Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Questa mattina il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano la Delegazione della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (FIUC), in occasione della celebrazione del centenario di fondazione.
Pubblichiamo di seguito il discorso del Papa ai presenti:
Discorso del Santo Padre
Eminenza, Eccellenze,
cari fratelli e sorelle!
Avrei da leggere un discorso lungo, ma ho il respiro un po’ affannato; vedete, ancora questo raffreddore che non se ne va! Mi prendo la libertà di consegnare il testo a voi così che lo leggiate. E grazie, grazie tante. Grazie: vorrei ringraziare per questo incontro, per il bene che fanno le università, le nostre università cattoliche: seminare la scienza, la Parola di Dio e l’umanesimo vero. Vi ringrazio tanto. E non stancatevi di andare avanti: avanti sempre, con la missione tanto bella delle università cattoliche. Non è la confessionalità che dà loro identità: è un aspetto, ma non l’unico; è forse quell’umanesimo chiaro, quell’umanesimo che fa capire che l’uomo ha dei valori e che vanno rispettati: questa è forse la cosa più bella e più grande delle vostre università. Grazie tante.
Sono lieto di unirmi alla celebrazione del centenario della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (F.I.U.C.). Cent’anni di cammino sono motivo di tanta gratitudine! Saluto e ringrazio il Cardinale Josè Tolentino de Mendonça e la Professoressa Gil, Presidente della Federazione.
Fu Pio XI a benedire la prima associazione di diciotto Università Cattoliche, nel 1924. E un Decreto, di molto posteriore, dell’allora Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi riferisce – cito – che «si associarono con l’intenzione che i rettori delle medesime, […] con maggior frequenza, trattassero insieme gli affari […] da doversi promuovere comunemente a favore del loro altissimo fine» (29 giugno 1948). Venticinque anni dopo, il Venerabile Pio XII istituì la Federazione delle Università Cattoliche.
Da queste “radici” emergono due aspetti che vorrei evidenziare: il primo è l’esortazione a lavorare in rete. Oggi esistono nel mondo quasi duemila Università Cattoliche. Immaginiamo le potenzialità che potrebbe sviluppare una collaborazione più efficace e più operativa, rafforzando il sistema universitario cattolico. In un tempo di grande frammentazione, dobbiamo avere l’audacia di andare controcorrente, globalizzando la speranza, l’unità e la concordia, al posto dell’indifferenza, delle polarizzazioni e dei conflitti. Il secondo aspetto è il fatto che la Federazione – come scrisse Pio XII – viene istituita «dopo la guerra più terribile», come strumento che apporta «alla conciliazione e alla formazione della pace e della carità tra gli uomini» (Lett. ap. Catholicas studiorum Universitates, 27 luglio 1949). Purtroppo, questo centenario lo celebriamo ancora in uno scenario di guerra, la terza guerra mondiale a pezzi. Pertanto è essenziale che le Università Cattoliche siano protagoniste nella costruzione della cultura della pace, nelle sue molteplici dimensioni da affrontare in modo interdisciplinare.
Nella magna carta delle Università Cattoliche, la Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae, San Giovanni Paolo II esordisce con l’affermazione piuttosto sorprendente che l’Università Cattolica nasce «dal cuore della Chiesa» (n. 1). Forse sarebbe stato più prevedibile che dicesse che essa scaturisce dall’intelligenza cristiana. Ma il Pontefice dà la priorità al cuore: ex corde Ecclesiae. In effetti, l’Università Cattolica, essendo «uno dei migliori strumenti che la Chiesa offre alla nostra epoca» (ivi, 10), non può che essere espressione di quell’amore che anima ogni azione della Chiesa, cioè l’amore di Dio per la persona umana.
In un tempo nel quale anche l’istruzione sta purtroppo diventando un business e grandi fondi economici senza volto investono nelle scuole e nelle università come si fa nella borsa, le istituzioni della Chiesa devono dimostrare di avere una natura diversa e di muoversi secondo un’altra logica. Un progetto educativo non si basa solo su un programma perfetto, su un’efficiente dotazione di strumenti o su una buona gestione aziendale. Nell’università deve pulsare una passione più grande, si deve vedere una comune ricerca della verità, un orizzonte di senso, e tutto vissuto in una comunità di conoscenza dove la generosità dell’amore, per così dire, si tocca con mano.
