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Santa Messa in occasione della III Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, 23.07.2023


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.00 di questa mattina, XVI Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana in occasione della III Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Per parlarci del regno di Dio, Gesù usa delle parabole. Racconta storie semplici, che raggiungono il cuore di chi ascolta; e questo linguaggio, pieno di immagini, somiglia a quello che tante volte i nonni utilizzano con i nipoti, magari tenendoli sulle ginocchia: così comunicano una sapienza importante per la vita. Pensando ai nonni e agli anziani, radici di cui i più giovani hanno bisogno per diventare adulti, vorrei rileggere i tre racconti contenuti nel Vangelo di oggi a partire da un aspetto che hanno in comune: il crescere insieme.

Nella prima parabola, sono il grano e la zizzania a crescere insieme, nel medesimo campo (cfr Mt 13,24-30). È un’immagine che ci aiuta a fare una lettura realistica: nella storia umana, come nella vita di ognuno, c’è una compresenza di luci e ombre, di amore ed egoismo. Anzi, il bene e il male sono intrecciati al punto da sembrare inseparabili. Questo approccio realistico ci aiuta a guardare la storia senza ideologie, senza ottimismi sterili e pessimismi nocivi. Il cristiano, animato dalla speranza di Dio, non è un pessimista, ma nemmeno un ingenuo che vive nel mondo delle favole, che fa finta di non vedere il male e dice che “va tutto bene”. No, il cristiano è realista: sa che nel mondo ci sono grano e zizzania, e si guarda dentro riconoscendo che il male non viene solo “da fuori”, che non è sempre colpa degli altri, che non bisogna “inventare” dei nemici da combattere per evitare di fare luce dentro sé stessi. Si accorge che il male viene da dentro, nella lotta interiore che tutti noi abbiamo.

Ma la parabola ci pone una domanda: quando vediamo che nel mondo grano e zizzania convivono insieme, che cosa dobbiamo fare? Come comportarci? Nel racconto i servi vorrebbero strappare la zizzania subito (cfr v. 28). È un atteggiamento animato da buona intenzione, ma impulsivo, persino aggressivo. Ci si illude di poter strappare con le proprie forze il male per fare la purezza. Una tentazione che ricorre tante volte: una “società pura”, una “Chiesa pura” ma, per raggiungere questa purezza, si rischia di essere impazienti, intransigenti, anche violenti verso chi è caduto nell’errore. E così, insieme alla zizzania, si strappa pure il grano buono e si impedisce alle persone di fare un cammino, di crescere, di cambiare. Ascoltiamo invece ciò che dice Gesù: “Lasciate che il grano buono e la zizzania crescano insieme fino al tempo della mietitura” (cfr Mt 13,30). Com’è bello questo sguardo di Dio, questa sua pedagogia misericordiosa, che c’invita ad avere pazienza verso gli altri, ad accogliere – in famiglia, nella Chiesa e nella società – fragilità, ritardi e limiti: non per abituarci ad essi con rassegnazione o per giustificarli, ma per imparare a intervenire con rispetto, portando avanti con mitezza e pazienza la cura del buon grano. Ricordando sempre una cosa: che la purificazione del cuore e la vittoria definitiva sul male sono, essenzialmente, opera di Dio. E noi, vincendo la tentazione di dividere grano e zizzania, siamo chiamati a capire quali sono i modi e i momenti migliori per agire.

Penso agli anziani e ai nonni, che hanno già fatto un lungo tratto di strada nella vita e, se si voltano indietro, vedono tante cose belle che sono riusciti a realizzare, ma anche delle sconfitte, degli errori, qualcosa che – come si dice – “se tornassi indietro non rifarei”. Oggi però il Signore ci raggiunge con una parola dolce, che invita ad accogliere con serenità e pazienza il mistero della vita, a lasciare a Lui il giudizio, a non vivere di rimpianti e di rimorsi. Come se volesse dirci: “Guardate al grano buono che è germogliato nel cammino della vostra vita, e fatelo crescere ancora, affidando tutto a me, che sempre perdono: alla fine, il bene sarà più forte del male”. La vecchiaia è un tempo benedetto anche per questo: è la stagione per riconciliarsi, per guardare con tenerezza alla luce che è avanzata nonostante le ombre, nella fiduciosa speranza che il grano buono seminato da Dio prevarrà sulla zizzania con cui il diavolo ha voluto infestarci il cuore.

Vediamo ora la seconda parabola. Il regno dei cieli, dice Gesù, è l’opera di Dio che agisce in modo silenzioso nelle trame della storia, al punto da sembrare un’azione piccola e invisibile, come quella di un minuscolo granello di senape. Ma, quando questo granello cresce, «è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto chegli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (Mt 13,32). Anche la nostra vita è così, fratelli e sorelle: veniamo al mondo nella piccolezza, diventiamo adulti, poi anziani; all’inizio siamo un piccolo seme, poi ci nutriamo di speranze, realizziamo progetti e sogni, il più bello dei quali è diventare come quell’albero, che non vive per sé stesso, ma per fare ombra a chi lo desidera e offrire spazio a chi vuole costruirci il nido. Così che a crescere insieme, in questa parabola, sono alla fine il vecchio albero e gli uccellini.

Penso ai nonni: come sono belli questi alberi rigogliosi, sotto i quali i figli e i nipoti realizzano i propri “nidi”, imparano il clima di casa e provano la tenerezza di un abbraccio. Si tratta di crescere insieme: l’albero verdeggiante e i piccoli che hanno bisogno del nido, i nonni con i figli e i nipoti, gli anziani con i più giovani. Fratelli e sorelle, abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo. In questo scambio fecondo impariamo la bellezza della vita, realizziamo una società fraterna, e nella Chiesa permettiamo l’incontro e il dialogo fra la tradizione e le novità dello Spirito.

Infine la terza parabola, dove a crescere insieme sono il lievito e la farina (cfr Mt 13,33). Questa mescolanza fa crescere tutta la pasta. Gesù usa proprio il verbo “mescolare”, che richiama a quell’arte che è «la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio», e di «uscire da sé stessi per unirsi agli altri» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 87).Questo sconfigge gli individualismi e gli egoismi, e ci aiuta a generare un mondo più umano e più fraterno. Così oggi la Parola di Dio è un richiamo a vigilare perché nelle nostre vite e nelle nostre famiglie non emarginiamo i più anziani. Stiamo attenti che le nostre città affollate non diventino dei “concentrati di solitudine”; non succeda che la politica, chiamata a provvedere ai bisogni dei più fragili, si dimentichi proprio degli anziani, lasciando che il mercato li releghi a “scarti improduttivi”. Non accada che, a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo. Per favore, mescoliamoci, cresciamo insieme.

Fratelli, sorelle, la Parola divina ci invita a non separare, a non chiuderci, a non pensare di potercela fare da soli, ma a crescere insieme. Ascoltiamoci, dialoghiamo, sosteniamoci a vicenda. Non dimentichiamo i nonni e gli anziani: per una loro carezza tante volte siamo stati rialzati, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo sentiti amati, siamo stati risanati dentro. Loro si sono sacrificati per noi e noi non possiamo derubricarli dall’agenda delle nostre priorità. Fratelli e sorelle, cresciamo insieme, andiamo avanti insieme: il Signore benedica il nostro cammino.

[01156-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Pour nous parler du royaume de Dieu, Jésus utilise des paraboles. Il raconte des histoires simples qui touchent le cœur de celui qui écoute. Ce langage rempli d'images ressemble à celui que les grands-parents utilisent souvent avec leurs petits-enfants, peut-être en les prenant sur leurs genoux : ils transmettent de cette manière une sagesse importante pour la vie. En pensant aux grands-parents et aux personnes âgées, racines dont les plus jeunes ont besoin pour devenir adultes, je voudrais relire les trois récits de l'Évangile d'aujourd'hui en partant d'un aspect qu'ils ont en commun : grandir ensemble.

