Santa Messa nello Stadio Vélodrome di Marsiglia
Saluto del Santo Padre al termine della Santa Messa
Nel pomeriggio, dopo essersi congedato dal personale e dai benefattori dell’Arcivescovado, il Santo Padre Francesco si è trasferito allo Stadio Vélodrome. Dopo aver effettuato il cambio d’auto davanti alla statua del David di Marsiglia, il Papa ha proseguito in papamobile fino al Suo arrivo allo Stadio, accompagnato lungo il percorso da circa 100.000 persone. Dopo alcuni giri tra i circa 50.000 fedeli e pellegrini presenti, alle ore 16.10 il Santo Padre ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in lingua francese.
Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia.
Al termine, dopo l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo Metropolita di Marsiglia. Em.mo Card. Jean-Marc Aveline, e prima della benedizione, Papa Francesco ha rivolto ai fedeli e ai pellegrini presenti un saluto finale e alcune parole di ringraziamento. Successivamente si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Marsiglia per la cerimonia di congedo.
Pubblichiamo di seguito l’omelia e il saluto finale che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Santa Messa nello Stadio Vélodrome di Marsiglia
Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Omelia del Santo Padre
Si narra nelle Scritture che il re Davide, stabilito il suo regno, decise di trasportare l’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme. Allora, dopo aver convocato il popolo, si alzò e partì per andare a prenderla; poi, durante il tragitto, lui stesso danzava davanti ad essa insieme alla gente, esultando di gioia per la presenza del Signore (cfr 2 Sam 6,1-15). È sullo sfondo di questa scena che l’evangelista Luca ci racconta la visita di Maria alla cugina Elisabetta: anche Maria, infatti, si alza e parte verso la regione di Gerusalemme e, quando entra nella casa di Elisabetta, il bambino che questa porta nel grembo, riconoscendo l’arrivo del Messia, sussulta di gioia, si mette a danzare come fece Davide davanti all’Arca (cfr Lc 1,39-45).
Maria, dunque, è presentata come la vera Arca dell’Alleanza, che introduce il Signore incarnato nel mondo. È la giovane Vergine che va incontro all’anziana sterile e, portando Gesù, diventa segno della visita di Dio che vince ogni sterilità. È la Madre che sale verso i monti di Giuda, per dirci che Dio si mette in viaggio verso di noi, per cercarci col suo amore e farci esultare di gioia. È Dio, che si mette in viaggio!
In queste due donne, Maria ed Elisabetta, si svela la visita di Dio all’umanità: una è giovane e l’altra anziana, una è vergine e l’altra sterile, eppure sono entrambe incinte in modo “impossibile”. Questa è l’opera di Dio nella nostra vita: rende possibile anche ciò che sembra impossibile, genera vita anche nella sterilità.
Fratelli e sorelle, chiediamoci con sincerità di cuore: crediamo che Dio è all’opera nella nostra vita? Crediamo che il Signore, in modo nascosto e spesso imprevedibile, agisce nella storia, compie meraviglie ed è all’opera anche nelle nostre società segnate dal secolarismo mondano e da una certa indifferenza religiosa?
C’è un modo per discernere se abbiamo questa fiducia nel Signore. Qual è il modo? Il Vangelo dice che «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo» (v. 41). Questo è il segno: sussultare. Chi crede, chi prega, chi accoglie il Signore sussulta nello Spirito, sente che qualcosa si muove dentro, “danza” di gioia. E vorrei soffermarmi su questo: il sussulto della fede.
L’esperienza della fede genera anzitutto un sussulto dinanzi alla vita. Sussultare significa essere “toccati dentro”, avere un fremito interiore, sentire che qualcosa si muove nel nostro cuore. È il contrario di un cuore piatto, freddo, accomodato nel quieto vivere, che si blinda nell’indifferenza e diventa impermeabile, che si indurisce, insensibile a tutto e a tutti, pure al tragico scarto della vita umana, che oggi viene rifiutata in tante persone che emigrano, così come in tanti bambini non nati e in tanti anziani abbandonati. Un cuore freddo e piatto trascina la vita in modo meccanico, senza passione, senza slanci, senza desiderio. E di tutto questo, nella nostra società europea, ci si può ammalare: il cinismo, il disincanto, la rassegnazione, l’incertezza, un senso generale di tristezza – tutto insieme: la tristezza, quella tristezza nascosta nei cuori –. Qualcuno le ha chiamate “passioni tristi”: è una vita senza sussulti.
Chi è generato alla fede, invece, riconosce la presenza del Signore, come il bimbo nel grembo di Elisabetta. Riconosce la sua opera nel germogliare dei giorni e riceve occhi nuovi per guardare la realtà; pur in mezzo alle fatiche, ai problemi e alle sofferenze, scorge quotidianamente la visita di Dio e da Lui si sente accompagnato e sostenuto. Dinanzi al mistero della vita personale e alle sfide della società, chi crede ha un sussulto, una passione, un sogno da coltivare, un interesse che spinge a impegnarsi in prima persona. Adesso ognuno di noi può domandarsi: io sento queste cose? Io ho queste cose? Chi è così sa che in tutto il Signore è presente, chiama, invita a testimoniare il Vangelo per edificare con mitezza, attraverso i doni e i carismi ricevuti, un mondo nuovo.
L’esperienza della fede, oltre a un sussulto dinanzi alla vita, genera anche un sussulto dinanzi al prossimo. Nel mistero della Visitazione, infatti, vediamo che la visita di Dio non avviene attraverso eventi celesti straordinari, ma nella semplicità di un incontro. Dio viene sull’uscio di una casa di famiglia, nel tenero abbraccio tra due donne, nell’incrociarsi di due gravidanze piene di stupore e di speranza. E in questo incontro c’è la sollecitudine di Maria, la meraviglia di Elisabetta, la gioia della condivisione.
Ricordiamolo sempre, anche nella Chiesa: Dio è relazione e ci fa visita spesso attraverso gli incontri umani, quando ci sappiamo aprire all’altro, quando c’è un sussulto per la vita di chi ogni giorno ci passa accanto e quando il nostro cuore non rimane impassibile e insensibile dinanzi alle ferite di chi è più fragile. Le nostre città metropolitane e tanti Paesi europei come la Francia, in cui convivono culture e religioni diverse, sono in questo senso una grande sfida contro le esasperazioni dell’individualismo, contro gli egoismi e le chiusure che producono solitudini e sofferenze. Impariamo da Gesù ad avere fremiti per chi ci vive accanto, impariamo da Lui che, dinanzi alle folle stanche e sfinite, sente compassione e si commuove (cfr Mc 6,34), ha sussulti di misericordia dinanzi alla carne ferita di chi incontra. Come afferma un vostro grande Santo, Vincent de Paul, «bisogna cercare d’intenerire i nostri cuori, rendendoli sensibili alle pene e alle miserie del prossimo, e pregare Dio di darci il vero spirito di misericordia, che è propriamente il suo stesso spirito», fino a riconoscere che i poveri sono «i nostri signori e padroni» (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, 341; 392-393).
Fratelli, sorelle, penso ai tanti “sussulti” della Francia, a una storia ricca di santità, di cultura, di artisti e di pensatori, che hanno appassionato tante generazioni. Anche oggi la nostra vita, la vita della Chiesa, la Francia, l’Europa hanno bisogno di questo: della grazia di un sussulto, di un nuovo sussulto di fede, di carità e di speranza. Abbiamo bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, di riscoprire il gusto dell’impegno per la fraternità, di osare ancora il rischio dell’amore nelle famiglie e verso i più deboli, e di rinvenire nel Vangelo una grazia che trasforma e rende bella la vita.
Guardiamo a Maria, che si scomoda mettendosi in viaggio e ci insegna che Dio è proprio così: ci scomoda, ci mette in movimento, ci fa “sussultare”, come accadde a Elisabetta. E noi vogliamo essere cristiani che incontrano Dio con la preghiera e i fratelli con l’amore; cristiani che sussultano, vibrano, accolgono il fuoco dello Spirito per poi lasciarsi bruciare dalle domande di oggi, dalle sfide del Mediterraneo, dal grido dei poveri, dalle “sante utopie” di fraternità e di pace che attendono di essere realizzate.
Fratelli e sorelle, insieme a voi prego la Madonna, Notre Dame de la Garde, che vigili sulla vostra vita, che custodisca la Francia, che custodisca l’Europa intera e che ci faccia sussultare nello Spirito. E vorrei farlo con le parole di Paul Claudel: «Vedo la chiesa aperta. […] / Non ho niente da offrire e niente da domandare. / Vengo soltanto, Madre, per guardarti. / Guardarti, piangere di felicità, sapere questo: / che io sono tuo figlio e che tu ci sei. […] Essere con te, Maria, in questo luogo dove tu sei. […] / Perché tu ci sei per sempre, / semplicemente perché sei Maria, / semplicemente perché esisti, / Madre di Gesù Cristo, sii ringraziata!» («La Vierge à midi», Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris, 1922).
[01425-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
On raconte dans les Écritures que le roi David, ayant établi son royaume, décida de transporter l’Arche d’Alliance à Jérusalem. Après avoir convoqué le peuple, il se leva et partit pour aller la prendre. Sur le trajet, il dansait devant elle avec le peuple, exultant de joie à la présence du Seigneur (2 S 6, 1-15). C’est avec cette scène en arrière-plan que l’évangéliste Luc nous raconte la visite de Marie à sa cousine Élisabeth : Marie elle aussi se lève et part vers la région de Jérusalem et, lorsqu’elle entre dans la maison d’Élisabeth, l’enfant que celle-ci porte en son sein, tressaille de joie en reconnaissant l’arrivée du Messie, se met à danser comme le fit David devant l’Arche (cf. Lc 1, 39-45).
Marie est donc présentée comme la véritable Arche d’Alliance qui introduit le Seigneur incarné dans le monde. Elle est la jeune Vierge qui va à la rencontre de la vieille femme stérile et, en portant Jésus, elle devient le signe de la visite de Dieu vainqueur de toute stérilité. Elle est la Mère qui monte vers les montagnes de Juda pour nous dire que Dieu se met en route vers nous, pour nous chercher avec son amour et nous faire exulter de joie. C’est Dieu qui se met en route.
Chez ces deux femmes, Marie et Élisabeth, la visite de Dieu se dévoile à l’humanité : l’une est jeune et l’autre âgée, l’une est vierge et l’autre stérile, et pourtant elles sont toutes deux enceintes alors que c’est “impossible”. Telle est l’œuvre de Dieu dans notre vie : Il rend possible même ce qui semble impossible, Il engendre la vie, même dans la stérilité.
Frères et sœurs, demandons-nous avec sincérité de cœur : croyons-nous que Dieu est à l’œuvre dans notre vie ? Croyons-nous que le Seigneur, de manière cachée et souvent imprévisible, agit dans l’histoire, accomplit des merveilles et est à l’œuvre également dans nos sociétés marquées par le sécularisme mondain et par une certaine indifférence religieuse ?
Il y a un moyen de discerner si nous avons cette confiance dans le Seigneur. Quel est ce moyen ? L’Évangile dit que « lorsqu’Élisabeth entendit la salutation de Marie, l’enfant tressaillit en elle » (v. 41). Voilà le signe : tressaillir. Celui qui croit, qui prie, qui accueille le Seigneur tressaille dans l’Esprit, sent que quelque chose bouge à l’intérieur, il “danse” de joie. Et je voudrais m’arrêter sur cela : le tressaillement de la foi.