La filosofa Hannah Arendt, che ha studiato a fondo il concetto d’amore in Sant’Agostino, sottolinea che quel grande maestro descriveva l’amore con la parola appetitus, intesa come inclinazione, desiderio, tensione-verso. Per questo vi dico: non perdete l’appetito! Mantenete l’intensità del primo amore! Che le Università Cattoliche non sostituiscano il desiderio con il funzionalismo o la burocrazia. Non basta assegnare titoli accademici: è necessario risvegliare e custodire in ogni persona il desiderio di essere. Non basta modellare carriere competitive: occorre promuovere la scoperta di vocazioni feconde, ispirare percorsi di vita autentica e integrare il contributo di ciascuno nelle dinamiche creative della comunità. Certamente bisogna pensare l’intelligenza artificiale, ma anche quella spirituale, senza la quale l’uomo rimane uno straniero per sé stesso. L’università è una risorsa troppo importante per vivere soltanto “al passo coi tempi” e rinviando la responsabilità che i grandi bisogni umani e i sogni dei giovani rappresentano.
Mi piace ricordare una favola raccontata dallo scrittore Franz Kafka, morto cent’anni fa. Il protagonista è un topolino che ha paura della vastità del mondo e cerca una comoda protezione tra due muri uno a destra e l’altro a sinistra. A un certo punto, però, si accorge che i muri cominciano ad avvicinarsi l’uno all’altro e lui rischia di rimanere schiacciato. Quindi inizia a correre ma, in fondo, intravede una trappola per topi che lo aspetta. È allora che ascolta il consiglio del gatto che gli dice: “Non devi fare altro che cambiare direzione”. Disperato, dà ascolto al gatto, che se lo mangia.
Non possiamo affidare alla paura la gestione delle nostre università; e sfortunatamente questo è più frequente di quanto si pensi. La tentazione di chiudersi dietro i muri, in una bolla sociale sicura, evitando i rischi o le sfide culturali, voltando le spalle alla complessità della realtà può sembrare la strada più affidabile. Questa è mera illusione! La paura divora l’anima. Non circondate mai l’università con muri di paura. Non permettete che un’Università Cattolica si limiti a replicare i muri tipici delle società in cui viviamo: quelli della disuguaglianza, della disumanizzazione, dell’intolleranza e dell’indifferenza, di tanti modelli che mirano a rafforzare l’individualismo e non investono nella fraternità.
Un’università che si protegge all’interno delle mura della paura può raggiungere un livello prestigioso, riconosciuto e apprezzato, occupando i primi posti nelle classifiche di produzione accademica. Ma, come diceva il pensatore Miguel de Unamuno, «il sapere per il sapere: questo è disumano». Dobbiamo sempre chiederci: a cosa serve la nostra scienza? Che potenziale trasformativo ha la conoscenza che produciamo? Di cosa e di chi siamo al servizio? La neutralità è un’illusione. Un’Università Cattolica deve fare delle scelte, delle scelte che riflettano il Vangelo. Deve prendere posizione e dimostrarlo con le sue azioni, in modo limpido; “sporcarsi le mani” evangelicamente nella trasformazione del mondo e al servizio della persona umana.
Di fronte a un’assemblea così qualificata, composta da Gran Cancellieri, Rettori e altre autorità accademiche, voglio ringraziare per tutto ciò che le Università Cattoliche stanno già facendo. Quanto impegno e innovazione, quanta intelligenza e studio mettete in quella che è la triplice missione dell’università: l’insegnamento, la ricerca e la restituzione alla comunità! Sì, voglio davvero ringraziarvi. Ma voglio anche chiedere il vostro aiuto. Sì, vi chiedo di aiutare la Chiesa, in questo momento storico, a illuminare le più profonde aspirazioni umane con le ragioni dell’intelligenza e le “ragioni della speranza” (cfr 1 Pt 3,15); di aiutare la Chiesa a condurre senza paura dialoghi sui grandi temi contemporanei. Aiutateci a tradurre culturalmente, in un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell’ispirazione cristiana; a identificare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnologia e ad abitarle con equilibrio e saggezza. Aiutateci a costruire alleanze intergenerazionali e interculturali nella cura della casa comune, in una visione di ecologia integrale, che dia un’effettiva risposta al grido della terra e al grido dei poveri.