Dans la première parabole, ce sont le bon grain et l'ivraie qui poussent ensemble, dans le même champ (cf. Mt 13, 24-30). C'est une image qui nous aide à faire une lecture réaliste : dans l'histoire de l'humanité, comme dans la vie de chacun, coexistent ombres et lumières, amour et égoïsme. Le bien et le mal s'entremêlent au point d’apparaître inséparables. Cette approche réaliste nous aide à regarder l'histoire sans idéologies, sans optimismes stériles ni pessimismes néfastes. Le chrétien habité par l'espérance de Dieu n'est pas un pessimiste, mais il n'est pas non plus un naïf qui vit dans un monde de fables, qui fait semblant de ne pas voir le mal et qui dit que "tout va bien". Non, le chrétien est réaliste : il sait qu'il y a du bon grain et de l'ivraie dans le monde, et il regarde en lui-même, reconnaissant que le mal ne vient pas seulement "de l'extérieur", que ce n'est pas toujours la faute des autres, qu'il n’y a pas besoin de "s'inventer" des ennemis à combattre pour éviter de faire la lumière en soi-même. Il se rend compte que le mal vient de l'intérieur, de la lutte intérieure que nous menons tous.

Mais la parabole nous pose une question : lorsque nous voyons le bon grain et l'ivraie coexister dans le monde, que devons-nous faire? Comment devons-nous nous comporter ? Dans le récit, les serviteurs voudraient arracher l'ivraie immédiatement (cf. v. 28). Cette attitude est bien intentionnée, mais impulsive voire agressive. On s'illusionne sur le fait que l'on pourrait arracher le mal par ses propres forces pour faire la pureté. C’est une tentation qui revient souvent : une "société pure", une "Église pure" mais, pour atteindre cette pureté, l’on risque d'être impatient, intransigeant, voire violent à l'égard de ceux qui sont tombés dans l'erreur. Alors, avec l'ivraie, on arracherait aussi le bon grain et on empêcherait les gens de se frayer un chemin, de grandir, de changer. Écoutons plutôt ce que dit Jésus :Laissez pousser ensemble le bon grain et l'ivraie jusqu'au moment de la moisson (cf. Mt 13, 30). Qu'il est beau ce regard de Dieu, cette pédagogie miséricordieuse qui nous invite à être patient avec les autres, à accueillir - dans la famille, dans l'Église et dans la société - les fragilités, les retards et les limites : non pas pour s'y habituer avec résignation ni pour les justifier, mais pour apprendre à intervenir avec respect, en continuant à prendre soin du bon grain avec douceur et patience. En se rappelant toujours une chose : la purification du cœur et la victoire définitive sur le mal sont essentiellement l'œuvre de Dieu. Et nous, surmontant la tentation de séparer le bon grain de l'ivraie, nous sommes appelés à comprendre quels sont les manières et les moments les meilleurs pour agir.

Je pense aux personnes âgées et aux grands-parents, qui ont déjà parcouru un long chemin dans la vie et qui, s'ils regardent en arrière, voient beaucoup de belles choses qu'ils ont réussies à accomplir, mais aussi des défaites, des erreurs, des choses pour lesquelles - comme on dit - "si c’était à refaire, je ne le referais pas". Mais aujourd'hui, le Seigneur nous rejoint de sa douce parole qui nous invite à accueillir le mystère de la vie avec sérénité et patience, à Lui laisser le jugement, à ne pas vivre de regrets et de remords. Comme s'Il voulait nous dire : "Regardez le bon grain qui a germé sur le chemin de votre vie et faites-le grandir encore, en me confiant tout, à moi qui pardonne toujours : à la fin, le bien sera plus fort que le mal". La vieillesse est un temps béni aussi pour cette raison: elle est la saison pour se réconcilier, pour regarder avec tendresse la lumière qui a progressé malgré les ombres, dans l'espérance confiante que le bon grain semé par Dieu l'emportera sur les mauvaises herbes avec lesquelles le démon a voulu infester notre cœur.

Voyons maintenant la deuxième parabole. Le Royaume des cieux, dit Jésus, est l'œuvre de Dieu qui agit silencieusement dans les trames de l'histoire, au point de paraître une chose petite et invisible, comme une minuscule graine de moutarde. Mais « quand elle a poussé, elle dépasse les autres plantes potagères et devient un arbre, si bien que les oiseaux du ciel viennent et font leurs nids dans ses branches» (Mt 13, 32). Il en est ainsi également de notre vie, frères et sœurs : nous venons au monde petits, nous devenons adultes, puis âgés ; nous sommes au début une petite graine, puis nous nous nourrissons d’espérances, nous réalisons des projets et des rêves dont le plus beau est de devenir comme cet arbre qui ne vit pas pour lui-même mais pour faire de l'ombre à ceux qui le désirent et pour offrir un lieu à ceux qui veulent y construire leur nid. C’est ainsi que, dans cette parabole, le vieil arbre et les oiseaux grandissent ensemble.

Je pense aux grands-parents : qu’ils sont beaux ces arbres luxuriants sous lesquels les enfants et les petits-enfants font leur propre "nid", apprennent l’ambiance d’un foyer et connaissent la tendresse d'une étreinte. Il s'agit de grandir ensemble : l'arbre verdoyant et les petits qui ont besoin du nid, les grands-parents avec leurs enfants et leurs petits-enfants, les personnes âgées avec les plus jeunes. Frères et sœurs, nous avons besoin d'une nouvelle alliance entre les jeunes et les anciens, pour que la sève de ceux qui ont une longue expérience de la vie derrière eux irrigue les pousses d’espérance de ceux qui grandissent. Dans cet échange fécond, nous apprenons la beauté de la vie, nous créons une société fraternelle et, dans l'Église, nous permettons la rencontre et le dialogue entre la tradition et la nouveauté de l'Esprit.

Enfin, la troisième parabole, où le levain et la farine croissent ensemble (cf. Mt 13, 33). Ce mélange fait croître toute la pâte. Jésus utilise précisément le verbe “mélanger”, qui rappelle cet art qui est «la mystique de vivre ensemble, de se mélanger, de se rencontrer, de se prendre dans les bras», et de «sortir de soi-même pour s'unir aux autres» (Exhortation apostolique Evangelii gaudium, n. 87). Cela permet de vaincre les individualismes et les égoïsmes, et aide à générer un monde plus humain et plus fraternel. Aujourd'hui, la Parole de Dieu nous invite à veiller à ce que, dans nos vies et dans nos familles, nous ne marginalisions pas les personnes âgées. Veillons à ce que nos villes surpeuplées ne deviennent pas des "concentrations de solitude" ; que la politique, appelée à pourvoir aux besoins des plus fragiles, n'oublie pas les personnes âgées, laissant le marché les reléguer au rang de "déchets improductifs". Qu'à force de poursuivre à toute vitesse les mythes de l'efficacité et de la performance, nous ne devenions pas incapables de ralentir pour accompagner ceux qui peinent à suivre. De grâce, mélangeons-nous, grandissons ensemble.

Frères et sœurs, la Parole divine nous invite à ne pas nous séparer, à ne pas nous renfermer, à ne pas penser que nous pouvons y arriver seuls, mais à grandir ensemble. Écoutons-nous les uns les autres, dialoguons, soutenons-nous réciproquement. N'oublions pas les grands-parents et les personnes âgées : par une caresse de leur part, nous avons été relevés à maintes reprises, nous avons repris la route, nous nous sommes sentis aimés, nous avons été guéris intérieurement. Ils se sont sacrifiés pour nous et nous ne pouvons pas les retirer de l'agenda de nos priorités. Grandissons ensemble, avançons ensemble : que le Seigneur bénisse notre voyage.

[01156-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Jesus uses parables to teach us about the kingdom of God. He recounts simple stories that touch the hearts of his listeners. Such language, full of imagery, resembles the language that grandparents often use with their grandchildren, perhaps while holding them on their laps. In this way they pass on a wisdom important for life. Thinking of our grandparents and the elderly, whose roots young people need in order to grow into adulthood, I would like to reread the three stories contained in today’s Gospel, beginning with an aspect they have in common: growing together.

In the first parable, the wheat and the weeds grow together, in the same field (cf. Mt 13:24-30). This image helps us to see things realistically: in human history, as in each of our lives, there is a mixture of light and shadows, love and selfishness. Good and evil are even intertwined to the point of seeming inseparable. This realistic approach helps us to view history without ideologies, without sterile optimism or poisonous pessimism. Christians, motivated by the hope of God, are not pessimists; nor do they naïvely live in a fairy tale, pretending not to see evil and saying that “all is well”. No, Christians are realists: they know that there are wheat and weeds in the world. Looking at their own lives, they recognize that evil does not only come from “outside”, that it is not always the fault of others, that there is no need to “invent” enemies to fight against in order to avoid looking within themselves. They realize that evil comes from within, in the inner struggle that we all experience.