L’expérience de foi provoque avant tout un tressaillement devant la vie. Tressaillir c’est être “touché à l’intérieur”, avoir un frémissement intérieur, sentir que quelque chose bouge dans notre cœur. C’est le contraire d’un cœur plat, froid, installé dans la vie tranquille, qui se blinde dans l’indifférence et devient imperméable, qui s’endurcit, insensible à toute chose et à tout le monde, même au tragique rejet de la vie humaine qui est aujourd’hui refusée à nombre de personnes qui émigrent, à nombre d’enfants qui ne sont pas encore nés, et à nombre de personnes âgées abandonnées. Un cœur froid et plat traîne la vie de manière mécanique, sans passion, sans élan, sans désir. Et on peut tomber malade de tout cela dans notre société européenne : le cynisme, le désenchantement, la résignation, l’incertitude, un sentiment général de tristesse - tout à la fois : la tristesse, cette tristesse dissimulée dans les cœurs -. Quelqu’un les a appelées “passions tristes” : c’est une vie sans tressaillement.
Celui qui est né à la foi, en revanche, reconnaît la présence du Seigneur, comme l’enfant dans le sein d’Élisabeth. Il reconnaît son œuvre dans le fleurissement des jours et il reçoit un regard nouveau pour voir la réalité. Même au milieu des difficultés, des problèmes et des souffrances, il perçoit quotidiennement la visite de Dieu et se sent accompagné et soutenu par Lui. Face au mystère de la vie personnelle et aux défis de la société, celui qui croit connaît un tressaillement, une passion, un rêve à cultiver, un intérêt qui pousse à s’engager personnellement. Maintenant, chacun d'entre nous peut se demander : est-ce que je ressens ces choses ? Est-ce que j'ai ces choses ? Celui qui est ainsi sait que le Seigneur est présent en toute chose, qu’il appelle, qu’il invite à témoigner de l’Évangile pour édifier avec douceur, à travers les dons et les charismes reçus, un monde nouveau.
L’expérience de la foi, en plus d’un tressaillement devant la vie, provoque aussi un tressaillement devant le prochain. Dans le mystère de la Visitation, en effet, nous voyons que la visite de Dieu n’a pas lieu à travers des événements célestes extraordinaires, mais dans la simplicité d’une rencontre. Dieu vient sur le seuil d’une maison de famille, dans la tendre étreinte entre deux femmes, dans le croisement de deux grossesses pleines d’émerveillement et d’espérance. Et, dans cette rencontre, il y a la sollicitude de Marie, l’émerveillement d’Élisabeth, la joie du partage.
Rappelons-le toujours, même dans l’Église : Dieu est relation et souvent il nous rend visite à travers des rencontres humaines, quand nous savons nous ouvrir à l’autre, quand il y a un tressaillement pour la vie de ceux qui passent chaque jour à nos côtés et quand notre cœur ne reste pas impassible et insensible devant les blessures de ceux qui sont les plus fragiles. Nos villes métropolitaines, et tant de pays européens comme la France où coexistent des cultures et des religions différentes, sont en ce sens un grand défi contre les exacerbations de l’individualisme, contre les égoïsmes et les fermetures qui produisent solitudes et souffrances. Apprenons de Jésus à éprouver des frémissements pour ceux qui vivent à nos côtés, apprenons de Lui qui, devant les foules fatiguées et épuisées, ressent de la compassion et s’émeut (cf. Mc 6, 34), tressaille de miséricorde devant la chair blessée de ceux qu’il rencontre. Comme l’affirme votre grand saint, Vincent de Paul, « il faut tâcher d’attendrir nos cœurs et de les rendre susceptibles des souffrances et des misères du prochain, et prier Dieu qu’il nous donne le véritable esprit de miséricorde, qui est le propre esprit de Dieu », jusqu’à reconnaître que les pauvres sont « nos seigneurs et maîtres » (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, p. 341 ; pp. 392-393).
Frères, sœurs, je pense aux nombreux “tressaillements” qu’a connus la France, à son histoire riche de sainteté, de culture, d’artistes et de penseurs qui ont passionné tant de générations. Aujourd’hui encore, notre vie, la vie de l’Église, la France, l’Europe ont besoin de cela : de la grâce d’un tressaillement, d’un nouveau tressaillement de foi, de charité et d’espérance. Nous avons besoin de retrouver passion et enthousiasme, de redécouvrir le goût de l’engagement pour la fraternité, d’oser encore le risque de l’amour dans les familles et envers les plus faibles, et de retrouver dans l’Évangile une grâce qui transforme et rend belle la vie.
Regardons Marie qui se dérange en se mettant en route et qui nous enseigne que Dieu est précisément come cela : il nous dérange, il nous met en mouvement, il nous fait “tressaillir”, comme avec Élisabeth. Et nous voulons être des chrétiens qui rencontrent Dieu par la prière et nos frères par l’amour, des chrétiens qui tressaillent, vibrent, accueillent le feu de l’Esprit pour se laisser brûler par les questions d’aujourd’hui, par les défis de la Méditerranée, par le cri des pauvres, par les “saintes utopies” de fraternité et de paix qui attendent d’être réalisées.
Frères et sœurs, avec vous, je prie la Vierge, Notre-Dame de la Garde, de veiller sur votre vie, de garder la France, de garder toute l’Europe, et de nous faire tressaillir dans l’Esprit. Et je voudrais le faire avec les paroles de Paul Claudel : « Je vois l’église ouverte. [...] / Je n’ai rien à offrir et rien à demander. / Je viens seulement, Mère, pour vous regarder. / Vous regarder, pleurer de bonheur, savoir cela : Que je suis votre fils et que vous êtes là. [...] / Être avec vous, Marie, en ce lieu où vous êtes [...] / Parce que vous êtes là pour toujours, / Simplement parce que vous êtes Marie, / Simplement parce que vous existez, / Mère de Jésus-Christ, soyez remerciée ! » (« La Vierge à midi », Poèmes de Guerre 1914-1916, Paris, 1922).
[01425-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
The Scriptures tell us that, having established his kingdom, King David decided to transport the Ark of the Covenant to Jerusalem. After summoning the people, he rose and set out to bring the Ark; on the way, he and the people danced before it, rejoicing in the presence of the Lord (cf. 2 Sam 6:1-15). It is against the backdrop of this scene that the evangelist Luke recounts Mary’s visit to her cousin Elizabeth. Mary, too, rises and sets out for the region of Jerusalem, and when she enters Elizabeth’s house, the child she is carrying, recognizing the arrival of the Messiah, leaps for joy and begins to dance as David had before the Ark (cf. Lk 1:39-45).
Mary, then, is presented as the true Ark of the Covenant, introducing the incarnate Lord into the world. She is the young Virgin who goes to meet the barren, elderly woman and, in bringing Jesus, becomes a sign of God’s visitation that overcomes all sterility. She is the Mother who goes up to the mountains of Judah, to tell us that God is setting out to seek us with his love, so that we might exult with joy. It is God who is setting out!
In these two women, Mary and Elizabeth, God’s visitation to humanity is revealed. One is young and the other old, one is a virgin and the other barren, yet they are both pregnant in an “impossible” way. This is God’s work in our lives; he makes possible even what seems impossible, he generates life even amidst sterility.
Brothers and sisters, let us ask ourselves honestly, from the heart: Do we believe that God is at work in our lives? Do we believe that the Lord, in hidden and often unpredictable ways, acts in history, performs wonders, and is working even in our societies that are marked by worldly secularism and a certain religious indifference?
There is a way to discern whether or not we have this trust in the Lord. What is the way? The Gospel says that “as soon as Elizabeth had heard Mary’s greeting, the child leapt in her womb” (v. 41). This is the sign: to leap for joy. Whoever believes, whoever prays, whoever welcomes the Lord leaps in the Spirit, and feels that something is moving within, and “dances” with joy. I would like to dwell on this: the leap of faith.
The experience of faith, first and foremost, elicits a certain leaping in the face of life. To leap means to be “touched inside,” to have an interior quiver, to feel that something is moving in our heart. This is the opposite of a flat, cold heart, accustomed to the quiet life, which is encased in indifference and becomes impermeable. Such a heart becomes hardened and insensitive to everything and everyone, even to the tragic discarding of human life, which is seen today in the rejection of many immigrants, of countless unborn children and abandoned elderly people. A cold, flat heart drags life along mechanically, without passion, without impetus, without desire. In our European society, a person can become ill from all this and suffer cynicism, disenchantment, resignation, uncertainty, and an overall sadness – all this together: sadness, that sadness hidden in human hearts. Someone has called these dispositions “sad passions” and are found in those who do not “leap in the face of life”.
Those who are born to faith, on the other hand, recognize the presence of the Lord, like the baby in Elizabeth’s womb. They recognize his work as each day dawns and receive new eyes to view reality. Even in the midst of toil, problems and suffering, each day they discern God’s visitation among us and feel accompanied and sustained by him. Faced with the mystery of life and the challenges of society, those who believe have a spring in their step, a passion, a dream to cultivate, an interest that impels them to personally commit themselves. Now each of us can ask ourselves: do I feel these things? Do I have these things? Those who are like this know that in everything the Lord is present, calling and inviting them to witness to the Gospel with meekness, in order to build a new world, using the gifts and charisms they have received.
Besides enabling us to leap in the face of life, the experience of faith also compels us to leap toward our neighbour. Indeed, in the mystery of the Visitation, we see that God’s visitation does not take place through extraordinary, heavenly events, but in the simplicity of an encounter. God comes to the doorway of a family home, in the tender embrace between two women, in the intertwining of two pregnancies full of wonder and hope. There we see the solicitude of Mary, the wonder of Elizabeth, and the joy of sharing.
Let us always remember this in the Church: God is relational and often visits us through human encounters, when we know how to be open to others, when there is a “stirring” within us in favour of those who pass us every day, and when our hearts do not remain impassive and insensitive before the wounds of the fragile. Our major cities and many European countries like France, where different cultures and religions coexist, are a strong force against the excesses of individualism, selfishness and rejection that generate loneliness and suffering. Let us learn from Jesus how to stir ourselves to help those who live nearby. Let us learn from him who is moved to compassion before a weary and exhausted crowd (cf. Mk 6:34) and “leaps with mercy” before the wounded flesh of those he meets. As one of your great saints, Vincent de Paul, exhorts, “we should, then, soften our hearts and make them aware of the sufferings and miseries of our neighbour. We should beg God to give us that spirit of mercy which is the very Spirit of God himself,” to the point of recognizing that the poor are “our lords and masters” (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, 341; 392-393).
Brothers and sisters, I think of the many “stirrings” within France, with its history rich in holiness and culture; artists and thinkers who have inspired many generations. Today, too, our life and the life of the Church, France and Europe need this: the grace of a leap forward, a new leap in faith, charity and hope. We need to rekindle our passion and enthusiasm, to reawaken our desire to commit ourselves to fraternity. We need to once again risk loving our families and dare to love the weakest, and to rediscover in the Gospel the transforming grace that makes life beautiful.