Cari amici della FIUC, in tante cappelle delle vostre Università si trova un’immagine della Madonna Sedes Sapientiae. Vi invito a guardarla con tenerezza e a tenere lo sguardo fissato su di lei. Qual è il segreto della Signora della Sapienza? È portare Gesù, che è la Sapienza di Dio e ci offre i criteri per costruire ogni sapienza. Fissate lo sguardo sul cuore di Maria; che lei possa accompagnare voi, le vostre comunità accademiche e i vostri progetti. Vi benedico di cuore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
[00124-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Éminence, Excellences,
chers frères et sœurs !
J’ai un long discours à lire, mais j’ai un peu de mal à respirer, vous voyez, toujours ce rhume qui ne veut pas partir ! Je me permets de vous remettre le texte pour que vous le lisiez. Et merci, merci beaucoup. Merci : je voudrais vous remercier pour cette rencontre, pour le bien que font les universités, nos universités catholiques : semer la science, la Parole de Dieu et le véritable humanisme. Merci beaucoup. Et ne vous lassez pas d’aller de l’avant : allez toujours de l’avant, avec la très belle mission des universités catholiques. Ce n’est pas la confession qui leur donne l’identité : c’est un aspect, mais pas le seul ; c’est peut-être cet humanisme clair, cet humanisme qui fait comprendre que l’homme a des valeurs et que celles-ci doivent être respectées : c’est peut-être ce qu’il y a de plus beau et de plus grand dans vos universités. Je vous remercie.
Je suis heureux de m’unir à la célébration du centenaire de la Fédération Internationale des Universités Catholiques (F.I.U.C.). Cent ans de cheminement, c’est un motif de grande gratitude ! Je salue et remercie le Cardinal Josè Tolentino de Mendonça et le Professeur Gil, Présidente de la Fédération.
C'est Pie XI qui, en 1924, bénit la première association regroupant dix-huit universités catholiques. Et un décret bien plus récent de la Congrégation pour les Séminaires et les Universités de l’époque rapporte que celles-ci «se sont associées dans l’intention que les recteurs, [...] plus fréquemment, traitent ensemble des affaires [...] à promouvoir en commun en faveur de leur finalité la plus élevée » (29 juin 1948). Vingt-cinq ans plus tard, le Vénérable Pie XII institua la Fédération des Universités Catholiques.
Deux aspects se dégagent de ces “racines” que je voudrais souligner : le premier est l’exhortation à travailler en réseau. Il existe aujourd’hui près de deux mille universités catholiques dans le monde. Nous imaginons le potentiel qu’une collaboration plus efficace et plus opérationnelle pourrait développer, renforçant ainsi le système universitaire catholique. À une époque de grande fragmentation, nous devons avoir l’audace d’aller à contre-courant, en globalisant l’espérance, l’unité et la concorde, au lieu de l’indifférence, des polarisations et des conflits. Le deuxième aspect est le fait que la Fédération - comme l’écrivait Pie XII - a été créée « après la plus terrible des guerres », comme un instrument contribuant « à la conciliation et à la formation de la paix et de la charité entre les hommes » (Lett. ap. Catholicas studiorum Universitates, 27 juillet 1949). Malheureusement, nous célébrons ce centenaire sur fond de guerre, la troisième guerre mondiale par morceaux. Il est donc essentiel que les universités catholiques jouent un rôle de premier plan dans la construction de la culture de la paix, dans ses nombreuses dimensions qui doivent être abordées de manière interdisciplinaire.
Dans la magna carta des universités catholiques, la constitution apostolique Ex corde Ecclesiae, saint Jean-Paul II commence par l’affirmation plutôt surprenante que l’université catholique jaillit « du cœur de l’Église » (n. 1). Il était plus prévisible qu’il dise qu’elle jaillit de l’intelligence chrétienne. Mais le Pontife donne la priorité au cœur : ex corde Ecclesiae. En effet, l’université catholique, étant « l’un des meilleurs instruments que l’Église offre à notre époque» (ibid., n. 10), ne peut qu’être l’expression de cet amour qui habite toute action de l’Église, c’est-à-dire l’amour de Dieu pour la personne humaine.