Yet, the parable poses a question: When we see “wheat” and “weeds” living side by side in the world, what should we do? How should we react? In the narrative, the servants would like immediately to pull up the weeds (cf. v. 28). This attitude comes from good intentions, but is impulsive and even aggressive. They delude themselves into thinking that they can uproot evil by their own efforts in order to make things pure. Indeed, we frequently see the temptation of seeking to bring about a “pure society” or a “pure Church”, whereas in working to reach this purity, we risk being impatient, intransigent, even violent toward those who have fallen into error. In this way, together with the weeds we pull up the good wheat and block people from moving forward, from growing and changing. Let us listen instead to what Jesus says: “Let both of them grow together until the harvest” (Mt 13:30). How beautiful is this vision of God, his way of teaching us about mercy. This invites us to be patient with others, and – in our families, in the Church and in society – to welcome weakness, delay and limitations, not in order to let ourselves grow accustomed to them or excuse them, but to learn to act with respect, caring for the good wheat gently and patiently. We must also remember that the purification of the heart and the definitive victory over evil are essentially God’s work. And we, overcoming the temptation to divide the wheat from the weeds, are called to understand the best ways and times for action.

Here I think of our grandparents and the elderly, who have already travelled far along life’s journey. If they look back, they see so many beautiful things they have succeeded in doing. Yet they also see defeats, mistakes, things that – as they say – “if I went back I would not do again”. Yet today the Lord offers us a gentle word that invites us to accept the mystery of life with serenity and patience, to leave judgment to him, and not to live regretful and remorseful lives. It is as if Jesus wanted to say to us: “Look at the good wheat that has sprouted along the path of your life and let it keep growing, entrusting everything to me, for I always forgive: in the end, the good will be stronger than the evil”. Old age is indeed a blessed time, for it is the season to be reconciled, a time for looking tenderly at the light that has shone despite the shadows, confident in the hope that the good wheat sown by God will prevail over the weeds with which the devil has wanted to plague our hearts.

Let us now turn to the second parable. Jesus tells us that the kingdom of heaven is the work of God acting silently in the course of history, to the point of seeming small and invisible, like a tiny mustard seed. Yet, when this seed grows, “it is the greatest of shrubs and becomes a tree, so that the birds of the air come and make nests in its branches” (Mt 13:32). Brothers and sisters, our lives are like this too, for we come into the world so small; we become adults, then grow old. At the beginning we are like a small seed; then we are nourished by hopes, and our plans and dreams come to fruition, the most beautiful of which become like the tree that does not live for itself but gives shade to all who desire it and offers space to those who wish to build a nest there. Thus those who grow together in this parable are ultimately the mature tree and the little birds.

Here I think of our grandparents: how beautiful are these thriving trees, in whose “branches” children and grandchildren build their own “nests”, learning the warmth of home and experiencing the tenderness of an embrace. This is about growing together: the verdant tree and the little ones who need a nest, grandparents with their children and grandchildren, the elderly with the youngest. Brothers and sisters, how much we need a new bond between young and old, so that the sap of those who have a long experience of life behind them will nourish the shoots of hope of those who are growing. In this fruitful exchange we can learn the beauty of life, build a fraternal society, and in the Church be enabled to encounter one another and dialogue between tradition and the newness of the Spirit.

Finally the third parable, where the yeast and the flour grow together (cf. Mt 13:33). This mixing makes the whole dough rise. Jesus uses the verb “to mix”. This reminds us of the “art” or “mystique” of “living together, of mingling and encounter, of embracing and supporting one another… To go out of ourselves and to join others” (Evangelii Gaudium, 87). This is the way to overcome individualism and selfishness, and to build a more human and more fraternal world. Indeed, today the word of God calls us to be vigilant so that we do not marginalize the elderly in our families or lives. Let us be careful, so that our crowded cities do not become “centres of loneliness”; that politics, called to provide for the needs of the most fragile, never forgets the elderly nor allows the market to banish them as “unprofitable waste”. May we not chase after the utopias of efficiency and performance at full-speed, lest we become incapable of slowing down to accompany those who struggle to keep up. Please, let us mingle and grow together.

Brothers and sisters, God’s word calls us not to separate ourselves, close in on ourselves or think we can do it alone, but to grow together. Let us listen to each other, talk together and support one another. Let us not forget our grandparents or the elderly, for so often we have been lifted up, gotten back on track, felt loved and been healed within, all by a caress of theirs. They have made sacrifices for us, and we cannot let them drop down the list of our priorities. Let us grow together, let us go forward together. May the Lord bless our journey!

[01156-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Um zu uns vom Reich Gottes zu sprechen, verwendet Jesus Gleichnisse. Er erzählt einfache Geschichten, die das Herz der Zuhörer erreichen; und diese bildreiche Sprache ähnelt der Sprache, die Großeltern oft im Umgang mit ihren Enkelkindern verwenden, etwa wenn sie diese gerade auf dem Schoß haben. So vermitteln sie eine wichtige Lebensweisheit. Während ich an die Großeltern und älteren Menschen denke, welche die Wurzeln sind, die die Jüngsten brauchen, um erwachsen zu werden, möchte ich die drei im heutigen Evangelium enthaltenen Geschichten noch einmal durchgehen und dabei von einem Aspekt ausgehen, der ihnen gemeinsam ist: das gemeinsame Wachsen.

Im ersten Gleichnis sind es der Weizen und das Unkraut, die gemeinsam auf demselben Feld wachsen (vgl. Mt 13,24-30). Dieses Bild hilft uns, eine realistische Lesart zu finden: In der Geschichte der Menschheit, wie im Leben eines jeden Menschen, gibt es ein Nebeneinander von Licht und Schatten, von Liebe und Egoismus. Gut und Böse sind in der Tat so eng miteinander verwoben, dass sie untrennbar erscheinen. Dieser realistische Ansatz hilft uns, die Geschichte ohne Ideologie, ohne sterilen Optimismus und schädlichen Pessimismus zu betrachten. Der Christ, der von der Hoffnung auf Gott beseelt ist, ist kein Pessimist, aber er ist auch kein naiver Mensch, der in einer Märchenwelt lebt und so tut, als ob er das Böse nicht sieht und sagt, dass „alles in Ordnung ist“. Nein, der Christ ist Realist: Er weiß, dass es in der Welt Weizen und Unkraut gibt, und er schaut in sich hinein und erkennt, dass das Böse nicht nur „von außen“ kommt, dass es nicht immer die Schuld der anderen ist, dass es nicht nötig ist, Feinde zu „erfinden“, die es zu bekämpfen gilt, nur um nicht ins eigene Leben Licht bringen zu müssen. Er ist sich bewusst, dass das Böse von innen kommt, im inneren Kampf, den wir alle führen.

Aber das Gleichnis stellt uns eine Frage: Wenn wir sehen, dass in der Welt Weizen und Unkraut nebeneinander existieren, was sollen wir dann tun? Wie sollten wir uns verhalten? In dem Gleichnis würden die Knechte das Unkraut gerne sofort ausreißen (vgl. V. 28). Diese Haltung ist gut gemeint, aber impulsiv, ja sogar aggressiv. Man meint, das Böse mit eigenen Kräften ausreißen zu können, um so die Reinheit herzustellen. Das ist eine immer wiederkehrende Versuchung: eine „reine Gesellschaft“, eine „reine Kirche“, aber um diese Reinheit zu erreichen, riskiert man, ungeduldig, unnachgiebig und sogar gewalttätig gegenüber denjenigen zu sein, die einem Irrtum verfallen sind. Und so reißt man zusammen mit dem Unkraut auch den guten Weizen aus und hindert die Menschen daran, einen Weg zu beschreiten, zu wachsen, sich zu ändern. Hören wir stattdessen auf das, was Jesus sagt: „Lasst den guten Weizen und das Unkraut gemeinsam wachsen bis zur Zeit der Ernte“ (vgl. Mt 13,30). Wie schön ist dieser Blick Gottes, diese seine barmherzige Pädagogik, die uns einlädt, Geduld mit den anderen zu haben, Schwächen, Verzögerungen und Begrenzungen anzunehmen – in der Familie, in der Kirche und in der Gesellschaft: nicht, um uns resigniert an diese zu gewöhnen oder sie zu rechtfertigen, sondern um zu lernen, respektvoll einzugreifen und die Pflege des guten Weizens mit Sanftmut und Geduld fortzuführen. Dabei erinnern wir uns stets daran, dass die Reinigung des Herzens und der endgültige Sieg über das Böse im Wesentlichen das Werk Gottes sind. Und wir sind aufgerufen, die Versuchung zu überwinden, Weizen und Unkraut zu trennen, und zu verstehen, auf welche Weise und zu welchem Zeitpunkt wir am besten handeln sollten.

