? Aby zanurzyć się całkowicie w otchłani naszego cierpienia. Uczyniłeś to dla mnie, abym, gdy widzę jedynie ciemność, gdy doświadczam upadku pewników i katastrofy życia, nie czuł się już samotny, ale wierzył, że tam jesteś ze mną: Ty, Bóg komunii, który doświadczasz opuszczenia, aby nie pozostawiać mnie już zakładnikiem samotności. Kiedy wykrzyczałeś swoje dlaczego, uczyniłeś to za pomocą Psalmu: w ten sposób nawet najbardziej skrajne opuszczenie zamieniłeś w modlitwę. Właśnie to należy czynić w burzach życiowych: zamiast milczeć i trzymać w sobie, wołać do Ciebie. Chwała Tobie, Panie Jezu, bo nie uciekłeś od mojego zagubienia, ale byłeś w nim do samego końca; cześć i chwała Tobie, który obciążony wszelkim oddaleniem, stałeś się bliski tym, którzy są najdalej od Ciebie. A ja, w ciemnościach moich dlaczego, znajduję Ciebie, Jezu, światło w nocy. I w krzyku jakże wielu osób samotnych i wykluczonych, uciśnionych i opuszczonych, widzę Ciebie, mój Boże: spraw, abym Cię rozpoznał i pokochał.

Módlmy się słowami: Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

W dzieciach nienarodzonych i opuszczonych
Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

W wielu młodych, czekających na kogoś, kto usłyszy ich krzyk cierpienia
Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

W zbyt wielu odrzuconych osobach starszych
Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

W więźniach i samotnych
Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

W ludach najbardziej wyzyskiwanych i zapomnianych
Jezu, spraw, bym Cię rozpoznał i pokochał

12. Jezus umiera powierzając się Ojcu i obdarzając dobrego łotra rajem

[Jeden z wiszących na krzyżu złoczyńców] powiedział: „Jezu, wspomnij na mnie, gdy przyjdziesz do swego królestwa”. Jezus mu odpowiedział: „Zaprawdę, powiadam ci: Dziś ze Mną będziesz w raju”. […] Jezus zawołał donośnym głosem: Ojcze, w Twoje ręce powierzam ducha mojego. Po tych słowach wyzionął ducha (Łk 23, 42-43, 46).

Jezu, łotr w raju! On powierza się Tobie, a Ty powierzasz go Ojcu. Boże rzeczy niemożliwych, Ty czynisz złodzieja świętym. I nie tylko to: na Kalwarii zmieniasz bieg dziejów. Z krzyża, symbolu męki, czynisz ikonę miłości; z muru śmierci czynisz most ku życiu. Zamieniasz ciemność w światło, podział w komunię, cierpienie w taniec, a nawet grób, ostatnią stację życia, w punkt wyjścia nadziei. Ale dokonujesz tych przewrotów z nami, nigdy bez nas. Jezu, wspomnij na mnie: ta szczera modlitwa pozwoliła Ci zdziałać cuda w życiu tego złoczyńcy. Niesłychana moc modlitwy. Czasami myślę, że moja modlitwa jest niewysłuchana, a tymczasem najważniejszą rzeczą jest wytrwałość, stałość, pamiętanie, aby powiedzieć Ci: „Jezu, wspomnij na mnie”. Pamiętaj o mnie, a moje zło nie będzie już końcowym przystankiem, lecz wyruszeniem na nowo. Pamiętaj: umieść mnie z powrotem w swoim Sercu, nawet gdy się oddalam, gdy gubię się w wirującym i kręcącym się kole życia. Wspomnij na mnie, Jezu, ponieważ bycie pamiętanym przez Ciebie – pokazuje to dobry łotr – oznacza wejście do raju. Przede wszystkim przypomnij mi, Jezu, że moja modlitwa może zmienić historię.

Módlmy się słowami: Jezu, wspomnij na mnie

Kiedy nadzieja zanika, a panuje rozczarowanie

Jezu, wspomnij na mnie

Kiedy nie jestem w stanie podjąć decyzji
Jezu, wspomnij na mnie

Kiedy tracę wiarę w siebie i innych
Jezu, wspomnij na mnie

Kiedy tracę z oczu wielkość Twojej miłości
Jezu, wspomnij na mnie

Kiedy myślę, że moja modlitwa jest bezużyteczna
Jezu, wspomnij na mnie

13. Jezus zdjęty z krzyża i złożony w ramiona Maryi

Symeon zaś [...] rzekł do Maryi, Matki Jego: „Oto Ten przeznaczony jest na upadek i na powstanie wielu w Izraelu, i na znak, któremu sprzeciwiać się będą. A Twoją duszę miecz przeniknie” (Łk 2, 33-35).

Maryjo, po Twoim „tak”, w Twoim łonie Słowo stało się ciałem. Teraz na Twoim łonie leży Jego umęczone ciało: to dziecko, które trzymałaś w ramionach, jest zmasakrowanym martwym ciałem. Jednak teraz, w chwili największego cierpienia, jaśnieje Twoja ofiara: miecz przenika Twoją duszę, a Twoja modlitwa nadal jest Twoim „tak” dla Boga. Maryjo, jesteśmy ubodzy w „tak” a bogaci w „gdybym”: gdybym miał lepszych rodziców, gdybym był lepiej rozumiany i kochany, gdyby moja kariera potoczyła się lepiej, gdyby nie było tego problemu, gdybym po prostu nie cierpiał więcej, gdyby Bóg mnie wysłuchał... Nieustannie zadając sobie pytanie, dlaczego coś się dzieje, trudno nam przeżywać teraźniejszość z miłością. Mogłabyś mieć tak wiele „gdyby” do powiedzenia Bogu, ale wciąż mówisz „tak”. Mocna w wierze, wierzysz, że cierpienie, przeniknięte miłością, przynosi owoce zbawienia; że cierpienie z Bogiem nie ma ostatniego słowa. A kiedy trzymasz w ramionach Jezusa pozbawionego ducha, rozbrzmiewają w Tobie ostatnie słowa, którymi się do Ciebie zwrócił: Oto syn Twój. Matko, to ja jestem tym synem! Przyjmij mnie w swoje ramiona i pochyl się nad moimi ranami. Pomóż mi powiedzieć „tak” Bogu, „tak” miłości. Matko litościwa, żyjemy w bezlitosnych czasach i potrzebujemy współczucia: Ty, czuła i można, namaść nas łagodnością: rozwiąż opory serca i węzły duszy.

Módlmy się słowami: Weź mnie za rękę, Maryjo

Kiedy ulegam oskarżaniu innych i robieniu z siebie ofiary
Weź mnie za rękę, Maryjo

Kiedy przestaję walczyć i godzę się żyć z moimi kłamstwami
Weź mnie za rękę, Maryjo

Kiedy zwlekam i nie znajduję odwagi, by powiedzieć Bogu „tak”
Weź mnie za rękę, Maryjo

Kiedy jestem pobłażliwy wobec siebie i nieugięty wobec innych
Weź mnie za rękę, Maryjo

Kiedy chcę, aby Kościół i świat zmieniły się, ale ja się nie zmieniam
Weź mnie za rękę, Maryjo

14. Jezus złożony w grobie Józefa z Arymatei

Pod wieczór przyszedł zamożny człowiek z Arymatei, imieniem Józef, który też był uczniem Jezusa. On udał się do Piłata i poprosił o ciało Jezusa. […] Józef zabrał ciało, owinął je w czyste płótno i złożył w swoim nowym grobie, który kazał wykuć w skale. (Mt 27, 57-60).

