Omelia del Santo Padre
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Alle ore 9.30 di questa mattina, III Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Basilica Vaticana in occasione della V Domenica della Parola di Dio che quest’anno ha per tema: «Rimanete nella mia Parola» (Gv 8,31).
Nel corso della Celebrazione Eucaristica il Papa ha conferito a donne e uomini laici, provenienti da diversi Paesi del mondo, i ministeri del Lettorato e del Catechista.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:
Omelia del Santo Padre
Abbiamo ascoltato che «Gesù disse loro: “Venite dietro a me” […].E subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,17-18). È grande la forza della Parola di Dio, come abbiamo sentito anche nella prima Lettura: «Fu rivolta a Giona questa parola del Signore:“Alzati, va’ a Ninive […] e annuncia loro” […]. Giona si alzò e andò […] secondo la parola del Signore» (Gn 3,1-3). Essa La Parola di Dio sprigiona la potenza dello Spirito Santo. È una forza che attira a Dio, come accaduto a quei giovani pescatori, folgorati dalle parole di Gesù; ed è una forza che invia agli altri, come per Giona, che va verso quanti sono lontani dal Signore. La Parola, dunque, attira a Dio e invia agli altri. Attira a Dio e invia agli altri: ecco il suo dinamismo. Non ci lascia chiusi in noi stessi, ma dilata il cuore, fa invertire la rotta, ribalta le abitudini, apre scenari nuovi, dischiude orizzonti impensati.
Fratelli e sorelle, la Parola di Dio desidera fare questo in ognuno di noi. Come per i primi discepoli, che accogliendo le parole di Gesù lasciano le reti e cominciano un’avventura stupenda, così anche sulle rive della nostra vita, accanto alle barche dei familiari e alle reti del lavoro, la Parola suscita la chiamata di Gesù. Egli ci chiama a prendere il largo con Lui per gli altri. Sì, la Parola suscita la missione, ci fa messaggeri e testimoni di Dio per un mondo pieno di parole, ma assetato di quella Parola che spesso ignora. La Chiesa vive di questo dinamismo: è chiamata da Cristo, attirata da Lui, ed è inviata nel mondo a testimoniarlo. Questo è il dinamismo nella Chiesa.
Non possiamo fare a meno della Parola di Dio, della sua forza mite che, come in un dialogo, tocca il cuore, s’imprime nell’anima, la rinnova con la pace di Gesù, che rende inquieti per gli altri. Se guardiamo agli amici di Dio, ai testimoni del Vangelo nella storia, ai santi, vediamo che per tutti la Parola è stata decisiva. Pensiamo al primo monaco, Sant’Antonio, che, colpito da un passo del Vangelo mentre era a Messa, lasciò tutto per il Signore; pensiamo a Sant’Agostino, la cui vita svoltò quando una parola divina gli risanò il cuore; pensiamo a Santa Teresa di Gesù Bambino, che scoprì la sua vocazione leggendo le lettere di San Paolo. E penso al santo di cui porto il nome, Francesco d’Assisi, il quale, dopo aver pregato, legge nel Vangelo che Gesù invia i discepoli a predicare ed esclama: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!» (Tommaso da Celano, Vita prima IX, 22). Sono vite cambiate dalla Parola di vita, dalla Parola del Signore.
Ma mi domando: perché per molti di noi non accade lo stesso? Tante volte ascoltiamo la Parola di Dio, entra in un orecchio ed esce dall’altro: perché? Forse perché, come ci mostrano questi testimoni, bisogna non essere “sordi” alla Parola. È il nostro rischio: travolti da mille parole, ci lasciamo scivolare addosso pure la Parola di Dio: la sentiamo, ma non la ascoltiamo; la ascoltiamo, ma non la custodiamo; la custodiamo, ma non ci lasciamo provocare per cambiare. Soprattutto, la leggiamo ma non la preghiamo, mentre «la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo» (Dei Verbum, 25). Non dimentichiamo le due dimensioni fondanti della preghiera cristiana: l’ascolto della Parola e l’adorazione del Signore. Facciamo spazio alla Parola di Gesù, alla Parola di Gesù pregata e accadrà per noi come ai primi discepoli. Ritorniamo dunque al Vangelo di oggi, che ci riporta due gesti che scaturirono dalla Parola di Gesù: «lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,18). Lasciarono e seguirono. Soffermiamoci brevemente su questo.
Lasciarono. Che cosa hanno lasciato? La barca e le reti, cioè la vita che avevano fatto fino a quel momento. Tante volte fatichiamo a lasciare le nostre sicurezze, le nostre abitudini, perché rimaniamo impigliati in esse come i pesci nella rete. Ma chi sta a contatto con la Parola guarisce dai lacci del passato, perché la Parola viva reinterpreta la vita, risana anche la memoria ferita innestando il ricordo di Dio e delle sue opere per noi. La Scrittura ci fonda nel bene, ci ricorda chi siamo: figli di Dio salvati e amati. “Le fragranti parole del Signore” (cfr S. Francesco di Assisi, Lettera ai fedeli) sono come il miele, rendono gustosa la vita: suscitano la dolcezza di Dio, nutrono l’anima, allontanano la paura, vincono la solitudine. E come fecero lasciare a quei discepoli la ripetitività di una vita fatta di barche e di reti, così in noi rinnovano la fede, purificandola e liberandola da tante scorie, riportandola alle origini, alla purezza sorgiva del Vangelo. Con il racconto delle opere di Dio per noi, la Sacra Scrittura scioglie gli ormeggi di una fede paralizzata e ci fa riassaporare la vita cristiana com’è veramente: una storia di amore con il Signore.
I discepoli, dunque, lasciarono; e poi seguirono – lasciarono e seguirono: dietro al Maestro fecero passi in avanti. Infatti la sua Parola, mentre libera dagli ingombri del passato e del presente, fa maturare nella verità e nella carità: ravviva il cuore, lo scuote, lo purifica dalle ipocrisie e lo riempie di speranza. La Bibbia stessa attesta che la Parola è concreta ed efficace: «come la pioggia e la neve» per il terreno (cfr Is 55,10-11); «come il fuoco», «come un martello che spacca la roccia» (Ger 23,29); come una spada tagliente che «discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12); come un seme incorruttibile (1 Pt 1,23) che, piccolo e nascosto, germoglia e porta frutto (cfr Mt 13). «Nella parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza, da essere […] il nutrimento dell’anima, la sorgente pura e perenne della vita spirituale» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 21).
Fratelli e sorelle, la Domenica della Parola di Dio ci aiuti a tornare con gioia alle sorgenti della fede, che nasce dall’ascolto di Gesù, Verbo del Dio vivente. Mentre si dicono e leggono in continuazione parole sulla Chiesa, ci aiuti a riscoprire la Parola di vita che risuona nella Chiesa! Altrimenti finiamo per parlare più di noi che di Lui; e tante volte al centro rimangono i nostri pensieri e i nostri problemi, anziché Cristo con la sua Parola. Ritorniamo alle sorgenti per offrire al mondo l’acqua viva che non trova; e, mentre la società e i social accentuano la violenza delle parole, noi stringiamoci alla mitezza della Parola di Dio che salva, che è mite, che non fa rumore, che entra nel cuore.
E poniamoci, infine, qualche domanda. Io, quale posto riservo alla Parola di Dio nel luogo dove abito? Lì ci saranno libri, giornali, televisori, telefoni, ma dov’è la Bibbia? Nella mia stanza, tengo il Vangelo a portata di mano? Lo leggo ogni giorno per ritrovarvi la rotta della vita? Porto nella borsa un piccolo esemplare del Vangelo per leggerlo? Tante volte ho consigliato di avere sempre il Vangelo con sé, in tasca, nella borsa, nel telefonino: se Cristo mi è caro più di ogni cosa, come posso lasciarlo a casa e non portare con me la sua Parola? E un’ultima domanda: ho letto per intero almeno uno dei quattro Vangeli? Il Vangelo è il libro della vita, è semplice e breve, eppure tanti credenti non ne hanno mai letto uno dall’inizio alla fine.
Fratelli e sorelle, Dio, dice la Scrittura, è «principio e autore della bellezza» (Sap 13,3): lasciamoci conquistare dalla bellezza che la Parola di Dio porta nella vita.
[00131-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Nous avons entendu que «Jésus leur dit: “Venez à ma suite” [...]. Aussitôt, laissant leurs filets, ils le suivirent» (Mc 1, 17-18). La force de la Parole de Dieu est grande, comme nous l’avons entendu dans la première Lecture: «La parole du Seigneur fut adressée de nouveau à Jonas: “Lève-toi, va à Ninive […], proclame le message” […]. Jonas se leva et partit […] selon la parole du Seigneur» (Jon 3, 1-3). La Parole de Dieu libère la puissance de l’Esprit Saint. Elle est une force qui attire à Dieu, comme cela arriva à ces jeunes pêcheurs, foudroyés par les paroles de Jésus. Et c’est une force qui envoie vers les autres, comme pour Jonas qui alla vers ceux qui étaient loin du Seigneur. La Parole attire à Dieu et envoie vers les autres. Elle attire à Dieu et envoie vers les autres voilà son dynamisme! Elle ne nous laisse pas enfermés en nous-mêmes, mais elle dilate le cœur, fait inverser la tendance, renverse les habitudes, ouvre des scénarios nouveaux, entrouvre des horizons insoupçonnés.