À une époque où même l’instruction devient malheureusement une activité commerciale, et où de grands fonds économiques sans visage investissent dans les écoles et les universités comme on le fait à la bourse, les institutions de l’Église doivent montrer qu’elles sont de nature différente et qu’elles fonctionnent selon une logique différente. Un projet éducatif ne se résume pas à un programme parfait, à un équipement efficace ou à une bonne gestion d’entreprise. L'université doit être animée d’une plus grande passion, on doit y trouver une recherche commune de la vérité, un horizon de sens, le tout vécu dans une communauté de savoir où l’on peut toucher du doigt, pour ainsi dire, la générosité de l’amour.
La philosophe Hannah Arendt, qui a étudié en profondeur le concept d’amour chez saint Augustin, souligne que ce grand maître a décrit l’amour avec le mot appetitus, entendu comme inclination, désir, tension-vers. C’est pourquoi je vous dis : ne perdez pas l’appétit ! Conservez l’ardeur de votre premier amour ! Que les universités catholiques ne remplacent pas le désir par le fonctionnalisme ou la bureaucratie. Il ne suffit pas de délivrer des titres académiques : il faut éveiller et conserver en chaque personne le désir d’être. Il ne suffit pas de modeler des carrières compétitives : il faut promouvoir la découverte de vocations fécondes, inspirer des chemins de vie authentique et intégrer la contribution de chacun dans les dynamiques créatives de la communauté. Il faut certes penser à l’intelligence artificielle, mais aussi à l’intelligence spirituelle sans laquelle l’homme reste un étranger pour lui-même. L’université est une ressource trop importante pour vivre seulement “au fil du temps” en renvoyant la responsabilité que représentent les grands besoins humains et les rêves des jeunes.
J’aime rappeler une fable racontée par l’écrivain Franz Kafka, décédé il y a 100 ans. La protagoniste est une souris qui a peur de l’immensité du monde et qui cherche une protection confortable entre deux murs, l’un à droite et l’autre à gauche. Mais, à un moment donné, elle s’aperçoit que les murs commencent à se rapprocher et qu’elle risque d’être écrasée. Elle se met donc à courir mais elle voit en bas une souricière qui l’attend. C’est alors qu’elle écoute les conseils du chat qui lui dit : “ Tu n’as qu’à changer de direction ”. Désespérée, elle écoute le chat qui la mange.
Nous ne pouvons pas confier la gestion de nos universités à la peur; et cela est malheureusement plus fréquent qu’on ne le pense. La tentation de s’enfermer derrière des murs, dans une bulle sociale sécurisante, en évitant les risques ou les défis culturels et en tournant le dos à la complexité de la réalité, pourrait sembler être la voie la plus sûre. Ce n’est qu’une illusion ! La peur dévore l’âme. N’entourez jamais l’université avec des murs de peur. Ne permettez pas qu’une université catholique se contente de reproduire les murs typiques des sociétés dans lesquelles nous vivons : ceux de l’inégalité, de la déshumanisation, de l’intolérance et de l’indifférence, de tant de modèles qui visent à renforcer l’individualisme et qui n’investissent pas dans la fraternité.
Une université qui se protège derrière les murs de la peur peut atteindre un niveau prestigieux, reconnu et apprécié, occupant les premières places dans les classifications de la production académique. Mais, comme le disait le penseur Miguel de Unamuno, « le savoir pour le savoir : c’est inhumain ». Nous devons toujours nous demander : à quoi sert notre science ? Quel est le potentiel de transformation des connaissances que nous produisons ? De quoi et de qui sommes-nous au service ? La neutralité est une illusion. Une université catholique doit faire des choix, des choix qui reflètent l’Évangile. Elle doit prendre position et le montrer par ses actions d’une manière claire ; “se salir les mains” évangéliquement dans la transformation du monde et au service de la personne humaine.
Devant une assemblée aussi qualifiée, composée de grands chanceliers, de recteurs et autres autorités académiques, je tiens à vous remercier pour tout ce que les universités catholiques font déjà. Que d’engagement et d’innovation, que d’intelligence et d’étude vous mettez dans ce qui est la triple mission de l’université : l’enseignement, la recherche et la restitution à la communauté ! Oui, je veux vraiment vous remercier. Mais je veux aussi vous demander votre aide. Oui, je vous demande d’aider l’Église, en ce moment de l’histoire, à éclairer les aspirations humaines les plus profondes avec les raisons de l’intelligence et les “raisons de l’espérance” (cf. 1 P 3, 15) ; d’aider l’Église à conduire des dialogues sans crainte sur les grandes questions contemporaines. Aidez-nous à traduire culturellement, dans un langage ouvert aux nouvelles générations et aux temps nouveaux, la richesse de l’inspiration chrétienne ; à identifier les nouvelles frontières de la pensée, de la science et de la technologie et à les habiter avec équilibre et sagesse. Aidez-nous à construire des alliances intergénérationnelles et interculturelles pour prendre soin de la maison commune, dans une vision d’écologie intégrale qui apporte une réponse efficace au cri de la terre et au cri des pauvres.