Józef: imię, które wraz z Maryją jest obecne u zarania Bożego Narodzenia, oznacza również jutrzenkę Wielkanocy. Józef z Nazaretu miał sen i odważnie wziął Jezusa, aby uratować Go przed Herodem; ty, Józefie z Arymatei, bierzesz Jego ciało, nie wiedząc, że niemożliwy i cudowny sen spełni się właśnie tam, w grobie, który dałeś Chrystusowi, kiedy myślałeś, że nie może już nic więcej dla ciebie uczynić. Natomiast akurat prawdą jest, że każdy dar ofiarowany Bogu otrzymuje znacznie większą nagrodę. Józefie z Arymatei, jesteś prorokiem śmiałej odwagi. Aby złożyć swój dar zmarłemu, idziesz do zalęknionego Piłata, i prosisz go, abyś mógł dać Jezusowi grób, który kazałeś zbudować dla siebie. Twoja prośba jest wytrwała, a za słowami idą czyny. Józefie, przypomnij nam, że wytrwała modlitwa przynosi owoce i przenika nawet mroki śmierci; że miłość nie pozostaje bez odpowiedzi, ale obdarza nowymi początkami. Twój grób, który – jako jedyny w historii – będzie źródłem życia, był nowy, świeżo wykuty w skale. A ja, co nowego daję Jezusowi w tę Wielkanoc? Trochę czasu, żeby przebywać z Nim? Trochę miłości dla innych? Moje lęki i pogrzebane nędze, na które Chrystus czeka, bym Mu je ofiarował, tak jak ty to zrobiłeś z grobem? Będzie to doprawdy Wielkanoc, jeśli oddam coś mojego Temu, który oddał za mnie życie: bo dając, otrzymuje się; bo życie się odnajduje, gdy się je traci, a posiada, gdy się je daje.

Módlmy się słowami: Zmiłuj się, Panie

Nade mną, zbyt leniwym by się nawrócić
Zmiłuj się, Panie

Nade mną, który bardzo lubię otrzymywać, a mało dawać
Zmiłuj się, Panie

Nade mną, niezdolnym, by poddać się Twojej miłości
Zmiłuj się, Panie

Nad nami, gotowymi do służenia rzeczom, ale powolnymi w służeniu innym
Zmiłuj się, Panie

Nad naszym światem, zarażony przez groby egoizmu
Zmiłuj się, Panie

Wezwanie końcowe (imię Jezusa, 14 razy)

Panie, modlimy się do Ciebie jak potrzebujący, słabi i chorzy z Ewangelii, którzy wzywają Cię najprostszym i najbardziej znanym słowem: Twoim imieniem.

Jezu, Twoje imię zbawia, bo Ty jesteś naszym zbawieniem.

Jezu, jesteś moim życiem, i aby nie zagubić się w drodze, potrzebuję Ciebie, który przebaczasz i podnosisz na duchu, który leczysz moje serce i nadajesz sens mojemu cierpieniu.

Jezu, Ty wziąłeś na siebie moje zło i z krzyża nie wytykasz mnie palcem, ale mnie obejmujesz; Ty, cichy i pokornego serca, uzdrawiasz mnie z rozgoryczenia i nienawiści, uwalniasz od podejrzliwości i nieufności.

Jezu, patrzę na Ciebie na krzyżu i widzę miłość szeroko otwartą przed moimi oczami, sens mojego istnienia i cel mojej drogi: pomóż mi kochać i przebaczać, przezwyciężyć niecierpliwość i obojętność, nie narzekać.

Jezu, na krzyżu jesteś spragniony, i to spragniony mojej miłości i mojej modlitwy; potrzebujesz jej, aby urzeczywistnić swoje plany dobra i pokoju.

Jezu, dziękuję Ci za tych, którzy odpowiadają na Twoje zaproszenie i mają wytrwałość w modlitwie, odwagę w wierze i stałość, by iść naprzód w trudnościach.

Jezu, przedstawiam Ci pasterzy Twojego świętego Ludu: ich modlitwa podtrzymuje owczarnię; niech znajdą czas, aby stanąć przed Tobą, niech upodobnią swoje serca do Twojego Serca.

Jezu, błogosławię Cię za kobiety i mężczyzn prowadzących życie kontemplacyjne, których modlitwa, ukryta przed światem a miła Tobie, strzeże Kościoła i ludzkości.

Jezu, przynoszę przed Ciebie rodziny i osoby, które modliły się z nami dziś wieczorem w swoich domach, osoby starsze, zwłaszcza samotne, chore, skarby Kościoła, które łączą swoje cierpienia z Twoimi.

Jezu, niech ta modlitwa wstawiennicza dotrze do sióstr i braci, którzy w wielu częściach świata cierpią prześladowania z powodu Twojego imienia; do tych, którzy cierpią z powodu tragedii wojny, i do tych, którzy czerpiąc siłę z Ciebie, dźwigają ciężkie krzyże.

Jezu, przez swój krzyż uczyniłeś z nas wszystkich – jedno: umocnij wierzących w komunii, wzbudź braterskie uczucia oraz cierpliwość, pomóż nam współpracować i iść razem; zachowaj Kościół i świat w pokoju.

Jezu, święty Sędzio, który zawołasz mnie po imieniu, wybaw mnie od pochopnych sądów, od plotek, od porywczych i obraźliwych słów.

Jezu, przed śmiercią mówisz: „Wykonało się”. Ja, w mojej niedoskonałości, nie mogę tego powiedzieć, ale ufam Tobie, bo Ty jesteś moją nadzieją, nadzieją Kościoła i świata.

Jezu, jeszcze jedno słowo, które chcę Ci powiedzieć i wciąż powtarzać: dziękuję! Dziękuję Ci, mój Panie i mój Boże.

[00551-PL.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua araba

صلاة درب الصّليب

”الصّلاة مع يسوع على درب الصّليب“

يوم الجمعة العظيمة

29 أذار/مارس 2024

مدرّج الكولوسّيوم في روما

صلاة الافتِتاح

أيّها الرّبّ يسوع، إنّا ننظر إلى صليبك ونعرف أنّك بذلت كلّ شيء من أجلنا. إنَّا نكرِّس هذا الوقت لك. نريد أن نقضيه معك، قريبين منك، وأنت تصلِّي، من الجسمانيّة إلى الجلجلة. وفي سنة الصّلاة هذه، ننضمّ إلى مسيرة صلاتك.

من إنجيل ربّنا يسوع المسيح للقدّيس مرقس (14، 32-37)

ووصَلوا إِلى ضَيعَةٍ اسمُها جَتْسمَانِيَّة [...]. ثُمَّ مضى بِبُطرُسَ ويَعقوبَ ويوحَنَّا، وجعَلَ يَشعُرُ بالرَّهبَةِ والكآبة. فقالَ لهم: «[...] أُمكُثوا هُنا واسهَروا». ثُمَّ أَبعَدَ قليلًا ووَقَعَ إِلى الأَرضِ يُصَلِّي [...] قال: «أَبَّا، يا أَبَتِ، إِنَّكَ على كُلِّ شَيءٍ قَدير، فَاصرِفْ عَنِّي هذِه الكَأس. ولكِن لا ما أَنا أَشاء، بل ما أَنتَ تَشاء». ثُمَّ رَجَعَ فَوَجَدَهُم نائمين، فقالَ لِبُطرس: «[...] أَلَم تَقْوَ على السَّهَرِ ساعَةً واحِدَة؟».