Frères et sœurs, la Parole de Dieu veut faire cela en chacun de nous. Comme pour les premiers disciples, qui en accueillant les paroles de Jésus laissèrent les filets et commencèrent une aventure merveilleuse, de même sur les rivages de notre vie, près des barques de nos familles et des réseaux du travail, la Parole suscite l’appel de Jésus. Il nous appelle à prendre le large avec Lui, pour les autres. Oui, la Parole suscite la mission, elle fait de nous des messagers et des témoins de Dieu pour un monde rempli de paroles, mais assoiffé de cette Parole qu’il ignore souvent. L’Église vit de ce dynamisme: elle est appelée par le Christ, attirée par Lui, et elle est envoyée dans le monde pour témoigner de Lui. C’est cela le dynamisme dans l’Église.
Nous ne pouvons pas nous passer de la Parole de Dieu, de sa douce force qui, comme dans un dialogue, touche le cœur, s’imprime dans l’âme, la renouvelle avec la paix de Jésus qui rend inquiets pour les autres. Si nous regardons les amis de Dieu, les témoins de l’Évangile dans l’histoire, les saints, nous voyons que, pour chacun, la Parole a été décisive. Pensons au premier moine, saint Antoine, qui, frappé par un passage de l’Évangile lorsqu’il était à la Messe, laissa tout pour le Seigneur; pensons à saint Augustin dont la vie changea quand une parole divine lui guérit le cœur; pensons à sainte Thérèse de l’Enfant Jésus qui découvrit sa vocation en lisant les lettres de saint Paul. Et je pense au saint dont je porte le nom, François d’Assise, qui, après avoir prié, lit dans l’Évangile que Jésus envoie ses disciples prêcher et s’exclama: «Cela je le veux, cela je le demande, cela je désire le faire de tout mon cœur» (Tommaso da Celano, Vita prima IX, 22). Ce sont des vies changées par la Parole de vie, par la Parole du Seigneur.
Mais je me demande: pourquoi n’arrive-t-il pas la même chose pour beaucoup d’entre nous? Très souvent nous écoutons la Parole de Dieu, elle entre d’une oreille et ressort de l’autre. Pourquoi? Peut-être parce que, comme nous le montrent ces témoins, il ne faut pas être “sourd” à la Parole. C’est notre risque: submergés par mille paroles, nous laissons la Parole de Dieu glisser sur nous. Nous l’entendons, mais nous ne l’écoutons pas; nous l’écoutons, mais nous ne la gardons pas; nous la gardons mais nous ne nous laissons pas provoquer pour changer. Surtout, nous la lisons mais nous ne la prions pas, alors que «la prière doit aller de pair avec la lecture de la Sainte Écriture, pour que s’établisse un dialogue entre Dieu et l’homme» (Dei Verbum, n. 25). N’oublions pas les deux dimensions fondatrices de la prière chrétienne: l’écoute de la Parole et l’adoration du Seigneur. Faisons place à la Parole de Jésus, à la Parole de Jésus priée et il arrivera pour nous ce qui est arrivé aux premiers disciples. Revenons donc à l’Évangile d’aujourd’hui qui nous rapporte deux gestes qui résultent de la Parole de Jésus: «Laissant leurs filets, ils le suivirent» (Mc 1, 18). Ils laissèrent et le suivirent. Arrêtons-nous brièvement sur cela.
Ils laissèrent. Qu’ont-ils laissé? La barque et les filets, c’est-à-dire la vie qu’ils avaient menée jusqu’à ce moment. Très souvent, nous peinons à laisser nos sécurités, nos habitudes, parce que nous restons pris en elles comme les poissons dans un filet. Mais celui qui est en contact avec la Parole guérit des liens du passé, parce que la Parole vivante réinterprète la vie, elle guérit aussi la mémoire blessée en y greffant le souvenir de Dieu et de ses œuvres pour nous. L’Écriture nous établit dans le bien, elle nous rappelle qui nous sommes: des enfants de Dieu sauvés et aimés. «Les paroles toutes parfumées du Seigneur» (S. François d’Assise, Lettre aux fidèles) sont comme le miel, elles rendent la vie savoureuse: elles suscitent la douceur de Dieu, elles nourrissent l’âme, elles éloignent la peur, elles sont vainqueur de la solitude. Et de même qu’elles ont fait que ces disciples abandonnent la répétitivité d’une vie faite de barques et de filets, de même elles renouvellent en nous la foi, la purifiant et la libérant de nombre de débris, la ramenant aux origines, à la pureté naissante de l’Évangile. Avec le récit des œuvres de Dieu pour nous, la Sainte Écriture défait les amarrages d’une foi paralysée et nous fait savourer à nouveau la vie chrétienne telle qu’elle est vraiment: une histoire d’amour avec le Seigneur.
Les disciples laissèrent donc; puis ils suivirent- ils laissèrent et ils suivirent : derrière le Maitre, ils firent des pas en avant. En effet, sa Parole, tout en libérant des encombrements du passé et du présent, fait mûrir dans la vérité et dans la charité: elle ravive le cœur, l’ébranle, le purifie des hypocrisies et le remplit d’espérance. La Bible elle-même atteste que la Parole est concrète et efficace “comme la pluie et la neige” pour la terre (cf. Is 55, 10-11); «comme un feu», «comme un marteau qui fracasse le roc» (Jr 23, 29); comme une épée tranchante qui «juge des intentions et des pensées du cœur» (He 4, 12); comme «une semence impérissable» (1 P 1, 23) qui, petite et cachée, germe et porte du fruit (cf. Mt 13). «La force et la puissance que recèle la Parole de Dieu sont si grandes qu’elles constituent […] la nourriture de l’âme, la source pure et permanente de la vie spirituelle» (Conc. Œcum. Vat. II, Const. Dogm. Dei Verbum, n. 21).
Frères et sœurs, que le Dimanche de la Parole de Dieu nous aide à retourner avec joie aux sources de la foi, qui naît de l’écoute de Jésus, Verbe du Dieu vivant. Alors que l’on dit et qu’on lit continuellement des paroles sur l’Église, que celles-ci nous aident à redécouvrir la Parole de vie qui résonne dans l’Église! Autrement nous finissons par parler davantage de nous que de Lui; et souvent nos pensées et nos problèmes restent au centre, au lieu du Christ avec sa Parole. Retournons aux sources pour offrir au monde l’eau vive qu’il ne trouve pas; et, tandis que la société et les réseaux sociaux accentuent la violence des paroles, resserrons-nous la douceur de la Parole de Dieu qui sauve, qui est douce, qui ne fait pas de bruit, qui entre dans le cœur.
Et posons-nous, enfin, quelques questions. Quelle place est-ce que je réserve à la Parole de Dieu là où j’habite? Il y a des livres, des journaux, des télévisions, des téléphones, mais où est la Bible? Dans ma chambre, est-ce que j’ai l’Évangile à portée de main? Est-ce que je le lis tous les jours pour y retrouver la direction de la vie? Est-ce que j’ai dans le sac un petit exemplaire de l’Évangile pour le lire? J’ai très souvent conseillé de toujours avoir l’Évangile avec soi, dans sa poche, dans son sac, dans son téléphone portable: si le Christ m’est plus cher que tout, comment puis-je le laisser à la maison et ne pas emporter sa Parole avec moi? Et une dernière question: ai-je lu au moins un des quatre Évangiles en entier? L’Évangile est le livre de la vie, il est simple et il est bref, et pourtant beaucoup de croyants ne l’ont jamais lu du début à la fin.
Frères et sœurs, Dieu, dit l’Écriture, est «le créateur et l’auteur de la beauté» (Sg13, 3): laissons-nous conquérir par la beauté que la Parole de Dieu apporte dans la vie.
[00131-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
We have just heard that Jesus said to them: “Come, follow me… Immediately they left their nets and followed him” (Mk 1:17-18). The word of God has immense power, as we heard in the first reading: “The word of God came to Jonah, saying: ‘Get up, go to Nineveh… and preach to them… So Jonah set out and went… according to the word of the Lord (Jon 3:1-3). The word of God unleashes the power of the Holy Spirit, a power that draws people to God, like those young fisherman who were struck by Jesus’ words, and sends others, like Jonah, towards those distant from the Lord. The word draws us to God and sends us to others. It draws us to God and sends us to others: that is how it works. It does not leave us self-absorbed, but expands hearts, changes courses, overturns habits, opens up new scenarios and discloses unthought-of horizons.
