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“Instrumentum laboris” della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 20.06.2023


Testo in lingua italiana

Testo in lingua inglese

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua tedesca

Testo in lingua italiana

XVI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI

PER UNA CHIESA SINODALE:
COMUNIONE, PARTECIPAZIONE, MISSIONE

INSTRUMENTUM LABORIS

per la Prima Sessione

(ottobre 2023)

SOMMARIO

Premessa

Il percorso compiuto finora

Uno strumento di lavoro per la seconda fase del percorso sinodale

La struttura del testo

A. Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale

A 1. I segni caratteristici di una Chiesa sinodale

A 2. Un modo di procedere per la Chiesa sinodale: la conversazione nello Spirito

B. Comunione, missione, partecipazione. Tre questioni prioritarie per la Chiesa sinodale

B 1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?

B 2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?

B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?

SCHEDE DI LAVORO PER L’ASSEMBLEA SINODALE

Introduzione

Schede per B 1. Una comunione che si irradia

B 1.1 In che modo il servizio della carità e l’impegno per la giustizia e la cura della casa comune alimentano la comunione in una Chiesa sinodale?

B 1.2 Come una Chiesa sinodale può rendere credibile la promessa che «amore e verità s’incontreranno» (Sal 85,11)?

B 1.3 Come può crescere un rapporto dinamico di scambio di doni tra le Chiese?

B 1.4 Come una Chiesa sinodale può compiere meglio la propria missione attraverso un rinnovato impegno ecumenico?

B 1.5 In che modo riconoscere e raccogliere le ricchezze delle culture e sviluppare il dialogo con le religioni, alla luce del Vangelo?

Schede per B 2. Corresponsabili nella missione

B 2.1 Come camminare insieme verso una consapevolezza condivisa del significato e del contenuto della missione?

B 2.2 Che cosa fare perché una Chiesa sinodale sia anche una Chiesa missionaria “tutta ministeriale”?

B 2.3 Come può la Chiesa del nostro tempo compiere meglio la propria missione attraverso un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne?

B 2.4 Come valorizzare il Ministero ordinato, nella sua relazione con i Ministeri battesimali, in una prospettiva missionaria?

B 2.5 Come rinnovare e promuovere il ministero del Vescovo in una prospettiva sinodale missionaria?

Schede per B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità

B 3.1 Come rinnovare il servizio dell’autorità e l’esercizio della responsabilità in una Chiesa sinodale missionaria?

B 3.2 In che modo possiamo far evolvere in maniera autenticamente sinodale le pratiche di discernimento e i processi decisionali, valorizzando il protagonismo dello Spirito?

B 3.3. Quali strutture possono essere sviluppate per consolidare una Chiesa sinodale missionaria?

B 3.4 Come configurare le istanze di sinodalità e collegialità che coinvolgono raggruppamenti di Chiese locali?

B 3.5 Come potenziare l’istituzione del Sinodo perché sia espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale?

SIGLE

AA Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem (18 novembre 1965)

AG Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes (7 dicembre 1965)

CA San Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus (1° maggio 1991)

CL San Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Post-Sinod. Christifideles laici (30 dicembre 1988)

CV Francesco, Esort. Ap. Post-Sinod. Christus vivit (25 marzo 2019)

DP Segreteria Generale del Sinodo, Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione. Documento Preparatorio (2021)

DTC Segreteria Generale del Sinodo, Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione. «Allarga lo spazio della tua tenda» (Is 54,2). Documento di Lavoro per la Tappa Continentale (2022)

DV Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Dei Verbum (18 novembre 1965)

EC Francesco, Cost. Ap. Episcopalis communio (15 settembre 2018)

EG Francesco, Esort. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013)

FT Francesco, Lett. Enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020)

GS Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965)

IL Instrumentum Laboris

LG Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964)

PE Francesco, Cost. Ap. Praedicate Evangelium (19 marzo 2022)

SC Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium (4 dicembre 1963)

UR Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio (21 novembre 1964)

INSTRUMENTUM LABORI

Premessa

«E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 15,5-6).

Il percorso compiuto finora

1. Il Popolo di Dio si è messo in cammino da quando, il 10 ottobre 2021, Papa Francesco ha convocato la Chiesa intera in Sinodo. A partire dai contesti e ambiti vitali, le Chiese locali di tutto il mondo hanno avviato la consultazione del Popolo di Dio, sulla base dell’interrogativo di fondo formulato al n. 2 del DP: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale), quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?». I frutti della consultazione sono stati raccolti a livello diocesano e poi sintetizzati e inviati ai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche e alle Conferenze Episcopali. A loro volta, questi hanno redatto una sintesi che è stata trasmessa alla Segreteria Generale del Sinodo.

2. A partire dalla lettura e dall’analisi dei documenti così raccolti, è stato redatto il DTC, a servizio di una tappa che rappresenta una novità del processo sinodale in corso. Il DTC è stato restituito alle Chiese locali di tutto il mondo, invitandole a confrontarsi con esso per poi incontrarsi e dialogare in occasione delle sette Assemblee continentali, mentre proseguiva anche l’attività del Sinodo digitale. L’obiettivo era mettere a fuoco le intuizioni e le tensioni che risuonano con maggiore intensità con l’esperienza di Chiesa di ciascun continente, ed enucleare quelle che nella prospettiva di ciascun continente rappresentano le priorità da affrontare nella prima sessione dell’Assemblea sinodale (ottobre 2023).

3. Sulla base di tutto il materiale raccolto durante la fase dell’ascolto, e in particolare dei Documenti finali delle Assemblee continentali, è stato redatto il presente IL. Con la sua pubblicazione si chiude la prima fase del Sinodo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione», e si apre la seconda, articolata nelle due sessioni[1] in cui si svolgerà la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023 e ottobre 2024). Il suo obiettivo sarà di rilanciare il processo e di incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio. Camminare insieme come Popolo di Dio, nella fedeltà alla missione che il Signore ha affidato alla Chiesa, è il dono e il frutto che chiediamo per la prossima Assemblea. Infatti, lo scopo del processo sinodale «non è produrre documenti, ma aprire orizzonti di speranza per il compimento della missione della Chiesa» (DTC 6).

4. Il percorso compiuto finora, e in particolare la tappa continentale, ha permesso di identificare e condividere anche le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle diverse regioni del mondo: dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta, alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici con la conseguente priorità della cura per la casa comune; da un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e “scarto” alla pressione omologante del colonialismo culturale che schiaccia le minoranze; dall’esperienza di subire la persecuzione sino al martirio a un’emigrazione che svuota progressivamente le comunità minacciandone la stessa sopravvivenza; dal crescente pluralismo culturale che marca ormai l’intero pianeta all’esperienza delle comunità cristiane che rappresentano minoranze sparute all’interno del Paese in cui vivono, fino a quella di fare i conti con una secolarizzazione sempre più spinta, e talora aggressiva, che sembra ritenere irrilevante l’esperienza religiosa, ma non per questo smette di avere sete della Buona Notizia del Vangelo. In molte regioni le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi: sessuali, di potere e di coscienza, economici e istituzionali. Si tratta di ferite aperte, le cui conseguenze non sono ancora state affrontate fino in fondo. Alla richiesta di perdono rivolta alle vittime delle sofferenze che ha causato, la Chiesa deve unire il crescente impegno di conversione e di riforma per evitare che situazioni analoghe possano ripetersi in futuro.

5. È in questo contesto, variegato ma con tratti comuni a livello globale, che si è svolto l’intero percorso sinodale. Anche all’Assemblea sinodale sarà chiesto di mettersi in un ascolto profondo delle situazioni in cui la Chiesa vive e porta avanti la propria missione: solo quando risuona in un contesto specifico, l’interrogativo di fondo sopra ricordato acquista concretezza e ne risalta l’urgenza missionaria. Sono in gioco la capacità di annunciare il Vangelo camminando insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo, là dove si trovano, e la pratica della cattolicità vissuta camminando insieme alle Chiese che vivono in condizioni di particolare sofferenza (cfr. LG 23).

6. All’Assemblea sinodale arriviamo carichi dei frutti raccolti durante la fase dell’ascolto. Innanzi tutto abbiamo fatto esperienza che l’incontro sincero e cordiale tra fratelli e sorelle nella fede è fonte di gioia: incontrarci tra di noi è incontrare il Signore che è in mezzo a noi! Poi abbiamo potuto toccare con mano la cattolicità della Chiesa, che, nelle differenze di età, sesso e condizione sociale, manifesta una straordinaria ricchezza di carismi e vocazioni ecclesiali e custodisce un tesoro di varietà di lingue, culture, espressioni liturgiche e tradizioni teologiche. Esse rappresentano il dono che ciascuna Chiesa locale offre a tutte le altre (cfr. LG 13), e il dinamismo sinodale è un modo per metterle in relazione e valorizzarle senza schiacciarle nell’uniformità. Ugualmente abbiamo scoperto che, pur nella varietà dei modi in cui la sinodalità è sperimentata e compresa nelle diverse parti del mondo sulla base della comune eredità della Tradizione apostolica, ci sono interrogativi condivisi: fa parte della sfida discernere a quale livello è più opportuno affrontare ciascuno di essi. Altrettanto condivise sono alcune tensioni. Non dobbiamo esserne spaventati, né cercare di risolverle a tutti i costi, ma impegnarci in un costante discernimento sinodale: solo in questo modo le tensioni possono diventare fonti di energia e non scadere in polarizzazioni distruttive.

7. La prima fase ha rinnovato la nostra consapevolezza che diventare una Chiesa sempre più sinodale manifesta la nostra identità e la nostra vocazione: camminare insieme, cioè fare sinodo, è il modo per diventare davvero discepoli e amici di quel Maestro e Signore che di sé ha detto «Io sono la via» (Gv 14,6). Oggi ciò costituisce anche un profondo desiderio: avendolo sperimentato come dono, vogliamo continuare a farlo, consapevoli che questo cammino si compirà nell’ultimo giorno, quando, per grazia di Dio, entreremo a far parte di quella schiera che così descrive l’Apocalisse: «ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello”» (Ap 7,9-10). Questo testo ci consegna l’immagine di una Chiesa in cui regna perfetta comunione tra tutte le differenze che la compongono, che vengono mantenute e si uniscono nell’unica missione che rimarrà da compiere: partecipare alla liturgia di lode che da tutte le creature, attraverso Cristo, sale al Padre nell’unità dello Spirito Santo.

8. All’intercessione di queste sorelle e questi fratelli, che già vivono la piena comunione dei santi (cfr. LG 50), e soprattutto a quella di Colei che della loro schiera è la primizia (cfr. LG 63), Maria Madre della Chiesa, affidiamo i lavori dell’Assemblea e la prosecuzione del nostro impegno per una Chiesa sinodale. Chiediamo che l’Assemblea sia un momento di effusione dello Spirito, ma ancora di più che la grazia ci accompagni quando verrà il momento di metterne in atto i frutti nella vita quotidiana delle comunità cristiane del mondo intero.

Uno strumento di lavoro per la seconda fase del percorso sinodale

9. Le novità che segnano il Sinodo 2021-2024 non possono non riflettersi anche sulla valenza e sulla dinamica dell’Assemblea sinodale e quindi sulla struttura dell’IL che è a servizio del suo svolgimento. In particolare, la lunga e articolata fase dell’ascolto ha già condotto alla predisposizione di una molteplicità di documenti, che hanno istituito una circolazione comunicativa tra le Chiese locali e tra queste e la Segreteria Generale del Sinodo: DP, sintesi delle Chiese locali, DTC e Documenti finali delle Assemblee continentali. Il presente IL non annulla né assorbe tutta questa ricchezza, ma si radica in essa e continuamente vi rimanda: anche nella preparazione all’Assemblea, i Membri del Sinodo sono invitati a tenere presenti i documenti precedenti, in particolare il DTC e i Documenti finali delle Assemblee continentali, oltre a quello del Sinodo digitale, come strumenti per il loro discernimento. In particolare, i Documenti finali delle Assemblee continentali sono preziosi per non smarrire la concretezza dei differenti contesti e le sfide che ciascuno di essi pone: il lavoro comune dell’Assemblea sinodale non può prescinderne. Potranno inoltre essere di aiuto le molte risorse raccolte nell’apposita sezione del sito del Sinodo 2021-2024, <www.synod.va>, in particolare la Cost. Ap. Episcopalis communio e i due documenti della Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018) e Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014).

10. Vista l’abbondanza di materiali già disponibili, l’IL è pensato come sussidio pratico a servizio dello svolgimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023 e quindi per la sua preparazione. A maggior ragione vale per l’IL quello che già descriveva la natura del DTC: «non è un documento del Magistero della Chiesa, né il report di una indagine sociologica; non offre la formulazione di indicazioni operative, di traguardi e obiettivi, né la compiuta elaborazione di una visione teologica» (n. 8). Non potrebbe essere altrimenti, giacché l’IL si inscrive in un processo che non è ancora terminato. Rispetto al DTC compie un ulteriore passo: a partire dalle intuizioni raccolte lungo la prima fase e soprattutto dal lavoro delle Assemblee continentali, articola alcune delle priorità emerse dall’ascolto del Popolo di Dio, ma non in forma di asserzioni o prese di posizione. Le esprime invece come domande rivolte all’Assemblea sinodale, che avrà il compito di operare un discernimento per identificare alcuni passi concreti per continuare a crescere come Chiesa sinodale, passi che sottoporrà poi al Santo Padre. Solo a quel punto si completerà quella particolare dinamica di ascolto in cui «ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)» [2]. In questa luce risulta chiaro perché l’IL non possa essere inteso come una prima bozza del Documento Finale dell’Assemblea sinodale, da correggere o emendare, pur delineando una prima comprensione della dimensione sinodale della Chiesa a partire dalla quale operare un ulteriore discernimento. Ugualmente risulta chiaro come i Membri dell’Assemblea sinodale rappresentino i destinatari principali dell’IL, che viene reso pubblico non solo per ragioni di trasparenza, ma anche come sussidio per la realizzazione di iniziative ecclesiali. In particolare può favorire la partecipazione alla dinamica sinodale a livello locale e regionale, in attesa che i risultati dell’Assemblea forniscano ulteriori e autorevoli elementi su cui le Chiese locali saranno chiamate a pregare, riflettere, agire e dare il proprio contributo.

11. Le domande che l’IL pone sono espressione della ricchezza del processo a partire dal quale sono state elaborate: sono cariche dei nomi e dei volti di coloro che vi hanno preso parte, testimoniano l’esperienza di fede del Popolo di Dio e recano perciò l’impronta di un significato trascendente. Da questo punto di vista, indicano un orizzonte e invitano a compiere con fiducia ulteriori passi per approfondire la pratica della dimensione sinodale della Chiesa. Dalla prima fase emerge la consapevolezza della necessità di assumere come punto di riferimento privilegiato la Chiesa locale[3], in quanto luogo teologico in cui in concreto i Battezzati fanno esperienza di camminare insieme. Questo non conduce però a un ripiegamento: nessuna Chiesa locale, infatti, può vivere al di fuori delle relazioni che la uniscono a tutte le altre, incluse quelle, del tutto speciali, con la Chiesa di Roma, a cui è affidato il servizio dell’unità attraverso il ministero del suo Pastore, che ha convocato la Chiesa intera in Sinodo.

12. Questa focalizzazione sulle Chiese locali richiede di tenere conto della loro varietà e diversità di culture, di lingue e di modalità espressive. In particolare, le medesime parole – pensiamo ad esempio ad autorità o leadership – possono avere risonanze e connotazioni molto differenti nelle diverse aree linguistiche e culturali, in particolare quando in alcuni luoghi un termine viene associato a precise impostazioni teoriche o ideologiche. L’IL si sforza di evitare un linguaggio divisivo, nella speranza di aiutare una migliore comprensione tra i membri dell’Assemblea sinodale che provengono da regioni o tradizioni diverse. Il riferimento condiviso non può che essere la visione del Vaticano II, a partire dalla cattolicità del Popolo di Dio, in virtù della quale «le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell’unità, […] rimanendo però integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità, tutela le varietà legittime e insieme veglia affinché ciò che è particolare non solo non pregiudichi l’unità, ma piuttosto la serva» (LG 13). Questa cattolicità si realizza nel rapporto di mutua interiorità tra Chiesa universale e Chiese locali, in cui e a partire da cui «esiste la Chiesa Cattolica una e unica» (LG 23). Il processo sinodale, che nella prima fase si è svolto nelle Chiese locali, giunge ora alla seconda fase, con lo svolgimento delle due sessioni della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

La struttura del testo

13. Il presente IL è suddiviso in due sezioni, che corrispondono all’articolazione dei compiti delle Assemblee continentali (e quindi ai contenuti dei relativi Documenti finali): innanzi tutto procedere a una rilettura del cammino percorso durante la prima fase, in modo da enucleare che cosa la Chiesa di ciascun continente avesse appreso dall’esperienza fatta in merito al modo di vivere la dimensione sinodale a servizio della missione; quindi operare un discernimento delle risonanze prodotte nelle Chiese locali del continente dal confronto con il DTC, allo scopo di individuare le priorità su cui proseguire il discernimento durante l’Assemblea sinodale.

14. La sezione A dell’IL, intitolata «Per una Chiesa sinodale», prova a raccogliere i frutti della rilettura del cammino percorso. Innanzi tutto enuclea una serie di caratteristiche fondamentali o segni distintivi di una Chiesa sinodale. Dà quindi voce alla consapevolezza che una Chiesa sinodale è contraddistinta anche da un modo di procedere, che l’esperienza della prima fase conduce a identificare nella conversazione nello Spirito. Sui frutti di questa rilettura l’Assemblea sarà invitata a reagire con lo scopo di precisarli e affinarli. La sezione B, intitolata «Comunione, missione, partecipazione»[4], esprime in forma di interrogativo le tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti, sottoponendole al discernimento dell’Assemblea. A servizio della dinamica dell’Assemblea, in particolare dei lavori di gruppo (Circuli Minores), per ciascuna di queste tre priorità sono proposte cinque Schede di lavoro che consentono di affrontarle a partire da prospettive diverse.

15. Le tre priorità della sezione B, sviluppate attraverso le rispettive Schede di lavoro, riguardano tematiche ampie e di grande rilevanza: molte potrebbero essere oggetto di un Sinodo, o lo sono già state. Su varie sono numerosi e incisivi anche gli interventi del Magistero. Durante i lavori dell’Assemblea non potranno essere trattate diffusamente, e soprattutto indipendentemente le une dalle altre. Andranno invece affrontate a partire dalla loro relazione con il vero tema dei lavori, ossia la Chiesa sinodale. Ad esempio, i riferimenti all’urgenza di dedicare adeguata attenzione alle famiglie e ai giovani non puntano a stimolare una nuova trattazione della pastorale familiare o giovanile. Il loro scopo è aiutare a mettere a fuoco come l’attuazione delle conclusioni delle Assemblee sinodali del 2015 e del 2018 e delle indicazioni delle successive Esortazioni Apostoliche Post-Sinodali, Amoris laetitia e Christus vivit, rappresenti una opportunità di camminare insieme come Chiesa capace di accogliere e accompagnare, accettando i necessari cambiamenti di regole, strutture e procedure. Lo stesso vale per molte altre tematiche che emergono nelle tracce.

16. L’impegno chiesto all’Assemblea e ai suoi Membri sarà quello di mantenere la tensione tra lo sguardo di insieme, che caratterizza il lavoro a partire dalla sezione A, e l’identificazione dei passi da compiere, necessariamente concreti, a cui punta invece il lavoro a partire dalla sezione B. Su questo si giocherà la fecondità del discernimento dell’Assemblea sinodale, il cui compito sarà aprire la Chiesa tutta all’accoglienza della voce dello Spirito Santo. L’articolazione della Costituzione Pastorale Gaudium et spes, che «consta di due parti», diverse per indole e focalizzazione, «ma è un tutto unitario» (GS, nota 1), potrà da questo punto di vista essere di ispirazione per i lavori dell’Assemblea.

A. Per una Chiesa sinodale
Un’esperienza integrale

«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,4-7).

17. Un tratto accomuna le narrazioni delle tappe della prima fase: è la sorpresa espressa dai partecipanti, che si sono trovati di fronte a qualcosa di inaspettato, di più grande del previsto. Per chi vi prende parte, il processo sinodale offre una opportunità di incontro nella fede che fa crescere il legame con il Signore, la fraternità tra le persone e l’amore per la Chiesa, non solo a livello individuale, ma coinvolgendo e dinamizzando l’intera comunità. L’esperienza è quella di ricevere un orizzonte di speranza che si apre per la Chiesa, un segno chiaro della presenza e dell’azione dello Spirito che la guida nella storia nel suo cammino verso il Regno (cfr. LG 5): «il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo»[5]. In questo modo, quanto più intensamente è stato accolto l’invito a camminare insieme, tanto più il Sinodo è diventato la via su cui il Popolo di Dio procede con entusiasmo, ma senza ingenuità. Infatti problemi, resistenze, difficoltà e tensioni non vengono celati o dissimulati, ma individuati e nominati grazie a un contesto di dialogo autentico che rende possibile parlare e ascoltare con libertà e sincerità. Il processo sinodale costituisce lo spazio entro il quale diventa praticabile il modo evangelico di affrontare questioni che spesso vengono poste in chiave rivendicativa o per le quali nella vita della Chiesa di oggi manca un luogo di accoglienza e discernimento.

18. Un termine per sé astratto o teorico come sinodalità ha cominciato così a incarnarsi in un’esperienza concreta. Dall’ascolto del Popolo di Dio emergono una progressiva appropriazione e una comprensione della sinodalità “dall’interno”, che non deriva dall’enunciazione di un principio, di una teoria o di una formula, ma muove dalla disponibilità a entrare in un processo dinamico di parola costruttiva, rispettosa e orante, di ascolto e di dialogo. Alla radice di questo processo c’è l’accoglienza, personale e comunitaria, di qualcosa che è al tempo stesso un dono e una sfida: essere una Chiesa di sorelle e fratelli in Cristo che si ascoltano a vicenda e che, così facendo, vengono gradualmente trasformati dallo Spirito.

A 1. I segni caratteristici di una Chiesa sinodale

19. All’interno di questa comprensione integrale, emerge la consapevolezza di alcune caratteristiche o segni distintivi di una Chiesa sinodale. Si tratta di convinzioni condivise su cui soffermarsi e riflettere insieme in vista del proseguimento di un cammino che le affinerà e chiarirà ulteriormente, a partire dal lavoro che l’Assemblea sinodale intraprenderà.

20. Con grande forza da tutti i continenti emerge la consapevolezza che una Chiesa sinodale si fonda sul riconoscimento della dignità comune derivante dal Battesimo, che rende coloro che lo ricevono figli e figlie di Dio, membri della sua famiglia, e quindi fratelli e sorelle in Cristo, abitati dall’unico Spirito e inviati a compiere una comune missione. Nel linguaggio di Paolo, «noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13). Il Battesimo crea così una vera corresponsabilità tra i membri della Chiesa, che si manifesta nella partecipazione di tutti, con i carismi di ciascuno, alla missione e all’edificazione della comunità ecclesiale. Non si può comprendere una Chiesa sinodale se non nell’orizzonte della comunione che è sempre anche missione di annunciare e incarnare il Vangelo in ogni dimensione dell’esistenza umana. Comunione e missione si alimentano nella comune partecipazione all’Eucarestia che fa della Chiesa un corpo «ben compaginato e connesso» (Ef 4,16) in Cristo, in grado di camminare insieme verso il Regno.

21. Radicato in questa consapevolezza è il desiderio di una Chiesa sempre più sinodale anche nelle sue istituzioni, strutture e procedure, in modo da costituire uno spazio in cui la comune dignità battesimale e la corresponsabilità nella missione siano non solo affermate, ma esercitate e praticate. In questo spazio, l’esercizio dell’autorità nella Chiesa è apprezzato come un dono e lo si vuole sempre più configurato come «un vero servizio, che le Sacre Scritture chiamano significativamente “diaconia” o ministero» (LG 24), sul modello di Gesù, che si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,1-11).

22. «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto»[6]: questa consapevolezza è frutto dell’esperienza del cammino sinodale, che è un ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto della Parola, l’ascolto degli eventi della storia e l’ascolto reciproco tra le persone e tra le comunità ecclesiali, dal livello locale a quello continentale e universale. Per molti, la grande sorpresa è stata proprio l’esperienza di essere ascoltati dalla comunità, in alcuni casi per la prima volta, ricevendo così un riconoscimento del proprio valore che testimonia l’amore del Padre per ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie. L’ascolto dato e ricevuto ha uno spessore teologale ed ecclesiale, e non solo funzionale, sull’esempio di come Gesù ascoltava le persone che incontrava. Questo stile di ascolto è chiamato a segnare e trasformare tutte le relazioni che la comunità cristiana instaura tra i suoi membri, con le altre comunità di fede e con la società nel suo complesso, in particolare nei confronti di coloro la cui voce è più frequentemente ignorata.

23. Come Chiesa dell’ascolto, una Chiesa sinodale desidera essere umile, e sa di dover chiedere perdono e di avere molto da imparare. Alcuni documenti raccolti lungo la prima fase hanno rilevato che il cammino sinodale è necessariamente penitenziale, riconoscendo che non sempre abbiamo vissuto la dimensione sinodale costitutiva della comunità ecclesiale. Il volto della Chiesa oggi porta i segni di gravi crisi di fiducia e di credibilità. In molti contesti, le crisi legate agli abusi sessuali, economici, di potere e di coscienza hanno spinto la Chiesa a un esigente esame di coscienza «perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, non cessi di rinnovare se stessa» (LG 9), in un cammino di pentimento e di conversione che apre percorsi di riconciliazione, guarigione e giustizia.

24. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’incontro e del dialogo. Nel cammino che abbiamo percorso, questo riguarda con particolare forza le relazioni con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, alle quali siamo uniti dal vincolo dell’unico Battesimo. Lo Spirito, che è «principio di unità della Chiesa» (UR 2), è all’opera in queste Chiese e Comunità ecclesiali e ci invita a intraprendere percorsi di conoscenza reciproca, di condivisione e di costruzione di una vita comune. A livello locale, emerge con forza l’importanza di quanto già si sta facendo insieme a membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali, soprattutto come testimonianza comune in contesti socioculturali ostili fino alla persecuzione – è l’ecumenismo del martirio – e di fronte all’emergenza ecologica. Ovunque, in sintonia con il Magistero del Concilio Vaticano II, emerge il desiderio di approfondire il cammino ecumenico: una Chiesa autenticamente sinodale non può non coinvolgere tutti coloro che condividono l’unico Battesimo.

25. Una Chiesa sinodale è chiamata a praticare la cultura dell’incontro e del dialogo con i credenti di altre religioni e con le culture e le società in cui è inserita, ma soprattutto tra le tante differenze che attraversano la Chiesa stessa. Questa Chiesa non ha paura della varietà di cui è portatrice, ma la valorizza senza costringerla all’uniformità. Il processo sinodale è stato un’occasione per iniziare a imparare che cosa significa vivere l’unità nella diversità, una realtà da continuare a esplorare, confidando che il cammino diventi più chiaro man mano che si procede. Pertanto, una Chiesa sinodale promuove il passaggio dall’“io” al “noi”, perché costituisce uno spazio all’interno del quale risuona la chiamata a essere membri di un corpo che valorizza le diversità, ma è reso uno dall’unico Spirito. È lo Spirito che spinge ad ascoltare il Signore e rispondergli come popolo al servizio dell’unica missione di annunciare a tutte le genti la salvezza offerta da Dio in Cristo Gesù. Questo avviene in una grande diversità di contesti: a nessuno è chiesto di lasciare il proprio, ma piuttosto di comprenderlo e incarnarvisi con maggiore profondità. Tornando a questa visione dopo l’esperienza della prima fase, la sinodalità appare innanzi tutto come un dinamismo che anima le comunità locali concrete. Passando al livello più universale, questo slancio abbraccia tutte le dimensioni e le realtà della Chiesa, in un movimento di autentica cattolicità.

26. Vissuta in una diversità di contesti e culture, la sinodalità si rivela una dimensione costitutiva della Chiesa fin dalle sue origini, anche se ancora in via di compimento. Anzi, essa preme per essere attuata sempre più pienamente, esprimendo una chiamata radicale alla conversione, al cambiamento, alla preghiera e all’azione che è rivolta a tutti. In questo senso, una Chiesa sinodale è aperta, accogliente e abbraccia tutti. Non c’è confine che questo movimento dello Spirito non senta di dover oltrepassare, per attirare tutti nel suo dinamismo. La radicalità del Cristianesimo non è appannaggio di alcune vocazioni specifiche, ma è la chiamata a costruire una comunità che vive e testimonia un modo diverso di intendere la relazione tra le figlie e i figli di Dio, che incarna la verità dell’amore, che si fonda sul dono e sulla gratuità. La chiamata radicale è quindi quella di costruire insieme, sinodalmente, una Chiesa attraente e concreta: una Chiesa in uscita, in cui tutti si sentano accolti.

27. Allo stesso tempo, una Chiesa sinodale affronta onestamente e senza paura la chiamata a una comprensione più profonda del rapporto tra amore e verità, secondo l’invito di San Paolo: «agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16). Per includere autenticamente tutti, quindi, è necessario entrare nel mistero di Cristo, lasciarsi formare e trasformare dal modo in cui egli ha vissuto il rapporto tra amore e verità.

28. Caratteristica di una Chiesa sinodale è la capacità di gestire le tensioni senza esserne schiacciata, vivendole come spinta ad approfondire il modo di comprendere e vivere comunione, missione e partecipazione. La sinodalità è una via privilegiata di conversione, perché ricostituisce la Chiesa nell’unità: cura le sue ferite e riconcilia la sua memoria, accoglie le differenze di cui è portatrice e la riscatta da divisioni infeconde, permettendole così di incarnare più pienamente la sua vocazione a essere «in Cristo, come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). L’ascolto autentico e la capacità di trovare modi per continuare a camminare insieme al di là della frammentazione e della polarizzazione sono indispensabili perché la Chiesa rimanga viva e vitale e possa essere un segno potente per le culture del nostro tempo.

29. Cercare di camminare insieme ci mette anche in contatto con la sana inquietudine dell’incompletezza, con la consapevolezza che ci sono ancora molte cose di cui non siamo in grado di portare il peso (cfr. Gv 16,12). Non si tratta di un problema da risolvere, ma di un dono da coltivare: ci troviamo di fronte al mistero inesauribile e santo di Dio e dobbiamo rimanere aperti alle sue sorprese mentre avanziamo nel nostro pellegrinaggio verso il Regno (cfr. LG 8). Questo vale anche per le domande che il processo sinodale ha fatto emergere: come primo passo richiedono ascolto e attenzione, senza precipitarsi a offrire soluzioni immediate.

30. Portare il peso di queste domande non è un fardello personale di chi occupa determinati ruoli, con il rischio di esserne schiacciato, ma un compito dell’intera comunità, la cui vita relazionale e sacramentale è spesso la risposta immediata più efficace. Per questo una Chiesa sinodale si nutre incessantemente del mistero che celebra nella liturgia, «culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e […] fonte da cui promana tutta la sua energia» (SC 10), e in particolare nell’Eucarestia.

31. Una volta superata l’ansia del limite, l’inevitabile incompiutezza di una Chiesa sinodale e la disponibilità dei suoi membri ad accogliere le proprie vulnerabilità diventano lo spazio per l’azione dello Spirito, che ci invita a riconoscere i segni della sua presenza. Per questo una Chiesa sinodale è anche una Chiesa del discernimento, nella ricchezza di significati che questo termine assume e a cui le diverse tradizioni spirituali danno rilievo. La prima fase ha permesso al Popolo di Dio di iniziare a sperimentare il gusto del discernimento attraverso la pratica della conversazione nello Spirito. Ascoltando con attenzione l’esperienza vissuta di ciascuno, cresciamo nel rispetto reciproco e cominciamo a discernere i movimenti dello Spirito di Dio nella vita degli altri e nella nostra. In questo modo iniziamo a prestare maggiore attenzione a «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7), nell’impegno e nella speranza di diventare una Chiesa sempre più capace di prendere decisioni profetiche che siano frutto della guida dello Spirito.

A 2. Un modo di procedere per la Chiesa sinodale: la conversazione nello Spirito

32. Attraversa tutti i continenti il riconoscimento di quanto sia stato fecondo il metodo qui chiamato “conversazione nello Spirito”, adottato durante la prima fase e indicato in alcuni documenti come “conversazione spirituale” o “metodo sinodale” (cfr. figura a p. 16).

33. Nel suo senso etimologico, il termine “conversazione” non indica un generico scambio di idee, ma quella dinamica in cui la parola pronunciata e ascoltata genera familiarità, consentendo ai partecipanti di diventare intimi gli uni degli altri. La precisazione “nello Spirito” ne individua l’autentico protagonista: all’ascolto della sua voce tende il desiderio di coloro che conversano, che nella preghiera si aprono all’azione libera di Colui che come il vento soffia dove vuole (cfr. Gv 3,8). Pian piano il conversare tra fratelli e sorelle nella fede apre lo spazio per un con-sentire, cioè assentire insieme alla voce dello Spirito. Non è conversazione nello Spirito se non c’è un passo in avanti in una direzione precisa, spesso inaspettata, che punta a un’azione concreta.

34. Nelle Chiese locali che durante la prima fase l’hanno praticata, la conversazione nello Spirito è stata “scoperta” come l’atmosfera che rende possibile la condivisione delle esperienze di vita e come lo spazio del discernimento in una Chiesa sinodale. Nei Documenti finali delle Assemblee continentali, viene descritta come un momento pentecostale, come l’occasione per sperimentare di essere Chiesa e passare dall’ascolto dei fratelli e sorelle in Cristo all’ascolto dello Spirito, che è l’autentico protagonista, e di ricevere da Lui una missione. Allo stesso tempo, attraverso questo metodo, la grazia della Parola e dei Sacramenti diventa una realtà sentita e trasformante, attualizzata, che attesta e realizza l’iniziativa con cui il Signore Gesù si rende presente e attivo nella Chiesa: Cristo ci invia in missione e ci riunisce attorno a sé per rendere grazie e gloria al Padre nello Spirito Santo. Per questo da tutti i continenti giunge la richiesta che questo metodo possa sempre più animare e informare la vita quotidiana delle Chiese.

35. La conversazione nello Spirito si inserisce nella lunga tradizione del discernimento ecclesiale, che ha espresso una pluralità di metodi e approcci. Va sottolineato il suo valore squisitamente missionario. Questa pratica spirituale ci permette di passare dall’“io” al “noi”: non perde di vista o cancella la dimensione personale dell’“io”, ma la riconosce e la inserisce in quella comunitaria. In questo modo la presa di parola e l’ascolto dei partecipanti diventano liturgia e preghiera, al cui interno il Signore si rende presente e attira verso forme sempre più autentiche di comunione e discernimento.

36. Nel Nuovo Testamento, numerosi sono gli esempi di questo modo di conversare. Paradigmatico è il racconto dell’incontro del Signore risorto con i due discepoli in cammino verso Emmaus (cfr. Lc 24,13-35, e la spiegazione che ne dà CV 237). Come mostra bene la loro esperienza, la conversazione nello Spirito costruisce comunione e reca un dinamismo missionario: i due, infatti, fanno ritorno alla comunità che avevano abbandonato per condividere l’annuncio pasquale che il Signore è risorto.

37. Nella sua concretezza, la conversazione nello Spirito può essere descritta come una preghiera condivisa in vista di un discernimento in comune, a cui i partecipanti si preparano con la riflessione e la meditazione personale. Si faranno reciprocamente dono di una parola meditata e nutrita dalla preghiera, non di una opinione improvvisata sul momento. La dinamica tra i partecipanti articola tre passaggi fondamentali. Il primo è dedicato alla presa di parola da parte di ciascuno, a partire dalla propria esperienza riletta nella preghiera durante il tempo della preparazione. Gli altri ascoltano con la consapevolezza che ciascuno ha un contributo prezioso da offrire, senza entrare in dibattiti o discussioni.

38. Silenzio e preghiera aiutano a preparare il passaggio successivo, in cui ciascuno è invitato ad aprire dentro di sé uno spazio per gli altri e per l’Altro. Nuovamente ciascuno prende la parola: non per reagire e controbattere a quanto ascoltato, riaffermando la propria posizione, ma per esprimere che cosa durante l’ascolto lo ha toccato più profondamente e da che cosa si sente interpellato con più forza. Le tracce che l’ascolto delle sorelle e dei fratelli produce nell’interiorità di ciascuno sono il linguaggio con cui lo Spirito Santo fa risuonare la propria voce: quanto più ciascuno si sarà nutrito della meditazione della Parola e dei Sacramenti, crescendo nella familiarità con il Signore, tanto più sarà capace di riconoscere il suono della Sua voce (cfr. Gv 10,14.27), anche grazie all’accompagnamento da parte del Magistero e della teologia. Ugualmente, quanto più i partecipanti sapranno fare attenzione a ciò che dice lo Spirito, tanto più cresceranno in un sentire condiviso e aperto alla missione.

39. Il terzo passaggio, sempre in clima di preghiera e sotto la guida dello Spirito Santo, è quello della identificazione dei punti chiave emersi e della costruzione di un consenso sui frutti del lavoro comune, che ciascuno ritenga fedele allo svolgimento del processo e in cui possa quindi sentirsi rappresentato. Non basta stendere un verbale che elenchi i punti più spesso menzionati, ma occorre un discernimento, che presti attenzione anche alle voci marginali e profetiche e non trascuri il significato dei punti rispetto ai quali emergono dissensi. Il Signore è la testata d’angolo che permetterà alla “costruzione” di reggersi e lo Spirito, maestro di armonia, aiuterà a passare dalla confusione alla sinfonia.

40. Il percorso sfocia in una preghiera di lode a Dio e di gratitudine per l’esperienza compiuta. «Quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei regali del Signore. Ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere Dio» (EG 272). È questo in sintesi il dono che riceve chi si lascia coinvolgere in una conversazione nello Spirito.

41. Nella concretezza delle situazioni non è mai possibile seguire questo schema pedissequamente, ma bisogna sempre adattarlo. Talvolta occorre dare priorità alla presa di parola da parte di ciascuno e all’ascolto degli altri; in altre circostanze al far emergere i legami tra le diverse prospettive, alla ricerca di quello che “fa ardere il cuore nel petto” (cfr. Lc 24,32); in altre ancora all’esplicitazione di un consenso e al lavoro comune per identificare la direzione in cui ci si sente chiamati dallo Spirito a mettersi in movimento. Ma, al di là degli opportuni adattamenti concreti, l’intenzione e il dinamismo che uniscono i tre passaggi sono e restano caratteristici del modo di procedere di una Chiesa sinodale.

42. Tenendo presente il significato della conversazione nello Spirito nell’animare l’esperienza vissuta della Chiesa sinodale, la formazione a questo metodo, in particolare di facilitatori capaci di accompagnare le comunità a praticarlo, è percepita come una priorità a tutti i livelli della vita ecclesiale e per tutti i Battezzati, a partire dai Ministri ordinati, e in uno spirito di corresponsabilità e apertura a diverse vocazioni ecclesiali. La formazione alla conversazione nello Spirito è formazione a essere Chiesa sinodale.

B. Comunione, missione, partecipazione
Tre questioni prioritarie per la Chiesa sinodale

«Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri» (Rm 12,4-5).

43. Tra i frutti della prima fase, e in particolare delle Assemblee continentali, ottenuti anche grazie al modo di procedere appena delineato, c’è l’identificazione delle tre priorità che vengono ora proposte al discernimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023. Si tratta di sfide con cui la Chiesa tutta deve misurarsi per fare un passo avanti e crescere nel proprio essere sinodale a tutti i livelli e da una pluralità di prospettive: chiedono di essere affrontate dal punto di vista della teologia e del diritto canonico, così come da quello della pastorale e della spiritualità. Chiamano in causa la programmazione delle Diocesi così come le scelte quotidiane e lo stile di vita di ciascun membro del Popolo di Dio. Sono autenticamente sinodali anche perché affrontarle richiede di camminare insieme come popolo, con tutte le sue componenti. Le tre priorità saranno illustrate in collegamento con le tre parole chiave del Sinodo: comunione, missione, partecipazione. È una scelta motivata dalla ricerca della semplicità espositiva, ma che si espone a un rischio: quello di presentarle come tre “pilastri” indipendenti l’uno dagli altri. Invece, nella vita della Chiesa sinodale, comunione, missione e partecipazione si articolano, alimentandosi e sostenendosi a vicenda. In questa chiave di integrazione vanno sempre pensate e presentate.

44. Il cambiamento nell’ordine con cui i tre termini compaiono, con la missione nel posto centrale, si radica nella consapevolezza dei legami che li uniscono maturata durante la prima fase. In particolare, comunione e missione si intrecciano e si rispecchiano l’una nell’altra, come già insegnava San Giovanni Paolo II: «La comunione e la missione sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e si implicano mutuamente, al punto che la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione» (CL 32, ripreso in PE I,4). Siamo invitati a superare una concezione dualista in cui i rapporti interni alla comunità ecclesiale sono il dominio della comunione, mentre la missione riguarda lo slancio ad extra. La prima fase ha invece messo in evidenza come la comunione sia la condizione di credibilità dell’annuncio, recuperando in questo una intuizione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale[7]. Parallelamente cresce la coscienza che l’orientamento alla missione costituisce l’unico criterio evangelicamente fondato per l’organizzazione interna della comunità cristiana, la distribuzione di ruoli e compiti e la gestione delle sue istituzioni e strutture. È nel rapporto con comunione e missione che la partecipazione può essere compresa, e per questo non può che essere affrontata dopo le altre due. Da una parte rende loro il servizio della concretezza: l’attenzione a procedure, regole, strutture e istituzioni consente alla missione di consolidarsi nel tempo e sottrae la comunione all’estemporaneità emozionale. Dall’altra ne riceve un orientamento e un dinamismo finalistico che le permettono di sfuggire al rischio di trasformarsi nella frenesia della rivendicazione di diritti individuali, finendo inevitabilmente per frammentare anziché unire.

45. Per accompagnare la preparazione e strutturare i lavori dell’Assemblea, per ciascuna priorità sono state preparate cinque Schede di lavoro, presentate al termine di questa sezione. Ciascuna di esse costituisce una porta di ingresso per trattare la priorità a cui è associata, che in questo modo può essere affrontata da prospettive differenti ma complementari, in collegamento con aspetti diversi della vita della Chiesa emersi grazie al lavoro delle Assemblee continentali. In ogni caso, i tre paragrafi che seguono, a cui corrispondono i tre gruppi di Schede, non possono essere letti come colonne parallele e non comunicanti. Sono piuttosto fasci di luce che da punti diversi illuminano la stessa realtà, cioè la vita sinodale della Chiesa, continuamente intrecciandosi e richiamandosi l’un l’altro, invitando a crescere in essa.

B 1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?

46. La comunione non è un sociologico ritrovarsi come membri di un gruppo identitario, ma è prima di tutto un dono del Dio Trino e, al tempo stesso, un compito, mai esaurito, di costruzione del “noi” del Popolo di Dio. Come le stesse Assemblee continentali hanno sperimentato, essa intreccia una dimensione verticale, che Lumen gentium chiama «l’unione con Dio», e una orizzontale, «l’unità del genere umano», in un forte dinamismo escatologico: quello della comunione è un cammino in cui siamo chiamati a crescere, «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

47. Di quel momento riceviamo un’anticipazione nella liturgia, il luogo in cui la Chiesa nel suo cammino terreno sperimenta la comunione, la alimenta e la costruisce. Se, infatti, «la liturgia contribuisce in sommo grado a che i Fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa» (SC 2), è proprio ad essa che dobbiamo guardare per comprendere che cosa sia la vita sinodale della Chiesa. Innanzi tutto è nell’azione liturgica, e in particolare nella celebrazione eucaristica, che la Chiesa fa ogni giorno esperienza di radicale unità nella medesima preghiera, ma nella diversità delle lingue e dei riti: un punto fondamentale in chiave sinodale. Da questo punto di vista, la molteplicità dei riti nell’unica Chiesa Cattolica è un’autentica benedizione, da proteggere e promuovere, come in diverse occasioni si è potuto sperimentare anche durante le Assemblee continentali.

48. L’assemblea sinodale non può essere intesa come rappresentativa e legislativa, in analogia a un organismo parlamentare, con le sue dinamiche di costruzione della maggioranza. Siamo piuttosto chiamati a comprenderla in analogia a quella liturgica. La tradizione antica ci attesta che il Sinodo si celebra: inizia con l’invocazione dello Spirito Santo, prosegue con la professione di fede, giunge a determinazioni condivise per garantire o ristabilire la comunione ecclesiale. In un’assemblea sinodale Cristo si rende presente e agisce, trasforma la storia e le vicende quotidiane, dona lo Spirito che guida la Chiesa a trovare un consenso su come camminare insieme verso il Regno e aiutare l’umanità a procedere nella direzione dell’unità. Camminare insieme nell’ascolto della Parola e dei fratelli e delle sorelle, cioè nella ricerca della volontà di Dio e nella concordia, conduce all’azione di grazie al Padre attraverso il Figlio nell’unico Spirito. Nell’assemblea sinodale quanti si riuniscono nel nome di Cristo ascoltano la sua Parola, si ascoltano a vicenda, fanno discernimento nella docilità allo Spirito, proclamano quanto hanno ascoltato e riconosciuto come luce per il cammino della Chiesa.

49. In questa prospettiva, la vita sinodale non è una strategia di organizzazione della Chiesa, ma l’esperienza di poter trovare una unità che abbraccia la diversità senza cancellarla, perché fondata sull’unione con Dio nella confessione della stessa fede. Questo dinamismo possiede una forza propulsiva che spinge per allargare continuamente l’ambito della comunione, ma che deve fare i conti con le contraddizioni, i limiti e le ferite della storia.

50. Si radica in questo punto la prima questione prioritaria emersa dal processo sinodale: nella concretezza della nostra realtà storica, custodire e promuovere la comunione richiede di farsi carico dell’incompiutezza nel riuscire a vivere l’unità nella diversità (cfr. 1Cor 12). La storia produce divisioni, che causano ferite da curare e richiedono di avviare percorsi di riconciliazione. In questo contesto, in nome del Vangelo quali legami vanno sviluppati, superando trincee e steccati, e quali ripari e protezioni vanno costruiti, e a tutela di chi? Quali divisioni sono infeconde? Quando la gradualità rende possibile il cammino verso la comunione compiuta? Paiono interrogativi teorici, ma la loro concretezza si radica nella vita quotidiana delle comunità cristiane consultate nella prima fase: riguardano infatti la questione se esistano limiti alla disponibilità di accogliere persone e gruppi, il modo di impegnarci nel dialogo con le culture e le religioni senza compromettere la nostra identità, o la determinazione nel farci voce di chi è ai margini e nel riaffermare che nessuno deve essere lasciato indietro. Le cinque Schede di lavoro relative a questa priorità provano a esplorare questi interrogativi da cinque prospettive complementari.

B 2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?

51. «La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria» (AG 2). La missione costituisce l’orizzonte dinamico a partire dal quale pensare la Chiesa sinodale, a cui imprime una spinta verso l’“estasi”, «che consiste nell’uscire [… da sé] per cercare il bene degli altri, fino a dare la vita» (CV 163; cfr. anche FT 88). La missione permette cioè di rivivere l’esperienza della Pentecoste: ricevuto lo Spirito Santo, Pietro con gli Undici si alza in piedi e prende la parola per annunciare Gesù morto e risorto a quanti si trovano a Gerusalemme (cfr. At 2,14-36). La vita sinodale si radica nello stesso dinamismo: non sono poche le testimonianze che descrivono in questi termini l’esperienza vissuta nella prima fase, e ancora più numerose quelle che legano in maniera inscindibile sinodalità e missione.

52. In una Chiesa che si definisce come segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano (cfr. LG 1), il discorso sulla missione mette a tema la trasparenza del segno e l’efficacia dello strumento, senza le quali qualunque annuncio si scontrerà con problemi di credibilità. La missione non è marketing di un prodotto religioso, ma costruzione di una comunità in cui i rapporti siano trasparenza dell’amore di Dio e quindi la vita stessa diventi annuncio. Negli Atti degli apostoli, al discorso di Pietro segue immediatamente il racconto della vita della comunità primitiva, in cui tutto diventava occasione di comunione (cfr. 2,42-47): questo le conferiva capacità di attrazione.

53. In questa linea, il primo interrogativo sulla missione riguarda proprio ciò che i membri della comunità cristiana sono disponibili a mettere in comune, a partire dall’originalità irriducibile di ciascuno, in forza della sua relazione diretta con Cristo nel Battesimo e del suo essere abitato dallo Spirito. Questo rende prezioso e irrinunciabile il contributo di ogni Battezzato. Una delle ragioni del senso di meraviglia registrato durante la prima fase è legato proprio alla possibilità di contribuire: «Davvero posso fare qualcosa?». Al tempo stesso, ciascuno è invitato ad assumere la propria incompletezza, cioè la consapevolezza che per portare avanti la missione c’è bisogno di tutti o, in altri termini, che anche la missione ha una dimensione costitutivamente sinodale.

54. Per questo la seconda priorità individuata da una Chiesa che si scopre sinodale missionaria riguarda il modo in cui riesce davvero a sollecitare il contributo di tutti, ciascuno con i suoi doni e i suoi compiti, valorizzando la diversità dei carismi e integrando la relazione tra doni gerarchici e carismatici[8]. La prospettiva della missione inserisce carismi e ministeri nell’orizzonte di ciò che è comune, e in questo modo ne salvaguarda la fecondità, che risulta invece compromessa quando essi diventano prerogative che legittimano logiche di esclusione. Una Chiesa sinodale missionaria ha il dovere di interrogarsi su come può riconoscere e valorizzare il contributo che ogni Battezzato può offrire alla missione, uscendo da se stesso e partecipando insieme agli altri a qualcosa di più grande. «Dare un contributo attivo al bene comune dell’umanità» (CA 34) è una componente irrinunciabile della dignità della persona, anche all’interno della comunità cristiana. Il primo contributo che tutti possono offrire è al discernimento dei segni dei tempi (cfr. GS 4), allo scopo di mantenere la consapevolezza della missione sintonizzata con il soffio dello Spirito. Tutti i punti di vista hanno qualcosa da apportare a questo discernimento, a partire da quello dei poveri e degli esclusi: camminare insieme con loro non vuol dire soltanto farsi carico dei loro bisogni e delle loro sofferenze, ma anche imparare da loro. Questo è il modo per riconoscere loro pari dignità, sfuggendo alle trappole dell’assistenzialismo e anticipando per quanto possibile la logica di quei cieli e terra nuova verso cui siamo in cammino.

55. Le Schede di lavoro relative a questa priorità provano a concretizzare questo interrogativo di fondo rispetto a temi quali il riconoscimento della varietà di vocazioni, carismi e ministeri, la promozione della dignità battesimale delle donne, il ruolo del Ministero ordinato e in particolare il ministero del Vescovo all’interno della Chiesa sinodale missionaria.

B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?

56. «Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità in ogni passo del cammino e dell’operare, promuovendo il reale coinvolgimento di tutti e di ciascuno»[9]. Queste parole del Santo Padre ci aiutano a collocare la partecipazione nel rapporto con gli altri due termini. Alla dimensione procedurale, che non va sottovalutata in quanto istanza di concretezza, la partecipazione aggiunge una densità antropologica di grande rilevanza: esprime infatti la preoccupazione per la fioritura dell’umano, cioè l’umanizzazione dei rapporti al cuore del progetto di comunione e dell’impegno per la missione. Salvaguarda l’unicità del volto di ciascuno, spingendo perché il passaggio al “noi” non assorba l’“io” nell’anonimato di una collettività indistinta, nell’astrattezza dei diritti o nell’asservimento alla performance dell’organizzazione. La partecipazione è essenzialmente espressione di creatività e alimento di rapporti di ospitalità, accoglienza e promozione umana al cuore della missione e della comunione.

57. Dalla preoccupazione per la partecipazione nel senso integrale qui ricordato scaturisce la terza priorità emersa dalla tappa continentale: la questione dell’autorità, del suo senso e dello stile del suo esercizio all’interno di una Chiesa sinodale. In particolare, essa si pone nella linea di parametri di derivazione mondana, o in quella del servizio? «Tra voi non sarà così» (Mt 20,26; cfr. Mc 10,43), dice il Signore, che dopo aver lavato i piedi ai discepoli li ammonisce: «Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15). Nella sua origine, il termine “autorità” indica la capacità di far crescere, e dunque il servizio all’originalità personale di ciascuno, il sostegno alla creatività e non un controllo che la blocca, il servizio alla costruzione della libertà della persona e non un laccio che la tiene legata. A questa domanda se ne collega una seconda, carica della preoccupazione per la concretezza e la continuità nel tempo: come possiamo imprimere alle nostre strutture e istituzioni il dinamismo della Chiesa sinodale missionaria?

58. Da questa attenzione deriva una ulteriore istanza, altrettanto concreta, che punta proprio a sostenere la dinamica della partecipazione nel tempo: si tratta della formazione, che appare in modo trasversale in tutti i documenti della prima fase. Istituzioni e strutture, infatti, non bastano a rendere sinodale la Chiesa: sono necessarie una cultura e una spiritualità sinodali, animate da un desiderio di conversione e sostenute da un’adeguata formazione, come le Assemblee continentali e prima di loro le sintesi delle Chiese locali non hanno cessato di sottolineare. L’esigenza di formazione non si limita all’aggiornamento dei contenuti, ma ha una portata integrale, che riguarda tutte le capacità e le disposizioni della persona: l’orientamento alla missione, la capacità di relazione e di costruzione della comunità, la disponibilità all’ascolto spirituale e la familiarità con il discernimento personale e comunitario, la pazienza, la perseveranza e la parresia.