أيّها الرّبّ يسوع، كنت تستعدّ لكلّ يوم لك بالصّلاة. والآن في الجسمانيّة فإنّك تستعدّ للفصح. قلت: أَبَّا، يا أَبَتِ، كلّ شيء ممكن لك، لأنّ الصّلاة هي أوّلًا حوار وحياة حميمة، وهي أيضًا جهاد وطلب: أَبعِد عَنِّي هذِه الكَأس! وإنّها ثقة وعطاء: ولكِن لا ما أَنا أَشاء، بل ما أَنتَ تَشاء. وهكذا، في الصّلاة، دخلت من باب آلامنا الضّيّق وعبرته إلى أعمق أعماقنا. وشعرت "بالرَّهبَةِ والكآبة" (مرقس 14، 33): بالرّهبة أمام الموت، وبالكآبة لِثِقَل خطيئتنا التي حملتها عليك، بينما اجتاحتك مرارة لا حدَّ لها. وفي خضمّ الجهاد صلّيت ”بجهْد“ (راجع لوقا 22، 44)، وحوّلت شدّة ألَمِكَ إلى تقدمة محبّة.

لقد طلبت منّا شيئًا واحدًا فقط: أن نمكث معك، ونسهر. إنّك لا تطلبُ منّا المستحيل، بل أن نكون قريبين منك. ومع ذلك، كم مرّة ابتعدتُ عنك! وكم مرّة، مثل التّلاميذ، بدلًا من أن أسهر معك، نِمت، وكم مرّة لم يكن لديّ الوقت أو الرغّبة في الصّلاة، لأنّي متعب، ومخدَّر بالرّاحة، وقد غلب النّعاس على نفسي. يا يسوع، قُلْ لي من جديد، ولنا نحن كنيستك: "قُوموا فصَلُّوا" (لوقا 22، 46). أيقظنا يا ربّ، أيقظنا من سبات قلوبنا، لأنّك اليوم أيضًا، وخاصّة اليوم، تحتاج إلى صلاتنا.

المرحلة الأولى

يسوع يُحكَم عليه بالموت

فقامَ عظيمُ الكَهَنَةِ في وَسْطِ المَجلِسِ وسأَلَ يسوع: «أَما تُجيبُ بِشَيء؟ ما هذا الَّذي يَشهَدُ بِه هؤُلاءِ علَيكَ؟» فظَلَّ صامِتًا لا يُجيبُ بِشَيء. [...] فسأَلَه بيلاطُسُ ثانِيَةً: «أَما تُجيبُ بِشَيء؟ أُنظُرْ ما أَكثَرَ ما يَشهَدونَ بِه علَيكَ». ولكِنَّ يسوعَ لم يُجِبْ بِشَيءٍ بَعدَ ذلك حتَّى تَعَجَّبَ بيلاطُس (مرقس 14، 60-61؛ 15، 4-5).

يا يسوع، أنت الحياة وقد حُكِمَ عليك بالموت، وأنت الحقّ وعانيت من محاكمة كاذبة. ولماذا لا تشتكي؟ لماذا لا ترفع صوتك وتشرح أسبابك؟ لماذا لا تدحض أقوال العلماء والأقوياء كما فعلت دائمًا بنجاح؟ إنّ موقفك عجيب، يا يسوع: في اللحظة الحاسمة لا تتكلّم، بل تبقى صامتًا. لأنّه كلّما زاد الشّرّ قوّة، كان جوابك أكثر حسمًا. وجوابك الآن هو الصّمت. لكن في صمتك فِعلٌ: فهو صلاة، ووداعة، ومغفرة، وهو الطّريق لتفدي الشّرّ، ولتحوِّلَ ألَمَك إلى عطيّة تقدّمها. يا يسوع، أُدرك أنّني أعرفك قليلًا لأنّي لا أعرف صمتك بما فيه الكفاية. لأنّي في جنون السّرعة والعمل، غارق في الأشياء، وأنا خائف ألّا أبقى في نجاحي، وألّا أبقى محطّ الأنظار، ولهذا لا أجد الوقت للتوقّف والبقاء معك: لأدعك أنت تعمل فيَّ، أنت كلمة الآب الذي تعمل في الصّمت. يا يسوع، إنّ صمتك يهُزَّني، ويعلِّمني أنّ الصّلاة لا تولد من الشّفاه التي تتحرّك، بل من قلب يعرف أن يصغي: لأنّ الصّلاة هي أن أصير مطيعًا لكلمتك، وأسجد لحضورك.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: كلِّم قلبي، يا يسوع

أنت الذي تَرُدُّ على الشّرّ بالخير: كلِّم قلبي، يا يسوع

أنت الذي تسكت الضّجيج بالوداعة: كلِّم قلبي، يا يسوع

أنت الذي تكره الثّرثرة والتشكّيات: كلِّم قلبي، يا يسوع

أنت الذي تعرفني في صميم حياتي: كلِّم قلبي، يا يسوع

أنت الذي تحبّني أكثر من حبّي لنفسي: كلِّم قلبي، يا يسوع

المرحلة الثّانية

يسوع يَحمِل الصَّليب

هو الَّذي حَمَلَ خَطايانا في جَسَدِه على الخَشَبَة لِكَي نَموتَ عن خَطايانا فنَحْيا لِلبِرّ. وهو الَّذي بِجِراحِه شُفيتم (1 بطرس 2، 24).

يا يسوع، نحن أيضًا نحمل صلبانًا، أحيانًا ثقيلة جدًّا: مرضًا، أو حادِثًا، أو موت أحد الأحبّاء، أو فشلًا عاطفيًّا، أو لنا ابن ضالّ، أو ليس لنا عمل، أو في نفسنا جرح لا يلتئم، أو إخفاق في مشروع، أو توقّع النّجاح بعد مئة مرّة، ثمّ يأتي الفشل... مع كلّ هذا، يا يسوع، كيف يمكن أن أصلّي؟ ماذا أعمل عندما أشعر بأنّ الحياة تسحقني، وأشعر بثقل على قلبي، وعندما أكون تحت ضغط وليس لديَّ القوّة حتّى على التّفاعل؟ أنت تجيب وتقول لي: "تَعالَوا إِلَيَّ جَميعًا أَيُّها المُرهَقونَ المُثقَلون، وأَنا أُريحُكم" (متّى 11، 28). أن آتي إليك، أنا؟ لكنّني منغلق على نفسي: أجتَرُّ أفكاري، وأعود إلى الوراء، وأبكي على نفسي، وأغرق في الشّعور بأنّي ضحيّة، وأصير زعيمًا في السّلبيّة. تعالوا إليّ: ولم تكتف بأن تقول لنا ذلك، فجئت أنت إلينا تحمل صليبنا على كتفيك، لترفع عنّا ثقله. هذا ما تريده أنت: أن نلقي عليك أتعابنا وهمومنا، لأنّك تريد أن نشعر بأنّنا أحرار وبأنّك تحبّنا. شكرًا، يا يسوع. إنّي أضمّ صليبي إلى صليبك، وأحمل إليك تعبي وكلّ شقائي، وألقي عليك كلّ ثقل في قلبي.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أنا آتي إليك، يا ربّ

بقصّتي: آتي إليك، يا ربّ

بتعبي: آتي إليك، يا ربّ

بمحدوديّتي وضعفي: آتي إليك، يا ربّ

بمخاوفي: آتي إليك، يا ربّ

وأعود وأضع كلّ ثقتي في محبّتك: آتي إليك، يا ربّ

المرحلة الثّالثة

يسوع يَقَعُ تحتَ الصَّليب للمرَّة الأولى

الحَقَّ الحَقَّ أَقولُ لَكم: إنَّ حَبَّةَ الحِنطَةِ الَّتي تَقَعُ في الأَرض إِن لَم تَمُتْ تَبقَ وَحدَها. وإذا ماتَت، أَخرَجَت ثَمَرًا كثيرًا (يوحنّا 12، 24).