Let us look to Mary, who inconveniences herself by setting out on a journey and who teaches us that this is God’s way: He inconveniences us, sets us in motion and makes us “leap”, similar to the experience of Elizabeth. We want to be Christians who encounter God in prayer, and our brothers and sisters in love; Christians who leap, pulsate, and receive the fire of the Holy Spirit and then allow ourselves to be set afire by the questions of our day, by the challenges of the Mediterranean, by the cry of the poor – and by the “holy utopias” of fraternity and peace that wait to be realized.
Brothers and sisters, together with you, I pray to our Lady, Notre Dame de la Garde, that she will watch over your lives, that she will guard France and will guard all of Europe, and that she will cause us to leap in the Spirit. I would like to offer this prayer using the words of Paul Claudel: “I see the church, open…. I have nothing to offer and nothing to ask. I come, Mother, only to look at you. To look at you, to weep for happiness, knowing that I am your son, and that you are there…. To be with you, Mary, in this place where you are…. Because you are there, always… Simply because you are Mary… Simply because you exist… Mother of Jesus Christ, thanks be to you (“The Virgin at Noon”, Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris, 1992).
[01425-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
In der Heiligen Schrift wird erzählt, dass König David, nachdem er sein Königreich errichtet hatte, beschloss, die Bundeslade nach Jerusalem zu bringen. Nachdem er das Volk zusammengerufen hatte, machte er sich auf den Weg, um die Bundeslade zu holen. Auf dem Weg tanzte er mit dem Volk vor der Bundeslade und jubelte vor Freude über die Gegenwart des Herrn (vgl. 2 Sam 6,1-15). Vor dem Hintergrund dieser Szene erzählt der Evangelist Lukas vom Besuch Marias bei ihrer Cousine Elisabet: Maria steht ebenfalls auf und macht sich auf den Weg in die Gegend von Jerusalem. Als sie das Haus der Elisabet betritt, hüpft das Kind, das sie in sich trägt, vor Freude und beginnt zu tanzen, wie David vor der Bundeslade (vgl. Lk 1,39-45).
Maria wird daher als die wahre Bundeslade dargestellt, die den menschgewordenen Herrn in die Welt bringt. Sie ist die jugendliche Jungfrau, die der unfruchtbaren alten Frau entgegengeht und – Jesus tragend – zum Zeichen für das Kommen Gottes wird, der alle Unfruchtbarkeit überwindet. Sie ist die Mutter, die sich in Richtung des judäischen Berglandes aufmacht, um uns zu sagen, dass Gott sich auf den Weg zu uns macht, um uns mit seiner Liebe zu suchen und uns vor Freude jubeln zu lassen. Es ist Gott, der sich auf den Weg zu uns macht!
In diesen beiden Frauen, Maria und Elisabet, erweist sich Gottes Kommen zu den Menschen: Die eine ist jung und die andere alt, die eine ist Jungfrau und die andere unfruchtbar, und doch sind beide auf „unmögliche“ Weise schwanger. Das ist Gottes Wirken in unserem Leben: Er macht auch das möglich, was unmöglich erscheint, er bringt Leben hervor, selbst in der Unfruchtbarkeit.
Brüder und Schwestern, fragen wir uns aufrichtig: Glauben wir, dass Gott in unserem Leben am Werk ist? Glauben wir, dass der Herr auf verborgene und oft unvorhersehbare Weise in der Geschichte handelt, Wunder wirkt und auch in unseren Gesellschaften, die von einem weltlichen Säkularismus und einer gewissen religiösen Gleichgültigkeit geprägt sind, am Werk ist?
Es gibt eine Weise, zu erkennen, ob wir dieses Vertrauen in den Herrn haben. Welche Weise ist es? Im Evangelium heißt es: »Als Elisabet den Gruß Marias hörte, hüpfte das Kind in ihrem Leib« (V. 41). Das ist das Zeichen: das innere Ergriffensein. Diejenigen, die glauben, die beten, die den Herrn aufnehmen, sind ergriffen im Geist, sie spüren, dass sich etwas in ihrem Inneren bewegt, sie „tanzen“ vor Freude. Und darauf möchte ich näher eingehen: das Ergriffensein im Glauben.
Die Glaubenserfahrung bewirkt zunächst einmal ein Ergriffensein angesichts des Lebens. Ergriffensein bedeutet, „innerlich berührt“ zu werden, ein inneres Beben zu erleben, zu spüren, dass sich etwas in unserem Herzen bewegt. Es ist das Gegenteil eines stumpfen, kalten Herzens, das sich im ruhigen Leben eingerichtet hat, das mit Gleichgültigkeit gepanzert ist und undurchdringbar wird, das sich verhärtet, unempfindlich gegenüber allem und jedem, selbst gegenüber der tragischen Verworfenheit menschlichen Lebens, das heute in den vielen Menschen, die auswandern, ebenso abgelehnt wird wie in so vielen ungeborenen Kindern und in so vielen verlassenen alten Menschen. Ein kaltes, stumpfes Herz lässt das Leben mechanisch weiterlaufen, ohne Leidenschaft, ohne Schwung, ohne Sehnsucht. Und an all dem kann man in unserer europäischen Gesellschaft krank werden: Zynismus, Enttäuschung, Resignation, Unsicherheit, ein allgemeines Gefühl der Traurigkeit – alles insgesamt: die Traurigkeit, jene Traurigkeit, die in den Herzen verborgen ist. Jemand hat sie als „traurige Leidenschaften“ bezeichnet: Es ist ein Leben ohne Regung.
Diejenigen, die zum Glauben geboren sind, erkennen die Gegenwart des Herrn, wie das Kind im Schoß von Elisabet. Sie erkennen sein Wirken im Werden der Tage und sehen mit neuen Augen auf die Wirklichkeit; selbst inmitten von Nöten, Problemen und Leiden erkennen sie jeden Tag Gottes Kommen und fühlen sich von ihm begleitet und getragen. Angesichts des Geheimnisses des eigenen Lebens und der Herausforderungen der Gesellschaft hat der Glaubende einen Anstoß, eine Leidenschaft, einen Traum, den er hegt, ein Interesse, das ihn antreibt, sich persönlich zu engagieren. Jetzt kann sich jeder von uns fragen: Spüre ich diese Dinge? Habe ich diese Dinge in mir? Wer so ist, weiß, dass in allem der Herr gegenwärtig ist, dass er ruft und dazu einlädt, das Evangelium zu bezeugen, um durch die empfangenen Gaben und Charismen mit Sanftmut eine neue Welt aufzubauen.
Die Erfahrung des Glaubens bewirkt nicht nur ein Ergriffensein angesichts des Lebens, sondern auch ein Ergriffensein angesichts des Nächsten. Im Geheimnis der Heimsuchung sehen wir nämlich, dass Gottes Kommen sich nicht durch außergewöhnliche himmlische Ereignisse ereignet, sondern in der Einfachheit einer Begegnung. Gott kommt an der Türschwelle eines Familienhauses, in der zärtlichen Umarmung zweier Frauen, in der Begegnung zweier Schwangerer voller Staunen und Hoffnung. Und in dieser Begegnung gibt es die Fürsorge Marias, das Staunen der Elisabet, die Freude des Austauschs.
Lasst uns immer daran denken, auch in der Kirche: Gott ist Beziehung und er kommt oft in menschlichen Begegnungen zu uns, wenn wir es verstehen, uns dem anderen zu öffnen, wenn wir uns für das Leben derer interessieren, die täglich an uns vorbeigehen, und wenn unsere Herzen nicht teilnahmslos und unempfindlich gegenüber den Wunden der Schwächsten bleiben. Unsere Großstädte und viele europäische Länder wie Frankreich, in denen verschiedene Kulturen und Religionen zusammenleben, stellen in diesem Sinne eine große Herausforderung gegen die Auswüchse des Individualismus, gegen den Egoismus und die Verschlossenheit dar, die Einsamkeit und Leid erzeugen. Lernen wir von Jesus, um die zu bangen, die in unserer Nähe leben, lernen wir von ihm, der im Angesicht der müden und erschöpften Menschenmenge Mitleid hat und ergriffen ist (vgl. Mk 6,34), der angesichts des verwundeten Fleisches derer, denen er begegnet, Erbarmen empfindet. Wie einer eurer großen Heiligen, Vinzenz von Paul, es ausdrückt, »müssen wir versuchen, unser Herz zu erweichen, es für die Schmerzen und das Elend unseres Nächsten empfänglich zu machen und Gott bitten, dass er uns den wahren Geist der Barmherzigkeit schenkt, der nämlich sein eigener Geist ist«, bis hin zu der Erkenntnis, dass die Armen »unsere Herren und Lehrmeister sind (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, 341; 392-393).
Brüder, Schwestern, ich denke an die vielen „Freudensprünge“ Frankreichs, an eine Geschichte reich an Heiligkeit, Kultur, Künstlern und Denkern, die viele Generationen inspiriert haben. Auch heute braucht unser Leben, das Leben der Kirche, das Leben Frankreichs und Europas dies: die Gnade eines Rucks, eines neuen Rucks des Glaubens, der Liebe und der Hoffnung. Wir müssen die Leidenschaft und den Enthusiasmus wiederfinden, den Geschmack am Engagement für die Geschwisterlichkeit wiederentdecken, erneut das Wagnis der Liebe in den Familien und gegenüber den Schwächsten eingehen und im Evangelium eine Gnade auffinden, die das Leben verwandelt und schön macht.
Schauen wir auf Maria, die sich trotz aller Unannehmlichkeiten auf den Weg macht und uns lehrt, dass Gott genau so ist: Er bereitet uns Unannehmlichkeiten, er setzt uns in Bewegung, er lässt uns „erbeben“, wie es bei Elisabet der Fall war. Und wir wollen Christen sein, die Gott im Gebet und ihren Brüdern und Schwestern in Liebe begegnen; Christen, die Freudensprünge machen, die beben, die das Feuer des Geistes aufnehmen und sich dann von den Fragen von heute verzehren lassen, von den Herausforderungen des Mittelmeerraums, vom Schrei der Armen, von den „heiligen Utopien“ der Geschwisterlichkeit und des Friedens, die darauf warten, verwirklicht zu werden.
Brüder und Schwestern, gemeinsam mit euch bete ich zur Gottesmutter, Notre Dame de la Garde, dass sie über euer Leben wache, dass sie Frankreich behüte, dass sie ganz Europa behüte und dass sie uns im Geiste erbeben lasse. Und ich möchte dies mit den Worten eines eurer Dichter, Paul Claudel, tun: »Ich seh die Kirche offen. […] / Ich habe nichts, dir darzubringen oder zu erflehen. / Ich komme nur, o Mutter, um dich anzuschauen, um dich zu sehen und zu weinen nur vor Glück: weil ich weiß, dass ich dein Kind bin und dass du da bist. […] Bei dir sein, Maria, an diesem Ort, wo du bist. [...] / Weil du für immer da bist, / einfach, weil du Maria bist, / einfach, weil es dich gibt, / Mutter Jesu Christi, dir sei gedankt!« (»La Vierge à midi«,Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris 1922).