Ich denke an die älteren Menschen und an die Großeltern, die schon einen langen Lebensweg hinter sich haben, und die, wenn sie zurückblicken, so viele schöne Dinge sehen, die sie erreicht haben, aber auch Niederlagen, Fehler, etwas, das – wie man sagt –„Wenn ich zurückkehren würde, ich nicht wieder machen würde“. Heute jedoch wendet sich der Herr mit einem liebevollen Wort an uns und lädt uns ein, das Geheimnis des Lebens mit Gelassenheit und Geduld anzunehmen, ihm das Urteil zu überlassen und nicht mit Bedauern und Gewissensbissen zu leben. Es ist, als wollte er uns sagen: „Seht auf das gute Korn, das auf eurem Lebensweg gekeimt ist, lasst es weiter wachsen, indem ihr alles mir anvertraut, der ich immer vergebe: Am Ende wird das Gute stärker sein als das Böse“. Auch deshalb ist das Alter eine gesegnete Zeit: Es ist die Zeit der Versöhnung, des liebevollen Blicks auf das Licht, das trotz der Schatten vorangeschritten ist, in der zuversichtlichen Hoffnung, dass der gute Weizen, den Gott gesät hat, über das Unkraut siegen wird, mit dem der Teufel unsere Herzen überwuchern wollte.

Sehen wir uns nun das zweite Gleichnis an. Das Himmelreich, so sagt Jesus, ist das Werk Gottes, das still im Geflecht der Geschichte wirkt, ja, es scheint ein kleines und unsichtbares Werk zu sein, wie das eines winzigen Senfkorns. Aber wenn dieses Korn wächst, »ist es größer als die anderen Gewächse und wird zu einem Baum, sodass die Vögel des Himmels kommen und in seinen Zweigen nisten« (Mt 13,32). So ist auch unser Leben, Brüder und Schwestern: Wir kommen klein auf die Welt, wir werden erwachsen, dann alt; am Anfang sind wir ein kleines Samenkorn, dann nähren wir uns von Hoffnungen, wir verwirklichen Projekte und Träume, von denen der schönste darin besteht, wie jener Baum zu werden, der nicht für sich selbst lebt, sondern um denen Schatten zu spenden, die sich danach sehnen, und um denen Platz zu bieten, die ihre Nester in ihm bauen wollen. So dass am Ende der alte Baum und die kleinen Vögel in diesem Gleichnis gemeinsam wachsen.

Ich denke an die Großeltern: wie schön sind diese üppigen Bäume, unter denen die Kinder und die Enkelkinder ihre „Nester“ bauen, die Atmosphäre von Heimat erfahren und die Zärtlichkeit einer Umarmung erleben. Es geht um das gemeinsame Wachsen: der grüne Baum und die Kleinen, die das Nest brauchen, die Großeltern mit ihren Kindern und Enkelkindern, die Älteren mit den Jungen. Brüder und Schwestern, wir brauchen ein neues Bündnis zwischen den Jungen und den Älteren, damit der Lebenssaft derer, die eine lange Lebenserfahrung haben, die Triebe der Hoffnung derer nährt, die noch im Wachstum begriffen sind. In diesem fruchtbaren Austausch lernen wir die Schönheit des Lebens kennen, schaffen wir eine geschwisterliche Gesellschaft, und ermöglichen wir in der Kirche die Begegnung und den Dialog zwischen der Tradition und dem beständig Neuen des Heiligen Geistes.

Schließlich das dritte Gleichnis, in dem der Sauerteig und das Mehl gemeinsam wachsen (vgl. Mt 13,33). Diese Vermischung lässt den ganzen Teig wachsen. Jesus verwendet gerade das Verb „mischen“, das an jene Kunst erinnert, »die „Mystik“ […], die darin liegt, zusammen zu leben, uns unter die anderen zu mischen, einander zu begegnen, uns in den Armen zu halten« und »aus sich selbst heraus[zu]gehen, um sich mit den anderen zusammenzuschließen« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 87). Damit überwinden wir Individualismus und Egoismus und es hilft uns, eine menschlichere und geschwisterlichere Welt zu schaffen. So ist das Wort Gottes heute ein Aufruf zur Wachsamkeit, damit wir in unserem Leben und in unseren Familien die älteren Menschen nicht ausgrenzen. Achten wir darauf, dass unsere dicht bevölkerten Städte nicht zu „Ballungszentren der Einsamkeit“ werden; dass die Politik, deren Aufgabe es ist, für die Bedürfnisse der Schwächsten Sorge zu tragen, die alten Menschen nicht vergisst und nicht zulässt, dass der Markt sie als „unproduktiven Abfall“ abstempelt. Es darf nicht passieren, dass wir im eiligen Verfolgen der Effizienz- und Leistungsmythen nicht mehr in der Lage sind, das Tempo zu drosseln, um diejenigen zu begleiten, die Mühe haben, mitzuhalten. Bitte, vermischen wir uns, wachsen wir gemeinsam.

Brüder und Schwestern, das Wort Gottes lädt uns ein, uns nicht abzusondern, uns nicht zu verschließen, nicht zu glauben, wir könnten es allein schaffen, sondern gemeinsam zu wachsen. Hören wir einander zu, reden wir miteinander, unterstützen wir uns gegenseitig. Vergessen wir nicht die Großeltern und die älteren Menschen: Durch ihre liebevolle Zuwendung sind wir viele Male aufgerichtet worden, haben wir uns wieder auf den Weg gemacht, wir haben uns geliebt gefühlt, und sind innerlich geheilt worden. Sie haben sich für uns aufgeopfert, und wir können sie nicht von unserer Prioritätenliste streichen. Lasst uns gemeinsam wachsen, lasst uns gemeinsam voranschreiten: Der Herr möge unseren Weg segnen.

[01156-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Para hablarnos del reino de Dios, Jesús usa las parábolas. Cuenta historias sencillas, que llegan al corazón de quien lo escucha; y este lenguaje, lleno de imágenes, se asemeja al que muchas veces usan los abuelos con los nietos, sentándolos quizás sobre sus rodillas. De ese modo, comunican una sabiduría importante para la vida. Recordando a los abuelos y a los ancianos, raíces que los más jóvenes necesitan para llegar a ser adultos, quisiera volver a leer los tres episodios del Evangelio que hemos escuchado a partir de un aspecto que tienen en común: el crecer juntos.

En la primera parábola, son el trigo y la cizaña los que crecen juntos, en el mismo campo (cf. Mt 13,24-30). Es una imagen que nos ayuda a hacer una lectura realista: en la historia humana, como en la vida de cada uno, coexisten las luces y las sombras, el amor y el egoísmo. Es más, el bien y el mal están entrelazados hasta el punto de parecer inseparables. Este planteamiento objetivo nos ayuda a mirar la historia sin ideologías, sin optimismos estériles o pesimismos nocivos. El cristiano, animado por la esperanza en Dios, no es un pesimista, ni tampoco un ingenuo que vive en el mundo de las fábulas, que actúa como si no viese el mal y dice que “todo va bien”. No, el cristiano es realista, sabe que en el mundo hay trigo y cizaña, y se mira dentro, reconociendo que el mal no llega sólo “desde fuera”, que no es siempre culpa de los demás, que no es necesario “inventar” enemigos que combatir para evitar arrojar un poco de luz en su interior. Se da cuenta de que el mal viene desde dentro, de la lucha interior que todos nosotros tenemos.