وقعتَ، يا يسوع. فِيمَ تفكِّر، وكيف تصلّي ووجهك في التّراب؟ وقبل كلّ شيء، من أين لك القوّة لتقوم من جديد؟ وجهك على الأرض ولم تعد ترى السّماء، أتخيّلك تكرّر في نفسك: أبي الذي في السّماوات. نظرة الآب الحبيبة التي استقرّت عليك هي قوّتك. وأتخيّلك أيضًا وأنت تقبّل الأرض القاحلة والباردة، أنك تفكّر في الإنسان المجبول من التّراب، وتفكّر فينا، نحن، في صميم قلبك، وتكرّر لنا وصيّتك: "هذا هو جَسَدي يُبذَلُ مِن أَجلِكُم" (لوقا 22، 19). محبّة الآب لك ومحبّتك لنا: المحبّة، هذه هي القوّة التي تجعلك تقوم وتستمرّ في المسير. لأنّ الذي يحبّ لا يبقى على الأرض، بل يبدأ من جديد. الذي يحبّ لا يتعب بل يركض. الذي يحبّ، يحلِّق ويطير. يا يسوع، أطلب منك دائمًا أشياء كثيرة، لكنّي أحتاج إلى شيء واحد فقط: أن أعرف أن أحبّ. سأقع في الحياة، وبالحبّ سيمكّنني أن أقوم وأستمرّ في المسير، كما فعلت أنت، الخبير في الوقوع. حياتك كانت وقوعًا مستمرًّا نحونا: كنت إلهًا فصرت إنسانًا، وإنسانًا فصرت عبدًا، وعبدًا فصرت مصلوبًا، حتّى القبر. لقد وقعت على الأرض مثل بذرة لتموت، وقعْتَ لترفعنا من الأرض وتحملنا إلى السّماء. أنت الذي تقيمنا من التّراب، وتعيد إلينا الرّجاء، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

عندما يسود الفشل: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

عندما تقع علّي أحكام الآخرين: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

عندما تتعثّر الأمور وأفقد الصّبر: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

عندما أشعر أنّي فقدت كلّ مقدرة: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

عندما تضغط عليَّ الفكرة أنّ لا شيء يتغيّر: يا يسوع، أعطني القوّة لكي أحبّ وأبدأ من جديد

المرحلة الرابعة

يسوع يَلتقي أُمَّهُ الحَزينَة

رأَى يسوعُ أُمَّه وإِلى جانِبِها التِّلميذُ الحَبيبُ إِلَيه. فقالَ [...] لِلتِّلميذ: «هذه أُمُّكَ». ومُنذُ تِلكَ السَّاعَةِ استَقبَلَها التِّلميذُ في بَيتِه (يوحنّا 19، 26-27).

يا يسوع، لقد تركك تلاميذك، وخانك يهوذا، وأنكرك بطرس: لقد بقيت وحدك مع الصّليب. ولكن هذه أُمُّكَ. لا حاجة إلى الكلام، عينَاها تكفيان، تنظران الألم في وجهك، وتحمله. يا يسوع، في نظرة مريم المليئة بالدّموع والنّور، تجد ذكرى الحنان والملاطفة والذراعَين المحبَّين اللذين عانقاك وأسنداك دائمًا. النّظرة الوالديّة هي نظرة الذّاكرة التي تثبِّتُنا في الصّلاح. لا يمكننا الاستغناء عن أمّ تَلِدُنا في العالم، ولا حتّى عن أمّ توقفنا على رجلينا من جديد في العالم. أنت تعرف ذلك ومن على الصّليب تعطينا أمّك. قلت للتّلميذ: هذه أُمُّكَ، ولكلّ واحد منّا. وبعد الإفخارستيّا، أعطيتنا مريم، العطيّة النّهائيّة قبل أن تموت. يا يسوع، ذكرى محبّتك لها كانت عزاء لك في طريقك. وطريقي أيضًا يجب أن يرتكز على ذكرى الصّلاح. لكنّني أرى أنّ ذاكرتي في الصّلاة ضعيفة: فهي سريعة، ومتسرِّعة، هي قائمة احتياجات اليوم وغدًا. يا مريم، أوقفي سباقي وسرعتي، وساعديني لأتذكّر: فأحافظ على النّعمة، وأتذكّر مغفرة الله وعجائبه، وأستعيد الحبّ الأوّل، وأتذوّق من جديد عجائب العناية الإلهيّة، وأبكي بكاء الشّاكرين.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

عندما تَظهَر فيَّ جروح الماضي من جديد: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

عندما أفقد معنى الأشياء وغايتها: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

عندما لا أعود أرى العطايا التي قبِلْتُها: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

عندما أنسى أنّي أنا نفسي عطيّة من الله: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

عندما أنسى أن أشكرك: أيّها الرّبّ يسوع، أحْيِ فيَّ ذكرى حبِّكَ

المرحلة الخامسة

سمعان القَيروانيّ يُعين يسوع على حَملِ الصَّليب

وبَينما هم [الجنود] ذاهبونَ بِه، أَمسكوا سِمعان، وهو رَجُلٌ قِيرينيٌّ كانَ آتِيًا مِنَ الرِّيف، فجَعَلوا علَيهِ الصَّليبَ لِيَحمِلَه خَلْفَ يَسوع (لوقا 23، 26).

يا يسوع، كم مرّة، أمام تحدّيات الحياة، ندَّعي أنّنا نقدر أن نواجهها وحدنا! قد يصعب علينا أحيانًا أن نطلب يد المساعدة، خوفًا من إعطاء الانطباع بأنّنا لسنا على المستوى المطلوب، فنحن دائمًا حريصون على الظّهور والتّباهي! ليس من السّهل أن نثق، ولا أن نتّكل على الآخرين. لكن الذي يصلّي يعرف أنّه محتاج، وأنت، يا يسوع، تعَوّدت أن تضع ثقتك في الصّلاة. لذلك لم تَستَهِنْ بمساعدة سمعان القَيروانيّ. بل أظهرت ضعفك أمامه، هو الرّجل البسيط، والمزارع العائد من العمل في الحقول. شكرًا، لأنّك بقبول المساعدة منه، ألغيت صورة الإله البعيد والذي لا يتألّم. أنت لست صاحب السّلطان الذي لا يمكن الانتصار عليه، لكن لا يمكن أن يتفوّق عليك أحد بالحبّ، وتعلّمنا أنّ المحبّة هي مساعدة الآخرين في ضعفهم، حيث يخجلون أن يُظهِروا ضعفهم. إذّاك يتحوّل الضّعف إلى فرصة للمساعدة. هذا ما حدث لسمعان القَيروانيّ: ضعفك غيّر حياته، وسيدرك يومًا أنّه ساعد مخلّصه، وأنّه تمَّ فداؤه بهذا الصّليب الذي حمله. لكي تتغيّر حياتي أيضًا، أصّلي إليك، يا يسوع: ساعدني لأُزيل كلّ ما أحتمي به وأختبئ خلفه، حتّى أسمح لك بأن تحبّني في مواطن ضعفي التي أخجل من إظهارها.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: اشفني، يا يسوع!

مِن كلّ غرور واكتفاء ذاتيّ: اشفني، يا يسوع!

من التّفكير في أنّني أستطيع أن أفعل كلّ شيء بدونك وبدون الآخرين: اشفني، يا يسوع!

من وَلَعِ مظاهر الكمال: اشفني، يا يسوع!

من الامتناع عن تسليم بؤسي إليك: اشفني، يا يسوع!

من الذّهاب سريعًا بدل التّمهّل للنّظر في حاجة المحتاجين الذين ألتقي بهم في الطّريق: اشفني، يا يسوع!