[01425-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Dicen las Escrituras que el rey David, una vez establecido su reino, decidió transportar el Arca de la Alianza a Jerusalén. Después de haber convocado al pueblo, se levantó y partió para ir a traerla; luego, durante el trayecto, él mismo danzaba frente a ella junto con la gente, exultando de alegría por la presencia del Señor (cf. 2 S 6,1-15). Con esta escena de trasfondo, el evangelista Lucas nos relata la visita de María a su prima Isabel. En efecto, también María se levantó y partió hacia la región de Jerusalén y, cuando entró en la casa de Isabel, el niño que ella llevaba en el seno saltó de alegría al reconocer la llegada del Mesías, se puso a danzar como había hecho David frente al Arca (cf. Lc 1,39-45).
María, por tanto, es presentada como la verdadera Arca de la Alianza, que introduce al Señor encarnado en el mundo. Es la joven Virgen que sale al encuentro de la anciana estéril y, llevando a Jesús, se convierte en signo de la visita de Dios que vence toda esterilidad. Es la Madre que sube hacia los montes de Judá, para decirnos que Dios se pone en camino hacia nosotros, para encontrarnos con su amor y hacernos exultar de gozo ¡Es Dios, que se pone en camino!
En estas dos mujeres, María e Isabel, se revela la visita de Dios a la humanidad: una es joven y la otra anciana, una es virgen y la otra estéril, y sin embargo ambas están encinta de un modo “imposible”. Esta es la obra de Dios en nuestra vida: hace posible aun aquello que parece imposible, engendra vida incluso en la esterilidad.
Hermanos y hermanas, preguntémonos con sinceridad de corazón: ¿creemos que Dios está obrando en nuestra vida? ¿Creemos que el Señor, de manera misteriosa y a menudo imprevisible, actúa en la historia, realiza maravillas y está obrando también en nuestras sociedades marcadas por el secularismo mundano y por una cierta indiferencia religiosa?
Hay un modo para discernir si tenemos esta confianza en el Señor. ¿Cuál es este modo? El Evangelio dice que «apenas Isabel oyó el saludo de María, el niño saltó de alegría en su seno» (v. 41). Este es el signo: saltar, estremecerse. El que cree, el que reza, el que acoge al Señor exulta en el Espíritu, siente que algo se mueve dentro, “danza” de alegría. Y quisiera detenerme y reflexionar sobre este exultar de la fe.
La experiencia de fe genera ante todo un estremecimiento ante la vida. Exultar significa ser “tocados por dentro”, tener un estremecimiento interior, sentir que algo se mueve en nuestro corazón. Es lo contrario de un corazón aburrido, frío, acomodado a una vida tranquila, que se blinda en la indiferencia y se vuelve impermeable, que se endurece, insensible a todo y a todos, aun al trágico descarte de la vida humana, que hoy es rechazada en tantas personas que emigran, así como en tantos niños no nacidos y en tantos ancianos abandonados. Un corazón frío y aburrido arrastra la vida de modo mecánico, sin pasión, sin impulso, sin deseo. Y de todo esto, en nuestra sociedad europea, podemos enfermarnos: del cinismo, del desencanto, de la resignación, de la incertidumbre surge un sentido general de tristeza ―todo junto: la tristeza, aquella tristeza escondida en los corazones―. Alguien las ha llamado “pasiones tristes”; es una vida sin sobresaltos.
En cambio, el que es generado en la fe reconoce la presencia del Señor, como el niño en el seno de Isabel. Reconoce su obra en la sucesión de los días y recibe ojos nuevos para observar la realidad; aun en medio a las fatigas, los problemas y los sufrimientos, descubre cotidianamente la visita de Dios y se siente acompañado y sostenido por Él. Frente al misterio de la vida personal y a los desafíos de la sociedad, el que cree exulta, tiene una pasión, un sueño que cultivar, un interés que impulsa a comprometerse en primera persona. Ahora que cada uno de nosotros se pregunte: ¿siento yo estas cosas? ¿tengo yo estas cosas? Quien es así sabe que el Señor está presente en todo, llama, invita a testimoniar el Evangelio para edificar con mansedumbre un mundo nuevo, a través de los dones y los carismas recibidos.
La experiencia de la fe, además de un estremecimiento ante la vida, genera también un estremecimiento ante el prójimo. En el misterio de la Visitación, en efecto, vemos que la visita de Dios no se realiza por medio de acontecimientos celestiales extraordinarios, sino en la sencillez de un encuentro. Dios viene a la puerta de una casa de familia, en el tierno abrazo entre dos mujeres, en el encontrarse de dos embarazos llenos de admiración y esperanza. Y en este encuentro está la solicitud de María, la maravilla de Isabel, la alegría de compartir.
Recordémoslo siempre, también en la Iglesia: Dios es relación y nos visita con frecuencia a través de los encuentros humanos, cuando sabemos abrirnos al otro, cuando hay un estremecimiento por la vida de quien pasa cada día a nuestro lado y cuando nuestro corazón no permanece indiferente e insensible ante las heridas del que es más frágil. Nuestras ciudades metropolitanas y los numerosos países europeos como Francia, donde conviven culturas y religiones diferentes son, en este sentido, un gran desafío contra las exasperaciones del individualismo, contra los egoísmos y las cerrazones que producen soledades y sufrimientos. Aprendamos de Jesús a conmovernos por quienes viven a nuestro lado, aprendamos de Él que, ante las multitudes cansadas y exhaustas, siente compasión y se conmueve (cf. Mc 6,34), se estremece de misericordia ante la carne herida de aquel que encuentra. Como afirma uno de sus grandes santos, san Vicente de Paúl: «es preciso que sepamos enternecer nuestros corazones y hacerlos capaces de sentir los sufrimientos y las miserias del prójimo, pidiendo a Dios que nos dé el verdadero espíritu de misericordia, que es el espíritu propio de Dios», hasta reconocer que los pobres son «nuestros señores y nuestros amos» (cf. Correspondance, entretiens, documents, París 1920-25, 341; 392-393).
Hermanos, hermanas, pienso en tantos “estremecimientos” de Francia, en una historia rica de santidad, de cultura, de artistas y de pensadores, que apasionaron a tantas generaciones. También hoy nuestra vida, la vida de la Iglesia, Francia, Europa necesitan esto: la gracia de un estremecimiento, de un nuevo estremecimiento de fe, de caridad y de esperanza. Necesitamos recuperar la pasión y el entusiasmo, redescubrir el gusto del compromiso por la fraternidad, de seguir corriendo el riesgo del amor en las familias y hacia los más débiles, y de reencontrar en el Evangelio una gracia que transforma y embellece la vida.
Miremos a María, que se incomoda poniéndose en camino y nos enseña que Dios es precisamente así: nos incomoda, nos pone en movimiento, nos hace “exultar”, como le sucedió a Isabel. Y nosotros queremos ser cristianos que encuentran a Dios con la oración y a los hermanos con el amor; cristianos que exultan, vibran, acogen el fuego del Espíritu para después dejarse arder por las preguntas de hoy, por los desafíos del Mediterráneo, por el grito de los pobres, por las “santas utopías” de fraternidad y de paz que esperan ser realizadas.
Hermanos y hermanas, junto con ustedes suplico a la Virgen, Nuestra Señora de la Guardia, que vele sobre vuestra vida, que cuide a Francia, que cuide a toda Europa, y que nos haga exultar en el Espíritu. Y quisiera hacerlo con las palabras de Paul Claudel: Está la Iglesia abierta. […] / Sin nada que pedirte, nada que darte. / Sólo he venido, Madre, para mirarte. / Mirarte, llorar de dicha, mostrar así / que soy hijo tuyo y que tú estás aquí. […] Estar contigo, María, donde tú estás. […] / Simplemente porque eres María / porque eres simplemente y siempre estás aquí, / Madre de Jesucristo, ¡gracias a ti!» (cf. «La Vierge à midi», Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris 1922).
[01425-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Narram as Escrituras que o rei David, depois de tornar estável o seu reino, decidiu transportar a Arca da Aliança para Jerusalém. Então, depois de ter convocado o povo, levantou-se e partiu para ir buscá-la; em seguida, durante o trajeto, ele mesmo dançava diante dela juntamente com o povo, exultando de alegria pela presença do Senhor (cf. 2 Sam 6, 1-15). Tendo como pano de fundo esta cena, o evangelista Lucas conta-nos a visita de Maria à prima Isabel: de facto, também Maria se levanta e parte para a região de Jerusalém e, quando entra na casa de Isabel, o menino que esta traz no ventre, reconhecendo a chegada do Messias, salta de alegria e põe-se a dançar como fez David diante da Arca (cf. Lc 1, 39-45).
Assim, Maria é apresentada como a verdadeira Arca da Aliança, que introduz no mundo o Senhor encarnado. É a jovem Virgem que vai ao encontro da idosa estéril e, levando Jesus, torna-se sinal da visita de Deus que vence toda a esterilidade. É a Mãe que sobe rumo aos montes de Judá, para nos dizer que Deus Se põe em viagem para vir ao nosso encontro, para nos procurar com o seu amor e fazer-nos exultar de alegria. É Deus, quem Se põe em viagem!
Nestas duas mulheres, Maria e Isabel, desvenda-se a visita de Deus à humanidade: uma é jovem e a outra idosa, uma é virgem e a outra estéril; e, contudo, ambas estão grávidas de modo «impossível». Esta é a obra de Deus na nossa vida: torna possível mesmo aquilo que parece impossível, gera vida mesmo na esterilidade.
Irmãos e irmãs, perguntemo-nos de coração sincero: Acreditamos que Deus está a agir na nossa vida? Cremos que o Senhor age, de forma escondida e frequentemente imprevisível, na história, realiza maravilhas e atua também nas nossas sociedades marcadas pelo secularismo mundano e por uma certa indiferença religiosa?
Há um modo de discernir se temos ou não esta confiança no Senhor. E qual é esse modo? Diz o Evangelho que, «quando Isabel ouviu a saudação de Maria, o menino saltou-lhe de alegria no seio» (1, 41). Este é o sinal: saltar de alegria. Quem crê, quem reza, quem acolhe o Senhor salta de alegria no Espírito, sente que algo se move por dentro, «dança» de alegria. Quero deter-me nisto: o salto de alegria da fé.
A experiência da fé gera, antes de mais nada, um salto de alegria perante a vida. Saltar de alegria significa ser «tocado por dentro», ter um frémito interior, sentir que algo se move no nosso coração. É o contrário dum coração insensível, frio, acomodado numa vida tranquila, que se tranca na indiferença e se torna impermeável, que endurece, insensível a tudo e a todos, inclusive ao trágico descarte da vida humana, que hoje é rejeitada em tantas pessoas que emigram, bem como em muitos bebés não nascidos e em muitos idosos abandonados. Um coração frio e insensível arrasta a vida de forma mecânica, sem paixão, sem impulsos, sem anseios. E, de tudo isto, é possível adoecer na nossa sociedade europeia: o cinismo, o desencanto, a resignação, a incerteza, a melancolia – tudo somado, a tristeza, aquela tristeza escondida nos corações. Alguém as designou como «paixões tristes»: é uma vida sem saltos de alegria.