59. La formazione è il mezzo indispensabile per rendere il modo di procedere sinodale un modello pastorale per la vita e l’azione della Chiesa. Abbiamo bisogno di una formazione integrale, iniziale e permanente, per tutti i membri del Popolo di Dio. Nessun Battezzato può sentirsi estraneo a questo impegno e occorre quindi strutturare adeguate proposte di formazione al modo di procedere sinodale rivolte a tutti i Fedeli. In particolare, poi, più uno è chiamato a servire la Chiesa, più deve avvertire l’urgenza della formazione: Vescovi, Presbiteri, Diaconi, Consacrati e Consacrate, e tutti coloro che esercitano un ministero hanno bisogno di formazione per rinnovare le modalità di esercizio dell’autorità e i processi decisionali in chiave sinodale, e per apprendere come accompagnare il discernimento comunitario e la conversazione nello Spirito. I candidati al Ministero ordinato vanno formati a uno stile e a una mentalità sinodale. La promozione di una cultura della sinodalità implica il rinnovamento dell’attuale curriculum dei seminari e della formazione dei formatori e dei professori di teologia, in modo che ci sia un orientamento più chiaro e deciso verso la formazione a una vita di comunione, missione e partecipazione. La formazione a una spiritualità sinodale è al cuore del rinnovamento della Chiesa.

60. Numerosi contributi evidenziano la necessità di uno sforzo analogo per il rinnovamento del linguaggio utilizzato dalla Chiesa: nella liturgia, nella predicazione, nella catechesi, nell’arte sacra, così come in tutte le forme di comunicazione rivolte sia ai Fedeli sia all’opinione pubblica più ampia, anche attraverso nuovi e vecchi media. Senza mortificare o svilire la profondità del mistero che la Chiesa annuncia o la ricchezza della sua tradizione, il rinnovamento del linguaggio dovrà puntare a renderle accessibili e attraenti per gli uomini e le donne del nostro tempo, senza rappresentare un ostacolo che li tiene lontani. L’ispirazione della freschezza del linguaggio evangelico, la capacità di inculturazione che la storia della Chiesa esibisce e le promettenti esperienze già in corso, anche nell’ambiente digitale, ci invitano a procedere con fiducia e decisione in un compito di importanza cruciale per l’efficacia dell’annuncio del Vangelo, che è il fine a cui tende una Chiesa sinodale missionaria.

Roma, 29 maggio 2023

Memoria della Beata Vergine Maria Madre della Chiesa

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XVI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI

PER UNA CHIESA SINODALE:
COMUNIONE, PARTECIPAZIONE, MISSIONE

SCHEDE DI LAVORO
PER L’ASSEMBLEA SINODALE

(Prima Sessione - ottobre 2023)

SCHEDE DI LAVORO
PER L’ASSEMBLEA SINODALE

Introduzione

Se l’intero IL «è pensato come sussidio pratico a servizio dello svolgimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023 e quindi per la sua preparazione» (n. 10), questo vale in modo peculiare per le Schede di lavoro qui presentate. Esse sono state predisposte per facilitare il discernimento sulle «tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti» (n. 14), in vista dell’identificazione dei passi concreti a cui ci sentiamo chiamati dallo Spirito Santo per crescere come Chiesa sinodale. La presentazione delle Schede, la spiegazione della loro struttura e le indicazioni su come utilizzarle richiedono quindi prima di tutto di collocarle all’interno della dinamica dei lavori dell’Assemblea.

La dinamica dell’Assemblea.

L’Assemblea affronterà le questioni poste dall’IL alternando convocazioni plenarie (Congregationes Generales) e lavori di gruppo (sessioni dei Circuli Minores), come previsto dall’art. 14 di EC.

In particolare, l’Assemblea procederà affrontando i diversi temi, nell’ordine in cui l’IL li propone. Comincerà lavorando sulla Sezione A, «Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale» (nn. 17-42), con l’obiettivo di mettere meglio a fuoco le caratteristiche fondamentali di una Chiesa sinodale, a partire dall’esperienza del camminare insieme vissuta dal Popolo di Dio in questi due anni e raccolta dai documenti prodotti lungo la prima fase grazie al discernimento dei Pastori. All’Assemblea è richiesto di muoversi in una prospettiva integrale, considerando l’esperienza del Popolo di Dio nel suo insieme e con la sua complessità.

L’Assemblea passerà quindi ad affrontare le tre questioni prioritarie emerse dalla fase della consultazione e presentate nella Sezione B dell’IL (nn. 43-60). A ciascuna di esse è dedicata una delle tre parti in cui quella Sezione è articolata, «in collegamento con le tre parole chiave del Sinodo: comunione, missione, partecipazione» (n. 43), con un’inversione dell’ordine in cui i tre termini compaiono che viene spiegata al n. 44. A questa articolazione corrisponde quella delle Schede di lavoro, anch’esse suddivise in tre parti, ciascuna delle quali riprende il titolo della parte corrispondente della Sezione B, evidenziando così il legame che le unisce:

- «B 1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?» (nn. 46-50);

- «B 2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?» (nn. 51-55);

- «B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?» (nn. 56-60).

In particolare, a ciascuna delle tre priorità corrispondono cinque Schede di lavoro: ciascuna «costituisce una porta di ingresso per trattare la priorità a cui è associata, che in questo modo può essere affrontata da prospettive differenti ma complementari, in collegamento con aspetti diversi della vita della Chiesa emersi grazie al lavoro delle Assemblee continentali» (n. 45).

L’organizzazione dei lavori per passi successivi non elimina il dinamismo che lega le due Sezioni tra di loro: l’esperienza del Popolo di Dio affrontata con lo sguardo integrale della Sezione A continua a rappresentare l’orizzonte al cui interno collocare la trattazione delle diverse questioni poste nella Sezione B, che in quella esperienza sono radicate. Lo sforzo richiesto all’Assemblea sarà proprio di «mantenere la tensione tra lo sguardo di insieme […] e l’identificazione dei passi da compiere» (n. 16): questi ultimi danno al primo concretezza e profondità, e ne ricevono in cambio visione prospettica e coesione contro il rischio della dispersione nel dettaglio.

Infine l’ultimo segmento dei lavori dell’Assemblea sarà dedicato alla raccolta dei frutti, cioè concretamente all’elaborazione di piste lungo cui continuare a camminare insieme, proseguendo la rilettura dell’esperienza del Popolo di Dio e promuovendo i necessari approfondimenti, innanzi tutto teologici e canonistici, in vista della seconda sessione dell’Assemblea sinodale nell’ottobre 2024.

Lungo l’intero percorso, l’Assemblea procederà utilizzando il metodo della conversazione nello Spirito (cfr. nn. 32-42), opportunamente adattato. Manterrà così un collegamento con il modo di procedere che ha contraddistinto l’intero processo sinodale (cfr. figura a pag. 26), ma soprattutto facendone diretta esperienza potrà meglio mettere a fuoco come esso possa diventare parte della vita ordinaria della Chiesa e modo di procedere condiviso per discernere la volontà di Dio.

Come usare le Schede di lavoro

Le Schede di lavoro sono pensate come strumento di lavoro per affrontare le tre questioni prioritarie enunciate nella Sezione B durante l’Assemblea di ottobre 2023. Non sono quindi capitoli di un libro da leggere in successione, né brevi saggi più o meno completi su un tema. Sono “da fare” e non “da leggere”, nel senso che offrono una traccia per la preghiera e la riflessione personale in preparazione allo scambio in gruppo e in plenaria. Allo stesso modo possono essere usate per realizzare incontri di approfondimento tematico in stile sinodale a tutti i livelli della vita della Chiesa. Non sono pensate per essere trattate in successione: ciascuna va tenuta insieme alla parte della Sezione B dell’IL a cui corrisponde, ma può essere affrontata prescindendo da tutte le altre.

Le Schede hanno tutte la medesima struttura: cominciano con una rapida contestualizzazione dell’interrogativo espresso dal titolo a partire da quanto emerso nella prima fase. Formulano poi una domanda per il discernimento. Infine offrono alcuni spunti di approfondimento, che articolano una varietà di prospettive (teologica, pastorale, canonistica, ecc.), dimensioni e livelli (Parrocchia, Diocesi, ecc.), ma soprattutto restituiscono la concretezza dei volti dei membri del Popolo di Dio, dei loro carismi e ministeri, delle domande che hanno espresso durante la fase dell’ascolto. L’abbondanza degli stimoli proposta in ogni Scheda risponde a un’esigenza di fedeltà alla ricchezza e alla varietà di quanto raccolto dalla consultazione, senza farne un questionario in cui è necessario formulare una risposta a ogni domanda. Alcuni spunti risulteranno particolarmente stimolanti in alcune regioni del mondo, altri in regioni diverse. Ciascuno è invitato a privilegiare quello o quelli su cui sente che l’esperienza della “sua” Chiesa ha una maggiore ricchezza da condividere con le altre: sarà questo il suo contributo al lavoro comune.

Ogni Scheda si focalizza sulla questione indicata dal titolo, dando per acquisito il quadro di riferimento rappresentato dall’IL, i cui contenuti non vengono ripetuti né esplicitamente citati. Rappresentano però la base del lavoro, unitamente a tutti i documenti relativi alla fase della consultazione: «anche nella preparazione all’Assemblea, i Membri del Sinodo sono invitati a tenere presenti i documenti precedenti, in particolare il DTC e i Documenti finali delle Assemblee continentali, oltre a quello del Sinodo digitale, come strumenti per il loro discernimento» (n. 9). Non si tratta quindi di ripartire da zero, ma di proseguire un cammino già cominciato. È per questa ragione, oltre che per ovvi motivi di spazio, che le Schede non offrono una trattazione sistematica delle diverse questioni, né approfondiscono tutto: il fatto che il processo sinodale abbia fatto emergere alcuni punti come prioritari non significa che altre questioni siano meno importanti. Sulla base della consultazione del Popolo di Dio, le questioni proposte nelle Schede rappresentano portali d’ingresso per affrontare concretamente l’interrogativo di fondo che spinge e guida l’intero processo: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?» (DP 2).

Tra le Schede, anche relative a parti diverse, ci sono evidenti punti di contatto, e anche sovrapposizioni. Non si tratta però di ripetizioni, in quanto nella redazione si è tenuto conto del fatto che le Schede sono pensate per essere utilizzate indipendentemente le une dalle altre. Inoltre, in questo modo si evidenzia la ricca rete di interconnessioni tra i temi toccati.

Alcuni interrogativi emersi dalla consultazione del Popolo di Dio riguardano questioni su cui già esiste uno sviluppo magisteriale e teologico a cui fare riferimento: per limitarci a due esempi, basta pensare all’accoglienza dei divorziati risposati, tema trattato nell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, o all’inculturazione della liturgia, oggetto dell’Istruzione Varietates legitimae (1994) della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il fatto che su punti di questo tipo continuino a emergere domande non può essere liquidato sbrigativamente, ma deve essere oggetto di discernimento e l’Assemblea sinodale è un ambito privilegiato per farlo. In particolare, andranno indagati gli ostacoli, reali o percepiti, che hanno impedito di compiere i passi indicati e identificare che cosa occorre per rimuoverli. Ad esempio, se il blocco deriva da una generica mancanza di informazione, servirà un migliore sforzo comunicativo. Se invece è dovuto alla difficoltà di cogliere le implicazioni dei documenti per le situazioni concrete o a riconoscersi in quanto da essi proposto, un cammino sinodale di effettiva appropriazione dei contenuti da parte del Popolo di Dio potrebbe essere la risposta appropriata. Altro caso ancora sarebbe quello in cui il ripresentarsi di una domanda fosse il segnale di un cambiamento della realtà o della necessità di un “traboccamento” della Grazia, che richiede di tornare a interrogare il Deposito della fede e la Tradizione viva della Chiesa.

Difficilmente i lavori della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi potranno giungere alla formulazione di orientamenti conclusivi su molti di questi temi: per questo il Santo Padre ha stabilito che l’Assemblea sinodale si svolga in due sessioni. L’obiettivo della prima sarà soprattutto delineare percorsi di approfondimento da compiere in stile sinodale, indicando i soggetti da coinvolgere e le modalità per raccoglierne i frutti, così da permettere di completare il discernimento nella seconda sessione di ottobre 2024, elaborando le proposte concrete per crescere come Chiesa sinodale da presentare al Santo Padre.

 

B 1. Una comunione che si irradia

Come essere più pienamente segno e strumento
di unione con Dio e di unità del genere umano?

B 1.1 In che modo il servizio della carità e l’impegno per la giustizia e la cura della casa comune alimentano la comunione in una Chiesa sinodale?

Diverse sono le direttrici indicate dalle Assemblee continentali per crescere come Chiesa sinodale missionaria:

a) In una Chiesa sinodale, i poveri, nel senso originario di coloro che vivono in condizioni di indigenza e di esclusione sociale, occupano un posto centrale. Sono destinatari di cura, ma soprattutto portatori di una Buona Notizia che l’intera comunità ha bisogno di ascoltare: da loro la Chiesa ha innanzi tutto qualcosa da imparare (cfr. Lc 6,20; EG 198). Una Chiesa sinodale riconosce e valorizza il loro protagonismo.

b) La cura della casa comune invita a un’azione condivisa: la soluzione a molti problemi, come ad esempio i cambiamenti climatici, sollecita l’impegno dell’intera famiglia umana. La cura della casa comune è già un luogo di intense esperienze di incontro e collaborazione con i membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali, con i credenti di altre religioni e con uomini e donne di buona volontà. Questo impegno richiede la capacità di agire coerentemente su una pluralità di piani: catechesi e animazione pastorale, promozione di stili di vita, gestione dei beni (immobili e finanziari) della Chiesa.

c) I movimenti migratori sono un segno del nostro tempo e «i migranti sono un “paradigma” capace di illuminare il nostro tempo»[10]. La loro presenza costituisce un appello a camminare insieme, in modo particolare quando si tratta di Fedeli cattolici. Invita a creare legami con le Chiese dei Paesi di origine e rappresenta una possibilità di sperimentare la varietà della Chiesa, ad esempio attraverso la diaspora delle Chiese Orientali Cattoliche.

d) Una Chiesa sinodale può svolgere un ruolo di testimonianza profetica in un mondo frammentato e polarizzato, soprattutto quando i suoi membri si impegnano a camminare insieme agli altri cittadini per la costruzione del bene comune. Nei luoghi segnati da profondi conflitti, questo richiede la capacità di essere agenti di riconciliazione e artigiani di pace.

e) «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati a essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri» (EG 187). Questo comporta anche la disponibilità a prendere posizione a loro favore nel dibattito pubblico, a prestare la voce alle loro cause, a denunciare le situazioni di ingiustizia e discriminazione, senza complicità con coloro che ne sono responsabili.

Domanda per il discernimento

Camminare insieme significa non lasciare indietro nessuno ed essere capaci di andare al passo di chi fa più fatica. In che modo possiamo crescere nella capacità di promuovere il protagonismo degli ultimi nella Chiesa e nella società?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Le opere di giustizia e di misericordia sono una forma di partecipazione alla missione di Cristo. Ogni Battezzato è perciò chiamato a impegnarsi in questo ambito. Come risvegliare, coltivare e potenziare questa consapevolezza nelle comunità cristiane?

2) Le disuguaglianze che segnano il mondo contemporaneo attraversano anche il corpo della Chiesa, separando ad esempio le Chiese dei Paesi ricchi e dei Paesi poveri, o le comunità delle aree più ricche e più povere di uno stesso Paese. Quali strumenti sono necessari per poter camminare insieme tra Chiese al di là di queste disuguaglianze, sperimentando un’autentica circolazione di doni?

3) Lungo il cammino sinodale, quali sforzi sono stati fatti per dare spazio alla voce dei più poveri e integrare il loro contributo? Che esperienza hanno maturato le nostre Chiese nel sostenere il protagonismo dei poveri? Di che cosa abbiamo bisogno per coinvolgerli sempre di più nel nostro camminare insieme, lasciando che la loro voce metta in questione il nostro modo di fare quando non è abbastanza inclusivo?

4) L’accoglienza dei migranti diventa una occasione di camminare insieme con persone di un’altra cultura, specie quando condividiamo la stessa fede? Quale spazio hanno le comunità migranti nella pastorale ordinaria? In che modo si valorizza la diaspora delle Chiese Orientali Cattoliche come occasione per sperimentare l’unità nella diversità? Quali legami si creano tra le Chiese dei Paesi di partenza e quelle dei Paesi di arrivo?

5) La comunità cristiana sa camminare insieme alla società nel suo complesso nella costruzione del bene comune o si presenta come un soggetto interessato alla difesa dei propri interessi di parte? Riesce a testimoniare la possibilità della concordia al di là delle polarizzazioni politiche? Quali strumenti si dà per formarsi a questi compiti? Operare per il bene comune richiede di dare vita ad alleanze e coalizioni: quali criteri di discernimento ci diamo a questo riguardo? In che modo la comunità accompagna i propri membri impegnati in politica?

6) Quali esperienze di camminare insieme per la cura della casa comune abbiamo fatto con persone, gruppi e movimenti che non fanno parte della Chiesa Cattolica? Che cosa abbiamo imparato? A che punto siamo nella costruzione di una coerenza tra i diversi piani su cui la cura della casa comune richiede di agire?

7) L’incontro con poveri ed emarginati e la possibilità di camminare insieme a loro inizia spesso dalla disponibilità all’ascolto della loro vita. Ha senso pensare al riconoscimento di uno specifico ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento per coloro che si fanno carico di questo servizio? In che modo una Chiesa sinodale può formarli e sostenerli? Come pensare a dare un riconoscimento ecclesiale a forme di impegno per la costruzione di una società giusta e per la cura della casa comune vissute come una risposta a un’autentica vocazione e come una scelta anche professionale?

B 1.2 Come una Chiesa sinodale può rendere credibile la promessa che «amore e verità s’incontreranno» (Sal 85,11)?

Provare a comprendere che cosa accogliere e accompagnare significhino concretamente per la comunità cristiana è stato un nucleo centrale delle diverse tappe della prima fase.

Il DTC ha scelto l’immagine biblica della tenda che si allarga (cfr. Is 54,2) per esprimere la chiamata a essere una comunità ben radicata e perciò capace di aprirsi. Le Assemblee continentali, sulla base delle diverse sensibilità, hanno proposto altre immagini per articolare la dimensione dell’accoglienza che fa parte della missione della Chiesa: l’Asia ha offerto l’immagine della persona che si toglie le scarpe per varcare la soglia, come segno di umiltà per disporsi all’incontro con l’altro e con Dio; l’Oceania ha proposto l’immagine della barca; l’Africa ha insistito sull’immagine della Chiesa famiglia di Dio, capace di offrire appartenenza e accoglienza a tutti i suoi componenti, nella loro varietà.

Al di sotto di questa diversità di immagini possiamo rintracciare un’unità di intenti: ovunque la Chiesa sta cercando come rinnovare la propria missione di essere una comunità accogliente e ospitale, di incontrare Cristo in coloro che accoglie e di essere segno della sua presenza e annuncio credibile della verità del Vangelo nella vita di tutti. Si tratta dell’esigenza profonda di imitare il Maestro e Signore anche nella capacità di vivere un apparente paradosso: «proclamare con coraggio il proprio insegnamento autentico e allo stesso tempo offrire una testimonianza di inclusione e accettazione radicale» (DTC 30).

Su questo punto il percorso sinodale è stato l’occasione per avviare un confronto profondo, con umiltà e sincerità. La sorpresa è scoprire che il modo di procedere sinodale consente di collocare nella prospettiva della missione gli interrogativi che nascono da questo confronto, senza rimanere paralizzati, alimentando la speranza che il Sinodo sia un catalizzatore di questo rinnovamento della missione e spinga a ricucire il tessuto relazionale della Chiesa.

La preoccupazione di essere capaci di autentica accoglienza viene espressa in una pluralità di direzioni, molto diverse tra di loro e non complanari:

a) i Documenti finali delle Assemblee continentali menzionano spesso coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati e risposati, le persone in matrimonio poligamico o le persone LGBTQ+;

b) rilevano altresì come forme di discriminazione a base razziale, tribale, etnica, di classe o di casta, presenti anche nel Popolo di Dio, conducano alcuni a sentirsi meno importanti o meno graditi all’interno della comunità;

c) assai diffusa è la segnalazione di come una pluralità di barriere, da quelle pratiche ai pregiudizi culturali, generino forme di esclusione delle persone con disabilità e richiedano di essere superate;

d) emerge anche la preoccupazione che i poveri, a cui in primis è rivolta la Buona Notizia, siano troppo spesso ai margini delle comunità cristiane (ad esempio profughi, migranti e rifugiati, bambini di strada, persone senza dimora, vittime della tratta di esseri umani, ecc.);

e) infine, i documenti delle Assemblee continentali osservano che è necessario mantenere il legame tra conversione sinodale e cura delle vittime e delle persone emarginate all’interno della Chiesa; in particolare danno grande enfasi alla necessità di imparare a esercitare la giustizia come forma di accoglienza di coloro che sono stati feriti da membri della Chiesa, in particolare vittime e sopravvissuti di tutte le forme di abuso;

f) l’ascolto delle voci più frequentemente trascurate è indicato come la via per crescere nell’amore e nella giustizia cui il Vangelo dà testimonianza.

Domanda per il discernimento

Quali passi può compiere una Chiesa sinodale per imitare sempre di più il suo Maestro e Signore, che cammina con tutti con amore incondizionato e annuncia la pienezza della verità del Vangelo?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Qual è l’atteggiamento con cui ci avviciniamo al mondo? Sappiamo riconoscere il bene che c’è in esso e allo stesso tempo impegnarci a denunciare profeticamente tutto ciò che viola la dignità delle persone, delle comunità umane e della creazione?

2) Come possiamo far risuonare una voce profetica nello svelare le cause del male senza frammentare ulteriormente le nostre comunità? Come possiamo diventare una Chiesa che non nasconde i conflitti e non ha paura di salvaguardare spazi per il disaccordo?

3) Come possiamo ripristinare la prossimità e la cura delle relazioni come nucleo della missione della Chiesa, camminare con le persone invece di parlare di loro o a loro?

4) Nella linea dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Christus vivit, come possiamo camminare insieme ai giovani? In che modo una “opzione preferenziale per i giovani” può essere al centro delle nostre strategie pastorali in chiave sinodale?

5) Come possiamo continuare a fare passi concreti per offrire giustizia a vittime e sopravvissuti degli abusi sessuali, spirituali, economici, di potere e di coscienza compiuti da persone che stavano svolgendo un ministero o un incarico ecclesiale?

6) Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande? Alla luce dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+, ecc.)?

7) Come possiamo essere più aperti e accoglienti verso migranti e rifugiati, minoranze etniche e culturali, comunità indigene che da lungo tempo sono parte della Chiesa ma sono spesso ai margini? Come possiamo testimoniare che la loro presenza è un dono?

8) Quali barriere fisiche e culturali abbiamo bisogno di far cadere perché le persone con disabilità possano sentirsi membri della comunità a pieno titolo?

9) Come valorizzare l’apporto delle persone anziane alla vita della comunità cristiana e della società?

B 1.3 Come può crescere un rapporto dinamico di scambio di doni tra le Chiese?

La comunione a cui la Chiesa è chiamata è una relazione dinamica di scambio di doni, che testimonia un’unità trascendente nella diversità. Uno dei doni più significativi del percorso sinodale finora compiuto è la riscoperta della ricchezza della diversità e della profondità della nostra interconnessione. Questa diversità e questa interconnessione non minacciano, ma forniscono il contesto per una ricezione più profonda della nostra unità di creazione, vocazione e destino.

Il processo sinodale è stato vissuto in maniera appassionata e vivace al livello locale della Chiesa, in particolar modo quando si sono realizzate occasioni di conversazione nello Spirito. Il DTC ha cercato di far emergere le diverse forme di questa vitalità e di sottolineare al tempo stesso la straordinaria convergenza riguardo a questioni e temi emersi nei vari contesti. Durante le Assemblee continentali, poi, sono stati scoperti come un dono prezioso alcuni aspetti della vita della Chiesa in contesti molto diversi tra loro. Al tempo stesso si è entrati in un rapporto più profondo con la diversità che segna le varie regioni: differenze tra Chiese del medesimo continente, come pure diversità di espressione della cattolicità, dovuta alla presenza di comunità cattoliche latine e orientali nello stesso territorio, spesso come risultato di ondate migratorie e della formazione di comunità in diaspora. In verità, come osserva un’Assemblea continentale, ci siamo sperimentati molto concretamente come “comunità di comunità”, notando i doni che così riceviamo e le tensioni che ne possono derivare.

Questi incontri hanno portato a osservazioni condivise e anche a richieste esplicite:

a) si desidera che le diverse tradizioni di specifiche regioni e Chiese possano farsi sentire e partecipare alla conversazione ecclesiale e teologica spesso dominata da voci latine/occidentali. La dignità dei Battezzati è riconosciuta come un punto chiave in molti contesti; allo stesso modo, in particolare per molti appartenenti a Chiese Orientali Cattoliche il Mistero pasquale celebrato nei Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana rimane il fulcro della riflessione sull’identità dei Cristiani e sulla Chiesa sinodale;

b) le Chiese Orientali Cattoliche hanno una lunga e distinta esperienza di sinodalità, condivisa con le Chiese Ortodosse, una tradizione a cui desiderano sia garantita attenzione nelle discussioni e nel discernimento di questo processo sinodale;

c) allo stesso modo, esistono realtà specifiche e particolari che i Cristiani orientali in diaspora si trovano ad affrontare in nuovi contesti, insieme ai loro fratelli e sorelle ortodossi. Si desidera che le Chiese Cattoliche Orientali in diaspora siano in grado di preservare la loro identità e di essere riconosciute come qualcosa di più di semplici comunità etniche, cioè come Chiese sui iuris con ricche tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche che contribuiscono alla missione della Chiesa oggi, in un contesto globale.

Domanda per il discernimento

Come può ogni Chiesa locale, soggetto della missione nel contesto in cui vive, valorizzare, promuovere e integrare lo scambio di doni con le altre Chiese locali, nell’orizzonte dell’unica Chiesa Cattolica? Come aiutare le Chiese locali a promuovere la cattolicità della Chiesa in un rapporto armonico tra unità e diversità, preservando la specificità di ciascuna?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Come aumentare la consapevolezza che la Chiesa una e cattolica è già, e fin dall’inizio, portatrice di una ricca e multiforme diversità?

2) Con quali gesti le differenti Chiese locali potrebbero donarsi ospitalità reciproca per beneficiare di uno scambio di doni ecclesiali e manifestare la comunione ecclesiale nella liturgia, nella spiritualità, nella pastorale e nella riflessione teologica? In particolare, come possiamo attivare uno scambio tra le esperienze e le visioni della sinodalità tra Chiese Cattoliche Orientali e Chiesa Latina?

3) Come potrebbe la Chiesa Latina sviluppare una maggiore apertura alle tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche delle Chiese Orientali Cattoliche?

4) Come possono le Chiese Orientali Cattoliche in diaspora preservare la loro identità ed essere riconosciute come qualcosa di più di semplici comunità etniche?

5) Alcune Chiese vivono in situazioni di grande precarietà. Come possono le altre Chiese farsi carico della loro sofferenza e sovvenire alle loro necessità, mettendo in pratica gli insegnamenti dell’apostolo Paolo che alle comunità della Grecia chiedeva di sostenere con generosità quella di Gerusalemme: «la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza» (2Cor 8,14)? Quale ruolo possono avere a questo riguardo le istituzioni globali e quelle della Santa Sede dedicate al servizio della carità?

6) Come tenere presenti e valorizzare i contributi e le esperienze delle Chiese locali nell’elaborazione del Magistero e delle norme ecclesiastiche a livello universale?

7) In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, come sviluppare il tessuto di relazioni tra le Chiese locali della stessa regione e anche di continenti diversi? Come la crescente mobilità umana e quindi la presenza di comunità di migranti possono diventare occasione per la costruzione di legami tra le Chiese e lo scambio di doni? Come gestire in modo costruttivo tensioni e incomprensioni che dovessero nascere tra Fedeli di culture e tradizioni diverse?

8) Come possono le istituzioni globali della Chiesa, a partire da quelle che fanno capo alla Santa Sede e ai Dicasteri della Curia Romana, favorire la circolazione dei doni tra le Chiese?

9) Come rendere attivo e fecondo lo scambio di esperienze e di doni non solo tra le diverse Chiese locali, ma anche tra le diverse vocazioni, carismi e spiritualità all’interno del Popolo di Dio: istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, associazioni e movimenti laicali, nuove comunità? In che modo è possibile assicurare la partecipazione a questa circolazione delle comunità di vita contemplativa?

B 1.4 Come una Chiesa sinodale può compiere meglio la propria missione attraverso un rinnovato impegno ecumenico?

«Il cammino della sinodalità, che la Chiesa Cattolica sta percorrendo, è e dev’essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale»[11]. La sinodalità è una sfida comune che riguarda tutti i credenti in Cristo, così come l’ecumenismo è innanzi tutto una strada comune (syn-odos) percorsa insieme agli altri Cristiani. Sinodalità ed ecumenismo sono due cammini da percorrere insieme, con un obiettivo comune: una migliore testimonianza cristiana. Questa può prendere la forma della convivenza in un “ecumenismo della vita” a diversi livelli, compresi i matrimoni interconfessionali, e anche dell’atto supremo di donarla come testimonianza della fede in Cristo nell’ecumenismo del martirio.

Diverse sono le implicazioni ecumeniche dell’impegno a edificare una Chiesa sinodale:

a) nell’unico Battesimo tutti i Cristiani partecipano del sensus fidei o senso soprannaturale della fede (cfr. LG 12), ragione per cui in una Chiesa sinodale tutti vanno ascoltati con attenzione;

b) il cammino ecumenico è uno scambio di doni, e uno tra i doni che i Cattolici possono ricevere dagli altri Cristiani è proprio la loro esperienza sinodale (cfr. EG 246). La riscoperta della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa è un frutto del dialogo ecumenico, soprattutto con gli Ortodossi;

c) il movimento ecumenico è un laboratorio di sinodalità, in particolare potrebbe essere fonte di ispirazione la metodologia del dialogo e della ricerca del consenso sperimentata a vari livelli al suo interno;

d) la sinodalità è parte della “continua riforma” della Chiesa, nella consapevolezza che è soprattutto attraverso la sua riforma interna, in cui la sinodalità ha un ruolo essenziale, che la Chiesa Cattolica si avvicina agli altri Cristiani (cfr. UR 4.6);

e) vi è una relazione reciproca tra l’ordinamento sinodale della Chiesa Cattolica e la credibilità del suo impegno ecumenico;

f) una certa sinodalità tra le Chiese si sperimenta ogni volta che Cristiani di diverse tradizioni si riuniscono nel nome di Gesù Cristo per la preghiera, l’azione e la testimonianza comuni, nonché per le consultazioni regolari e la partecipazione ai rispettivi processi sinodali.

Tutti i Documenti finali delle Assemblee continentali evidenziano la stretta relazione tra sinodalità ed ecumenismo, e alcuni vi dedicano interi capitoli. In effetti, sia la sinodalità sia l’ecumenismo sono radicati nella dignità battesimale dell’intero Popolo di Dio; invitano a un rinnovato impegno sulla base della visione di una Chiesa sinodale missionaria; sono processi di ascolto e di dialogo ed esortano a crescere in una comunione che non è uniformità, ma unità nella legittima diversità; evidenziano la necessità di uno spirito di corresponsabilità, dal momento che le nostre decisioni e azioni a diversi livelli riguardano tutti i membri del Corpo di Cristo; sono processi spirituali di pentimento, perdono e riconciliazione in un dialogo di conversione che può portare a una guarigione della memoria.

Domanda per il discernimento

In che modo l’esperienza e i frutti del cammino ecumenico possono favorire l’edificazione di una Chiesa Cattolica più sinodale; in che modo la sinodalità può aiutare la Chiesa Cattolica a rispondere meglio alla preghiera di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda» (Gv 17,21)?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Questo Sinodo è un’opportunità per imparare dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali e per «raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come un dono anche per noi» (EG 246). Che cosa possono (re)imparare i Cattolici dall’esperienza sinodale di altri Cristiani e dal movimento ecumenico?

2) Come promuovere la partecipazione attiva di tutto il Popolo di Dio al movimento ecumenico? In particolare, quale può essere il contributo della vita consacrata, delle coppie e delle famiglie interconfessionali, dei giovani, dei movimenti ecclesiali e delle comunità ecumeniche?

3) In quali ambiti è necessaria una guarigione della memoria relativamente al rapporto con le altre Chiese e Comunità ecclesiali? Come possiamo costruire insieme una “nuova memoria”?

4) Come si può migliorare il nostro camminare insieme con i Cristiani di tutte le tradizioni? In che modo una commemorazione comune del 1700° anniversario del Concilio di Nicea (325-2025) potrebbe fornire un’occasione a tale riguardo?

5) «Il ministero episcopale di unità è strettamente legato alla sinodalità»[12]. Come il Vescovo, in quanto «visibile principio e fondamento di unità» (LG 23), è chiamato a promuovere l’ecumenismo in modo sinodale nella sua Chiesa locale?

6) Come il processo sinodale in corso può contribuire a «trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova»[13]?

7) Come le Chiese Orientali Cattoliche possono aiutare, sostenere e stimolare la Chiesa Latina nel comune impegno sinodale ed ecumenico? Come la Chiesa Latina può sostenere e promuovere l’identità dei Fedeli orientali cattolici nella diaspora?

8) Come il motto ecumenico «Camminare insieme, lavorare insieme, pregare insieme»[14] di Papa Francesco può ispirare un rinnovato impegno per l’unità dei Cristiani in modo sinodale?

B 1.5 In che modo riconoscere e raccogliere le ricchezze delle culture e sviluppare il dialogo con le religioni, alla luce del Vangelo?

Ascoltare le persone richiede di saper ascoltare le culture in cui sono inserite, nella consapevolezza che ogni cultura è in continua evoluzione. Una Chiesa sinodale ha bisogno di imparare ad articolare sempre meglio il Vangelo con le culture e i contesti locali, attraverso il discernimento, a partire dalla fiducia nel fatto che lo Spirito le dona un’ampiezza tale da poter accogliere qualunque cultura, senza esclusioni. Ne è una prova il fatto che le Chiese locali sono già contraddistinte da una grande diversità, che è una benedizione: al loro interno convivono nazionalità e gruppi etnici diversi, e credenti delle tradizioni orientali e occidentali. Questa ricchezza, in ogni caso, non è sempre semplice da vivere e può diventare fonte di divisioni e conflitti.

Inoltre, il nostro tempo è segnato dalla prepotente pervasività di una nuova cultura, quella degli ambienti digitali e dei new media. Come dimostra l’iniziativa del Sinodo digitale, la Chiesa vi è già presente, soprattutto attraverso l’azione di tanti Cristiani, molti dei quali giovani. Mancano ancora una piena consapevolezza delle potenzialità che questo ambiente offre per l’evangelizzazione e una riflessione sulle sfide che pone, in particolare in termini antropologici.

Dai documenti delle Assemblee continentali emergono varie tensioni, da cui non rimanere schiacciati ma da valorizzare come fonti di dinamismo:

a) nel rapporto tra Vangelo e culture locali, con esperienze e posizioni diverse. Alcuni considerano l’adozione di tradizioni provenienti dalle Chiese di altre regioni come una forma di colonialismo. Altri ritengono che lo Spirito agisca in ogni cultura, rendendola capace di dare espressione alle verità della fede cristiana. Altri ancora ritengono che i Cristiani non possano adottare o adattare pratiche culturali precristiane;

b) nel rapporto tra Cristianesimo e altre religioni. Accanto a esperienze feconde di dialogo e impegno con credenti di altre religioni, emergono anche fatiche e limiti, segnali di sfiducia, conflitti religiosi e anche persecuzioni, dirette o indirette. La Chiesa desidera costruire ponti per la promozione della pace, della riconciliazione, della giustizia e della libertà, ma ci sono anche situazioni che richiedono di esercitare grande pazienza e speranza che le cose possano cambiare;

c) nel rapporto tra la Chiesa da una parte e la cultura occidentale e le forme di colonizzazione culturale dall’altra. Nel mondo sono all’opera forze che si oppongono alla missione della Chiesa, a partire da ideologie filosofiche, economiche e politiche fondate su presupposti che avversano la fede. Non tutti percepiscono queste tensioni allo stesso modo, ad esempio riguardo al fenomeno della secolarizzazione, che alcuni ritengono una minaccia e altri un’opportunità. Talvolta questa tensione viene interpretata in modo riduzionista come scontro tra coloro che desiderano il cambiamento e coloro che lo temono;

d) nel rapporto tra le comunità indigene e i modelli occidentali di azione missionaria. Molti missionari cattolici hanno dato prova di grande dedizione e generosità nella condivisione della propria fede, ma in alcuni casi la loro azione ha ostacolato la possibilità che le culture locali offrissero il loro contributo originale all’edificazione della Chiesa;

e) nel rapporto tra la comunità cristiana e i giovani, non pochi dei quali si sentono esclusi dal linguaggio adottato negli ambienti ecclesiali, che risulta loro incomprensibile.

Queste tensioni vanno affrontate innanzi tutto attraverso il discernimento a livello locale, poiché non esistono ricette preconfezionate. Le Assemblee continentali hanno messo in rilievo disposizioni personali e comunitarie che possono essere di aiuto: un atteggiamento di umiltà e rispetto, la capacità di ascoltare e promuovere un’autentica conversazione nello Spirito, la disponibilità al cambiamento, ad abbracciare la dinamica pasquale di morte e resurrezione anche rispetto alle forme concrete che assume la vita della Chiesa, la formazione al discernimento culturale, al confronto tra sensibilità e spiritualità e all’accompagnamento di persone di diversa cultura.

Domanda per il discernimento

In che modo possiamo rendere l’annuncio del Vangelo comunicabile e percepibile nei diversi contesti e nelle diverse culture, per favorire l’incontro con Cristo degli uomini e delle donne del nostro tempo? Quali legami possiamo instaurare con i credenti delle altre religioni, sviluppando una cultura dell’incontro e del dialogo?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Con quali strumenti le Chiese locali leggono e operano un discernimento delle culture in cui sono inserite? Come possono, alla luce del Vangelo, rispettare e valorizzare le culture dei diversi contesti locali? Quali opportunità possono creare per rileggere gli insegnamenti della Chiesa alla luce delle culture locali in modo costruttivo?

2) Quali spazi sono disponibili perché le culture delle minoranze e dei migranti trovino espressione nelle Chiese locali?

3) Diverse Diocesi, Conferenze Episcopali, Assemblee continentali hanno espresso il desiderio di poter riarticolare la vita delle comunità e in particolare la liturgia in accordo con le culture locali, in un processo di inculturazione permanente. Quale dinamica sinodale possiamo mettere in atto per andare incontro a questo desiderio?

4) Come promuovere la formazione al discernimento culturale? In che modo favorire, educare e dare riconoscimento ai carismi e alle vocazioni dei “traduttori”, cioè di coloro che aiutano a creare ponti tra religioni, culture e persone?

5) A quali gesti di riconciliazione e di pace con altre religioni ci sentiamo chiamati? Come affrontare costruttivamente pregiudizi, tensioni e conflitti? Come testimoniare il Vangelo nei Paesi in cui la Chiesa è in minoranza, senza indebolire la testimonianza della fede, ma anche senza esporre con leggerezza i Cristiani a minacce e persecuzioni?

6) Come affrontare in maniera franca, profetica e costruttiva le relazioni tra cultura occidentale e le altre culture, anche all’interno della Chiesa, evitando forme di colonialismo?

7) Per alcuni la società secolarizzata è una minaccia a cui bisogna opporsi, per altri un fatto da accettare, per altri ancora una fonte di ispirazione e un’opportunità. Come possono le Chiese rimanere in dialogo con il mondo senza diventare mondane?

8) Come possiamo suscitare occasioni di discernimento all’interno degli ambienti digitali? Quali forme di collaborazione e quali strutture abbiamo bisogno di creare a servizio dell’evangelizzazione di un ambiente che prescinde dalla dimensione territoriale?

B 2. Corresponsabili nella missione

Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?

B 2.1 Come camminare insieme verso una consapevolezza condivisa del significato e del contenuto della missione?

È missione della Chiesa annunciare il Vangelo e rendere presente Cristo, attraverso il dono dello Spirito. Questo compito appartiene a tutti i Battezzati (cfr. EG 120): la sinodalità è costitutivamente missionaria e la missione stessa è azione sinodale. Siamo continuamente invitati a crescere nella nostra risposta a questa chiamata, rinnovando in chiave sinodale il modo con cui la Chiesa compie la propria missione. Nelle riflessioni delle Assemblee continentali, questa missione articola una molteplicità di dimensioni, da armonizzare e non opporre le une alle altre, nella prospettiva integrale promossa da Evangelii nuntiandi e ripresa da Evangelii gaudium. Ad esempio:

a) un accorato appello al rinnovamento della vita liturgica della Chiesa locale come luogo di annuncio attraverso la Parola e i Sacramenti, con un’enfasi sulla qualità della predicazione e sul linguaggio della liturgia. Quest’ultima richiede un giusto equilibrio tra l’unità della Chiesa, espressa anche nell’unità del rito, e le legittime varietà, che una corretta inculturazione tiene in debito conto[15];

b) si sottolinea il desiderio di una Chiesa povera e vicina a chi soffre, capace di evangelizzare attraverso l’esercizio della prossimità e della carità, seguendo le orme del Signore, e la testimonianza di un impegno che va fino al martirio: è la vocazione “samaritana” della Chiesa. Si richiamano le situazioni in cui la Chiesa provoca ferite e quelle in cui le subisce: senza la cura per le persone coinvolte, queste situazioni diventano pietra di inciampo per la testimonianza dell’amore di Dio e della verità del Vangelo;

c) una chiave per opporsi profeticamente a nuovi e distruttivi colonialismi è l’apertura di luoghi di servizio gratuito, ispirati all’imitazione di Cristo, che è venuto non per essere servito ma per servire (cfr. Mc 10,45). Sono luoghi in cui i bisogni umani fondamentali possono trovare risposta, le persone si sentono accolte e non giudicate, libere di fare domande sulle ragioni della nostra speranza (cfr. 1Pt 3,15), libere di andarsene e di ritornare. Per una Chiesa sinodale la missione è sempre costruire con gli altri, non semplicemente per altri;

d) anche nell’ambiente digitale, che la Chiesa sta scoprendo come opportunità di evangelizzazione, la costruzione di reti di relazioni rende possibile alle persone che lo frequentano, in particolare i giovani, sperimentare nuove forme per camminare insieme. L’iniziativa del Sinodo digitale richiama l’attenzione della Chiesa sulla realtà della persona umana come essere che comunica, anche nei circuiti mediali che danno forma al nostro mondo contemporaneo.

Il desiderio di crescere nell’impegno per la missione non è ostacolato dalla consapevolezza dei limiti delle comunità cristiane e dal riconoscimento dei loro fallimenti; anzi il movimento di uscita da sé per impulso della fede, della speranza e della carità è una via per affrontare questa incompletezza. Accanto all’affermazione di questo desiderio, le Assemblee continentali danno voce anche alla mancanza di chiarezza e di una comprensione condivisa del significato, della portata e del contenuto della missione della Chiesa, o dei criteri per articolare le spinte all’azione in diverse direzioni. Questo ostacola il nostro camminare insieme e ci divide; perciò emerge una domanda di maggiore formazione e di luoghi di confronto e dialogo, in chiave sinodale, tra le diverse prospettive, spiritualità e sensibilità che costituiscono la ricchezza della Chiesa.

Domanda per il discernimento

Quanto la Chiesa è oggi preparata e attrezzata per la missione di annunciare il Vangelo con convinzione, libertà di spirito ed efficacia? In che modo la prospettiva di una Chiesa sinodale trasforma la comprensione della missione e consente di articolarne le diverse dimensioni? In che modo l’esperienza di compiere insieme la missione arricchisce la comprensione della sinodalità?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) La vita liturgica della comunità è la sorgente della missione. Come sostenerne il rinnovamento in una prospettiva sinodale di valorizzazione di ministeri, carismi e vocazioni e di offerta di spazi di accoglienza e relazione?

2) In che modo la predicazione, la catechesi e la pastorale possono promuovere una consapevolezza condivisa del significato e del contenuto della missione? E del fatto che costituisce una chiamata concreta ed effettiva per ogni Battezzato?

3) Le sintesi delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali chiedono con forza una “opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale. Come potrebbe prendere forma questo rinnovamento sinodale missionario della Chiesa, anche attraverso l’attuazione delle conclusioni dei Sinodi del 2014-2015 e del 2018?

4) Per larghissima parte del Popolo di Dio la missione si compie «trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» (LG 31; cfr. anche AA 2). Come far crescere la consapevolezza che la professione, l’impegno sociale e politico, il volontariato sono ambiti di esercizio della missione? Come accompagnare e sostenere coloro che svolgono questa missione in ambienti particolarmente ostili e impegnativi?

5) La dottrina sociale della Chiesa è considerata spesso come appannaggio di esperti e teologi e slegata dalla vita quotidiana delle comunità. Come si può favorirne la riappropriazione da parte del Popolo di Dio, come risorsa per la missione?

6) L’ambiente digitale ormai modella la vita della società. Come può la Chiesa svolgere più efficacemente la propria missione al suo interno? Come vanno riconfigurati l’annuncio, l’accompagnamento e la cura in questo ambiente? Come offrire un adeguato riconoscimento all’impegno missionario al suo interno e percorsi adeguati di formazione per chi lo compie? Come incoraggiare il protagonismo dei giovani, corresponsabili della missione della Chiesa in questo spazio?

7) In molti ambiti portare avanti la missione richiede di collaborare con una pluralità di persone e organizzazioni di ispirazione diversa: Fedeli di altre Chiese e Comunità ecclesiali, credenti di altre religioni, donne e uomini di buona volontà. Che cosa impariamo dal “camminare insieme” a loro e come possiamo attrezzarci per farlo meglio?

B 2.2 Che cosa fare perché una Chiesa sinodale sia anche una Chiesa missionaria "tutta ministeriale"?

Tutte le Assemblee continentali fanno riferimento ai ministeri nella Chiesa, spesso in termini molto articolati. Il processo sinodale restituisce una visione positiva dei ministeri, che legge il Ministero ordinato all’interno della più ampia ministerialità ecclesiale, senza contrapposizioni. Affiora anche una certa urgenza di discernere i carismi emergenti e le forme appropriate di esercizio dei Ministeri battesimali (istituiti, straordinari e di fatto) all’interno del Popolo di Dio, partecipe della funzione profetica, sacerdotale e regale di Cristo. Su questi ultimi si focalizza questa Scheda, mentre in altre trova spazio la questione della relazione con il Ministero ordinato e dei compiti dei Vescovi in una Chiesa sinodale. In particolare:

a) appare con evidenza la richiesta di superare una visione che riserva ai soli Ministri ordinati (Vescovi, Presbiteri, Diaconi) ogni funzione attiva nella Chiesa, riducendo la partecipazione dei Battezzati a una collaborazione subordinata. Senza sminuire l’apprezzamento per il dono del Sacramento dell’Ordine, i ministeri sono compresi a partire da una concezione ministeriale della Chiesa intera. Emerge una serena ricezione del Concilio Vaticano II, con il riconoscimento della dignità battesimale come fondamento della partecipazione di tutti alla vita della Chiesa. La dignità battesimale viene facilmente collegata al Sacerdozio comune come radice dei Ministeri battesimali, e si riafferma la necessaria relazione tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale, che sono «ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo» (LG 10);

b) si sottolinea che il luogo più propizio per rendere effettiva la partecipazione di tutti al Sacerdozio di Cristo, capace di valorizzare il Ministero ordinato nella sua peculiarità e di promuovere al tempo stesso i Ministeri battesimali nella loro varietà, è la Chiesa locale, chiamata a discernere quali carismi e ministeri sono utili per il bene di tutti in un particolare contesto sociale, culturale ed ecclesiale. Si sente l’esigenza di dare nuovo slancio alla partecipazione peculiare dei Laici all’evangelizzazione nei vari ambiti della vita sociale, culturale, economica, politica, nonché di valorizzare il contributo delle Consacrate e dei Consacrati, con i loro diversi carismi, all’interno della vita della Chiesa locale;

c) l’esperienza di camminare insieme nella Chiesa locale permette di immaginare nuovi ministeri al servizio di una Chiesa sinodale. Spesso, rifacendosi al testo, alla visione e al linguaggio di LG 10-12, le Assemblee continentali chiedono un maggiore riconoscimento dei Ministeri battesimali e la possibilità di realizzarlo nel registro della sussidiarietà tra i diversi livelli della Chiesa. In questa linea, molte di queste domande potrebbero trovare risposta attraverso un lavoro sinodale più approfondito nelle Chiese locali, dove, sulla base del principio della partecipazione differenziata ai tria munera di Cristo, è più agevole mantenere chiara la complementarità tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale, individuando con discernimento i Ministeri battesimali necessari alla comunità.

d) Una Chiesa “tutta ministeriale” non è necessariamente una Chiesa “tutta di Ministeri istituiti”. Ci sono legittimamente molti ministeri che scaturiscono dalla vocazione battesimale: i ministeri spontanei, alcuni ministeri riconosciuti che non sono istituiti e altri che, mediante l’istituzione, ricevono una specifica formazione, missione e stabilità. Crescere come Chiesa sinodale comporta l’impegno di discernere insieme quali ministeri devono essere creati o promossi alla luce dei segni dei tempi, come risposta a servizio del mondo.

Domanda per il discernimento

Come nella Chiesa possiamo muoverci verso una reale ed effettiva corresponsabilità in chiave missionaria per una più piena realizzazione di vocazioni, carismi e ministeri di tutti i Battezzati? Come fare sì che una Chiesa più sinodale sia anche una “tutta ministeriale”?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Come vivere la celebrazione del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia affinché siano occasioni di testimonianza e di promozione della partecipazione e corresponsabilità di tutti come soggetti attivi nella vita e missione della Chiesa? Quali percorsi formativi devono essere avviati per far crescere nella Chiesa una comprensione della ministerialità che non si riduca al Ministero ordinato?

2) Come discernere in una Chiesa locale i Ministeri battesimali, istituiti o meno, necessari alla missione? Quali sono gli spazi disponibili per la sperimentazione a livello locale? Che valore va attribuito a questi Ministeri? A quali condizioni possono essere recepiti da tutta la Chiesa?

3) Che cosa possiamo imparare dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali per quanto riguarda la ministerialità e i ministeri?

4) La corresponsabilità si manifesta e realizza innanzi tutto nella partecipazione di tutti alla missione: come valorizzare l’apporto specifico dei diversi carismi e vocazioni (da quelli legati a capacità e competenze, anche professionali, dei singoli a quelli che ispirano istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, movimenti, associazioni, ecc.) a servizio dell’armonia dell’impegno comunitario e della vita ecclesiale, soprattutto nelle Chiese locali?

5) Come creare spazi e momenti di partecipazione effettiva alla corresponsabilità nella missione dei Fedeli che, per diverse ragioni, sono ai margini della vita della comunità, ma che secondo la logica del Vangelo possono offrire un contributo insostituibile (persone anziane e ammalate, persone con disabilità, persone povere, persone prive di formazione culturale, ecc.)?

6) Molte persone vivono l’impegno per la costruzione di una società giusta e per la cura della casa comune come una risposta a una autentica vocazione e come una scelta di vita, anche a scapito di alternative professionali più remunerative. Come possiamo pensare a forme di riconoscimento per questo impegno, in modo da rendere evidente che non si tratta di una opzione personale, ma di un’azione che rende tangibile la sollecitudine della Chiesa?

B 2.3 Come può la Chiesa del nostro tempo compiere meglio la propria missione attraverso un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne?

Nel Battesimo il cristiano entra in un nuovo legame con Cristo e, in Lui e attraverso di Lui, con tutti i Battezzati, con tutto il genere umano e con tutta la creazione. Figlie e figlie dell’unico Padre, unti dallo stesso Spirito, in virtù della condivisione del medesimo legame con Cristo, i Battezzati sono donati gli uni agli altri come membra di un unico corpo in cui godono di pari dignità (cfr. Gal 3,26-28). La fase dell’ascolto ha ribadito la consapevolezza di questa realtà, indicando che essa deve trovare una realizzazione sempre più concreta nella vita della Chiesa anche attraverso relazioni di mutualità, reciprocità e complementarità tra uomini e donne:

a) in modo sostanzialmente unanime, pur nella differenza delle prospettive di ciascun continente, tutte le Assemblee continentali invitano a prestare attenzione all’esperienza, allo status e al ruolo delle donne. Celebrano la fede, la partecipazione e la testimonianza di tante donne in tutto il mondo, laiche e consacrate, come evangelizzatrici e spesso prime formatrici nella fede, notando soprattutto il loro contributo al “margine profetico”, in luoghi remoti e contesti sociali problematici;

b) inoltre, le Assemblee continentali chiedono di riflettere più a fondo sulla realtà dei fallimenti relazionali, che sono anche fallimenti strutturali che colpiscono la vita delle donne nella Chiesa, invitando a un processo di conversione permanente per cercare di diventare più pienamente ciò che nel Battesimo già siamo. Tra le priorità per l’Assemblea sinodale indicano la trattazione delle gioie e delle tensioni, nonché delle opportunità di conversione e rinnovamento nel modo in cui nella Chiesa viviamo le relazioni tra uomini e donne, anche nella concretezza dei rapporti tra Ministri ordinati, Consacrate e Consacrati, Laiche e Laici;

c) durante la prima fase del Sinodo, le questioni della partecipazione delle donne, del loro riconoscimento, della relazione di mutuo accompagnamento tra uomini e donne, e della presenza delle donne in posti di responsabilità e di governo sono emerse come elementi cruciali della ricerca di come vivere la missione della Chiesa in modo più sinodale. Le donne che hanno partecipato alla prima fase hanno espresso con chiarezza un desiderio: che la società e la Chiesa costituiscano un luogo di crescita, di partecipazione attiva e di sana appartenenza per tutte le donne. Chiedono alla Chiesa di essere al loro fianco per accompagnare e promuovere la realizzazione di questo desiderio. In una Chiesa che voglia davvero essere sinodale, queste domande vanno affrontate insieme e insieme vanno costruite risposte concrete per un maggiore riconoscimento della dignità battesimale delle donne e per la lotta a tutte le forme di discriminazione ed esclusione di cui esse sono vittime nella comunità ecclesiale e nella società;

d) infine, le Assemblee continentali evidenziano la pluralità delle esperienze, dei punti di vista e delle prospettive delle donne e chiedono che questa diversità sia riconosciuta nei lavori dell’Assemblea sinodale, evitando di trattare le donne come un gruppo omogeneo o un argomento di discussione astratto o ideologico.