المرحلة السّادسة

فيرونيكا تمسح وجه يسوع بالمنديل

تَبارَكَ اللهُ [...] أَبو الرَّأفَةِ وإِلهُ كُلِّ عَزاء، فهو الَّذي يُعَزِّينا في جَميعِ شَدائِدِنا لِنَستَطيعَ [...] أَن نُعَزِّيَ الَّذينَ هُم في أَيَّةِ شِدَّةٍ كانَت. فكَما تَفيضُ علَينا آلامُ المسيح، فكَذلِكَ بِالمسيحِ يَفيضُ عَزاؤنا أَيضًا. (2 قورنتس 1، 3-5).

يا يسوع، رأى كثيرون المشهد الهمجيّ لتنفيذ حكم الإعدام فيك، ومن دون أن يعرفوك ومن دون أن يعرفوا الحقيقة، كانوا يُصدرون الأحكام والإدانات، وينظرون إليك بالتّحقير والازدراء. يحدث هذا اليوم أيضًا، يا ربّ، ولا حاجة حتّى إلى موكب الموت ليتمّ ذلك: تكفي اليوم لوحة المفاتيح للإهانة وإصدار الأحكام. وفي وسط الصّراخ والأحكام، شقّت امرأة طريقها وسط الجموع. لم تتكلّم، بل عملت. ولم تهاجم، بل أشفقت. سارت عكس التّيّار: وحدها، وبشجاعة الرّحمة، غامرت لأنّها أحبّت، ووجدت طريقها بين الجنود لتضع على وجهك لمسة الحنان. وقد سجَّل التّاريخ عملها، وهو عمل عزاء. كم مرّة أطلب منك التّعزية، يا يسوع! وفيرونيكا تذكّرني بأنّك أنت أيضًا بحاجة إلى التّعزية: أنت، الإله القريب، تطلب قربي منك. أنت الإله المعزّي، تطلب منّي التّعزية. أيّها الحبّ غير المحبوب، إنّك تبحث اليوم أيضًا بين الجموع عن قلوب حسّاسة لآلامك ووجعك. أنت تبحث عن العُبَّاد الحقيقيّين بالرّوح والحقّ (راجع يوحنّا 4، 23) الذين يبقون معك (راجع يوحنّا 15)، أيّها الحبّ المتروك. يا يسوع، أضرم فيَّ الرّغبة لأن أقف معك، وأن أعبدك وأعزِّيك. واجعلني أكون باسمك عزاءً للآخرين.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

يا إله الرّحمة، بالقرب منك يجد القلب الجريح تعزيته: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

يا إله الحنان الذي تتأثّر لمشاعرنا: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

يا إله الرّحمة الذي تكره عدم الاهتمام: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

أنت، الذي تحزن عندما أتّهم غيري: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

أنت، الذي لم تأتِ لتدين بل لتخلِّص: اجعلني شاهدًا لتعزيتك

المرحلة السّابعة

يسوع يسقُط تحتَ الصَّليب للمرَّة الثّانية

رَجَعَ [الابنُ الأصغر] إِلى نَفسِه وقال: أَقومُ وأَمضي إِلى أَبي فأَقولُ لَه: يا أَبَتِ إِنِّي خَطِئتُ [...]. فقامَ ومَضى إِلى أَبيه. وكانَ لم يَزَلْ بَعيدًا إِذ رآه أَبوه، فتَحَرَّكَت أَحْشاؤُه وأَسرَعَ فأَلْقى بِنَفسِه على عُنُقِه وقَبَّلَه طَويلًا. فقالَ لَه الِابْن: يا أَبَتِ، إِنِّي خَطِئتُ [...]، ولَستُ أَهْلًا بَعدَ ذلِكَ لأَن أُدْعى لَكَ ابنًا. فقالَ الأَبُ [...]: ابنِي هذا كانَ مَيِّتًا فعاش، وكانَ ضالًّا فوُجِد (لوقا 15، 17-18. 20-22. 24).

يا يسوع، الصّليب ثقيل: يحمل ثقل الهزيمة والفشل والذّلّ. أفهم ذلك عندما أشعر بالأشياء تسحقني، والحياة تطاردني، والنّاس لا يفهمونني. وعندما أشعر بثقل المسؤوليّة والعمل الزّائد والمثير للأعصاب، وعندما أقع في قبضة القلق، وتهاجمني الكآبة، بينما تتردّد في ذهني فكرة خانقة: لن تخرج هذه المرّة، ولن تقوم من جديد. وهناك ما هو أسوأ. أُدرك أنّني وصلت إلى الحضيض عندما أقع من جديد: عندما أقع من جديد في أخطائي، وخطاياي، وعندما أتشكّك من الآخرين، ثمّ أُدرك أنّني لست مختلفًا عنهم. ليس هناك ما هو أسوأ من أن نشعر بالفشل في أنفسنا، وأن نرزح بسبب الشّعور بالذّنب. وأنت، يا يسوع، وقعت عدّة مرّات تحت ثقل الصّليب لتكون قريبًا منّي عندما أقع. معك الرّجاء لا ينتهي أبدًا، وبعد كلّ وقعة أقوم من جديد، لأنّني عندما أَخطَأ أنت لا تتعب منّي، بل تقترب منّي. شكرًا، لأنّك تنتظرني. شكرًا لأنّي عندما أقع مرّات عديدة تغفر لي مرّات لا تُحصى: تغفر لي دائمًا. تذكّرني أنّ الوقعات يمكن أن تصير لحظات حاسمة على الطّريق، لأنّها تقودني إلى أن أفهم الشّيء الوحيد الذي يهمّ: أنّني بحاجة إليك. يا يسوع، انقش في قلبي هذا الشّيء الأكيد الأهمّ: أنّني لن أقوم حقًّا إلّا عندما تقيمني أنت، وعندما تحرّرني من الخطايا. لأنّ الحياة لا تبدأ من جديد من كلامي، بل من مغفرتك.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أقِمْني، يا يسوع!

عندما أُصاب بالشّلّل بسبب عدم الثّقة، وأشعر بالحزن واليأس: أقِمْني، يا يسوع!

عندما أرى عدم كفاءتي وأشعر بأنّه لا فائدة منّي: أقِمْني، يا يسوع!

عندما يسود عليَّ الخجل والخوف أنّي صرت لا أقدر أن أعمل شيئًا: أقِمْني، يا يسوع!

عندما أميل إلى أن أفقد الرّجاء: أقِمْني، يا يسوع!

عندما أنسى أنّ قوتي تكمن في مغفرتك: أقِمْني، يا يسوع!

المرحلة الثّامنة

يسوع يلتقي نساء أورشليم

وتَبِعَه جَمعٌ كثيرٌ مِنَ الشَّعب، ومِن نِساءٍ كُنَّ يَضرِبنَ الصُّدورَ ويَنُحنَ علَيه (لوقا 23، 27).