Ao contrário, quem é gerado para a fé, reconhece a presença do Senhor, como o bebé no ventre de Isabel. Reconhece a sua obra no desabrochar dos dias e recebe olhos novos para ver a realidade; mesmo no meio das canseiras, dos problemas e dos sofrimentos, vislumbra diariamente a visita de Deus e sente-se acompanhado e sustentado por Ele. Diante do mistério da vida pessoal e dos desafios da sociedade, quem acredita dá saltos de alegria, tem uma paixão, um sonho a cultivar, um interesse que o impele a comprometer-se pessoalmente. Agora, cada um de nós pode perguntar-se: eu sinto estas coisas? Eu tenho estas coisas? Quem é assim sabe que, em tudo, está presente o Senhor, nos chama e convida a testemunhar o Evangelho para construir com mansidão, graças aos dons e carismas recebidos, um mundo novo.
A experiência da fé, além de um salto de alegria perante a vida, gera também um salto de alegria à vista do próximo. De facto, no mistério da Visitação, vemos que a visita de Deus não se realiza através de eventos celestes extraordinários, mas na simplicidade dum encontro. Deus chega à porta duma casa de família, no abraço terno entre duas mulheres, no cruzamento de duas gravidezes cheias de maravilha e esperança. E, neste encontro, temos a solicitude de Maria, a maravilha de Isabel, a alegria da partilha.
Recordemo-lo sempre, mesmo na Igreja: Deus é relação e visita-nos muitas vezes através dos encontros humanos, quando sabemos abrir-nos ao outro, quando há um salto de alegria pela vida de quem passa diariamente por nós e quando o nosso coração não fica impassível e insensível perante as feridas de quem é mais frágil. Neste sentido, as nossas cidades metropolitanas e muitos países europeus como a França, onde convivem diferentes culturas e religiões, são um grande desafio contra as exasperações do individualismo, contra os egoísmos e os fechamentos que produzem solidões e sofrimentos. Aprendamos de Jesus a sentir frémitos por quem vive ao nosso lado, aprendamos d’Ele que, à vista das multidões cansadas e exaustas, sente compaixão e Se comove (cf. Mc 6, 34), experimenta saltos de misericórdia diante da carne ferida daqueles que encontra. Como afirma um vosso grande Santo – Vicente de Paulo – «é preciso procurar enternecer os nossos corações, tornando-os sensíveis às penas e às misérias do próximo, e pedir a Deus que nos dê o verdadeiro espírito de misericórdia, que é precisamente o seu próprio espírito», até reconhecer que os pobres são «os nossos senhores e patrões» (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, 341; 392-393).
Irmãos, irmãs, penso nos muitos «saltos de alegria» da França, numa história rica de santidade, de cultura, de artistas e de pensadores, que apaixonou tantas gerações. Também hoje a nossa vida, a vida da Igreja, a França, a Europa precisam disto: da graça dum salto de alegria, dum novo salto de fé, de caridade e de esperança. Precisamos de reencontrar paixão e entusiasmo, redescobrir o gosto do compromisso pela fraternidade, ousar ainda o risco do amor nas famílias e para com os mais frágeis, e encontrar no Evangelho uma graça que transforma e torna bela a vida.
Olhemos para Maria, que se desinquieta pondo-se em viagem e nos ensina que assim é exatamente Deus: desinquieta-nos, põe-nos em movimento, faz-nos «saltar de alegria», como acontece a Isabel. E queremos ser cristãos que encontram Deus com a oração, e os irmãos com o amor; cristãos que saltam de alegria, vibram, acolhem o fogo do Espírito para depois se deixar queimar pelos interrogativos de hoje, pelos desafios do Mediterrâneo, pelo grito dos pobres, pelas «santas utopias» de fraternidade e de paz à espera de ser realizadas.
Irmãos e irmãs, juntamente convosco peço a Notre Dame de la Garde que vele pela vossa vida, guarde a França, proteja a Europa inteira e nos faça saltar de alegria no Espírito. E quero fazê-lo com as palavras de Paul Claudel: «Vejo a igreja aberta. (…) / Não tenho nada para oferecer, e nada a pedir. / Venho, Mãe, somente para Te ver. / Ver-Te, chorar de felicidade, saber isto: / que sou teu filho e que Tu estás aqui. (…) Estar contigo, Maria, neste lugar onde Tu estás. (…) / Porque Tu sempre estás, / simplesmente porque és Maria, / simplesmente porque existes, / Mãe de Jesus Cristo, o meu agradecimento!» («La Vierge à midi», Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris 1922).
[01425-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Pismo święte opowiada, że król Dawid, ustanowiwszy swoje panowanie, postanowił przewieźć Arkę Przymierza do Jerozolimy. Zwoławszy zatem lud, wstał i poszedł po nią; następnie, w drodze sam tańczył przed nią wraz z ludem, radując się z obecności Pana (por. 2 Sm 6, 1-15). To właśnie na tle tej sceny Ewangelista Łukasz opowiada nam o nawiedzeniu przez Maryję swojej kuzynki Elżbiety: Maryja również wstała i wyruszyła do Jerozolimy, a kiedy wchodziła do domu Elżbiety, dziecko, które nosiła w łonie, rozpoznając przybycie Mesjasza, podskoczyło z radości i zaczęło tańczyć tak, jak Dawid przed Arką (por. Łk 1, 39-45).
Maryja jest więc przedstawiona jako prawdziwa Arka Przymierza, wprowadzająca wcielonego Pana na świat. A młoda Dziewica wychodzi na spotkanie bezpłodnej starszej niewiasty i niosąc Jezusa, staje się znakiem Bożego nawiedzenia, które przezwycięża wszelką bezpłodność. To Matka, która wyrusza ku górom Judei, żeby nam powiedzieć, że Bóg wyrusza ku nam, żeby nas szukać swoją miłością i sprawić, abyśmy rozweselili się z radości. To Bóg wyrusza w drogę!
W tych dwóch kobietach, Maryi i Elżbiecie, objawia się Boże nawiedzenie ludzkości: jedna jest młoda, a druga starsza, jedna jest dziewicą, a druga bezpłodną, ale obie są brzemienne w „niewyobrażalny” sposób. Oto dzieło Boga w naszym życiu: czyni możliwym nawet to, co wydaje się niemożliwe, rodzi życie nawet w bezpłodności.
Bracia i siostry, ze szczerością serca zadajmy sobie pytanie: czy wierzymy, że Bóg działa w naszym życiu? Czy wierzymy, że Pan, w sposób ukryty i często nieprzewidywalny, działa w dziejach, czyni cuda i działa także w naszych społeczeństwach naznaczonych światowym sekularyzmem i pewną obojętnością religijną?
Jest pewien sposób, aby rozeznać, czy mamy takie zaufanie do Pana. Cóż to za sposób? Ewangelia mówi, że „gdy Elżbieta usłyszała pozdrowienie Maryi, poruszyło się dzieciątko w jej łonie” (w. 41). To jest znak: poruszenie. Ci, którzy wierzą, ci, którzy się modlą, ci, którzy przyjmują Pana, doznają poruszenia w Duchu, czują, że coś się w nich porusza, „tańczą” z radości. I nad tym chciałbym się zastanowić: nad poruszeniem wiary.
Doświadczenie wiary rodzi przede wszystkim poruszenie wobec życia. Poskoczyć oznacza być „dotkniętym wewnętrznie”, doświadczyć wewnętrznego drżenia, poczuć, że coś porusza się w naszym sercu. Jest to przeciwieństwo serca powierzchownego, zimnego, przystosowanego do spokojnego życia, które jest osłonięte obojętnością i staje się nieczułe, które kamienieje, niewrażliwe na wszystko i wszystkich, nawet na tragiczne eliminowanie ludzkiego życia, które dziś jest odrzucane w wielu ludziach, którzy emigrują, a także w jakże wielu dzieciach nienarodzonych i w wielu opuszczonych osobach starszych. Oziębłe, powierzchowne serce przemierza życie mechanicznie, bez pasji, bez impulsu, bez pragnienia. I na to wszystko, w naszym europejskim społeczeństwie, można zachorować: na cynizm, rozczarowanie, rezygnację, niepewność, ogólne uczucie smutku – wszystko razem: smutek, ten smutek ukryty w sercach – Ktoś nazwał je „smutnymi namiętnościami”: jest to życie bez poruszeń.
Natomiast ci, którzy rodzą się do wiary, rozpoznają obecność Pana, jak dziecko w łonie Elżbiety. Rozpoznają Jego dzieło w każdym nowym dniu i zyskują nowe oczy, by patrzeć na rzeczywistość. Pomimo znużenia, problemów i cierpienia, dostrzegają nawiedzenie Boga każdego dnia, i czują się przez Niego wspierani i podtrzymywani. W obliczu tajemnicy życia osobistego i wyzwań społeczeństwa, ludzie wierzący doznają poruszenia, mają pasję, marzenie, które trzeba pielęgnować, zainteresowanie, które pobudza ich do osobistego zaangażowania. Teraz każdy z nas może zadać sobie pytanie: czy to odczuwam? Czy to mam? Ten, kto jest taki, wie, że we wszystkim obecny jest Pan, wzywa, zachęca ich do dawania świadectwa Ewangelii, aby z łagodnością, poprzez otrzymane dary i charyzmaty, budować nowy świat.
Doświadczenie wiary, oprócz poruszenia wobec życia, rodzi także poruszenie wobec bliźnich. W tajemnicy Nawiedzenia widzimy, że Boże odwiedziny nie dokonują się poprzez nadzwyczajne wydarzenia niebieskie, lecz w prostocie spotkania. Bóg przychodzi na próg domu rodzinnego, w czułym uścisku dwóch kobiet, w spotkaniu dwóch ciąż pełnych zdumienia i nadziei. W tym spotkaniu jest troska Maryi, zdumienie Elżbiety, radość dzielenia się.
Pamiętajmy o tym zawsze, także w Kościele: Bóg jest relacją i często nawiedza nas poprzez ludzkie spotkania, kiedy umiemy być otwarci na drugiego, kiedy porusza nas życie tych, którzy mijają nas każdego dnia i kiedy nasze serca nie pozostają beznamiętne i nieczułe na rany tych, którzy są słabsi. Nasze metropolie i wiele krajów europejskich, takich jak Francja, gdzie współistnieją różne kultury i religie, są zatem wielkim wyzwaniem przeciwko nasilaniu się indywidualizmu, przeciwko egoizmowi i zamknięciu, które rodzą samotność i cierpienie. Uczmy się od Jezusa drżenia o tych, którzy żyją obok nas, uczmy się od Niego, który wobec zmęczonych i wyczerpanych tłumów odczuwa współczucie i wzrusza się (por. Mk 6, 34), boleje z litości wobec zranionego ciała tych, których spotyka. Jak stwierdza jeden z waszych wielkich świętych, Wincenty a Paulo, „musimy starać się uczynić łagodnymi nasze serca, by były wrażliwe na cierpienia i nędze naszych bliźnich, i modlić się do Boga, aby dał nam prawdziwego ducha miłosierdzia, który jest właśnie Jego własnym duchem”, aż po uznanie, że ubodzy są „naszymi panami i mistrzami” (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1920-25, 341;392-393).