Pero la parábola nos interpela: cuando vemos que en el mundo el trigo y la cizaña están juntos, ¿qué debemos hacer?, ¿cómo debemos comportarnos? En la narración los siervos querían arrancar la cizaña inmediatamente (cf. v. 28). Es una actitud animada por una buena intención, pero impulsiva, incluso agresiva. Piensan que podrán arrancar el mal con sus propias fuerzas, para alcanzar la pureza. Es una tentación frecuente: una “sociedad pura”, una “Iglesia pura” pero, para alcanzar esa pureza, se corre el riesgo de ser impacientes, intransigentes, incluso violentos hacia quien cayó en el error. Y así, junto a la cizaña, se arranca también el trigo bueno y se impide a las personas hacer un camino, crecer, cambiar. Escuchemos en cambio lo que dice Jesús: «Dejen que crezcan juntos hasta la cosecha» (cf. Mt 13,30). Qué hermosa esta mirada de Dios, su pedagogía misericordiosa, que nos invita a tener paciencia con los demás, a acoger —en la familia, en la Iglesia y en la sociedad— la fragilidad, los retrasos y los límites. No para acostumbrarnos a ellos con resignación o para justificarlos, sino para aprender a intervenir con respeto, sacando adelante el cultivo del buen grano, con mansedumbre y paciencia. Recordando siempre que la purificación del corazón y la victoria definitiva sobre el mal son, esencialmente, obra de Dios. Y nosotros, venciendo la tentación de dividir el trigo y la cizaña, estamos llamados a entender cuáles son los modos y los momentos mejores para actuar.

Pienso en los ancianos y en los abuelos que han realizado ya un largo trecho en el camino de la vida y, al volver la vista atrás, ven tantas cosas hermosas que han conseguido, pero también derrotas, errores, incluso algunas cosas que —como se suele decir— “si volviera atrás no repetiría”. Hoy, sin embargo, el Señor viene a nuestro encuentro con una palabra dulce, que nos invita a acoger con serenidad y paciencia el misterio de la vida, a dejarle a Él el juicio, a no vivir de reproches y remordimientos. Como si nos quisiera decir: “Miren el buen trigo que ha germinado en el camino de sus vidas y háganlo crecer todavía más, confiándome todo, que siempre perdono: al final, el bien será más fuerte que el mal”. La ancianidad es un tiempo bendecido también para esto, es la estación para reconciliarse, para mirar con ternura la luz que se expandió a pesar de las sombras, en la confiada esperanza de que el buen trigo sembrado por Dios prevalecerá sobre la cizaña con la que el diablo ha querido infestarnos el corazón.

Veamos ahora la segunda parábola. El reino de los cielos, dice Jesús, es la obra de Dios que actúa de manera silenciosa en la trama de la historia, hasta el punto de parecer una acción minúscula e invisible, como la de un pequeño grano de mostaza. Pero, cuando este grano crece, «es la más grande de las hortalizas y se convierte en un arbusto, de tal manera que los pájaros del cielo van a cobijarse en sus ramas» (Mt 13,32). También nuestra vida es así, hermanos y hermanas: venimos a este mundo en la pequeñez, nos convertimos en adultos, después en ancianos; al principio somos una pequeña semilla, después nos nutrimos de esperanzas. Realizamos proyectos y sueños, el más hermoso de los cuales es llegar a ser como ese árbol, que no vive para sí mismo, sino para dar sombra a quienes desea y ofrecer un espacio a lo que quieren construir allí un nido. De este modo, los que crecen juntos en esta parábola son el añejo árbol y los pajaritos.

Pienso en los abuelos, hermosos como estos árboles frondosos, bajo los cuales los hijos y los nietos realizan sus propios “nidos”, aprenden el clima de familia y experimentan la ternura de un abrazo. Se trata de crecer juntos. El árbol exuberante y los pequeños que necesitan del nido, los abuelos con los hijos y los nietos, los ancianos con los más jóvenes. Hermanos y hermanas, necesitamos una nueva alianza entre jóvenes y ancianos, para que la linfa de quien tiene a sus espaldas una larga experiencia de vida irrigue los brotes de esperanza de quien está creciendo. En este intercambio fecundo aprendemos la belleza de la vida, construimos una sociedad fraterna, y en la Iglesia permitimos el encuentro y el diálogo entre la tradición y las novedades del Espíritu.

Por último, la tercera parábola, en la que crecen juntas la levadura y la harina (cf. Mt 13,33). Esta mezcla hace crecer toda la masa. Jesús usa precisamente el verbo “mezclar”, que evoca ese arte que conlleva «la mística de vivir juntos, de mezclarnos, de encontrarnos, de tomarnos de los brazos«, y de «salir de sí mismo para unirse a otros» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 87). Esto vence los individualismos y los egoísmos, y nos ayuda a generar un mundo más humano y más fraterno. De ese modo, hoy la Palabra de Dios es una llamada a vigilar para que nuestras vidas y nuestras familias no marginen a los más ancianos. Estemos atentos, para que nuestras aglomeradas ciudades no se conviertan en “concentrados de soledad”; para que la política, que está llamada a proveer a las necesidades de los más frágiles, no se olvide precisamente de los ancianos, dejando que el mercado los relegue a “descartes improductivos”. No vaya a suceder que, a fuerza de seguir a toda velocidad los mitos de la eficiencia y del rendimiento, seamos incapaces de frenar para acompañar a los que les cuesta seguir el ritmo. Por favor, mezclémonos, crezcamos juntos.

Hermanos, hermanas, la Palabra divina no nos invita a separar, a cerrarnos, a pensar que podemos hacerlo solos, sino a crecer juntos. Escuchémonos, dialoguemos, sostengámonos recíprocamente. No olvidemos a los abuelos y a los ancianos. Muchas veces, gracias a una caricia suya hemos vuelto a levantarnos, hemos reanudado el camino, nos henos sentido amados, sanados por dentro. Ellos se han sacrificado por nosotros y nosotros no podemos sacarlos de la agenda de nuestras prioridades. Crezcamos juntos, vayamos adelante juntos. El Señor bendiga nuestro camino.

[01156-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Para nos falar do reino de Deus, Jesus usa parábolas. Conta histórias simples que atingem o coração de quem escuta; e esta linguagem, cheia de imagens, assemelha-se àquela que tantas vezes os avós utilizam com os netos, talvez sentando-os nos seus joelhos: assim lhes comunicam uma sabedoria importante para a vida. Pensando nos avós e nos idosos, raízes de que os mais jovens têm necessidade para se tornar adultos, quero reler as três narrações contidas no Evangelho de hoje a partir dum aspeto que têm em comum: crescer juntos.

Na primeira parábola, são o trigo e o joio que crescem juntos, no mesmo campo (cf. Mt 13, 24-30). Trata-se duma imagem que nos ajuda a fazer uma leitura realista: na história da humanidade, como na vida de cada pessoa, coexistem luzes e sombras, amor e egoísmo. Aliás, o bem e o mal encontram-se de tal modo entrelaçados que parecem inseparáveis. Esta abordagem realista ajuda-nos a olhar a história sem ideologias, nem otimismos estéreis ou pessimismos nocivos. Animado pela esperança de Deus, o cristão não é um pessimista, mas também não é um ingénuo que vive no mundo das fábulas, finge não ver o mal e diz que «tudo corre bem». Não, o cristão é realista: sabe que no mundo há trigo e joio e, ao olhar para dentro de si, reconhece que o mal não vem só «de fora», que não é sempre culpa dos outros, que não é preciso «inventar» inimigos a combater para evitar que se faça luz dentro de si mesmo. Dá-se conta de que o mal vem de dentro, na luta interior que todos travamos.