يا يسوع، مَن يتبعك حتّى النّهاية على درب الصّليب؟ ليس الأقوياء هم الذين ينتظرونك على الجلجلة، ولا المتفرّجون الواقفون بعيدًا، بل النّاس البسطاء، الكبار في عينيك والصّغار في عيون العالم. إنهنّ النّساء اللواتي أعطيتهنّ الرّجاء: ليس لهنّ صوت، لكنهنّ موجودات. ساعدنا لنعترف بكرامة النّساء، هُنَّ الأمينات والقريبات منك في يوم الفصح، وهُنَّ اليوم مُبعدات، ويعانَين من الإهانة والعنف. يا يسوع، النّساء اللواتي التقيت بهنَّ كُنَّ يَضرِبنَ صدورهنَّ ويَبكِينَ عليك. لم يَبْكِينَ على أنفسهِنَّ، بل يَبْكِينَ عليك، ويَبْكِينَ على شرّ العالم وخطيئته. صلاتهنَّ كانت دموعًا وصلت إلى قلبك. وهل صلاتي تعرف أن تبكي؟ هل أتأثّر أمامك، أنت المصلوب من أجلي، وأمام حبّك الوديع والمجروح؟ هل أبكي على أكاذيبي وتقلّباتي؟ وأمام مآسي العالم، هل يتجمّد قلبي أم يذوب؟ كيف أتصرّف أمام جنون الحرب، وأمام وجوه الأطفال الذين لم يعودوا يعرفون أن يبتسموا، والأمّهات اللواتي يرونهم يعانون من سوء التّغذية والجوع ولم تعد لديهنّ دموع تذرفها؟ أنت، يا يسوع، بكيت على أورشليم، وبكيت على قساوة قلوبنا. حرّكني من داخلي، وأعطني نعمة البكاء عندما أصلّي، ونعمة الصّلاة عندما أبكي.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

أنت الذي تعرف أسرار القلب: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

أنت الذي تحزن من قساوة النّفوس: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

أنت الذي تحبّ القلوب المتواضعة والتّائبة: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

أنت الذي جفّفت دموع بطرس بالمغفرة: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

أنت الذي تحوّل البكاء إلى نشيد: يا يسوع، لَيِّنْ قلبي القاسي

المرحلة التّاسعة

يسوع يُعَرَّى مِن ثيابه

«يا رَبّ، متى رَأَيناكَ جائعًا فأَطعَمْناك أَو عَطشانَ فسَقيناك؟ ومتى رأَيناكَ غَريبًا فآويناك أَو عُريانًا فكَسَوناك؟ ومتى رَأَيناكَ مَريضًا أَو سَجينًا فجِئنا إِلَيكَ؟» فيُجيبُهُمُ [...]: «الحقَّ أَقولُ لَكم: كُلَّما صَنعتُم شَيئًا مِن ذلك لِواحِدٍ مِن إِخوَتي هؤُلاءِ الصِّغار، فلي قد صَنَعتُموه» (متّى 25، 37-40).

يا يسوع، هذه كلمات قلتها قبل آلامك. الآن أفهم إصرارك على مساواة نفسك بالمحتاجين: لقد كنت سجينًا، وغريبًا، قادوك خارج المدينة ليصلبوك. أنت عريان، معرَّى من ثيابك، أنت مريض وجريح، وأنت العطشان على الصّليب والجائع للمحبّة. أعطني أن أراك في المتألِّمين وأرى المتألِّمين فيك، لأنّك أنت هناك، في الذين جُرِّدوا من كرامتهم، وفي المسحاء الذين أذلَّهم الاستبداد والظّلم، والمكاسب الآثمة من عذاب الآخرين، في اللامبالاة العامّة. أنظر إليك، يا يسوع، معرًّى من ثيابك، وأفهم أنّك تدعوني إلى أن أعرّي نفسي من مظاهر خارجيّة كثيرة. لأنّك أنت لا تنظر إلى المظاهر، بل إلى القلب. ولا تريد صلاة عقيمة، بل صلاة مثمرة بالمحبّة. أيّها الإله المعرَّى، عرّيني أنا أيضًا. لأنّه من السّهل أن أتكلّم، لكن هل أحبّك حقًّا في الفقراء، الذين هم جسدك الجريح؟ وهل أصلّي من أجل الذين جُرِّدوا من كرامتهم؟ أم أصلّي فقط لأستر حاجاتي وأستر نفسي بما يحميها؟ يا يسوع، حقيقتك تعرّيني وتقودني إلى التّركيز على ما يهمّ: أنت المصلوب وإخوتي هم المصلوبون. أعطني أن أفهم ذلك الآن، حتّى لا تجدني مجرَّدًا من الحبّ عندما أمثل أمامك.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

من التّعلّق بالمظاهر: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

من اللامبالاة المدرَّعة: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

من الإيمان بأنّ مساعدة الآخرين لا يَمَسُّني: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

من عبادة هي بعض الإحسان والمظاهر الخارجيّة: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

من القناعة بأنّ كلّ شيء على ما يرام متى كان كلّ شيء لي على ما يرام: جرِّدني، أيّها الرّبّ يَسُوع!

المرحلة العاشرة

يسوع يُسَمَّر على الصَّليب

ولمَّا وَصَلوا إِلى المَكانِ المَعروفِ بالجُمجُمة، صَلَبوهُ فيهِ والمُجرِمَيْن، أَحَدُهما عنِ اليَمينِ والآخَرُ عَنِ الشِّمال. فقالَ يسوع: «يا أَبَتِ اغفِرْ لَهم، لأَنَّهُم لا يَعلَمونَ ما يَفعَلون» (لوقا 23، 33-34).

يا يسوع، المسامير تثقب يديك وقدميك، وتمزِّق جسدك، والآن، في أشدِّ الألم الجسديّ، تتدفّق الصّلاة المستحيلة من شفتَيك: تغفر للذين يضعون المسامير في معصمَيك. ولا تغفر مرّة واحدة فقط، بل مرّات عديدة، كما يذكر الإنجيل، بهذا الفعل الذي يشير إلى تكرار العمل: قلت: "يا أَبَتِ اغفِرْ". معك يا يسوع، يمكنني أيضًا أن أجد الشّجاعة لأختار المغفرة التي تحرّر القلب وتعيد إطلاق الحياة. يا ربّ، ولا تكتفي بأن تغفر لنا، بل تبرّرنا أيضًا أمام الآب: فهم لا يَعلَمونَ ما يَفعَلون. توَلَّ الدّفاع عنّا، وكن محامينا، وتشفّع بنا. الآن بعد أن سُمِّرت يداك، اللتان بارَكت بهما وشفَيت، وقدمَاك، اللتان حملت بهما البشرى السّارّة، ولم تعودا الآن قادرتين على السّير، الآن، في عدم القدرة والضّعف، تكشف لنا قدرة الصّلاة المطلقة. على قمّة الجلجلة تكشف لنا قمّة الصّلاة التي تشفع والتي تخلّص العالم. يا يسوع، أعطني أن أصلّي ليس فقط من أجلي ومن أجل أحبائي، بل من أجل الذين لا يحبّونني ويسيئون إليَّ، وأن أصلّي حسب رغبة قلبك من أجل البعيدين عنك، ولكي أكفِّر وأتشفَّع بجميع الذين لا يعرفونك ولا يعرفون فرح حبّك، وغفرانك.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

بحقِّ آلام يسوع: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

بحقِّ قدرة جراحاته: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

بحقِّ مغفرته على الصّليب: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

من أجل الذين يغفرون حبًّا لك: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

بشفاعة جميع الذين يؤمنون، ويسجدون، ويرجون، ويحبّونك: أيّها الآب، ارحمنا وارحم العالم أجمع

المرحلة الحادية عشرة

يسوع يصرخ لأنّ الله تركه

وخَيَّمَ الظَّلامُ على الأَرضِ كُلِّها مِنَ الظُّهْرِ إِلى السَّاعَةِ الثَّالِثَة، ونحوَ السَّاعَةِ الثَّالِثة صَرَخَ يسوعُ صَرخَةً شديدةً قال: «إِيلي إِيلي لَمَّا شَبَقْتاني؟» أَي: «إِلهي، إِلهي، لِماذا تَرَكْتني؟» (متّى 27، 45-46).