Bracia, siostry, myślę o wielu „poruszeniach” Francji, o historii bogatej w świętość, kulturę, artystów i myślicieli, którzy zafascynowali wiele pokoleń. Również dzisiaj nasze życie, życie Kościoła, Francji, Europy tego potrzebuje: łaski poruszenia, nowego zastrzyku wiary, miłości i nadziei. Potrzebujemy odkrycia na nowo pasji i entuzjazmu, odkrycia na nowo smaku zaangażowania na rzecz braterstwa, ponownego podjęcia ryzyka miłości w rodzinach i wobec najsłabszych, i odnalezienia w Ewangelii łaski, która przemienia i czyni życie pięknym.
Spójrzmy na Maryję, która naraża się na niewygody, wyruszając w drogę, i uczy nas, że Bóg jest właśnie taki: że naraża nas na niewygody, porusza, sprawia, że „jesteśmy poruszeni”, tak jak stało się to z Elżbietą. I chcemy być chrześcijanami, którzy spotykają Boga poprzez modlitwę, a naszych braci i siostry poprzez miłość, którzy podskakują, doznają poruszenia, przyjmują ogień Ducha, aby następnie dać się rozpalić dzisiejszym pytaniom, wyzwaniom Morza Śródziemnego, wołaniu ubogich, „świętym utopiom” braterstwa i pokoju, które czekają na urzeczywistnienie.
Bracia i siostry, razem z wami modlę się do Matki Bożej z Garde, aby czuwała nad waszym życiem, aby czuwała nad Francją, aby czuwała nad całą Europą, i aby sprawiła, że doznamy poruszenia w Duchu Świętym. I chciałbym to uczynić słowami Paula Claudela: „Widzę kościół otwarty. [...] Nie mam nic do ofiarowania, o nic nie proszę, przychodzę z niczym. / Wstąpiłem po to jedynie, by spojrzeć w Twoje oblicze. / Patrzeć na Ciebie, płakać ze szczęścia, że jestem Twym dzieckiem, i że Ty, Matko, jesteś tutaj obecna [...] Być z Tobą, Maryjo, w miejscu, w którym jesteś [...] Ponieważ zostajesz z nami na zawsze, / jesteś Maryją, po prostu, / dlatego w końcu, że istniejesz, / o Matko Jezusa Chrystusa, dzięki Ci!” („La Vierge à midi”, Poëmes de Guerre 1914-1916, Paris, 1922).
[01425-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرّسوليّة إلى مرسيليا
عظة قداسة البابا فرنسيس
في القدّاس الإلهيّ لإكرام سيّدتنا مريم العذراء سيّدة الحماية
مدرج Vélodrome، السّبت 23 أيلول/سبتمبر 2023
يروي الكتاب المقدّس أنّ داود الملك، بعد أنّ ثبَّتَ مملكته، قرّر أن ينقل تابوت العهد إلى أورشليم. لذلك، بعد أن دعا الشّعب، نَهضَ ومَضى ليأخذه، وفي أثناء الرّحلة، رَقَصَ هو نفسه أمام التّابوت مع النّاس، مُبتهجًا وفَرحًا بحضور الرّبّ (راجع صموئيل الثّاني 6، 1-15). وعلى خلفيّة هذا المَشهد، روى لنا لوقا الإنجيليّ زيارة مريم لنسيبتها أليصابات: قامت مريم أيضًا ومَضَت إلى منطقة أورشليم، ولمّا دخلت بيت أليصابات، عرف الطّفل الذي كانت تحمله في بطنها بوصول المسيح، فاهتزَّ فرحًا وبدأ يرقص، كما رقص داود أمام تابوت العهد (راجع لوقا 1، 39-45).
مريم هي تابوت العهد الحقيقيّ، الذي يقدّم الرّبّ المتجسّد إلى العالم. إنّها العذراء الشّابة التي ذهبت للقاء المرأة المُسنَّة والعاقر، التي وهي تحمل يسوع، صارت علامة على زيارة الله الذي يَغلِبُ كلّ عُقم. إنّها الأمّ التي صَعِدَت نحو جبال يهوذا، لتقول لنا إنّ الله انطلق نحونا، ليبحث عنّا بمحبّته، ويجعلنا نتهلَّلُ فرحًا.
في هاتَين المرأتَين، مريم وأليصابات، تظهر زيارة الله للبشريّة: واحدةٌ شابّة والأخرى مُسنَّة، واحدةٌ عذراء والأخرى عاقر، مع ذلك كلتاهما حامل بطريقة ”مستحيلة“. هذا هو عمل الله في حياتنا: يجعل ممكنًا حتّى ما يبدو لنا مستحيلًا، ويولّد الحياة حتّى في حالة العقم.
أيّها الإخوة والأخوات، لنسأل أنفسنا بصدق، سؤالًا من القلب: هل نؤمن بأنّ الله يعمل في حياتنا؟ وهل نؤمن بأنّ الرّبّ يسوع، وبطريقة خفيّة وغالبًا غير متوقَّعة، يعمل في التّاريخ، ويصنع العجائب، ويعمل أيضًا في مجتمعاتنا التي تتَّسِم بالعلمانيّة الدّنيويّة واللامبالاة الدينيّة؟
يوجد طريقة لنميِّز ونعرف هل نثق فعلًا بالرّبّ يسوع. ما هي الطّريقة؟ قال الإنجيل: "فلَمَّا سَمِعَت أَليصاباتُ سَلامَ مَريَم، ارتَكَضَ الجَنينُ في بَطنِها" (الآية 41). هذه هي العلامة: الاهتزاز فرحًا. مَن يؤمن، ومَن يصلّي، ومَن يتلقّى الرّبّ يسوع، يهتزّ في الرّوح القدس، ويشعر أنّ شيئًا ما يتحرّك في داخله، و”يرقص“ فرحًا. وأودّ أن أقف عند هذا: الإيمان الذي يهتز فرحًا.
خبرة الإيمان تولِّد أوّلًا اهتزازًا وفرحًا أمام الحياة. والاهتزاز يعني أنّ شيئًا ”حدث في الدّاخل“، فنرتعش في داخلنا، ونشعر بأنّ شيئًا ما يتحرّك في قلبنا. وهذا نقيض قلب مسطَّح بارد، مستريح في حياة هادئة، صار مصفَّحًا باللامبالاة، لا شيء ينفذ إليه، ومتصلِّبًا، لا يُحِسُّ بشيء أو بأحد، حتّى ولا بمأساة من يرفض الحياة البشريّة، إذ يرفض الكثيرون الحياة اليوم، في أشخاصٍ كثيرين يهاجرون، وأيضًا في أطفالٍ كثيرين لم يولدوا بعد، وفي متقدّمين في السّن كثيرين متروكين. القلب البارد والمسطّح يجرّ الحياة وراءه بشكل آليّ، من دون عاطفة، ومن دون دوافع، ومن دون رغبة. وكلّ هذا، في مجتمعنا الأوروبي، يمكن أن يؤدّيَ بنا إلى أمراض متنوعة: التّصلّب أمام ألم الغير، وعدم الاهتمام، والاستسلام، والشّكّ في كلّ شيء، وشعور عام بالحزن. سَمَّى أحدهم هذه الأمراض، ”أهواء حزينة“: إنّها حياة من دون الاهتزاز فرحًا.
لكن، مَن وُلِدَ بالإيمان، يعترف بحضور الرّبّ يسوع، مثل الطّفل في بطن أليصابات. يتعرّف على عمل الله كلما برعمت الأيّام ونمَتْ، ويتلقّى عيونًا جديدة لينظر إلى الواقع. حتّى في وسط التّعب والمشاكل والألم، يرى زيارة الله كلّ يوم ويشعر أنّه يرافقه ويسنده. أمام سرِّ الحياة الشّخصيّة وتحدّيات المجتمع، الإنسان الذي يؤمن يشعر بهزَّة فرح، عاطفة وحُلمٌ ينمّيه، ومصلحة تدفعه إلى أن يلتزم شخصيًّا. الآن كلّ واحد منّا يمكن أن يسأل نفسه: هل أشعر بهذه الأشياء؟ هل لدي هذه الأشياء؟ الذي هو كذلك يعلَم أنّ الرّبّ يسوع حاضر في كلّ شيء، ويكلّمه، ويدعوه إلى أن يشهد للإنجيل لكي يبني عالمًا جديدًا بالوداعة، وبالعطايا والمواهب التي نالها.
تولّد خبرة الإيمان، بالإضافة إلى هزّةٍ أمام الحياة، هزّةً أمام القريب أيضًا. في الواقع، في سِرِّ الزِّيارة، نرى أنّ زيارة الله لم تتمّ من خلال أحداثٍ سماويّة وغير عاديّة، بل في لقاءٍ بسيط. أتى الله إلى باب بيت عائلةٍ، وفي عِناقٍ حنونٍ بين امرأتَين، وفي لقاء امرأتَين حاملَين مليئتَين بالدَّهشة والرَّجاء. وفي هذا اللقاء نجد اهتمام مريم، واندهاش أليصابات، وفرح المشاركة.
لنتذكّر ذلك دائمًا، في الكنيسة أيضًا، الله علاقة، ويزورنا دائمًا من خلال لقاءاتنا مع الناس، عندما نعرف كيف ننفتح على الآخر، وعندما نهتزُّ لحياة الذي يمرّ بجانبنا كلّ يوم، وعندما لا يبقى قلبنا غير متأثّر وغير حسّاس أمام جراح الأضعفين. مدننا الكبيرة ودولٌ أوروبيّة كثيرة مثل فرنسا، التي فيها تتعايش الثّقافات والأديان المختلفة، تشكِّل بهذا المعنى تحدّيًا كبيرًا أمام تفاقم الفرديّة، والأنانيّات والانغلاقات التي تؤدي إلى عزلة وآلام الكثيرين. لنتعلّم من يسوع أن نرتعش ونشعر بمَن يعيش بجانبنا، ولنتعلّم منه، كيف كان يتأثّر أمام الجموع المُتعَبَة والمُرهَقَة، ويشَعَر بالشّفقة تجاهها (راجع مرقس 6، 34)، كانت تهزه الرّحمة أمام كلّ بشر جريح كان يصادفه. وكما أكَّدَ أحد قدّيسيكم الكبار، وهو منصور دي بول: "يجب أن نحاول أن نليّن قلوبنا، ونجعلها حسّاسة لآلام القريب وبؤسه، وأن نصلّي إلى الله لكي يمنحنا روح الرّحمة الحقيقيّ، الذي هو روح الله، إلى حد أن نعترف أنّ الفقراء هم "أسيادنا" (مراسلات، مقابلات، وثائق، باريس 1920-1925، 341؛ 392-393).
أيّها الإخوة والأخوات، أفكّر في ”هزّات“ فرنسا الكثيرة، وفي تاريخها الغَنيّ بالقداسة والثّقافة والفنّانين والمفكّرين، الذين شُغِفَت بهم الأجيال. واليوم أيضًا، حياتنا، وحياة الكنيسة، وفرنسا، وأوروبا بحاجة إلى هذا: إلى نعمة تهُزُّنا، وإلى إيمانٍ يهُزُّنا من جديد، وإلى محبّة ورجاء. نحن بحاجة لأن نَجِدَ شغَفًا واندفاعًا، وأن نتذوّق من جديد طَعم الالتزام من أجل الأخوَّة، وأن نجرؤ مرّة أخرى ونقبل مغامرة الحبّ في العائلات وتجاه الأضعفين، وأن نَجِدَ من جديد في الإنجيل النّعمة التي تحوّل الحياة وتجعلها جميلة.