Domanda per il discernimento

Quali passi concreti può compiere la Chiesa per rinnovare e riformare le proprie procedure, dispositivi istituzionali e strutture in modo da permettere un maggiore riconoscimento e partecipazione delle donne, anche al governo e a tutte le fasi dei processi decisionali, inclusa la presa di decisioni, in uno spirito di comunione e in vista della missione?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Le donne svolgono un ruolo di primo piano nella trasmissione della fede, nelle famiglie, nelle parrocchie, nella vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti e nelle istituzioni laicali, e come insegnanti e catechiste. Come riconoscere, sostenere, accompagnare il loro già notevole contributo? Come valorizzarlo per imparare a essere una Chiesa sempre più sinodale?

2) I carismi delle donne sono già presenti e all’opera nella Chiesa di oggi. Che cosa possiamo fare per discernerli e sostenerli e per imparare quello che lo Spirito vuole insegnarci attraverso di loro?

3) Tutte le Assemblee continentali chiedono di affrontare la questione della partecipazione delle donne al governo, ai processi decisionali, alla missione e ai ministeri a tutti i livelli della Chiesa, con il sostegno di adeguate strutture in modo che questo non resti solo un’aspirazione generale.

a) In che modo le donne possono essere incluse in ognuna di queste aree in numero più consistente e in modi nuovi?

b) Come nella vita consacrata le donne possono essere meglio rappresentate nella governance e nei processi decisionali, meglio protette da forme di abuso e anche più equamente remunerate per il loro lavoro?

c) Come le donne possono contribuire al governo, aiutando a promuovere maggiore responsabilità e trasparenza, e a rinsaldare la fiducia nella Chiesa?

d) Come possiamo approfondire la riflessione sul contributo delle donne alla riflessione teologica e all’accompagnamento delle comunità? Come possiamo dare spazio e riconoscimento a tale contributo nei processi formali di discernimento a ogni livello della Chiesa?

e) Quali nuovi ministeri si potrebbero creare per fornire mezzi e opportunità per un’effettiva partecipazione delle donne al discernimento e agli organi decisionali? Come si può accrescere la corresponsabilità nei processi decisionali in luoghi remoti e in contesti sociali problematici, dove le donne sono spesso gli agenti principali della pastorale e dell’evangelizzazione? I contributi ricevuti durante la prima fase rilevano che le tensioni con i Ministri ordinati sorgono in assenza di dinamiche di corresponsabilità e di processi decisionali condivisi.

4) La maggior parte delle Assemblee continentali e le sintesi di numerose Conferenze Episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al Diaconato. È possibile prevederlo e in che modo?

5) In che modo uomini e donne possono collaborare meglio nello svolgimento del ministero pastorale e nell’esercizio delle responsabilità connesse?

B 2.4 Come valorizzare il Ministero ordinato, nella sua relazione con i Ministeri battesimali, in una prospettiva missionaria?

I Documenti finali delle Assemblee continentali esprimono un forte desiderio che si affronti la riflessione sulla relazione tra Ministeri ordinati e Ministeri battesimali, sottolineando la difficoltà a farlo nella vita ordinaria delle comunità. Il processo sinodale offre una preziosa opportunità di mettere a fuoco alla luce dell’insegnamento del Vaticano II la correlazione tra la ricchezza di vocazioni, carismi e ministeri radicati nel Battesimo da una parte, e il Ministero ordinato dall’altra, visto come un dono e un compito irrinunciabile a servizio del Popolo di Dio. In particolare:

a) nella prospettiva tracciata dal Concilio Vaticano II, viene riaffermata la necessaria relazione tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale. Tra i due non c’è opposizione, né competizione, o spazio per rivendicazioni: ciò che si chiede è di riconoscerne la complementarità;

b) le Assemblee continentali esprimono un chiaro apprezzamento per il dono del Sacerdozio ministeriale e, al tempo stesso, il profondo desiderio di un suo rinnovamento in prospettiva sinodale. Segnalano la fatica di coinvolgere una parte dei Presbiteri nel processo sinodale e rilevano la diffusa preoccupazione per un esercizio del Ministero ordinato non adeguato alle sfide del nostro tempo, lontano dalla vita e dai bisogni delle persone, spesso circoscritto al solo ambito liturgico-sacramentale. Manifestano anche la preoccupazione per la solitudine in cui vivono numerosi Presbiteri e ne sottolineano il bisogno di cura, amicizia e sostegno;

c) il Concilio Vaticano II insegna che «il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati Vescovi, Presbiteri, Diaconi» (LG 28). Dalle Assemblee continentali emerge la richiesta che il Ministero ordinato, nella differenza dei compiti, sia per tutti una testimonianza viva di comunione e di servizio nella logica della gratuità evangelica. Esprimono anche il desiderio che Vescovi, Presbiteri e Diaconi esercitino il loro ministero in stile sinodale, per riconoscere e valorizzare i doni e carismi presenti nella comunità, per incoraggiare e accompagnare processi di assunzione comunitaria della missione, per garantire decisioni in linea con il Vangelo e in ascolto dello Spirito Santo. Si invoca anche un rinnovamento dei programmi dei seminari, in modo che siano più orientati in senso sinodale e più a contatto con tutto il Popolo di Dio;

d) in rapporto a questa concezione del Ministero ordinato a servizio della vita battesimale, si sottolinea come il clericalismo sia una forza che isola, separa e indebolisce una Chiesa sana e tutta ministeriale, e si indica la formazione come via privilegiata per il suo effettivo superamento. Si sottolinea peraltro come il clericalismo non sia appannaggio dei soli Ministri ordinati, ma in modi diversi agisca in tutte le componenti del Popolo di Dio;

e) in numerose regioni, la fiducia nei Ministri ordinati, in coloro che svolgono incarichi ecclesiali, nelle istituzioni ecclesiali e nella Chiesa tutta è minata dalle conseguenze dello «scandalo degli abusi compiuti da membri del clero o da persone che svolgevano un incarico ecclesiale: in primo luogo e soprattutto gli abusi su minori e persone vulnerabili, ma anche quelli di altro genere (spirituali, sessuali, economici, di autorità, di coscienza). Si tratta di una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità» (DTC 20).

Domanda per il discernimento

Come promuovere nella Chiesa una mentalità e forme concrete di corresponsabilità in cui la relazione tra Ministeri battesimali e Ministero ordinato sia feconda? Se la Chiesa è tutta ministeriale, come possiamo comprendere i doni specifici dei Ministri ordinati all’interno dell’unico Popolo di Dio in una prospettiva missionaria?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Che rapporto ha il ministero dei Presbiteri, «consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino» (LG 28) con i Ministeri battesimali? Che rapporto ha questo triplice ufficio dei Ministri ordinati con la Chiesa come Popolo profetico, sacerdotale e regale?

2) Nella Chiesa locale i Presbiteri «costituiscono con il loro Vescovo un unico Presbiterio» (LG 28). Come far crescere questa unità tra il Vescovo e il suo Presbiterio per un servizio più efficace al Popolo di Dio affidato alle cure del Vescovo?

3) La Chiesa è arricchita del ministero di tanti Presbiteri che appartengono a istituti di vita consacrata e società di vita apostolica. Come può il loro ministero, caratterizzato dal carisma dell’istituto di appartenenza, promuovere una Chiesa più sinodale?

4) Come comprendere il ministero del Diacono permanente all’interno di una Chiesa sinodale missionaria?

5) Quali possono essere le direttrici per una riforma dei curricula di formazione nei seminari e nelle scuole di teologia all’altezza della figura sinodale della Chiesa? In che modo la formazione dei Presbiteri può metterli in più stretta relazione con i processi pastorali e la vita della porzione di Popolo di Dio che sono chiamati a servire?

6) Quali percorsi formativi devono essere avviati per far crescere nella Chiesa una comprensione della ministerialità che non si riduca al Ministero ordinato, ma che al tempo stesso lo valorizzi?

7) Come possiamo discernere insieme i modi in cui il clericalismo, dei Ministri ordinati e dei Laici, impedisce la piena espressione della vocazione dei Ministeri ordinati nella Chiesa, oltre che degli altri membri del Popolo di Dio? Come possiamo trovare insieme i modi per superarlo?

8) È possibile che, in particolare in luoghi in cui il numero di Ministri ordinati è molto scarso, i Laici possano assumere il ruolo di responsabili della comunità? Che implicazioni ha questo sulla comprensione del Ministero ordinato?

9) È possibile, come propongono alcuni continenti, aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al Presbiterato di uomini sposati?

10) In che modo una concezione del Ministero ordinato e una formazione dei candidati più radicate nella visione della Chiesa sinodale missionaria possono contribuire all’impegno per evitare il ripetersi di abusi sessuali e di ogni altro genere?

B 2.5 Come rinnovare e promuovere il ministero del Vescovo in una prospettiva sinodale missionaria?

Il ministero del Vescovo affonda le sue radici nella Scrittura e si sviluppa nella Tradizione in fedeltà alla volontà di Cristo. Fedele a questa Tradizione, il Concilio Vaticano II ha proposto una dottrina molto ricca sui Vescovi, «successori degli Apostoli, i quali con il successore di Pietro, vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono la casa del Dio vivente» (LG 18). Il capitolo di Lumen gentium sulla costituzione gerarchica della Chiesa afferma la sacramentalità dell’episcopato e su questa base sviluppa il tema della collegialità (LG 22-23) e del ministero episcopale come esercizio dei tre uffici (tria munera, LG 24-27). Il Sinodo dei Vescovi fu poi istituito come organismo che permettesse ai Vescovi di partecipare con il Vescovo di Roma alla sollecitudine per tutta la Chiesa. L’invito a vivere con maggiore intensità la dimensione sinodale richiede un rinnovato approfondimento del ministero episcopale per collocarlo più solidamente in un quadro sinodale. In particolare:

a) il Collegio episcopale, soggetto, insieme al Romano Pontefice che ne è il capo e mai senza di lui, «di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa» (LG 22), partecipa al processo sinodale sia quando ogni Vescovo avvia, guida e conclude la consultazione del Popolo di Dio a lui affidato, sia quando i Vescovi riuniti esercitano insieme il carisma del discernimento, nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, nelle Assemblee continentali e, in forma peculiare, nell’Assemblea sinodale;

b) ai Vescovi, successori degli Apostoli, i quali hanno ricevuto «il ministero della comunità […] [e] presiedono a nome di Dio il gregge di cui sono pastori» (LG 20), il processo sinodale chiede di vivere una fiducia radicale nell’azione dello Spirito nelle loro comunità, senza considerare la partecipazione di tutti una minaccia al loro ministero di guida. Li sprona piuttosto a essere principio di unità nella loro Chiesa, chiamando tutti (Presbiteri e Diaconi, Consacrate e Consacrati, Fedeli laici e laiche) a camminare insieme come Popolo di Dio, e promuovendo uno stile sinodale di Chiesa;

c) la consultazione del Popolo di Dio ha evidenziato come diventare una Chiesa più sinodale implichi anche un più ampio coinvolgimento di tutti nel discernimento, e questo richiede un ripensamento dei processi decisionali. Emerge di conseguenza la richiesta di strutture di governo adeguate e ispirate a maggiore trasparenza e responsabilità, che incide anche sulle modalità di esercizio del ministero del Vescovo. Questo suscita anche resistenze, timori o un senso di spaesamento. In particolare, se alcuni chiedono un maggiore coinvolgimento di tutti i Fedeli e quindi un esercizio “meno esclusivo” del ruolo dei Vescovi, altri esprimono dubbi e paventano il rischio di una deriva ispirata ai meccanismi della democrazia politica;

d) altrettanto forte è la consapevolezza che ogni autorità nella Chiesa procede da Cristo ed è guidata dallo Spirito Santo. La diversità dei carismi senza l’autorità diventa anarchia, così come il rigore dell’autorità senza la ricchezza dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni diventa dittatura. La Chiesa è al tempo stesso sinodale e gerarchica e per questo un esercizio sinodale dell’autorità episcopale si connota come accompagnamento e salvaguardia dell’unità. La via per realizzare la ricomprensione del ministero episcopale è la pratica della sinodalità, che compone nell’unità le differenze di doni, carismi, ministeri e vocazioni che lo Spirito suscita nella Chiesa;

e) per procedere al rinnovamento del ministero episcopale all’interno di una Chiesa più pienamente sinodale sono necessari cambiamenti culturali e strutturali, tanta fiducia reciproca e soprattutto fiducia nella guida del Signore. Per questo le Assemblee continentali auspicano che la dinamica della conversazione nello Spirito possa entrare nella vita quotidiana della Chiesa e animare riunioni, consulte, organismi decisionali, favorendo la costruzione di un senso di fiducia reciproca e la formazione di un effettivo consenso;

f) il ministero del Vescovo comprende anche l’appartenenza al Collegio dei Vescovi e di conseguenza l’esercizio della corresponsabilità per la Chiesa universale. Anche tale esercizio rientra nella prospettiva della Chiesa sinodale, «nello spirito di una “sana decentralizzazione”», allo scopo «di lasciare alla competenza dei Pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del “loro proprio compito di maestri” e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa, sempre agendo con quella corresponsabilità che è frutto ed espressione di quello specifico mysterium communionis che è la Chiesa» (PE II,2; cfr. EG 16; DV 7).

Domanda per il discernimento

Come intendiamo la vocazione e la missione del Vescovo in una prospettiva sinodale missionaria? Quale rinnovamento della visione e delle forme di esercizio concreto del ministero episcopale sono richieste in una Chiesa sinodale caratterizzata dalla corresponsabilità?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) «I Vescovi, in modo eminente e visibile, svolgono la parte di Cristo stesso, maestro, pastore e sacerdote» (LG 21). Che rapporto ha questo ministero con quello dei Presbiteri, «consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino» (LG 28)? Che rapporto ha questo triplice ufficio dei Ministri ordinati con la Chiesa come Popolo profetico, sacerdotale e regale?

2) In che modo l’esercizio del ministero episcopale sollecita la consultazione, la collaborazione e la partecipazione ai processi decisionali del Popolo di Dio?

3) In base a quali criteri un Vescovo può autovalutarsi ed essere valutato nello svolgimento del proprio servizio in uno stile sinodale?

4) In quali casi un Vescovo potrebbe sentire di dover prendere una decisione difforme dal consiglio ponderato offerto dagli organi di consultazione? Su quale base si fonderebbe tale obbligo?

5) Qual è la natura del rapporto tra il «senso soprannaturale della fede» (LG 12) e il servizio magisteriale del Vescovo? Come possiamo comprendere e articolare meglio le relazioni tra Chiesa sinodale e ministero del Vescovo? I Vescovi devono discernere insieme o separatamente dagli altri membri del Popolo di Dio? Entrambe le opzioni (insieme e separatamente) trovano spazio in una Chiesa sinodale?

6) Come assicurare la cura e il bilanciamento dei tre uffici (santificare, insegnare, governare) nella vita e nel ministero del Vescovo? In che misura gli attuali modelli di vita e di ministero episcopale consentono al Vescovo di essere una persona di preghiera, un maestro della fede e un amministratore saggio ed efficace, e di mantenere i tre ruoli in tensione creativa e missionaria? Come rivedere il profilo del Vescovo e il processo di discernimento per identificare i candidati all’episcopato in una prospettiva sinodale?

7) Come sono chiamati a evolvere, in una Chiesa sinodale, il ruolo del Vescovo di Roma e l’esercizio del primato?

B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità

Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?

B 3.1 Come rinnovare il servizio dell’autorità e l’esercizio della responsabilità in una Chiesa sinodale missionaria?

Una Chiesa costitutivamente sinodale è chiamata ad articolare il diritto di partecipazione di tutti alla vita e alla missione della Chiesa in forza del Battesimo con il servizio dell’autorità e l’esercizio della responsabilità che, in varie forme, è affidato ad alcuni. Il percorso sinodale costituisce un’occasione per discernere quali sono le modalità appropriate al nostro tempo per realizzare tale articolazione. La prima fase ha permesso di raccogliere alcuni spunti a questo riguardo:

a) autorità, responsabilità e ruoli di governo – talvolta indicati sinteticamente con il termine inglese leadership – si declinano in una varietà di forme all’interno della Chiesa. L’autorità nella vita consacrata, nei movimenti e nelle associazioni, nelle istituzioni legate alla Chiesa (quali università, fondazioni, scuole, ecc.) è diversa da quella derivante dal Sacramento dell’Ordine; così come l’autorità spirituale legata a un carisma è diversa da quella legata a un servizio ministeriale. Tra queste forme vanno salvaguardate le differenze, senza dimenticare che tutte hanno in comune il fatto di essere un servizio nella Chiesa;

b) in particolare, tutte condividono la chiamata a conformarsi all’esempio del Maestro, il quale ha detto di sé: «io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). «Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l’unica autorità è l’autorità del servizio»[16]. Sono queste le coordinate fondamentali per crescere nell’esercizio dell’autorità e della responsabilità, in tutte le loro forme e a tutti i livelli della vita della Chiesa. È la prospettiva di quella conversione missionaria «destinata a rinnovare la Chiesa secondo l’immagine della missione d’amore propria di Cristo» (PE I,2);

c) in questa linea, i documenti della prima fase esprimono alcune caratteristiche dell’esercizio dell’autorità e della responsabilità in una Chiesa sinodale missionaria: atteggiamento di servizio e non di potere o controllo, trasparenza, incoraggiamento e promozione delle persone, competenza e capacità di visione, di discernimento, di inclusione, di collaborazione e di delega. Soprattutto si sottolineano l’attitudine e la disponibilità all’ascolto. Per questo si insiste sulla necessità di una formazione specifica a tali competenze per chi occupa posizioni di responsabilità e autorità, oltre che sull’attivazione di procedure di selezione più partecipative, in particolare per i Vescovi;

d) la prospettiva della trasparenza e della responsabilità è fondamentale per un esercizio autenticamente evangelico dell’autorità e della responsabilità. Tuttavia essa suscita anche timori e resistenze. Per questo è importante confrontarsi seriamente, con un atteggiamento di discernimento, con le acquisizioni più recenti delle scienze del management e della leadership. Inoltre, la conversazione dello Spirito è indicata come una modalità di gestione dei processi decisionali e di costruzione del consenso capace di generare fiducia e favorire un esercizio dell’autorità appropriato a una Chiesa sinodale;

e) le Assemblee continentali segnalano anche fenomeni di appropriazione del potere e dei processi di decisione da parte di alcuni che occupano posizioni di autorità e responsabilità. A questi fenomeni collegano la cultura del clericalismo e le diverse forme di abuso (sessuale, finanziario, spirituale e di potere), che erodono la credibilità della Chiesa compromettendo l’efficacia della sua missione, in modo particolare in quelle culture in cui il rispetto dell’autorità è un valore importante.

Domanda per il discernimento

Come comprendere ed esercitare l’autorità e la responsabilità a servizio della partecipazione di tutto il Popolo di Dio? Quale rinnovamento della comprensione e delle forme di esercizio concreto dell’autorità, della responsabilità e del governo è necessario per crescere come Chiesa sinodale missionaria?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) L’insegnamento del Concilio Vaticano II a proposito della partecipazione di tutti alla vita e alla missione della Chiesa è effettivamente recepito nella coscienza e nella prassi delle Chiese locali, in modo particolare dai Pastori e da coloro che esercitano funzioni di responsabilità? Che cosa può favorirne una più profonda consapevolezza e valorizzazione nell’adempimento della missione della Chiesa?

2) Nella Chiesa ci sono ruoli di autorità e di responsabilità non legati al Sacramento dell’Ordine, che vengono esercitati a servizio della comunione e della missione negli istituti di vita consacrata e nelle società di vita apostolica, nelle associazioni e nelle aggregazioni laicali, nei movimenti ecclesiali e nelle nuove comunità, ecc. Come promuovere un esercizio di queste forme di autorità appropriato a una Chiesa sinodale e come vivere, in esse, la relazione con l’autorità ministeriale dei Pastori?

3) Quali elementi devono far parte della formazione all’autorità di tutti i responsabili ecclesiali? Come incentivare la formazione al metodo della conversazione nello Spirito e una sua applicazione autentica e incisiva?

4) Quali possono essere le linee di riforma di seminari e case di formazione, in modo che possano stimolare i candidati al Ministero ordinato a crescere in uno stile di esercizio dell’autorità appropriato a una Chiesa sinodale? In che modo vanno ripensate la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis e i relativi documenti applicativi a livello nazionale? Come vanno riorientati i curricula nelle scuole di teologia?

5) Quali forme di clericalismo permangono nella comunità cristiana? Si registra ancora una percezione di distanza tra i Fedeli laici e i Pastori: che cosa può aiutare a superarla? Quali forme di esercizio dell’autorità e della responsabilità vanno superate in quanto non appropriate a una Chiesa costitutivamente sinodale?

6) In che misura la scarsità di Presbiteri in alcune regioni offre uno stimolo a interrogarsi sul rapporto tra Ministero ordinato, governo e assunzione di responsabilità nella comunità cristiana?

7) Che cosa possiamo imparare in materia di esercizio dell’autorità e della responsabilità dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali?

8) In ogni epoca l’esercizio dell’autorità e della responsabilità all’interno della Chiesa è influenzato dai modelli di gestione e dall’immaginario del potere prevalenti nella società. In che modo possiamo prenderne consapevolezza ed esercitare un discernimento evangelico sulle pratiche di esercizio dell’autorità vigenti, nella Chiesa e nella società?

B 3.2 In che modo possiamo far evolvere in maniera autenticamente sinodale le pratiche di discernimento e i processi decisionali, valorizzando il protagonismo dello Spirito?

Come Chiesa sinodale siamo chiamati a discernere insieme quali passi fare per compiere la missione di evangelizzazione, sottolineando il diritto di tutti a partecipare alla vita e alla missione della Chiesa e sollecitando il contributo insostituibile di ogni Battezzato. Alla base di ogni discernimento vi sono il desiderio di compiere la volontà del Signore e la crescita nella familiarità con Lui attraverso la preghiera, la meditazione della Parola e la vita sacramentale, che ci rende capaci di scegliere come Lui sceglierebbe. A riguardo del posto del discernimento in una Chiesa sinodale missionaria:

a) dalle Assemblee continentali emerge con forza il desiderio di processi decisionali più condivisi, capaci di integrare il contributo di tutto il Popolo di Dio, ma anche le competenze di cui alcuni dispongono, nonché di coinvolgere quanti per diverse ragioni restano ai margini della vita della comunità, come le donne, i giovani, le minoranze, i poveri e gli esclusi. Questo desiderio si salda con l’insoddisfazione per forme di esercizio dell’autorità in cui le decisioni sono prese senza consultazione;

b) le Assemblee continentali danno voce al timore di alcuni che vedono in competizione la dimensione sinodale e quella gerarchica, entrambe costitutive per la Chiesa. Emergono però anche segnali di segno opposto. Un primo esempio è l’esperienza che, quando l’autorità prende decisioni all’interno di processi di tipo sinodale, la comunità riesce più facilmente a riconoscerne la legittimità e ad accoglierle. Un secondo esempio è la crescente consapevolezza che la mancanza di scambio con la comunità indebolisce il ruolo dell’autorità, consegnandolo talvolta a un esercizio di affermazione del potere. Un terzo esempio è l’affidamento di responsabilità ecclesiali a Fedeli laici, che le esercitano in modo costruttivo e non oppositivo, in regioni in cui il numero di Ministri ordinati è molto scarso;

c) l’ampia adozione del metodo della conversazione nello Spirito durante la fase della consultazione ha permesso a molti di fare esperienza di alcuni degli elementi di un processo di discernimento comunitario e di modalità partecipate di costruzione del consenso, senza occultare i conflitti né creare polarizzazioni;

d) coloro che svolgono compiti di governo e di responsabilità sono chiamati a suscitare, facilitare e accompagnare processi di discernimento comunitario che comprendano l’ascolto del Popolo di Dio. In particolare, compete all’autorità del Vescovo un fondamentale servizio di animazione e di validazione del carattere sinodale di tali processi e di conferma della fedeltà delle conclusioni a quanto emerso durante lo svolgimento. In particolare, spetta ai Pastori la responsabilità di verificare la consonanza tra le aspirazioni delle loro comunità e il «sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa» (DV 10), consonanza che permette di considerare quelle aspirazioni una genuina espressione del senso della fede del Popolo di Dio;

e) la prospettiva del discernimento comunitario interpella la Chiesa a tutti i livelli e in tutte le sue articolazioni e forme organizzative. Oltre alle strutture parrocchiali e diocesane, riguarda anche i processi decisionali di associazioni, movimenti e aggregazioni laicali, dove incrocia meccanismi istituzionali che prevedono ordinariamente il ricorso a strumenti come il voto. Chiama in causa il modo in cui gli organi decisionali delle istituzioni legate alla Chiesa (scuole, università, fondazioni, ospedali, centri di accoglienza e azione sociale, ecc.) individuano e formulano indirizzi operativi. Infine, interpella gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica con modalità che intersecano le peculiarità dei loro carismi e del loro diritto proprio (cfr. DTC 81);

f) adottare processi decisionali che ricorrano stabilmente al discernimento comunitario esige una conversione che è personale, comunitaria, culturale e istituzionale, oltre che un investimento formativo.

Domanda per il discernimento

Come possiamo pensare processi decisionali più partecipativi, che diano spazio all’ascolto e al discernimento comunitario, sostenuti dall’autorità intesa come servizio di unità?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Quale spazio ha l’ascolto della Parola di Dio nei nostri processi decisionali? Come fare spazio al protagonismo dello Spirito Santo concretamente e non solo a parole?

2) In che modo la conversazione nello Spirito, che apre al dinamismo del discernimento comunitario, può contribuire al rinnovamento dei processi decisionali nella Chiesa? In che modo può essere “istituzionalizzata” e diventare una prassi ordinaria? Quali modifiche del diritto canonico sono necessarie?

3) Come si può promuovere il ministero del facilitatore di processi di discernimento comunitario, assicurando a chi lo svolge adeguata formazione e accompagnamento? Come possiamo formare i Ministri ordinati ad accompagnare processi di discernimento comunitario?

4) In che modo può essere favorita la partecipazione di donne, giovani, minoranze, voci marginali nei processi di discernimento e decisione?

5) In che modo una più chiara articolazione tra l’interezza del processo decisionale e il momento specifico di presa della decisione, può aiutarci a identificare meglio ciò che in ciascuna fase compete ai diversi attori? Come capiamo il rapporto tra processo decisionale e discernimento in comune?

6) In che modo le Consacrate e i Consacrati possono e devono partecipare ai processi decisionali delle Chiese locali? Che cosa si può imparare dalla loro esperienza e dalle loro diverse spiritualità in materia di discernimento e processi decisionali? Che cosa possiamo apprendere da associazioni, movimenti e aggregazioni laicali?

7) Come è possibile affrontare in modo costruttivo i casi in cui l’autorità ritenga di non poter confermare le conclusioni raggiunte da un processo di discernimento comunitario e prenda una decisione in una diversa direzione? Che tipo di restituzione tale autorità deve offrire a chi ha partecipato al processo?

8) Che cosa possiamo apprendere dalla società e della cultura in termini di gestione di processi partecipativi? Quali modelli possono invece rivelarsi un ostacolo per la costruzione di una Chiesa più sinodale?

9) Quali apporti possiamo accogliere dall’esperienza delle altre Chiese e Comunità ecclesiali? E da quella delle altre religioni? Quali stimoli delle culture indigene, minoritarie e degli oppressi possono aiutarci a ripensare i nostri processi decisionali? Quali intuizioni ci vengono dalle esperienze che hanno luogo nell’ambiente digitale?

B 3.3. Quali strutture possono essere sviluppate per consolidare una Chiesa sinodale missionaria?

Le Assemblee continentali esprimono con forza il desiderio che il modo di procedere sinodale, sperimentato nel cammino in corso, penetri nella vita quotidiana della Chiesa a tutti i livelli, rinnovando le strutture esistenti – a partire dai Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, dai Consigli degli affari economici, dai Sinodi diocesani o eparchiali – oppure istituendone di nuove. Senza sminuire l’importanza del rinnovamento delle relazioni all’interno del Popolo di Dio, l’intervento sulle strutture è indispensabile per consolidare i cambiamenti nel tempo. In particolare:

a) per non restare sulla carta o essere affidata solo alla buona volontà dei singoli, la corresponsabilità nella missione derivante dal Battesimo ha bisogno di concretizzarsi in forme strutturate. Servono perciò ambiti istituzionali adeguati, così come spazi in cui il discernimento comunitario possa essere praticato in modo regolare. Non si tratta di una richiesta di ridistribuzione del potere, ma dell’esigenza che sia possibile l’esercizio fattivo della corresponsabilità derivante dal Battesimo. Quest’ultimo conferisce a ciascuno diritti e doveri, che devono poter essere esercitati secondo i carismi e i ministeri di ciascuno;

b) per questo è necessario che strutture e istituzioni funzionino con procedure adeguate: trasparenti, focalizzate sulla missione, aperte alla partecipazione, capaci di fare spazio alle donne, ai giovani, alle minoranze e ai poveri ed emarginati. Questo vale per gli organismi di partecipazione già menzionati, il cui ruolo va riaffermato e consolidato, ma anche: per gli organi decisionali di associazioni, movimenti e nuove comunità; per gli organi di governo di istituti di vita consacrata e società di vita apostolica (in modo appropriato al peculiare carisma di ciascuno di essi); per le molte e diverse istituzioni, spesso sottoposte anche alla normativa civile, attraverso cui si realizza l’azione missionaria e il servizio della comunità cristiana: scuole, ospedali, università, mass media, centri di accoglienza e di azione sociale, centri culturali, fondazioni, ecc.;

c) la richiesta di una riforma di strutture e istituzioni e meccanismi di funzionamento nel senso della trasparenza è particolarmente forte nei contesti più segnati dalla crisi degli abusi (sessuali, economici, spirituali, psicologici, istituzionali, di coscienza, di potere, di giurisdizione). Parte del problema è spesso l’inadeguatezza della gestione dei casi di abuso e questo chiama in causa meccanismi e procedure di funzionamento di strutture e istituzioni, oltre alla mentalità delle persone che operano al loro interno. La prospettiva della trasparenza e della corresponsabilità suscita anche timori e resistenze; per questo è necessario approfondire il dialogo, creando opportunità di condivisione e confronto a tutti i livelli;

d) il metodo della conversazione dello Spirito si rivela particolarmente prezioso per ricostruire la fiducia in quei contesti dove, per diverse ragioni, si sia instaurato un clima di sfiducia tra le diverse componenti del Popolo di Dio. Un cammino di conversione e di riforma, in ascolto della voce dello Spirito, domanda strutture e istituzioni in grado di accompagnarlo e sostenerlo. Le Assemblee continentali esprimono con forza il convincimento che da sole le strutture non bastano, ma serve anche un cambiamento di mentalità, per cui è necessario un investimento sulla formazione;

e) inoltre, sembra opportuno intervenire anche sul diritto canonico, riequilibrando il rapporto tra il principio di autorità, fortemente affermato nella normativa vigente, e il principio di partecipazione; rafforzando l’orientamento sinodale degli istituti già esistenti; creando nuovi istituti, ove ciò appaia necessario per le esigenze della vita della comunità; vigilando sull’effettiva applicazione della normativa.

Domanda per il discernimento

Una Chiesa sinodale ha bisogno di vivere la corresponsabilità e la trasparenza: in che modo questa consapevolezza può costituire la base per la riforma di istituzioni, strutture e procedure, in modo da consolidare il cambiamento nel tempo?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Come devono cambiare le strutture canoniche e le procedure pastorali per favorire corresponsabilità e trasparenza? Le strutture di cui disponiamo sono adeguate a garantire la partecipazione o ne servono di nuove?

2) In che modo il diritto canonico può contribuire al rinnovamento di strutture e istituzioni? Quali cambiamenti paiono necessari o opportuni?

3) Quali ostacoli (mentali, teologici, pratici, organizzativi, finanziari, culturali) si frappongono alla trasformazione degli organismi di partecipazione attualmente previsti dal diritto canonico in organi di effettivo discernimento comunitario? Quali riforme sono necessarie perché possano sostenere in maniera effettiva, creativa e vivace la missione? Come è possibile renderli più aperti alla presenza e al contributo delle donne, dei giovani, dei poveri, dei migranti, dei membri delle minoranze e di coloro che per varie ragioni si trovano ai margini della vita della comunità?

4) In che modo la prospettiva della Chiesa sinodale interpella le strutture e le procedure della vita consacrata e delle diverse forme di aggregazioni laicali? E il funzionamento delle istituzioni legate alla Chiesa?

5) In quali aspetti della vita delle istituzioni è necessario uno sforzo di maggiore trasparenza (rendicontazione economica e finanziaria, selezione dei candidati ai posti di responsabilità, nomine, ecc.)? Con quali strumenti possiamo realizzarlo?

6) La prospettiva della trasparenza e dell’apertura a processi di consultazione e di discernimento in comune suscita anche timori. Come si manifestano? Di che cosa hanno paura coloro che esprimono questi timori? Como possono essere affrontate e superate queste paure?

7) In che misura è possibile distinguere tra i membri di un’istituzione e l’istituzione stessa? Le responsabilità in merito alla gestione dei casi di abuso sono individuali o sistemiche? In che modo la prospettiva sinodale può contribuire a creare una cultura di prevenzione degli abusi di ogni tipo?

8) Che cosa possiamo imparare dal modo in cui le istituzioni pubbliche e il diritto pubblico e civile cercano di rispondere all’esigenza di trasparenza e accountability che viene dalla società (separazione dei poteri, organi di controllo indipendenti, obblighi di pubblicità di alcune procedure, limiti alla durata degli incarichi, ecc.)?

9) Che cosa possiamo imparare dall’esperienza delle altre Chiese e Comunità ecclesiali in materia di funzionamento di strutture e istituzioni in uno stile sinodale?

B 3.4 Come configurare le istanze di sinodalità e collegialità che coinvolgono raggruppamenti di Chiese locali?

La prima fase del processo sinodale ha messo in evidenza il ruolo delle istanze di sinodalità e collegialità che raggruppano varie Chiese locali: le Strutture Gerarchiche Orientali e, nella Chiesa latina, le Conferenze Episcopali (cfr. PE I,7), che, con lo svolgimento della tappa continentale, hanno praticato una istanza ulteriore di sinodalità e collegialità. I Documenti elaborati nelle diverse tappe sottolineano come la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese locali e le successive tappe di discernimento siano state una vera esperienza di ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto gli uni degli altri. Dalla ricchezza di questa esperienza è possibile trarre spunti per la costruzione di una Chiesa sempre più sinodale:

a) il processo sinodale può diventare «un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali»[17], perché coinvolge realmente tutti i soggetti – il Popolo di Dio, il Collegio episcopale, il Vescovo di Roma –, ciascuno secondo la propria funzione. Lo svolgersi ordinato delle tappe ha fugato la paura che la consultazione del Popolo di Dio comportasse un indebolimento del ministero dei Pastori. Anzi, la consultazione è stata possibile perché è stata avviata da ogni Vescovo, quale «visibile principio e fondamento di unità» (LG 23) nella sua Chiesa. Successivamente, nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, i Pastori hanno compiuto un atto di discernimento collegiale sui contributi provenienti dalle Chiese locali. Dunque il processo sinodale ha propiziato un reale esercizio della collegialità episcopale in una Chiesa tutta sinodale;

b) la questione dell’esercizio della sinodalità e della collegialità in istanze che coinvolgono gruppi di Chiese locali accomunate da tradizioni spirituali, liturgiche e disciplinari, da contiguità geografica e da prossimità culturale, a partire dalle Conferenze Episcopali, ha bisogno di una rinnovata riflessione teologica e canonica: in esse «la communio Episcoporum si è espressa al servizio della communio Ecclesiarum basata sulla communio Fidelium» (PE I,7).

c) una ragione per affrontare questo compito emerge in Evangelii gaudium: «Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”» (n. 16). In occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre ha precisato che la sinodalità non è esercitata solo al livello delle Chiese locali e a quello della Chiesa universale, ma anche al livello dei raggruppamenti di Chiese, come le Province e le Regioni ecclesiastiche, i Concili particolari e soprattutto le Conferenze Episcopali: «dobbiamo riflettere per realizzare ancora di più, attraverso questi organismi, le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell’antico ordinamento ecclesiastico»

[18].

Domanda per il discernimento

Alla luce dell’esperienza sinodale fin qui vissuta, come può la sinodalità trovare migliore espressione in e attraverso istituzioni che coinvolgono gruppi di Chiese locali, come i Sinodi dei Vescovi e i Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, le Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali, affinché le si «concepisca come soggetti di attribuzione concreta, includendo anche qualche autorità dottrinale» (EG 32) in una prospettiva missionaria?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) La dinamica sinodale di ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto gli uni degli altri si offre come la strada più praticabile per tradurre in atto la collegialità episcopale in una Chiesa tutta sinodale. A partire dall’esperienza del processo sinodale:

a) come rendere l’ascolto del Popolo di Dio la forma abituale per realizzare i processi decisionali nella Chiesa a tutti i livelli della sua vita?

b) Come realizzare nelle Chiese locali l’ascolto del Popolo di Dio? In particolare, come valorizzare gli organismi di partecipazione, perché siano “luoghi” effettivi di ascolto e discernimento ecclesiale?

c) Come ripensare i processi decisionali a livello degli organismi episcopali delle Chiese Orientali Cattoliche e delle Conferenze Episcopali a partire dall’ascolto del Popolo di Dio nelle Chiese locali?

d) Come integrare nella normativa canonica l’istanza continentale?

2) Poiché la consultazione nelle Chiese locali è ascolto effettivo del Popolo di Dio, il discernimento dei Pastori assume il carattere di atto collegiale che conferma autorevolmente ciò che lo Spirito ha detto alla Chiesa mediante il senso della fede del Popolo di Dio:

a) che grado di autorità dottrinale può essere attribuito al discernimento delle Conferenze Episcopali? Come si regolano le Chiese Orientali Cattoliche a riguardo dei loro organismi episcopali?

b) Che grado di autorità dottrinale può essere attribuito al discernimento di un’Assemblea continentale? O degli organismi che riuniscono le Conferenze Episcopali su scala continentale o comunque internazionale?

c) Quale ruolo ricopre il Vescovo di Roma rispetto a questi processi che interessano raggruppamenti di Chiese? Con quali modalità lo può esercitare?

3) Quali elementi dell’antico ordinamento ecclesiastico è opportuno integrare e aggiornare per rendere effettivamente le Strutture Gerarchiche Orientali, le Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali istanze intermedie di sinodalità e collegialità?

4) Il Concilio Vaticano II afferma che dalla reciproca comunicazione dei rispettivi doni tutta la Chiesa e tutte le sue parti traggono vantaggio (cfr. LG 13):

a) che valore possono avere per le altre Chiese le deliberazioni di un Concilio plenario, di un Concilio particolare, di un Sinodo diocesano?

b) Quali spunti possiamo trarre dalla ricca esperienza sinodale delle Chiese Orientali Cattoliche?

c) In che misura la convergenza di più raggruppamenti di Chiese locali (Concili particolari, Conferenze Episcopali, ecc.) sulla medesima questione impegna il Vescovo di Roma ad assumerla per la Chiesa universale?

d) In che modo va esercitato il servizio dell’unità affidato al Vescovo di Roma quando istanze locali dovessero assumere orientamenti tra loro difformi? Quali spazi vi sono per una varietà di orientamenti tra regioni diverse?

5) Che cosa possiamo apprendere dall’esperienza di altre Chiese e Comunità ecclesiali in materia di raggruppamenti di Chiese locali per esercitare la collegialità e la sinodalità?

B 3.5 Come potenziare l’istituzione del Sinodo perché sia espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale?

Con il Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15 settembre 1965) San Paolo VI istituì il Sinodo come «un consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale». Egli accoglieva così la richiesta dell’aula conciliare di garantire la partecipazione dei Vescovi alla sollecitudine per tutta la Chiesa, avendo cura di precisare che «questo Sinodo, come ogni istituzione umana, con il passare del tempo potrà essere perfezionato». Con la Costituzione Apostolica Episcopalis communio (15 settembre 2018) papa Francesco ha dato un’attuazione a quest’auspicato “perfezionamento”, trasformando il Sinodo da evento circoscritto a un’assemblea di Vescovi a processo di ascolto articolato per fasi (cfr. art. 4), nel quale tutta la Chiesa e tutti nella Chiesa – Popolo di Dio, Collegio episcopale, Vescovo di Roma – sono realmente partecipi.

a) Il Sinodo 2021-2024 sta manifestando con evidenza che il processo sinodale costituisce il contesto più adatto per l’esercizio integrato del primato, della collegialità e della sinodalità come elementi irrinunciabili di una Chiesa in cui ogni soggetto svolge la propria peculiare funzione al meglio e in sinergia con gli altri;

b) spetta al Vescovo di Roma convocare la Chiesa in Sinodo, indicendo un’Assemblea per la Chiesa universale, come pure avviare, accompagnare e concludere il relativo processo sinodale. Tale prerogativa gli compete in quanto «visibile principio e fondamento di unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei Fedeli» (LG 23);

c) dal momento che «i singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari […] ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa Cattolica una e unica» (LG 23), spetta a ciascun Vescovo diocesano avviare, accompagnare e concludere la consultazione del Popolo di Dio nella sua Chiesa. Alla luce della sollecitudine che i Vescovi hanno per la Chiesa universale (cfr. LG 23), è altresì loro responsabilità cooperare in quegli organismi sovradiocesani in cui si attua l’esercizio della sinodalità e della collegialità, svolgendovi la funzione di discernimento ecclesiale propria del ministero episcopale;

d) benché tali organismi non riuniscano l’intero Collegio episcopale, il discernimento svolto dai Pastori attraverso di essi assume un carattere collegiale, per la finalità stessa dell’atto. Infatti, le Assemblee di Vescovi all’interno del processo sinodale hanno il compito di vagliare i risultati delle consultazioni nelle Chiese locali, nelle quali si manifesta il senso della fede del Popolo di Dio. Come potrebbe un atto non collegiale discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa attraverso la consultazione del Popolo di Dio che «non può sbagliarsi nel credere» (LG 12) ?;

e) l’esperienza sinodale fin qui vissuta ha mostrato anche come sia possibile sviluppare un esercizio effettivo della collegialità in una Chiesa sinodale: sebbene il discernimento sia un atto che spetta soprattutto «a chi nella Chiesa ha il compito di presiedere» (LG 12), esso ha guadagnato in profondità e aderenza alle questioni da vagliare grazie al contributo degli altri membri del Popolo di Dio che hanno preso parte alle Assemblee continentali.

Domanda per il discernimento

Alla luce della relazione dinamica e circolare tra sinodalità della Chiesa, collegialità episcopale e primato petrino, come si dovrebbe perfezionare l’istituzione del Sinodo perché diventi spazio certo e garantito di esercizio della sinodalità, assicurando a tutti – Popolo di Dio, Collegio dei Vescovi e Vescovo di Roma – la piena partecipazione, nel rispetto delle specifiche funzioni? Come valutare l’esperimento dell’estensione partecipativa a un gruppo di “non vescovi” nella prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023)?

Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria

1) Il processo sinodale introduce nella Chiesa «un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali»[19]:

a) Come tale dinamismo può diventare la modalità abituale di procedere a tutti i livelli di vita della Chiesa?

b) Come il principio di autorità si inserisce al suo interno?

c) Come esso modifica la comprensione dell’autorità nella Chiesa ai diversi livelli, compresa quella del Vescovo di Roma?

2) La prima fase del percorso sinodale attua il movimento dal particolare all’universale, con la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese locali e i successivi atti di discernimento nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, prima, e nelle Assemblee continentali, poi:

a) Come assicurarsi che la consultazione raccolga veramente la manifestazione del senso della fede del Popolo di Dio che vive in una determinata Chiesa?

b) Come si può rafforzare nelle Strutture Gerarchiche Orientali, nelle Conferenze Episcopali e nelle Assemblee continentali il «legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di Magistero dei Pastori» (DP 14)?

c) Quanto è auspicabile una presenza di membri qualificati del Popolo di Dio anche nelle Assemblee delle Conferenze Episcopali, oltre che nelle Assemblee continentali?

d) Quale funzione possono ricoprire organismi ecclesiali stabilmente formati non da soli Vescovi, come la Conferenza Ecclesiale recentemente istituita per la Regione Amazzonica?

3) La seconda fase del percorso sinodale esprime nell’Assemblea di Vescovi convocati a Roma l’universalità della Chiesa che si pone in ascolto di quanto lo Spirito ha detto al Popolo di Dio:

a) Come si inserisce quest’Assemblea episcopale all’interno del processo sinodale?

b) Come realizza la continuità con la prima fase del processo sinodale? È sufficiente la presenza di testimoni qualificati a garantirla?

c) Se le Assemblee delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali sono atti di discernimento, come si caratterizza e che valore ha questo ulteriore atto di discernimento?

4) La terza fase prevede il movimento di restituzione dei risultati dell’Assemblea sinodale alle Chiese locali e la loro attuazione: che cosa può essere d’aiuto perché si realizzi pienamente la “mutua interiorità” tra dimensione universale e dimensione locale dell’unica Chiesa?

______________________

[1] D’ora in poi, per brevità e salvo diversa specificazione, le espressioni “Assemblea” e “Assemblea sinodale” indicano la sessione di ottobre 2023, al servizio del cui svolgimento si pone il presente IL.

[2] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015 (cfr. DP 15).

[3] L’espressione «Chiesa locale» indica qui ciò che il Codice di diritto canonico chiama «Chiesa particolare».

[4] Nella sezione B si offriranno le ragioni per l’inversione dell’ordine rispetto al sottotitolo del Sinodo: cfr. infra n. 44.

[5] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.

[6] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.

[7] Ad esempio, al n. 128 il Documento Finale afferma: «Non basta dunque avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza».

[8] Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Iuvenescit Ecclesia, 15 maggio 2016, 13-18.

[9] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.

[10] XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento Finale, 27 ottobre 2018, 25.

[11] Francesco, Discorso a Sua Santità Mar Awa III Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente, 19 novembre 2022.

[12] Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Il Vescovo e l’unità dei Cristiani: Vademecum ecumenico, 5 giugno 2020, 4.

[13] San Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, 25 maggio 1995, 95; testo citato in EG 32 ed EC 10.

[14] Francesco, Discorso alla preghiera ecumenica, Centro Ecumenico WCC (Ginevra), 21 giugno 2018.

[15] Cfr. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Varietates legitimae, 25 gennaio 1994.

[16] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.

[17] Ibid.

[18] Ibid.

[19] Ibid.

[01015-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua inglese

XVI ORDINARY GENERAL ASSEMBLY OF THE SYNOD OF BISHOPS

FOR A SYNODAL CHURCH:
COMMUNION, PARTICIPATION, MISSION

INSTRUMENTUM LABORIS

For the First Session

(October 2023)

TABLE OF CONTENTS

Foreword

The journey so far

A working tool for the second phase of the synodal journey

The structure of the text

A. For a synodal Church. An integral experience

A 1. The characteristic signs of a synodal Church

A 2. A way forward for the synodal Church: conversation in the Spirit

B. Communion, participation, mission. Three priority issues for the synodal Church.

B 1. A communion that radiates: How can we be more fully a sign and instrument of union with God and of the unity of all humanity?

B 2. Co-responsibility in Mission: How can we better share gifts and tasks in the service of the Gospel?

B 3. Participation, governance and authority: What processes, structures and institutions in a missionary synodal Church?

WORKSHEETS FOR THE SYNODAL ASSEMBLY

Introduction

Worksheets for B 1. A Communion that radiates

B 1.1 How does the service of charity and commitment to justice and care for our common home nourish communion in a synodal Church?

B 1.2 How can a synodal Church make credible the promise that “love and truth will meet” (Ps 85:11)?

B 1.3 How can a dynamic relationship of gift exchange between the Churches grow?

B 1.4 How can a synodal Church fulfil its mission through a renewed ecumenical commitment?

B 1.5 How can we recognise and gather the richness of cultures and develop dialogue amongst religions in the light of the Gospel?

Worksheets for B 2. Co-responsibility in Mission

B 2.1 How can we walk together towards a shared awareness of the meaning and content of mission?

B 2.2 What should be done so a synodal Church is also an ‘all ministerial’ missionary Church?

B 2.3 How can the Church of our time better fulfil its mission through greater recognition and promotion of the baptismal dignity of women?

B 2.4 How can we properly value ordained Ministry in its relationship with baptismal Ministries in a missionary perspective?

B 2.5 How can we renew and promote the Bishop’s ministry from a missionary synodal perspective?

Worksheets for B 3. Participation, governance and authority

B 3.1 How can we renew the service of authority and the exercise of responsibility in a missionary synodal Church?

B 3.2 How can we develop discernment practices and decision-making processes in an authentically synodal manner, that respects the protagonism of the Spirit?

B 3.3. What structures can be developed to strengthen a missionary synodal Church?

B 3.4 How can we give structure to instances of synodality and collegiality that involve groupings of local Churches?

B 3.5 How can the institution of the Synod be strengthened so that it is an expression of episcopal collegiality within an all-synodal Church?

ABBREVIATIONS

AA Vatican Council II, Decree Apostolicam actuositatem (18 November 1965)

AG Vatican Council II, Decree Ad gentes (7 December 1965)

CA St. John Paul II, Encyclical Letter Centesimus annus (1 May 1991)

CL St. John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Christifideles laici (30 December 1988)

CV Francis, Post-Synodal Apostolic Exhortation Christus vivit (25 March 2019)

PD General Secretariat of the Synod, For a Synodal Church. Communion, Participation, Mission. Preparatory Document (2021)

DCS General Secretariat of the Synod, For a Synodal Church. Communion, Participation, Mission. “Enlarge the space of your tent (Is 54:2). Working Document for the Continental Stage (2022)

DV Vatican Council II, Dogmatic Constitution Dei Verbum (18 November 1965)

EC Francis, Apostolic Constitution Episcopalis communio (15 September 2018)

EG Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013)

FT Francis, Encyclical Letter Fratelli tutti (3 October 2020)

GS Vatican Council II, Pastoral Constitution Gaudium et spes (7 December 1965)

IL Instrumentum Laboris

LG Vatican Council II, Dogmatic Constitution Lumen gentium (21 November 1964)

PE Francis, Apostolic Constitution Praedicate Evangelium (19 March 2022)

SC Vatican Council II, Constitution Sacrosanctum Concilium (4 December 1963)

UR Vatican Council II, Decree Unitatis redintegratio (21 November 1964)

INSTRUMENTUM LABORIS

Foreword

“May the God of endurance and encouragement grant you to think in harmony with one another, in keeping with Christ Jesus, that with one accord you may with one voice glorify the God and Father of our Lord Jesus Christ” (Rom 15:5-6).

The journey so far

1. The People of God have been on the move since Pope Francis convened the whole Church in Synod in October 2021. Beginning at their most vital and elementary level, the local Churches across the globe have initiated the consultation of the People of God, starting with the basic question formulated in no. 2 of the Preparatory Document (PD): “How does this ‘journeying together,’ which takes place today on different levels (from the local level to the universal one), allow the Church to proclaim the Gospel in accordance with the mission entrusted to Her; and what steps does the Spirit invite us to take in order to grow as a synodal Church?”. The fruits of the consultation were collected at the diocesan level and then summarised and sent to the Synods of the Eastern Catholic Churches and the Episcopal Conferences. In their turn, each drafted a synthesis that was forwarded to the General Secretariat of the Synod.

2. In order to serve a new stage in the ongoing synodal process, the Working Document for the Continental Stage (DCS) was drafted from the reading and analysis of the documents collected. The DCS was returned to the local Churches around the world, inviting them to engage with it and then to meet and enter into dialogue at the seven Continental Assemblies. During this time, the work of the Digital Synod also continued. The aim was to focus on the insights and tensions that resonated most strongly with the experience of the Church on each continent and to identify, from the perspective of each continent, the priorities to be addressed in the first session of the Synodal Assembly (October 2023).

3. This Instrumentum Laboris (IL) was drafted on the basis of all the material gathered during the listening phase, and in particular the final documents of the Continental Assemblies. Its publication closes the first phase of the Synod, “For a Synodal Church: communion, participation, mission” and opens the second phase, composed of the two sessions[1] (October 2023 and October 2024) in which the XVI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops will take place. Its aim will be to continue to animate the synodal process in the ordinary life of the Church, identifying which pathways the Spirit invites us to walk along more decisively as one People of God. The fruit for which we ask at the next Assembly is that the Spirit inspire the Church’s walking together as the People of God in fidelity to the mission that the Lord has entrusted to it. Indeed, the purpose of the synodal process “is not to produce documents but to open horizons of hope for the fulfilment of the Church’s mission” (DCS, 6).