Brothers and sisters, that is what the word of God wants to do in each of us. As with the first disciples who, upon hearing the words of Jesus, left their nets and set out on a stupendous adventure, so too, on the shores of our life, beside the boats of our families and the nets of our daily occupations, that word makes us hear the call of Jesus. It calls us to set out with him for the sake of others. The word makes us missionaries, God’s messengers and witnesses to a world drowning in words, yet thirsting for the very word it so often ignores. The Church lives from this dynamic: called by Christ and drawn to him, she is sent into the world to bear witness to him. This is the dynamic within the Church.
We cannot do without God’s word and its quiet and unassuming power that, as if in a personal dialogue, touches the heart, impresses itself on the soul and renews it with the peace of Jesus, which makes us, in turn, concerned for others. If we look at the friends of God, the witnesses to the Gospel throughout history and the saints, we see that the word was decisive for each of them. We think of the first monk, Saint Anthony, who, struck by a passage of the Gospel while at Mass, left everything for the Lord. We think of Saint Augustine, whose life took a decisive turn when God’s word brought healing to his heart. We think of Saint Therese of the Child Jesus, who discovered her vocation by reading the letters of Saint Paul. And we think too of the saint whose name I bear, Francis of Assisi, who, after praying, read in the Gospel that Jesus sent his disciples to preach and exclaimed: “That is what I want; that is what I ask, that is what I desire to do with all my heart!” (THOMAS OF CELANO, Vita Prima, IX, 22). Their lives were changed by the word of life, by the word of the Lord.
But I wonder: how is it that, for many of us, the same thing does not happen? We hear the word of God many times, yet it enters into one ear and goes out the other: why? Perhaps because, as those witnesses make clear, we need to stop being “deaf” to God’s word. This is a risk for all of us: overwhelmed by a barrage of words, we let the word of God glide by us: we hear it, yet we fail to listen to it; we listen to it, yet we don’t keep it; we keep it, yet we don’t let it provoke us to change. More than anything, we read it but we don’t pray with it, whereas “prayer ought to accompany the reading of sacred Scripture, so that it can become a dialogue between God and the reader” (Dei Verbum, 25). Let us not forget the two fundamental aspects of Christian prayer: listening to the word and worshiping the Lord. Let us make room for the prayerful reading of Jesus’ words. Then we will have the same experience as those first disciples. To go back to today’s Gospel, we see that two things happened after Jesus spoke: “they left their nets and followed him” (Mk 1:18). They left and they followed. Let us reflect briefly on these two things.
They left. What did they leave? Their boat and their nets, that is to say the life that they had been living until then. How often we struggle to leave behind our security, our routine, because these entangle us like fish in a net. Yet those who respond to the word experience healing from the snares of the past, because the living word gives new meaning to their lives and heals their wounded memory by grafting upon it the remembrance of God and his works for us. Scripture establishes us in goodness and reminds us who we truly are: children of God, saved and beloved. “The fragrant words of the Lord” (SAINT FRANCIS OF ASSISI, Letter to the Faithful) are like honey, bringing flavour to our lives and making us taste the sweetness of God. They nourish the soul, banish fear and overcome loneliness. Just as they led the disciples to leave behind the monotony of a life centred on boats and nets, so they renew our faith, purifying it, freeing it of dross and bringing it back to its origins, the pure wellspring of the Gospel. In recounting the wonderful things God has done for us, sacred Scripture releases a paralyzed faith and makes us savour anew the Christian life for what it truly is: a love story with the Lord.
The disciples thus left and then followed. In the footsteps of the Master, they moved forward. For Christ’s word not only liberates us from the burdens we bear, past and present; it also makes us mature in truth and in charity. It enlivens the heart, challenges it, purifies it from hypocrisy and fills it with hope. The Bible itself attests that the word is concrete and effective: “like the rain and the snow” for the soil (cf. Is 55:10-11), like a sharp sword that “lays bare the sentiments and thoughts of the heart” (Heb 4:12), and an imperishable seed (1 Pet 1:23) that, tiny and hidden, yet sprouts and bears fruit (cf. Mt 13). “Such is the force and power of the word of God: it imparts robustness to the faith of [the Church’s] sons and daughters, providing food for the soul and a pure and unfailing fount of spiritual life” (Dei Verbum, 21).
Brothers and sisters, may the Sunday of the Word of God help us to return with joy to the sources of our faith, which is born of listening to Jesus, the living Word of God. May it help us, barraged by words about the Church, to rediscover the word of life that resounds in the Church! If not, we end up talking more about ourselves than about him, and so often we concentrate on our own thoughts and problems rather than on Christ and his word. Let us return to the sources, in order to offer to the world the living water for which it yearns and does not find, and while society and social media reflect the violence of words, let us draw closer to, and cultivate, the quiet word of God that brings salvation, that is gentle, that does not make a loud noise and that enters into our hearts.
Finally, let us ask ourselves a few questions. What room do I make for the word of God in the place where I live? Amid so many books, magazines, televisions and telephones, where is the Bible? In my room, do I have the Gospel within easy reach? Do I read it daily in order to be faithful to my path in life? Do I carry a little copy of the Gospels so that I can read it? I have often spoken about always having the Gospel with us, in our pockets and purses, on our telephones. If Christ is dearer to me than anything else, how can I leave him at home and not bring his word with me? And one last question: Have I read through at least one of the four Gospels? The Gospel is the book of life. It is simple and brief, yet many believers have never even read one of the Gospels from beginning to end.
Brothers and sisters, God, the Scripture tells us, is “the author of beauty” (Wis 13:3). Let us allow ourselves to be conquered by the beauty that the word of God brings into our lives.
[00131-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Wir haben eben gehört, dass Jesus »zu ihnen [sagte]: Kommt her, mir nach! […] Und sogleich ließen sie ihre Netze liegen und folgten ihm nach« (Mk 1,17-18). Die Kraft des Wortes Gottes ist groß, wie wir auch in der ersten Lesung gehört haben: »Das Wort des Herrn erging zum zweiten Mal an Jona: Mach dich auf den Weg und geh nach Ninive […] und rufe ihr all das zu […]! Jona machte sich auf den Weg […], wie der Herr es ihm befohlen hatte« (Jona 3, 1-3). Das Wort Gottes setzt die Macht des Heiligen Geistes frei. Es ist eine Kraft, die zu Gott hinzieht, so wie es bei diesen jungen Fischern war, die durch die Worte Jesu wie vom Blitz getroffen wurden; und es ist eine Kraft, die zu den anderen sendet, so wie bei Jona, der zu denen geht, die weit weg sind vom Herrn. Das Wort zieht also zu Gott hin und es sendet zu den anderen. Es zieht zu Gott hin und sendet zu den anderen: Dies ist seine Dynamik. Es lässt uns nicht in uns selbst verschlossen, sondern weitet das Herz, es bringt uns dazu, den Kurs zu ändern, es stürzt Gewohnheiten um, eröffnet neue Möglichkeiten und offenbart ungeahnte Horizonte.
Brüder und Schwestern, das Wort Gottes möchte dies in jedem von uns bewirken. Wie bei den ersten Jüngern, die auf Jesu Worte hin ihre Netze liegen lassen und ein wunderbares Abenteuer beginnen, so lässt das Wort Gottes auch an den Ufern unseres Lebens, neben den Booten der Familienangehörigen und den Netzen der Arbeit, den Ruf Jesu aufkommen. Er ruft uns, zusammen mit ihm für die anderen in See zu stechen. Ja, das Wort führt zur Mission, es macht uns zu Botschaftern und Zeugen Gottes für eine Welt, die zwar voller Worte ist, aber nach jenem Wort dürstet, das sie oft überhört. Die Kirche lebt von dieser Dynamik: an sie ergeht der Ruf Christi, von ihm ist sie angezogen, und sie ist in die Welt gesandt, um ihn zu bezeugen. Dies ist die Dynamik in der Kirche.
Wir können nicht auf das Wort Gottes verzichten, auf seine sanfte Kraft, die wie in einem Zwiegespräch das Herz berührt, sich in die Seele einprägt und sie mit dem Frieden Jesu erneuert, der bewirkt, dass uns die Sorge für die anderen umtreibt. Wenn wir die Freunde Gottes, die Zeugen des Evangeliums in der Geschichte, die Heiligen betrachten, dann sehen wir, dass das Wort Gottes für sie alle entscheidend gewesen ist. Denken wir an den ersten Mönch, den heiligen Antonius, der alles für den Herrn aufgab, weil er während der Messe von einem Abschnitt aus dem Evangelium ergriffen wurde; denken wir an den heiligen Augustinus, dessen Leben eine Wendung erfuhr, als ein göttliches Wort sein Herz heilte; denken wir an die heilige Theresia vom Kinde Jesu, die ihre Berufung entdeckte, als sie die Briefe des heiligen Paulus las. Und ich denke an den Heiligen, dessen Namen ich trage, Franz von Assisi, der – nachdem er gebetet hatte – im Evangelium las, dass Jesus seine Jünger aussandte, um zu predigen, und dann ausrief: »Das ist’s, was ich will, das ist’s, was ich suche, das verlange ich aus innerstem Herzen zu tun« (Thomas von Celano, Vita prima, I, IX, 22). Es sind Leben, die durch das Wort des Lebens verändert worden sind, durch das Wort des Herrn.