لننظر إلى مريم، التي أتعبت نفسها وأقدمت على السّفر. وهي تعلّمنا أنّ الله هو هكذا: إنّه يزعجنا، ويدعونا إلى الحركة، ويجعلنا ”نهتزّ“، كما حصل مع أليصابات. نحن نريد أن نكون مسيحيّين يلتقون مع الله بالصّلاة ومع الإخوة بالمحبّة، ومسيحيّين يهتزّون طربًا ويرتعشون ويتلقّون نار الرّوح القدس، ويقبلون أن يحترقوا بأسئلة اليوم، وبتحدّيات البحر الأبيض المتوسّط، وبصرخة الفقراء، ”وبأحلام مقدسة“ في الأخُوّة والسّلام التي تنتظر أن تتحقَّق.
أيّها الإخوة والأخوات، أصلّي معكم إلى سيّدتنا مريم العذراء سيّدة الحماية، لتسهرَ على حياتكم، ولِتحرسَ فرنسا وأوروبّا كلّها، ولِتجعلَنا نهتزّ بالرّوح القدس. أريد أن أعبِّر عن ذلك بكلمات بول كلوديل (Paul Claudel): "رأيت الكنيسة مفتوحة. […] / ليس لديّ ما أقدّمه ولا ما أطلبه. / أتيت فقط، يا أمّي، لأنظر إليكِ. / أنظر إليكِ وأبكي من السّعادة، وأعرف هذا: / أنّي ابنك وأنّك هنا. […] وأن أكون معك يا مريم، في هذا المكان حيث أنتِ. […] / أنتِ هنا دائمًا، / ببساطة، لأنّك مريم/ ببساطة لأنّك موجودة، / أشكرك يا أمّ يسوع المسيح!" ("العذراء عند الظّهيرة"، قصائد من الحرب 1914-1916، باريس، 1922).
[01425-AR.02] [Testo originale: Italiano]
Saluto del Santo Padre al termine della Santa Messa
Saluto del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Saluto del Santo Padre
Grazie, Eminenza, per le sue parole, e grazie a tutti voi, fratelli e sorelle, per la presenza e per la preghiera. Grazie!
Giunto ormai al termine di questa visita, vorrei esprimere la mia riconoscenza per la calorosa accoglienza che ho ricevuto, così come per tutto il lavoro e i preparativi svolti. Ringrazio il Signor Presidente della Repubblica e, attraverso di lui, rivolgo un cordiale saluto a tutti i francesi e le francesi. Saluto la Signora Primo Ministro, che è venuta ad accogliermi all’aeroporto; saluto pure le Autorità presenti, in particolare il Signor Sindaco di Marsiglia.
E abbraccio tutta la Chiesa marsigliese, con le sue comunità parrocchiali e religiose, con i suoi numerosi istituti scolastici e le sue opere caritative. Quest’arcidiocesi è stata la prima al mondo ad essere consacrata al Sacro Cuore di Gesù, nel 1720, durante un’epidemia di peste; è dunque nelle vostre corde essere segni della tenerezza di Dio, anche nell’attuale “epidemia dell’indifferenza”: grazie per il vostro servizio mite e determinato, che testimonia la vicinanza e la compassione del Signore!
Diversi di voi sono giunti qui da varie parti della Francia: merci à vous! Desidero salutare i fratelli e le sorelle venuti da Nizza, accompagnati dal Vescovo e dal Sindaco, e sopravvissuti al tremendo attentato del 14 luglio 2016. Rivolgiamo un ricordo orante a quanti persero la vita in quella tragedia e in tutti gli atti terroristici perpetrati in Francia e in ogni parte del mondo. Il terrorismo è codardo. Non stanchiamoci di pregare per la pace nelle regioni devastate dalla guerra, soprattutto per il martoriato popolo ucraino.
Un saluto carico di affetto agli ammalati, ai bambini e agli anziani, che sono la memoria della civiltà; e un pensiero speciale per le persone in difficoltà e per tutti i lavoratori di questa città; presso il porto di Marsiglia lavorò Jacques Loew, il primo prete operaio della Francia. La dignità dei lavoratori sia rispettata, promossa e tutelata!
Cari fratelli e sorelle, porterò nel cuore gli incontri di questi giorni. Notre Dame de la Garde vegli su questa città, mosaico di speranza, su tutte le vostre famiglie e su ciascuno di voi. Je vous bénis. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facile! Merci.
[01426-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Merci, Excellence, pour vos paroles, et merci à vous tous, frères et sœurs, pour votre présence et pour vos prières. Merci !
Arrivé au terme de cette visite, je tiens à exprimer ma gratitude pour l'accueil chaleureux qui m'a été réservé, ainsi que pour tout le travail et les préparatifs qui ont été faits. Je remercie Monsieur le Président de la République et, à travers lui, je salue cordialement toutes les Françaises et tous les Français. Je salue Madame le Premier Ministre, qui est venue m’accueillir à l’aéroport ; je salue également les Autorités présentes, en particulier le Maire de Marseille.
Et j'embrasse toute l'Église de Marseille, avec ses communautés paroissiales et religieuses, ses nombreux établissements scolaires et ses œuvres caritatives. Cet archidiocèse a été le premier au monde à avoir été consacré au Sacré-Cœur de Jésus, en 1720, au cours d'une épidémie de peste ; vous avez donc à cœur d'être aussi des signes de la tendresse de Dieu dans l'"épidémie de l'indifférence" actuelle. Merci pour votre service, doux et déterminé, qui témoigne de la proximité et de la compassion du Seigneur !
Plusieurs d'entre vous sont venus de diverses régions de France : merci à vous ! Je voudrais saluer les frères et sœurs venus de Nice, accompagnés par l'évêque et le maire, et qui ont survécu au terrible attentat du 14 juillet 2016. Souvenons-nous dans la prière de tous ceux qui ont perdu la vie dans cette tragédie et dans tous les actes terroristes perpétrés en France et dans toutes les parties du monde. Le terrorisme est lâche. Ne nous lassons pas de prier pour la paix dans les régions ravagées par la guerre, en particulier pour le peuple ukrainien meurtri.
Une salutation pleine d'affection pour les malades, les enfants et les personnes âgées, qui sont la mémoire de la civilisation ; et une pensée particulière pour les personnes dans le besoin et pour tous les travailleurs de cette ville ; Jacques Loew, le premier prêtre ouvrier de France, a travaillé sur le port de Marseille. Que la dignité des travailleurs soit respectée, promue et protégée !
Chers frères et sœurs, je porterai dans mon cœur les rencontres de ces journées. Que Notre Dame de la Garde veille sur cette ville, mosaïque d'espérance, sur toutes vos familles et sur chacun de vous. Je vous bénis. S'il vous plaît, n'oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facile ! Merci.
[01426-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
I thank you, Your Eminence, for your words and I thank you all, brothers and sisters, for your presence and for your prayers: thank you!
Having now come to the end of this Visit, I would like to express my gratitude for the warm welcome I received, as well as for all the work and preparation that went into it. I thank the President of the Republic and, through him, I extend cordial greetings to all the men and women of France. I greet the Prime Minister who came to welcome me at the airport and I also greet the authorities present, in particular the Mayor of Marseille.
I embrace the entire Church of Marseille, with its parishes and religious communities, its numerous educational institutions and its charitable organizations. This Archdiocese was the first in the world to be consecrated to the Sacred Heart of Jesus, during an outbreak of the plague in 1720. It is therefore in your hearts to be signs of God’s tender love, also in the midst of today’s “epidemic of indifference”. Thank you for your gentle and committed service, which bears witness to the closeness and compassion of the Lord!
Several of you have come here from various parts of France: merci à vous! I would like to greet the brothers and sisters from Nice, accompanied by their Bishop and Mayor. I recall the terrible attack of 14 July 2016, of which you are survivors. Let us prayerfully remember all those who lost their lives in that tragedy, as well as in all the terrorist acts that have been perpetrated in France and in every part of the world. Terrorism is cowardly. Let us not tire of praying for peace in war-torn regions, and especially for the war-torn people of Ukraine.
I send my heartfelt greetings to the sick, to children and the elderly, who are the memory of civilization. I think especially of those in difficulty and all workers in this city: Jacques Loew, France's first worker-priest, worked at the port of Marseille. May the dignity of workers be respected, promoted and protected!
Dear brothers and sisters, I will carry the encounters of these days in my heart. May Notre Dame de la Garde watch over this city, which is a mosaic of hope, over all your families, and over each of you. Je vous bénis. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facile! Merci. (I bless you. Please do not forget to pray for me. This job is not easy! Thank you.)
[01426-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Danke, Eminenz, für Ihre Worte, und danke euch allen, Brüder und Schwestern, für eure Anwesenheit und eure Gebete: Danke!
Bereits am Ende dieses Besuches angelangt, möchte ich mich für den warmherzigen Empfang bedanken, der mir zuteilwurde, sowie für all die Arbeit und die Vorbereitungen, die geleistet wurden. Ich danke dem Herrn Staatspräsidenten und grüße durch ihn alle Franzosen und Französinnen ganz herzlich. Ich grüße die Frau Premierministerin, die gekommen ist, um mich am Flughafen zu empfangen; ich grüße auch die anwesenden Autoritäten, insbesondere den Herrn Bürgermeister von Marseille.
Und ich umarme die gesamte Kirche von Marseille mit ihren Pfarr- und Ordensgemeinschaften, ihren zahlreichen Bildungseinrichtungen und ihren karitativen Werken. Diese Erzdiözese war die erste in der Welt, die 1720 während einer Pestepidemie dem heiligsten Herzen Jesu geweiht wurde; es entspricht euch also, auch in der gegenwärtigen „Epidemie der Gleichgültigkeit“ Zeichen der Zärtlichkeit Gottes zu sein: danke für euren sanftmütigen und entschlossenen Dienst, der die Nähe und das Erbarmen des Herrn bezeugt!
Mehrere von euch sind aus verschiedenen Teilen Frankreichs hierhergekommen: merci à vous! Ich möchte die Brüder und Schwestern grüßen, die in Begleitung des Bischofs und des Bürgermeisters aus Nizza gekommen sind und die den schrecklichen Anschlag vom 14. Juli 2016 überlebt haben. Lasst uns im Gebet all derer gedenken, die bei dieser Tragödie und bei allen Terroranschlägen in Frankreich sowie überall auf der Welt ihr Leben verloren haben. Der Terrorismus ist feige. Werden wir nicht müde, für den Frieden in den Kriegsgebieten zu beten, insbesondere für das leidgeprüfte ukrainische Volk.
Ein Gruß voller Zuneigung für die Kranken, die Kinder und die älteren Menschen, die das Gedächtnis der Zivilisation sind; und besonders denke ich an die Menschen in Not und für alle Arbeiter dieser Stadt; Jacques Loew, der erste Arbeiterpriester Frankreichs, arbeitete im Hafen von Marseille. Möge die Würde der Arbeiter geachtet, gefördert und geschützt werden!