Chers amis de la FIUC, dans de nombreuses chapelles de vos universités se trouve une image de la Vierge Sedes Sapientiae. Je vous invite à la regarder avec tendresse et à garder votre regard fixé sur elle. Quel est le secret de Notre Dame de la Sagesse ? C’est d’apporter Jésus, qui est la Sagesse de Dieu et qui nous offre les critères pour construire toute sagesse. Fixez votre regard sur le cœur de Marie ; qu’elle vous accompagne, vous, vos communautés académiques et vos projets. Je vous bénis de tout cœur. Et s’il vous plait, n’oubliez pas de prier pour moi.
[00124-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Your Eminence, Your Excellencies,
Dear brothers and sisters!
I was planning to deliver a lengthy address, but I am a bit short of breath; as you can see, this cold is not going away! I am giving you the text so that you can read it for yourselves. I thank all of you for this meeting and for all the good that our Catholic universities do by communicating knowledge, the word of God and an authentic humanism. Never tire of persevering in the splendid mission of Catholic universities. It is not their confessional status that gives them their identity: that is one aspect, but not the only one. It is perhaps that clear humanism which makes people realize that human beings have values and that these need to be respected. This is perhaps the finest and greatest thing about your universities. Thank you very much.
I am pleased to take part in the celebration of the centenary of the International Federation of Catholic Universities (IFCU). One hundred years of growth and development is cause for great gratitude! I greet and thank Cardinal José Tolentino de Mendonça and Professor Isabel Capeloa Gil, the President of the Federation.
Pope Pius XI blessed the first association of eighteen Catholic universities in 1924, which, to cite a much later Decree of the then Congregation for Seminaries and Universities of Studies, came together “so that their Rectors… might treat together, with greater frequency, those matters… needing to be jointly treated in the pursuit of their lofty purpose” (29 June 1948). Twenty-five years later, in 1949, Venerable Pius XII established the Federation of Catholic Universities.
I would like to highlight two aspects of these historical roots of your Federation. First, the encouragement to cooperate through “networking”. Today there are almost two thousand Catholic universities in our world. We can imagine the potential of more effective and improved working relationships for strengthening the Catholic university system. At a time of great fragmentation, we must dare to counter the trend, and to globalize hope, unity and concord in place of indifference, polarization and conflict. A second aspect derives from the fact that, as Pius XII noted, the Federation was established “in the wake of a horrendous war”, to be a means of fostering “reconciliation and the growth of peace and charity among peoples” (Apostolic Letter Catholicas Studiorum Universitates, 27 July 1949). Sad to say, we are celebrating this centenary against the backdrop of a war, a third world war fought piecemeal. It is all the more essential, then, that Catholic universities be in the forefront of efforts to build the culture of peace, in all its facets, which need to be addressed in an interdisciplinary vision.
In his Apostolic Constitution Ex Corde Ecclesiae, the Magna Carta of Catholic universities, Saint John Paul II begins by making the rather surprising statement that the Catholic university is born “from the heart of the Church” (No. 1). We might have expected him to say that it is born of Christian reason. Yet the Pope gave priority to the heart: ex corde ecclesiae. Indeed, the Catholic university, being “one of the best instruments that the Church offers to our age” (ibid., 10), cannot fail to be an expression of the love that inspires every activity of the Church, namely, God’s love for the human person.
At a time when, unfortunately, education itself is becoming a “business”, and great impersonal economic systems are investing in schools and universities as they do in the stock market, the Church’s institutions must show that they are of a different nature and act in accordance with a different mindset. An educational enterprise is not only based on perfect programmes, efficient equipment or good business practices. A greater passion must animate the university, as evidenced in a shared search for truth, a greater horizon of meaning, lived out in a community of knowledge where the liberality of love is palpable.