يا يسوع، هذه هي الصّلاة التي لم يُسمَعْ بها حتّى الآن: تصرخ إلى الآب الذي تركك. أنت إله السّماء، لا تعطي الإجابات الصّارخة، بل تسأل ”لماذا“؟ في قمّة الآلام، شعرت بالبعد عن الآب ولم تعد تسمّيه أبًا، كما كان الحال دائمًا، بل الله، كما لو أنّك لم تعد قادرًا على التّعرِّف على وجهه. لماذا هذا؟ حتّى تنحدر إلى أعماق هاوية آلامنا. لقد فعلت ذلك من أجلي، حتّى إذا ما رأيتُ الظّلام محيطًا بي، وإذا انهار من حولي كلّ ما كنت أتكلّ عليه، وغرقت سفينة حياتي، لا أشعر بالوِحدة بعد الآن، بل أثق أنّك معي: أنت، إله الشّركة والوَحدة الذي اختبرت الخذلان، حتّى لا تتركني رهينة للعزلة. عندما صرخت ”لماذا“، فعلت ذلك بكلمات المزمور: وهكذا جعلت صلاتك صلاة في أقصى درجات اليأس. هذا ما يجب علينا أن نعمله في عواصف الحياة: بدلًا من الصّمت وحبس كلّ شيء في داخلنا، نصرخ أمامك ونقول: المجد لك أيّها الرّبّ يسوع، لأنّك لم تهرب من ضياعي، بل سكنت فيه حتّى الأعماق. التّسبيح والمجد لك، يا من حملت ثقل كلّ المسافات، وجعلت نفسك قريبًا من أبعد النّاس عنك. وأنا، في ظلمة أسئلتي ”لماذا“، أجدك يا ​​يسوع، نورًا في الليل. وفي صراخ الكثيرين الوحيدين والمُبعَدين والمظلومين والمتروكين، أراك أنت، يا إلهي: فاجعلني أعرفك وأحبّك.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

في الأطفال الذين لم يولدوا بعد وفي الأطفال المتروكين: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

في الشّباب الكثيرين، الذين ينتظرون من يسمع صرخة ألمهم: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

في الكبار الكثيرين والمتروكين: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

في السّجناء وفي الذين هم وحدهم: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

في الشّعوب المستغَلّة والمنسيّة: يا يسوع، اجعلني أعرفك وأحبّك

المرحلة الثّانية عشرة

يسوع يموت على الصّليب ويُسَلِّم نفسه للآب ويُعطِي الفِردَوس للصّ اليمين

قالَ [أَحَدُ المُجرِمَينِ المُعَلَّقَينِ على الصَّليبِ]: «أُذكُرْني يا يسوع إِذا ما جئتَ في مَلَكوتِكَ». فقالَ لَه: «الحَقَّ أَقولُ لَكَ: ستَكونُ اليَومَ مَعي في الفِردَوس». [...] فصاحَ يسوعُ بِأَعلى صَوتِه قال: «يا أَبَتِ، في يَدَيكَ أَجعَلُ رُوحي!» قالَ هذا ولَفَظَ الرُّوح (لوقا 23، 42-43. 46).

يا يسوع، أَحَدُ المُجرِمَينِ في الفِردَوس! أسلَم نفسه إليك، وأنت تسلِّم نفسك وتسلِّمه معك إلى الآب. أنت إله المستحيل، تجعل من اللصّ قدّيسًا. وليس ذلك فحسب: فإنّك تغيّر مجرى التّاريخ على الجلجلة. وتجعل الصّليب، علامة العذاب، أيقونة الحبّ، وجدار الموت صار جسرًا إلى الحياة. وحوّلت الظّلام إلى نور، والانفصال إلى شركة ووَحدة، والألم إلى رقص، وحتّى القبر، المحطّة الأخيرة في الحياة، حوّلته إلى نقطة انطلاق للرّجاء. لكنّك تقوم بهذه الانقلابات معنا، وليس بدوننا أبدًا. يا يسوع، أُذكُرْني: هذه الصّلاة الصّادقة سمحت لك أن تصنع العجائب في حياة ذلك المجرم. قدرة للصّلاة لم يُسمع بها من قبل. أعتقد أحيانًا أنّ صلاتي لا تُسمع، ولكن الشّيء الأساسيّ هو أن أثابر، وأثبت، وأتذكّر أن أقول لك: "أُذكُرْني يا يسوع". أُذكُرْني وشرّي لن يكون هو الهادي في حياتي، بل بداية من جديد. اذكرني: ضعني في قلبك من جديد، حتّى عندما أبتعد عنك، وعندما أضيع في عجلة الحياة التي تدور بجنون. أُذكُرْني يا يسوع، لأنّك إن ذكرتني – كما يبيِّن ذلك لصّ اليمين – هذا يعني أن أدخل السّماء. وقبل كلّ شيء، ذكِّرني يا يسوع أنّ صلاتي يمكن أن تغيّر التّاريخ.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أُذكُرْني يا يسوع

عندما يغيب الرّجاء وتسيطر عليَّ خيبة الأمل: أُذكُرْني يا يسوع

عندما لا أستطيع أن أتّخذ قرارًا: أُذكُرْني يا يسوع

عندما أفقد الثّقة بنفسي وبالآخرين: أُذكُرْني يا يسوع

عندما لا أعود أرى عظمة حبّك: أُذكُرْني يا يسوع

عندما أعتقد أنّ صلاتي لا فائدة منها: أُذكُرْني يا يسوع

المرحلة الثّالثة عشرة

يسوع يُنزَل عَن الصَّليب ويُوضَع بين ذراعَي مريم

قالَ سِمعان [...] لِمَريَمَ أُمِّه: «ها إِنَّه جُعِلَ لِسقُوطِ كَثيرٍ مِنَ النَّاس وقِيامِ كَثيرٍ مِنهُم في إِسرائيل وآيَةً مُعَرَّضةً لِلرَّفْض. وأَنتِ سيَنفُذُ سَيفٌ في نَفْسِكِ» (لوقا 2، 33-35).

يا مريم، بعد جوابك ”نعم“، الكلمة صار جسدًا في أحشائك. والآن يرقد في حضنك جسده المعذّب: ذلك الطّفل الذي حمَلْتِهِ بين ذراعَيك هو جثّة مشوّهة. ولكن الآن، في أشدّ اللحظات ألَمًا، تتألَّق تقدمتك: سيف ينفذ في نفسك، وصلاتك ظلّت ”نعم“ لله. يا مريم، نحن فقراء في قول ”نعم“، وأغنياء في قول ”لو“: لو كان لديّ والدَان أفضل، ولو فهمني النّاس وأحبّوني أكثر، ولو لاقيت توفيقًا أكثر في مسيرتي المهنيّة، لو لم تطرأ تلك المشكلة، ولو لم أتألّم، على الأقلّ، بهذا القدر، ولو أصغى الله إليّ... إنّا نسأل أنفسنا دائمًا عن سبب الأشياء، ونتعب في عيش الحاضر بحبّ. تقول لله دائمًا مرّات كثيرة ”لو“، ومع ذلك، قل له ”نعم“. كُنْ قويًّا في الإيمان، وثِقْ بأنّ الألم الذي تجتازه المحبّة يأتي بثمار خلاصيّة، وبأنّ الألم مع الله ليس له الكلمة الأخيرة. بينما كنت تحملين يسوع الميِّت بين ذراعَيْكِ، فإنّ الكلمات الأخيرة التي قالها لك يتردّد صداها فيك: هذا ابنك. يا أمّي، أنا هذا الابن! اقبليني بين ذراعَيك وانحني على جراحي. ساعديني لأقول ”نعم“ لله، ”نعم“ للحبّ. يا أمّ الرّحمة، نحن نعيش في زمن لا يرحم ونحتاج إلى الرّحمة: أنتِ، الحنونة والقوّيّة، امسحينا بوداعتك: وأزيلي مقاومات القلب وعُقد النّفس.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: أمسكي بيدي، يا مريم