4. The journey so far, especially the continental stage, has made it possible to identify and share the particular situations experienced by the Church in different regions of the world. These include the reality of too many wars that stain our world with blood leading to a call for a renewed commitment to building a just peace, the threat represented by climate change that implies a necessary priority of caring for the common home, the cry to oppose an economic system that produces exploitation, inequality and a throwaway culture, and the desire to resist the homogenising pressure of cultural colonialism that crushes minorities. Situations of persecution to the point of martyrdom and emigration that progressively hollow out communities, threatening their very survival are deeply lamented. The local Churches have spoken of their concern to be equipped to address urgent social realities, from the growing cultural pluralism that now marks the entire planet, to the experience of Christian communities that represent scattered minorities within the country in which they live, to the experience of coming to terms with an ever more advanced, and at times aggressive, secularisation that seems to consider religious experience irrelevant, but where there remains a thirst for the Good News of the Gospel. In many regions, the Churches are deeply affected by the crisis caused by various forms of abuse, including sexual abuse and the abuse of power, conscience and money. These are open wounds, the consequences of which have yet to be fully addressed. To the penitence it owes to victims and survivors for the suffering it has caused, the Church must add a growing and intensified commitment to conversion and reform in order to prevent similar situations from happening again in the future.

5. It is in this context, diverse but with common global features, that the synodal journey takes place. The Synodal Assembly of October 2023 will be asked to listen deeply to the situations in which the Church lives and carries out its mission. What it means to walk together gains its missionary urgency when this question is asked in a particular context with real people and situations in mind. What is at stake is the ability to proclaim the Gospel by walking together with the men and women of our time, wherever they are, and practising the catholicity that emerges from walking together with the Churches that live in conditions of particular suffering (cf. LG 23).

6. To the Synodal Assembly we bring the fruits gathered during the listening phase. First of all, we have experienced the joy expressed in the sincere and respectful encounter between brothers and sisters in the faith: to meet each other is to encounter the Lord who is in our midst! Thus, we were able to touch with our own hands the catholicity of the Church, which, in the variety of ages, sexes and social conditions, manifests an extraordinary wealth of charisms and ecclesial vocations, and is the custodian of a treasure trove of differences in languages, cultures, liturgical expressions and theological traditions. In effect, this rich diversity is the gift of each local Church to all the others (cf. LG 13), and the synodal dynamic is a way to appreciate and enhance this rich diversity without flattening it into uniformity. Similarly, we have discovered that there are shared questions, even if synodality is experienced and understood in a variety of ways in different parts of the world on the basis of a common inheritance of the apostolic Tradition. Part of the challenge of synodality is to discern the level at which it is most appropriate to address each question. Equally shared are certain tensions. We should not be frightened by them, nor attempt at any cost to resolve them, but rather engage in ongoing synodal discernment. Only in this way can these tensions become sources of energy and not lapse into destructive polarisations.

7. The first phase renewed our awareness that our identity and vocation is to become an increasingly synodal Church: walking together, that is, becoming synodal, is the way to truly become disciples and friends of that Master and Lord who said of himself: “I am the way” (Jn 14:6). Today it is also a deep desire: having experienced it as a gift, we want to continue to do so, aware that this journey will be fulfilled on the last day, when, by the grace of God we will become part of that throng described in Revelation thus: “there was a great multitude that no one could count, from every nation, from all tribes and peoples and languages, standing before the throne and before the Lamb, robed in white, with palm branches in their hands. They cried out in a loud voice, saying, ‘Salvation belongs to our God who is seated on the throne, and to the Lamb!’” (Rev 7:9-10). This text gives us the image of a definitively accomplished synodality, in which perfect communion reigns across all the differences that compose it, differences which are maintained and united in the one mission that remains to be completed: to participate in the liturgy of praise that from all creatures, through Christ, rises to the Father in the unity of the Holy Spirit.

8. To the intercession of these sisters and brothers, who are already living the full communion of saints (cf. LG 50), and especially to that of she who is first in their ranks (cf. LG 63), Mary Mother of the Church, we entrust the work of the Assembly and the continuation of our commitment to a synodal Church. We ask that the Assembly be a time of outpouring of the Spirit, but even more that grace accompanies us when the time comes to put its fruits into action in the daily life of Christian communities throughout the world.

A working tool for the second phase of the synodal journey

9. The peculiar features marking Synod 2021-2024 are inevitably reflected in the meaning and dynamics of the Synodal Assembly and, thus, in the structure of the IL that serves it. In particular, the long preparatory phase has already led to the production of a multiplicity of documents: PD, reports of the local Churches, DCS and Final Documents of the Continental Assemblies. In this way, a cycle of mutually informed communication has been established among local Churches and between them and the General Secretariat of the Synod. The present IL does not annul previous documents or absorb all their richness, but is rooted in them and continually refers back to them. In preparation for the Assembly, the Members of the Synod are asked to keep in mind the previous documents, in particular, the DCS and the Final Documents of the Continental Assemblies of the different continents, as well as the report of the Digital Synod and to use them as tools for their own discernment. In particular, the Final Documents of the Continental Assemblies are particularly valuable for retaining the concreteness of the different contexts and the challenges posed by each. The common work of the Synodal Assembly cannot disregard these sources for discernment. The many resources collected in the special section of the Synod 2021-2024 website, www.synod.va may also be of help, in particular the Apostolic Constitution Episcopalis communio and the two documents of the International Theological Commission, Synodality in the Life and Mission of the Church (2018) and The sensus fidei in the Life of the Church (2014).

10. Given the abundance of material already available, the IL is designed as a practical aid for the conduct of the Synodal Assembly in October 2023 and thus for its preparation. All the more valid for the IL is the description given to the DCS: “is not a document of the Church’s Magisterium, nor is it the report of a sociological survey; it does not offer the formulation of operational indications, goals and objectives, nor a full elaboration of a theological vision” (no. 8). This is inevitable given that the IL is part of an unfinished process. Nonetheless, the IL takes a step beyond the DCS, drawing from the insights of the first phase and now the work of the Continental Assemblies, articulating some of the priorities that emerged from listening to the People of God, but avoids presenting them as assertions or stances. Instead, it expresses them as questions addressed to the Synodal Assembly. This body will have the task of discerning the concrete steps which enable the continued growth of a synodal Church, steps that it will then submit to the Holy Father. Only then will that particular dynamic of listening be completed in which “each has something to learn. Faithful people, College of Bishops, Bishop of Rome: one listening to the other; and all listening to the Holy Spirit, the ‘Spirit of truth’ (Jn 14:17), to know what He ‘is saying to the Churches’ (Rev 2:7)”[2]. In this light, the purpose of the IL is not to be a first draft of the Final Document of the Synodal Assembly, only to be corrected or amended. Rather, it outlines an initial understanding of the synodal dimension of the Church on the basis of which further discernment can be made. The Members of the Synodal Assembly are the primary recipients of the IL, which is also made public not only for reasons of transparency but as a contribution to the implementation of ecclesial initiatives. In particular, it can encourage participation in the synodal dynamic at the local and regional levels, while waiting for the outcome of the October Assembly. This will provide further material on which the local Churches will be called to pray, reflect, act and make their own contribution.

11. The questions that the IL poses are an expression of the richness of the process from which they were drawn: they bear the imprint of the particular names and faces of those who took part, and they bear witness to the faith experience of the People of God and thus reveal the reality of a transcendent experience. From this point of view, they indicate a horizon towards which we are invited to travel with confidence, deepening the synodal practice of the Church. The first phase enables us to understand the importance of taking the local Church as a privileged point of reference[3], as the theological place where the Baptised experience in practical terms “walking together”. However, this does not lead to a retreat. No local Church can live outside the relationships that unite it with all others, including that particular relationship with the Church of Rome, which is entrusted with the service of unity through the ministry of its Pastor, who has summoned the whole Church in Synod.

12. This focus on local Churches requires taking into account their variety and diversity of cultures, languages and modes of expression. In particular, the same words — think, for example, of authority and leadership — can have very different resonances and connotations in different linguistic and cultural areas, especially when in some contexts a term is associated with precise theoretical or ideological approaches. The IL strives to avoid divisive language in the hope of furthering better understanding among members of the Synodal Assembly who come from different regions or traditions. The vision of Vatican II is the shared point of reference, starting from the catholicity of the People of God, in virtue of which “each individual part contributes through its special gifts to the good of the other parts and of the whole Church. Through the common sharing of gifts and through the common effort to attain fullness in unity […] without in any way opposing the primacy of the Chair of Peter, which presides over the whole assembly of charity and protects legitimate differences, while at the same time assuring that such differences do not hinder unity but rather contribute toward it” (LG 13). This catholicity is realised in the relationship of mutual interiority between the universal Church and the local Churches, in which and from which there “comes into being the one and only Catholic Church” (LG 23). The synodal process first given expression in the local Churches has now reached its second phase in the universal Church, with the unfolding of the two sessions of the XVI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops.

The structure of the text

13. This IL is divided into two sections, which correspond to the tasks entrusted to the Continental Assemblies (and thus to the contents of the relevant Final Documents): first of all, Continental Assemblies were invited to undertake a re-reading of the path followed during the first phase, in order to identify what the Church on each continent had learnt from the experience of living the synodal dimension at the service of mission; secondly, the Continental Assemblies were invited to reflect on the DCS and discern the resonances produced in the local churches of the continent, in order to identify the priorities on which to continue the discernment during the Synodal Assembly.

14. Section A of the IL, entitled “For a Synodal Church”, attempts to gather the insights of the path travelled so far. Firstly, it outlines a series of fundamental characteristics or distinguishing marks of a synodal Church. It then articulates the awareness that a synodal Church is also marked by a particular way of proceeding. According to the outcome of the first phase, conversation in the Spirit is this way of proceeding. The Assembly will be invited to respond to these insights with the aim of clarifying and refining them. Section B of this IL, entitled “Communion, mission, participation”[4], articulates, in the form of three questions, the priorities that most strongly emerge from the work of all the continents, thus placing them before the Assembly for discernment. In order to assist the working process of the Synodal Assembly, especially the group work (Circuli Minores), five worksheets are proposed for each of the three priorities, allowing them to be approached from different perspectives.

15. The three priorities of section B, developed through the respective worksheets, cover broad topics of great relevance. Many could be the subject of an entire Synod, and some already have been. In a number of cases the interventions of the Magisterium are also numerous and well defined. During the Assembly they cannot be dealt with extensively, nor, above all, should they be considered independently of one another. Instead, they should be addressed starting from their relationship with the real theme of the work, namely a synodal Church. For example, references to the urgency of devoting adequate attention to families and youth do not aim to stimulate a new treatment of family or youth ministry. Their purpose is to help focus on how the implementation of the conclusions of the two previous Ordinary General Assemblies of the Synod of Bishops (2015 and 2018) and of the successive Post-Synodal Apostolic Exhortations, Amoris laetitia and Christus vivit, represents an opportunity to walk together as a Church capable of welcoming and accompanying, accepting the necessary changes in rules, structures and procedures. The same applies to many other issues that emerge in the discussion threads.

16. The commitment asked of the Assembly and its Members will be to sustain a dynamic equilibrium between maintaining an overview, which characterises the work outlined in section A, and the identification of practical steps to be taken in a concrete and timely fashion, work which is the focus of section B. On this will depend the fruitfulness of the discernment of the Synodal Assembly whose task will be to open the whole Church to welcome the voice of the Holy Spirit. An inspiration for this work might come from reflection on the articulation of the Pastoral Constitution Gaudium et Spes, which “consists of two parts”, different in character and focus, but becoming “a unified whole” (GS, footnote 1).

A. For a Synodal Church
An integral experience

“Now there are varieties of gifts, but the same Spirit; and there are varieties of services but the same Lord; and there are varieties of activities but it is the same God who activates all of them in everyone. To each of them is given the manifestation of the Spirit for the common good” (1 Cor 12: 4-7).

17. One common trait unites the narratives of the stages of the first phase: it is the surprise expressed by participants who were able to share the synodal journey in a way that exceeded their expectations. For those who take part, the synodal process offers an opportunity for an encounter in faith that makes the bond with the Lord, fraternity between people and love for the Church, not only on an individual level, but involving and energising the entire community. The experience is that of a horizon of hope opening up for the Church, a clear sign of the presence and action of the Spirit that guides it through history on its path towards the Kingdom (cf. LG 5): “[T]he protagonist of the Synod is the Holy Spirit[5]. In this way, the more intensely the invitation to journey together has been accepted, the more the Synod has become a path on which the People of God proceed with enthusiasm, but without naivety. In fact, problems, resistances, difficulties and tensions are not concealed or hidden but identified and named thanks to a context of authentic dialogue that makes it possible to speak and listen with freedom and sincerity. Issues that are often posed in an adversarial manner, or for which the life of the Church today lacks a place of acceptance and discernment, can be addressed in an evangelical way within the synodal process.

18. A term as abstract or theoretical as synodality has thus begun to be embodied in a concrete experience. From listening to the People of God a progressive appropriation and understanding of synodality “from within” emerges, which does not derive from the enunciation of a principle, a theory or a formula, but develops from a readiness to enter into a dynamic of constructive, respectful and prayerful speaking, listening and dialogue. At the root of this process is the acceptance, both personal and communal, of something that is both a gift and a challenge: to be a Church of sisters and brothers in Christ who listen to one another and who, in so doing, are gradually transformed by the Spirit.

A 1. The characteristic signs of a synodal Church

19. Within this integral understanding, an awareness emerges of certain characteristics or distinctive signs of a synodal Church. These are shared convictions on which to dwell and reflect together as we undertake a journey that will continue to clarify and refine them, starting from the work of the Synodal Assembly will undertake.

20. This is what emerges with great force from all the continents: an awareness that a synodal Church is founded on the recognition of a common dignity deriving from Baptism, which makes all who receive it sons and daughters of God, members of the family of God, and therefore brothers and sisters in Christ, inhabited by the one Spirit and sent to fulfil a common mission. In Paul’s language, “we were all baptized into one body—Jews or Greeks, slaves or free—and we were all made to drink of one Spirit” (1Cor 12:13). Baptism thus creates a true co-responsibility among all the members of the Church, which is manifested in the participation of all, with the charisms of each, in the mission of the Church and the building up of the ecclesial community. A synodal Church cannot be understood other than within the horizon of communion, which is always also a mission to proclaim and incarnate the Gospel in every dimension of human existence. Communion and mission are nourished in the common participation in the Eucharist that makes the Church a body “joined and knitted together” (Eph 4:16) in Christ, able to walk together towards the Kingdom.

21. Rooted in this awareness is the desire for a Church that is also increasingly synodal in its institutions, structures and procedures, so as to constitute a space in which common baptismal dignity and co-responsibility for mission are not only affirmed, but exercised, and practised. In this space, the exercise of authority in the Church is appreciated as a gift, with the desire that it be increasingly configured as “a true service, and in Holy Scripture it is significantly call ‘diakonia’ or ministry” (LG 24), following the model of Jesus, who stooped to wash the feet of his disciples (cf. Jn 13:1-11).

22. “A synodal Church is a listening Church[6]: this awareness is the fruit of the experience of the synodal journey, which is a listening to the Spirit through listening to the Word and listening to each other as individuals and among ecclesial communities, from the local level to the continental and universal levels. For many, the great surprise was the experience of being listened to by the community, in some cases for the first time, thus receiving a recognition of their unique human worth that testifies to the Father’s love for each of his sons and daughters. The experience of listening and being listened to in this way serves not only a practical function but also has a theological and ecclesial depth because it follows the example of how Jesus listened to the people he met. This style of listening is necessary to mark and transform all the relationships that the Christian community establishes among its members as well as with other faith communities and with society as a whole, especially towards those whose voice is most often ignored.

23. As a Church committed to listening, a synodal Church desires to be humble, and knows that it must ask forgiveness and has much to learn. Some reports noted that the synodal path is necessarily a penitential one, recognising that we have not always lived the constitutive synodal dimension of the ecclesial community. The face of the Church today bears the signs of serious crises of mistrust and lack of credibility. In many contexts, crises related to sexual abuse, and abuse of power, money and conscience have pushed the Church to a demanding examination of conscience so that “moved by the Holy Spirit” the Church “may never cease to renew herself” (LG 9), in a journey of repentance and conversion that opens paths of reconciliation, healing and justice.

24. A synodal Church is a Church of encounter and dialogue. On the path we have travelled, this aspect of synodality emerges with particular strength in relation to other Churches and ecclesial Communities, to which we are united by the bond of one Baptism. The Spirit, who is “the principle of the Church’s unity” (UR 2), is at work in these Churches and ecclesial Communities, and invites us to embark on paths of mutual knowledge, sharing and building a common life. At the local level, the importance of what is already being done together with members of other Churches and ecclesial Communities emerges strongly, especially as a common witness in socio-cultural contexts that are hostile to the point of persecution—this is the ecumenism of martyrdom—and in the face of the ecological emergency. Everywhere, in tune with the Magisterium of the Second Vatican Council, the profound desire to deepen the ecumenical journey also emerges: an authentically synodal Church cannot but involve all those who share the one Baptism.

25. A synodal Church is called to practice the culture of encounter and dialogue with the believers of other religions and with the cultures and societies in which it is embedded, but above all among the many differences that run through the Church itself. This Church is not afraid of the variety it bears, but values it without forcing it into uniformity. The synodal process has been an opportunity to begin to learn what it means to live unity in diversity, a fundamental point to continue exploring, trusting that the path will become clearer as we move forward. Therefore, a synodal Church promotes the passage from “I” to “we”. It is a space within which a call resonates to be members of a body that values diversity but is made one by the Spirit. It is the Spirit that impels us to listen to the Lord and respond to him as a people at the service of the one mission of proclaiming to all the nations the salvation offered by God in Christ Jesus. This happens in a great diversity of contexts: no one is asked to leave their own context, but rather to understand it and enter into it more deeply. Returning to this vision after the experience of the first phase, synodality appears first and foremost as a dynamism animating concrete local communities. Moving to the more universal level, this momentum embraces all the dimensions and realities of the Church, in a movement of authentic catholicity.

26. Lived in a diversity of contexts and cultures, synodality proves to be a constitutive dimension of the Church since its origin, even if it is still in the process of being realised. Indeed, it presses to be implemented ever more fully, expressing a radical call to conversion, change, prayer and action that is for all. In this sense, a synodal Church is open, welcoming and embraces all. There is no border that this movement of the Spirit does not feel compelled to cross, to draw all into its dynamism. The radical nature of Christianity is not the prerogative of a few specific vocations, but the call to build a community that lives and bears witness to a different way of understanding the relationship between the daughters and sons of God, one that embodies the truth of love, one that is based on gift and gratuitousness. The radical call is, therefore, to build together, synodally, an attractive and concrete Church: an outgoing Church, in which all feel welcome.

27. At the same time, a synodal Church confronts honestly and fearlessly the call to a deeper understanding of the relationship between love and truth according to St Paul’s invitation: “But speaking the truth in love, we must grow up in every way into him who is the head, into Christ, from whom the whole body, joined and knitted together by every ligament with which it is equipped, as each part is working properly, promotes the body’s growth in building itself up in love” (Eph 4:15-16). To authentically include everyone, it is necessary to enter into the mystery of Christ allowing oneself to be formed and transformed by the way he lived the relationship between love and truth.

28. Characteristic of a synodal Church is the ability to manage tensions without being crushed by them, experiencing them as a drive to deepen how communion, mission and participation are lived and understood. Synodality is a privileged path of conversion, because it reconstitutes the Church in unity: it heals her wounds and reconciles her memory, welcomes the differences she bears and redeems her from festering divisions, thus enabling her to embody more fully her vocation to be “in Christ like a sacrament or as a sign and instrument both of a very closely knit union with God and of the unity of the whole human race” (LG 1). Authentic listening and the ability to find ways to continue walking together beyond fragmentation and polarisation are indispensable for the Church to remain alive and vital and to be a powerful sign for the cultures of our time.

29. Trying to walk together also brings us into contact with the healthy restlessness of incompleteness, with the awareness that there are still many things whose weight we are not able to carry or bear (cf. Jn 16:12). This is not a problem to be solved, but rather a gift to be cultivated. We are faced with the inexhaustible and holy mystery of God and must remain open to its surprises as we walk through history towards the Kingdom. This also applies to the questions that the synodal process has brought to light. As a first step they require listening and attention, without rushing to offer immediate solutions.

30. Carrying the weight of these questions should not be the personal burden of those who occupy certain roles, with the risk of being crushed by them, but a task for the entire community, whose relational and sacramental life is often the most effective immediate response. This is why a synodal Church unceasingly nourishes itself at the source of the mystery it celebrates in the liturgy, “the summit toward which the activity of the Church is directed” and “the font from which all her power flows” (SC 10), particularly in the Eucharist.

31. Once the People of God are freed from the anxiety of inadequacy, the inevitable incompleteness of a synodal Church and the readiness of its members to accept their own vulnerabilities become the space for the action of the Spirit, who invites us to recognise the signs of his presence. This is why a synodal Church is also a Church of discernment, in the wealth of meanings that this term takes on within the different spiritual traditions. The first phase enabled the People of God to begin to experience discernment through the practice of conversation in the Spirit. As we listen attentively to each other’s lived experiences, we grow in mutual respect and begin to discern the movements of God’s Spirit in the lives of others and in our own. In this way, we begin to pay more attention to “what the Spirit is saying to the Churches” (Rev 2:7), in the commitment and hope of becoming a Church increasingly capable of making prophetic decisions that are the fruit of the Spirit’s guidance.

A 2. A way forward for the synodal Church: conversation in the Spirit

32. Through the course of the first phase of the Synod and across all the continents there has been recognition of the fruitfulness of the method referred to here as “conversation in the Spirit” or “synodal method” (cf. figure on p. 16).

33. In its etymological sense, the term “conversation” does not indicate a generic exchange of ideas, but a dynamic in which the word spoken and heard generates familiarity, enabling the participants to draw closer to one another. The specification “in the Spirit” identifies the authentic protagonist: the desire of those conversing tends towards listening to His voice, which in prayer opens itself to the free action of the One who, like the wind, blows where He wills (cf. Jn 3:8). Gradually the conversation between brothers and sisters in faith opens the space for a ‘hearing together’, that is, a listening together to the voice of the Spirit. It is not conversation in the Spirit if there is not a step forward in a precise, often unexpected direction that points to concrete action.

34. In the local Churches, conversation in the Spirit has been accepted and sometimes “discovered” as providing the atmosphere that makes possible the sharing of life experiences and the space for discernment in a synodal Church. In the Final Documents of the Continental Assemblies, it is described as a Pentecostal moment, as an opportunity to experience being Church and to move from listening to our brothers and sisters in Christ to listening to the Spirit, who is the authentic protagonist, and being sent forth in mission by Him. At the same time, through this method, the grace of the Word and the Eucharist becomes a felt, actualised and transforming reality, which attests to and realises the initiative by which the Lord Jesus makes himself present and active in the Church. Christ sends us out on mission and gathers us around himself to give thanks and glory to the Father in the Holy Spirit. Hence from all continents comes the request that this method may increasingly animate and inform the daily life of the Churches.

35. Conversation in the Spirit is part of a long tradition of ecclesial discernment, which has produced a plurality of methods and approaches. Its precise missionary value should be emphasised. This spiritual practice enables us to move from the “I” to the “we”: it does not lose sight of or erase the personal dimension of the “I”, but recognises it and inserts it into the community dimension. In this way, enabling participants to speak and listen becomes an expression of liturgy and prayer, within which the Lord makes himself present and draws us towards ever more authentic forms of communion and discernment.

36. In the New Testament, there are numerous examples of this mode of conversation. A paradigmatic account is provided by the account of the encounter of the Risen Lord with the two disciples on the road to Emmaus (cf. Lk 24:13-35, and the explanation given in CV 237). As their experience demonstrates, conversation in the Spirit builds communion and brings missionary dynamism. The two, in fact, return to the community they had left to share the Easter proclamation that the Lord is risen.

37. In its concrete reality conversation in the Spirit can be described as a shared prayer with a view to communal discernment for which participants prepare themselves by personal reflection and meditation. They give each other the gift of a meditated word nourished by prayer, not an opinion improvised on the spot. The dynamic between the participants articulates three fundamental steps. The first is devoted to each person taking the floor, starting from his or her own experience reread in prayer during the period of preparation. Others listen in the knowledge that each one has a valuable contribution to offer and refrain from debates or discussions.

38. Silence and prayer help to prepare for the next step, in which each person is invited to open up within his or herself a space for others and for the Other. Once again, each person takes the floor: not to react to or counter what they have heard, reaffirming their own position, but to express what from their listening has touched them most deeply and what they feel challenged by most strongly. The interior traces that result from one’s listening to sisters and brothers are the language with which the Holy Spirit makes his own voice resound. The more each participant has been nourished by meditation on the Word and the Sacraments, growing in familiarity with the Lord, the more he or she will be able to recognise the sound of His voice (cf. Jn 10:14.27), assisted also by the accompaniment of the Magisterium and theology. Likewise, the more intentionally and carefully participants attend to the voice of the Spirit the more they will grow in a shared sense of mission.

39. The third step, again in an atmosphere of prayer and under the guidance of the Holy Spirit, is to identify the key points that have emerged and to build a consensus on the fruits of the joint work, which each person feels is faithful to the process and by which he or she can therefore feel represented. It is not enough to draw up a report listing the most often mentioned points. Rather, discernment is needed, which also pays attention to marginal and prophetic voices and does not overlook the significance of the points on which disagreement emerges. The Lord is the cornerstone that will allow the “construction” to stand and the Spirit, the master of harmony, will help to move from cacophony to symphony.

40. The journey leads to a prayer of praise to God and gratitude for the experience. “When we live out a spirituality of drawing nearer to others and seeking their welfare, our hearts are opened wide to the Lord’s greatest and most beautiful gifts. Whenever we encounter another person in love, we learn something new about God. Whenever our eyes are opened to acknowledge the other, we grow in the light of faith and knowledge of God” (EG 272). This, in a nutshell, is the gift received by those who allow themselves to be involved in a conversation in the Spirit.

41. In concrete situations, it is never possible to follow this pattern slavishly. Rather it must always be adapted. Sometimes it is necessary to give priority to each one taking the floor and listening to the others; in other circumstances to bringing out the links between the different perspectives, in search of what makes “our hearts burn within us” (cf. Lk 24:32); in others still, to the explication of a consensus and working together to identify the direction in which one feels called by the Spirit to move. But, beyond the appropriate concrete adaptations, the intention and dynamism that unite the three steps are and remain characteristic of the way of proceeding of a synodal Church.

42. Bearing in mind the significance of conversation in the Spirit to animate the lived experience of the synodal Church, formation in this method, and in particular of facilitators capable of accompanying communities in practising it, is perceived as a priority at all levels of ecclesial life and for all the Baptised, starting with ordained Ministers in a spirit of co-responsibility and openness to different ecclesial vocations. Formation for conversation in the Spirit is formation to be a synodal Church.

B. Communion, mission, participation
Three priority issues for a synodal Church

“For as in one body we have many members, and not all the members have the same function, so we, who are many, are one body in Christ, and individually we are members one of another” (Rom 12: 4-5).

43. Among the fruits of the first phase, and in particular of the Continental Assemblies, which came to the fore thanks to the way of proceeding just outlined, three priorities were identified that are now proposed to the Synodal Assembly of October 2023 for discernment. These are challenges with which the whole Church must measure itself in order to take a step forward and grow in its own synodal being at all levels and from a plurality of perspectives. They need to be addressed from the point of view of theology and canon law, as well as from that of pastoral care and spirituality. They call into question the way Dioceses plan as well as the daily choices and lifestyle of each member of the People of God. They are also authentically synodal because addressing them requires walking together as a people, with all its members. The three priorities will be illustrated in connection with the three key words of the Synod: communion, mission, participation. While this is done for the sake of simplicity and clarity of presentation, it risks presenting the three key words as three “pillars” independent of one another. Instead, in the life of the synodal Church, communion, mission and participation are articulated, nourishing and supporting each other. They must always be understood with this integration in mind.

44. The different order in which the three terms appear, with mission taking the central place, is also rooted in the awareness of the links that unite that developed during the first phase. In particular, communion and mission are interwoven and mirror each other, as already taught by Saint John Paul II: “Communion and mission are profoundly connected with each other, they interpenetrate and mutually imply each other, to the point that communion represents both the source and the fruit of mission: communion gives rise to mission and mission is accomplished in communion” (CL 32, taken up in PE I,4). We are invited to move beyond a dualist understanding in which the relationships within the ecclesial community are the domain of communion, while mission concerns the momentum ad extra. The first phase has instead highlighted how communion is the condition for the credibility of proclamation, an insight which recalls that of the XV Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops on Young People, the Faith and Vocational Discernment [7]. At the same time there is a growing awareness that the orientation for mission is the only evangelically founded criterion for the internal organisation of the Christian community, the distribution of roles and tasks, and the management of its institutions and structures. It is in relationship with communion and mission that participation can be understood, and for this reason, it can only be addressed after the other two. On the one hand, it gives them the concrete expression: attention to procedures, rules, structures and institutions allows the mission to be consolidated over time and frees communion from mere emotional spontaneity. On the other hand, it receives a meaning, orientation and dynamism that allows it to escape the risk of turning into a frenzy of individual rights claims that inevitably cause fragmentation rather than unity.

45. To accompany the preparation and structure of the work of the Assembly, five worksheets have been prepared to address each priority, to be found at the end of this section. Each of these constitutes an entry point to the priority in question which in this way can be approached from different but complementary perspectives related to different aspects of the life of the Church that have emerged through the work of the Continental Assemblies. In this case the three paragraphs that follow, to which the three groups of worksheets in the appendix correspond, should not be read as parallel and non-communicating columns. Rather, they are beams of light that illuminate the same reality, that is the synodal life of the Church, from different vantage points, continually intertwining and invoking one another, inviting us to growth.

B 1. A communion that radiates: How can we be more fully a sign and instrument of union with God and of the unity of all humanity?

46. Communion is not a sociological coming together as members of an identity group but is above all a gift of the Triune God, and at the same time a task, which is never exhausted, of building the “we” of the People of God. As the Continental Assemblies experienced, communion interweaves a vertical dimension, that Lumen gentium calls “union with God,” and a horizontal one, “the unity of all humanity”, in a strong eschatological dynamism. Communion is a journey in which we are called to grow, “until all of us come to the unity of faith and of the knowledge of the Son of God, to maturity, to the measure of the full stature of Christ” (Eph 4:13).

47. We receive an anticipation of that moment in the liturgy, the place where the Church on its earthly journey experiences communion, nourishes it and builds it up. If the liturgy is in fact the “outstanding means whereby the Faithful may express in their lives, and manifest to others, the mystery of Christ and the real nature of the true Church” (SC 2) then it is to the liturgy that we must look in order to understand the synodal life of the Church. First and foremost, it is through shared liturgical action, and in particular the eucharistic celebration, that the Church experiences radical unity, expressed in the same prayer but in a diversity of languages and rites: a fundamental point in a synodal key. From this point of view, the multiplicity of rites in the one Catholic Church is an authentic blessing, to be protected and promoted, as was also experienced during the liturgies of the Continental Assemblies.

48. A synodal assembly cannot be understood as representative and legislative, analogous to a parliamentary structure with its dynamics of majority building. Rather, we are called to understand it by analogy with the liturgical assembly. Ancient tradition tells us that when a synod is celebrated it begins with the invocation of the Holy Spirit, continues with the profession of faith, and arrives at shared determinations to ensure or re-establish ecclesial communion. In a synodal assembly Christ becomes present and acts, transforms history and daily events, and gives the Spirit to guide the Church to find a consensus on how to walk together towards the Kingdom and to help all of humanity to move towards greater unity. Walking together while listening to the Word and our brothers and sisters, that is, in seeking God’s will and mutual agreement, leads to thanksgiving to the Father through the Son in the one Spirit. In a synodal assembly, those who gather in the name of Christ listen to his Word, listen to each other, discern in docility to the Spirit, proclaim what they have heard and recognise it as light for the journey of the Church.

49. In this perspective, synodal life is not a strategy for organising the Church, but the experience of being able to find a unity that embraces diversity without erasing it, because it is founded on union with God in the confession of the same faith. This dynamism possesses an impelling force that continually seeks to widen the scope of communion, but which must come to terms with the contradictions, limits and wounds of history.

50. The first priority issue that emerged from the synodal process is rooted precisely in this point. In the concreteness of our historical reality, preserving and promoting communion requires taking on the incompleteness of being able to live unity in diversity (cf. 1 Cor 12). History produces divisions, which cause wounds that need to be healed and require pathways to be forged for reconciliation. In this context, in the name of the Gospel, which bonds need to be strengthened in order to overcome trenches and fences, and which shelters and protections need to be built, and to protect whom? Which divisions are unproductive? When does graduality make the path to complete communion possible? These seem like theoretical questions, but they are rooted in the concrete daily life of Christian communities consulted in the first phase. Indeed, they concern the question of whether there are limits to our willingness to welcome people and groups, how to engage in dialogue with cultures and religions without compromising our identity, and our determination to be the voice of those on the margins and reaffirm that no one should be left behind. The five Worksheets referring to this priority try to explore these questions from five complementary perspectives.

B 2. Co-responsibility in Mission: How can we better share gifts and tasks in the service of the Gospel?

51. “The pilgrim Church is missionary by her very nature” (AG 2). Mission constitutes the dynamic horizon from which we are to think about the synodal Church, to which it imparts a drive towards the “ecstasy” that consists in “coming out of ourselves and seeking the good of others, even to the sacrifice of our lives” (CV 163; cf. also FT 88). Mission allows one to receive the experience of Pentecost: having received the Holy Spirit, Peter and the Eleven stand and take the word to announce the crucified and risen Jesus to all those living in Jerusalem (cf. Acts 2:14-36). Synodal life is rooted in the same dynamism. There are many testimonies that describe the lived experience of the first stage in these terms, and even more numerous are those that link synodality and mission in an inseparable manner.

52. In a Church that defines itself as a sign and instrument of union with God and of the unity of all humanity (cf. LG 1), the discourse on mission focuses on the lucidity of the sign and the efficacy of the instrument, without which any proclamation lacks credibility. Mission is not the marketing of a religious product, but the construction of a community in which relationships are a manifestation of God’s love and therefore whose very life becomes a proclamation. In the Acts of the Apostles, Peter’s discourse is immediately followed by the account of the life of the primitive community, in which everything became an occasion for communion (cf. 2:42-47), which made the community attractive.

53. In this line, the first question regarding mission asks what the members of the Christian community are really willing to hold in common, starting from the irreducible uniqueness of each member, by virtue of their direct relationship with Christ in Baptism and as a dwelling place of the Spirit. This makes the contribution of each of the Baptized precious and indispensable. One of the reasons for the sense of wonder noted during the first phase is related to this possibility of contribution: “Can I really offer something?”. At the same time, each person is invited to acknowledge his or her own incompleteness, and therefore the awareness that in the fullness of mission everyone is needed. In this sense, mission also has a constitutively synodal dimension.

54. For this reason, the second priority identified by a Church that discovers itself as missionary and synodal concerns the manner in which it is able to solicit the contribution of all, each with their gifts and roles, valuing the diversity of charisms and integrating the relationship between hierarchical and charismatic gifts[8]. The perspective of mission places charisms and ministries within the horizon of what is common, and in this way safeguards their fruitfulness, which is compromised when they become prerogatives that legitimise forms of exclusion. A missionary synodal Church has a duty to ask itself how it can recognise and value the contribution that each Baptised person can offer in mission, going out of himself/herself and participating together with others in something greater. “[T]to make an active contribution to the common good of humanity” (CA 34) is an inalienable component of the dignity of the person, even within the Christian community. The first contribution everyone can make is towards discerning the signs of the times (cf. GS 4), in order to maintain awareness of our common mission in tune with the breath of the Spirit. All points of view have something to contribute to this discernment, starting with that of the poor and excluded: walking together with them does not only mean responding to and taking on their needs and sufferings, but also respecting their protagonism and learning from them. This is the way to recognise their equal dignity, escaping the traps of welfarism and anticipating as far as possible the logic of the new heavens and new earth towards which we are on our way.

55. The Worksheets linked to this priority try to concretise this basic question with respect to topics such as the recognition of the variety of vocations, charisms and ministries, the promotion of the baptismal dignity of women, the role of the ordained Ministry and in particular the ministry of the Bishop within the missionary synodal Church.

B 3. Participation, governance and authority: What processes, structures and institutions in a missionary synodal Church?

56. “The words ‘communion’ and ‘mission’ can risk remaining somewhat abstract, unless we cultivate an ecclesial praxis that expresses the concreteness of synodality at every step of our journey and activity, encouraging real involvement on the part of each and all” [9]. These words of the Holy Father help us place participation in relation to the other two themes. Participation adds anthropological density to the concrete character of the procedural dimension. It expresses concern for the flourishing of human beings, that is, the humanising of relationships at the heart of the project of communion and the commitment to mission. It safeguards the uniqueness of each person’s face, urging that the transition to the “we” does not absorb the “I” into the anonymity of an indistinct collectivity. It guards against falling into the abstractness of rights or reducing persons to subservient instruments for the organization’s performance. Participation is essentially an expression of creativity, a way of nurturing the relationships of hospitality, welcome and human well-being that lie at the heart of mission and communion.

57. From the vision of integral participation presented above emerges the third priority also addressed at the meetings of the continental stage: the question of authority, its meaning and the style of its exercise within a synodal Church. In particular, does authority arise as a form of power derived from the models offered by the world, or is it rooted in service? “It will not be so among you” (Mt 20:26; cf. Mk 10:43), says the Lord, who after washing the disciples’ feet admonishes them: “For I have set you an example, that you also should do as I have done to you” (Jn 13:15). In its origin, the term “authority” indicates the capacity to enable others to grow, and therefore it is a service to the uniqueness of each person, supporting creativity rather than being a form of control that blocks it, and a service to the creation of personal freedom and not a binding that restrains it. Linked to this question is a second one, charged with the concern for concreteness and continuity over time: how can we imbue our structures and institutions with the dynamism of the missionary synodal Church?

58. From this focus derives a further, equally concrete, theme which aims precisely at sustaining the dynamic of participation over time. The theme of formation appears across all the documents of the first phase. As repeatedly emphasized in the reports of Continental Assemblies and, before them the reports of the local Churches, institutions and structures alone are not enough to make the Church synodal. A synodal culture and spirituality are needed animated by a desire for conversion and sustained by adequate formation. The need for formation is not limited to the updating of content, but has an integral scope, affecting all the abilities and dispositions of the person, including mission orientation, the ability to relate and build community, willingness to listen spiritually, and familiarity with personal and community discernment. Also necessary are patience, perseverance, confidence and freedom in speaking the truth (parrhesia).

59. Formation is the indispensable means to make the synodal way of proceeding a pastoral model for the Church’s life and action. We need integral formation, initial and ongoing, for all members of the People of God. No Baptised person can feel extraneous to this commitment and it is therefore necessary to structure adequate proposals for formation in the synodal way addressed to all the Faithful. In particular, then, the more one is called to serve the Church, the more one must feel the urgency of formation: Bishops, Priests, Deacons, Consecrated men and women, and all those who exercise a ministry need formation to renew the ways of exercising authority and decision-making processes in a synodal key, and to learn how to accompany community discernment and conversation in the Spirit. Candidates for ordained Ministry must be trained in a synodal style and mentality. The promotion of a culture of synodality implies the renewal of the current seminary curriculum and the formation of teachers and professors of theology, so that there is a clearer and more decisive orientation towards formation for a life of communion, mission and participation. Formation for a more genuinely synodal spirituality is at the heart of the renewal of the Church.

60. Numerous contributions highlight the need for a similar effort to renew the language used by the Church in its liturgy, preaching, catechesis, sacred art, as well as in all forms of communication addressed to the Faithful and the wider public, including through new or traditional forms of media. Without demeaning or debasing the depth of the mystery that the Church proclaims or the richness of its tradition, the renewal of language must instead aim to make these riches accessible and attractive to the men and women of our time, rather than an obstacle that keeps them at a distance. The inspiration of the freshness of the language of the Gospel, the capacity for inculturation that the history of the Church exhibits, and the promising experiences already underway, even in the digital environment, invite us to proceed with confidence and resolution in a task of crucial importance for the effectiveness of the proclamation of the Gospel, which is the goal to which a missionary synodal Church aspires.

Rome, 29th May, 2023

Memorial of the Blessed Virgin, Mary, Mother of the Church

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XVI ORDINARY GENERAL ASSEMBLY OF THE SYNOD OF BISHOPS

FOR A SYNODAL CHURCH:
COMMUNION, PARTICIPATION, MISSION

WORKSHEETS
FOR THE SYNODAL ASSEMBLY

(First Session – October 2023)

WORKSHEETS

FOR THE SYNODAL ASSEMBLY

Introduction

If the entire IL “is designed as a practical aid at the service of the conduct of the Synodal Assembly of October 2023 and thus for its preparation” (no. 10), this is particularly true for the Worksheets presented here. They have been prepared to facilitate discernment on the three “priorities that most strongly emerge from the work of all the continents” (no. 14), with a view to identifying the concrete steps to which we feel called by the Holy Spirit in order to grow as a synodal Church. Therefore, the presentation of the Worksheets, the explanation of their structure and the instructions for how to use them need to be contextualised within the wider work of the Assembly.

The dynamics of the Assembly

The Assembly will deal with the questions posed by the IL by alternating plenary sessions (Congregationes Generales) and group work (Circuli Minores), as foreseen by Art. 14 of EC.

In particular, the Assembly will proceed by addressing the different topics in the order in which the IL proposes them. It will begin by working on Section A, “For a Synodal Church. An integral experience” (nos. 17-42), with the aim of focusing with greater clarity on the fundamental characteristics of a synodal Church, starting from the experience of walking together lived by the People of God in these two years and gathered in the documents produced during the first phase through to the discernment of the Pastors. The Assembly is asked to conduct its work in an integral manner considering the experience of the People of God as a whole in all its complexity.

The Assembly will then proceed to address the three priority issues that emerged from the consultation phase as presented in Section B of the IL (nos. 43-60). Each of these priorities is the subject of one of the three parts into which Section B is divided, “in connection with the three key words of the Synod: communion, mission, participation” (no. 43). The order in which these three terms appear is inverted as explained in no. 44. This order is maintained in the Worksheets, which are also divided into three parts, each of which takes up the title of the corresponding part of Section B, thus highlighting the unifying theme:

- “B 1. A communion that radiates: How can we be more fully a sign and instrument of union with God and of the unity of all humanity?” (nos. 46-50);

- “B 2. Co-responsibility in Mission: How can we better share gifts and tasks in the service of the Gospel?” (nos. 51-55);

- “B 3. Participation, governance and authority: What processes, structures and institutions are needed in a missionary synodal Church?” (nos. 56-60).

Five Worksheets correspond to each of the three priorities, each one constituting “an entry point to the priority in question which in this way can be approached from different but complementary perspectives related to different aspects of the life of the Church that have emerged through the work of the Continental Assemblies” (no. 45).

The structuring of the work in successive steps does not reduce the dynamism that binds the two Sections. The experience of the People of God addressed with the integrating perspective of Section A continues to represent the horizon within which to place the various questions posed in Section B, which remain rooted in that experience. The Assembly will be asked to “sustain a dynamic equilibrium between maintaining an overview [...] and the identification of the steps to be taken” (no. 16). The latter gives depth to and makes concrete the former, and receive in return perspective and cohesion against the risk of dispersion in detail.

Finally, the last segment of the work of the Assembly will be dedicated to gathering the fruits of the process, that is, discerning the paths we will continue to walk together. The Assembly will consider ways to continue reading the experience of the People of God, including through promoting the necessary in-depth theological and canonical studies in preparation for the second session of the synodal Assembly in October 2024.

The Assembly will continue to use the method of conversation in the Spirit (cf. nos. 32-42) that has characterised the entire synodal process, adapting it where necessary. Through its direct experience of this method (cf. figure on p. 26), the Assembly will then be able to reflect with greater insight on ways to incorporate it more readily into the ordinary life of the Church as a shared way to discern the will of God.

How to use the Worksheets

The Worksheets are designed as a working tool to address the three priority issues set out in Section B during the October 2023 Assembly. They are, therefore, not chapters of a book to be read in succession, nor are they short and more or less complete essays on a topic. They are “to be done” and not “to be read” in the sense that they offer an outline for prayer and personal reflection in preparation for group and plenary discussion. Similarly, they can be used for in-depth thematic meetings in a synodal style at all levels of Church life. They are not meant to be dealt with in succession: each should be kept together with the part of Section B of the IL to which it corresponds but can be dealt with independently of all the others.

All the Worksheets follow the same structure: they begin with a brief contextualisation of the question given in the title, each framed by what emerged in the first phase. They then present a question for discernment. Finally, they offer some insights, which outline various perspectives (theological, pastoral, canonical, etc.), dimensions and levels (Parish, Diocese, etc.). Above all, they recall the particularity of the faces of the members of the People of God, their charisms and ministries, and the questions they expressed during the listening phase. The plenty of each Worksheet’s stimuli results from seeking to remain faithful to the richness and variety of the material gathered from the consultation, but they are not meant to be considered as a questionnaire which requires an answer to every question. Some insights will prove particularly stimulating in certain regions of the world, others in different regions. Each person is invited to choose the ones that they feel best enable the riches of their own Church context to be shared with others. This will be their contribution to the common task.

Each Worksheet focuses on the topic indicated by the title, taking for granted the frame of reference represented by the IL, whose contents are neither repeated nor explicitly cited in each instance. However, they represent the basis for the work, together with all the documents produced during the consultation phase: “In preparation for the Assembly, the Members of the Synod are asked to keep in mind the previous documents, in particular, the DCS and the Final Documents of the Continental Assemblies of the different continents, as well as the report of the Digital Synod and to use them as tools for their own discernment” (no. 9). It is therefore not a question of starting from scratch, but of continuing a journey already underway. For this reason, as well as for obvious reasons of space, the Worksheets do not offer a systematic treatment of each topic, nor do they address matters in depth. The fact that the synodal process has highlighted some points as priorities does not mean that other issues are less important. On the basis of the consultation of the People of God, the questions proposed in the Worksheets represent points of entry to address the basic question that drives and guides the entire process: “How does this ‘journeying together,’ which takes place today on different levels (from the local level to the universal one), allow the Church to proclaim the Gospel in accordance with the mission entrusted to Her; and what steps does the Spirit invite us to take in order to grow as a synodal Church?” (PD 2).

There are obvious points of contact and some overlaps between the Worksheets. This is not a matter of repetition. In drafting, it was understood that the Worksheets are designed to be used independently of each other. Moreover, this highlights the rich network of interconnections between the topics covered.

Some of the questions that emerged from the consultation of the People of God concern issues on which there is already magisterial and theological teaching to be considered. To give just two examples, we can note the acceptance of remarried divorcees, dealt with in the Post-Synodal Apostolic Exhortation Amoris laetitia, or the inculturation of the liturgy, the subject of the Instruction Varietates legitimae (1994) of the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments. The fact that questions continue to emerge on issues like these should not be hastily dismissed, rather, it calls for discernment, and the Synodal Assembly is a privileged forum for so doing. In particular, the obstacles, real or perceived, that have prevented the steps indicated by previous documents from being realised should be considered and reflections offered on how they can be removed. For example, if the block stems from a general lack of information, then improved communication will be needed. If, on the other hand, the problem stems from the difficulty of grasping the implications of the documents in ordinary situations or an inability of persons to recognise themselves in what is proposed, a synodal journey of effective reception by the People of God could be the appropriate response. Another instance could be the reappearance of a question which emerges as a sign of a changed reality or situations where there is a need for an “overflow” of Grace. This requires further reflection on the Deposit of Faith and the living Tradition of the Church.

It will be difficult for the work of the first session of the XVI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops to produce conclusive guidelines on many of these topics. This is why the Holy Father has decided that the Synodal Assembly will be held in two sessions. The main objective of the first session will be to outline paths of in-depth study to be carried out in a synodal style, indicating the relevant actors to be involved and ways to ensure a fruitful process in service to the discernment to be completed in the second session in October 2024. Proposals on how we can grow as a synodal Church will then be presented to the Holy Father.

B 1. ACommunion that radiates

How can we be more fully a sign and instrument
of union with God and of the unity of all humanity?

B 1.1 How does the service of charity and commitment to justice and care for our common home nourish communion in a synodal Church?

The Continental Assemblies indicate various directions for our growth as a missionary synodal Church:

a) In a synodal Church, the poor, in the primary sense of those living in conditions of material poverty and social exclusion, occupy a central place. They are recipients of care, but above all, they are bearers of Good News that the whole community needs to hear. The Church has something to learn and receive from them (cf. Lk 6:20, EG 198). A synodal Church recognises and values their central role.

b) Caring for our common home calls for shared action. The solution to many problems, such as climate change, calls for the commitment of the whole human family. Working together to care for our common home already provides a context for encounter and collaboration with members of other Churches and ecclesial Communities, with believers of other religions and with people of goodwill. This commitment requires us to act simultaneously on a plurality of levels: catechesis and pastoral work, promotion of better lifestyles, and management of the Church’s assets (real estate and financial).

c) Migratory movements are a sign of our time, and “migrants are a ‘paradigm’ able to shed light on our times”[10]. Their presence constitutes a particular call to the Catholic Faithful to walk together. They represent an invitation to create links with Churches in the migrants’ countries of origin, representing also a chance to experience the variety of the Church, including importantly through the diaspora of the Eastern Catholic Churches.

d) A synodal Church can offer a prophetic witness to a fragmented and polarised world, especially when its members are committed to walking together with others for the building of the common good. In places marked by deep conflict, this requires the ability to be agents of reconciliation and artisans of peace.

e) “Each individual Christian and every community is called to be an instrument of God for the liberation and promotion of the poor” (EG 187). This implies a willingness to take a stand alongside the most marginalised in public debate, lending a voice to their cause and denouncing situations of injustice and discrimination whilst seeking to avoid complicity with those responsible for injustice.

Question for discernment

Walking together means not leaving anyone behind and remaining alongside those who struggle the most. How are we building a synodal Church capable of promoting the belonging and participation of the least within the Church and in society?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) Works of justice and mercy are a form of participation in Christ’s mission. Every Baptised person is therefore called to engage in this area. How can this awareness be awakened, cultivated and strengthened in Christian communities?

2) The inequalities that mark the contemporary world are also present in the Church, separating, for example, the Churches of rich and poor countries and the communities of the richest and poorest areas of the same country. How can we overcome these inequalities, walking together as local Churches so that we experience a genuine sharing of gifts?

3) Along the synodal path, what efforts have been made to welcome the voice of the poorest and to integrate their contribution? What have we learned about how to support the belonging and participation of the most marginalised? What needs to happen to enable their greater involvement in our walking together and how do we let their voices question our way of doing things when it is insufficiently inclusive of them?

4) How can welcoming migrants become an opportunity to walk with people from another culture, especially when we share the same faith? What provision is made for migrant communities in local pastoral care? How is the diaspora of the Eastern Catholic Churches valued and how can their presence become an opportunity to experience unity in diversity? How can links be created between the Churches in countries of departure and arrival?

5) Does the Christian community know how to accompany society as a whole in building the common good, or does it seek to defend only its own vested interests? Is the Christian community able to bear witness to the possibility of concord beyond political polarisations? How does it equip itself through prayer and formation for these tasks? Working for the common good requires forming alliances and coalitions. What criteria of discernment should we use? How does the community accompany its members who are engaged in politics?

6) What experience do we have of walking together with others beyond the Catholic Church (individuals, groups and movements) in care for our common home? What have we learnt? What progress is being made to coordinate the different levels of action necessary for effective care of our common home?

7) Walking together with the poor and marginalised requires a willingness to listen. Should the Church recognise a specific ministry of listening and accompaniment for those who take on this service? How can a synodal Church form and support those offering such accompaniment? How can we give ecclesial recognition to those bearing an authentic vocation to contribute to a just society and care for our common home?

B 1.2 How can a synodal Church make credible the promise that “love and truth will meet” (Ps 85:11)?

Understanding the real and concrete meaning of the Christian call to encounter the Lord through welcome and accompaniment emerged as a core concern during the first phase of the synodal journey.

The DCS chose the biblical image of a widening tent (cf. Is 54:2) to express the call to be a simultaneously well-rooted and open community. The Continental Assemblies, speaking from their diverse contexts, proposed other resonant images that capture the dimension of the welcome core to the Church’s mission. Asia offered the image of the person who takes off his or her shoes to cross the threshold as a sign of the humility with which we prepare to meet God and our neighbour. Oceania proposed the image of the boat and Africa suggested the image of the Church as the family of God, capable of offering belonging and welcome to all its members in all their variety.

In this diversity, we can trace a unity of purpose. Everywhere the Church is searching for ways to renew its mission to be a welcoming and hospitable community, to encounter Christ in those it welcomes and to be a sign of his presence and a credible proclamation of the Gospel in the lives of all. There is a profound need to imitate the Lord and Master in the ability to live out a seeming paradox: “boldly proclaiming its authentic teaching while at the same time offering a witness of radical inclusion and acceptance” (DCS 30).

On this point, the synodal path has been an opportunity to engage in a profound encounter, with humility and sincerity. It has surprised some to discover that the synodal style allows the questions that arise from this encounter to be placed in a missionary perspective. These encounters did not lead to paralysis but nourished the hope that the Synod will be a catalyst for this renewal of mission and will prompt us to mend the relational fabric of the Church.

The desire to offer genuine welcome is a sentiment expressed by synod participants across diverse contexts:

a) the final documents of the Continental Assemblies often mention those who do not feel accepted in the Church, such as the divorced and remarried, people in polygamous marriages, or LGBTQ+ Catholics;

b) they also note how racial, tribal, ethnic, class or caste-based discrimination, also present in the People of God, leads some to feel less important or welcome in the community;

c) there are widespread reports of a variety of practical and cultural barriers that exclude persons with disabilities, which must be overcome;

d) concern also emerges that the poorest to whom the Good News is primarily addressed are too often on the margins of Christian communities (for example, migrants and refugees, street children, homeless persons, victims of human trafficking, and others);

e) the documents of the Continental Assemblies note that it is necessary to maintain the link between synodal conversion and care for survivors of abuse and those marginalised within the Church. The Continental Assemblies place great emphasis on learning to exercise justice as a form of care for those who have been wounded by members of the Church, especially victims and survivors of all forms of abuse.

f) listening to the most neglected voices is identified as the way to grow in the love and justice to which the Gospel calls us.