Aber ich frage mich, warum bei vielen von uns nicht das Gleiche geschieht? Oft hören wir das Wort Gottes und es geht zum einen Ohr hinein und zum anderen wieder hinaus: warum? Vielleicht, weil wir, wie uns diese Zeugen zeigen, nicht „taub“ sein dürfen für das Wort Gottes. Wir stehen in dieser Gefahr: Überfordert von tausend Worten, lassen wir auch das Wort Gottes an uns abperlen. Wir hören es, aber wir hören ihm nicht zu; wir hören ihm zu, aber wir bewahren es nicht; wir bewahren es, aber wir lassen uns nicht zu einer Veränderung bewegen. Vor allem aber lesen wir es ohne Gebet, obwohl »Gebet die Lesung der Heiligen Schrift begleiten muss, damit sie zu einem Gespräch werde zwischen Gott und Mensch« (Zweites Vatikanisches Konzil, Dogmatische Konstitution Dei Verbum, 25). Vergessen wir nicht die beiden grundlegenden Dimensionen des christlichen Gebets: das Hören auf das Wort Gottes und die Anbetung des Herrn. Geben wir dem Wort Jesu Raum, dem durch Gebet begleiteten Wort Jesu und es wird uns so ergehen, wie den ersten Jüngern. Kehren wir also zum heutigen Evangelium zurück, das uns von zwei Handlungen berichtet, die aus dem Wort Jesu hervorgingen: Sie »ließen […] ihre Netze liegen und folgten ihm nach« (Mk 1,18). Sie ließen hinter sich und folgten nach. Verweilen wir kurz dabei.
Sie ließen hinter sich. Was ließen sie hinter sich? Das Boot und die Netze, das heißt, das Leben, das sie bis zu diesem Augenblick geführt hatten. Oft fällt es uns schwer, unsere Sicherheiten, unsere Gewohnheiten hinter uns zu lassen, weil wir in ihnen verfangen bleiben wie die Fische in einem Netz. Wer aber mit dem Wort Gottes in Berührung steht, wird von den Schlingen der Vergangenheit befreit, denn das lebendige Wort deutet das Leben neu, es heilt auch das verwundete Gedächtnis, indem es uns die Erinnerung an Gott und an seine für uns vollbrachten Taten eingibt. Die Heilige Schrift gründet uns im Guten, sie erinnert uns daran, wer wir sind: gerettete und geliebte Kinder Gottes. Die »Duft tragenden Worte unseres Herrn Jesus Christus« (Hl. Franz von Assisi, Erster Brief an die Gläubigen, 2) sind wie Honig, sie verleihen dem Leben Geschmack. Sie bringen die Sanftheit Gottes zum Vorschein, sie nähren die Seele, sie vertreiben die Angst, sie besiegen die Einsamkeit. Und so wie sie jene Jünger dazu brachten, die Eintönigkeit eines Lebens zwischen Booten und Netzen hinter sich zu lassen, so erneuern sie in uns den Glauben, indem sie ihn läutern, von allerlei Schlacke befreien und zu seinen Ursprüngen zurückführen, zu der ursprünglichen Reinheit des Evangeliums. Indem die Heilige Schrift von Gottes Wirken für uns erzählt, löst sie die Halteleinen eines gelähmten Glaubens und lässt uns das christliche Leben wieder als das genießen, was es wirklich ist: eine Liebesbeziehung mit dem Herrn.
Die Jünger ließen also etwas hinter sich, und dann folgten sie nach – sie ließen hinter sich und folgten nach: Hinter dem Meister gehend machten sie Fortschritte. Sein Wort befreit nämlich von den Hindernissen der Vergangenheit und der Gegenwart und lässt einen in der Wahrheit und in der Liebe reifen. Es belebt das Herz, rüttelt es auf, reinigt es von Heuchelei und erfüllt es mit Hoffnung. Die Bibel selbst bezeugt, dass das Wort Gottes konkret und wirksam ist: »Wie der Regen und der Schnee« für den Boden (vgl. Jes 55,10-11); »wie Feuer«, »wie ein Hammer, der Felsen zerschmettert« (Jer 23,29); wie ein scharfes Schwert, »richtet [es] über die Regungen und Gedanken des Herzens« (Hebr 4,12); wie ein unvergänglicher Same (vgl. 1 Petr 1,23), der, klein und verborgen, keimt und Frucht bringt (vgl. Mt 13). »Und solche Gewalt und Kraft west im Worte Gottes, dass es […] Seelenspeise und reiner, unversieglicher Quell des geistlichen Lebens ist« (Dei Verbum, 21).
Brüder und Schwestern, der Sonntag des Wortes Gottes möge uns helfen, freudig zu den Quellen des Glaubens zurückzukehren, der aus dem Hören auf Jesus kommt, der das Wort des lebendigen Gottes ist. Während ständig Worte über die Kirche gesagt werden und zu lesen sind, möge er uns helfen, das Wort des Lebens wiederzuentdecken, das in der Kirche wiederhallt! Sonst reden wir am Ende mehr über uns selbst als über ihn; und im Mittelpunkt stehen oft unsere eigenen Gedanken und Probleme statt Christus mit seinem Wort. Kehren wir zu den Quellen zurück, um der Welt das lebendige Wasser anzubieten, das sie nicht findet. Und während die Gesellschaft und die sozialen Medien die Gewalt der Worte verstärken, halten wir uns an die Sanftmütigkeit des Wortes Gottes, das rettet, das sanft ist, das keinen Lärm macht, das in das Herz eindringt.
Stellen wir uns abschließend noch ein paar Fragen. Welchen Platz halte ich an dem Ort, an dem ich lebe, für das Wort Gottes frei? Es mag dort Bücher, Zeitungen, Fernseher und Telefone geben, aber wo ist die Bibel? Habe ich das Evangelium in meinem Zimmer griffbereit? Lese ich es jeden Tag, um darin den Weg des Lebens wiederzufinden? Habe ich ein kleines Exemplar des Evangeliums in meiner Tasche, um es zu lesen? Oft habe ich dazu geraten, das Evangelium immer bei sich zu haben, in der Hosentasche, in der Handtasche, auf dem Mobiltelefon. Wenn mir Christus mehr als alles andere am Herzen liegt, wie kann ich ihn dann zu Hause lassen und sein Wort nicht bei mir tragen? Und eine letzte Frage: Habe ich wenigstens eines der vier Evangelien vollständig gelesen? Das Evangelium ist das Buch des Lebens, es ist einfach und kurz, und doch haben viele Gläubige nie eines von Anfang bis Ende gelesen.
Brüder und Schwestern, Gott ist »der Urheber der Schönheit« (Weish 13,3), wie die Heilige Schrift sagt: Lassen wir uns von der Schönheit einnehmen, die das Wort Gottes in unser Leben bringt.
[00131-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Hemos escuchado que «Jesús les dijo: “Síganme […]”. Inmediatamente, ellos dejaron sus redes y lo siguieron» (Mc 1,17-18). Es grande la fuerza de la Palabra de Dios, como hemos visto también en la primera lectura: «La palabra del Señor fue dirigida por segunda vez a Jonás, en estos términos: “Parte ahora mismo para Nínive […] y anúnciale […]”. Jonás partió […], conforme a la palabra del Señor» (Jon 3,1-3). La Palabra de Dios despliega la potencia del Espíritu Santo. Es una fuerza que atrae hacia Dios, como les sucedió a los jóvenes pescadores, que quedaron impresionados por las palabras de Jesús. Es una fuerza que nos mueve hacia los demás, como le sucedió a Jonás, cuando se dirigió a los que se encontraban alejados del Señor. La Palabra, por tanto, nos atrae hacia Dios y nos envía hacia los demás. Nos atrae hacia Dios y nos envía hacia los demás, ese es su dinamismo. No nos deja encerrados en nosotros mismos, sino que dilata el corazón, hace cambiar de ruta, trastoca los hábitos, abre escenarios nuevos y desvela horizontes insospechados.
Hermanos y hermanas, la Palabra de Dios quiere realizar esto en cada uno de nosotros. Como con los primeros discípulos, que acogiendo las palabras de Jesús dejaron las redes y comenzaron una aventura estupenda, así también en las riberas de nuestra vida, junto a las barcas de los familiares y a las redes del trabajo, la Palabra suscita la llamada de Jesús, que nos llama a hacernos a la mar con Él para los demás. Sí, la Palabra suscita la misión, nos hace mensajeros y testigos de Dios para un mundo colmado de palabras, pero sediento de esa Palabra que frecuentemente ignora. La Iglesia vive de este dinamismo, es llamada por Cristo, atraída por Él, y enviada al mundo para testimoniarlo. Este es el dinamismo de la Iglesia.