Mas a parábola põe-nos uma pergunta: Quando virmos o trigo e o joio conviverem no mundo, que devemos fazer? Como devemos comportar-nos? Na narração, os servos queriam arrancar o joio imediatamente (cf. 13, 28). É uma atitude bem-intencionada, mas impulsiva, até mesmo agressiva. Iludimo-nos de poder arrancar o mal com as nossas próprias forças, para repor a pureza. Uma tentação que nos assalta muitas vezes: uma «sociedade pura», uma «Igreja pura». Mas, para alcançar esta pureza, corre-se o risco de ser impacientes, intransigentes e até violentos com quem caiu no erro. E deste modo, junto com o joio, arranca-se também o bom grão e impede-se as pessoas de fazer um caminho, crescer, mudar. Em vez disso ouçamos o que Jesus diz: «Deixai um e outro crescer juntos, até à ceifa» (cf. Mt 13, 30). Como é belo este olhar de Deus, esta sua pedagogia misericordiosa, que nos convida a ter paciência com os outros, a acolher – em família, na Igreja e na sociedade – fragilidades, atrasos e limites: não para nos habituarmos resignadamente a eles, nem para os justificar, mas para aprendermos a intervir com respeito, continuando a cuidar do bom grão com mansidão e paciência. E nunca esqueçamos que a purificação do coração e a vitória definitiva sobre o mal são, essencialmente, obra de Deus. E nós, vencendo a tentação de separar o trigo do joio, somos chamados a compreender quais possam ser os melhores modos e momentos para agir.

Penso nos idosos e nos avós, que já fizeram uma longa porção de estrada na vida e, quando olham para trás, veem tantas coisas bonitas que conseguiram realizar, mas também derrotas, erros e coisas que – como se costuma dizer – «se pudessem voltar atrás, não as fariam». Hoje, porém, o Senhor vem ter connosco com uma palavra benigna, que convida a acolher o mistério da vida com serenidade e paciência, deixando a Ele o juízo e não vivendo de lamúrias e remorsos. Como se quisesse dizer-nos: «Olhai para o bom grão que brotou no caminho da vossa vida, fazei-o crescer mais, confiando tudo a Mim, que perdoo sempre: no fim, o bem será mais forte que o mal». Também para isto é um tempo abençoado a velhice: é a estação para reconciliar-se, para olhar com ternura a luz que supera as sombras, esperando com confiança que o bom grão semeado por Deus há de prevalecer sobre o joio, com o qual o demónio quis contaminar o nosso coração.

Vejamos agora a segunda parábola. O reino dos céus, diz Jesus, é a obra de Deus, que age silenciosamente nas tramas da história, parecendo uma ação pequena e invisível como um minúsculo grão de mostarda. Mas, quando este grão cresce, «torna-se a maior planta do horto e transforma-se numa árvore, a ponto de virem as aves do céu abrigar-se nos seus ramos» (Mt 13, 32). A nossa vida, irmãos e irmãs, também é assim: vimos ao mundo pequeninos, tornamo-nos adultos, depois idosos; no início somos uma pequena semente, depois alimentamo-nos de esperanças, realizamos projetos e sonhos, o mais belo dos quais é tornar-nos como aquela árvore, que não vive para si mesma, mas para dar sombra a quem a deseja e oferecer espaço a quem quer construir o ninho. Assim a crescer juntos, nesta parábola, são, no final de contas, a velha árvore e os pássaros.

Penso nos avós: como são belas estas árvores frondosas, sob as quais os filhos e os netos constroem os seus «ninhos», aprendem o clima de casa e experimentam a ternura dum abraço. Trata-se de crescer juntos: a árvore verdejante e os pequeninos que precisam do ninho, os avós com os filhos e os netos, os idosos com os mais jovens. Irmãos e irmãs, precisamos duma nova aliança entre jovens e idosos, para que a seiva de quem tem uma longa experiência de vida humedeça os rebentos de esperança de quem está a crescer. Neste fecundo intercâmbio, aprendemos a beleza da vida, construímos uma sociedade fraterna e, na Igreja, permitimos o encontro e o diálogo entre a tradição e as novidades do Espírito.

Finalmente a terceira parábola, na qual crescem juntos o fermento e a farinha (cf. Mt 13, 33). Esta mistura faz crescer toda a massa. Jesus usa precisamente o verbo «misturar», que sugere aquela arte que é a «mística de viver juntos, misturar-nos, encontrar-nos, dar o braço» e «sair de si mesmo para se unir aos outros» (Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 87). Isto vence os individualismos e os egoísmos e ajuda-nos a gerar um mundo mais humano e mais fraterno. Assim hoje a Palavra de Deus é um apelo a vigiar para que, nas nossas vidas e famílias, não marginalizemos os mais velhos. Estejamos atentos para que as nossas cidades superlotadas não se tornem «concentrados de solidão»; não aconteça que a política, chamada a atender às necessidades dos mais frágeis, se esqueça precisamente dos idosos, deixando que o mercado os relegue como «resíduos não rentáveis». Não suceda que, à força de correr a toda a velocidade atrás dos mitos da eficiência e da produção, nos tornemos incapazes de abrandar para acompanhar quem sente dificuldade em aguentar o passo. Por favor, misturemo-nos, cresçamos juntos.

Irmãos, irmãs, a Palavra de Deus convida-nos a não separar, a não nos fecharmos, a não pensarmos que se consegue fazer a vida sozinhos: ela convida a crescer juntos. Ouçamo-nos, conversemos, apoiemo-nos mutuamente. Não esqueçamos os avós e os idosos: graças às suas carícias, muitas vezes voltamos a levantar-nos, retomamos o caminho, sentimo-nos amados, fomos curados interiormente. Sacrificaram-se por nós e nós não podemos apagá-los da agenda das nossas prioridades. Irmãos e irmãs, cresçamos juntos, avancemos juntos. O Senhor abençoe o nosso caminho.

[01156-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Jezus pragnąc nam powiedzieć o królestwie Bożym używa przypowieści. Opowiada proste historie, które docierają do serca jego słuchaczy. I ten język pełen obrazów przypomina ten, którego często dziadkowie używają wobec swoich wnuków, być może trzymając je na kolanach: w ten sposób przekazują ważną życiową mądrość. Myśląc o dziadkach i osobach starszych, o korzeniach, których potrzebują najmłodsi, aby stać się dorosłymi, chciałbym ponownie odczytać trzy historie z dzisiejszej Ewangelii, zaczynając od aspektu, który je łączy: wspólnego wzrastania.

W pierwszej przypowieści wzrastają razem na tym samym polu pszenica i chwast (por. Mt 13, 24-30). Jest to obraz, który pomaga nam dokonać lektury realistycznej: w historii ludzkości, podobnie jak w życiu każdego z nas mamy do czynienia ze współistnieniem światła i cienia, miłości i egoizmu. Co więcej, dobro i zło są ze sobą splecione do tego stopnia, że wydają się nierozłączne. To realistyczne podejście pomaga nam patrzeć na historię bez ideologii, bez bezowocnego optymizmu i szkodliwego pesymizmu. Chrześcijanin, ożywiony nadzieją Boga, nie jest pesymistą, ale nie jest też osobą naiwną, która żyje w świecie bajek, osobą naiwną udającą, że nie widzi zła i mówiącą, że „wszystko jest w porządku”. Przeciwnie, chrześcijanin jest realistą: wie, że na świecie istnieje pszenica i chwast, i patrzy w głąb siebie, uznając, że zło nie pochodzi tylko „z zewnątrz”, że nie zawsze jest ono winą innych, iż nie należy „wymyślać” wrogów, których trzeba zwalczać, żeby nie rzucać światła w głębie samych siebie. Zdaje sobie sprawę, że zło pochodzi z wnętrza, z wewnętrznej walki, którą wszyscy toczymy.

Ale przypowieść zadaje nam pytanie: co powinniśmy czynić, kiedy widzimy, że na świecie pszenica i chwast współistnieją razem? Jak powinniśmy się zachować? W tej historii słudzy chcieliby natychmiast wyrwać chwast (por. w. 28). Jest to postawa wypływająca z dobrych intencji, ale impulsywna, także agresywna. Łudzimy się, że możemy wyrwać zło o własnych siłach, aby dokonać oczyszczenia. Taka pokusa powraca wielokroć: „czyste społeczeństwo”, „czysty Kościół”, ale aby osiągnąć tę czystość, narażamy się na niebezpieczeństwo niecierpliwości, nieprzejednania, a nawet przemocy wobec tych, którzy popadli w błąd. Tak, wraz z chwastami wyrywa się również dobrą pszenicę i uniemożliwia ludziom dokonywanie procesu, wzrastania, przemiany. Posłuchajmy natomiast tego, co mówi Jezus: „Pozwólcie, aby dobra pszenica i chwast wspólnie rosły aż do żniwa” (por. Mt 13, 30). Jakże piękne jest to spojrzenie Boga, ta Jego miłosierna pedagogia, która zachęca nas do cierpliwości wobec innych, do przyjmowania - w rodzinie, w Kościele i w społeczeństwie - słabości, nienadążania i ograniczeń: nie po to, aby się do nich przyzwyczajać z rezygnacją lub je usprawiedliwiać, wręcz przeciwnie – lecz by nauczyć się wkraczania z szacunkiem, troszcząc się o dobrą pszenicę z łagodnością i cierpliwością. Zawsze pamiętając o jednym: że oczyszczenie serca i ostateczne zwycięstwo nad złem są zasadniczo dziełem Boga. A my, przezwyciężając pokusę oddzielania pszenicy i chwastu jesteśmy wezwani do zrozumienia, jakie są najlepsze sposoby i czasy, żeby zadziałać.