Question for discernment

What steps can a synodal Church take to imitate ever more closely its Master and Lord, who walks with all in unconditional love and proclaims the fullness of the Gospel truth?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) What is the attitude with which we approach the world? Do we know to recognise what is good and, at the same time, commit ourselves to prophetically denounce all that violates the dignity of persons, human communities and creation?

2) How can we speak in a prophetic voice to expose what is evil without further fragmenting our communities? How can we become a Church that deals honestly with its conflicts and is not afraid to safeguard spaces for disagreement?

3) How can we restore proximity and caring relationships as the core of the Church’s mission, “walking with people instead of talking about them or solely at them”?

4) In the spirit of the Post-Synodal Apostolic Exhortation Christus Vivit, how can we walk together with young people? How can a “preferential option for young people” be at the centre of our pastoral strategies and synodal life?

5) How can we continue to take meaningful and concrete steps to offer justice to victims and survivors of sexual abuse and spiritual, economic, power and conscience abuse by persons who were carrying out a ministry or ecclesial responsibility?

6) How can we create spaces where those who feel hurt by the Church and unwelcomed by the community feel recognised, received, free to ask questions and not judged? In the light of the Post-Synodal Apostolic Exhortation Amoris Laetitia, what concrete steps are needed to welcome those who feel excluded from the Church because of their status or sexuality (for example, remarried divorcees, people in polygamous marriages, LGBTQ+ people, etc.)?

7) How can we be more open and welcoming towards migrants and refugees, ethnic and cultural minorities, and indigenous communities who have long been part of the Church but are often on the margins? How can the Church better embrace their presence as a gift?

8) What physical and cultural barriers do we need to break down so that people with disabilities can feel that they are full members of the community?

9) How can we enhance the contribution of older people to the life of the Christian community and society?

B 1.3 How can a dynamic relationship of gift exchange between the Churches grow?

The communion to which the Church is called is a dynamic relationship of gift exchange, which bears witness to a transcendent unity in diversity. One of the most significant gifts of the synodal journey so far is the rediscovery of the richness of our diversity and depth of our interconnectedness. Diversity and interconnectedness do not threaten but rather provide the context for a more profound reception of our unity of creation, calling and destiny.

The synod process has been experienced in a lively and enthusiastic manner at the local level of the Church, especially when there have been opportunities for conversation in the Spirit. The DCS has sought to capture this vitality while emphasising the extraordinary convergence of issues and themes that have emerged across contexts. During the Continental Assemblies, aspects of the life of the Church in very different contexts were discovered as a precious gift. At the same time, continents entered into a deeper relationship with the diversity that characterises their various regions. These include differences between neighbours within continents as well as diverse expressions of catholicity in places where Latin and Eastern Catholic Churches share the same territory, often as a result of waves of Catholic migration and the formation of communities in diaspora. As one Continental Assembly observed, we have experienced ourselves very concretely as “communities of communities”, noting the gifts and tensions this can generate.

These encounters have led to shared observations and clear requests:

a) It is desired that we might better hear and recognise the different traditions of specific regions and Churches in an ecclesial and theological conversation often dominated by Latin/Western voices. The dignity of the Baptised is recognised as a key point in many contexts, similarly for many members of Eastern Catholic Churches in particular, the Paschal Mystery celebrated in the Sacraments of Christian Initiation remains the focus of reflection on Christian identity and the synodal Church.

b) the Eastern Catholic Churches have a long and distinguished experience of synodality, shared with the Orthodox Churches, a tradition they wish attention to be given to in the discussions and discernment of this synodal process.

c) likewise, there are specific and particular realities that Eastern Christians in diaspora face in new contexts, together with their Orthodox brothers and sisters. It is desired that the Eastern Catholic Churches in the diaspora are able to preserve their identity and be recognised as more than ethnic communities, i.e. as Churches sui iuris with rich spiritual, theological and liturgical traditions that contribute to the mission of the Church today in a global context.

Question for discernment

How can each local Church, the subject of mission in its context, enhance, promote and integrate the exchange of gifts with the other local Churches within the horizon of the one Catholic Church? How can the local Churches be helped to promote the catholicity of the Church in a harmonious relationship between unity and diversity, preserving the specificity of each one?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) How do we increase awareness that the Church, both one and catholic, is already, and has been from the beginning, the bearer of a rich and multiform diversity

2) By what gestures could all local Churches show hospitality towards each other to benefit from the mutual exchange of ecclesial gifts and manifest ecclesial communion in the areas of liturgy, spirituality, pastoral care and theological reflection? In particular, how can we facilitate an exchange of experiences and visions of synodality between the Eastern Catholic Churches and the Latin Church?

3) How could the Latin Church develop greater openness to the spiritual, theological, and liturgical traditions of the Eastern Catholic Churches?

4) How can the Oriental Catholic Churches in diaspora preserve their identity and be recognised as more than just ethnic communities?

5) Some Churches live in very precarious situations. How can the other Churches take on their suffering and provide for their needs, putting into practice the teachings of the Apostle Paul who asked the communities in Greece to generously support the Church of Jerusalem: “Let your abundance make up for their neediness, so that their abundance may also make up for your neediness, and so that there may be equality” (2 Cor 8:14)? What role can global institutions and those of the Holy See dedicated to the service of charity play in this regard?

6) How can we take into account and value the contributions and experiences of the local Churches in the teaching of the Magisterium and ecclesiastical norms at the universal level?

7) In an increasingly globalised and interconnected world, how to develop the fabric of relations between local Churches of the same region and also of different continents? How can increasing human mobility and thus the presence of migrant communities become an opportunity for building links between Churches and exchanging gifts? How can tensions and misunderstandings that may arise between believers of different cultures and traditions be handled constructively?

8) How can the Church’s global institutions, starting with those reporting to the Holy See and the Dicasteries of the Roman Curia, foster the circulation of gifts between the Churches?

9) How can the exchange of experiences and gifts be made active and fruitful not only between the different local Churches, but also between the different vocations, charisms and spiritualities within the People of God, including institutes of consecrated life and societies of apostolic life, lay associations and movements, and new communities? How is it possible to ensure the participation of communities of contemplative life in this exchange?

B 1.4 How can a synodal Church fulfil its mission through a renewed ecumenical commitment?

“The path of synodality, which the Catholic Church is on, is and must be ecumenical, just as the ecumenical path is synodal”[11]. Synodality is a common challenge that concerns all believers in Christ, just as ecumenism is first and foremost a common path (syn-odos) travelled together with other Christians. Synodality and ecumenism are two paths to walk together, with a common goal: a better Christian witness. This can take the form of coexistence in an “ecumenism of life” at different levels, including through inter-Church marriages, and also through the ultimate act of giving one’s life as a witness to faith in Christ in the ecumenism of martyrdom.

There are several ecumenical implications of the commitment to build a synodal Church:

a) Through one Baptism all Christians participate in the sensus fidei (supernatural sense of the faith; cf. LG 12), which is why in a synodal Church all the Baptised must be listened to attentively;

b) The ecumenical journey is an “exchange of gifts” and one of the gifts that Catholics can receive from other Christians is precisely their synodal experience (cf. EG 246). The rediscovery of synodality as a constitutive dimension of the Church is one fruit of ecumenical dialogue, especially with the Orthodox;

c) The ecumenical movement as a laboratory of synodality. In particular the methodology of dialogue and consensus-building experienced at various levels in the ecumenical movement could be a source of inspiration;

d) Synodality is part of the “continuous reform” of the Church, as it is principally through its internal reform, in which synodality plays an essential role, that the Catholic Church draws closer to other Christians (UR 4.6);

e) There is a reciprocal relationship between the synodal ordering of the Catholic Church and the credibility of its ecumenical commitment;

f) A certain synodality between the Churches is experienced whenever Christians from different communities come together in the name of Jesus Christ for common prayer, action and common witness, as well as regular consultations and participation in each other's synodal processes.

All the Final Documents of the Continental Assemblies highlight the close relationship between synodality and ecumenism, and some devote entire chapters to it. Indeed, both synodality and ecumenism are rooted in the baptismal dignity of the entire People of God. Together they invite renewed commitment to the vision of a missionary synodal Church. They are processes of listening and dialogue and invite us to grow in a communion that is not uniformity but unity in legitimate diversity. They highlight the need for a spirit of co-responsibility, since our decisions and actions at different levels affect all members of the Body of Christ. They are spiritual processes of repentance, forgiveness and reconciliation in a dialogue of conversion that can lead to a healing of memory.

Question for discernment

How can the experience and fruits of the ecumenical journey help to build a more synodal Catholic Church; how can synodality help the Catholic Church to better respond to Jesus’ prayer: “that they may all be one ... that the world may believe” (Jn 17:21)?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) This Synod is an opportunity to learn from other Churches and ecclesial Communities and to “reap what the Spirit has sown in them as a gift for us too” (EG 246). What can Catholics (re)learn from the synodal experience of other Christians and the ecumenical movement?

2) How can we promote the active participation of the whole People of God in the ecumenical movement? In particular, how can we engage the important contribution of those in consecrated life, inter-Church couples and families, young people, ecclesial movements and ecumenical communities?

3) In which areas is a “healing of memory” necessary with regard to the relationship with other Churches and ecclesial Communities? How can we build a “new memory” together?

4) How can our “walking together” with Christians of all traditions be improved? How could a common commemoration of the 1700th anniversary of the Council of Nicaea (325-2025) provide such an opportunity?

5) “The episcopal ministry of unity is closely linked to synodality”[12]. How is the Bishop, as the “visible principle and foundation of unity” (LG 23), called to promote ecumenism in a synodal manner in his local Church?

6) How can the ongoing synodal process contribute to “finding a form of exercising the primacy which, while in no way renouncing the essential nature of its mission, is open to a new situation”[13]?

7) How can the Eastern Catholic Churches help, support and stimulate the Latin Church in the common synodal and ecumenical commitment? How can the Latin Church support and promote the identity of the Eastern Catholic Faithful in the diaspora?

8) How can Pope Francis’ ecumenical motto “Walk together, work together, pray together”[14] inspire a renewed commitment to Christian unity in a synodal manner?

B 1.5 How can we recognise and gather the richness of cultures and develop dialogue amongst religions in the light of the Gospel?

Listening to people requires knowing how to listen to the cultures in which they are embedded, in the knowledge that every culture remains in continuous evolution. A synodal Church needs to learn how to better articulate the Gospel within local cultures and contexts, through a discernment that proceeds from the assurance that the Spirit gives the Church such a breadth that it can welcome any culture without exception. Proof of this is the fact that the local Churches are already characterised by great diversity, which is a blessing. Within them different nationalities and ethnic groups and believers from Eastern and Western traditions coexist. This richness is not always easy to live with and can become a source of division and conflict.

In addition, our own time is marked by the overwhelming pervasiveness of a new culture, that of digital environments and new media. As the Digital Synod initiative shows, the Church is already present there through the activity of many Christians, especially the young. However, what continues to be lacking is a fuller awareness of the potential this environment offers for evangelisation or a reflection, particularly in anthropological terms, on the challenges it poses.

In the work of the preparatory phase, various tensions emerged. These need not overwhelm us but can be engaged as sources of dynamism:

a) in the relationship between the Gospel and local cultures, with different experiences and positions. Some see the adoption of the traditions of the universal Church as an imposition on local cultures or even a form of colonialism. Others believe that the Spirit acts in every culture, making it already capable of giving expression to the truths of the Christian faith. Others again hold that Christians cannot adopt or adapt pre-Christian cultural practices.

b) in the relationship between Christianity and other religions. While there are very fruitful experiences of dialogue and engagement with believers of other religions, in some regions difficulties, limitations, and indications of mistrust emerge and even conflict and direct or indirect persecution. The Church wishes to build bridges for the promotion of peace, reconciliation, justice and freedom, but there are also situations that require us to exercise great patience and hope that things can change;

c) in the relationship between the Church, on the one hand, and Western culture and forms of cultural colonisation, on the other. There are forces at work in the world that oppose the mission of the Church, based on philosophical, economic and political ideologies that are founded on assumptions that inimical to the faith. Not everyone perceives these tensions in the same way, for example, with regard to the phenomenon of secularisation, which some see as a threat and others as an opportunity. Sometimes this tension is interpreted in a reductionist way as the clash between those who desire change and those who fear it;

d) in the relationship between indigeneous communities and Western models of missionary action. Many Catholic missionaries have shown great dedication and generosity in sharing their faith, but in some cases, their actions have hindered the possibility of local cultures offering their original contribution to the building up of the Church;

e) in the relationship between the Christian community and young people, many of whom feel excluded by the language adopted in Church contexts, which can seem incomprehensible to them.

These tensions must first be addressed through discernment at the local level, and there are no pre-packaged solutions. The Continental Assemblies have emphasised a number of personal and community dispositions that can be of help: an attitude of humility and respect; the ability to listen and promote authentic conversation in the Spirit; a readiness to change, to embrace the Paschal dynamic of death and resurrection also with respect to the concrete forms that the life of the Church takes; training in cultural discernment when local sensibilities and spirituality appear to be at odds, and in the accompaniment of people from different cultures.

Question for discernment

How can we proclaim the Gospel effectively in different contexts and cultures, in order to foster the encounter with Christ for the men and women of our time? What bonds can we establish with the adherents of other religions to build a culture of encounter and dialogue.

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) What tools do local Churches use to read the cultures in which they are embedded? How can they, in the light of the Gospel, respect and value the cultures of the different local contexts? What opportunities can they create to re-read the teachings of the Church in the light of local cultures?

2) What spaces are available for minority and migrant cultures to find expression in the local Churches?

3) Various Dioceses, Episcopal Conferences, and Continental Assemblies have expressed the wish to be able to re-articulate community life and especially the liturgy in accordance with local cultures. What synodal dynamic can we put in place to meet this desire?

4) How can formation in cultural discernment be promoted? How do we foster, educate and give recognition to the charisms and vocations of “translators”, i.e. those who help build bridges between religions, cultures and people?

5) What gestures of reconciliation and peace with other religions do we feel called to make? How do the Churches deal constructively with prejudices, tensions and conflicts? How can we bear witness to the Gospel in countries where the Church is in the minority, without weakening our witness to the faith, but without needlessly exposing Christians to threats and persecution?

6) How can the Church engage Western culture and other cultures, including within the Church, in a manner that is frank, prophetic and constructive, and avoiding all forms of colonialism?

7) For some, secularised society is a threat to be opposed, for others a fact to be accepted, and for still others a source of inspiration and an opportunity. How can the Churches remain in dialogue with the world without becoming worldly?

8) How can we create opportunities for discernment within digital environments? What forms of collaboration and what structures do we need to create for the purposes of evangelisation in an environment that lacks a territorial dimension?

B 2. Co-responsibility in Mission
How can we better share gifts and tasks in the service of the Gospel?

B 2.1 How can we walk together towards a shared awareness of the meaning and content of mission?

It is the mission of the Church to proclaim the Gospel and make Christ present, through the gift of the Spirit. This task belongs to all the Baptised (cf. EG 120): synodality is constitutively missionary and mission itself is synodal action. We are continually invited to grow in our response to this call, renewing in a synodal manner the way the Church carries out its mission. In the reflections of the Continental Assemblies, this mission articulates a multiplicity of dimensions that are to be harmonised and not opposed to each other in the integral perspective promoted by Evangelii nuntiandi and taken up by Evangelii gaudium. For example:

a) a heartfelt call for the renewal of the liturgical life of the local Church as a place of proclamation through Word and Sacrament, emphasising the quality of preaching and the language of the liturgy. The latter requires a proper balance between the Church’s unity, also expressed in the unity of its rite, and legitimate diversities, which a proper inculturation takes into account[15];

b) emphasis is placed on the desire for a Church that is poor and close to those who suffer, capable of evangelising through proximity and charity. Following in the Lord’s footsteps, this witness goes as far as martyrdom and expresses the “Samaritan” vocation of the Church. With reference to situations in which the Church causes wounds and those in which she herself is wounded, unless those involved are properly cared for, these situations become a stumbling block for the Church’s witness to God’s love and the truth of the Gospel;

c) a key to prophetically opposing new and destructive colonialisms is the opening of places of unconditional service in imitation of Christ, who came not to be served but to serve (cf. Mk 10:45). These are places where basic human needs can be met, where people feel welcomed and not judged, free to ask questions about the reasons for our hope (cf. 1 Pt 3:15), and free to leave and return. For a synodal Church, mission is always building with others rather than for others;

d) in the digital environment, the Church is discovering an opportunity for evangelisation. It recognises that building networks of relationships in this space makes it possible for people, especially young people, to experience new ways of walking together. The Digital Synod initiative draws the Church’s attention to the reality of the human being as a being who communicates, even in the media networks shaping our contemporary world.

The desire to grow in a commitment to mission is not hindered by awareness of the Christian communities’ limits nor the recognition of their failures. On the contrary, the movement to going out of oneself in faith, hope and charity is a way to address this incompleteness. However, alongside the affirmation of this desire, the Continental Assemblies also voice the lack of clarity and shared understanding of the meaning, scope and content of the Church’s mission or the criteria for articulating its diverse expressions. This hampers our walking together and can divide us. Hence a demand for new modes of formation and places of encounter and dialogue, in a synodal key, between the different perspectives, spiritualities and sensitivities that make up the richness of the Church.

Question for discernment

How prepared and equipped is the Church today to proclaim the Gospel with conviction, freedom of spirit and effectiveness? How does the perspective of a synodal Church transform the understanding of mission and enable its different dimensions to be articulated? How does the experience of accomplishing mission together enrich the understanding of synodality?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) The community’s liturgical life is the source of its mission. How can its renewal be sustained in a synodal way by enhancing ministries, charisms and vocations and offering spaces of welcome and belonging?

2) How can preaching, catechesis and pastoral work promote a shared awareness of the meaning and content of mission? How can it convey that mission constitutes a real and concrete call for every Baptised person?

3) The syntheses of the Episcopal Conferences and the Continental Assemblies repeatedly call for a “preferential option” for young people and families, which recognises them as subjects and not objects of pastoral care. How could this missionary synodal renewal of the Church take shape, including by implementing the conclusions of the Synods of 2014-15 and 2018?

4) For the vast majority of the People of God, mission is accomplished by “engaging in temporal affairs and by ordering them according to the plan of God” (LG 31; cf. also AA 2). How can we raise awareness that professional, social, and political commitment and voluntary work are areas in which mission is exercised? How can we better accompany and support those who carry out this mission, especially in hostile and challenging environments?

5) The Church’s social doctrine is often considered the prerogative of experts and theologians and disconnected from the daily life of communities. How can we encourage its re-appropriation by the People of God as a resource for mission?

6) The digital environment now shapes the life of society. How can the Church carry out its mission more effectively in this space? How should proclamation, accompaniment and care be rethought for this environment? How can we recognise those carrying out missionary commitment within it and create new formation paths for them? How can we encourage the pioneering activity of young people who are especially co-responsible for the Church’s mission in this space?

7) In many areas carrying out mission requires collaborating with a diversity of people and organisations of different inspirations, including the Faithful of other Churches and ecclesial Communities, members of other religions, and women and men of goodwill. What do we learn from “walking together” with them, and how can we better equip ourselves to do it?

B 2.2 What should be done so a synodal Church is also an ‘all ministerial’ missionary Church?

All Continental Assemblies discuss ministries in the Church, often in rich and thought-provoking terms. The synodal process offers a positive vision of ministries, placing ordained Ministry within broader ecclesial ministeriality without creating oppositions. However, the Continental Assemblies also note an urgent need to discern the emerging charisms and the appropriate forms of exercising baptismal Ministries (instituted, extraordinary and de facto) within the People of God which participates in Christ’s prophetic, priestly and royal function. This worksheet focuses on these ministries, while the relationship to ordained Ministry and the tasks of the Bishops in a synodal Church finds space in others. In particular:

a) There is a clear call to overcome a vision that reserves any active function in the Church to ordained Ministers alone (Bishops, Priests, Deacons), reducing the participation of the Baptised to a subordinated collaboration. Without diminishing appreciation for the Sacrament of Orders, ministries in a synodal horizon are understood from a ministerial conception of the entire Church. A serene reception of the Second Vatican Council emerges, with recognition of baptismal dignity as the foundation of everyone’s participation in the life of the Church. Baptismal dignity is readily linked to a common Priesthood as the root of the baptismal ministries, and the necessary relationship between common and ministerial Priesthood is reaffirmed since they are “interrelated” with each one “in its own special way” being a “participation in the one Priesthood of Christ” (LG 10).

b) it is emphasised that the most fruitful place to realise the participation of all in the Christ’s Priesthood, simultaneously valuing baptismal Ministries and the particularity of ordained Ministry, is the local Church. Here we are called to discern which charisms and ministries are useful for the good of all in a particular social, cultural and ecclesial context. There is a need to give new impetus and more incisive competence to the special participation of the Laity in evangelisation in the various spheres of social, cultural, economic and political life, assuming their own responsibilities, as well as enhancing the contribution of Consecrated men and women, with their different charisms, within the life of the local Church.

c) The experience of walking together in the local Church makes it possible to imagine new ministries at the service of a synodal Church. So often, referring to the text, vision and language of LG 10-12, the Continental Assemblies ask for greater recognition of baptismal Ministries and that this be better expressed through enacting forms of subsidiarity between the different levels of the Church. In this vein, many of these questions on baptismal Ministries could be answered through more in-depth synodal work in the local Churches, where, based on the principle of differentiated participation in the triple office (tria munera) of Christ, it is easier to keep clear the complementarity between common Priesthood and the ministerial Priesthood, thus identifying with discernment the baptismal Ministries needed by the community.

d) an all-ministerial Church is not necessarily wholly a Church of instituted Ministries. Many ministries flow legitimately from the baptismal vocation, including spontaneous ministries and other recognised ministries that are not instituted and others that, by virtue of being instituted, receive a specific formation, mission and stability. Growing as a synodal Church involves the commitment to discern together which ministries should be created or promoted in the light of the signs of the times in service to the world.

Question for discernment

How can we move towards a meaningful and effective co-responsibility in the Church, in which there is a fuller realisation of the vocations, charisms and ministries of all the Baptised in a missionary key? What can we do to ensure that a more synodal Church is also an “all ministerial Church”?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) How should we celebrate Baptism, Confirmation and the Eucharist so that they are occasions for witnessing and promoting the participation and co-responsibility of all as active subjects in the life and mission of the Church? How can we renew an understanding of ministry not limited to ordained Ministry alone?

2) How can we discern the baptismal Ministries necessary for mission in a local Church, whether instituted or not? What spaces are available for experimentation at the local level? What value should be attributed to these Ministries? Under what conditions can they be received and recognized by the entire Church?

3) What can we learn from other Churches and ecclesial Communities regarding ministeriality and ministries?

4) Co-responsibility is manifested and realised primarily in the participation of all in mission. How can the specific contribution of those bearing different charisms and vocations be enhanced so as to best serve the harmony of community commitment and ecclesial life, especially in the local Churches? These charisms and vocations may range from individual skills and competencies, including professional ones, to the foundational inspiration of congregations and Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, movements, associations, etc.

5) How can we create spaces and moments of effective participation in co-responsible mission with the Faithful who, for various reasons, are on the margins of community life but who, according to the logic of the Gospel, offer an irreplaceable contribution? (Here we include the elderly and those who are sick, people with disabilities, those living in poverty, people without access to formal education, etc.)?

6) Many people commit to building a just society and caring for our common home as a response to an authentic vocation and a life choice, foregoing better-paid and established secure professional alternatives. How can we recognise this commitment in ways that make clear that this is not only a personal act but an actualisation of the Church’s care for the world?

B 2.3 How can the Church of our time better fulfil its mission through greater recognition and promotion of the baptismal dignity of women?

In Baptism, the Christian enters into a new bond with Christ and, in Him and through Him, with all the Baptised, with all humanity and with the whole of creation. Sons and daughters of the one Father, anointed by the same Spirit, by virtue of sharing the same bond with Christ, the Baptised are given to one another as members of a single body enjoying equal dignity (cf. Gal 3:26-28). The listening phase reaffirmed the awareness of this reality, indicating that it must find ever more concrete realisation in the life of the Church, including through relationships of mutuality, reciprocity and complementarity between men and women. In particular:

a) the Continental Assemblies were unanimous in calling for attention to the experience, status and role of women, notwithstanding the different perspectives present within each continent. They celebrate the faith, participation and witness of so many Lay and Consecrated women worldwide, often present as evangelists and first teachers in the ways of faith, ministering in remote places and challenging contexts, and at the “prophetic margins”;

b) the Continental Assemblies also call for deeper reflection on the ecclesial relational failures, which are also structural failures affecting the lives of women in the Church, inviting us into a process of ongoing conversion seeking to grow more fully into that identity given us in Baptism. Priorities for the Synodal Assembly include addressing the joys and tensions, and the opportunities for conversion and renewal, in how we live relationships between men and women in the Church, and namely the relationships: between ordained Ministers, Consecrated men and women, and Lay men and women;

c) during the first phase of the Synod, questions of women’s participation and recognition, of mutually supportive relationships between men and women and the desire for a greater presence of women in positions of responsibility and governance emerged as crucial elements in the search for more synodal ways to live the Church’s mission. The women who participated in the first phase expressed a clear desire that society and the Church be places of growth, active participation and healthy belonging for all women. They ask the Church to be at their side to accompany and promote the realisation of this. A synodal Church must address these questions together, seeking responses that offer greater recognition of women’s baptismal dignity and rejection of all forms of discrimination and exclusion faced by women in the Church and society;

d) finally, the Continental Assemblies highlight the plurality of women’s experiences, points of view and perspectives and ask that this diversity be recognised in the Synodal Assembly’s work, avoiding treating women as a homogeneous group or an abstract or ideological subject of debate.

Question for discernment

What concrete steps can the Church take to renew and reform its procedures, institutional arrangements and structures to enable greater recognition and participation of women, including in governance, decision-making processes and in the taking of decisions, in a spirit of communion and with a view to mission?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) Women play a major role in transmitting the faith in families, Parishes, consecrated life, associations and movements and lay institutions, and as teachers and catechists. How can we better recognise, support, and accompany their already considerable contribution? How can we enhance it in order to learn to be an increasingly synodal Church?

2) The charisms of women are already present and at work in the Church today. What can we do to discern and support them and to learn what the Spirit wants to teach us through them?

3) All Continental Assemblies call for the issue of women’s participation in governance, decision-making, mission and ministries at all levels of the Church, to be addressed, and for this participation to be given the support of appropriate structures so that this does not remain just a general aspiration.

a) How can women be included in these areas in greater numbers and new ways?

b) How, in consecrated life, can women be better represented in the Church’s governance and decision-making processes, better protected from abuse in all ecclesial contexts, and, where relevant, more fairly remunerated for their work?

c) How can women contribute to governance, helping to promote greater accountability and transparency and strengthen trust in the Church?

d) How can we deepen reflection on women’s contribution to theological reflection and the accompaniment of communities? How can we give space and recognition to this contribution in the formal processes of discernment at every level of the Church?

e) What new ministries could be created to provide the means and opportunities for women’s effective participation in discernment and decision-making bodies? How can co-responsibility in decision-making processes be increased between lay and consecrated women and clergy in remote places and in challenging social contexts where women are frequently the main agents of pastoral care and evangelisation? The contributions received during the first phase note that tensions with the ordained Ministers arise where the dynamics of co-responsibility and shared decision-making processes are absent.

4) Most of the Continental Assemblies and the syntheses of several Episcopal Conferences call for the question of women’s inclusion in the diaconate to be considered. Is it possible to envisage this, and in what way?

5) How can men and women better cooperate in pastoral ministry and exercising related responsibilities?

B 2.4 How can we properly value ordained Ministry in its relationship with baptismal Ministries in a missionary perspective?

The Final Documents of the Continental Assemblies express a strong desire for the Synod to reflect on the relationship between ordained and baptismal Ministries, emphasising the difficulty of doing so in the ordinary life of communities. In the light of the teaching of Vatican II, the synodal process offers a valuable opportunity to focus on the relationship between the exercise of baptismal dignity (in the wealth of vocations, charisms and ministries rooted in Baptism) and the ordained Ministry, seen as a gift and an inalienable task at the service of the People of God. In particular:

a) In the footsteps of the Second Vatican Council, the necessary relationship between the common Priesthood and the ministerial Priesthood is reaffirmed. They are “interrelated” because each one “in its own special way is a participation in the one Priesthood of Christ” (LG 10). There is no opposition or competition or ground for claims between the two. Their complementarity should be recognised;

b) The Continental Assemblies express a clear appreciation for the gift of the ministerial Priesthood and, at the same time, a deep desire for its renewal in a synodal perspective. They also point out the difficulty of involving some Priests in the synodal process and note the widespread concern for instances where Priests struggle to face the challenges of our time, are far from the life and needs of the people or are focused on the liturgical-sacramental sphere only. They also express concern for the loneliness experienced by many Priests and emphasise their need for care, friendship and support;

c) Vatican Council II teaches that “the divinely established ecclesiastical ministry is exercised on different levels by those who from antiquity have been called Bishops, Priests and Deacons” (LG 28). From the Continental Assemblies emerges the request that the ordained Ministry, in the diversity of tasks, be for all a living witness of communion and service in the logic of evangelical gratuity. They also express the desire for Bishops, Priests and Deacons to exercise their ministry of guidance and unity in a synodal style. This included specific aspirations to recognise and enhance the gifts and charisms present in the community, to encourage and accompany processes for the communal embrace of mission, and to seek decisions in line with the Gospel and through listening to the Holy Spirit. Also requested is a renewal of seminary programmes so as to be more synodally oriented and more in contact with the whole People of God;

d) In reflecting on ordained Ministry at the service of the baptismal life, the first phase of the Synod presents clericalism as a force that isolates, separates and thus weakens and dissipates the energies of a healthy and wholly ministerial Church. It indicates that formation is the privileged way to overcome it effectively. Clericalism is not viewed as the prerogative of ordained Ministers alone but is present in different ways in all the components of the People of God;

e) Many regions report that trust in ordained Ministers, in those who perform ecclesial duties, in ecclesial institutions and the Church as a whole has been undermined by the consequences of the “scandal of abuse by members of the clergy or by people holding ecclesial office: first and foremost, abuse of minors and vulnerable persons, but also abuse of other kinds (spiritual, sexual, economic, of authority, of conscience). This is an open wound that continues to inflict pain on victims and survivors, on their families, and on their communities” (DCS, no. 20).

Question for discernment

How can we promote in the Church both a culture and concrete forms of co-responsibility such that the relationship between baptismal Ministries and ordained Ministry is fruitful? If the Church is wholly ministerial, how can we understand the specific gifts of ordained Ministers within the one People of God from a missionary perspective?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) How does the ministry of Priests, “consecrated to preach the Gospel, shepherd the faithful and celebrate divine worship” (LG 28), relate to baptismal Ministries? How does the triple office of the ordained Ministry relate to the Church as a prophetic, priestly and royal People?

2) In the local Church Priests with their Bishops “constitute one Priesthood” (LG 28). How can we help strengthen this unity between the Bishop and his Priests for more effective service to the People of God entrusted to the Bishop’s care?

3) The Church is enriched by the ministry of so many Priests who belong to Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life. How can their ministry, characterised by the charism of the Institute to which they belong, promote a more synodal Church?

4) How is the ministry of the permanent diaconate to be understood within a missionary synodal Church?

5) What guidelines could be adopted for the reform of seminary curricula and teaching programmes in colleges and schools of theology in order to promote the synodal character of the Church? How can the formation of Priests engage more closely with the life and pastoral realities of the People of God they are called to serve?

6) What paths of formation should be adopted in the Church to foster an understanding of ministeries that is not reduced to ordained Ministry but at the same time enhances it?

7) Can we discern together how a clerical mindset, whether in Clergy or Laity, inhibits the full expression of both the vocation of ordained Ministries in the Church as well as that of other members of the People of God? How can we find ways to overcome this together?

8) Can Lay people perform the role of community leaders, particularly in places where the number of ordained Ministers is very low? What implications does this have for the understanding of ordained Ministry?

9) As some continents propose, could a reflection be opened concerning the discipline on access to the Priesthood for married men, at least in some areas?

10) How can an understanding of ordained Ministry and the formation of candidates that is more rooted in the vision of the missionary synodal Church contribute to efforts to prevent the recurrence of sexual abuse and other forms of abuse?

B 2.5 How can we renew and promote the Bishop’s ministry from a missionary synodal perspective?

The ministry of the Bishop is rooted in Scripture and has developed in Tradition in faithfulness to the will of Christ. Faithful to this tradition, the Second Vatican Council proposed a rich teaching on the episcopacy “The Bishops, the successors of the Apostles, who along with the successor of Peter, the vicar of Christ and visible head of the whole Church, govern the house of the living God” (LG 18). The chapter of Lumen gentium on the hierarchical constitution of the Church affirms the sacramentality of the episcopate. On this basis it develops the theme of collegiality (LG 22/23) and of episcopal ministry as the exercise of the three offices (tria munera, LG 24-27). The Synod of Bishops was subsequently established as body that would enable the Bishops to participate with the Bishop of Rome in care for the whole Church. The invitation to live the synodal dimension with greater intensity calls for a renewed deepening of the episcopal ministry in order to place it more solidly in a synodal framework. In particular:

a) the College of Bishops, together with the Roman Pontiff who is its head and never without him, is subject of “supreme and full power over the universal Church” (LG 22). This College participates in the synodal process when each Bishop initiates, guides and concludes the consultation of the People of God entrusted to him and when assembled Bishops exercise the charism of discernment in various assemblies: Synods or Councils of Hierarchs of the Eastern Catholic Churches, Episcopal Conferences, in continental Assemblies, and especially in the Synodal Assembly;

b) To the Bishops, successors of the Apostles, who have undertaken “the service of the community, presiding in the place of God over the flock whose shepherds they are” (LG 20), the Continental Assemblies ask for a synodal conversion. If Vatican II recalls that the “duty which the Lord committed to the shepherds of his people is a true service” (LG 24), the synodal process asks them to live a radical trust in the action of the Spirit in the life of their communities, without fear that the participation of everyone need be a threat to their ministry of community leadership. Rather, it urges them to truly be a principle of unity in their Church, calling all (Priests and Deacons, Consecrated men and women, Lay men and women) to walk together as the People of God and promoting a synodal style of Church;

c) The consultation of the People of God has highlighted how becoming a more synodal Church also implies a broader involvement of all in discernment, which requires a rethinking of decision-making processes. Consequently, there is need for adequate governance structures which respond to the demand for greater transparency and accountability, which will impact the way the Bishop’s ministry is exercised. This has also brought to the fore resistance, fear and a sense of disorientation. In particular, while some call for greater involvement of all the Faithful and thus a “less exclusive” exercise of the Bishops’ role, others have expressed doubts and fear the risk of drift if left to the processes of political democracy;

d) There is an equally strong awareness that all authority in the Church proceeds from Christ and is guided by the Holy Spirit. A diversity of charisms without authority becomes anarchy, just as the rigour of authority without the richness of charisms, ministries and vocations becomes dictatorship. The Church is, at the same time, synodal and hierarchical, which is why a synodal exercise of episcopal authority suggests one that accompanies and safeguards unity. Episcopal ministry is properly reconceived and realised through the practice of synodality, which brings into unity the diverse gifts, charisms, ministries and vocations to which the Spirit gives rise in the Church;

e) To proceed with the renewal of the episcopal ministry within a more fully synodal Church requires cultural and structural changes, a lot of mutual trust and above all, trust in the Lord’s guidance. This is why the Continental Assemblies hope that the dynamic of conversation in the Spirit can enter into the daily life of the Church and animate meetings, councils, and decision-making bodies, favouring the building of a sense of mutual trust and the formation of an effective consensus;

f) The ministry of the Bishop also includes belonging to the college of Bishops and consequently exercising co-responsibility for the whole Church. This exercise is also part of the perspective of the synodal Church, “in the spirit of a ‘healthy decentralization’”, with a view “to leave to the competence of Bishops the authority to resolve, in the exercise of ‘their proper task as teachers’ and Pastors, those issues with which they are familiar and that do not affect the Church’s unity of doctrine, discipline and communion, always acting with that spirit of co-responsibility which is the fruit and expression of the specific mysterium communionis that is the Church” (PE II,2; cf. EG 16; DV 7).

Question for discernment

How do we understand the vocation and mission of the Bishop in a synodal missionary perspective? What renewal of the vision and exercise of episcopal ministry is needed for a synodal Church characterised by co-responsibility?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) “[B]ishops in an eminent and visible way sustain the roles of Christ Himself as Teacher, Shepherd and High Priest” (LG 21). What relationship does this ministry have with that of the Presbyters, “consecrated to preach the Gospel and shepherd the faithful and to celebrate divine worship” (LG 28)? What relationship does this triple office of ordained Ministers have with the Church as a prophetic, priestly and royal People?

2) How does the exercise of the episcopal ministry solicit consultation, collaboration, and participation in the decision-making processes of the People of God?

3) On the basis of what criteria can a Bishop evaluate himself and be evaluated in the performance of his service in a synodal style?

4) When might a Bishop feel obliged to take a decision that differs from the considered advice offered by the consultative bodies? What would be the basis for such a decision?

5) What is the nature of the relationship between the “supernatural sense of the faith” (cf. LG 12) and the Bishop’s magisterial service? How can we better understand and articulate the relationship between the synodal Church and the Bishop’s ministry? Should Bishops discern together with or separately from the other members of the People of God? Do both options (together and separately) have a place in a synodal Church?

6) How can we ensure the care and balance of the three offices (sanctifying, teaching, governing) in the life and ministry of the Bishop? To what extent do current models of episcopal life and ministry enable the Bishop to be a person of prayer, a teacher of the faith, and a wise and effective administrator, and keep the three roles in creative and missionary tension? How can the profile of the Bishop and the discernment process be revised to identify candidates in a synodal perspective?

7) How should the role of the Bishop of Rome and the exercise of his primacy evolve in a synodal Church?

B 3. Participation, governance and authority

What processes, structures and institutions
are needed in a missionary synodal Church?

B 3.1 How can we renew the service of authority and the exercise of responsibility in a missionary synodal Church?

A synodal Church is called to uphold both the right of all to participate in the life and mission of the Church by virtue of Baptism, and the service of authority and exercise of responsibility that is entrusted to some. The synodal journey is an opportunity to discern the ways in which this can be done that are appropriate to our times. The first phase made it possible to gather some ideas to aid this reflection:

a) authority, responsibility and governance roles—sometimes succinctly referred to by the English term leadership—take a variety of forms within the Church. Authority in consecrated life, in movements and associations, in Church-related institutions (such as universities, foundations, schools, etc.) is different from that which derives from the Sacrament of Orders; spiritual authority linked to a charism is different from that linked to ministerial service. The differences between these forms must be safeguarded, without forgetting that they all have in common the fact that they are a service in the Church;

b) in particular, they all share the call to be configured to the example of the Master, who said of himself: “I am among you as one who serves” (Lk 22:27). “For the disciples of Jesus, yesterday, today and always, the only authority is the authority of service”[16]. These are the fundamental coordinates by which grow in the exercise of authority and responsibility, in all their forms and at all levels of Church life. It is the perspective of that missionary conversion which “aims to renew her [the Church] as a mirror of Christ’s own mission of love” (PE I, 2).

c) in this line, the documents of the first phase express some characteristics of the exercise of authority and responsibility in a missionary synodal Church: an attitude of service and not of power or control; transparency, encouragement and the flourishing of the person; a capacity for and competence of vision, discernment, inclusion, collaboration and delegation. Above all, the ability and willingness to listen is emphasised. This is why there is an insistence on the need for special formation specifically in these skills and competences for those in positions of responsibility and authority, as well as on more participatory selection procedures, especially with regard to the selection of Bishops.

d) a transparent and accountable approach is fundamental to an authentically evangelical exercise of authority and responsibility. However, it also arouses fears and resistance. That is why it is important to address, with an attitude of discernment, the most recent findings of management and leadership sciences. Moreover, conversation in the Spirit is identified as a way of managing decision-making and consensus-building that builds trust and fosters an exercise of authority appropriate to a synodal Church.

e) the Continental Assemblies also point to experiences in which power and decision-making processes have been appropriated by some in positions of authority and responsibility. They link these experiences to the culture of clericalism and the different forms of abuse (sexual, financial, spiritual and of power), which erode the credibility of the Church and compromise the effectiveness of its mission, particularly in those cultures where respect for authority is an important value.

Question for Discernment

How can authority and responsibility be understood and exercised such that it serves the participation of the whole People of God? What renewal of vision, and forms of concrete exercise of authority, responsibility and governance, are needed in order to grow as a missionary synodal Church?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) Is the teaching of the Second Vatican Council concerning the participation of all in the life and mission of the Church effectively incorporated into the consciousness and practice of the local Churches, particularly by Pastors and those who exercise functions of responsibility? What can foster a more profound awareness and appreciation of this teaching in the fulfilment of the Church’s mission?

2) In the Church there are roles of authority and responsibility not linked to the Sacrament of Orders, which are exercised at the service of communion and mission in Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, in associations and lay movements, in ecclesial movements and new communities, etc. How can these forms of authority be appropriately promoted and how can they be exercised in relationship with the ministerial authority of the Pastors within a synodal Church?

3) What elements are necessary in forming Church leaders for the exercise of authority? How can formation in the method of authentic and insightful conversation in the Spirit be encouraged?

4) How can seminaries and houses of formation be reformed so that they form candidates for ordained Ministry who will develop a manner of exercising authority that is appropriate to a synodal Church? How should the Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis and its related documents be rethought at the national level? How should curricula in theology schools be reoriented?

5) What forms of clericalism persist in the Christian community? A perception of distance between the lay Faithful and their Pastors persists: what can help to overcome it? What forms of exercising authority and responsibility should be superseded as they are not appropriate for a properly constituted synodal Church?

6) To what extent does the shortage of Priests in some regions provide an incentive to question the relationship between ordained Ministry, governance and the assumption of responsibilities in the Christian community?

7) What can we learn about the exercise of authority and responsibility from other Churches and ecclesial Communities?

8) In every age, the exercise of authority and responsibility within the Church is influenced by the prevailing management models and imagery of power in society. How can we become aware of this and exercise an evangelical discernment of the prevailing practices of exercising authority, in the Church and in society?

B 3.2 How can we develop discernment practices and decision-making processes in an authentically synodal manner, that respects the protagonism of the Spirit?

As a synodal Church, we are called to discern together the steps we should take to fulfil the mission of evangelisation, emphasising the right of all to participate in the life and mission of the Church and drawing forth the irreplaceable contribution of all the Baptised. Underlying all discernment is the desire to do the Lord’s will and to grow in closeness to Him through prayer, meditation on the Word and participation in sacramental life, which enables us to choose as He would choose. Regarding the place of discernment in a missionary synodal Church:

a) the Continental Assemblies express a desire for shared decision-making processes capable of integrating the contribution of the whole People of God, particularly those with relevant expertise, as well as involving those who for various reasons remain on the margins of community life, such as women, young people, minorities, the poor and the excluded. This desire is often expressed together with dissatisfaction with forms of exercising authority in which decisions are taken without consultation;

b) the Continental Assemblies also note the fears of those who see a competition between the synodal and hierarchical dimensions that are both constitutive of the Church. However, signs of the opposite are also emerging. In one example, the experience of a relevant authority taking a decision within a synodal process made the community more ready to accept its legitimacy. A second example is the growing awareness that the lack of healthy exchange within a community weakens the role of authority, sometimes reducing it to a mere assertion of power. In the third example, in a region where the number of Priests is very low, ecclesial responsibilities have been entrusted to lay Faithful who exercise them in a constructive and non-oppositional manner;

c) the widespread adoption of the method of conversation in the Spirit during the consultation phase allowed many to experience elements of community discernment and participatory consensus-building in a manner that did not hide conflicts or create polarisations;

d) those who perform tasks of governance and responsibility are called to initiate, facilitate and accompany processes of community discernment that include listening to the People of God. In particular, the Bishop’s authority has a fundamental role to play in animating and validating the synodal character of these processes and in confirming the faithfulness of the conclusions that emerge during the process. In particular, it is the responsibility of the Pastors to verify the relationship between the aspirations of their communities and the “sacred deposit of the Word of God entrusted to the Church” (DV 10), a relationship that allows those aspirations to be considered a genuine expression of the People of God’s sense of faith;

e) adopting the perspective of community discernment challenges the Church at all levels and in all its organisational forms. In addition to Parish and diocesan structures, this also concerns the decision-making processes of associations, movements and Lay-led groups, where they have recourse to institutional mechanisms that routinely involve practices such as voting. It calls into question the way in which the decision-making bodies of Church-related institutions (schools, universities, foundations, hospitals, reception and social action centres, etc.) identify and formulate operational guidelines. Finally, it challenges Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life in ways that connect the specificities of their charisms and their own constitutions (cf. DCS 81);

f) Adopting decision-making processes that make stable use of community discernment requires a conversion that is personal, communal, cultural and institutional, as well as an investment in formation.

Question for discernment

How can we imagine decision-making processes that are more participatory, which give space for listening and community discernment supported by authority understood as a service of unity?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) What space do we make in our decision-making processes to listen to the Word of God? How do we make room for the protagonism of the Holy Spirit concretely and not just in words?

2) How can conversation in the Spirit, which opens up the dynamism of community discernment, contribute to the renewal of decision-making processes in the Church? How can it be drawn more centrally into the formal life of the Church and so become an ordinary practice? What changes in canon law are needed to facilitate this?

3) How can we promote the ministry of the facilitator of community discernment processes, ensuring that those who carry it out receive adequate formation and accompaniment? How can we form ordained Ministers to accompany processes of community discernment?

4) How can we foster the participation of women, young people, minorities, and marginalised voices in discernment and decision-making processes?

5) How can a clearer account of the relationship between the entirety of the decision-making process and the specific moment of decision-taking help us to better identify the responsibilities of the different actors at each stage? How do we understand the relationship between decision-taking and discernment in common?

6) How can and must Consecrated men and women participate in the decision-making processes of the local Churches? What can we learn from their experience and their different spiritualities regarding discernment and decision-making processes? What can we learn from associations, movements and Lay-led groups?

7) How can we deal constructively with cases in which those in authority feel they cannot confirm the conclusions reached by a community discernment process, taking a decision in a different direction? What kind of restitution should that authority offer to those who participated in the process?

8) What can we learn from the ways that our societies and cultures manage participatory processes? What cultural models, where adopted by the Church, prove, by contrast, an obstacle to building a more synodal Church?

9) What can we learn and receive from the experience of other Churches and ecclesial Communities, and from that of other religions? What stimuli from indigenous, minority and oppressed cultures can help us to rethink our decision-making processes? What insights can be gained from experiences in the digital environment?

B 3.3. What structures can be developed to strengthen a missionary synodal Church?

The Continental Assemblies express a strong desire that the synodal way of proceeding, experienced in the current journey, should penetrate into the daily life of the Church at all levels, either by the renewal of existing structures—such as diocesan and Parish Pastoral Councils, Economic Affairs Councils, diocesan or eparchial Synods—or by the establishment of new ones. While not meaning to diminish the importance of renewed relationships within the People of God, work on structures is indispensable to strengthen changes over time. In particular:

a) in order not to remain merely a paper exercise or to be wholly dependent on the goodwill of individuals, co-responsibility in the mission deriving from Baptism must take on concrete structural forms. Adequate institutional frameworks are therefore necessary, along with spaces in which community discernment can be practised on a regular basis. This should not be read as a demand for a redistribution of power, but the need for the effective exercise of co-responsibility that flows from Baptism. This latter confers rights and duties on each person, which each one must be able to exercise according to his or her charisms and ministries;

b) this requires that structures and institutions function with adequate procedures that are transparent, mission-focused and open to participation; procedures that make room for women, young people, minorities, the poor and marginalised. This is true for the participatory bodies already mentioned, the role of each of which must be reaffirmed and strengthened. It is also true for: decision-making bodies of associations, movements and new communities; governing bodies of Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life (in a manner appropriate to the particular charism of each); the many and diverse institutions, often also subject to civil law, through which missionary action and the service of the Christian community is realized, such as schools, hospitals, universities, mass media, reception and social action centres, cultural centres, foundations, etc;

c) The call to reform structures, institutions and functioning mechanisms with a view to transparency is particularly strong in those contexts most marked by the abuse crisis (sexual, economic, spiritual, psychological, institutional, conscience, power, jurisdiction). Inadequate handling of abuse cases is often part of the problem, calling into question the mechanisms, procedures and overall functioning of ecclesial structures and institutions, as well as the mindset of people working within them. The search for transparency and co-responsibility also raises fears and resistance; this is why it is necessary to deepen dialogue, creating opportunities for sharing and dialogue at all levels;

d) the method of conversation in the Spirit has proven to be particularly valuable for rebuilding trust in those contexts where, for various reasons, a climate of mistrust has developed between the various members of the People of God. A journey of conversion and reform, which listens to the voice of the Spirit, demands structures and institutions capable of accompanying and supporting this journey. At the same time, however, the Continental Assemblies strongly expressed the conviction that structures alone are not enough, but that a change of mindset is also needed, hence the need to invest in formation;

e) Moreover, it also seems advisable to take action in the area of canon law by: rebalancing the relationship between the principle of authority, which is strongly affirmed in the current legislation, and the principle of participation; strengthening the synodal orientation of already existing institutions; creating new institutions, where this appears necessary for the needs of community life; supervising the effective application of current legislation.

Question for discernment

A synodal Church needs to live co-responsibility and transparency: how can this awareness form the basis for the reform of institutions, structures and procedures, so as to strengthen change over time?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) How should canonical structures and pastoral procedures change to foster co-responsibility and transparency? Are the structures we have adequate to ensure participation or do we need new ones?

2) How can Canon Law contribute to the renewal of structures and institutions? What changes seem necessary or opportune?

3) What obstacles (mental, theological, practical, organisational, financial, cultural) stand in the way of transforming the participatory bodies currently provided for in canon law into bodies of effective community discernment? What reforms are needed so that they can effectively, creatively and vibrantly support the mission? How can they be made more open to the presence and contribution of women, young people, the poor, migrants, members of minorities and those who for various reasons find themselves on the margins of community life?

4) How does the perspective of a synodal Church challenge the structures and procedures of consecrated life, the different forms of lay association, and the functioning of Church-related institutions?

5) In which areas of institutional life is there a greater need for transparency (economic and financial reporting, selection of candidates for positions of responsibility, appointments, etc.)? What tools can we use to achieve this?

6) The prospect of transparency and openness to joint consultation and discernment processes also raises fears. How do they manifest themselves? What are those who express concerns afraid of? How can these fears be addressed and overcome?

7) To what extent is it possible to distinguish between the members of an institution and the institution itself? Is the responsibility for mishandling cases of abuse individual or systemic? How can a synodal perspective contribute to creating a culture which prevents abuse of all kinds?

8) What can we learn from the way in which public institutions and public and civil law strive to respond to the need for transparency and accountability in society (separation of powers, independent supervisory bodies, obligations to make public certain procedures, limits on the duration of appointments, etc.)?

9) What can we learn from the experience of other Churches and ecclesial Communities regarding the functioning of structures and institutions in a synodal style?

B 3.4 How can we give structure to instances of synodality and collegiality that involve groupings of local churches?

The first phase of the synodal process highlighted the role played by synodal and collegial bodies that brought together various local Churches: Eastern Hierarchical Structures and, in the Latin Church, the Episcopal Conferences (cf. PE I,7). The Documents drawn up during the various stages emphasise how the consultation of the People of God in the local Churches and the subsequent stages of discernment were a true experience of listening to the Spirit through listening to one another. From this rich experience we can draw insights to help build an increasingly synodal Church:

a) the synodal process can become “a dynamism of communion that inspires all ecclesial decisions”[17] because it truly involves all subjects—the People of God, the College of Bishops, the Bishop of Rome—each according to their own function. The orderly unfolding of this synod’s stages dispelled the fear that the consultation of the People of God would lead to a weakening of the Pastors’ ministry. On the contrary, the consultation was possible because it was initiated by each Bishop, as the “visible principle and foundation of unity” (LG 23) in his Church. Subsequently, in the Eastern Hierarchical Structures and in the Episcopal Conferences, the Pastors carried out an act of collegial discernment weighing the contributions coming from the local Churches. Thus, the synodal process has promoted a real exercise of episcopal collegiality in a fully synodal Church;

b) the issue of exercising synodality and collegiality in instances involving groups of local Churches that share spiritual, liturgical and disciplinary traditions, geographical contiguity and cultural proximity, starting with the Episcopal Conferences, demands renewed theological and canonical reflection. Though these bodies, “the communio Episcoporum has found expression in service to the communio Ecclesiae grounded in the communio fidelium” (PE I,7).

c) one reason for facing this challenge emerges in Evangelii gaudium: “It is not advisable for the Pope to take the place of local Bishops in the discernment of every issue which arises in their territory. In this sense, I am conscious of the need to promote a sound ‘decentralization’” (no. 16). On the occasion of the 50th anniversary of the establishment of the Synod of Bishops, the Holy Father specified that synodality is not only exercised at the level of the local Churches and at the level of the universal Church, but also at the level of groupings of Churches, such as Provinces and Ecclesiastical Regions, Particular Councils and especially Episcopal Conferences: “We need to reflect on how better to bring about, through these bodies, intermediary instances of collegiality, perhaps by integrating and updating certain aspects of the ancient ecclesiastical organization”[18].

Question for Discernment

In light of the synodal experience so far, how can synodality find better expression in and through institutions involving groups of local Churches, such as the Synods of Bishops and the Councils of Hierarchs of the Eastern Catholic Churches, Episcopal Conferences and Continental Assemblies, so that they are seen as “subjects of specific attributions, including genuine doctrinal authority” (EG 32) in a missionary perspective?