The philosopher Hannah Arendt, who studied the concept of love in the writings of Saint Augustine, pointed out that the great teacher described love with the word appetitus, understood as inclination, desire, striving. My advice to you, then, is this: Don’t lose your appetitus! Preserve the intensity of your first love! Don’t let Catholic universities replace desire with functionalism or bureaucracy. It is not enough to award academic degrees: it is necessary to awaken and cherish in each person the desire to “be”. It is not enough to prepare students for competitive careers: it is necessary to help them discover fruitful vocations, to inspire pathways of authentic existence and to integrate the contribution of each individual within the creative dynamics of the larger community. Certainly, we need to reflect on artificial intelligence, but also on spiritual intelligence, without which persons remain strangers to themselves. The university is too important a resource to live only “in step with the times”, setting aside the responsibility called for by the deeper human needs and the dreams and aspirations of the young.
Here I would like to mention a story told by the writer Franz Kafka, who died a hundred years ago. Its main character is a mouse who is frightened by the vastness of the world and seeks reassuring protection between two walls, one on the right and the other on the left. At one point, however, he notices that the walls are beginning to move closer together and he is in danger of being crushed. He starts to run but, in the corner, he catches a glimpse of a mousetrap waiting for him. At that point, he listens to the advice of a cat, who tells him: “All you have to do is change direction.” Desperate, he listens to the cat, who then gobbles him up.
We cannot allow fear to guide the management of our universities; unfortunately, this happens more often than we think. The temptation to hide behind walls, in a safe social bubble, avoiding risks or cultural challenges, turning our backs on the complexity of reality may seem the safest course. But this is sheer illusion. Fear devours the soul. Never encircle the university with walls of fear. Don’t let a Catholic university merely replicate the walls typical of the societies in which we live: those of inequality, dehumanization, intolerance and indifference, or models aimed at promoting individualism rather than investing in fraternity.
A university that seeks protection within the walls of fear may well attain prestige, recognition and esteem, and achieve a high ranking in terms of scholarly production. Yet, as the philosopher Miguel de Unamuno once said: “Knowledge for knowledge’s sake: that is inhumane.” We must always ask ourselves: What is the purpose of the learning we impart? What is the transformative potential of the knowledge we produce? What and whom do we serve? Neutrality is a mirage. A Catholic university must make choices, choices that reflect the Gospel. It must take a stand and clearly show it in its actions, “getting its hands dirty” in the spirit of the Gospel, for the transformation of the world and in service to the human person.
Before this distinguished assembly composed of Grand Chancellors, Rectors and other academic authorities, I want to express my gratitude for all that Catholic universities are already doing in this regard. How much commitment, innovation, wisdom and care you bring to the triple mission of the university: teaching, research and giving back to the community! For this, I am truly thankful. I would also ask for your help. I ask you to help the Church, at this moment in her history, to shed light on the deepest human aspirations by offering insight and understanding, as well as the “reasons of hope” (cf. 1 Pet 3:15) born of faith, and thus assisting the Church to engage confidently in dialogue on the great issues of our time. Help us to translate culturally, in a language open to new generations and new times, the richness of the Christian tradition; to identify the new frontiers of thought, science and technology and to approach them with balance and wisdom. Help us to build intergenerational and intercultural covenants for the protection and care of our common home, within a vision of integral ecology, and in this way respond effectively to the cry of the earth and the plea of the poor.
Dear friends, in many a chapel of your universities there is an image of Our Lady, Seat of Wisdom. I invite you to contemplate it lovingly and to keep your gaze fixed on her. What is the secret of Our Lady of Wisdom? It is that she brings us Jesus, the Wisdom of God, who offers us the criteria to direct every pursuit of knowledge. Look to the heart of Mary, so that she may accompany you, your academic communities and your future plans. I give you my cordial blessing and I ask you, please, not to forget to pray for me.
[00124-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua spagnola
¡Eminencias y excelencias!
¡Queridos hermanos y hermanas!
Tendría que leerles un largo discurso, pero siento cierta dificultad para respirar. Como ven, este resfriado todavía no se va. Por eso me tomo la libertad de entregarles el texto para que ustedes mismos lo lean. Quisiera darles las gracias por este encuentro, por el bien que hacen las universidades, nuestras universidades católicas: sembrar la ciencia, la Palabra de Dios y el verdadero humanismo. Se los agradezco mucho. Y no se cansen de seguir adelante, siempre adelante con la misión tan hermosa de las universidades católicas. Lo que les da identidad no es la mera confesión católica —que es sólo un aspecto, pero no el único—, es quizá ese humanismo auténtico, el humanismo que hace comprender que el hombre tiene valores y que estos deben respetarse. Pienso que esto es lo más hermoso y lo más grande de vuestras universidades. Muchas gracias.