عندما أستسلم للتشكِّي وأشعر بأنّي ضحيّة: أمسكي بيدي، يا مريم

عندما أتوقّف عن الجهاد وأقبل أن أعيش مع أكاذيبي: أمسكي بيدي، يا مريم

عندما أؤجِّل ولا أجد الشّجاعة لأقول ”نعم“ لله: أمسكي بيدي، يا مريم

عندما أكون متساهلًا مع نفسي ومتشدِّدًا مع غيري: أمسكي بيدي، يا مريم

عندما أريد أن تتغيّر الكنيسة والعالم، لكنّي لا أتغيّر: أمسكي بيدي، يا مريم

المرحلة الرابعة عشرة

يسوع يُدفَن في قبر يوسُف الرّامي

وجاءَ عندَ المَساءِ رَجلٌ غَنِيٌّ مِنَ الرَّامةِ اسمُه يوسُف، وكانَ هُوَ أَيضًا قد تَتَلمَذَ لِيَسوع. فذَهبَ إِلى بيلاطُسَ وطَلَبَ جُثمانَ يسوع. [...] فأَخذَ يوسُفُ الجُثْمانَ ولَفَّه في كَتَّانٍ خالِص، ووضَعَه في قَبرٍ لَه جديد كانَ قد حفَرَه في الصَّخْر (متّى 27، 57-60).

يوسف: الاسم الذي كان مع مريم في فجر الميلاد، كان أيضًا في فجر الفصح. رأى يوسف النّاصريّ حُلمًا، فأخذ يسوع بشجاعة ليخلّصه من هيرودس. وأنتَ، يا يوسف الرّامي، أخذت جسده، دون أن تعلَم أنّ حُلمًا مستحيلًا وعجيبًا سيتحقّق هنا، في القبر الذي قدّمته للمسيح، عندما ظننت أنّه لم يعد قادرًا على فعل أيّ شيء من أجلك. لكن صحيح أيضًا أنّ كلّ عطيّة لله تجد مكافأة أكبر. يوسف الرّامي، أنت نبيّ الشّجاعة الجريء. أعطيت عطيّتك لميِّت، وسألت بيلاطس المرهوب أن يسمح لك بأن تعطي يسوع القبر الذي بنيته لك. صلاتك ثابتة وكلامك تبعه العمل. يا يوسف، ذكِّرنا أنّ الصلاة الملِحّة تأتي ثمَرَها، وتجتاز ظلمة الموت، وأنّ الحبّ لا يبقى بلا جواب، بل يعطي بدايات جديدة. قبرك، الفريد من نوعه في التّاريخ، والذي سيكون ينبوع حياة، كان جديدًا، محفورًا حديثًا في الصّخر. وأنا، أيُّ جديدٍ أعطي يسوع في هذا الفصح؟ بعض الوقت أبقى فيه معه؟ أو بعض الحبّ للآخرين؟ أو مخاوفي ومظاهر بؤسي المدفونة التي ينتظرها المسيح، أقدّمها له كما قدّمت أنت القبر؟ سيكون الفصح حقًّا إن أعطيت شيئًا يخصّني لمن بذل حياته من أجلي: لأنّ الذي يعطي ينال، ولأنّنا نجد الحياة عندما نفقدها، ونمتلكها عندما نعطيها.

لِنُصَلِّ ولْنَقُلْ: يا ربّ، ارحم

ارحمني أنا الكسول في تحرّكي للتوبة: يا ربّ، ارحم

ارحمني أنا الذي أحبّ كثيرًا أن آخذ، وأعطي قليلًا: يا ربّ، ارحم

ارحمني أنا غير القادر على الاستسلام لحبِّك: يا ربّ، ارحم

ارحمنا نحن المستعدّين لأن نستخدم الأشياء، لكنّنا بطيئون في خدمة الآخرين: يا ربّ، ارحم

ارحم عالمنا الذي أفسده قبر الأنانيّة: يا ربّ، ارحم

صلاة ختاميّة (اسم يسوع، أربعة عشر مرّة)

يا رب، نصلّي إليك مثل المحتاجين والضّعفاء والمرضى في الإنجيل، الذين ابتهلوا إليك بأبسط كلمة وأكثرها أُلفَةً: نادوك باسمك.

يا يسوع، اسمك يخلِّص، لأنّك أنت خلاصنا.

يا يسوع، أنت حياتي ولكيلا أضلّ طريقي في المسيرة أحتاج إليك، أنت الذي تغفر لي وتقيمني، وتشفي قلبي وتعطي معنى لألمي.

يا يسوع، لقد حملت شرّي، ومن على الصّليب لم تتّهمني، بل عانقتني. أنتَ، الوديع والمتواضع القلب، اشفني من الكراهية والاستياء، وحرّرني من الشّكّ وعدم الثّقة.

يا يسوع، أَنظر إليك على الصّليب وأرى حبّك ينفتح أمام عينَيّ، ويظهر معنى حياتي وهدف مسيرتي: ساعدني لأحبّ وأغفر، ولأتغلّب على عدم التّسامح واللامبالاة، والتّشكّي.

يا يسوع، على الصّليب كنت عطشان، وهو عطش لحبّي وصلاتي. أنت في حاجة إليهما لإكمال مشاريعك، مشاريع الخير والسّلام.

يا يسوع، أشكرك على الذين استجابوا لدعوتك وثابروا في الصّلاة، ولهم الشّجاعة في الإيمان، والثّبات في التّقدّم بالرّغم من الصّعوبات.

يا يسوع، أقدّم لك رعاة شعبك المقدّس: صلاتهم تسند القطيع. أعطهم أن يجدوا الوقت ليقفوا أمامك، وليجعلوا قلبهم مثل قلبك.

يا يسوع، أشكرك من أجل الرّهبان والرّاهبات الذين يعيشون حياة التّأمّل، فإنّ صلاتهم، المخفيّة عن العالم والتي ترضيك، تحفظ الكنيسة والإنسانيّة.

يا يسوع، أحمل أمامك العائلات والأشخاص الذين صلّوا من بيوتهم هذا المساء، والكبار المتقدّمين بالسّن، وخاصّة الوحيدين، والمرضى، إنّهم لآلئ في الكنيسة يضمّون آلامهم إلى آلامك.

يا يسوع، لتصِلْ صلاة الشّفاعة هذه إلى الأخوات والإخوة الذين يتألّمون من الاضطهاد في أنحاء كثيرة من العالم بسبب اسمك، وإلى الذين يعانون من مأساة الحرب والذين يستمدّون القوّة منك، وهم يحملون صلبانًا ثقيلة.

يا يسوع، بصليبك جعلتنا جميعًا واحدًا: اجمع المؤمنين معًا في شركة ووَحدة، وأفِض مشاعر الأخُوّة والصّبر، وساعدنا لنتعاون ونسير معًا، ونحافظ على الكنيسة والعالم في سلام.

يا يسوع، الدّيان القدّوس الذي ستدعوني باسمي، حرّرني من الأحكام المتهوّرة والقيل والقال والكلام العنيف والاعتداء على الآخرين.

يا يسوع، قبل أن تموت، قُلتَ: "تَمَّ كُلُّ شَيء". أنا، في عدم اكتمالي، لن أستطيع أن أقول ذلك، ولكنّني أثق بك، لأنّك أنت رجائي، ورجاء الكنيسة والعالم.

يا يسوع، أريد أن أقول لك كلمة أخرى، وأكرّرها دائمًا: شكرًا! شكرًا ربّي وإلهي.

[00551-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0259-XX.01]