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) The synodal dynamic of listening to the Spirit through listening to one another is the most practical and compelling way to translate episcopal collegiality into action in a fully synodal Church. Building on the experience of the synodal process:

a) how can we make listening to the People of God the ordinary and habitual way of conducting decision-making processes in the Church at all levels of its life?

b) How can we implement listening to the People of God in the local Churches? In particular, how can participatory bodies be enhanced so that they are effective places of listening and ecclesial discernment?

c) How can we re-think decision-making processes at the level of the Episcopal bodies of the Eastern Catholic Churches and Episcopal Conferences based on listening to the People of God in the local Churches?

d) How can engagement at the continental level be integrated into Canon Law?

2) Since consulting the local Churches is an effective way to listen to the People of God, the Pastors’ discernment takes on the character of a collegial act that can authoritatively confirm what the Spirit has spoken to the Church through the People of God’s sense of faith:

a) What degree of doctrinal authority can be attributed to the discernment of Episcopal Conferences? How do the Eastern Catholic Churches regulate their episcopal bodies?

b) What degree of doctrinal authority can be attributed to the discernment of a Continental Assembly? Or of the bodies that bring together Episcopal Conferences on a continental or otherwise international scale?

c) Which role does the Bishop of Rome fulfil in regards of these processes involving groupings of Churches? In which ways can he exercise it?

3) What elements of the ancient ecclesiastical order should be integrated and updated to make the Eastern Hierarchical Structures, Episcopal Conferences and Continental Assemblies effective instances of synodality and collegiality?

4) The Second Vatican Council states that the whole Church and all its parts benefit from the mutual sharing of their respective gifts (cf. LG 13):

a) What value can the deliberations of a Plenary Council, a Particular Council, a Diocesan Synod have for other Churches?

b) What insights can the Latin Church draw from the rich synodal experience of the Eastern Catholic Churches?

c) To what extent might the convergence of several groups of local Churches (Particular Councils, Episcopal Conferences, etc.) on the same issue commit the Bishop of Rome to address it at the level of the universal Church?

d) How is the service of unity entrusted to the Bishop of Rome to be exercised when local institutions may adopt different approaches? What room is there for a variety of approaches between different regions?

5) What can we learn from the experience of other Churches and ecclesial Communities concerning the groupings of local Churches for the exercise of collegiality and synodality?

B 3.5 How can the institution of the Synod be strengthened so that it is an expression of episcopal collegiality within an all-synodal Church?

With the Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15 September 1965) St. Paul VI established the Synod as “a permanent Council of Bishops for the universal Church”. He thus accepted the request of the conciliar assembly to ensure the participation of the Bishops in care for the whole Church, specifying that “this Synod […] like all human institutions, can be improved upon with the passing of time”. With the Apostolic Constitution Episcopalis communio (15 September 2018) Pope Francis contributed to this hoped-for “perfecting”, transforming the Synod from an event configured as an assembly of Bishops to a listening process unfolding in stages (cf. Art. 4), in which the whole Church and everyone in the Church—People of God, College of Bishops, Bishop of Rome—participate more fully.

a) The Synod 2021-2024 is clearly demonstrating that the synodal process is the most appropriate context for the integrated exercise of primacy, collegiality and synodality as inalienable elements of a Church in which each subject performs its particular function to the best of its ability and in synergy with others;

b) It is the responsibility of the Bishop of Rome to convene the Church in Synod, calling an Assembly for the universal Church, as well as to initiate, accompany and conclude the related synodal process. This prerogative belongs to him as the “visible principle and foundation of unity both of the bishops and of the multitude of the faithful” (LG 23);

c) Since “The individual Bishops, however, are the visible principle and foundation of unity in their particular Churches … in and from these particular Churches there exists the one unique catholic Church” (LG 23), it is the responsibility of each diocesan Bishop to initiate, accompany and conclude the consultation of the People of God in his Church. In light of the care that Bishops have for the universal Church (cf. LG 23), it is also their responsibility to cooperate in those supra-diocesan bodies that provide for the exercise of synodality and collegiality. In this way, they perform the function of ecclesial discernment proper to the episcopal ministry;

d) although these bodies do not bring together the entire College of Bishops, the discernment that Pastors carry out through them takes on a collegial character due to the very purpose of the act. Indeed, the Assemblies of Bishops within the synodal process have the task of scrutinising the results of the consultations carried out in the local Churches, in which the sense of faith of the People of God is manifested. How could a non-collegial act discern what the Spirit is saying to the Church through the consultation of the People of God who “cannot be mistaken in belief” (LG12)?;

e) The synodal experience to date has demonstrated that an effective exercise of collegiality can be developed in a synodal Church. While discernment is an act that primarily “belongs to those who preside over the Church” (LG 12), it has gained depth and relevance in relation to the issues to be examined thanks to the contribution of the People of God who took part in the Continental Assemblies.

Question for discernment

In light of the dynamic and reciprocal relationship between the Church’s synodality, episcopal collegiality and Petrine primacy, how should the institution of the Synod be perfected so that it becomes a secure and guaranteed space for the exercise of synodality that ensures the full participation of all—the People of God, the College of Bishops and the Bishop of Rome—while respecting their specific functions? How should we evaluate the experiment of extending participation to a group of non-bishops in the first session of the XVI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops? (October 2023)

Suggestions for prayer and preparatory reflection

1) The synodal process introduces into the Church “a dynamism of communion which inspires all ecclesial decisions”[19]:

a) How can this dynamism become the standard way of proceeding at all levels of Church life?

b) How does the principle of authority fit into the synodal process?

c) How does the synodal process affect our understanding of authority in the Church at different levels, including that of the Bishop of Rome?

2) The first phase of the synodal process implements a movement from the particular to the universal, with the consultation of the People of God in the local Churches and the subsequent acts of discernment first in the Eastern Hierarchical Structures and Episcopal Conferences, and then in the Continental Assemblies:

a) how can we ensure that the consultation truly captures the manifestation of the sense of faith of the People of God living in a given Church?

b) How can the Eastern Hierarchical Structures, Episcopal Conferences and Continental Assemblies strengthen the “fruitful bond between the sensus fidei of the People of God and the magisterial function of the Pastors” (PD 14)?

c) How desirable is the presence of qualified members of the People of God in the Assemblies of the Episcopal Conferences as well as in the Continental Assemblies?

d) What role might be played by ecclesial bodies permanently composed of more than just Bishops, such as the recently established Ecclesial Conference for the Amazon Region?

3) In the Assembly of Bishops convened in Rome, the second phase of the synodal path expresses the universality of the Church that listens to what the Spirit has said to the People of God:

a) How does this Episcopal Assembly fit into the synod process?

b) How does it achieve continuity with the first phase of the synodal process? Is the presence of qualified witnesses to the first phase of the synodal process sufficient to guarantee it?

c) If the Assemblies of Episcopal Conferences and Continental Assemblies carry out acts of discernment, how is this further act of discernment characterised and what value does it have?

4) The third phase involves the movement to return the results of the Synod Assembly to the local Churches for implementation: how can we help to fully realise the “mutual interiority” between the universal and local dimensions of the one Church?

______________________

[1] Henceforth, for the sake of brevity and unless otherwise specified, the expressions “Assembly” and “Synodal Assembly” refer to the October 2023 session, at the service of which this IL is intended.

[2] Francis, Address at the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops, 17 October 2015 (cf. PD 15).

[3] The expression “local Church” here indicates what the Code of canon law calls the “particular Church”.

[4] Section B will offer the reasons for the inversion of the order with respect to the subtitle of the Synod: cf. infra no. 44.

[5] Francis, Moment of reflection for the beginning of the synodal path, 9 October 2021.

[6] Francis, Address at the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops, 17 October 2015.

[7] For example, at 128, the Final Document states: “[It] is not enough to have structures, if authentic relationships are not developed within them; it is actually the quality of these relationships that evangelizes”.

[8] Cf. Congregation of the Doctrine of the Faith, Letter Iuvenescit Ecclesia, 15 May 2016, 13-18.

[9] Francis, Moment of Reflection for the beginning of the synodal journey, 9 October 2021.

[10] XV Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops. Young People, the Faith and Vocational Discernment, Final Document, 27 October 2018, 25.

[11] Francis, Address to His Holiness Mar Awa III Catholicos-Patriarch of the Assyrian Church of the East, 19 November 2022.

[12] Pontifical Council for Promoting Christian Unity, The Bishop and Christian Unity: an Ecumenical Vademecum, 5 June 2020, 4.

[13] Saint John Paul II, Encyclical Letter Ut unum sint, 25 May 1995, 95; quoted in EG 32 and EC 10.

[14] Francis, Address at the Ecumenical Prayer, WCC Ecumenical Centre (Geneva), 21 June 2018.

[15] Cf. Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, Instruction Varietates legitimae, 25 January 1994.

[16] Francis, Address at the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops, 17th October, 2015.

[17] Francis, Address at the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops, 17 October 2015.

[18] Ibid.

[19] Francis, Address at the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops, 17 October 2015.

 

[01015-EN.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua francese

 

XVI ASSEMBLÉE GÉNÉRALE ORDINAIRE

DU SYNODE DES ÉVÊQUES

POUR UNE ÉGLISE SYNODALE ::
COMMUNION, PARTICIPATION, MISSION

INSTRUMENTUM LABORIS

Pour la Première Session

(Octobre 2023)

SOMMAIRE

Avant-propos

Le chemin parcouru jusqu’à présent

Un instrument de travail pour la deuxième phase du processus synodal

La structure du texte

A. Pour une Église synodale. Une expérience intégrale

A 1. Traits caractéristiques d'une Église synodale

A 2. Une manière de procéder pour l'Église synodale : la conversation dans l'Esprit

B. Communion, mission, participation. Trois questions prioritaires pour l'Église synodale

B 1. Une communion qui rayonne. Comment être davantage signe et moyen de l'union avec Dieu et de l'unité de tout le genre humain ?

B 2. Co-responsables de la mission. Comment partager les dons et les charges au service de l'Évangile ?

B 3. Participation, gouvernance et autorité. Quels processus, structures et institutions dans une Église synodale missionnaire ?

FICHES DE TRAVAIL POUR L'ASSEMBLÉE SYNODALE

Introduction

Fiches pour B 1. Une communion qui rayonne.

B 1.1. Comment le service de la charité, l'engagement pour la justice et le soin de la maison commune nourrissent-ils la communion dans une Église synodale ?

B 1.2 Comment une Église synodale peut-elle rendre crédible la promesse que « l'amour et la vérité se rencontrent » (Ps 85,11) ?

B 1.3 Comment une relation dynamique d'échange de dons entre Églises peut-elle se développer ?

B 1.4 Comment une Église synodale peut-elle mieux remplir sa mission grâce à un engagement œcuménique renouvelé ?

B 1.5 Comment pouvons-nous reconnaître et intégrer la richesse des cultures, et développer le dialogue avec les religions à la lumière de l'Évangile ?

Fiche pour B 2. Co-responsables de la mission

B 2.1 Comment cheminer ensemble vers une conscience partagée du sens et du contenu de la mission ?

B 2.2 Que faire pour qu'une Église synodale soit aussi une Église missionnaire « toute entière ministérielle » ?

B 2.3 Comment l'Église de notre temps peut-elle mieux remplir sa mission en reconnaissant et en promouvant davantage la dignité baptismale des femmes ?

B 2.4 Comment les ministères ordonnés, dans leur relation avec les ministères baptismaux, peuvent-ils être valorisés dans une perspective missionnaire ?

B 2.5. Comment renouveler et promouvoir le ministère de l'évêque dans une perspective synodale missionnaire ?

B 3. Participation, gouvernance et autorité

B 3.1 Comment renouveler le service de l'autorité et l'exercice de la responsabilité dans une Église synodale missionnaire ?

B 3.2 Comment pouvons-nous faire évoluer les pratiques de discernement et les processus de prise de décision d'une manière authentiquement synodale, en renforçant le rôle moteur de l'Esprit ?

B 3.3. Quelles structures peuvent être développées pour consolider une Église synodale missionnaire ?

B 3.4 Comment façonner les instances de synodalité et de collégialité impliquant des groupements d'Églises locales ?

B 3.5 Comment renforcer l'institution du Synode pour qu'il soit l'expression de la collégialité épiscopale au sein d'une Église entièrement synodale ?

SIGLES

AA Concile Vatican II, Décret, Apostolicum actuositatem (18 novembre 1965)

AG Concile Vatican II, Décret, Ad gentes (7 décembre 1965)

CA St Jean-Paul II, Lettre Encyclique Centesimus annus (1er mai 1991)

CL St Jean-Paul II, Exhortation Apostolique Post-Synodale Christifideles laici (30 décembre 1988)

CV François, Exhortation Apostolique Post-Synodale Christus vivit (25 mars 2019)

DP Secrétairerie Generale du synode, Pour une Église synodale : communion, participation, mission. Document Préparatoire (2021)

DEC Secrétairerie Generale du synode, « Élargis l’espace de ta tente » (Is 54,2). Document de Travail pour l’Etape Continentale (2022)

DV Concile Vatican II, Constitution Dogmatique Dei Verbum (18 novembre 1965)

EC François, Constitution Apostolique Episcopalis communio (15 septembre 2018)

EG François, Exhortation Apostolique Evangelii gaudium (24 novembre 2013)

FT François, Lettre Encyclique Fratelli tutti (3 octobre 2020)

GS Concile Vatican II, Constitution Pastorale Gaudium et spes (7 décembre 1965)

IL Instrumentum Laboris

LG Concile Vatican II, Constitution Dogmatique Lumen gentium (21 novembre 1964)

PE François, Constitution Apostolique Praedicate Evangelium (19 mars 2022)

SC Concile Vatican II, Constitution Sacrosanctum Concilium (4 décembre 1963)

UR Concile Vatican II, Décret Unitatis redintegratio (21 novembre 1964)

INSTRUMENTUM LABORIS
Avant-propos

« Que le Dieu de la persévérance et du réconfort vous donne d’être d’accord les uns avec les autres

selon le Christ Jésus. Ainsi, d’un même cœur, d’une seule voix, vous rendrez gloire à Dieu,le Père de notre Seigneur Jésus Christ. » (Rm 15, 5-6).

Le chemin parcouru jusqu’à présent

1. Le Peuple de Dieu s’est mis en route depuis que le Pape François a convoqué toute l'Église en Synode le 10 octobre 2021. En commençant au niveau local le plus élémentaire, les Églises locales du monde entier ont lancé la consultation du Peuple de Dieu, à partir de la question fondamentale formulée au n°2 du Document préparatoire (DP) : « comment se réalise aujourd’hui, à différents niveaux (du niveau local au niveau universel) ce “ marcher ensemble ” qui permet à l’Église d’annoncer l’Évangile, conformément à la mission qui lui a été confiée ; et quels pas de plus l’Esprit nous invite-t-il à poser pour grandir comme Église synodale ? » Les fruits de la consultation ont été recueillis au niveau diocésain, puis résumés et envoyés aux Synodes des Églises catholiques orientales et aux Conférences Épiscopales. Ceux-ci ont à leur tour rédigé une synthèse qui a été transmise à la Secrétairerie générale du Synode.

2. La lecture et l'analyse des documents ainsi recueillis ont permis de rédiger le Document de travail pour l'étape continentale (DEC), une étape qui représente une nouveauté dans le processus synodal actuel. Le DEC a été renvoyé aux Églises locales du monde entier, les invitant à en discuter pour ensuite se réunir et en parler lors des sept Assemblées continentales, tandis que le travail du Synode digital se poursuivait également. L'objectif était de se concentrer sur les idées et les tensions qui résonnaient le plus fortement avec l'expérience de l'Église sur chaque continent et d'identifier celles qui, du point de vue de chaque continent, représentaient les priorités à aborder lors de la Première Session de l'Assemblée synodale (octobre 2023).

3. Cet Instrumentum laboris (IL) a été rédigé sur la base de tous les éléments recueillis au cours de la phase d'écoute, et en particulier des documents finaux des Assemblées Continentales. Sa publication clôt la première phase du Synode « Pour une Église synodale : communion, participation, mission » et ouvre la seconde, articulée sur les deux sessions[1] au cours desquelles se déroulera la phase de célébration de la XVIe Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Évêques (octobre 2023 et octobre 2024). Son objectif sera de relancer le processus et de l'incarner dans la vie ordinaire de l'Église, en identifiant les sentiers sur lesquels l'Esprit nous invite à marcher plus résolument en tant que Peuple de Dieu. Marcher ensemble comme Peuple de Dieu, dans la fidélité à la mission que le Seigneur a confiée à l'Église, est le don et le fruit que nous demandons pour la prochaine Assemblée. En effet, le but du processus synodal « n’est pas de produire des documents, mais d’ouvrir des horizons d’espérance pour l’accomplissement de la mission de l’Église » (DEC 6).

4. Le chemin parcouru jusqu'à présent et en particulier l'étape continentale, a également permis d'identifier et de partager les situations particulières vécues par l'Église dans les différentes régions du monde : de trop nombreuses guerres qui ensanglantent notre planète et appellent à un engagement renouvelé pour la construction d'une paix juste, à la menace représentée par le changement climatique avec la priorité qui en découle de prendre soin de la maison commune ; d'un système économique qui produit de l’exploitation, des inégalités et une « culture du déchet » à la pression uniformisante d’un colonialisme culturel qui écrase les minorités ; de l'expérience de la souffrance de la persécution jusqu'au martyre, à une émigration qui vide progressivement les communautés, menaçant leur survie même ; du pluralisme culturel croissant qui marque aujourd'hui la planète entière, à l'expérience des communautés chrétiennes qui représentent des minorités dispersées dans le pays où elles vivent, à l'expérience de la confrontation avec une sécularisation toujours plus avancée, et parfois agressive, qui semble considérer que l'expérience religieuse n'est pas pertinente, mais qui n’éteint pas la soif de la Bonne Nouvelle de l'Évangile. Dans de nombreuses régions, les Églises sont profondément affectées par la crise des abus : abus sexuels, abus de pouvoir et de conscience, abus économiques et institutionnels. Il s'agit de plaies ouvertes, dont les conséquences persistent encore. En plus de demander pardon aux victimes des souffrances qu'elle a engendrées, l'Église doit continuer d’avancer sur un chemin de conversion et de réforme afin d'éviter que des situations similaires ne se reproduisent à l'avenir.

5. C'est dans ce contexte, varié mais avec des traits communs au niveau mondial, que s'est déroulé l'ensemble du parcours synodal. L'Assemblée synodale d'octobre 2023 aura également à écouter profondément les situations dans lesquelles l'Église vit et accomplit sa mission : ce n'est que lorsqu'elle résonne dans un contexte spécifique que la question fondamentale rappelée ci-dessus devient concrète et que l'urgence missionnaire devient évidente. Ce qui est en jeu, c'est la capacité d'annoncer l'Évangile en cheminant avec les hommes et les femmes de notre temps où qu'ils soient, ainsi que la pratique de la catholicité vécue en marchant avec les Églises qui vivent dans des conditions de souffrance particulière (cf. LG 23).

6. À l'Assemblée synodale, nous arrivons porteurs des fruits recueillis au cours de la phase d'écoute. Tout d'abord, nous avons expérimenté que la rencontre sincère et cordiale entre frères et sœurs dans la foi est source de joie : se rencontrer, c'est rencontrer le Seigneur qui est au milieu de nous ! Ensuite, nous avons pu toucher du doigt la catholicité de l'Église qui, dans et à travers les différences d'âge, de sexe et de condition sociale, manifeste une richesse extraordinaire de charismes et de vocations ecclésiales, et possède un trésor de diversité de langues, de cultures, d'expressions liturgiques et de traditions théologiques. Elles représentent le don que chaque Église locale offre à toutes les autres (cf. LG 13), et le dynamisme synodal est un moyen de les relier et de les mettre en valeur sans les écraser dans l'uniformité. De même, nous avons découvert que, dans la diversité même des manières dont la synodalité est vécue et comprise dans les différentes parties du monde sur la base de l'héritage commun de la Tradition apostolique, se trouvent des questions communes : cela fait partie du défi de discerner à quel niveau il convient le mieux d’aborder chacune d'entre elles. Certaines tensions sont également partagées. Nous n’avons pas à nous en effrayer, ni à chercher à les résoudre à tout prix, mais nous devons nous engager dans un discernement synodal constant : c'est seulement ainsi que les tensions peuvent devenir des sources d'énergie et non pas tomber dans le piège des polarisations destructrices.

7. La première phase a renouvelé notre conscience que devenir une Église toujours plus synodale manifeste notre identité et notre vocation : marcher ensemble, c'est-à-dire faire synode, est la manière de devenir vraiment disciples et amis de ce Maître et Seigneur qui a dit de lui-même : « Je suis le chemin » (Jn 14,6). Aujourd'hui, cela constitue également un désir profond : après l'avoir vécu comme un don, nous voulons continuer à faire ce chemin, conscients qu’il ne sera pleinement accompli au dernier jour, lorsque, par la grâce de Dieu, nous ferons partie de cette foule que le Livre de l'Apocalypse décrit ainsi : « Voici une foule immense, que nul ne pouvait dénombrer, une foule de toutes nations, tribus, peuples et langues. Ils se tenaient debout devant le Trône et devant l’Agneau, vêtus de robes blanches, avec des palmes à la main. Et ils s’écriaient d’une voix forte : « Le salut appartient à notre Dieu qui siège sur le Trône et à l’Agneau ! » (Ap 7,9-10). Ce texte nous donne l'image d'une Église dans laquelle règne une parfaite communion au-delà de toutes les différences qui la caractérisent, maintenues et unies dans l'unique mission qui reste à accomplir : participer à la liturgie de la louange qui, de toutes les créatures, par le Christ, s'élève vers le Père dans l'unité de l'Esprit Saint.

8. C'est à l'intercession de ces sœurs et de ces frères, qui vivent déjà la pleine communion des saints (cf. LG 50), et surtout à Celle qui est la première parmi eux (cf. LG 63), Marie Mère de l'Église, que nous confions le travail de l'Assemblée et la poursuite de notre engagement en faveur d'une Église synodale. Nous demandons que l'Assemblée soit un moment d'effusion de l'Esprit, mais plus encore que la grâce puisse nous accompagner encore au moment de mettre en œuvre ses fruits dans la vie quotidienne des communautés chrétiennes à travers le monde.

Un instrument de travail pour la deuxième phase du processus synodal

9. Les nouveautés qui marquent le Synode 2021-2024 ne peuvent pas ne pas se refléter aussi sur la valeur et la dynamique de l'Assemblée synodale et donc sur la structure de l'IL qui est à son service. En particulier, la phase d'écoute longue et articulée a déjà conduit à la préparation d'une multiplicité de documents, qui ont établi une circularité communicative d’une part entre les Églises locales elles-mêmes, et, d’autre part entre les Églises locales et le Secrétariat Général du Synode : DP, synthèse des Églises locales, DEC et Documents finaux des Assemblées continentales. Le présent IL n'annule ni n'absorbe toute cette richesse, mais il s'y enracine et s'y réfère continuellement : même pour la préparation de l'Assemblée, les Membres du Synode sont invités à garder à l'esprit les documents précédents, en particulier le DEC et les documents finaux des Assemblées continentales, ainsi que celui du Synode digital, comme des outils pour leur discernement. En particulier, les documents finaux des Assemblées continentales sont précieux pour ne pas perdre le caractère concret des différents contextes et des défis que chacun d'eux pose : le travail commun de l'Assemblée synodale ne peut pas s'en écarter. Les nombreuses ressources rassemblées dans la section spéciale du site du Synode 2021-2024, <www.synod.va>, en particulier la Constitution apostolique Episcopalis communio et les deux documents de la Commission Théologique Internationale, La synodalité dans la vie et la mission de l'Église (2018) et Le sensus fidei dans la vie de l'Église (2014), peuvent également être utiles.

10. Compte tenu de l'abondance du matériel déjà disponible, l'IL se veut une aide pratique pour la conduite de l'Assemblée synodale d'octobre 2023 et donc un instrument pour sa préparation. C’est pourquoi l’indication donnée pour le DEC est d’autant plus vraie pour cet IL : « ce n’est pas un document du Magistère de l’Église, ni le rapport d’une enquête sociologique ; il n’offre pas la formulation d’indications opérationnelles, de buts et d’objectifs, ni l’élaboration complète d’une vision théologique » (DEC 8). Il ne pouvait en être autrement, puisque l'IL fait partie d'un processus qui n'est pas encore achevé. Par rapport au DEC, il fait un pas de plus : à partir des idées recueillies au cours de la première phase, et en particulier du travail des Assemblées continentales, il articule certaines des priorités qui ont émergé de l'écoute du Peuple de Dieu, mais pas sous la forme d'affirmations ou de prises de position. Il les exprime plutôt sous forme de questions adressées à l'Assemblée synodale, celle-ci ayant pour tâche de discerner les mesures concrètes à prendre pour continuer à grandir en tant qu'Église synodale, nouveau pas qu'elle soumettra ensuite au Saint-Père. Ce n'est qu'à ce moment-là que s'achèvera cette dynamique particulière d'écoute dans laquelle « chacun a quelque chose à apprendre. Le Peuple fidèle, le Collège épiscopal, l’Évêque de Rome, chacun à l’écoute des autres ; et tous à l’écoute de l’Esprit Saint, l’“ Esprit de Vérité ” (Jn 14, 17), pour savoir ce qu’il “ dit aux Églises ” (Ap 2, 7) »[2]. Dans cette optique, il est clair que l'IL ne peut pas être compris comme une première ébauche du Document Final de l’Assemblée synodale à corriger ou à amender. En revanche, il offre une première compréhension de la dimension synodale de l'Église à partir de laquelle un discernement plus approfondi peut-être effectué. De même, il est clair que les Membres de l'Assemblée synodale sont les principaux destinataires de l'IL. Mais si celui-ci est rendu public, ce n’est pas seulement par souci de transparence, mais aussi pour soutenir la mise en œuvre d'initiatives ecclésiales. En particulier, il peut encourager la participation à la dynamique synodale aux niveaux local et régional, en attendant que les résultats de l'Assemblée fournissent d'autres éléments faisant autorité sur lesquels les Églises locales seront appelées à prier, à réfléchir, à agir et à apporter leur propre contribution.

11. Les questions posées par l'IL expriment la richesse du processus dont elles sont issues : elles sont chargées des noms et des visages des participants et participantes, elles témoignent de l'expérience de foi du Peuple de Dieu et portent ainsi l'empreinte d'une signification transcendante. De ce point de vue, elles indiquent un horizon et nous invitent à franchir avec confiance d'autres étapes pour approfondir la pratique de la dimension synodale de l'Église. De la première phase émerge la conscience de la nécessité de prendre l'Église locale[3] comme point de référence privilégié, comme lieu théologique où les baptisés font concrètement l'expérience de marcher ensemble. Cela ne conduit toutefois pas à un repli sur soi : aucune Église locale, en effet, ne peut vivre en dehors des relations qui l'unissent à toutes les autres, y compris celles, tout à fait particulières, avec l'Église de Rome, à laquelle est confié le service de l'unité dans le ministère de son Pasteur, qui a convoqué toute l'Église en Synode.

12. Cette focalisation sur les Églises locales exige de tenir compte de la variété et la diversité de leurs cultures, langues et modes d'expression. En particulier, les mêmes mots - pensons par exemple à « l'autorité » ou au « leadership » - peuvent avoir des résonances et des connotations très différentes selon les régions linguistiques et culturelles, surtout lorsque dans certains endroits un terme est associé à des approches théoriques ou idéologiques précises. L'IL s'efforce d'éviter les termes qui divisent, dans l'espoir de favoriser une meilleure compréhension entre les membres de l'Assemblée synodale qui viennent de régions ou de traditions différentes. La référence commune ne peut être que la vision de Vatican II, à partir de la catholicité du peuple de Dieu, en vertu de laquelle « chacune des parties apporte aux autres et à toute l’Église le bénéfice de ses propres dons, en sorte que le tout et chacune des parties s’accroissent par un échange mutuel universel et par un effort commun vers une plénitude dans l’unité. [...] sans préjudice du primat de la Chaire de Pierre qui préside à l’assemblée universelle de la charité, garantit les légitimes diversités et veille à ce que, loin de porter préjudice à l’unité, les particularités, au contraire, lui soient profitables. » (LG 13). Cette catholicité se réalise dans la relation de mutuelle intériorité entre l'Église universelle et les Églises locales, dans lesquelles et à partir desquelles « existe l’Église catholique une et unique » (LG 23). Le processus synodal, qui dans sa première phase s'est déroulé dans les Églises locales, est entré dans sa deuxième phase, avec la tenue des deux sessions de la XVI Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Evêques.

La structure du texte

13. Le présent IL est divisé en deux sections, qui correspondent aux deux missions données aux Assemblées continentales (et par conséquent aux contenus des Documents finaux correspondants) : tout d'abord un travail de relecture du chemin parcouru durant la première phase afin d'identifier ce que l'Église de chaque continent a appris de l'expérience de vivre la dimension synodale au service de la mission ; puis un travail de discernement des résonances opérées dans les Églises locales du continent par le contenu du DEC, afin d'identifier les priorités sur lesquelles poursuivre le discernement durant l'Assemblée synodale d'octobre 2023.

14. La section A de l'IL, intitulée "Pour une Église synodale", tente de recueillir les fruits de cette relecture du chemin parcouru. Elle énumère tout d'abord une série de caractéristiques fondamentales ou de traits distinctifs d'une Église synodale. Puis elle relate ensuite la prise de conscience qu'une Église synodale se caractérise par une manière de procéder, que l'expérience de la première phase conduit à identifier comme celle de la conversation dans l'Esprit. L'Assemblée sera invitée à réagir sur les fruits de cette relecture pour les préciser et les affiner. La section B, intitulée "Communion, Mission, Participation"[4], exprime sous forme de questions les trois priorités qui ressortent le plus fortement des travaux de tous les continents, afin de les soumettre au discernement de l'Assemblée. Au service de la dynamique de l'Assemblée, en particulier des travaux de groupe (Circuli Minores), cinq fiches de travail sont proposées pour chacune de ces trois priorités, permettant ainsi de les aborder selon des perspectives différentes.

15. Les trois priorités de la section B, développées à travers les fiches de travail correspondantes, couvrent des sujets vastes et d’importance majeure : beaucoup pourraient faire l'objet d'un Synode, ou l'ont déjà fait. Sur plusieurs d'entre eux, les interventions du Magistère sont également nombreuses et précises. Au cours des travaux de l'Assemblée, elles ne pourront être traités de manière exhaustive, et surtout indépendamment les unes des autres. Elles devront être abordées en fonction de leur relation avec le véritable thème des travaux, à savoir l'Église synodale. Par exemple, les références à l'urgence d'accorder une attention adéquate aux familles et aux jeunes n'ont pas pour but de stimuler une nouvelle réflexion sur la pastorale familiale ou la pastorale des jeunes. Leur but est d'aider à mettre l'accent sur la manière dont la mise en œuvre d’Amoris laetitia et de Christus vivit[5] - ainsi que les conclusions des Assemblées synodales de 2015 et 2018- représente une opportunité de cheminer ensemble en tant qu'Église capable d'accueillir et d'accompagner les familles et les jeunes, en acceptant les changements nécessaires dans les règles, les structures et les procédures. Il en va de même pour de nombreux autres thèmes qui émergent des discussions.

16. L'engagement demandé à l'Assemblée et à ses Membres sera de maintenir la tension entre la vision d'ensemble, qui caractérise le travail à faire à partir de la section A, et l'identification des étapes à franchir, nécessairement concrètes, que doit viser au contraire le travail à faire à partir de la section B. C'est là que se jouera la fécondité du discernement de l'Assemblée synodale, dont la mission sera d'ouvrir toute l'Église à l'accueil de la voix de l'Esprit Saint. L'articulation de la Constitution pastorale Gaudium et spes, qui « se compose de deux parties », différentes par leur caractère et leur orientation, mais « constitue cependant un tout » (GS, note 1), peut, de ce point de vue, inspirer les travaux de l'Assemblée.

A. Pour une Église synodale
Une expérience intégrale

« Les dons de la grâce sont variés, mais c’est le même Esprit. Les services sont variés, mais c’est le même Seigneur. Les activités sont variées, mais c’est le même Dieu qui agit en tout et en tous. À chacun est donnée la manifestation de l’Esprit en vue du bien. » (1 Co 12,4-7).

17. Un trait commun unit les récits des étapes de la première phase : c'est la surprise exprimée par les participants et participantes, qui se sont trouvés face à quelque chose d'inattendu, de plus grand que prévu. Pour ceux et celles qui y participent, le processus synodal offre une occasion de rencontre dans la foi qui fait grandir le lien avec le Seigneur, la fraternité entre les personnes et l'amour pour l'Église, non seulement au niveau individuel, mais aussi en impliquant et en dynamisant toute la communauté. L'expérience est celle de l'accueil d'un horizon d'espérance qui s'ouvre à l'Église, signe clair de la présence et de l'action de l'Esprit qui la guide dans l'histoire sur son chemin vers le Royaume (cf. LG 5) : « le protagoniste du Synode est l'Esprit Saint[6] ». Ainsi, plus l'invitation à marcher ensemble a été accueillie avec intensité, plus le Synode est devenu le chemin sur lequel le Peuple de Dieu avance avec enthousiasme, mais sans naïveté. En effet, les problèmes, les résistances, les difficultés et les tensions ne sont pas cachés ni dissimulés, mais identifiés et nommés grâce à une méthode favorisant un dialogue authentique en ce qu’elle permet de parler et d'écouter avec liberté et sincérité. Le processus synodal constitue l'espace dans lequel devient possible une manière évangélique d'aborder les questions qui sont souvent posées de manière vindicative ou pour lesquelles la vie de l'Église d'aujourd'hui manque d'un lieu d'accueil et de discernement.

18. La notion abstraite ou théorique de synodalité a donc commencé à s'incarner dans une expérience concrète. De l'écoute du Peuple de Dieu émerge une appropriation et une compréhension progressives de la synodalité, "de l'intérieur", qui ainsi ne se déduit pas de l'énonciation d'un principe, d'une théorie ou d'une formule, mais a pour point de départ une disponibilité à entrer dans un processus dynamique constructive, respectueuse et priante de parole, d'écoute et de dialogue constructifs, respectueux et priants. À la base de ce processus, il y a l'acceptation, tant personnelle que communautaire, de ce qui est à la fois un don et un défi : être une Église de sœurs et de frères en Christ qui s'écoutent les uns les autres et qui, ce faisant, sont progressivement transformés par l'Esprit.

A 1. Traits caractéristiques d'une Église synodale

19. Dans le cadre de cette compréhension globale, il se dégage une conscience de ce qui permet de caractériser une Église synodale. Ces traits distinctifs se présentent comme des convictions partagées à partir desquelles on peut s'arrêter pour réfléchir ensemble afin de poursuivre le chemin qui les affinera et les clarifiera, lors des travaux que l'Assemblée synodale entreprendra.

20. Avec une grande force, sur tous les continents, a émergé la compréhension qu'une Église synodale est fondée sur la reconnaissance de la dignité commune qui découle du Baptême, lequel fait de ceux qui le reçoivent des fils et des filles de Dieu, des membres de sa famille, et donc des frères et des sœurs en Christ. Habités par l'unique Esprit, ils et elles sont envoyés pour accomplir une mission commune. Dans le langage de Paul, « C’est dans un unique Esprit, en effet, que nous tous, Juifs ou païens, esclaves ou hommes libres, nous avons été baptisés pour former un seul corps. Tous, nous avons été désaltérés par un unique Esprit » (1 Co 12,13). Le Baptême crée ainsi une véritable coresponsabilité entre les membres de l'Église qui se manifeste dans la participation de tous à la mission et à l'édification de la communauté ecclésiale, chacun et chacune selon ses charismes. Une Église synodale ne se comprend que dans un horizon de communion, qui est toujours en même temps une mission d’annoncer et d'incarner l'Évangile dans toutes les dimensions de l'existence humaine. La communion et la mission se nourrissent de la participation commune à l'Eucharistie qui fait de l'Église un corps « dans l’harmonie et la cohésion » (cf. Ep 4,16) dans le Christ, capable de marcher ensemble vers le Royaume.

21. Cette prise de conscience s’accompagne du désir d'une Église de plus en plus synodale, également dans ses institutions, ses structures et ses procédures, de manière à constituer un espace dans lequel la dignité baptismale commune et la coresponsabilité dans la mission ne sont pas seulement affirmées, mais exercées et pratiquées. Dans cet espace, l'exercice de l'autorité dans l'Église est apprécié comme un don et doit être configuré de plus en plus comme « un véritable service [qui], dans la Sainte Écriture, est appelé expressément “diakoniaˮ ou ministère » (LG 24 ; cf. Ac 1, 17.25 ; 21, 19 ; Rm 11, 13 ; 1 Tm 1, 12), sur le modèle de Jésus qui s'est penché sur les pieds de ses disciples (cf. Jn 13,1-11) pour les laver.

22. « Une Église synodale est une Église de l'écoute »[7] : cette prise de conscience est le fruit de l'expérience du chemin synodal, qui est une écoute de l'Esprit à travers l'écoute de la Parole, l'écoute des événements de l'histoire et l'écoute mutuelle entre les personnes et entre les communautés ecclésiales, du niveau local au niveau continental et universel. Pour beaucoup de personnes, la grande surprise a été précisément l'expérience d'être écoutées par la communauté, dans certains cas pour la première fois, recevant ainsi une reconnaissance de leur valeur unique et par là un témoignage de cet amour singulier du Père pour chacun de ses fils et de ses filles. L'écoute donnée et reçue revêt une profondeur théologique et ecclésiale, elle n’est pas seulement fonctionnelle, mais reflète la manière d’écouter de Jésus envers les personnes qu'il rencontrait. Ce style d'écoute est appelé à marquer et à transformer toutes les relations que la communauté chrétienne établit entre ses membres, avec d'autres communautés de foi et avec la société dans son ensemble, en particulier avec ceux dont la voix est le plus souvent ignorée.

23. En tant qu'Église de l'écoute, une Église synodale désire être humble. Elle sait qu'elle doit demander pardon et qu'elle a beaucoup à apprendre. Certains des documents recueillis au cours de la première phase notent que le chemin synodal est nécessairement pénitentiel, reconnaissant que nous n'avons pas toujours vécu la dimension synodale constitutive de la communauté ecclésiale. Le visage de l'Église d'aujourd'hui porte les signes de graves crises de confiance et de crédibilité. Dans de nombreux contextes, les crises liées aux abus sexuels, aux abus de pouvoir, aux abus de conscience et aux abus économiques ont poussé l'Église à un examen de conscience exigeant de se renouveler « sans cesse sous l’action de l’Esprit Saint » (LG 9), en entreprenant un chemin de repentance et de conversion qui ouvre des voies de réconciliation, de guérison et de justice.

24. Une Église synodale est une Église de la rencontre et du dialogue. Sur le chemin que nous avons parcouru, cela concerne avec une force particulière les relations avec les autres Églises et communautés ecclésiales, auxquels nous sommes unis par le lien d'un unique Baptême. L'Esprit, qui est « le principe de l’unité de l’Église » (UR 2), est à l'œuvre dans ces Églises et communautés ecclésiales et nous invite à entreprendre des chemins de connaissance mutuelle, de partage et de construction d'une vie commune. Au niveau local, l'importance de ce qui se fait déjà avec les membres d’autres Églises et communautés ecclésiales émerge fortement, notamment comme témoignage commun dans des contextes socioculturels hostiles parfois jusqu'à la persécution - c'est l'œcuménisme du martyre - et face à l'urgence écologique. Partout, en accord avec le Magistère du Concile Vatican II, émerge le désir d'approfondir le cheminement œcuménique : une Église authentiquement synodale ne peut qu'impliquer tous ceux qui partagent l'unique Baptême.

25. Une Église synodale est aussi appelée à pratiquer la culture de la rencontre et du dialogue avec les croyants d'autres religions et avec les cultures et les sociétés dans lesquelles elle s'insère. Confrontée aux nombreuses différences qui la traversent elle-même, cette Église n'a pas peur de la diversité qu’elle porte, mais la valorise sans la réduire à l'uniformité. Le processus synodal a été l'occasion de commencer à apprendre ce que signifie vivre l'unité dans la diversité, une réalité qu'il faut continuer à explorer, confiants que le chemin deviendra plus clair au fur et à mesure que nous avancerons. Pour le dire autrement, une Église synodale favorise le passage du "je" au "nous", car elle constitue un espace au sein duquel résonne l'appel à être membres d'un corps qui valorise la diversité, mais en même temps est unifié par l'unique Esprit. C'est l'Esprit qui nous pousse à écouter le Seigneur et à lui répondre en tant que peuple au service de l'unique mission de proclamer à toutes les nations le salut offert par Dieu dans le Christ Jésus. Cela se fait dans des contextes très variés : il n'est demandé à personne de quitter son propre contexte, mais plutôt de le comprendre et d’y entrer plus profondément. En revenant à cette vision après l'expérience de la première phase, la synodalité apparaît d'abord comme un dynamisme qui anime les communautés locales concrètes. Passant à un niveau plus universel, cet élan embrasse toutes les dimensions et réalités de l'Église, dans un mouvement d'authentique catholicité.

26. Vécue dans une diversité de contextes et de cultures, la synodalité se révèle être une dimension constitutive de l'Église depuis ses origines, même si elle est encore en voie de concrétisation. En effet, elle s'efforce d'être mise en œuvre de manière toujours plus complète, exprimant un appel radical à la conversion, au changement, à la prière et à l'action qui s'adresse à tous. En ce sens, une Église synodale est une Église ouverte et accueillante. Elle s'adresse à tous et toutes. Ce mouvement de l'Esprit franchit toute frontière pour entraîner tout le monde dans son dynamisme. La radicalité du christianisme est un appel à construire une communauté qui vit et témoigne d'une autre manière de comprendre la relation entre les filles et fils de Dieu, une relation qui incarne la vérité de l'amour, une relation fondée sur le don et la gratuité. Cet appel radical invite donc à construire ensemble, de manière synodale, une Église attractive et concrète : une Église ouverte dans laquelle tous et toutes se sentent les bienvenus.

27. Dans le même temps, une Église synodale affronte honnêtement et sans crainte l'appel à une compréhension plus profonde de la relation entre amour et vérité, selon l'invitation de saint Paul : « en vivant dans la vérité de l’amour, nous grandirons pour nous élever en tout jusqu’à celui qui est la Tête, le Christ. « Et par lui, dans l’harmonie et la cohésion, tout le corps poursuit sa croissance, grâce aux articulations qui le maintiennent, selon l’énergie qui est à la mesure de chaque membre. Ainsi le corps se construit dans l’amour » (Eph 4,15-16). Pour inclure authentiquement tout le monde, il est nécessaire d'entrer dans le mystère du Christ, en se laissant former et transformer par la manière dont il a vécu le rapport entre amour et vérité.

28. Une Église synodale se caractérise aussi par la capacité de gérer les tensions sans se laisser écraser par elles, en les vivant comme une impulsion pour approfondir la manière de comprendre et de vivre la communion, la participation et la mission. La synodalité est un chemin privilégié de conversion, en ce qu’elle reconstitue l'Église dans une dynamique d’unité qui guérit les blessures et réconcilie sa mémoire. En accueillant les différences en son sein, les divisions qui s'enveniment sont surmontées, ce qui lui permet ainsi d'incarner plus pleinement sa vocation d'être « dans le Christ, en quelque sorte le sacrement, c’est-à-dire à la fois le signe et le moyen de l’union intime avec Dieu et de l’unité de tout le genre humain » (LG 1). Une écoute authentique et la capacité de trouver des moyens de continuer à marcher ensemble au-delà de la fragmentation et de la polarisation sont indispensables pour que l'Église reste vivante et dynamique et soit un signe fort pour les cultures de notre temps.

29. Essayer de marcher ensemble nous met aussi en contact avec l’appréhension salutaire de l'incomplétude, avec la conscience qu'il y a encore beaucoup de choses dont nous ne sommes pas capables de porter le poids (cf. Jn 16,12). Il s’agit d’un don à cultiver et non pas d’un problème à résoudre. Nous sommes confrontés au mystère inépuisable et saint de Dieu et nous devons rester ouverts à ses surprises au cours de notre pèlerinage vers le Royaume (cf. LG 8). Cela vaut également pour les questions que le processus synodal a mises en lumière : dans un premier temps, elles requièrent écoute et attention, et invitent à ne pas se précipiter à vouloir trouver des solutions immédiates.

30. Porter le poids de ces questions est une tâche pour toute la communauté, dont la vie relationnelle et sacramentelle est souvent la réponse immédiate la plus efficace. Ce n'est pas un fardeau d’abord personnel à porter par ceux qui occupent certaines fonctions, avec le risque de se laisser écraser par ce poids. C'est pourquoi une Église synodale se nourrit sans cesse du mystère qu'elle célèbre dans la liturgie, « le sommet vers lequel tend l’action de l’Église, et en même temps la source d’où découle toute sa vertu » (SC 10), et en particulier dans l'Eucharistie.

31. Une fois dépassée l'angoisse de la limite, l'inévitable incomplétude d'une Église synodale et la disponibilité de ses membres à accuillir leurs propres vulnérabilités deviennent l'espace pour l'action de l'Esprit, qui nous invite à reconnaître les signes de sa présence. C'est pourquoi une Église synodale est aussi une Église du discernement, dans la richesse des significations que ce terme revêt et que les différentes traditions spirituelles mettent en lumière. La première phase a permis au Peuple de Dieu de commencer à expérimenter le goût du discernement à travers la pratique de la conversation dans l'Esprit. En écoutant attentivement les expériences vécues par les uns et les autres, nous grandissons dans le respect mutuel et nous commençons à discerner les mouvements de l'Esprit de Dieu dans la vie des autres et dans la nôtre. Nous commençons ainsi à prêter davantage attention à « ce que l'Esprit dit aux Églises » (Ap 2,7), dans l'engagement et l'espoir de devenir une Église de plus en plus capable de prendre des décisions prophétiques guidées par l'Esprit.

A 2. Une manière de procéder pour l'Église synodale : la conversation dans l'Esprit

32. Tout au long de la première phase du synode et sur tous les continents, on a vu et reconnu la fécondité de la méthode appelée ici "conversation dans l'Esprit", adoptée au cours de la première phase et appelée dans certains documents "conversation spirituelle" ou encore "méthode synodale" (cf. figure a p.17).

33. Dans son sens étymologique, le terme "conversation" n'indique pas un simple échange d'idées, mais cette dynamique dans laquelle la parole prononcée et écoutée génère une familiarité qui permet aux participants et participantes de devenir intimes les uns avec les autres. La précision "dans l'Esprit" identifie le protagoniste authentique. Ceux qui entrent dans cette conversation et dans la prière s’ouvrent à l’action libre de Celui qui, comme le vent, souffle où il veut (cf Jn 3,8), ont le désir de se mettre à l’écoute de cette Voix. Peu à peu, la conversation entre frères et sœurs dans la foi ouvre l'espace pour « une écoute commune » de l'Esprit. Mais s'il n'y a aucun pas en avant dans une direction précise, souvent inattendue, qui mène à une action concrète, il ne s’agit pas d’une authentique conversation dans l’Esprit.

34. Dans les Églises locales qui l'ont pratiquée au cours de la première phase, la conversation dans l'Esprit a été "découverte" comme ce climat d’écoute et de confiance permettant le partage des expériences de vie et comme cet espace de discernement de Église synodale. Dans les documents finaux des Assemblées continentales, cette pratique est décrite comme un moment de Pentecôte, une occasion de faire l'expérience d'être Église et de passer de l'écoute des frères et sœurs en Christ à l'écoute de l'Esprit, l'authentique protagoniste qui envoie en mission. En même temps, grâce à cette méthode, la grâce de la Parole et des sacrements devient une réalité ressentie et transformatrice, une réalité qui actualise, atteste et réalise l'initiative par laquelle le Seigneur Jésus se rend présent et actif dans l'Église : le Christ nous envoie en mission et nous rassemble autour de lui pour rendre grâce et gloire au Père dans l'Esprit Saint. C'est pourquoi, de tous les continents, vient la demande que cette méthode anime et informe de plus en plus la vie quotidienne des Églises.

35. La conversation dans l'Esprit s'inscrit dans la longue tradition du discernement ecclésial, qui a connu une pluralité de méthodes et d'approches. Il convient de souligner sa valeur éminemment missionnaire. Cette pratique spirituelle permet de passer du "je" au "nous". En effet, elle ne perd pas de vue ni n'efface la dimension personnelle du "je", mais elle la reconnaît et l'insère dans la dimension communautaire. Ainsi, la prise de parole et l'écoute des participants et participantes deviennent liturgie et prière, dans lesquelles le Seigneur se rend présent et les entraîne vers des formes toujours plus authentiques de communion et de discernement.

36. Dans le Nouveau Testament, les exemples de ces styles de conversation sont nombreux. Le récit de la rencontre du Seigneur ressuscité avec les deux disciples sur la route d'Emmaüs est paradigmatique (cf. Lc 24, 13-35, et l'explication donnée dans CV 237). Comme le montre bien leur expérience, la conversation dans l'Esprit construit la communion et apporte un dynamisme missionnaire : les deux disciples, en effet, retournent dans la communauté qu'ils avaient quittée pour partager l'annonce pascale de la Résurrection du Seigneur.

37. Concrètement, la conversation dans l'Esprit peut être décrite comme une prière partagée en vue d'un discernement en commun, auquel les participants et participantes se préparent par la réflexion personnelle et la méditation. Ils se font mutuellement le don d'une parole méditée et nourrie par la prière, et non d'une opinion improvisée sur le vif. La dynamique s'articule autour de trois étapes fondamentales. La première est consacrée à la prise de parole de chacun et chacune, à partir de sa propre expérience personnelle relue dans la prière pendant le temps de préparation. Les autres écoutent en silence sans entrer dans des débats ou des discussions en sachant que chaque personne a une contribution précieuse à apporter,

38. Le silence et la prière aident à préparer l'étape suivante, où chacun et chacune est invité(e) à ouvrir en soi-même un espace pour les autres et pour l'Autre. À nouveau, chaque membre du groupe prend la parole : non pas pour réagir et contrer ce qui a été entendu, en réaffirmant sa propre position, mais pour exprimer ce qui, au cours de l'écoute, l'a touché(e) le plus profondément et ce par quoi il ou elle se sent le plus interpellé(e). Les effets que l'écoute des sœurs et des frères produit dans l’espace intérieur de chacun sont le langage avec lequel l'Esprit Saint fait résonner sa propre voix : plus chacun a été nourri par la méditation de la Parole et des Sacrements, en grandissant dans la familiarité avec le Seigneur, plus il pourra reconnaître le son de Sa voix (cf. Jn 10,14.27), grâce aussi à l'accompagnement du Magistère et de la théologie. De même, plus les participants seront capables d'être attentifs à ce que dit l'Esprit, plus ils grandiront dans un sentiment partagé d'ouverture à la mission.

39. La troisième étape, à vivre toujours dans un climat de prière et sous la conduite de l'Esprit Saint, consiste à identifier les points clés qui ont émergé et à dégager un consensus concernant les fruits du travail commun, que chacun considère comme fidèle au processus et dans lequel il ou elle peut donc se sentir représenté. Il ne suffit pas de rédiger un rapport reprenant les points les plus souvent mentionnés, mais il faut faire preuve de discernement, en prêtant également attention aux voix marginales et prophétiques et en ne négligeant pas l'importance des points sur lesquels des désaccords apparaissent. Le Seigneur est la pierre angulaire qui permettra à la "construction" de tenir debout, et l'Esprit, maître de l'harmonie, aidera à passer de la cacophonie à la symphonie.

40. Ce cheminement se termine par une prière de louange à Dieu et de gratitude pour l'expérience vécue. « Quand nous vivons la mystique de nous approcher des autres, afin de rechercher leur bien, nous dilatons notre être intérieur pour recevoir les plus beaux dons du Seigneur. Chaque fois que nous rencontrons un être humain dans l’amour, nous nous mettons dans une condition qui nous permet de découvrir quelque chose de nouveau de Dieu. Chaque fois que nos yeux s’ouvrent pour reconnaître le prochain, notre foi s’illumine davantage pour reconnaître Dieu. » (EG 272). Tel est, en résumé, le don reçu par celles et ceux qui se laissent entraîner dans une conversation dans l'Esprit.

41. Dans les situations concrètes, il ne s’agit pas de suivre ce schéma à la lettre, mais de toujours l'adapter. Parfois, il est nécessaire de privilégier la prise de parole de chacun et l'écoute des autres ; dans d'autres circonstances, il faut mettre en évidence les liens entre les différentes perspectives, en cherchant ce qui « rend notre cœur tout brûlant » (cf. Lc 24,32) ; dans d'autres encore, il faut expliciter un consensus et travailler ensemble pour identifier la direction dans laquelle on se sent appelé par l'Esprit à se mettre en mouvement. Mais, au-delà des adaptations concrètes appropriées, l'intention et le dynamisme qui unissent les trois passages sont et restent caractéristiques de la manière de procéder d'une Église synodale.

42. Compte tenu de l'importance de la conversation dans l'Esprit pour animer le vécu de l'Église synodale, la formation à cette méthode, et en particulier l’enjeu d’avoir des personnes capables d'accompagner les communautés dans cette pratique, est perçue comme une priorité à tous les niveaux de la vie ecclésiale et pour tous les baptisés, à commencer par les ministres ordonnés, et dans un esprit de coresponsabilité et d'ouverture aux différentes vocations ecclésiales. La formation à la conversation dans l'Esprit est une formation à être une Église synodale.

 

B. Communion, mission, participation
Trois questions prioritaires pour l'Église synodale

« En un corps unique, nous avons plusieurs membres, qui n’ont pas tous la même fonction ; de même, nous qui sommes plusieurs, nous sommes un seul corps dans le Christ, et membres les uns des autres, chacun pour sa part. » (Rm 12,4-5).