Liebe Brüder und Schwestern, ich werde die Begegnungen dieser Tage in meinem Herzen tragen. Möge Notre Dame de la Garde über diese Stadt, Mosaik der Hoffnung, über all eure Familien und über jeden einzelnen von euch wachen. Je vous bénis. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facile! Merci.
[01426-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Muchas gracias, Eminencia, por sus palabras, y también muchas gracias a todos ustedes, hermanos y hermanas, por su presencia y oración: gracias.
Llegados al final de esta visita, deseo expresar mi gratitud por la calurosa acogida que me han dispensado, así como por todo el trabajo y los preparativos que llevaron a cabo. Agradezco al señor Presidente de la República y, a través de él, dirijo un saludo cordial a todos los franceses y francesas. Saludo a la Señora Primer Ministro, que vino a recibirme al aeropuerto; saludo también a las Autoridades presentes, en particular al Alcalde de Marsella.
Y abrazo a toda la Iglesia Marsellesa, con sus comunidades parroquiales y religiosas, sus numerosas instituciones educativas y sus obras de caridad. Esta arquidiócesis fue la primera del mundo en ser consagrada al Sagrado Corazón de Jesús, en 1720, durante una epidemia de peste; por eso está en vuestra índole ser signos de la ternura de Dios, incluso en la actual “epidemia de indiferencia” ¡gracias por vuestro servicio manso y decidido, que testimonia la cercanía y la compasión del Señor!
Muchos de ustedes han venido desde distintas partes de Francia: merci à vous! Quisiera saludar a los hermanos y hermanas que han venido de Niza, acompañados por el obispo y el alcalde, y que han sobrevivido al terrible atentado del 14 de julio de 2016. Recordemos en la oración a todos los que perdieron la vida en esa tragedia y en todos los actos terroristas perpetrados en Francia y en todas partes del mundo. El terrorismo es cobarde. No nos cansemos de rezar por la paz en las regiones asoladas por la guerra, especialmente por el martirizado pueblo de Ucrania.
Un saludo lleno de afecto para los enfermos, los niños y los ancianos ―que son la memoria de la ciudad―; y un recuerdo especial para las personas necesitadas y para todos los trabajadores de esta ciudad; Jacques Loew, el primer sacerdote obrero de Francia, trabajó en el puerto de Marsella. ¡Que la dignidad de los trabajadores sea respetada, promovida y protegida!
Queridos hermanos y hermanas, llevaré en mi corazón los encuentros de estos días. Que Notre Dame de la Garde vele sobre esta ciudad, mosaico de esperanza, sobre todas vuestras familias y sobre cada uno de ustedes. Je vous bénis. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facil! Merci! [Los bendigo a todos. Y, por favor, no se olviden de rezar por mí. Este trabajo no es fácil ¡Gracias!]
[01426-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Obrigado, Eminência, pelas suas palavras! Obrigado a todos vós, irmãos e irmãs, pela presença e a oração. Obrigado!
No termo desta visita, quero expressar a minha gratidão pelo caloroso acolhimento que recebi, bem como por todo o trabalho e os preparativos realizados. Agradeço ao Senhor Presidente da República e, através dele, dirijo uma saudação cordial a todos os franceses e francesas. Saúdo a Senhora Primeira-Ministra, que me veio receber no aeroporto; saúdo também as Autoridades presentes, em particular o Senhor Presidente da Câmara de Marselha.
E abraço toda a Igreja marselhesa, com as suas comunidades paroquiais e religiosas, as suas numerosas instituições escolares e as suas obras sociocaritativas. Esta Arquidiocese foi a primeira, no mundo, a ser consagrada ao Coração de Jesus: em 1720, durante uma epidemia de peste. Nas vossas fibras, está inscrita a possibilidade de serdes sinais da ternura de Deus, inclusive na atual «epidemia da indiferença»: obrigado pelo vosso amável e decidido serviço, que testemunha a proximidade e a compaixão do Senhor!
Muitos dos presentes chegaram aqui vindos de várias partes da França: merci à vous [a vós, obrigado]! Desejo saudar os irmãos e irmãs vindos de Niza, acompanhados pelo Bispo e o Presidente da Câmara, que sobreviveram ao terrível atentado de 14 de julho de 2016. Recordamos com uma oração quantos perderam a vida naquela tragédia e em todos os atos terroristas perpetrados em França e no mundo inteiro. O terrorismo é uma cobardia. Não nos cansemos de rezar pela paz nas regiões devastadas pela guerra, especialmente pelo martirizado povo ucraniano.
Dirijo uma saudação repleta de carinho aos doentes, às crianças e aos idosos, que são a memória da civilização; faço menção especial também das pessoas em dificuldade e todos os trabalhadores desta cidade; no porto de Marselha, trabalhou Jacques Loew, o primeiro padre operário da França. Que a dignidade dos trabalhadores seja respeitada, promovida e tutelada!
Queridos irmãos e irmãs, conservarei no coração os encontros destes dias. Notre Dame de la Garde vele sobre esta cidade, mosaico de esperança, sobre todas as suas famílias e sobre cada um de vós! Je vous bénis. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n’est pas facile! Merci [eu vos abençoo. Por favor, não vos esqueçais de rezar por mim. Não é um trabalho fácil! Obrigado]!
[01426-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Dziękuję, Eminencji, za Twoje słowa, i dziękuję wam wszystkim, bracia i siostry, za waszą obecność i modlitwę. Dziękuję!
Na zakończenie tej wizyty, chciałbym wyrazić swoją wdzięczność za zgotowane mi serdeczne przyjęcie, a także za całą pracę i poczynione przygotowania. Dziękuję Panu Prezydentowi Republiki, a za jego pośrednictwem serdecznie pozdrawiam wszystkich Francuzów i Francuzki. Pozdrawiam Panią Premier, która przybyła, by mnie powitać na lotnisku. Pozdrawiam również obecnych Przedstawicieli władz, w szczególności Pana Burmistrza Marsylii.
Ogarniam cały Kościół w Marsylii, z jego wspólnotami parafialnymi i zakonnymi, z jego licznymi instytucjami edukacyjnymi i dziełami charytatywnymi. Ta archidiecezja była pierwszą na świecie, która została poświęcona Najświętszemu Sercu Pana Jezusa, w 1720 roku, podczas epidemii dżumy; potraficie zatem być znakami czułości Boga, także w obecnej „epidemii obojętności”: dziękuję za waszą cichą i znaczącą posługę, która świadczy o bliskości i współczuciu Pana!
Wielu z was przybyło tutaj z różnych części Francji: merci à vous! [Dziękuję wam!] Pragnę pozdrowić braci i siostry, którzy przybyli z Nicei, w towarzystwie biskupa i burmistrza, a którzy przeżyli straszliwy zamach 14 lipca 2016 roku. Pamiętajmy w modlitwie o wszystkich, którzy stracili życie w tej tragedii i we wszystkich aktach terrorystycznych popełnionych we Francji i we wszystkich częściach świata. Terroryzm jest tchórzostwem. Nie ustawajmy w modlitwie o pokój w regionach niszczonych wojną, zwłaszcza za umęczony naród ukraiński.
Serdecznie pozdrawiam chorych, dzieci i osoby starsze, które są pamięcią cywilizacji. Szczególną myśl kieruję do osób przeżywających trudności oraz wszystkich robotników w tym mieście; w porcie w Marsylii pracował Jacques Loew, pierwszy francuski ksiądz-robotnik. Niech godność robotników będzie szanowana, promowana i chroniona!
Drodzy bracia i siostry, będę nosił w sercu spotkania tych dni. Niech Matka Boża z Garde czuwa nad tym miastem, mozaiką nadziei, nad wszystkimi waszymi rodzinami i nad każdym z was. Je vous bénis. S'il vous plaît, n'oubliez pas de prier pour moi. Ce travail n'est pas facile! Merci! [Błogosławię was. Proszę, nie zapominajcie o mnie w modlitwie. To niełatwa praca. Dziękuję!]
[01426-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرّسوليّة إلى مرسيليا
كلمة شكر لقداسة البابا فرنسيس
في ختام القدّاس الإلهيّ
مدرج Vélodrome، السّبت 23 أيلول/سبتمبر 2023
شكرًا صاحب النّيافة، على كلماتك، وشكرًا لكم جميعًا، أيّها الإخوة والأخوات، على حضوركم وصلواتكم: شكرًا!
وَصَلتُ الآن إلى نهاية هذه الزّيارة، وأريدُ أن أعبّر عن شُكري للاستقبال الحارّ الذي تلقّيته، وللجهود التي بذلتموها والتّحضيرات التي قُمتُم بها. أشكر رئيس الجمهوريّة، وأوجّه من خلاله تحيّة حارّة إلى الفرنسيّين والفرنسيّات كلّهم. أحيّي السّيّدة رئيسة الوزراء التي جاءت لاستقبالي في المطار. وأحيّي أيضًا السُّلُطات الحاضرة هنا، ولا سيّما السّيّد رئيس بلديّة مرسيليا.
وأُعانق كنيسة مرسيليا بأكملها، مع جماعاتها الرّعويّة والرّهبانيّة، ومع مؤسّساتها التّعليمية الكثيرة وأعمالها الخيريّة. كانت هذه الأبرشيّة الأولى في العالم التي تمَّ تكريسها لقلب يسوع الأقدس، في سنة 1720، أثناء وباء الطّاعون. ففي قلوبكم علامات حنان الله، حتّى في ”وباء اللامبالاة“ الحاليّ: شكرًا على خدمتكم الوديعة والحازمة، التي تشهد لقُربِ االله ورأفته!
جاء العديد منكم إلى هنا من أماكن مختلفة من فرنسا: شكرًا لكم! أودّ أن أحيّي الإخوة والأخوات الذين جاؤوا من نيس، ويرافقهم الأسقف ورئيس البلديّة، والذين نَجَوا من الهجوم المروّع في 14 تمّوز/يوليو 2016. لنتذكّر ولنصلِّ للذين فقدوا حياتهم في تلك المأساة وفي كلّ الأعمال الإرهابيّة التي ارتُكبت في فرنسا وفي كلّ أنحاء العالم. الإرهاب جبان. ولا نتعب من أن نصلّي من أجل السّلام في المناطق التي دمّرتها الحرب، وخاصّة من أجل الشّعب الأوكرانيّ المعذّب.
تحيّة مليئة بالمحبّة للمرضى والأطفال والمتقدّمين في السّن، الذين هم ذاكرة الحضارة؛ وأوجِّه فكرًا خاصًّا إلى الأشخاص الذين يواجهون الصّعوبات، وإلى كلّ العُمَّال في هذه المدينة. عَمِلَ جاك لوف في ميناء مرسيليا، وكان أوّل كاهنٍ عامِل في فرنسا. لتكن كرامة العُمَّال مُحترمة ومعزَّزة ومحميّة!
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، سأحمل لقاءات هذه الأيّام في قلبي. لتَسهَر سيّدتنا مريم العذراء سيّدة الحماية على هذه المدينة، التي هي فسيفساء الرّجاء، ولتَسهَر على عائلاتكم كلّها وعلى كلّ واحدٍ منكم. أبارككم. ومن فضلكم، لا تنسَوْا أن تصَلُّوا من أجلي. شكرًا!
[01426-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0663-XX.02]