No podemos prescindir de la Palabra de Dios, de su dulce firmeza que, como un diálogo, conmueve el corazón, se imprime en el alma y la renueva con la paz de Jesús que nos hace preocuparnos por los demás. Si miramos a los amigos de Dios, a los testigos del Evangelio en la historia, a los santos, vemos que para todos la Palabra ha sido decisiva. Pensemos en el primer monje, san Antonio, que, impresionado por un pasaje del Evangelio cuando estaba en Misa, lo dejo todo por el Señor; pensemos en san Agustín, cuya vida dio un vuelco cuando una palabra divina le sanó el corazón; pensemos en santa Teresa del Niño Jesús, que descubrió su vocación leyendo las cartas de san Pablo. Y pienso en el santo de quien llevo el nombre, Francisco de Asís, quien, después de haber rezado, leyó en el Evangelio que Jesús envía a los discípulos a predicar y entonces exclamó: «Esto es lo que yo quiero, esto es lo que yo busco, esto es lo que en lo más íntimo del corazón anhelo poner en práctica» (Tomás Celano, Vida primera de San Francisco, 22). Son vidas transformadas por la Palabra de vida, por la Palabra del Señor.
Pero me pregunto: ¿por qué para muchos de nosotros no sucede lo mismo? Muchas veces escuchamos la Palabra de Dios, nos entra por un oído y nos sale por otro, ¿Por qué? Tal vez porque como nos muestran estos testigos, es necesario no ser “sordos” a la Palabra. Es el riesgo que corremos, ya que abrumados por miles de palabras, no damos importancia a la Palabra de Dios, la oímos, pero no la escuchamos; la escuchamos, pero no la custodiamos; la custodiamos, pero no nos dejamos provocar por ella para cambiar; la leemos, pero no la hacemos oración, en cambio «debe acompañar la oración a la lectura de la Sagrada Escritura para que se entable diálogo entre Dios y el hombre» (Dei Verbum, 25). No olvidemos las dos dimensiones constitutivas de la oración cristiana: la escucha de la Palabra y la adoración del Señor. Hagamos espacio a la Palabra de Jesús, a la Palabra de Jesús orada, y sucederá para nosotros lo mismo que a los primeros discípulos. Volvamos por tanto al Evangelio de hoy, que nos describe dos gestos que brotan de la Palabra de Jesús: «dejaron sus redes y lo siguieron» (Mc 1,18). Dejaron y siguieron. Detengámonos brevemente en esto.
Dejaron. ¿Qué dejaron? La barca y las redes, es decir la vida que habían llevado hasta aquel momento. Muchas veces nos cuesta dejar nuestras seguridades, nuestros hábitos, porque permanecemos atrapados en ellos como los peces en la red. Pero quien está en contacto con la Palabra se libera de las ataduras del pasado, porque la Palabra viva descifra la existencia, cura también la memoria herida implantando el recuerdo de Dios y de las obras que ha hecho por nosotros. La Escritura nos radica en el bien, nos recuerda quienes somos: hijos de Dios salvados y amados. Las “Odoríferas palabras del Señor” (cf. S. Francisco de Asís, Carta a los Fieles II) son como la miel, dan gusto a la vida, suscitan la dulzura de Dios, nutren el alma, alejan el miedo, vencen la soledad. Así como movieron a aquellos discípulos a dejar la repetitividad de una vida hecha de barcas y de redes, así en nosotros renovarán la fe, purificándola y liberándola de tantas escorias, llevándola de nuevo a los orígenes, a la fuente genuina que brota del Evangelio. Con el relato de las obras que Dios ha hecho por nosotros, la Sagrada Escritura desata los amarres de una fe paralizada y nos hace saborear de nuevo la vida cristiana como lo que verdaderamente es, una historia de amor con el Señor.
Los discípulos, por tanto, dejaron; y después siguieron —dejaron y siguieron—. Detrás del Maestro dieron pasos hacia adelante. Efectivamente su Palabra, mientras libera de los obstáculos del pasado y del presente, hace madurar en la verdad y en la caridad, reaviva el corazón, lo sacude, lo purifica de las hipocresías y lo llena de esperanza. La Biblia misma da fe de que la Palabra es concreta y eficaz, es «como la lluvia y la nieve» para el terreno (cf. Is 55,10-11); «como el fuego», «como martillo que pulveriza la roca» (Jr 23,29); como una espada afilada que «discierne los pensamientos y las intenciones del corazón» (Hb 4,12); como un «germen […] incorruptible» (1 P, 1,23) que, aunque pequeño y escondido, brota y produce fruto (cf. Mt 13). «Es tanta la eficacia que radica en la palabra de Dios, que es, en verdad […] alimento del alma, fuente pura y perenne de la vida espiritual» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Dei Verbum, 21).
Hermanos y hermanas, el Domingo de la Palabra de Dios nos ayuda a volver con alegría a las fuentes de la fe, que nace de la escucha de Jesús, Palabra de Dios vivo. Mientras se dicen y se leen constantemente palabras sobre la Iglesia, que Él nos ayude a redescubrir la Palabra de vida que resuena en la Iglesia. De lo contrario terminaremos por hablar más de nosotros que de Él; y muchas veces al centro quedarán nuestros pensamientos y nuestros problemas, en vez de Cristo con su Palabra. Volvamos a las fuentes para ofrecer al mundo el agua viva que no logra encontrar; y, mientras la sociedad y las redes sociales acentúan la violencia de las palabras, aferrémonos a la mansedumbre de la Palabra de Dios que salva, que es dulce, que no hace ruido, que entra en el corazón.
Y por último, hagámonos una pregunta. ¿Qué puesto reservo yo a la Palabra de Dios en el lugar donde vivo? Allí habrá libros, periódicos, televisores, teléfonos, pero ¿dónde está la Biblia? En mi cuarto, ¿tengo el Evangelio al alcance de la mano? ¿Lo leo cada día para orientarme en el camino de la vida? ¿Tengo en el bolso un pequeño ejemplar del Evangelio para leerlo? Muchas veces he aconsejado de llevar siempre consigo el Evangelio, en el bolsillo, en el bolso, en el teléfono. Si amo a Cristo más que a nadie, ¿cómo puedo dejarlo en casa y no llevar conmigo su Palabra? Y una última pregunta: ¿he leído entero al menos uno de los cuatro Evangelios? El Evangelio es el libro de la vida, es sencillo y breve y, sin embargo, muchos creyentes nunca han leído uno desde principio hasta el final.
Hermanos y hermanas, la Escritura dice que Dios es “principio y autor de la belleza” (cf. Sb 13,3), dejémonos conquistar por la belleza que la Palabra de Dios trae a nuestra vida.
[00131-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Ouvimos que «Jesus lhes disse: “Vinde comigo (…)”. Deixando logo as redes, seguiram-No» (Mc 1, 17-18). Grande é a força da Palavra de Deus, como ouvimos também na primeira Leitura: «A palavra do Senhor foi dirigida pela segunda vez a Jonas, nestes termos: «“Levanta-te e vai a Nínive, (...) e apregoa nela o que Eu te ordenar”. Jonas levantou-se e foi a Nínive, segundo a ordem do Senhor» (Jn 3, 1-3). Da Palavra de Deus, irradia a força do Espírito Santo. É uma força que atrai a Deus, como aconteceu àqueles jovens pescadores, deslumbrados com as palavras de Jesus; e é uma força que envia aos outros, como no caso de Jonas, que vai ter com quantos estão longe do Senhor. Assim a Palavra atrai a Deus e envia aos outros. Atrai a Deus e envia aos outros: tal é o seu dinamismo. Não nos deixa fechados em nós mesmos, mas alarga o coração, faz inverter o rumo, altera os nossos hábitos, abre novos cenários, desvenda inesperados horizontes.
Irmãos e irmãs, a Palavra de Deus pretende operar isto em cada um de nós. Tal como aconteceu com os primeiros discípulos que, acolhendo as palavras de Jesus, deixam as redes e embarcam numa maravilhosa aventura, assim também nas margens da nossa vida, ao pé dos barcos de familiares e das redes do trabalho, a Palavra suscita a chamada de Jesus. Chama para, com Ele, nos fazermos ao largo ao encontro dos outros. Sim, a Palavra suscita a missão, faz-nos mensageiros e testemunhas de Deus num mundo cheio de palavras, mas sedento daquela Palavra com maiúscula que muitas vezes ignora. A Igreja vive deste dinamismo: é chamada por Cristo, atraída por Ele, e é enviada ao mundo para dar testemunho d’Ele. Este é o dinamismo na Igreja.