43. Parmi les fruits de la première phase - et en particulier des Assemblées continentales - obtenus grâce à la méthodologie qui vient d'être exposée, trois priorités ont été identifiées et sont maintenant proposées au discernement de l'Assemblée synodale d'octobre 2023. Elles constituent autant de défis auxquels l'Église toute entière doit se mesurer pour aller de l’avant et grandir dans son être synodal à tous les niveaux et à partir d'une pluralité de perspectives. Celles-ci demandent d’être abordées du point de vue de la théologie et du droit canonique, ainsi que de celui de la pastorale et de la spiritualité. Ces priorités viennent questionner tant les orientations pastorales des diocèses que le style de vie et les choix quotidiens de chaque membre du Peuple de Dieu. Elles sont aussi authentiquement synodales car leur prise en compte nécessite de cheminer ensemble en tant que peuple, avec toutes ses composantes. Les trois priorités seront illustrées en lien avec les trois mots clés du Synode : communion, mission, participation. Si ce choix est motivé par la recherche d’une simplicité de présentation, il expose néanmoins au risque de les faire percevoir comme trois " piliers " indépendants les uns des autres. Bien au contraire, dans la vie de l'Église synodale, communion, mission et participation s'articulent, se nourrissent et se soutiennent mutuellement. Elles doivent toujours être pensées et comprises dans leur intégration circulaire.

44. Le changement dans l'ordre d'apparition des trois termes, avec maintenant le terme « mission » au centre, s'enracine dans la prise de conscience, mûrie au cours de la première phase, des liens qui les unissent. La communion et la mission, en particulier, sont entrelacées et se reflètent l'une dans l'autre. Comme l'enseignait déjà saint Jean-Paul II : « La communion et la mission sont profondément unies, elles s'interpénètrent et s'impliquent mutuellement, au point que la communion est la source et en même temps le fruit de la mission : la communion est missionnaire et la mission est pour la communion » (CL 32, repris dans PE I,4). Nous sommes invités à dépasser une conception dualiste dans laquelle la communion désignerait les relations au sein de la communauté ecclésiale, tandis que la mission concernerait l'impulsion ad extra. La première phase a plutôt mis en évidence comment la communion est la condition sine qua non de la crédibilité de la proclamation, rejoignant en cela l’intuition de la XVe Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Évêques sur Les jeunes, la foi et discernement vocationnel[8]. En parallèle, il y a une prise de conscience croissante que l'orientation missionnaire constitue l’unique critère fondé sur l’Évangile pour penser l'organisation interne de la communauté chrétienne, la distribution des rôles et des charges et la gestion de ses institutions et de ses structures. C'est dans une double relation avec la communion et la mission que la participation peut être comprise, et c'est pourquoi elle ne peut être abordée qu'après les deux autres. En premier lieu, elle les rattache au concret : l'attention portée aux procédures, aux règles, aux institutions et aux structures permet de consolider la mission dans le temps et de soustraire la communion à l’emprise de la spontanéité émotionnelle. En second lieu, elle reçoit une signification, une orientation et un dynamisme qui lui permettent d'échapper au risque de se transformer en une frénésie de revendications de droits individuels, aboutissant inévitablement à la fragmentation plutôt qu'à l’unité.

45. Pour accompagner la préparation et structurer les travaux de l'Assemblée, pour chacune des trois priorités, cinq fiches de travail ont été élaborées et sont présentées à la fin de cette section. Chacune d'entre elles constitue une porte d'entrée pour traiter la priorité spécifique à laquelle elle est associée, permettant d’aborder celle-ci selon des perspectives différentes mais complémentaires, en lien avec les différents aspects de la vie de l'Église qui ont émergé à travers les travaux des Assemblées continentales. En aucun cas, les trois paragraphes suivants, auxquels correspondent les trois séries de fiches, ne sont à lire séparément comme des colonnes parallèles qui n’auraient pas de liens. Ceux-ci sont plutôt comme des rayons de lumière qui, à partir de points différents, s'entrecroisent continuellement, en se rappelant les uns les autres, et en se fortifiant mutuellement, éclairent la même réalité, c'est-à-dire la vie synodale de l'Église.

B 1. Une communion qui rayonne. Comment être davantage signe et moyen de l'union avec Dieu et de l'unité de tout le genre humain ?

46. La communion n'est pas un rassemblement sociologique de membres d'un groupe identitaire. Elle est avant tout un don du Dieu trinitaire et, en même temps, une mission jamais terminée de construction du "nous" du Peuple de Dieu. Comme l’ont expérimenté les Assemblées continentales, la communion associe une dimension verticale, que Lumen Gentium appelle « l'union intime avec Dieu », et une dimension horizontale, « l'unité de tout le genre humain », dans une forte dynamique eschatologique : la communion est un chemin sur lequel nous sommes appelés à grandir, « jusqu’à ce que nous parvenions tous ensemble à l’unité dans la foi et la pleine connaissance du Fils de Dieu, à l’état de l’Homme parfait, à la stature du Christ dans sa plénitude » (Ep 4,13).

47. Nous recevons une anticipation de ce moment dans la liturgie, lieu où l'Église, en son chemin terrestre, fait l'expérience de la communion, la nourrit et la construit. Si, en effet, « la liturgie [...] contribue au plus haut point à ce que les fidèles, en la vivant, expriment et manifestent aux autres le mystère du Christ et la nature authentique de la véritable Église » (SC 2), c'est précisément vers elle qu'il faut se tourner pour comprendre ce qu'est la vie synodale de l'Église. Tout d'abord, c'est dans l'action liturgique, et en particulier dans la célébration de l'Eucharistie, que l'Église fait chaque jour l'expérience d’une unité radicale dans une même prière, mais dans la diversité des langues et des rites : un point clé de la synodalité. De ce point de vue, la diversité des rites dans l'unique Église catholique est une authentique bénédiction, à protéger et à promouvoir, comme cela a été expérimenté à plusieurs reprises au cours des Assemblées continentales.

48. L'assemblée synodale ne peut être comprise comme représentative et législative, à l’image d’une assemblée parlementaire, avec sa logique de recherche d’une majorité. Nous sommes plutôt appelés à la comprendre par analogie avec l'Assemblée liturgique. L'antique tradition nous dit qu’un synode est célébré : il commence par l'invocation de l'Esprit Saint, se poursuit par la profession de foi et aboutit à des décisions partagées pour garantir ou rétablir la communion ecclésiale. Dans une assemblée synodale, le Christ se rend présent et agit. Il transforme l'histoire et la vie quotidienne, envoie l'Esprit pour conduire l'Église à trouver un consensus sur la manière de marcher ensemble vers le Royaume et d'aider l'humanité à avancer vers l'unité. Marcher ensemble à l'écoute de la Parole et à l’écoute des frères et sœurs, dans cette recherche de la volonté de Dieu et de la concorde, conduit à l'action de grâce au Père par le Fils dans l'unique Esprit. Dans l'assemblée synodale, ceux qui se rassemblent au nom du Christ écoutent sa Parole, s'écoutent les uns les autres, discernent dans la docilité à l'Esprit, proclament ce qu'ils ont entendu et reconnu comme une lumière pour le cheminement de l'Église.

49. Dans cette perspective, la vie synodale n'est pas une stratégie d'organisation de l'Église, mais l'expérience de parvenir à trouver une unité qui intègre la diversité sans l'effacer, parce qu'elle est fondée sur l'union avec Dieu dans la confession d’une même foi. Cette dynamique possède une force propulsive qui pousse à élargir sans cesse le champ de la communion, mais qui doit composer avec les contradictions, les limites et les blessures de l'histoire.

50. C’est sur ce point précis que s’enracine la première priorité du questionnement synodal : dans le concret de notre réalité historique, préserver et promouvoir la communion exige d'assumer l'incomplétude de parvenir à vivre l'unité dans la diversité (cf. 1Cor 12). L'histoire produit des divisions, qui provoquent des blessures qu'il faut guérir et qui nécessitent de tracer des chemins de réconciliation. Dans ce contexte, quels sont les liens à renforcer au nom de l'Évangile, pour dépasser les tranchées et les frontières ? Quels sont les abris et les protections à bâtir, et pour protéger qui ? Quelles sont les divisions stériles ? Comment est-il possible de progresser par étape sur le chemin qui conduit à la pleine communion ? Ces questions semblent théoriques, mais elles sont enracinées dans la vie quotidienne concrète des communautés chrétiennes consultées lors de la première phase. Elles ont trait à la question de savoir s'il existe des limites ou non à la volonté d'accueillir des personnes et des groupes, ou encore comment engager le dialogue avec les cultures et les autres religions sans compromettre notre identité chrétienne, ou bien encore la détermination à être la voix de ceux qui sont en marge et à réaffirmer que personne ne doit être laissé pour compte. Les cinq fiches de travail relatives à cette priorité tentent d'explorer ces questions à partir de cinq perspectives complémentaires.

B 2. Co-responsables de la mission. Comment partager les dons et les charges au service de l’Évangile ?

51 « Par nature, l’Église, durant son pèlerinage sur terre, est missionnaire » (AG 2). La mission constitue l'horizon dynamique à partir duquel penser l'Église synodale, à laquelle elle donne un élan vers l'"extase", qui consiste à « sortir de toi-même pour chercher le bien des autres jusqu’à donner ta vie » (CV 163 ; cf. aussi FT 88). En d'autres termes, la mission permet de revivre l'expérience de la Pentecôte : après avoir reçu l'Esprit Saint, Pierre et les Onze se lèvent et prennent la parole pour annoncer Jésus mort et ressuscité à ceux qui se trouvaient là à Jérusalem (cf. Ac 2, 14-36). C’est dans cette même dynamique que s’enracine la vie synodale : nombreux sont les témoignages qui décrivent en ces termes l'expérience vécue lors de la première phase, et plus nombreux encore sont ceux qui lient de manière indissociable synodalité et mission.

52. Dans une Église qui se définit comme signe et instrument de l'union avec Dieu et de l'unité du genre humain (cf. LG 1), le discours sur la mission se concentre sur la lisibilité du signe et l'efficacité de l'instrument, sans lesquels toute proclamation se heurte à des problèmes de crédibilité. La mission n'est pas la promotion d'un produit religieux, mais la construction d'une communauté dans laquelle les relations témoignent de l'amour de Dieu et où la vie elle-même devient une proclamation. Dans les Actes des Apôtres, le discours de Pierre est immédiatement suivi du récit de la vie de la communauté primitive, dans laquelle tout devenait occasion de communion (cf. Ac2, 42-47), ce qui rendait la communauté attractive.

53. Dans cette perspective, la première question sur la mission concerne précisément ce que les membres de la communauté chrétienne sont disposés à mettre en commun, à partir de l'originalité irréductible de chacun, en vertu de sa relation directe avec le Christ dans le Baptême et de son être habité par l'Esprit. Cela rend la contribution de chaque baptisé(e) précieuse et indispensable. L'une des raisons de l'émerveillement constaté au cours de la première phase est précisément liée à la possibilité de contribuer : « Puis-je vraiment faire quelque chose ? » En même temps, chacun est invité à assumer sa propre incomplétude, c'est-à-dire la prise de conscience que pour réaliser la mission, on a besoin de tous, ou, en d'autres termes, que la mission elle-même a aussi une dimension constitutivement synodale.

54. Voilà pourquoi la deuxième priorité identifiée par une Église qui se découvre synodale et missionnaire concerne la manière dont elle parvient réellement à solliciter la contribution de tous, chacun avec ses talents et ses rôles, en valorisant la diversité des charismes et en intégrant le rapport entre les dons hiérarchiques et charismatiques[9]. Dans une perspective missionnaire les charismes et les ministères relèvent de ce qui est commun et, de cette façon, en garantit la fécondité, laquelle est au contraire compromise lorsqu'elles deviennent des prérogatives qui légitiment des logiques d'exclusion. Une Église synodale missionnaire a le devoir de se demander comment elle peut reconnaître et valoriser la contribution que chaque personne baptisée peut offrir à la mission, en sortant d’elle-même et en participant avec d'autres à quelque chose de plus grand. « Contribuer activement au bien commun de l'humanité » (CA 34) est une composante inaliénable de la dignité de la personne, y compris au sein de la communauté chrétienne. La première contribution que chacun peut apporter regarde le discernement des signes des temps (cf. GS 4), afin de maintenir la conscience de la mission commune en suivant le souffle de l'Esprit. Tous les points de vue peuvent contribuer à ce discernement, à commencer par celui des pauvres et des exclus : marcher avec eux ne signifie pas seulement assumer leurs besoins et leurs souffrances, mais aussi favoriser leur participation et apprendre d'eux. C'est ainsi que l'on peut reconnaître leur égale dignité, en échappant aux pièges de l’assistanat et en anticipant autant que possible la logique des cieux nouveaux et de la terre nouvelle vers lesquels nous sommes en marche.

55. Les fiches de travail relatives à cette priorité tentent d’aborder concrètement cette question fondamentale en ce qui concerne des sujets tels que la reconnaissance de la diversité des vocations, des charismes et des ministères, la promotion de la dignité baptismale des femmes, le rôle des ministères ordonnés et en particulier le ministère de l'évêque au sein de l'Église synodale missionnaire.

B 3. Participation, gouvernance et autorité. Quels processus, structures et institutions dans une Église synodale missionnaire ?

56. « Communion et mission risquent de rester des termes un peu abstraits si l’on ne cultive pas une pratique ecclésiale qui exprime la réalité concrète de la synodalité, à chaque étape du chemin et du travail, favorisant l'implication effective de tous et de chacun » [10]. Ces paroles du Saint-Père nous aident à situer la participation par rapport aux deux autres termes. À la dimension procédurale, qui ne doit pas être sous-estimée en tant qu'instance de concrétisation, la participation ajoute une densité anthropologique d'une grande importance : elle exprime en effet le souci de l'épanouissement de l'être humain, c'est-à-dire de l'humanisation des relations au cœur du projet de communion et de l'engagement dans la mission. Elle préserve l'unicité du visage de chacun, s’efforçant d’assurer un passage au « nous » qui n'absorbe pas le « je » dans l'anonymat d'une collectivité indistincte. Elle évite de tomber dans l'abstraction des droits ou d’asservir les personnes en les réduisant à de simples instruments de performance de l'organisation. La participation est essentiellement l'expression d’une créativité et une façon d’entretenir des relations d'hospitalité, d'accueil et de service de la promotion humaine au cœur de la mission et de la communion.

57. Du souci d’une participation au sens intégral présentée ici découle la troisième priorité émergeant également de l'étape continentale : la question de l'autorité, de sa signification et du style de son exercice au sein d'une Église synodale. En particulier, l’autorité se présente-t-elle comme une forme de pouvoir dérivée des modèles offerts par le monde ou comme un véritable service ? « Il n'en sera pas ainsi parmi vous » (Mt 20,26 ; cf. Mc 10,43), dit le Seigneur qui, après avoir lavé les pieds des disciples, les avertit : « C’est un exemple que je vous ai donné afin que vous fassiez, vous aussi, comme j’ai fait pour vous » (Jn 13,15). À l'origine, le terme « autorité » désigne la capacité de faire grandir les autres. L’autorité est donc au service de la vocation unique de chaque personne, elle l’encourage à la créativité au lieu d’exercer un contrôle qui la bloque. Elle est au service de la croissance de la liberté de la personne au lieu d’être une chaine qui la réprime. À cette question s'en ajoute une autre, empreinte du souci du concret et de la continuité dans le temps : comment imprégner nos structures et nos institutions du dynamisme de l'Église synodale missionnaire ?

58. De cette attention particulière découle une autre priorité, tout aussi concrète, qui vise précisément à inscrire la dynamique de la participation dans la durée : il s'agit de la formation, qui apparaît de manière transversale dans tous les documents de la première phase. Les institutions et les structures, en effet, ne suffisent pas à rendre l'Église synodale. Comme n’ont pas cessé de le souligner les Assemblées continentales et, avant elles, les synthèses des Églises locales, une culture et une spiritualité synodales, animées par un désir de conversion et soutenues par une formation adéquate, sont nécessaires. Le besoin de formation ne se limite pas à la mise à jour des contenus, mais a une dimension intégrale, touchant à toutes les capacités et dispositions de la personne : orientation missionnaire, capacité de relation et aptitude à construire la communauté, volonté d'écoute spirituelle et familiarité avec le discernement personnel et communautaire, patience, persévérance et aptitude à parler avec courage et vérité (parrhésie).

59. La formation est le moyen indispensable pour faire de la méthode synodale un modèle pastoral pour la vie et l'action de l'Église. Nous avons besoin d'une formation intégrale, initiale et permanente, pour tous les membres du Peuple de Dieu. Aucun baptisé ne peut se sentir étranger à cet engagement et il est donc nécessaire de formuler des propositions adéquates de formation à la méthode synodale qui s’adressent à tous les fidèles. En particulier, plus on est appelé à servir l'Église, plus on doit sentir l'urgence de la formation : les évêques, les prêtres, les diacres, les personnes consacrées et tous ceux qui exercent un ministère ont besoin d'une formation pour renouveler les modalités d'exercice de l'autorité et les processus de décision dans une approche synodale, et pour apprendre à accompagner dans l'Esprit le discernement et le dialogue communautaires. Les candidats au ministère ordonné doivent être formés à un style synodal et à une mentalité synodale. La promotion d'une culture de la synodalité implique le renouvellement du cursus actuel des séminaires et de la formation des formateurs et des professeurs de théologie, afin d’orienter de façon plus claire et plus décisive la formation vers une vie de communion, de mission et de participation. La formation à une spiritualité synodale est au cœur du renouveau de l'Église.

60. De nombreuses contributions soulignent la nécessité d'un effort similaire pour renouveler le langage utilisé par l'Église : dans la liturgie, dans la prédication, dans la catéchèse, dans l'art sacré, ainsi que dans toutes les formes de communication tant en interne pour s’adresser à ses membres qu'en externe pour parler au grand public, y compris à travers les médias nouveaux et traditionnels. Sans abaisser ni avilir la profondeur du mystère proclamé par l’Église ni la richesse de sa tradition, la recherche de nouveaux langages doit au contraire viser à rendre ceux-ci accessibles et attrayants pour les hommes et les femmes de notre temps, plutôt que de constituer une barrière qui les en éloigne. L'inspiration de la fraîcheur du langage évangélique, la capacité d'inculturation dont témoigne l'histoire de l'Église et les expériences prometteuses déjà en cours, jusque dans l'environnement numérique, nous invitent à poursuivre avec confiance et détermination cette tâche d'une importance cruciale pour l'efficacité de l'annonce de l'Évangile, qui est le but vers lequel tend une Église synodale missionnaire.

Rome, 29 mai 2023

Mémoire de la Vierge Marie, Mère de l'Église

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XVI ASSEMBLÉE GÉNÉRALE ORDINAIRE

DU SYNODE DES ÉVÊQUES

POUR UNE ÉGLISE SYNODALE :
COMMUNION, PARTICIPATION, MISSION

FICHES DE TRAVAIL

POUR L'ASSEMBLÉE SYNODALE

(Première session - Octobre 2023)

FICHES DE TRAVAIL POUR L'ASSEMBLÉE SYNODALE 2023

Introduction

Si l'IL dans son ensemble « se veut une aide pratique pour la conduite de l'Assemblée synodale d'octobre 2023 et donc un instrument pour sa préparation » (n° 10), cela est particulièrement vrai pour les Fiches de travail présentées ici. Elles ont été préparées pour faciliter le travail de discernement sur les « trois priorités qui ressortent le plus fortement des travaux de tous les continents » (n° 14), en vue d'identifier les étapes concrètes à lesquelles l'Esprit Saint nous appelle pour grandir comme Église synodale. La présentation des fiches, l'explication de leur structure et les indications données sur la manière de les utiliser exigent donc avant tout de les aborder en prenant en compte la dynamique des travaux de l'Assemblée.

La dynamique de l'Assemblée

L'Assemblée traitera des questions posées par l'IL en alternant les moments en plénière (Congregationes Generales) et les travaux de groupe (sessions des Circuli Minores), comme le prévoit l'art. 14 de EC.

En particulier, l'Assemblée procédera en abordant les différents thèmes, dans l'ordre où l'IL les propose. Elle commencera par travailler sur la Section A, « Pour une Église synodale. Une expérience intégrale » (n° 17-42), dans le but de mieux cerner les caractéristiques fondamentales d'une Église synodale, à partir de l'expérience de cheminement ensemble vécue par le Peuple de Dieu au cours de ces deux années et mises en mot dans les documents produits au cours de la première phase du synode selon le discernement des Pasteurs. L'Assemblée est invitée à se placer dans une perspective intégrale, en prenant en compte l'expérience du Peuple de Dieu dans son ensemble et dans sa complexité.

L'Assemblée se penchera ensuite sur les trois questions prioritaires qui ont émergé de la phase de consultation et qui sont présentées dans la section B de l'IL (n° 43-60). À chacune d'entre elles est consacrée l'une des trois parties dans lesquelles s'articule cette section, « en lien avec les trois mots clés du Synode : communion, mission, participation » (n° 43), avec une inversion de l'ordre d'apparition des trois termes qui est expliquée au n° 44 de l’IL : la tríade communion-participation-mission devient ici communion-mission-participation. Cette articulation correspond à celle des Fiches de travail, également divisées en trois parties, dont chacune reprend le titre de la partie correspondante de la Section B, mettant ainsi en évidence le lien qui les unit:

- « B 1. Une communion qui rayonne. Comment être davantage signe et moyen de l'union avec Dieu et de l'unité de tout le genre humain ? » (n° 46-50);

- « B 2. Coresponsables dans la mission. Comment partager les dons et les tâches au service de l'Évangile? » (n° 51-55);

- « B 3. Participation, gouvernance et autorité. Quels processus, structures et institutions dans une Église synodale missionnaire ? » (n° 56-60).

Pour chacune des trois priorités on trouvera cinq fiches de travail : chacune d'entre elles « constitue une porte d'entrée pour traiter la priorité spécifique à laquelle elle est associée, permettant d’aborder celle-ci selon des perspectives différentes mais complémentaires, en lien avec les différents aspects de la vie de l'Église qui ont émergé à travers les travaux des Assemblées continentales » (n° 45).

L'organisation du travail en deux parties successives ne doit pas supprimer le regard d’ensemble qui lie les deux sections entre elles : l'expérience du Peuple de Dieu abordée dans une perspective intégrale qui correspond à la section A continue à représenter l'horizon dans lequel s'inscrit l’étude des différentes questions posées dans la section B, qui s'enracinent dans cette expérience. L'effort demandé à l'Assemblée sera précisément de « maintenir la tension entre la vision d'ensemble [...] et l'identification des étapes à franchir » (n° 16) : ces dernières donnent du concret et de la profondeur à la première, et reçoivent en retour une vision prospective et une cohésion visant à éviter le risque de se disperser dans les détails.

Enfin, la dernière partie des travaux de l'Assemblée sera consacrée à la récolte des fruits, c'est-à-dire concrètement à l'élaboration des pistes par lesquelles continuer à marcher ensemble, et ce en poursuivant la relecture de l'expérience du Peuple de Dieu et en promouvant les approfondissements nécessaires, avant tout théologiques et canoniques, en vue de la deuxième session de l'Assemblée synodale d'octobre 2024.

Tout au long de son déroulement, l'Assemblée procédera selon la méthode de la conversation dans l'Esprit (cf. n° 32-42), dûment adaptée. Ce qui lui permettra de garder ainsi un lien avec la manière de procéder qui a caractérisé tout le processus synodal (cf. figure a p. 28), mais surtout, en donnant d’expérimenter directement cette manière de faire, l’assemblée pourra mettre en lumière comment cette méthode pourrait devenir partie intégrante de la vie ordinaire de l'Église et comme une modalité partagée pour discerner ensemble la volonté de Dieu.

Comment utiliser les fiches de travail

Les fiches de travail sont conçues comme un outil de travail pour l'Assemblée d'octobre 2023 permettant d'aborder les trois questions prioritaires énoncées dans la section. Il ne s'agit donc pas de chapitres d'un livre à lire successivement, ni de courts essais sur un sujet en tant que tel. Ces fiches ne sont donc pas « à lire », mais à mettre en œuvre car elles offrent des pistes pour la prière et la réflexion personnelle afin de se préparer aux échanges en groupe et en plénière. De plus, ces fiches peuvent aussi être utilisées au niveau local ou régional de l’Église pour des rencontres selon la méthode synodale afin d’approfondir les thèmes présentés. Ces fiches ne sont pas destinées à être traitées successivement : elles peuvent être abordées indépendamment les unes des autres mais en gardant bien le lien avec la partie de la section B de l'IL à laquelle elle correspond.

Les fiches ont tous la même structure : en premier lieu, elles commencent par une contextualisation rapide de la question formulée dans le titre à partir de ce qui est ressorti de la première phase. En second lieu, elles présentent la question posée sur laquelle discerner. En troisième et dernier lieu, elles apportent quelques éclairages qui articulent une variété de perspectives (théologiques, pastorales, canoniques, etc.), de dimensions et de niveaux (paroisse, diocèse, etc.), mais surtout, elles restituent le concret des visages des membres du Peuple de Dieu, de leurs charismes et de leurs ministères, en exprimant les questions qu'ils ont fait entendre au cours de la phase d'écoute. L’abondance des stimuli proposés dans chaque fiche répond à un besoin de fidélité à la richesse et à la variété de ce qui a été recueilli lors de la consultation, sans en faire un questionnaire dans lequel il faudrait formuler une réponse à chaque question. Certains de ces points parleront davantage à certaines régions du monde, d'autres à des régions différentes. Chacun est invité à privilégier le ou les points sur lesquels il estime que l'expérience de « son » Église a une plus grande richesse à partager avec d'autres : ce sera sa contribution à l'œuvre commune.

Chaque fiche se concentre sur la question indiquée par le titre, en tenant compte du cadre de référence

que représente l’IL, dont le contenu n'est ni répété ni explicitement cité. Celui-ci représente cependant la base du travail, en y adjoignant tous les documents relatifs à la phase de consultation comme cela est rappelé ici: « même pour la préparation de l'Assemblée, les Membres du Synode sont invités à garder à l'esprit les documents précédents, en particulier le DEC et les Documents finaux des Assemblées continentales, ainsi que celui du Synode digital, comme outils de leur discernement » (n° 9). Il ne s'agit donc pas de repartir de zéro, mais de poursuivre un chemin déjà commencé. C'est pour cette raison, ainsi que pour d'évidentes raisons d'espace, que les fiches n'offrent pas un traitement systématique des différentes questions, et ne cherchent pas à tout approfondir : le fait que le processus synodal ait mis en évidence certains points comme prioritaires ne signifie pas que d'autres questions soient moins importantes. Sur la base de la consultation du Peuple de Dieu, les questions proposées dans les fiches de travail sont des portes d'entrée pour aborder concrètement la question fondamentale qui anime et guide tout le processus : « comment se réalise aujourd’hui, à différents niveaux (du niveau local au niveau universel) ce “ marcher ensemble ” qui permet à l’Église d’annoncer l’Évangile, conformément à la mission qui lui a été confiée; et quels pas de plus l’Esprit nous invite-t-il à poser pour grandir comme Église synodale ? » (DP 2).

Il existe des points de contact évidents, voire des chevauchements, entre les fiches, y compris entre les différentes parties. Toutefois, il ne s'agit pas d'une répétition, car la rédaction a tenu compte du fait que les fiches sont conçues pour pouvoir être utilisées indépendamment les unes des autres. En outre, cela met en évidence le riche réseau d'interconnexions entre les sujets abordés.

Certaines des questions qui ont émergé de la consultation du Peuple de Dieu concernent des sujets sur lesquels il existe déjà un développement magistériel et théologique auquel se référer : pour ne donner que deux exemples, il suffit de penser à l'accueil des divorcés remariés, sujet traité dans l'Exhortation Apostolique Post-Synodale Amoris laetitia, ou à l'inculturation de la liturgie, objet de l'Instruction Varietates legitimae (1994) de la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements. Le fait que des questions continuent d'émerger sur des points de ce genre ne peut être écarté à la hâte, mais doit faire l'objet d'un discernement, et l'Assemblée synodale est un forum privilégié pour ce faire. Il convient notamment d'examiner les obstacles, réels ou supposés, qui ont empêché les démarches indiquées et ce qu'il convient de faire pour les lever. Par exemple, si le blocage provient d'un manque général d'information, un meilleur effort de communication sera nécessaire. Si, en revanche, il est dû à la difficulté de saisir les implications des documents dans des situations concrètes ou de se reconnaître dans ce qu'ils proposent, un parcours synodal d'appropriation effective des contenus par le Peuple de Dieu pourrait être la réponse appropriée. Un autre cas serait celui où la réapparition d'une question est le signe d'un changement de réalité ou de la nécessité d'un « débordement » de la Grâce, qui exige de revenir à l'interrogation du Dépôt de la Foi et de la Tradition vivante de l'Église.

Il sera difficile pour les travaux de la première session de la XVIe Assemblée générale ordinaire du Synode des évêques de parvenir à la formulation d'orientations concluantes sur nombre de ces sujets : c'est pourquoi le Saint-Père a décidé que l'Assemblée synodale se tiendrait en deux sessions. L'objectif de la première session sera avant tout d'esquisser des pistes d'approfondissement à mener dans un style synodal, en indiquant les sujets à traiter et les moyens d'en tirer profit, afin de permettre au discernement de s'achever lors de la seconde session, en octobre 2024, en élaborant les propositions concrètes pour grandir en tant qu'Église synodale, à présenter au Saint-Père.

B 1. Une communion qui rayonne

Comment être davantage signe et moyen
de l’union avec Dieu et de l’unité de tout le genre humain ?

B 1.1 Comment le service de la charité, l'engagement pour la justice et le soin de la maison commune nourrissent-ils la communion dans une Église synodale ?

Les Assemblées continentales ont indiqué plusieurs directions pour se développer en tant qu'Église synodale missionnaire :

a) Dans une Église synodale, les pauvres, au sens premier de ceux qui vivent dans la pauvreté et l'exclusion sociale, occupent une place centrale. Ils sont les destinataires des soins, mais surtout les porteurs d'une Bonne Nouvelle que toute la communauté doit écouter : d'eux, l'Église a avant tout quelque chose à apprendre (cf. Lc 6,20 ; EG 198). Une Église synodale reconnaît et valorise leur participation active.

b) Le soin de la maison commune exige une action partagée : la solution de nombreux problèmes, tels que le changement climatique, exige l'engagement de toute la famille humaine. Le soin de la maison commune est déjà un lieu d'expériences intenses de rencontre et de collaboration avec des membres d'autres Églises et communautés ecclésiales, avec des croyants d'autres religions et avec des hommes et des femmes de bonne volonté. Cet engagement requiert la capacité d'agir de manière cohérente à plusieurs niveaux : catéchèse et animation pastorale, promotion des styles de vie, gestion des biens de l'Église (patrimoniaux et financiers).

c) Les mouvements migratoires sont un signe de notre temps et « les migrants sont un 'paradigme' capable d'illuminer notre temps »[11]. Leur présence constitue un appel à cheminer ensemble, particulièrement lorsqu'il s'agit des fidèles catholiques. Elle invite à créer des liens avec les Églises des pays d'origine et représente une chance d'expérimenter la diversité de l'Église, par exemple à travers la diaspora des Églises catholiques orientales.

d) Une Église synodale peut jouer un rôle de témoignage prophétique dans un monde fragmenté et polarisé, en particulier lorsque ses membres s'engagent à marcher ensemble avec d'autres citoyens pour la construction du bien commun. Dans les lieux marqués par de profonds conflits, cela exige la

capacité d'être des agents de réconciliation et des artisans de paix.

e) « Tout chrétien et toute communauté sont appelés à être un instrument de Dieu pour la libération et la promotion des pauvres » (EG 187). Cela implique la disponibilité à prendre position en leur faveur dans le débat public, à prêter voix à leurs causes, à dénoncer les situations d'injustice et de discrimination, sans complicité avec ceux qui en sont responsables.

Question de discernement

Marcher ensemble signifie ne laisser personne de côté et être capable de suivre ceux et celles qui peinent le plus. Comment pouvons-nous progresser dans notre capacité à promouvoir la participation active des plus petits dans l'Église et la société ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Les œuvres de justice et de miséricorde sont une forme de participation à la mission du Christ. Toute personne baptisée est donc appelée à s'engager dans ce domaine. Comment cette conscience peut-elle être éveillée, cultivée et renforcée dans les communautés chrétiennes ?

2) Les inégalités qui marquent le monde contemporain traversent aussi le corps de l'Église, séparant par exemple les Églises des pays riches et des pays pauvres, ou les communautés des régions les plus riches et les plus pauvres d'un même pays. Quels sont les outils nécessaires pour pouvoir cheminer ensemble entre Églises au-delà de ces inégalités, en faisant l'expérience d'un authentique échange de dons ?

3) Sur le chemin du Synode, quels efforts ont été faits pour donner de l'espace à la voix des plus pauvres et intégrer leur contribution ? Quelle expérience nos Églises ont-elles acquise en soutenant la participation active des pauvres ? Que devons-nous faire pour les impliquer de plus en plus dans notre cheminement ensemble, en laissant leur voix remettre en question notre façon de faire lorsqu'elle n'est pas assez inclusive ?

4) L'accueil des migrants devient-il une occasion de cheminer avec des personnes d'une autre culture, surtout lorsque nous partageons la même foi ? Quelle est la place des communautés de migrants dans la pastorale ordinaire ? Comment la diaspora des Églises catholiques orientales est-elle valorisée comme une occasion de vivre l'unité dans la diversité ? Quels liens sont créés entre les Églises des pays de départ et celles des pays d'arrivée ?

5) La communauté chrétienne sait-elle cheminer avec l'ensemble de la société dans la construction du bien commun ou se présente-t-elle comme un sujet intéressé par la défense de ses propres intérêts partisans ? Parvient-elle à témoigner de la possibilité d'une concorde au-delà des polarisations politiques ? Quels outils se donne-t-elle pour se former à ces tâches ? Travailler au bien commun nécessite de former des alliances et des coalitions : quels critères de discernement nous donnons-nous à cet égard ? Comment chaque communauté accompagne-t-elle ses membres engagés en politique ?

6) Quelles expériences de marche commune pour le soin de la maison commune avons-nous eues avec des personnes, des groupes et des mouvements qui ne font pas partie de l'Église catholique ? Qu'avons-nous appris ? Où en sommes-nous dans la construction d'une cohérence entre les différents niveaux auxquels la protection de la maison commune nous demande d'agir ?

7) La rencontre avec les pauvres et les marginalisés et la possibilité de cheminer avec eux commencent souvent par une volonté d'écouter leur vie. Est-il judicieux de réfléchir à la reconnaissance d'un ministère spécifique d'écoute et d'accompagnement pour les personnes qui assument ce service ? Comment une Église synodale peut-elle les former et les soutenir ? Comment penser à reconnaître ecclésialement des formes d'engagement pour la construction d'une société juste et la prise en charge de la maison commune qui sont vécues comme une réponse à une vocation authentique et comme un choix qui est aussi professionnel ?

B 1.2 Comment une Église synodale peut-elle rendre crédible la promesse que "l'amour et la vérité se rencontrent" (Ps 85,11) ?

Essayer de comprendre ce que signifient concrètement l'accueil et l'accompagnement pour la communauté chrétienne a été au cœur des différentes étapes de la première phase.

Le DEC a choisi l'image biblique de la tente qui s'étend (cf. Is 54,2) pour exprimer l'appel à être une communauté bien enracinée et donc capable de s'ouvrir. Les Assemblées continentales, sur la base de leurs différentes sensibilités, ont proposé d'autres images pour articuler la dimension de l'accueil qui fait partie de la mission de l'Église : l'Asie a offert l'image de la personne qui se déchausse pour franchir le seuil, en signe d'humilité pour se préparer à rencontrer l'autre et Dieu ; l'Océanie a proposé l'image de la barque ; l'Afrique a insisté sur l'image de l'Église comme famille de Dieu, capable d'offrir l'appartenance et l'accueil à tous ses membres, dans toute leur diversité.

Sous cette diversité d'images, nous pouvons déceler une unité de but : partout l'Église cherche comment renouveler sa mission d'être une communauté accueillante et hospitalière, de rencontrer le Christ dans ceux qu'elle accueille et d'être un signe de sa présence et une proclamation crédible de la vérité de l'Évangile dans la vie de tous. Il s'agit d'un besoin profond d'imiter le Maître et Seigneur également dans la capacité de vivre un paradoxe apparent : « proclamer avec audace son enseignement authentique tout en offrant un témoignage d’inclusion et d’acceptation radicales » (DEC 30).

Sur ce point, le chemin synodal a été l'occasion d'une confrontation profonde, avec humilité et sincérité. La surprise est de découvrir que la méthode synodale permet de placer les questions qui surgissent de cette confrontation dans la perspective de la mission, sans rester paralysé, nourrissant l'espoir que le Synode sera un catalyseur pour ce renouveau de la mission et aidera à guérir et renforcer les relations dans l'Église.

Le désir d’être capable d’accueillir vraiment tout le monde s’exprime de manière différente selon les contextes, avec des approches très différentes et parfois divergentes :

a) les documents finaux des assemblées continentales mentionnent souvent les groupes de personnes qui ne se sentent pas bien acceptés dans l'Église, comme étant les personnes divorcés et remariées,

les personnes polygames ou les personnes LGBTQ+ ;

b) ces documents notent également comment des formes de discrimination raciale, tribale, ethnique, de classe ou de caste, également présentes au sein du peuple de Dieu, conduisent certaines personnes à se sentir moins importantes ou moins bien accueillies au sein de la communauté ;

c) il existe de nombreux rapports sur la façon dont une variété d'obstacles, allant des obstacles pratiques aux préjugés culturels, génèrent des formes d'exclusion des personnes handicapées et doivent être surmontés ;

d) on s'inquiète également du fait que les pauvres, auxquels la Bonne Nouvelle s'adresse en premier lieu, sont trop souvent en marge des communautés chrétiennes (par exemple, les réfugiés, les migrants et les déplacés, les enfants des rues, les sans-abri, les victimes de la traite des êtres humains, etc)

e) enfin, les documents des Assemblées continentales notent qu'il est nécessaire de maintenir le lien entre la conversion synodale et la prise en charge des victimes et des personnes marginalisées dans l'Église ; en particulier, ils insistent beaucoup sur la nécessité d'apprendre à exercer la justice pour accueillir ceux et celles qui ont été blessés par des membres de l'Église, en particulier les victimes et les survivant(e)s de toutes les formes d'abus ;

f) l'écoute des voix les plus souvent négligées est indiquée comme le moyen de grandir dans l'amour et la justice dont témoigne l'Évangile.

Question de discernement

Quelles mesures une Église synodale peut-elle prendre pour imiter de plus en plus son Maître et Seigneur, qui marche avec tous dans un amour inconditionnel et qui proclame la plénitude de la vérité de l'Évangile ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Quelle est l'attitude avec laquelle nous abordons le monde ? Reconnaissons-nous ce qu'il a de bon et, en même temps, nous engageons-nous à dénoncer prophétiquement tout ce qui porte atteinte à la dignité des personnes, des communautés humaines et de la création ?

2) Comment pouvons-nous faire entendre une voix prophétique en découvrant les causes du mal sans fragmenter davantage nos communautés ? Comment pouvons-nous devenir une Église qui ne cache pas les conflits et qui n'a pas peur de préserver des espaces de désaccord ?

3) Comment pouvons-nous rétablir la proximité et l’attention aux relations comme noyau de la mission de l'Église, en marchant avec les personnes au lieu de parler d'elles ou de les haranguer sans les écouter ?

4) Dans la ligne de l'Exhortation Apostolique post-synodale Christus vivit, comment pouvons-nous cheminer ensemble avec les jeunes ? Comment une " option préférentielle pour les jeunes " peut-elle être au centre de nos stratégies pastorales dans une clé synodale ?

5) Comment pouvons-nous continuer à prendre des mesures concrètes pour rendre justice aux victimes et aux survivants d’abus sexuels, spirituels, économiques, de pouvoir et de conscience perpétrés par des personnes qui exerçaient un ministère ou une mission ecclésiale ?

6) Comment pouvons-nous créer des espaces dans lesquels les personnes qui se sentent blessées par l'Église et mal accueillies par la communauté peuvent se sentir reconnues, accueillies, non jugées et libres de poser des questions ? À la lumière de l'Exhortation Apostolique post-synodale Amoris laetitia, quelles mesures concrètes sont nécessaires pour atteindre les personnes qui se sentent exclues de l'Église en raison de leur affectivité et de leur sexualité (par exemple, les divorcés remariés, les personnes vivant dans des mariages polygames, les personnes LGBTQ+, etc.)

7) Comment pouvons-nous être plus ouverts et accueillants envers les migrants et les réfugiés, les minorités ethniques et culturelles, les communautés indigènes qui font depuis longtemps partie de l'Église mais qui sont souvent en marge ? Comment pouvons-nous témoigner que leur présence est un don ?

8) Quelles sont les barrières physiques et culturelles que nous devons supprimer pour que les personnes handicapées puissent se sentir membres à part entière de la communauté ?

9) Comment renforcer la contribution des personnes âgées à la vie de la communauté chrétienne et de la société ?

B 1.3 Comment une relation dynamique d'échange de dons entre Églises peut-elle se développer ?

La communion à laquelle l'Église est appelée est une relation dynamique d'échange de dons, témoignant d'une unité transcendante dans la diversité. La redécouverte de la richesse de la diversité et de la profondeur de notre interconnexion est l'un des dons les plus significatifs du chemin synodal jusqu'à présent. Cette diversité et cette interconnexion ne menacent pas l’unité, mais dessinent au contraire le contexte d'une réception plus profonde de notre unité fondée sur notre commune création, vocation et destinée.

Le processus synodal a été vécu de manière passionnée et vivante au niveau local de l'Église, en particulier lorsque des occasions de conversation dans l'Esprit ont eu lieu. Le DEC a cherché à mettre en évidence les différentes formes de cette vitalité tout en soulignant l'extraordinaire convergence sur les questions et les thèmes qui ont émergé dans les différents contextes. Au cours des Assemblées continentales, certains aspects de la vie de l'Église dans des contextes très différents ont donc été découverts comme un don précieux. En même temps, un rapport plus profond a été établi avec la diversité qui marque les différentes régions : différences entre les Églises d'un même continent, différences dans l'expression de la catholicité, dues notamment à la présence de communautés catholiques latines et orientales sur un même territoire, souvent à la suite de vagues migratoires et de la formation de communautés en diaspora. En réalité, comme l'a fait remarquer une assemblée continentale, nous avons vécus très concrètement comme des "communautés de communautés", notant les dons que nous recevons ainsi que les tensions qui peuvent en résulter.

Ces assemblées ont donné lieu à des observations partagées, voire à des demandes explicites :

a) il est souhaitable que les différentes traditions, issues de régions et d'Églises spécifiques, puissent être mieux entendues et reconnues dans un contexte de réflexion ecclésiologique et théologique souvent dominée par les voix latines/occidentales. La dignité du baptisé est reconnue comme un point clé pour tous dans de nombreux contextes ; de même, pour de nombreux membres des Églises catholiques orientales en particulier, le mystère pascal célébré dans les sacrements de l'initiation chrétienne reste au centre de la réflexion sur l'identité des chrétiens et de l'Église synodale ;

b) les Églises catholiques orientales ont une longue et remarquable expérience de la synodalité, partagée avec les Églises orthodoxes, une tradition à laquelle elles souhaitent que l'on prête attention dans les discussions et le discernement de ce processus synodal ;

c) de même, il existe des réalités spécifiques et particulières auxquelles les chrétiens orientaux de la diaspora sont confrontés dans de nouveaux contextes, avec leurs frères et sœurs orthodoxes. Il est souhaitable que les Églises orientales catholiques en diaspora puissent préserver leur identité et être reconnues comme étant plus que de simples communautés ethniques, c'est-à-dire comme des Églises sui iuris aux riches traditions spirituelles, théologiques et liturgiques qui contribuent à la mission de l'Église aujourd'hui, dans un contexte mondial.

Question de discernement

Comment chaque Église locale, sujet de la mission dans le contexte où elle vit, peut-elle valoriser, promouvoir et intégrer l'échange de dons avec les autres Églises locales, dans l'horizon de l'unique Église catholique ? Comment les Églises locales peuvent-elles contribuer à promouvoir la catholicité de l'Église dans une relation harmonieuse entre unité et diversité, en préservant la spécificité de chacune ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Comment faire prendre conscience que l'Église une et catholique est déjà, et depuis le début, porteuse d'une diversité riche et multiforme ?

2) Par quels gestes les différentes Églises locales pourraient-elles s'offrir mutuellement l'hospitalité afin de bénéficier d'un échange de dons ecclésiaux et de manifester la communion ecclésiale dans la liturgie, la spiritualité, la pastorale et la réflexion théologique ? En particulier, comment pouvons-nous activer un échange entre les expériences et les visions de la synodalité entre les Églises catholiques orientales et l'Église latine ?

3) Comment l'Église latine pourrait-elle développer une plus grande ouverture aux traditions spirituelles, théologiques et liturgiques des Églises catholiques orientales ?

4) Comment les Églises catholiques orientales en diaspora peuvent-elles préserver leur identité et être reconnues comme étant plus que de simples communautés ethniques ?

5) Certaines Églises vivent dans des situations très précaires. Comment les autres Églises peuvent-elles prendre en charge leurs souffrances et subvenir à leurs besoins, en mettant en pratique les enseignements de l'apôtre Paul, qui demandait aux communautés de Grèce de soutenir généreusement celle de Jérusalem : "Que votre abondance réponde à leur indigence, afin que leur abondance réponde aussi à votre indigence, et qu'il y ait égalité" (2 Co 8, 14) ? Quel rôle les institutions mondiales et celles du Saint-Siège dédiées au service de la charité peuvent-elles jouer à cet égard ?

6) Comment les contributions et les expériences des Églises locales peuvent-elles être prises en compte et valorisées dans l'élaboration du Magistère et des normes ecclésiastiques au niveau universel ?

7) Dans un monde de plus en plus globalisé et interconnecté, comment pouvons-nous développer le tissu des relations entre les Églises locales d'une même région mais aussi de différents continents ? Comment la mobilité humaine croissante et donc la présence de communautés de migrants peuvent-elles devenir une occasion de construire des liens entre les Églises et d'échanger des dons ? Comment gérer de manière constructive les tensions et les malentendus qui peuvent surgir entre fidèles de cultures et de traditions différentes ?

8) Comment les institutions mondiales de l'Église, à commencer par celles qui relèvent du Saint-Siège et des dicastères de la Curie romaine, peuvent-elles favoriser la circulation des dons entre les Églises ?

9) Comment rendre actif et fructueux l'échange d'expériences et de dons non seulement entre les différentes Églises locales, mais aussi entre les différentes vocations, charismes et spiritualités à l'intérieur du Peuple de Dieu : instituts de vie consacrée et sociétés de vie apostolique, associations et mouvements de laïcs, communautés nouvelles ? Comment assurer la participation des communautés de vie contemplative à ce mouvement ?

B 1.4 Comment une Église synodale peut-elle mieux remplir sa mission grâce à un engagement œcuménique renouvelé ?

« Le chemin de la synodalité que parcourt l'Église catholique est et doit être œcuménique, tout comme le chemin œcuménique est synodal »[12]. La synodalité est un défi commun qui concerne tous les croyants en Christ, tout comme l'œcuménisme est avant tout un chemin commun (syn-odos) parcouru ensemble avec d'autres chrétiens. La synodalité et l'œcuménisme sont deux chemins à parcourir ensemble, avec un objectif commun : un meilleur témoignage chrétien. Celui-ci peut prendre la forme d'une vie commune dans un "œcuménisme de la vie" à différents niveaux, y compris les mariages interconfessionnels, mais aussi de l'acte suprême de donner sa vie en témoignage de la foi au Christ dans l'œcuménisme du martyre.

L'engagement de construire une Église synodale a plusieurs implications œcuméniques :

a) dans l'unique baptême, tous les chrétiens participent au sensus fidei ou sens surnaturel de la foi (cf. LG 12), c'est pourquoi, dans une Église synodale, tous doivent être écoutés attentivement ;

b) le chemin œcuménique est un échange de dons, et l'un des dons que les catholiques peuvent recevoir d'autres chrétiens est précisément leur expérience synodale (cf. EG 246). La redécouverte de la synodalité comme dimension constitutive de l'Église est un fruit du dialogue œcuménique, en particulier avec les orthodoxes ;

c) le mouvement œcuménique est un laboratoire de la synodalité, en particulier la méthodologie du dialogue et de la recherche du consensus expérimentée à différents niveaux en son sein pourrait être une source d'inspiration ;

d) la synodalité fait partie de la "réforme continue" de l'Église, sachant que c'est surtout par sa réforme interne, dans laquelle la synodalité joue un rôle essentiel, que l'Église catholique se rapproche des autres chrétiens (cf. UR 4.6) ;

e) il existe une relation réciproque entre l'ordre synodal de l'Église catholique et la crédibilité de son engagement œcuménique ;

f) une certaine synodalité entre les Églises est vécue chaque fois que des chrétiens et chrétiennes de différentes traditions se réunissent au nom de Jésus-Christ pour une prière, une action et un témoignage communs, ou encore pour des rencontres régulières ou en envoyant des participants aux processus synodaux des autres.

Tous les documents finaux des Assemblées continentales soulignent l'étroite relation entre la synodalité et l'œcuménisme, et certains y consacrent des chapitres entiers. En effet, tant la synodalité que l'œcuménisme sont enracinés dans la dignité baptismale de tout le Peuple de Dieu. Ils invitent à un engagement renouvelé sur la base de la vision d'une Église synodale missionnaire. Ils sont des processus d'écoute et de dialogue et exhortent à grandir dans une communion qui n'est pas l'uniformité, mais l'unité dans la légitime diversité. Ils soulignent la nécessité d'un esprit de coresponsabilité, puisque nos décisions et nos actions à différents niveaux affectent tous les membres du corps du Christ. Enfin ce sont des processus spirituels de repentance, de pardon et de réconciliation dans un dialogue de conversion qui peut conduire à une guérison de la mémoire.

Question de discernement

Comment l'expérience et les fruits du chemin œcuménique peuvent-ils aider à construire une Église catholique plus synodale ? Comment la synodalité peut-elle aider l'Église catholique à mieux répondre à la prière de Jésus : « Que tous soient un... afin que le monde croie » (Jn 17,21) ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Ce Synode est une occasion d'apprendre des autres Églises et Communautés ecclésiales et de « récolter ce que l'Esprit a semé en elles comme un don pour nous aussi » (EG 246). Que peuvent (ré)apprendre les catholiques de l'expérience synodale des autres chrétiens et du mouvement œcuménique ?

2) Comment promouvoir la participation active de l'ensemble du peuple de Dieu au mouvement œcuménique ? En particulier, quelle peut être la contribution des personnes consacrées, des couples et des familles interconfessionnels, des jeunes, des mouvements ecclésiaux et des communautés œcuméniques ?

3) Dans quels domaines une guérison de la mémoire est-elle nécessaire en ce qui concerne les relations avec les autres Églises et Communautés ecclésiales ? Comment pouvons-nous construire ensemble une "nouvelle mémoire" ?

4) Comment améliorer notre collaboration avec les chrétiens de toutes les traditions ? Comment la commémoration commune du 1700e anniversaire du Concile de Nicée (325-2025) pourrait-elle constituer une opportunité à cet égard ?

5) « Le ministère épiscopal de l'unité est étroitement lié à la synodalité »[13]. Comment l'évêque, en tant que « principe visible et fondement de l'unité » (LG 23), est-il appelé à promouvoir l'œcuménisme de manière synodale dans son Église locale ?

6) Comment le processus synodal en cours peut-il contribuer à « trouver une forme d'exercice de la primauté qui, sans renoncer à l'essentiel de sa mission, soit ouverte à une situation nouvelle »[14] ?

7) Comment les Églises orientales catholiques peuvent-elles aider, soutenir et stimuler l'Église latine dans son engagement synodal et œcuménique commun ? Comment l'Église latine peut-elle soutenir et promouvoir l'identité des fidèles catholiques orientaux dans la diaspora ?

8) Comment la devise œcuménique du pape François « Marcher ensemble, travailler ensemble, prier ensemble »[15] peut-elle inspirer un engagement renouvelé en faveur de l'unité des chrétiens de manière synodale ?

B 1.5 Comment pouvons-nous reconnaître et intégrer la richesse des cultures, et développer le dialogue avec les religions à la lumière de l'Évangile ?

L'écoute des personnes nécessite de savoir écouter les cultures dans lesquelles elles s'inscrivent, sachant que toute culture est en constante évolution. Une Église synodale doit apprendre à articuler de mieux en mieux l'Évangile avec les cultures et les contextes locaux, par le discernement, en partant de la confiance que l'Esprit lui donne une telle ampleur qu'elle peut accueillir toute culture, sans exclusion. La preuve en est que les Églises locales sont déjà caractérisées par une grande diversité, ce qui est une bénédiction : en leur sein coexistent différentes nationalités et ethnies, des croyants et croyantes de traditions orientales et occidentales. Cette richesse n'est cependant pas toujours facile à vivre et peut devenir source de divisions et de conflits.

En outre, notre époque est marquée par l'omniprésence d'une nouvelle culture, celle des environnements numériques et des nouveaux médias. Comme le montre l'initiative du Synode numérique, l'Église y est déjà présente, notamment à travers l'action de nombreux chrétiens, dont beaucoup de jeunes. Ce qui manque encore, c'est une pleine conscience du potentiel que cet environnement offre pour l'évangélisation et une réflexion sur les défis qu'il pose, notamment en termes anthropologiques.