Me complace unirme a la celebración del centenario de la Federación Internacional de las Universidades Católicas (F.I.U.C.). ¡Cien años de camino ciertamente son un buen motivo de tanta gratitud! Saludo y agradezco al cardenal Josè Tolentino de Mendonça y a la profesora Gil, Presidente de la Federación.
Fue Pío XI quien, en 1924, dio su beneplácito a la primera asociación de dieciocho universidades católicas. Y un decreto, muy posterior, de la entonces Congregación de los Seminarios y de las Universidades de los Estudios refiere que –cito– «se asociaron con la intención de que los rectores de las mismas, […] con mayor frecuencia, trataran juntos los asuntos […] que se deben promover de manera conjunta en favor de su objetivo más alto» (29 de junio de 1948). Veinticinco años después, el venerable Pío XII instituyó la Federación de las Universidades Católicas.
De estas “raíces” emergen dos aspectos que quisiera destacar: el primero es la exhortación a trabajar en red. Hoy existen en el mundo casi dos mil Universidades Católicas. Imaginemos el potencial que podría desarrollar una colaboración aún más eficaz y operativa, fortaleciendo el sistema universitario católico. En un tiempo de gran fragmentación, debemos tener la audacia de ir contracorriente, globalizando la esperanza, la unidad y la concordia, en vez de la indiferencia, de las polarizaciones y de los conflictos. El segundo aspecto es el hecho de que la Federación –como escribe Pío XII– fue instituida «después de una terrible guerra», como instrumento que contribuyese a «conciliar y confirmar la paz y la caridad entre los hombres» (Carta Ap. Catholicas studiorum Universitates, 27 de julio de 1949). Desgraciadamente, este centenario lo celebramos aún en medio de un escenario de guerra, la tercera guerra mundial a pedazos. Por eso es esencial que las universidades católicas sean protagonistas en la construcción de la cultura de la paz, en sus múltiples dimensiones que se tienen que afrontar de modo interdisciplinar.
En la carta magna de las universidades católicas, la Constitución Apostólica Ex corde Ecclesiae, san Juan Pablo II comenzó con la sorprendente afirmación de que la universidad católica nace «del corazón de la Iglesia» (n. 1). Quizá hubiese sido más lógico que dijera que surge de la inteligencia cristiana, pero el Pontífice da la prioridad al corazón: ex corde Ecclesiae. En efecto, la universidad católica, siendo «uno de los mejores instrumentos que la Iglesia ofrece a nuestra época» (ibíd., 10), no puede más que ser expresión de aquel amor que anima cada acción de la Iglesia, es decir, el amor de Dios por la persona humana.
En un tiempo en el cual incluso la educación está volviéndose un negocio, y grandes fondos financieros sin rostro invierten en las escuelas y en las universidades como si fuese la bolsa de valores, las instituciones de la Iglesia deben demostrar que tienen una naturaleza diferente y que se mueven de acuerdo a otra lógica. Un proyecto educativo no se basa solo en un programa perfecto, ni en un equipamiento eficiente, ni en una buena gestión corporativa. En la universidad debe palpitar una pasión más grande, se debe notar una búsqueda común de la verdad, un horizonte de sentido, y todo esto vivido en una comunidad de conocimiento donde la generosidad del amor, por así decirlo, es palpable.
La filosofa Hanah Arendt, que ha profundizado en el estudio del concepto de amor en San Agustín, subraya que aquel gran maestro describía el amor con la palabra appetitus, entendida como inclinación, deseo, tensión-hacia. Por esto les digo: ¡no pierdan el apetito! ¡Mantengan la intensidad del primer amor! Que las universidades católicas no sustituyan el deseo con el funcionalismo o la burocracia. No es suficiente conceder títulos académicos, es necesario despertar y custodiar en cada persona el deseo de ser. No basta diseñar carreras competitivas, se debe promover el descubrimiento de vocaciones fecundas, inspirar caminos de vida autentica e integrar la aportación de cada uno dentro de las dinámicas creativas de la comunidad. Es verdad que se debe pensar en la inteligencia artificial, pero también en aquella espiritual, sin la cual el hombre permanece un extraño para sí mismo. La universidad es un recurso tan indispensable como para vivir solamente “al compás de los tiempos” y aplazar la responsabilidad que representan las grandes necesidades humanas y los sueños de la juventud.