Não podemos prescindir da Palavra de Deus, da sua força suave que – como num diálogo – toca o coração, imprime-se na alma, renova-a com a paz de Jesus, que nos desinquieta em prol dos outros. Se olharmos para os amigos de Deus, para as testemunhas do Evangelho na história, para os santos, vemos que, para todos, foi decisiva a Palavra. Pensemos no primeiro monge, Santo Antão, que, tocado durante a Missa por um trecho do Evangelho, deixou tudo por amor do Senhor; pensemos em Santo Agostinho, que deu uma reviravolta na vida quando uma palavra divina lhe curou o coração; pensemos em Santa Teresinha do Menino Jesus, que descobriu a sua vocação lendo as Cartas de São Paulo. E penso no Santo cujo nome adotei, Francisco de Assis, que, em oração, lê no Evangelho que Jesus envia os discípulos a pregar e exclama: «Isto eu quero, isto peço, isto anseio fazer de todo o coração!» (Tomás de Celano, Vida primeira IX, 22). São vidas transformadas pela Palavra de vida, pela Palavra do Senhor.
Mas pergunto-me: Porque é que não acontece o mesmo a muitos de nós? Muitas vezes escutamos a Palavra de Deus e entra por um ouvido e sai pelo outro, porquê? Decerto porque, como nos mostram estas testemunhas, é preciso não ser «surdo» à Palavra. Este é o nosso risco: arrastados por mil palavras, passa-nos por cima também a Palavra de Deus: ouvimo-la, mas não a escutamos; escutamo-la, mas não a guardamos; guardamo-la, mas não nos deixamos provocar à mudança de vida. Sobretudo lemo-la, mas não a rezamos; ora «a leitura da Sagrada Escritura deve ser acompanhada de oração, para que seja possível o diálogo entre Deus e o homem» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Dei Verbum, 25). Não esqueçamos as duas dimensões fundamentais da oração cristã: a escuta da Palavra e a adoração do Senhor. Demos espaço à Palavra de Jesus, à Palavra de Jesus rezada, e sucederá connosco como aos primeiros discípulos. Voltemos ao Evangelho de hoje, onde nos são referidos dois gestos que derivaram da Palavra de Jesus: «deixaram as redes e seguiram-No» (Mc 1, 18). Deixaram e seguiram. Detenhamo-nos brevemente nisto.
Deixaram. O que é que deixaram? O barco e as redes, isto é, a vida que levavam até àquele momento. Muitas vezes custa-nos deixar as nossas seguranças, os nossos hábitos, porque ficamos presos neles como os peixes na rede. Mas quem está em contacto com a Palavra, cura-se das prisões do passado, porque a Palavra viva, que reinterpreta a existência, sara também a memória ferida inserindo nela a recordação de Deus e das suas obras em nosso favor. A Sagrada Escritura funda-nos no bem, recorda-nos quem somos: filhos de Deus salvados e amados. «As fragrantes palavras do Senhor» (São Francisco de Assis, Carta aos fiéis) são como o mel, tornam deliciosa a vida: suscitam a doçura de Deus, nutrem a alma, afastam o medo, vencem a solidão. E assim como fizeram aqueles discípulos deixar a sua vida repetitiva, feita de barcos e redes, assim também em nós renovam a fé, purificando-a e libertando-a de tantas escórias, levando-a às origens, à pureza que brota do Evangelho. Com a narração das obras de Deus por nós, a Sagrada Escritura solta as amarras duma fé paralisada e faz-nos saborear a vida cristã como ela é de verdade: uma história de amor com o Senhor.
Então os discípulos deixaram; e depois seguiram (deixaram e seguiram): atrás do Mestre, deram passos em frente. De facto a Palavra d’Ele, ao mesmo tempo que liberta dos estorvos do passado e do presente, faz amadurecer na verdade e na caridade: reanima o coração, sacode-o, purifica-o das hipocrisias e enche-o de esperança. A própria Bíblia assegura que a Palavra é concreta e eficaz: «como a chuva e a neve» na terra (cf. Is 55, 10-11); «como o fogo», «como um martelo que tritura a rocha» (Jr 23, 29); como uma espada afiada que «discerne os sentimentos e intenções do coração» (Heb 4, 12); como um germe incorruptível (1 Ped 1, 23) que, pequeno e escondido, germina e dá fruto (cf. Mt 13). «É tão grande a força e a virtude da palavra de Deus que se torna (…) alimento da alma, fonte pura e perene de vida espiritual» (Dei Verbum, 21).
Irmãos e irmãs, que o Domingo da Palavra de Deus nos ajude a regressar com alegria às nascentes da fé, que brota da escuta de Jesus, Verbo do Deus vivo. Que, por entre as palavras que se dizem e leem continuamente sobre a Igreja, nos ajude a redescobrir a Palavra de vida que ressoa na Igreja! Caso contrário, acabamos por falar mais de nós que d’Ele; e muitas vezes, no centro, ficam os nossos pensamentos e os nossos problemas, em vez de Cristo com a sua Palavra. Voltemos às nascentes para oferecer ao mundo aquela água viva que ele não encontra; e, enquanto a sociedade e as redes sociais acentuam a violência das palavras, concentremo-nos na mansidão da Palavra de Deus que salva, que é mansa, que não faz rumor, que penetra no coração.
E, para concluir, ponhamo-nos alguns interrogativos: Que lugar reservo eu para a Palavra de Deus na casa onde moro? Lá haverá livros, jornais, televisões, telefones, mas… onde está a Bíblia? No meu quarto, tenho ao alcance da mão o Evangelho? Leio-o cada dia para encontrar nele o rumo da vida? Na bolsa, trago um pequeno exemplar do Evangelho para o ler? Muitas vezes dei de conselho que tivéssemos sempre connosco o Evangelho: no bolso, na bolsa, no telemóvel. Se, para mim, Cristo é mais querido do que qualquer outra realidade, como posso deixá-lo em casa e não trazer comigo a sua Palavra? E a última pergunta: Já li, na íntegra, pelo menos um dos quatro Evangelhos? O Evangelho é o livro da vida, é simples e breve, mas muitos crentes nunca leram um do começo ao fim.
Irmãos e irmãs, Deus – diz a Escritura – é «o próprio autor da beleza» (Sab 13, 3): deixemo-nos conquistar pela beleza que a Palavra de Deus traz à vida.
[00131-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Usłyszeliśmy, że „Jezus rzekł do nich: Pójdźcie za Mną [...]. A natychmiast, porzuciwszy sieci, poszli za Nim” (Mk 1, 17-18). Moc Słowa Bożego jest wielka, jak słyszeliśmy również w pierwszym czytaniu: „Pan przemówił do Jonasza [...] tymi słowami: «Wstań, idź do Niniwy, [...] i głoś jej» [...]. Jonasz wstał i poszedł [...], jak powiedział Pan” (Jon 3, 1-3). Słowo Boże wyzwala moc Ducha Świętego. Jest to moc, która przyciąga do Boga, tak jak się to stało z owymi młodymi rybakami, porażonymi słowami Jezusa; i jest to moc, która posyła do innych, jak to było w przypadku Jonasza, który idzie do tych, co są daleko od Pana. Słowo zatem przyciąga do Boga i posyła do innych. Przyciąga do Boga i posyła do innych: oto jego dynamizm. Nie pozostawia nas zamkniętymi w sobie, lecz rozszerza serce, zmienia kurs, obala przyzwyczajenia, otwiera nowe scenariusze, odsłania niewyobrażalne horyzonty.
Bracia i siostry, Słowo Boże pragnie to uczynić w każdym z nas. Podobnie jak w przypadku pierwszych uczniów, którzy przyjmując słowa Jezusa zostawili swoje sieci i rozpoczęli wspaniałą przygodę, tak i na brzegach naszego życia, obok rodzinnych łodzi i sieci pracy, Słowo rozbudza wezwanie Jezusa. Wzywa On nas, abyśmy wypłynęli z Nim na głębię dla innych. Tak, Słowo rozbudza misję, czyni nas posłańcami i świadkami Boga dla świata pełnego słów, ale spragnionego tego Słowa, które często ignoruje. Kościół żyje tym dynamizmem: jest powołany przez Chrystusa, pociągnięty przez Niego i posłany do świata, aby dawać o Nim świadectwo. To jest właśnie dynamizm w Kościele.
Nie możemy się obejść bez Słowa Bożego, jego łagodnej mocy, która, jak w dialogu, porusza serce, wnika do duszy, odnawia ją pokojem Jezusa, który sprawia, że jesteśmy niespokojni o innych. Jeśli spojrzymy na przyjaciół Boga, świadków Ewangelii w historii, na świętych, zobaczymy, że dla nich wszystkich Słowo było decydujące. Pomyślmy o pierwszym mnichu, św. Antonim, który, poruszony fragmentem Ewangelii podczas Mszy św., porzucił wszystko dla Pana; pomyślmy o św. Augustynie, którego życie zmieniło się, gdy Słowo Boże uzdrowiło jego serce; pomyślmy o św. Teresie od Dzieciątka Jezus, która odkryła swoje powołanie, czytając listy św. Pawła. I myślę o świętym, którego imię noszę, Franciszku z Asyżu, który po modlitwie przeczytał w Ewangelii, że Jezus posłał swoich uczniów, aby głosili, i wykrzyknął: „To jest, czego chcę, to jest, czego szukam, to całym sercem pragnę czynić!” (Tomasz z Celano, Życiorys pierwszy, IX, 22). Są to życia zmienione przez Słowo życia, przez słowo Pana.