Myślę też o osobach starszych i dziadkach, którzy już przeszli długą drogę w życiu i jeśli spojrzą wstecz, widzą bardzo wiele pięknych rzeczy, jakie udało im się osiągnąć, ale także porażki, błędy, coś, co - jak mówią – „gdybym zawrócił, nie uczyniłbym tego ponownie”. Dziś jednak Pan zwraca się do nas ze słodkim słowem, zapraszając nas do przyjęcia tajemnicy życia ze spokojem i cierpliwością, do pozostawienia Jemu osądu, a nie do życia z nostalgią i wyrzutami sumienia. Jakby chciał nam powiedzieć: „Spójrzcie na dobre ziarno, które wykiełkowało na drodze waszego życia, sprawcie, by ponownie wyrosło, powierzając wszystko Mnie, który zawsze przebaczam: w końcu dobro będzie silniejsze niż zło”. Starość jest czasem błogosławionym również w tym względzie: jest to czas pojednania, czułego spojrzenia na światło, które rozwinęło się pomimo cieni, w ufnej nadziei, że dobra pszenica zasiana przez Boga zwycięży nad chwastami, którymi diabeł chciał nękać nasze serca.

Spójrzmy teraz na drugą przypowieść. Jezus mówi, że królestwo niebieskie jest dziełem Boga, które działa po cichu w obrębie dziejów, do tego stopnia, że zdaje się działaniem małym i niewidocznym, jak malutkie ziarnko gorczycy. Ale kiedy to ziarno wyrośnie, „większe jest od innych jarzyn i staje się drzewem, tak że ptaki podniebne przylatują i gnieżdżą się na jego gałęziach” (Mt 13, 32). Takie jest również nasze życie, bracia i siostry: przychodzimy na świat w małości, stajemy się dorośli, a potem starsi. Na początku jesteśmy malutkim ziarnem, potem jesteśmy karmieni nadzieją, realizujemy plany i marzenia, z których najpiękniejszym jest stać się jak to drzewo, które nie żyje dla siebie, lecz by dawać cień tym, którzy tego pragną i oferować miejsce tym, którzy chcą budować na nim swoje gniazda. Tak więc w tej przypowieści w końcu wzrastają razem stare drzewo i ptaki.

Myślę o dziadkach: jakże piękne są te bujne drzewa, pod którymi dzieci i wnuki budują własne „gniazda”, uczą się atmosfery domu i doświadczają czułości uścisku. Chodzi o wspólne wzrastanie: zielone drzewo i maluczcy, którzy potrzebują gniazda, dziadkowie z dziećmi i wnukami, starsi z młodymi. Bracia i siostry, potrzebujemy nowego przymierza między młodymi a starymi, aby soki tych, którzy mają za sobą długie doświadczenie życiowe nawadniały pędy nadziei tych, którzy dorastają. W tej owocnej wymianie uczymy się piękna życia, budujemy braterskie społeczeństwo, a w Kościele umożliwiamy spotkanie i dialog między tradycją a nowością Ducha.

Wreszcie trzecia przypowieść, w której zaczyn i mąka rosną razem (por. Mt 13, 33). To wymieszanie sprawia, że całe ciasto rośnie. Jezus używa właśnie czasownika „wymieszać”, który przypomina o tej sztuce, która jest „«mistyką» życia razem, wymieszania się, spotkania, wzięcia za rękę”, i „wyjścia poza siebie, aby jednoczyć się z innymi” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 87). Przezwycięża to indywidualizm i egoizm, i pomaga nam tworzyć świat bardziej ludzki i bardziej braterski. Tak więc dzisiaj słowo Boże jest wezwaniem do czujności, abyśmy w naszym życiu i w naszych rodzinach nie marginalizowali osób starszych. Uważajmy, aby nasze zatłoczone miasta nie stały się „skupiskami samotności”, aby nie doszło do tego, że polityka, powołana do zabezpieczenia potrzeb najsłabszych, zapomniałaby o osobach starszych, pozwalając, żeby rynek zdegradował je do „nieproduktywnych odpadów”. Niech nie dojdzie do tego, że z powodu pogoni za mitami efektywności i wydajności na pełnych obrotach, staniemy się niezdolni do zwolnienia, żeby towarzyszyć tym, którzy z trudem dotrzymują nam kroku. Proszę, mieszajmy się, wzrastajmy razem.

Bracia i siostry, słowo Boże zaprasza nas, abyśmy się nie oddzielali, nie zamykali, nie myśleli, że możemy to zrobić sami, ale abyśmy wzrastali razem. Słuchajmy siebie nawzajem, prowadźmy dialog, wspierajmy się. Nie zapominajmy o dziadkach i osobach starszych: dzięki ich czułości wielokrotnie byliśmy podnoszeni na duchu, ponownie wyruszaliśmy w drogę, czuliśmy się kochani, byliśmy uzdrawiani wewnętrznie. Poświęcili się dla nas i nie możemy usunąć ich z listy naszych priorytetów. Bracia i siostry, wzrastajmy razem, idźmy razem naprzód: niech Pan pobłogosławi naszą drogę.

[01156-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في مناسبة اليوم العالمي الثّالث للأجداد وكبار السّن

يوم الأحد 23 تموز/يوليو 2023

بازيليكا القدّيس بطرس

استخدم يسوع الأمثال ليكلّمنا على ملكوت الله. روَى قصصًا بسيطة تصل إلى قلب الذين يصغون إليها. وهذه اللغة المليئة بالصّوّر تشبه اللغة التي يستخدمها الأجداد مرّات كثيرة مع أحفادهم، وهم جالسون على ركبهم، فينقلون إليهم حكمة الحياة، حكمة مهمّة. بالتّفكير في الأجداد وكبار السّن، وهم الجذور التي يحتاج إليها الشّباب الصّغار ليصيروا بالغين، أودّ أن أقرأ معكم من جديد ثلاث قصص نجدها في إنجيل اليوم، وفيها معنى مشترك، وهو النّمو معًا.

في المثل الأوّل، القَمح والزُؤان ينموان معًا في نفس الحقل (راجع متّى 13، 24-30). إنّها صورة تساعدنا لنقرأ قراءة واقعيّة: في تاريخ البشريّة، كما في حياة كلّ واحد منَّا، يتواجد معًا النّور والظّلال، والحبّ والأنانية. بل يتشابك الخير والشّرّ إلى درجة يبدو أنّهما لا ينفصلان. وجهة النّظر هذه الواقعيّة تساعدنا على النّظر إلى التّاريخ بدون أيديولوجيّات، وبدون مواقف تفاؤل عقيم أو تشاؤم ضارّ. المسيحيّ، الممتلئ برجاء الله، ليس متشائمًا، ولا هو إنسان بسيط يعيش في عالم القصص الخياليّة، ويتظاهر بأنّه لا يرى الشّرّ ويقول ”كلّ شيء على ما يرام“. لا، المسيحيّ واقعي: إنّه يعرف أنّ في العالم قمحًا وزؤانًا، وينظر في داخله ويدرك أنّ الشّرّ لا يأتي فقط ”من الخارج“، وأنّ الخطأ ليس دائمًا خطأ الآخرين، وأنّه يجب ألّا ”نختلق“ الأعداء لنقاتلهم حتّى نتجنّب تسليط الضّوء على ما في أنفسنا. إنّه يرى أنّ الشّرّ يأتي من داخلنا، ومن الصّراع الدّاخلي الذي نعيشه كلّنا.