Me gusta recordar una fábula narrada por el escritor Franz Kafka, fallecido hace cien años. El protagonista es un ratoncito que tiene miedo de lo vasto del mundo y busca una protección cómoda entre dos paredes, una a la izquierda y otra a la derecha. Sin embargo, en un momento dado cae en la cuenta de que empieza a acortarse la distancia entre estas y se encuentra en peligro de ser aplastado. Es entonces cuando inicia a correr, pero alcanza a ver que en el fondo le espera una trampa para ratones. En ese momento escucha la voz del gato que le dice: “No debes hacer otra cosa que cambiar de dirección”. En su desesperación, le hace caso al gato, que termina por comérselo.
No podemos confiar la gestión de nuestras universidades al miedo; desafortunadamente esto sucede más frecuentemente de lo que se piensa. La tentación de encerrarse detrás de las paredes, en una burbuja social de seguridad, evitando los riesgos y desafíos culturales y dando la espalda a la complejidad de la realidad puede parecer el camino más fiable. Pero, ¡esta es una mera ilusión! Porque el miedo devora el alma. No rodeen jamás la universidad con los muros del miedo. No permitan que una universidad católica se limite a replicar los muros típicos de la sociedad en la que vivimos: aquellos de la desigualdad, de la deshumanización, de la intolerancia y de la indiferencia, de tantos modelos que miran a reforzar el individualismo y no invierten en la fraternidad.
Una universidad que se protege dentro de los muros del miedo puede tal vez alcanzar un nivel de prestigio, reconocimiento y apreciación, ocupando los primeros lugares en la clasificación de producción académica. Pero, como decía el pensador Miguel de Unamuno, «¡Saber por saber! […] Eso es inhumano». Debemos preguntarnos siempre: ¿para qué sirve nuestra ciencia? ¿Qué potencial transformador tiene el conocimiento que producimos? ¿A qué y a quién servimos? La neutralidad es una ilusión. Por ello, una universidad católica tiene que tomar decisiones, y estas deben ser un reflejo del Evangelio. Debe tomar una postura y demostrarlo con sus acciones de un modo trasparente, “mancharse las manos” evangélicamente en la transformación del mundo y al servicio de la persona humana.
Frente a una asamblea tan cualificada, formada por grandes cancilleres, rectores y otras autoridades académicas quisiera agradecerles lo que ya están haciendo las universidades católicas. Cuanto esfuerzo e innovación, cuanta inteligencia y estudio ponen en aquella que es la triple misión de la universidad, ¡enseñar, investigar y retribuir a la comunidad! Sí, quiero agradecerles de verdad. Pero, además, quisiera pedirles su ayuda. Sí, les pido que ayuden a la Iglesia, en este momento histórico, a iluminar las más profundas aspiraciones humanas con las razones de la inteligencia y las “razones de la esperanza” (cf. 1 P 3,15), que ayuden a la Iglesia a dialogar sin miedo sobre los grandes planteamientos contemporáneos. Ayúdennos a traducir culturalmente, con un lenguaje abierto a las nuevas generaciones y a los nuevos tiempos, la riqueza de la inspiración cristiana, a identificar las nuevas fronteras del pensamiento, de la ciencia y de la técnica y a asumirlas con equilibrio y sabiduría. Ayúdennos a construir alianzas intergeneracionales e interculturales en favor del cuidado de la casa común, de una visión de ecología integral que de una efectiva respuesta al grito de la tierra y al grito de los pobres.
Queridos amigos de la FIUC, en muchas capillas de vuestras universidades se puede encontrar una imagen de nuestra Señora Sedes Sapientiae. Los invito a contemplarla con ternura y a fijar en ella su mirada. ¿Cuál es el secreto de nuestra Señora de la Sabiduría? Es llevar a Jesús, que es la Sabiduría de Dios y que nos ofrece los criterios para construir toda sabiduría. Fijen su mirada en el corazón de María, que ella los acompañe a ustedes, a sus comunidades académicas y a sus proyectos. Los bendigo de corazón, y por favor, no se olviden de rezar por mí.
[00124-ES.02] [Texto original: Italiano]
[B0058-XX.02]