Ale zastanawiam się: dlaczego to samo nie dzieje się w przypadku wielu z nas? Tak wiele razy słyszymy Słowo Boże, które wchodzi jednym uchem, a wychodzi drugim: dlaczego? Być może dlatego, że jak pokazują nam ci świadkowie, nie wolno być „głuchymi” na Słowo. Grozi nam bowiem, że przytłoczeni tysiącem słów pozwolimy, żeby Słowo Boże przemknęło: słyszymy je, ale go nie słuchamy; słuchamy go, ale go nie strzeżemy; strzeżemy go, ale nie pozwalamy, by sprowokowało nas do przezmiany. A przede wszystkim czytamy je, ale się nim nie modlimy, podczas gdy „czytaniu Pisma świętego powinna towarzyszyć modlitwa, aby stało się ono rozmową między Bogiem a człowiekiem” (Sobór Wat. II, Konst. dogm. Dei Verbum, 25). Nie zapominajmy o dwóch fundamentalnych wymiarach modlitwy chrześcijańskiej: słuchaniu Słowa i adoracji Pana. Uczyńmy miejsce dla słowa Jezusa, dla przemodlonego słowa Jezusa, a stanie się w nas to, co miało miejsce w życiu pierwszych uczniów. Powróćmy zatem do dzisiejszej Ewangelii, która opisuje dwa gesty wypływające ze słowa Jezusa: „porzuciwszy sieci, poszli za Nim” (Mk 1, 18). Porzucili sieci i poszli za Nim. Zatrzymajmy się nad tym pokrótce.
Porzucili. Cóż takiego porzucili? Łódź i sieci, czyli życie, jakie prowadzili do tej pory. Jakże często trudno nam porzucić nasze zabezpieczenia, nasze przyzwyczajenia, ponieważ jesteśmy w nie wplątani jak ryby w sieci. Ale ten kto trwa w kontakcie ze Słowem zdrowieje z sideł przeszłości, ponieważ żywe Słowo reinterpretuje życie, leczy także zranioną pamięć, zaszczepiając pamięć o Bogu i Jego dziełach dla nas. Pismo Święte utwierdza nas w dobru, przypomina nam, kim jesteśmy: zbawionymi i umiłowanymi dziećmi Bożymi. „Wonne słowa Pana” (Św. Franciszek z Asyżu, List do wiernych) są jak miód, czynią życie smacznym: rozbudzają słodycz Boga, karmią duszę, oddalają lęk, pokonują samotność. I tak jak sprawiły, że uczniowie porzucili codzienność życia w łodziach i sieciach, tak odnawiają w nas wiarę, oczyszczając ją i uwalniając ją od bardzo wielu toksyn, przenosząc z powrotem do początków, do źródlanej czystości Ewangelii. Mówiąc o dziełach Boga dla nas, Pismo św. rozluźnia cumy sparaliżowanej wiary i pozwala nam na nowo zasmakować życia chrześcijańskiego takiego, jakim jest naprawdę: historią miłości z Panem.
Zatem uczniowie porzucili, a następnie poszli – porzucili i poszli: idąc za Nauczycielem dokonali postępu. Jego słowo bowiem, wyzwalając z obciążeń przeszłości i teraźniejszości, czyni człowieka dojrzałym w prawdzie i miłości: ożywia serce, wstrząsa nim, oczyszcza je z hipokryzji i napełnia nadzieją. Sama Biblia zaświadcza, że Słowo jest konkretne i skuteczne: „jak deszcz i śnieg” dla gleby (por. Iz 55, 10-11); „jak ogień”, „jak młot kruszący skałę” (Jr 23, 29); jak miecz obosieczny, który „osądza pragnienia i myśli serca” (Hbr 4, 12); jak niezniszczalne ziarno (por. 1 P 1, 23), które, małe i ukryte, kiełkuje i wydaje owoc (por. Mt 13). „Tak wielka w słowie Bożym zawiera się moc i potęga, że staje się ono [...] pokarmem duszy, czystym i trwałym źródłem życia duchowego” (Dei Verbum, 21).
Bracia i siostry, niech Niedziela Słowa Bożego pomoże nam z radością powrócić do źródła wiary, która rodzi się ze słuchania Jezusa, Słowa Boga żywego. Podczas gdy nieustannie wypowiadane są i czytane słowa o Kościele, niech nam ono pomoże odkryć na nowo Słowo życia, które rozbrzmiewa w Kościele! W przeciwnym razie, będziemy w ostateczności więcej mówili o sobie niż o Nim; a wiele razy w centrum pozostaną nasze myśli i nasze problemy, a nie Chrystus z Jego słowem. Powróćmy do źródeł, aby dać światu żywą wodę, której on nie znajduje; i podczas gdy społeczeństwo i media społecznościowe podkreślają przemoc słów, przylgnijmy do łagodności Słowa Bożego, które zbawia, które jest łagodne, które nie czyni hałasu, które wchodzi do serca.
I wreszcie, zadajmy sobie kilka pytań. A ja, jakie miejsce przeznaczam dla Słowa Bożego w miejscu, w którym żyję? Będą tam książki, gazety, telewizory, telefony, ale gdzie jest Biblia? Czy w moim pokoju trzymam w zasięgu ręki Ewangelię? Czy czytam ją codziennie, aby znaleźć drogę życia? Czy noszę przy sobie małą książeczkę Ewangelii, aby ją czytać? Wiele razy radziłem ludziom, aby zawsze mieli ze sobą Ewangelię, w kieszeni, w torbie, w telefonie komórkowym: jeśli Chrystus jest mi drogi ponad wszystko, jak mogę zostawić Go w domu i nie zabrać ze sobą Jego słowa? I ostatnie pytanie: czy przeczytałem w całości przynajmniej jedną z czterech Ewangelii? Ewangelia jest księgą życia, jest prosta i krótka, a jednak bardzo wielu wiernych nigdy nie przeczytało jej od początku do końca.
Bracia i siostry, Bóg, jak mówi Pismo św., jest „Twórcą piękności” (Mdr 13, 3): dajmy się zawładnąć pięknu, które Słowo Boże wnosi w życie.
[00131-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua araba
عظة قداسة البابا فرنسيس
في القدّاس الإلهيّ
في مناسبة أحد كلمة الله
(الأحد الثّالث من زمن السّنة)
الأحد 21 كانون الثّاني/يناير 2024
بازيليكا القدّيس بطرس
أصغينا أنّ يسوع "قالَ لَهما: «اِتبَعاني […]». فتَركا الشِّباكَ لِوَقتِهما وتَبِعاه" (مرقس 1، 17–18). قُوَّة كلمة الله كبيرة، كما سمعنا أيضًا في القراءة الأولى: "كانَت كَلِمَةُ الرَّبِّ إِلى يونانَ: «قُمِ انطَلِقْ إِلى نينَوى [...]، ونادِ علَيها المُناداةَ [...]. فقامَ يونانُ وانطَلَقَ [...] بِحَسَبِ كَلِمَةِ الرَّبّ" (يونان 3، 1-3). هذه الكلمة تُطلِق سراح قوّة الرّوح القدس. إنّها قوّة تشدّنا إلى الله، كما حدث مع هذَين الصَّيّادَين الشَّابين اللذين صعقهما كلام يسوع، وهي قوّة تُرسِلنا إلى الآخرين، كما حصل مع يونان، الذي ذهب نحو البعيدين عن الله. إذًا، الكلمة تشدّنا إلى الله وتُرسِلنا إلى الآخرين، هذه هي ديناميكيّتها. لا تتركنا منغلقين على أنفسنا، بل توسّع قلبنا، وتعكس مسارنا، وتقلب عاداتنا، وتفتح أمامنا مشاهد جديدة، وآفاقًا غير متوقّعة.
أيّها الإخوة والأخوات، كلمة الله تريد أن تصنع ذلك في كلّ واحدٍ منّا. كما حدث مع التّلاميذ الأوّلين، بقبولهم كلام يسوع، تركوا شباكهم وبدأوا مغامرة رائعة، هكذا أيضًا كلمة الله تُسمِعُنا دعوة يسوع لنا، على شواطئ حياتنا، وبجانب مراكب أقاربنا وشِباك عملنا. يسوع يدعونا إلى أن ننطلق معه من أجل الآخرين. نعم، الكلمة تدعو إلى الرّسالة، وتجعلنا رُسُلًا وشهودًا لله في عالم مليء بالكلام، لكنّه مُتعطِّش لتلك الكلمة التي يجهلها غالبًا. الكنيسة تعيش في هذه الدّيناميّة: المسيح يدعوها، ويشدّها إليه، ويرسلها إلى العالم لتشهد له. هذه هي الدّيناميّة في الكنيسة.