والمثل يطرح علينا سؤالًا: عندما نرى القَمح والزُؤان يعيشان معًا في العالم، ماذا علينا أن نعمل؟ وكيف نتصرّف؟ في القصة، أراد الخدم أن يقلعوا الزُؤان مباشرةً (راجع الآية 28). في الموقف نيّة حسنة، لكن فيه أيضًا اندفاع وعدوانية. نتوّهم أنّنا نقدر أن نقلع الشّرّ بقوّتنا لنُوجِد النّقاء. إنّها تجربة تتكرّر مرارًا: ”مجتمع نقيّ“، ”كنيسة نقيّة“، ولتحقيق هذا النّقاء، نوشك أن نفقد صبرنا، وأن نبالغ في مطالباتنا لمن أخطأوا، بل نصير عنيفين تجاههم. وهكذا، مع اقتلاع الزُؤان، نقتلع القَمح الطّيّب ونمنع الأشخاص من القيام بمسيرة، ومن النّمو، والتّغيُّر. لكن لنصغِ إلى ما قاله يسوع: ”اتركوا القَمح الطّيّب والزُؤان يَنبُتانِ معًا إلى يوم الحَصاد“ (متّى 13، 30). ما أجمل نظرة الله هذه، هذا هو نهجه التّربوي الرّحيم، الذي يدعونا إلى أن نتحلّى بالصّبر مع الآخرين، وأن نقبل - في العائلة وفي الكنيسة وفي المجتمع – الضّعف والتّأخُّر والحدود: لا لتصير هذه الأمور لنا عادة نستسلِم لها أو نحاول تبريرها، بل لنتعلّم أن نتدخل باحترام، ونستمرّ في الاعتناء بالقَمح الطّيّب بوداعة وصبر. لنتذكّر دائمًا شيئًا واحدًا: أنّ تنقيّة القلب والانتصار النّهائي على الشّرّ هما في الأساس من عمل الله. ونحن، عندما نتغلّب على تجربة الفصل بين القَمح والزُؤان، مدعوّون إلى أن نفهم ما هي أفضل الطّرق والأوقات للعمل.

أفكّر في كبار السّن والأجداد، الذين قطعوا من قبل شوطًا طويلًا في الحياة، وإن نظروا إلى الوراء، رأوا أشياءً كثيرة جميلة تمكّنوا من تحقيقها، ورأوا أيضًا الفشل والأخطاء، وأشياء، كما يقال، ”لو عدت إلى الوراء لمَا فعلتها من جديد“. أمّا اليوم، فإنّ الرّبّ يسوع يأتينا بكلمة عذبة، تدعونا إلى أن نقبل سرّ الحياة بهدوء وصبر، وأن نترك الدّينونة له، وألّا نعيش في الشّكوى والنّدم. كأنّه يريد أن يقول لنا: ”انظروا إلى القَمح الطّيّب الذي نبت في مسيرة حياتك ودعه ينمو ويزداد، وأوكلوا إليّ كلّ شيء، أنا الذي أغفر دائمًا: في النّهاية، سيكون الخير أقوى من الشّرّ“. الشّيخوخة هي أيضًا وقت مبارك لهذا: إنّها زمن المصالحة، لكي ننظر بحنان إلى النّور الذي صار قويًّا، بالرّغم من الظّلال، في الرّجاء الواثق أنّ القَمح الطّيّب الذي زرعه الله سيتغلّب على الزُؤان الذي أراد به الشّيطان أن يجتاح قلبنا.

لِنَرَ الآن المثل الثّاني. قال يسوع إنّ ملكوت السَّمَوات هو عمل الله الذي يعمل بصمت في أحداث التّاريخ، لدرجة أنّه يبدو عملًا صغيرًا وغير مرئي، مثل حبّة الخردل الصّغيرة. ولكن عندما تنمو هذه البُزور تصير "أَكبَرَ البُقول، بل تصير شَجَرَةً حتَّى إِنَّ طُيورَ السَّماءِ تَأتي فتُعَشِّشُ في أَغصانِها" (متّى 13، 32). أيّها الإخوة والأخوات، حياتنا هي كذلك: نأتي إلى العالم في الصّغر، ونصير بالغين، ثمّ كبارًا في السّن. في البدايّة نكون بذرة صغيرة، ثمّ نتغذى بالرّجاء، ونحقّق المشاريع والأحلام، وأجملها أن نصير مثل تلك الشّجرة التي لا تعيش لنفسها، بل لتعطي الظلّ للذين يريدون ذلك ولتقدّم مكانًا للذين يريدون أن يبنوا عليها عشًّا. وفي النّهاية، في هذا المثل، الشّجرة القديمة والعصافير الصّغيرة تنمو معًا.

أفكّر في الأجداد: كم هي جميلة هذه الأشجار النّضرة، تحت ظلّها يبني الأبناء والأحفاد ”أعْشاشَهم“، ويتعلّمون أجواء البيت ويختبرون حنان العناق. هذا هو النّمُوُّ معًا: الشّجرة الخضراء والصّغار الذين يحتاجون إلى عشّ، والأجداد مع أبنائهم وأحفادهم، وكبار السّن مع الشّباب. أيّها الإخوة والأخوات، نحن بحاجة إلى تحالف جديد بين الشّباب وكبار السّن، حتّى إن الحياة التي تجري في الذين يحملون خبرة طويلة في الحياة تُروِي براعم الرّجاء في الذين ينمون. في هذا التّبادل الخصب نتعلّم جمال الحياة ونبني مجتمعًا أخويًّا، وفي الكنيسة نسمح باللقاء والحوار بين التّقليد وكلّ ما هو جديد في الرّوح.

أخيرًا المثل الثّالث، حيث الخميرة والطّحين ينموان معًا (راجع متّى 13، 33). هذا الخلط يؤدّي إلى نمو كلّ العجين. استخدم يسوع الفعل ”اختلط“ (في النّص الأصلّي)، الذي يشير إلى الفن الذي هو "صوفيّة العيش معًا، والاختلاط، والتّلاقي، والتّعانق"، و "الخروج من الذّات للانضمام إلى الآخرين" (الإرشاد الرّسولي، فرح الإنجيل، 87). هذا يقضي على الفرديّة والأنانيّة، ويساعدنا لنبني عالمًا أكثر إنسانيّة وأكثر أخوّة. لذلك كلمة الله هي اليوم دعوة لنا إلى أن نسهر حتّى لا نهمّش كبار السّن في حياتنا وفي عائلاتنا. لنكن متنبّهين حتّى لا تصير مدننا المزدحمة ”بؤرًا للعزلة“، ولا يحدث أنّ السّياسة، المدعوّة إلى توفير احتياجات الأضعفين، تنسى كبار السّن، وتترك السّوق يضعهم جانبًا على أنّهم ”أشخاص يُهمَلون لأنّهم غير منتجين“. ولا يحدث أن نصير غير قادرين على التّمهل في خطواتنا، بسبب اندفاعنا وإسراعنا وراء أساطير الفعالية والإنجاز، فلا نقدر أن نرافق الذين يسيرون بتعب وكدّ للبقاء مع سرعة العصر. من فضلكم، لنختلط، ولننمو معًا.

أيّها الإخوة والأخوات، كلمة الله تدعونا إلى ألّا نفترق، وألّا ننغلق على أنفسنا، وألّا نفكّر في أنّنا نستطيع القيام بكلّ شيء وحدنا، بل تدعونا إلى أن ننمو معًا. لنصغِ بعضنا إلى بعض، ولنتحاور، ولنسند بعضنا البعض. ولا ننسَ الأجداد وكبار السّن: بملاطفتهم لنا عُدْنا ووقفنا مرّات عديدة، وواصلنا المسيرة، وشعرنا بأنّنا محبوبون، وشُفينا في داخلنا. لقد ضحّوا بأنفسهم من أجلنا ونحن لا يمكننا أن نزيلهم من جدول أعمالنا ومن أولوياتنا. لننمو معًا، ولنتقدَّمْ معًا: بارك الله مسيرتنا.

[01156-AR.02] [Testo originale: Italiano]

 

[B0520-XX.02]