لا يمكننا أن نستغني عن كلمة الله، وعن قوّتها الوادعة التي تمسّ قلبنا وكأنّها في حوارٍ معه، وتنطبع في نَفسنا، وتجدّدها بسلام يسوع، فتجعلنا قلقين على الآخرين. إن نظرنا إلى أصدقاء الله، وإلى شهود الإنجيل في التّاريخ، وإلى القدّيسين، نرى أنّ الكلمة كان لها أثرّ حاسم في الجميع. لنفكّر في القدّيس أنطونيوس، أوّل الرّهبان، الذي تأثّر من مقطع من الإنجيل أثناء القدّاس، فترك كلّ شيء من أجل الرّبّ يسوع، ولنفكّر في القدّيس أغسطينس، الذي تحوّلت حياته عندما شَفَتْ كلمة إلهيّة قلبه، ولنفكّر في القدّيسة تريزا الطّفل يسوع، التي اكتشفت دعوتها عندما قرأت رسائل القدّيس بولس. وأفكّر في القدّيس الذي أحمل اسمه، فرنسيس الأسّيزي، الذي بعد أن صلّى، قرأ في الإنجيل، أنّ يسوع أرسل تلاميذه لكي يبشّروا، فهتف قائلًا: "أريد هذا، وأطلب هذا، وأرغب في أن أصنع هذا من كلّ قلبي!" (توماس دا سيلانو، أوّل حياة للقدّيس فرنسيس 9، 22). كلمة الحياة، كلمة الرّبّ يسوع، تغيّر حياة النّاس.
وأتساءل: لماذا لا يحدث الأمر نفسه للكثيرين منّا؟ ربّما لأنّنا يجب ألّا نكون ”صُمًّا بُكمًا“ أمام الكلمة، مثلما يبيّن لنا ذلك هؤلاء الشّهود. هذا هو الخطر الذي نواجهه: عندما تطغى علينا آلاف الكلمات، ونترك كلمة الله تمرّ بنا ولا تتوقّف: نسمعها، لكن لا نُصغي إليها، أو نُصغي إليها، لكن لا نحفظها في قلبنا، أو نحفظها في قلبنا، لكن لا ندع أنفسنا تتأثّر بها فنتغيّر. وخصّوصًا، نقرأها، لكن لا نجعلها صلاة، في حين أنّه "يجب أن تُرافق الصّلاة قراءة الكتب المقدّسة، لينشأ الحوار بين الله والإنسان" (دستور عقائدي في الوحي الإلهي، كلمة الله، 25). لا ننسَ البُعدَين الأساسيَّين للصّلاة المسيحيّة: الإصغاء إلى الكلمة والسّجود للرّبّ يسوع. لنُفسح مجالًا للصّلاة مع كلمة يسوع، وسيحصل لنا مثل ما حصل للتّلاميذ الأوّلين. لنَعُد إذًا إلى إنجيل اليوم، الذي يروي لنا موقفَين نشآ من كلمة يسوع: "تَركا الشِّباكَ وتَبِعاه" (مرقس 1، 18). تَركا وتَبِعَا. لنتوقّف قليلًا عند هاتَين الكلمتَين.
تَركا. ماذا تَركا؟ السّفينة والشِّباك، أيْ حياتهما التي عاشاها حتّى تلك اللحظة. نجد صعوبة مرارًا كثيرة في أن نَترُكَ أوضاعنا الآمنة وعاداتنا، لأنّنا نظلّ عالقين فيها مثل السّمك في الشّبكة. لكن الذي يكون على اتّصال بالكلمة، يَشفَى من قيود الماضي، لأنّ الكلمة الحَيَّة تعيد تفسير الحياة، وتَشفي أيضًا الذّاكرة المجروحة، لأنّها تُدخِلُ فينا ذِكرى الله وأعماله من أجلنا. الكتاب المقدّس يؤسّسنا على الصّلاح، ويذكّرنا مَن نحن: أبناء الله المُخَلَّصِين والمَحبُوبين. "كلمات الرّبّ يسوع العَطِرَة" (القدّيس فرنسيس الأسّيزي، رسالة إلى المؤمنين) هي مثل العَسَل، تجعل للحياة طعمًا: فتجعلنا نشعر بعذوبة الله، وتُغذِّي النَّفس، وتُبعِد الخَوف، وتتغلَّب على الوِحدَة. وكما جعلت هؤلاء التّلاميذ يتركون وراءهم رتابة حياة السُّفُن والشِّبَاك، هكذا تُجدّد فينا الإيمان، وتُطَهّره وتُحرّره من أصداء كثيرة، وتُعيده إلى أصوله، وإلى مَنبَع الإنجيل النّقيّ. من خلال رواية أعمال الله لنا، حلَّ الكتاب المقدّس مرساة الإيمان المشلولة وجعلنا نتذوّق الحياة المسيحيّة كما هي حقًّا: إنّها قصّة حبّ مع الرّبّ يسوع.
إذًا، تَركَ التّلميذان وثمَّ تَبِعا: سارا خُطُوَات إلى الأمام خلف المعلّم. في الواقع، كلمته تحرّرنا من عقبات الماضي والحاضر، وتجعلنا ننضج في الحقّ والمحبّة: إنّها تُحيِي القلب، وتهزّه، وتطهّره من الرِّياء، وتملأه بالرّجاء. الكتاب المقدّس نفسه يشهد أنّ الكلمة حقيقيّة وفعّالة: ”مثل المَطَر والثَّلج“ من أجل الأرض (راجع أشعيا 55، 10-11)، "كالنَّار"، و "كالمِطرَقَةِ الَّتي تُحَطِّمُ الصَّخْر" (إرميا 23، 29)، ومثل السَّيف الحادّ الذي "يَحكُم على خَواطِرِ القَلْبِ وأَفكارِه" (عبرانيّين 4، 12)، ومثل الزّرع غير الفاسِد (بطرس الأولى 1، 23) الذي يكون صغيرًا ومخفيًّا، فينبُت ويُعطي ثمرًا (راجع متّى 13): "ولكلام الله من الشدَّة والفاعليّة ما يجعله [...] قُوتًا للنَّفس، وينبوعًا صافيًا وخالدًا للحياة الرّوحيّة" (المجمع الفاتيكاني الثّاني، دستور عقائدي في الوحي الإلهي، كلمة الله، 21).
أيّها الإخوة والأخوات، ليساعدنا أحد كلمة الله لنعود بفرح إلى ينابيع الإيمان، الذي يولد من إصغائنا إلى يسوع، كلمة الله الحيّ. وبينما يقولون ويقرؤون كلامًا على الكنيسة باستمرار، ليساعدنا أحد كلمة الله لنكتشف من جديد كلمة الحياة التي يتردّد صداها في الكنيسة! وإلّا سينتهي بنا الأمر إلى أن نتكلّم على أنفسنا أكثر مِن كلامنا على الله، وتبقى أفكارنا ومشاكلنا في المقام الأوّل، بدل أن يكون المسيح وكلمته في المقام الأوّل. لنعُد من جديد إلى الينابيع لكي نقدّم للعالم الماء الحيّ الذي لا يجده، وبينما يزداد المجتمع ووسائل التّواصل الاجتماعيّ بالكلام العنيف، لنقترب نحن من وَداعة كلمة الله التي تُخلِّص، ولا تُصدِر ضجيجًا، وتدخل في القلب.
وأخيرًا، لنطرح بعض الأسئلة على أنفسنا. أيَّ مكانٍ أُخصّص لكلمة الله في المكان الذي أعيش فيه؟ سيكون هناك كُتب، وصُحف، وأجهزة تلفاز، وهواتف، ولكن أين الكتاب المقدّس؟ هل الإنجيل في غرفتي في متناول يَدي؟ هل أقرأه كلّ يوم حتّى أجد طريق الحياة؟ نَصَحْتُ كثيرًا أن يكون الإنجيل معنا دائمًا، في جيبنا، وفي الحقيبة، وعلى الهاتف النّقال: إن كان المسيح عزيزًا عليّ أكثر من أيّ شيء آخر، كيف يمكنني أن أتركه في البيت ولا أحمل كلمته معي؟ وسؤال أخير: هل قرأت أحد الأناجيل الأربعة كاملة مرّة واحدة على الأقلّ؟ الإنجيل هو كتاب الحياة، وهو بسيط وقصير، ومع ذلك، فإنّ مؤمنين كثيرين لم يقرؤوا قط أيًّا منها من بدايته إلى نهايته.
أيّها الإخوة والأخوات، الله، يقول الكتاب المقدّس، هو "أَصلُ الجَمال" (الحكمة 13، 3): لِنَنبَهِرْ بالجمال الذي تحمله كلمة الله إلى حياتنا.
[00131-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0067-XX.02]