Des documents des Assemblées continentales émergent des tensions diverses qu’il s’agit de reconnaître et accueillir comme source de dynamisme plutôt que de se laisser écraser par elles :

a) la relation entre l'Évangile et les cultures locales, avec des expériences et des positions différentes. Certains considèrent l'adoption des traditions des Églises d'autres régions comme une forme de colonialisme. D'autres croient que l'Esprit agit dans chaque culture, la rendant capable d'exprimer les vérités de la foi chrétienne. D'autres encore estiment que les chrétiens ne peuvent pas adopter ou adapter des pratiques culturelles préchrétiennes ;

b) les relations entre le christianisme et les autres religions. À côté des expériences fructueuses de dialogue et d'engagement avec les croyants d'autres religions, apparaissent aussi des luttes et des limites, des signes de méfiance, des conflits religieux et même des persécutions, directes ou indirectes. L'Église souhaite construire des ponts pour la promotion de la paix, de la réconciliation, de la justice et de la liberté, mais il y a aussi des situations qui nous demandent de faire preuve d'une grande patience et d'espérer que les choses peuvent changer ;

c) la relation entre l'Église d'une part et la culture occidentale et les formes de colonisation culturelle d'autre part. Il existe dans le monde des forces qui s'opposent à la mission de l'Église, à commencer par des idéologies philosophiques, économiques et politiques fondées sur des présupposés qui s'opposent à la foi. Tout le monde ne perçoit pas ces tensions de la même manière, par exemple en ce qui concerne le phénomène de la sécularisation, que certains considèrent comme une menace et d'autres comme une opportunité. Cette tension est parfois interprétée de manière réductrice comme un affrontement entre ceux qui souhaitent le changement et ceux qui le craignent ;

d) le rapport entre les communautés indigènes et les modèles occidentaux d'action missionnaire. De nombreux missionnaires catholiques ont fait preuve d'un grand dévouement et d'une grande générosité dans le partage de leur foi, mais dans certains cas, leur action a entravé la possibilité pour les cultures locales d'offrir leur contribution originale à l'édification de l'Église ;

e) la relation entre la communauté chrétienne et les jeunes, dont beaucoup se sentent exclus par le langage adopté dans les milieux ecclésiastiques, qui leur est incompréhensible.

Ces tensions doivent d'abord être abordées par le discernement au niveau local, car il n'y a pas de recettes toutes faites. Les Assemblées continentales ont mis l'accent sur les dispositions personnelles et communautaires qui peuvent être utiles : une attitude d'humilité et de respect, la capacité d'écouter et de promouvoir une conversation authentique dans l'Esprit, la volonté de changer, d'embrasser la dynamique pascale de la mort et de la résurrection également en ce qui concerne les formes concrètes que prend la vie de l'Église, la formation au discernement culturel, à la confrontation des sensibilités et de la spiritualité, et à l'accompagnement des personnes issues de cultures différentes.

Question de discernement

De quelle manière pouvons-nous rendre l'annonce de l'Évangile communicable et perceptible dans les différents contextes et cultures, afin de favoriser la rencontre avec le Christ des hommes et des femmes de notre temps ? Quels liens pouvons-nous établir avec les croyants et croyantes d'autres religions, en développant une culture de la rencontre et du dialogue ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Avec quels outils les Églises locales lisent-elles et discernent-elles les cultures dans lesquelles elles sont insérées ? Comment peuvent-elles, à la lumière de l'Évangile, respecter et valoriser les cultures des différents contextes locaux ? Quelles occasions peuvent-elles créer pour relire de manière constructive les enseignements de l'Église à la lumière des cultures locales ?

2) Quels sont les espaces disponibles pour que les cultures minoritaires et migrantes puissent s'exprimer dans les églises locales ?

3) Divers diocèses, conférences épiscopales, assemblées continentales ont exprimé le désir de pouvoir réarticuler la vie communautaire et surtout la liturgie en fonction des cultures locales, dans un processus d'inculturation permanente. Quelle dynamique synodale pouvons-nous mettre en place pour répondre à ce désir ?

4) Comment promouvoir la formation au discernement culturel ? Comment encourager, éduquer et reconnaître les charismes et les vocations de "traducteurs" et « traductrices », c'est-à-dire de personnes à même d’aider à construire des ponts entre les religions, les cultures et les personnes ?

5) A quels gestes de réconciliation et de paix avec les autres religions nous sentons-nous appelés ? Comment gérer de manière constructive les préjugés, les tensions et les conflits ? Comment témoigner de l'Évangile dans les pays où l'Église est minoritaire, sans affaiblir le témoignage de la foi, mais aussi sans exposer à la légère les chrétiens aux menaces et à la persécution ?

6) Comment aborder de manière franche, prophétique et constructive les relations entre la culture occidentale et les autres cultures, y compris au sein de l'Église, en évitant les formes de néocolonialisme ?

7) Pour certains, la société sécularisée est une menace à laquelle il faut s'opposer, pour d'autres un fait qu'il faut accepter, pour d'autres encore une source d'inspiration et une opportunité. Comment les Églises peuvent-elles rester en dialogue avec le monde sans devenir mondaines ?

8) Comment créer des opportunités de discernement dans les environnements numériques ? Quelles formes de collaboration et quelles structures devons-nous créer au service de l'évangélisation dans un environnement qui dépasse la dimension territoriale ?

B 2. Co-responsables de la mission
Comment partager les dons et les charges au service de l'Évangile ?

B 2.1 Comment cheminer ensemble vers une conscience partagée du sens et du contenu de la mission ?

L'Église a pour mission d'annoncer l'Évangile et de rendre le Christ présent, par le don de l'Esprit. Cette tâche appartient à tous les baptisés (cf. EG 120) : la synodalité est constitutivement missionnaire et la mission elle-même est une action synodale. Nous sommes continuellement invités à grandir dans notre réponse à cet appel, en renouvelant la manière dont l'Église accomplit sa mission à la lumière de la synodalité. Dans les réflexions des Assemblées Continentales, cette mission articule une multiplicité de dimensions, à harmoniser et non à opposer les unes aux autres, dans la perspective intégrale promue par Evangelii nuntiandi et reprise par Evangelii gaudium. Par exemple :

a) un appel sincère au renouveau de la vie liturgique de l'Église locale en tant que lieu de proclamation par la Parole et les Sacrements, en mettant l'accent sur la qualité de la prédication et le langage propre de la liturgie. Cette dernière requiert un juste équilibre entre l'unité de l'Église, qui s'exprime aussi dans l'unité du rite, et les variétés légitimes, qu'une inculturation appropriée prend dûment en compte[16] ;

b) un vrai désir d'une Église pauvre et proche de ceux qui souffrent, capable d'évangéliser par l'exercice de la proximité et de la charité, sur les traces du Seigneur, et le témoignage d'un engagement qui va jusqu'au martyre : c'est la vocation "samaritaine" de l'Église. Les situations dans lesquelles l'Église cause des blessures et celles dans lesquelles elle en subit sont rappelées. Sans attention aux personnes concernées, ces situations deviennent des obstacles au témoignage de l'amour de Dieu et de la vérité de l'Évangile ;

c) une clé de l'opposition prophétique aux colonialismes nouveaux et destructeurs est l'ouverture de lieux de service gratuit, inspirés par l'imitation du Christ, qui est venu non pas pour être servi mais pour servir (cf. Mc 10,45). Ce sont des lieux où les besoins humains fondamentaux peuvent être satisfaits, où les gens se sentent accueillis et non jugés, libres de poser des questions sur les raisons de notre espérance (cf. 1P 3,15), libres de partir et de revenir. Pour une Église synodale, la mission consiste toujours à construire avec les autres, et pas seulement pour les autres ;

d) même dans l'environnement numérique, que l'Église découvre comme une opportunité d'évangélisation, la construction de réseaux de relations permet aux personnes qui le fréquentent, en particulier les jeunes, d'expérimenter de nouvelles manières de cheminer ensemble. L'initiative du Synode numérique attire l'attention de l'Église sur la réalité de la personne humaine en tant qu'être qui communique, même dans les circuits médiatiques qui façonnent notre monde contemporain.

Le désir de croître dans l'engagement missionnaire n'est pas entravé par la conscience des limites des communautés chrétiennes et la reconnaissance de leurs échecs ; au contraire, le mouvement de sortie de soi sous l'impulsion de la foi, de l'espérance et de la charité est une manière d'affronter cette incomplétude. À côté de l'affirmation de ce désir, les Assemblées continentales expriment aussi le manque de clarté et de compréhension commune du sens, de la portée et du contenu de la mission de l'Église, ainsi que le manque de critères pour articuler les impulsions à l'action dans les différentes directions. Cela entrave notre marche ensemble et nous divise ; d'où la demande d'une formation plus poussée et de lieux de confrontation et de dialogue, dans une dynamique synodale, entre les différentes perspectives, spiritualités et sensibilités qui font la richesse de l'Église.

Question de discernement

Dans quelle mesure l'Église est-elle préparée et équipée pour la mission de proclamer aujourd’hui l'Évangile avec conviction, liberté d'esprit et efficacité ? Comment la perspective d'une Église synodale transforme-t-elle la compréhension de la mission et permet-elle d'en articuler les différentes dimensions ? Comment l'expérience de la mission accomplie ensemble

enrichit-elle la compréhension de la synodalité ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) La vie liturgique de la communauté est la source de la mission. Comment soutenir son renouveau dans une perspective synodale de valorisation des ministères, des charismes et des vocations ? Comment faire en sorte que la liturgie soit aussi un espace d'accueil et de relation ?

2) Comment la prédication, la catéchèse et la pastorale peuvent-elles promouvoir une conscience partagée du sens et du contenu de la mission ? Et du fait qu'elle constitue un appel concret et efficace pour chaque baptisé ?

3) Les synthèses des Conférences épiscopales et des Assemblées continentales appellent fortement à une "option préférentielle" pour les jeunes et les familles, qui les reconnaisse comme sujets et non comme objets de la sollicitude pastorale. Comment ce renouveau synodal missionnaire de l'Église pourrait-il prendre forme, également à travers la mise en œuvre des conclusions des Synodes de 2014-2015 et de 2018 ?

4) Pour une grande partie du Peuple de Dieu, la mission s'accomplit en « s'occupant des choses temporelles et en les ordonnant selon Dieu » (LG 31 ; cf. aussi AA 2). Comment faire prendre conscience que la profession, l'engagement social et politique, le bénévolat sont des domaines où s'exerce la mission ? Comment accompagner et soutenir ceux et celles qui accomplissent cette mission dans des environnements particulièrement hostiles et difficiles ?

5) La doctrine sociale de l'Église est souvent considérée comme un domaine réservé des experts et des théologiens, et perçue comme déconnectée de la vie quotidienne des communautés. Comment encourager sa réappropriation par le Peuple de Dieu, en tant que ressource pour la mission ?

6) L'environnement numérique façonne désormais la vie de la société. Comment l'Église peut-elle y accomplir sa mission de manière plus efficace ? Comment reconfigurer l'annonce, l'accompagnement et la prise en charge dans cet environnement ? Comment reconnaître de manière adéquate l'engagement missionnaire en son sein et proposer des parcours de formation adéquats à ceux et celles qui l'accomplissent ? Comment encourager l’engagement actif des jeunes, coresponsables de la mission de l'Église dans cet espace ?

7) Dans de nombreux domaines, l'accomplissement de la mission nous oblige à collaborer avec une pluralité de personnes et d'organisations d'inspirations différentes : fidèles d'autres Églises et Communautés ecclésiales, croyants et croyantes d'autres religions, femmes et hommes de bonne volonté. Qu'apprenons-nous en "marchant ensemble" avec eux ? Comment pouvons-nous nous former pour mieux le faire ?

B 2.2 Que faire pour qu'une Église synodale soit aussi une Église missionnaire « toute entière ministérielle » ?

Toutes les Assemblées continentales font référence aux ministères dans l'Église, souvent en des termes très précis. Le processus synodal restaure une vision positive des ministères, qui inscrit les ministères ordonnés dans le cadre plus large des ministères ecclésiaux, sans les mettre en opposition. Est mise en lumière une certaine forme d’urgence à discerner les charismes émergents et les formes appropriées d'exercice des ministères baptismaux (ministères institués, ministères extraordinaires et ministères reconnus de facto) au sein du Peuple de Dieu, participant à la fonction prophétique, sacerdotale et royale du Christ. Cette fiche se concentre sur ce dernier point, tandis que d'autres abordent la question de la relation avec les ministères ordonnés et les devoirs des évêques dans une Église synodale. En particulier :

a) il y a un appel clair à dépasser une vision qui réserve aux seuls ministres ordonnés (évêques, presbytres, diacres) toute fonction active dans l'Église, réduisant la participation des baptisés à une collaboration subordonnée. Sans relativiser l’importance du don du sacrement de l'ordre, les ministères sont compris à partir d'une conception ministérielle de toute l'Église. Une réception sereine du Concile Vatican II émerge, avec la reconnaissance de la dignité baptismale comme fondement de la participation de chacun à la vie de l'Église. La dignité baptismale est aisément reliée au sacerdoce commun comme fondement des ministères baptismaux. Et la relation intrinsèque entre le sacerdoce commun et le sacerdoce ministériel est réaffirmée ; ces deux types de ministères étant « ordonnés l'un à l'autre, puisque tous deux, chacun à sa manière, participent à l'unique sacerdoce du Christ » (LG 10) ;

b) on souligne que le lieu le plus propice pour rendre effective la participation de tous au Sacerdoce du Christ est l’Église locale, capable de valoriser le ministère ordonné dans sa particularité et de promouvoir en même temps les ministères baptismaux dans leur variété. C’est elle qui est appelée à discerner quels charismes et quels ministères sont utiles en vue du bien de tous dans un contexte social, culturel et ecclésial particulier. Il est nécessaire de donner un nouvel élan à la participation spéciale des laïcs à l'évangélisation dans les diverses sphères de la vie sociale, culturelle, économique et politique, ainsi que de renforcer la contribution des hommes et des femmes consacrés, avec leurs différents charismes, au sein de la vie de l'Église locale ;

c) l'expérience de cheminer ensemble dans l'Église locale permet d'imaginer de nouveaux ministères au service d'une Église synodale. Souvent, en se référant au texte, à la vision et au langage de LG 10-12, les Assemblées continentales demandent une plus grande reconnaissance des ministères baptismaux et la possibilité de les réaliser dans le registre de la subsidiarité entre les différents niveaux de l'Église. Dans cette ligne, beaucoup de ces questions pourraient être réfléchies dans le cadre d’un travail synodal plus approfondi au sein même des Églises locales. Sur la base du principe de la participation différenciée aux tria munera du Christ, il est plus facile de maintenir clairement la complémentarité entre le Sacerdoce commun et le Sacerdoce ministériel, en identifiant avec discernement les ministères baptismaux dont la communauté a besoin.

d) une Église « toute entière ministérielle » n'est pas nécessairement une Église où « tous les ministères sont institués ». Il existe légitimement de nombreux ministères qui découlent de la vocation baptismale : des ministères spontanés, certains ministères reconnus qui ne sont pas institués, et d'autres qui, grâce à l'institution, sont liés à une formation, une mission et une stabilité spécifiques. Grandir en tant qu'Église synodale implique un engagement à discerner ensemble quels ministères doivent être créés ou promus à la lumière des signes des temps, comme une réponse au service du monde.

Question de discernement

Comment, dans l'Église, pouvons-nous évoluer vers une coresponsabilité missionnaire réelle et efficace, en vue d’une pleine mise en œuvre des vocations, des charismes et des ministères de tous les baptisés ? Comment faire en sorte qu'une Église plus synodale soit aussi une « Église toute entière ministérielle » ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Comment la célébration du Baptême, de la Confirmation et de l'Eucharistie doit-elle être vécue pour être l'occasion de témoigner et de promouvoir la participation et la coresponsabilité de tous et toutes en tant que participants actifs à la vie et à la mission de l'Église ? Quels sont les chemins de formation à mettre en œuvre pour favoriser dans l'Église une compréhension de la ministérialité qui ne se réduise pas au ministère ordonné ?

2) Comment discerner dans une Église locale les ministères baptismaux, institués ou non, nécessaires à la mission ? Quels sont les espaces d'expérimentation au niveau local ? Quelle valeur attribuer à ces ministères ? A quelles conditions peuvent-ils être pris en charge par l'ensemble de l'Église ?

3) Que pouvons-nous apprendre des autres Églises et communautés ecclésiales en ce qui concerne la ministérialité et les ministères ?

4) La coresponsabilité se manifeste et se réalise avant tout dans la participation de tous à la mission. Comment valoriser l'apport spécifique des différents charismes et vocations (depuis ceux qui sont liés aux capacités et aux compétences, y compris professionnelles, des personnes, jusqu'à ceux qui inspirent les Instituts de vie consacrée et les Sociétés de vie apostolique, les mouvements, les associations, etc.) ?

5) Comment créer des espaces et des moments de participation effective à la coresponsabilité missionnaire pour les fidèles qui, pour diverses raisons, sont en marge de la vie communautaire, mais qui, selon la logique de l'Évangile, peuvent offrir une contribution irremplaçable (personnes âgées et malades, personnes handicapées, pauvres, personnes sans formation culturelle, etc.) ?

6) De nombreuses personnes vivent l'engagement pour la construction d'une société juste et pour le soin de la maison commune comme une réponse à une vocation authentique et comme un choix de vie, même au détriment d'alternatives professionnelles plus rémunératrices. Comment pouvons-nous penser à des formes de reconnaissance de cet engagement, de manière à faire comprendre qu'il ne s'agit pas d'une option personnelle, mais d'une action qui rend tangible la préoccupation de l'Église ?

B 2.3 Comment l'Église de notre temps peut-elle mieux remplir sa mission en reconnaissant et en promouvant davantage la dignité baptismale des femmes ?

Par le Baptême, le chrétien ou la chrétienne entre dans un nouveau lien avec le Christ et, en Lui et par Lui, un lien avec tous les baptisés, avec tout le genre humain et toute la création. Fils et filles d'un même Père, oints d'un même Esprit, en vertu du partage d'un même lien avec le Christ, les baptisé(e)s sont donnés les uns aux autres comme membres d'un unique corps dans lequel ils et elles jouissent d'une égale dignité (cf. Ga 3,26-28). La phase d'écoute a réaffirmé la prise de conscience de cette réalité, en indiquant que celle-ci doit se traduire toujours plus concrètement dans la vie de l'Église, également à travers des relations mutuelles de réciprocité et de complémentarité entre les hommes et les femmes :

a) de manière unanime, même si les perspectives de chaque continent diffèrent, toutes les Assemblées continentales appellent à prêter attention à l'expérience, au statut et au rôle des femmes. Les Documents finaux ont salué la foi, la participation et le témoignage de tant de femmes à travers le monde, laïques et consacrées, en tant qu'évangélisatrices et souvent premières formatrices dans la foi, notant en particulier leur contribution à la "marge prophétique", dans les endroits périphériques et des dans des contextes sociaux difficiles ;

b) en outre, les Assemblées continentales appellent à une réflexion plus approfondie sur la réalité des échecs relationnels, qui sont aussi des échecs structurels affectant la vie des femmes dans l'Église, invitant à un processus de conversion permanente pour essayer de devenir plus pleinement ce que nous sommes déjà dans le Baptême. Les priorités pour l'Assemblée synodale comprennent la prise en compte des joies et des tensions, ainsi que les opportunités de conversion et de renouveau dans la manière dont nous vivons les relations entre hommes et femmes dans l'Église, ainsi que le concret des relations entre ministres ordonnés, hommes et les femmes consacrés, hommes et femmes laïcs ;

c) au cours de la première phase du Synode, les questions à propos de la participation des femmes, de leur reconnaissance, de la relation de soutien mutuel entre les hommes et les femmes et de la présence des femmes à des postes de responsabilité et de gouvernance sont apparues comme des éléments cruciaux dans la recherche d’une manière de vivre la mission de l'Église dans un style plus synodal. Les femmes qui ont participé à la première phase du synode ont clairement exprimé un désir : que la société et l'Église soient un lieu de croissance, de participation active et d'appartenance saine pour toutes les femmes. Celles-ci demandent à l'Église d'être à leurs côtés pour accompagner et promouvoir la réalisation de ce désir. Dans une Église qui se veut vraiment synodale, ces questions doivent être abordées ensemble. Des réponses concrètes doivent être élaborées ensemble pour une plus grande reconnaissance de la dignité baptismale des femmes et pour la lutte contre toutes les formes de discrimination et d'exclusion dont elles sont victimes dans la communauté ecclésiale et dans la société ;

d) enfin, les Assemblées continentales soulignent la pluralité des expériences, des points de vue et des perspectives des femmes et demandent que cette diversité soit intégrée dans les travaux de l'Assemblée synodale, en évitant de traiter les femmes comme un groupe homogène ou comme un sujet de discussion abstrait ou idéologique.

Question de discernement

Quelles mesures concrètes l'Église peut-elle prendre pour renouveler et réformer ses procédures, ses dispositifs institutionnels et ses structures afin de permettre une plus grande reconnaissance et participation des femmes, y compris dans la gouvernance, les processus décisionnels et la prise de décision, dans un esprit de communion et en vue de la mission ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Les femmes jouent un rôle majeur dans la transmission de la foi, dans les familles, dans les paroisses, dans la vie consacrée, dans les associations et les mouvements, dans les institutions laïques, comme enseignantes et catéchistes. Comment reconnaître, soutenir, accompagner leur contribution déjà considérable ? Comment mettre en valeur cette contribution afin que l’Église apprenne à être de plus en plus synodale ?

2) Les femmes déploient déjà leurs charismes dans l'Église d'aujourd'hui. Que pouvons-nous faire pour contribuer au discernement et au soutien de ces charismes et apprendre ce que l'Esprit veut nous enseigner à travers eux ?

3) Toutes les assemblées continentales appellent à aborder la question de la participation des femmes à la gouvernance, à la prise de décision, à la mission et aux ministères à tous les niveaux de l'Église, avec le soutien de structures appropriées afin que cela ne reste pas une simple aspiration générale.

a) Comment les femmes peuvent-elles être incluses dans chacun de ces domaines en plus grand nombre et selon de nouvelles modalités ?

b) Comment, dans la vie consacrée, les femmes peuvent-elles être mieux représentées dans les processus de gouvernance et de prise de décision, mieux protégées contre les abus et mieux rémunérées pour leur travail ?

c) Comment les femmes peuvent-elles contribuer à la gouvernance, en aidant à promouvoir une plus grande responsabilité et une plus grande transparence, et à renforcer la confiance dans l'Église ?

d) Comment approfondir la réflexion sur la contribution des femmes à la réflexion théologique et à l'accompagnement des communautés ? Comment donner un espace et une reconnaissance à cette contribution dans les processus formels de discernement à tous les niveaux de l'Église ?

e) Quels nouveaux ministères pourraient être créés afin de fournir des moyens et des opportunités pour une participation effective des femmes dans les organes de discernement et de prise de décision ? Comment accroître la coresponsabilité dans les processus décisionnels dans les périphéries et dans les contextes sociaux difficiles, où les femmes sont souvent les principales agentes de la pastorale et de l'évangélisation ? Les contributions reçues au cours de la première phase font état de tensions existantes avec les ministres ordonnés en l'absence de dynamiques de coresponsabilité et de processus décisionnels partagés.

4) La plupart des Assemblées continentales ainsi que les synthèses de nombreuses Conférences épiscopales demandent que la question de l'accès des femmes au diaconat soit réexaminée. Peut-on l'envisager et comment ?

5) Comment les hommes et les femmes peuvent-ils mieux coopérer dans l'exercice du ministère pastoral et des responsabilités qui s'y rattachent ?

B 2.4 Comment les ministères ordonnés, dans leur relation avec les ministères baptismaux, peuvent-ils être valorisés dans une perspective missionnaire ?

Les documents finaux des Assemblées Continentales expriment un fort désir d'aborder la réflexion sur la relation entre les ministères ordonnés et les ministères baptismaux, en soulignant la difficulté de le faire dans la vie ordinaire des communautés. Le processus synodal offre une occasion précieuse de se concentrer, à la lumière de l'enseignement de Vatican II, sur la corrélation entre la richesse des vocations, des charismes et des ministères enracinés dans le baptême, d'une part, et les ministère ordonnés, d'autre part. Ces derniers sont considérés comme un don et une charge nécessaire au service du Peuple de Dieu. En particulier :

a) dans la perspective tracée par le Concile Vatican II, la relation nécessaire entre le sacerdoce commun et le sacerdoce ministériel est réaffirmée. Entre les deux, il n'y a pas d'opposition ou de concurrence, ni de place pour des revendications catégorielles : ce qui est demandé, c'est que leur complémentarité soit reconnue ;

b) les Assemblées continentales expriment une claire appréciation du don du sacerdoce ministériel et, en même temps, un profond désir de le renouveler dans une perspective synodale. Elles soulignent la difficulté d'impliquer une partie des prêtres dans le processus synodal. Elles notent l'inquiétude généralisée face à un exercice du ministère ordonné qui n'est pas adapté aux défis de notre temps, loin de la vie et des besoins du peuple, souvent confiné à la seule sphère liturgico-sacramentelle. Ils s'inquiètent également de la solitude dans laquelle vivent de nombreux prêtres et soulignent leur besoin d'attention, d'amitié et de soutien ;

c) le Concile Vatican II enseigne que « le ministère ecclésiastique d'institution divine est exercé dans différents ordres, par ceux qui sont déjà anciennement appelés évêques, prêtres, diacres » (LG 28). Les Assemblées continentales demandent que les ministères ordonnés, dans la diversité des tâches, soit pour tous un témoignage vivant de communion et de service dans la logique de la gratuité évangélique. Elles expriment également le désir que les évêques, les prêtres et les diacres exercent leur ministère dans un style synodal, pour reconnaître et valoriser les dons et les charismes présents dans la communauté, pour encourager et accompagner les processus de prise en charge communautaire de la mission, pour garantir des décisions conformes à l'Évangile et à l'écoute de l'Esprit Saint. Un renouvellement des programmes des séminaires est également nécessaire, afin qu'ils soient plus orientés vers la synodalité et plus en contact avec l'ensemble du Peuple de Dieu ;

d) en relation avec cette conception du ministère ordonné au service de la vie baptismale, on souligne que le cléricalisme est une force qui isole, sépare et affaiblit une Église saine et entièrement ministérielle. On indique que la formation est le moyen privilégié pour le surmonter efficacement. On souligne également que le cléricalisme n'est pas la prérogative des seuls ministres ordonnés, mais qu'il est présent de différentes manières parmi toutes les composantes du Peuple de Dieu ;

e) dans de nombreuses régions, la confiance dans les ministres ordonnés, les responsables de charges ecclésiales, les institutions ecclésiales et l'Église dans son ensemble est minée par les conséquences du « scandale des abus commis par des membres du clergé ou par des personnes exerçant une charge ecclésiale (…) avant tout d’abus sur des mineurs et des personnes vulnérables, mais aussi d'abus d'autres types (spirituels, sexuels, économiques, d'autorité, de conscience). Il s'agit d'une plaie ouverte, qui continue d’infliger des souffrances aux victimes et aux survivants, à leurs familles et aux communautés » (DEC 20).

Question de discernement

Comment promouvoir dans l'Église une mentalité et des formes concrètes de coresponsabilité dans lesquelles la relation entre les ministères baptismaux et les ministères ordonnés est fructueuse ? Si l'Église est toute entière ministérielle, comment comprendre les dons spécifiques des ministres ordonnés au sein de l'unique peuple de Dieu dans une perspective missionnaire ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Quelle relation le ministère des prêtres, « consacrés à prêcher l'Évangile, à paître les fidèles et à célébrer le culte divin » (LG 28) a-t-il avec les ministères baptismaux ? Quelle relation la triple fonction des ministres ordonnés a-t-elle avec l'Église en tant que peuple prophétique, sacerdotal et royal ?

2) Dans l'Église locale, les prêtres « constituent avec leur évêque un seul presbyterium » (LG 28). Comment cette unité entre l'évêque et son presbyterium peut-elle se développer pour un service plus efficace du peuple de Dieu confié à l'évêque ?

3) L'Église est enrichie par le ministère de tant de prêtres qui appartiennent à des Instituts de vie consacrée et à des Sociétés de vie apostolique. Comment leur ministère, caractérisé par le charisme de l'Institut auquel ils appartiennent, peut-il promouvoir une Église plus synodale ?

4) Comment comprendre le ministère du diacre permanent au sein d'une Église synodale missionnaire ?

5) Quelles peuvent être les lignes directrices d'une réforme des programmes de formation dans les séminaires et les facultés de théologie en accord avec la figure synodale de l'Église ? Comment la formation des prêtres peut-elle les mettre en relation plus étroite avec les processus pastoraux et la vie de la portion du peuple de Dieu qu'ils sont appelés à servir ?

6) Quels sont les parcours de formation à mettre en œuvre pour favoriser dans l'Église une compréhension de la ministérialité qui ne se réduise pas aux ministères ordonnés, mais qui en même temps l'enrichisse ?

7) Comment discerner ensemble les manières dont le cléricalisme, des ministres ordonnés et des laïcs, empêche la pleine expression de la vocation des ministères ordonnés dans l'Église, ainsi que des autres membres du Peuple de Dieu ? Comment pouvons-nous trouver des moyens de le surmonter ensemble ?

8) Est-il possible, en particulier dans les endroits où le nombre de ministres ordonnés est très faible, que des laïcs assument le rôle de responsables de communautés ? Quelles implications cela a-t-il sur la compréhension du ministère ordonné ?

9) Est-il possible, comme le proposent certains continents, d'ouvrir une réflexion sur la possibilité de revoir, au moins dans certains domaines, la discipline sur l'accès au presbytérat d’hommes mariés ?

10) Comment une conception du ministère ordonné et une formation des candidats plus enracinées dans la vision de l'Église synodale missionnaire peuvent-elles contribuer aux efforts visant à prévenir la répétition des abus sexuels et autres ?

B 2.5 Comment renouveler et promouvoir le ministère de l'évêque dans une perspective synodale missionnaire ?

Le ministère de l'évêque est enraciné dans l'Écriture et développé dans la Tradition en fidélité à la volonté du Christ. Fidèle à cette Tradition, le Concile Vatican II a proposé une doctrine très riche sur les évêques, « successeurs des Apôtres qui, avec le successeur de Pierre, vicaire du Christ [38], et chef visible de toute l’Église, ont la charge de diriger la maison du Dieu vivant (LG 18). Le chapitre de Lumen Gentium sur la constitution hiérarchique de l'Église affirme le caractère sacramentel de l'épiscopat et développe sur cette base le thème de la collégialité (LG 22-23) et du ministère épiscopal comme exercice des trois fonctions (tria munera, LG 24-27). Le Synode des évêques a ensuite été établi comme un organe permettant aux évêques de participer, avec l'évêque de Rome, au souci de l'Église tout entière. L'invitation à vivre plus intensément la dimension synodale demande un renouvellement profond du ministère épiscopal, afin de l'inscrire plus solidement dans un cadre synodal. En particulier :

a) le Collège des évêques est le sujet « du pouvoir suprême et plénier sur toute l'Église » (LG 22), avec le Pontife romain qui en est son chef et jamais sans lui. Il participe au processus synodal aussi bien lorsque chaque évêque initie, guide et conclut la consultation du Peuple de Dieu qui lui est confiée que lorsque les évêques réunis ensemble exercent conjointement le charisme du discernement, dans les Synodes ou Conseils des Hiérarques des Églises orientales catholiques, dans les Conférences épiscopales, dans les Assemblées continentales et, sous une forme particulière, dans l'Assemblée synodale ;

b) aux évêques, successeurs des Apôtres, qui ont reçu « le ministère de la communauté [...] [et] président au nom de Dieu le troupeau dont ils sont les pasteurs » (LG 20), le processus synodal demande de vivre une confiance radicale dans l'action de l'Esprit dans leurs communautés, sans considérer la participation de tous comme une menace pour leur ministère de gouvernement. Au contraire, il les exhorte à être un principe d'unité dans leur Église, en appelant tout le monde (prêtres et diacres, hommes et femmes consacrés, fidèles laïcs) à marcher ensemble comme le Peuple de Dieu, et en promouvant un style d'Église synodale ;

c) la consultation du Peuple de Dieu a mis en évidence le fait que devenir une Église plus synodale implique également une plus grande participation de tous au discernement, ce qui nécessite de repenser les processus de prise de décision. Par conséquent, il y a une demande pour des structures de gouvernance adéquates, inspirées par une plus grande transparence et une plus grande responsabilité, ce qui affecte également la manière dont le ministère de l'évêque est exercé. Cela suscite également des résistances, des craintes ou un sentiment de désorientation. En particulier, alors que certains appellent à une plus grande implication de tous les fidèles et donc à un exercice "moins exclusif" du rôle des évêques. D'autres expriment des doutes et craignent le risque d'une dérive inspirée par les mécanismes de la démocratie politique ;

d) tout aussi forte est la conscience que toute autorité dans l'Église procède du Christ et est guidée par l'Esprit Saint. La diversité des charismes sans autorité devient anarchie, de même que la rigueur de l'autorité sans la richesse des charismes, des ministères et des vocations devient dictature. L'Église est à la fois synodale et hiérarchique. C'est pourquoi l'exercice synodal de l'autorité épiscopale accompagne et sauvegarde l'unité. La manière de réaliser cette nouvelle compréhension du ministère épiscopal est la pratique de la synodalité, qui compose dans l'unité les différences de dons, de charismes, de ministères et de vocations que l'Esprit suscite dans l'Église ;

e) procéder au renouvellement du ministère épiscopal au sein d'une Église plus pleinement synodale exige des changements culturels et structurels, beaucoup de confiance mutuelle et surtout la confiance dans l’action du Seigneur. C'est pourquoi beaucoup espèrent que la dynamique de la conversation dans l'Esprit puisse entrer dans la vie quotidienne de l'Église et animer les réunions, les conseils, les organes de décision, en favorisant la construction d'un sens de confiance mutuelle et la formation d'un consensus efficace ;

f) le ministère de l'évêque comprend aussi l'appartenance au Collège des évêques et par conséquent l'exercice de la coresponsabilité pour l'Église universelle. Cet exercice s'inscrit également dans la perspective de l'Église synodale, « dans l'esprit d'une "saine décentralisation" », afin de « laisser à la compétence des pasteurs la faculté de résoudre, dans l'exercice de "leur tâche propre d'enseignants" et de pasteurs, les questions qu'ils connaissent bien et qui ne touchent pas à l'unité de la doctrine, de la discipline et de la communion de l'Église, en agissant toujours avec cette coresponsabilité qui est le fruit et l'expression de ce mysterium communionis spécifique qu'est l'Église » (EP II, 2 ; cf. EG 16 ; DV 7) .

Question de discernement

Comment comprendre la vocation et la mission de l'évêque dans une perspective missionnaire synodale ? Quel renouvellement de la vision et quelles formes d'exercice concret du ministère épiscopal sont nécessaires dans une Église synodale caractérisée par la coresponsabilité ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) « Les évêques, d'une manière éminente et visible, jouent le rôle du Christ lui-même, maître, pasteur et prêtre » (LG 21). Quel rapport ce ministère entretient-il avec celui des prêtres, « consacrés à la prédication de l'Évangile, à la pastorale des fidèles et à la célébration du culte divin » (LG 28) ? Quelle relation cette triple fonction des ministres ordonnés entretient-elle avec l'Église en tant que peuple prophétique, sacerdotal et royal ?

2) Comment l'exercice du ministère épiscopal sollicite-t-il la consultation, la collaboration et la participation aux processus décisionnels du peuple de Dieu ?

3) Selon quels critères un évêque peut-il être évalué et s’auto-évaluer concernant la manière dont il accomplit son service dans un style synodal ?

4) Dans quels cas un évêque pourrait-il se sentir obligé de prendre une décision qui diffère de l'avis réfléchi offert par les organes consultatifs ? Quel serait le fondement d'une telle obligation ?

5) Quelle est la nature de la relation entre le sensus fidei, « sens surnaturel de la foi » (LG 12) et le service magistériel de l'évêque ? Comment pouvons-nous mieux comprendre et articuler la relation entre l'Église synodale et le ministère de l'évêque ? Les évêques devraient-ils discerner ensemble ou séparément des autres membres du peuple de Dieu ? Les deux options (ensemble et séparément) ont-elles leur place dans une Église synodale ?

6) Comment assurer le soin et l'équilibre des trois fonctions (sanctifier, enseigner, gouverner) dans la vie et le ministère de l'évêque ? Dans quelle mesure les modèles actuels de vie et de ministère épiscopaux permettent-ils à l'évêque d'être une personne de prière, un enseignant de la foi et un administrateur sage et efficace, et de maintenir ces trois rôles dans une tension créative et missionnaire ? Comment réviser le profil de l'évêque et le processus de discernement pour identifier les candidats à l'épiscopat dans une perspective synodale ?

7) Comment le rôle de l'évêque de Rome et l'exercice de la primauté doivent-ils évoluer dans une Église synodale ?

B 3. Participation, gouvernance et autorité

Quels processus, structures et institutions dans une Église synodale missionnaire ?

B 3.1 Comment renouveler le service de l'autorité et l'exercice de la responsabilité dans une Église synodale missionnaire ?

Une Église constitutivement synodale est appelée à articuler le droit de tous à participer à la vie et à la mission de l'Église en vertu de leur baptême avec le service de l'autorité et l'exercice de la responsabilité qui, sous diverses formes, est confiée à certains. Le chemin synodal est l'occasion de discerner quels sont les moyens appropriés à notre temps pour réaliser cette articulation. La première phase a permis de recueillir quelques indications à ce sujet :

a) l’exercice de l’autorité, de la responsabilité et de la gouvernance - parfois désignés synthétiquement par le terme anglais de leadership - prennent des formes diverses dans l'Église. La notion d’autorité dans la vie consacrée, dans les mouvements et les associations, dans les institutions liées à l'Église (comme les universités, les fondations, les écoles, etc.) est différente de celle qui découle du sacrement de l'Ordre ; de même que l'autorité spirituelle liée à un charisme est différente de celle liée au service ministériel. Les différences entre ces formes d’autorité doivent être sauvegardées, sans oublier leur trait commun qui est d'être un service dans l'Église ;

b) en particulier, toutes ces formes d’autorité partagent le même appel à se conformer à l'exemple du Maître, qui a dit de lui-même : « Je suis au milieu de vous comme celui qui sert » (Lc 22,27). « Pour les disciples de Jésus, hier, aujourd'hui et toujours, la seule autorité est l'autorité du service"[17]. Telles sont les composantes fondamentales à intégrer pour grandir dans l'exercice de l'autorité et de la responsabilité, sous toutes leurs formes et à tous les niveaux de la vie de l'Église. C'est la perspective de cette conversion missionnaire « destinée à renouveler l'Église à l'image de la mission d'amour du Christ lui-même » (PE I, 2) ;

c) dans cette ligne, les documents de la première phase expriment certaines caractéristiques de l'exercice de l'autorité et de la responsabilité dans une Église synodale missionnaire : une attitude de service et non de pouvoir ou de contrôle, la transparence, l'encouragement et le développement des personnes, la compétence et la capacité de vision, le discernement, l'inclusion, la collaboration et la délégation. Par-dessus tout, l'attitude d’écoute et la volonté d'écouter sont mises en avant. C'est pourquoi une formation spécifique à ces compétences est nécessaire pour celles et ceux qui occupent des postes de responsabilité et d'autorité est soulignée, ainsi que la mise en œuvre de procédures de sélection plus participatives, en particulier en ce qui concerne les nominations d’évêques ;

d) L’optique de la transparence et de la redevabilité (capacité à rendre compte) est fondamentale pour un exercice authentiquement évangélique de l'autorité et de la responsabilité. Cependant, elle suscite aussi des craintes et des résistances. C'est pourquoi il est important de prendre en compte sérieusement, avec un esprit de discernement, les découvertes les plus récentes des sciences de la gestion et du leadership. En outre, la conversation dans l'Esprit est indiquée comme une manière de générer des processus de prise de décision et d’élaboration de consensus capables d’engendrer la confiance et de favoriser un exercice juste de l'autorité selon la perspective de l’Église synodale ;

e) Les Assemblées continentales signalent également des phénomènes d'appropriation du pouvoir et des processus de décision par certaines personnes en position d'autorité et de responsabilité. Elles associent à ces phénomènes à la culture du cléricalisme et aux différentes formes d'abus (sexuels, financiers, spirituels et de pouvoir), qui érodent la crédibilité de l'Église et compromettent la fécondité de sa mission, en particulier dans les cultures où le respect de l'autorité est une valeur importante.

Question de discernement

Comment l’autorité et la responsabilité peuvent-elles être comprises et exercées au service de la participation de l'ensemble du peuple de Dieu ? Quel renouvellement de la compréhension et des formes concrètes d'exercice de l'autorité, de la responsabilité et de la gouvernance est-il nécessaire pour grandir en tant qu'Église synodale missionnaire ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) L'enseignement du Concile Vatican II sur la participation de tous à la vie et à la mission de l'Église est-il effectivement incorporé dans la conscience et la pratique des Églises locales, en particulier de la part des pasteurs et de ceux qui exercent des responsabilités ? Qu'est-ce qui pourrait favoriser une prise de conscience et une intégration plus profonde de cet enseignement dans la manière d’accomplir la mission de l'Église ?

2) Dans l'Église, il existe des rôles d'autorité et de responsabilité qui ne sont pas liés au sacrement de l'Ordre, comme ceux qui sont exercés au service de la communion et de la mission dans les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique, dans les associations et les groupes de laïcs, dans les mouvements ecclésiaux et les communautés nouvelles, etc. Comment promouvoir l'exercice de ces styles d'autorité accordés à une Église synodale et comment vivre dans ces lieux la relation avec l'autorité des pasteurs due à leur ministère propre ?

3) Quels sont les éléments qui devraient faire partie intégrante de la formation à l'autorité de tous les responsables d'Église ? Comment encourager la formation à la conversation dans l'Esprit et sa mise en œuvre authentique et déterminante ?

4) Quelles peuvent être les propositions de réforme des séminaires et des maisons de formation, afin qu'ils puissent être des lieux préparant les candidats au ministère ordonné à grandir dans un style d'exercice de l'autorité propre à une Église synodale ? Comment repenser la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis et ses documents d'application au niveau national ? Comment repenser en ce sens les cursus des facultés de théologie ?

5) Quelles sont les formes de cléricalisme qui persistent dans la communauté chrétienne ? Il existe encore une perception de distance entre les fidèles laïcs et les pasteurs : qu'est-ce qui peut aider à surmonter cette distance ? Quelles sont les formes d'exercice de l'autorité et de la responsabilité qui doivent être abandonnées car elles ne conviennent pas à la réalité d’une Église constitutivement synodale ?

6) Dans quelle mesure le manque de prêtres dans certaines régions incite-t-il à s'interroger sur la relation entre le ministère ordonné, la gouvernance et la prise de responsabilité dans la communauté chrétienne ?

7) Que pouvons-nous apprendre des autres Églises et Communautés ecclésiales concernant l'exercice de l'autorité et de la responsabilité ?

8) À chaque époque, l'exercice de l'autorité et de la responsabilité dans l'Église est influencé par les modèles d’exercice du pouvoir et images mondaines de la gestion du pouvoir prévalant dans la société. Comment pouvons-nous en prendre conscience et exercer un discernement évangélique par rapport à ces pratiques dominantes de l'exercice de l'autorité, dans l'Église et dans la société ?

B 3.2 Comment pouvons-nous faire évoluer les pratiques de discernement et les processus de prise de décision d'une manière authentiquement synodale, en renforçant le rôle moteur de l'Esprit ?

En tant qu'Église synodale, nous sommes appelés à discerner ensemble les étapes à franchir pour remplir la mission d'évangélisation, en mettant l’accent sur le droit de tous à participer à la vie et à la mission de l'Église et en insistant sur la contribution irremplaçable de chaque personne baptisée. À la base de tout discernement, il y a le désir de faire la volonté du Seigneur et de grandir dans la familiarité avec Lui par la prière, la méditation de la Parole et la vie sacramentelle, ce qui nous permet de choisir sa manière de faire à Lui. A propos de la place du discernement dans une Église synodale missionnaire, on relève que :

a) les Assemblées continentales ont exprimé un désir de processus décisionnels plus partagés, capables d'intégrer la contribution de l'ensemble du Peuple de Dieu, mais aussi l'expertise de certains, avec aussi le souci d'impliquer ceux qui, pour diverses raisons, restent en marge de la vie communautaire, comme les femmes, les jeunes, les minorités, les pauvres et les exclus. L’expression de ce désir accompagne celle d'une insatisfaction à l'égard des formes d'exercice de l'autorité dans l

esquelles les décisions sont prises sans consultation ;

b) les Assemblées continentales relèvent aussi craintes que certains expriment parce qu’ils voient une concurrence entre les dimensions synodale et hiérarchique, toutes deux constitutives de l'Église. Cependant, des signes contraires apparaissent également. Un premier exemple regarde l'expérience de l’exercice de l'autorité quand celle-ci prend des décisions dans le cadre de processus synodaux, on voit alors que la communauté est plus facilement en mesure de reconnaître leur légitimité et de les accueillir. Un deuxième exemple concerne la prise de conscience que l'absence d'échange avec la communauté affaiblit le rôle de l'autorité, la confinant parfois à un exercice d'affirmation de pouvoir. Un troisième exemple concret est l’expérience concrètes des responsabilités ecclésiales confiées à des fidèles laïcs exercées de manière constructive et sans opposition, dans des régions où le nombre de ministres ordonnés est très faible ;

c) l'adoption généralisée de la méthode de la conversation dans l'Esprit pendant la phase de consultation a permis à de nombreuses personnes d'expérimenter certains éléments d'un processus de discernement en commun et d’élaboration d'un consensus participatif, sans dissimuler les conflits ni créer de polarisations ;

d) ceux qui assument des rôles de gouvernance et de responsabilité sont appelés à susciter, faciliter et accompagner des processus de discernement en commun qui incluent l'écoute du Peuple de Dieu. En particulier, l'autorité épiscopale est responsable d'un service fondamental d'animation et de validation du caractère synodal de ces processus et de confirmation de la fidélité des conclusions à ce qui est apparu au cours du processus. En particulier, il revient aux pasteurs de vérifier la consonance entre les aspirations de leurs communautés et le « dépôt sacré de la Parole de Dieu confié à l'Église » (DV 10), consonance qui permet de considérer ces aspirations comme l'expression authentique du sens de la foi du Peuple de Dieu ;

e) la perspective du discernement en commun interpelle l'Église à tous les niveaux et dans toutes ses articulations et formes d'organisation. Cet enjeu du discernement concerne aussi bien les structures paroissiales et diocésaines, que les processus de décision dans les associations, les mouvements et les regroupements de laïcs, là aussi où des mécanismes institutionnels recourent couramment à des modalités qui font appel au vote. Elle met en cause la manière dont les organes de décision des institutions liées à l'Église (écoles, universités, fondations, hôpitaux, centres d'accueil et d'action sociale...) identifient et formulent des orientations opérationnelles. Enfin, elle interpelle les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique en croisant les particularités de leurs charismes et de leur droit propre (cf. DEC 81) ;

f) l'adoption de processus décisionnels faisant un usage stable du discernement communautaire nécessite une conversion personnelle, communautaire, culturelle et institutionnelle, ainsi qu'un investissement dans la formation.

Question de discernement

Comment pouvons-nous envisager des processus de décision plus participatifs, qui laissent place à l'écoute et au discernement en commun, promus par l'autorité qui a reçu la charge de servir l'unité ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Quelle est la place de l'écoute de la Parole de Dieu dans nos processus de décision ? Comment faire place au rôle moteur de l'Esprit Saint de manière concrète et non pas seulement en paroles ?

2) Comment la conversation dans l'Esprit, qui ouvre le dynamisme du discernement en commun, peut-elle contribuer au renouvellement des processus de décision dans l'Église ? Comment peut-elle être "institutionnalisée" et devenir une pratique ordinaire ? Quels sont les changements à apporter au droit canonique ?

3) Comment promouvoir le ministère d'animateur des processus de discernement en commun, en veillant à ce que ceux qui l'exercent reçoivent une formation et un accompagnement adéquats ? Comment former les ministres ordonnés à l'accompagnement des processus de discernement en commun ?

4) Comment favoriser la participation des femmes, des jeunes, des minorités et des voix marginales aux processus de discernement et de prise de décision ?

5) Comment une articulation plus claire entre l'ensemble du processus décisionnel et le moment spécifique de la prise de décision peut-elle nous aider à mieux identifier la responsabilité des différents acteurs à chaque étape ? Comment comprendre la relation entre la prise de décision et le discernement en commun ?

6) Comment les hommes et les femmes consacrés peuvent-ils et doivent-ils participer aux processus décisionnels des Églises locales ? Que pouvons-nous apprendre de leur expérience et de leurs différentes spiritualités en matière de discernement et de processus de décision ? Que pouvons-nous apprendre des associations, des mouvements et des regroupements de laïcs ?

7) Comment traiter de manière constructive les cas où l'autorité estime ne pas pouvoir confirmer les conclusions d'un processus de discernement communautaire et prend une décision dans un sens différent ? Quel type d’explications cette autorité devrait-elle offrir à ceux qui ont participé au processus ?

8) Que pouvons-nous apprendre de la société et de la culture en termes de gestion des processus participatifs ? Quels sont les modèles qui, au contraire, peuvent s'avérer un obstacle à la construction d'une Église plus synodale ?

9) Quel apport pouvons-nous recevoir de l'expérience d'autres Églises et Communautés ecclésiales ? Et de celle d'autres religions ? Quelles pratiques issues des cultures indigènes, minoritaires et opprimées peuvent nous aider à repenser nos processus de prise de décision ? Quels enseignements pouvons-nous tirer des expériences qui se déroulent dans l'environnement numérique ?

B 3.3. Quelles structures peuvent être développées pour consolider une Église synodale missionnaire ?

Les Assemblées continentales expriment avec force le désir que la manière synodale de procéder, expérimentée dans le cheminement actuel, entre dans la vie quotidienne de l'Église à tous les niveaux, soit par un renouvellement des structures existantes - à commencer par les Conseils pastoraux diocésains et paroissiaux, les Conseils pour les affaires économiques, les Synodes diocésains ou éparchiaux - ou soit par la création de nouvelles structures. Sans minimiser l'importance du renouvellement des relations au sein du Peuple de Dieu, le travail sur les structures est indispensable pour inscrire les changements dans le temps. En particulier :

a) afin que ces changements ne pas restent pas seulement sur le papier ou dépendent de la seule bonne volonté des individus, la coresponsabilité dans la mission qui découle du baptême doit se concrétiser dans des formes de structures. Des cadres institutionnels adéquats sont donc nécessaires, ainsi que des espaces dans lesquels le discernement en commun peut être pratiqué de façon régulière. On ne doit pas voir cela comme une demande de redistribution du pouvoir, mais comme la nécessité d'un exercice effectif de la coresponsabilité découlant du baptême. Celui-ci confère à chacun des droits et des devoirs qui doivent pouvoir être exercés selon les charismes et les ministères de chacun ;

b) cela exige que les structures et les institutions fonctionnent avec des procédures adéquates : transparentes, orientées vers la mission, ouvertes à la participation, capables de faire une place aux femmes, aux jeunes, aux minorités, aux pauvres et aux marginalisés. Cela vaut pour les organes de participation déjà mentionnés, dont le rôle doit être réaffirmé et consolidé, mais aussi pour les organes de décision des associations, des mouvements et des communautés nouvelles ; pour les organes de gouvernance des Instituts de vie consacrée et des Sociétés de vie apostolique (d'une manière adaptée au charisme particulier de chacun d'entre eux) ; pour les institutions nombreuses et variées, souvent également soumises au droit civil, à travers lesquelles se réalisent l'action missionnaire et le service de la communauté chrétienne : écoles, hôpitaux, universités, médias, centres d'accueil et d'action sociale, centres culturels, fondations, etc ;

c) la demande de réforme des structures et des institutions ainsi que la mise en œuvre de mécanismes de fonctionnement favorisant la transparence est particulièrement forte dans les contextes les plus marqués par la crise des abus (sexuels, économiques, spirituels, psychologiques, institutionnels, de conscience, de pouvoir, de juridiction). Une partie du problème réside souvent dans le traitement inadéquat des cas d'abus, ce qui remet en question les mécanismes et les procédures de fonctionnement des structures et des institutions, ainsi que la mentalité des personnes qui y travaillent. La perspective de la transparence et de la coresponsabilité suscite également des craintes et des résistances ; c'est pourquoi il est nécessaire d'approfondir le dialogue, en créant des occasions de partage et de confrontation à tous les niveaux ;

d) la méthode de la conversation dans l'Esprit s'avère particulièrement précieuse pour rétablir la confiance dans les contextes où, pour diverses raisons, un climat de méfiance s'est instauré entre les différentes composantes du Peuple de Dieu. Un chemin de conversion et de réforme, à l'écoute de l'Esprit, exige des structures et des institutions capables d’accompagner et soutenir ce chemin. Les Assemblées continentales expriment avec force la conviction que les structures seules ne suffisent pas, mais qu’un changement de mentalité est aussi nécessaire, d'où la nécessité d'investir dans la formation ;

e) En outre, il semble opportun d'intervenir également au niveau du droit canonique, en rééquilibrant le rapport entre le principe d'autorité, fortement affirmé dans la législation actuelle, et le principe de participation ; en renforçant l'orientation synodale des structures instituées déjà existantes ; en en créant de nouvelles, là où cela semble nécessaire pour les besoins de la vie de la communauté ; en surveillant l'application effective de la législation.

Question de discernement

Une Église synodale doit vivre la coresponsabilité et la transparence : comment cette prise de conscience peut-elle servir de base à la réforme des institutions, des structures et des procédures, afin de consolider le changement dans le temps ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Comment modifier les structures canoniques et les procédures pastorales pour favoriser la coresponsabilité et la transparence ? Les structures dont nous disposons sont-elles suffisantes pour garantir la participation ou faut-il en créer de nouvelles ?

2) Comment le droit canonique peut-il contribuer au renouvellement des structures et des institutions ? Quels changements semblent nécessaires ou opportuns ?

3) Quels sont les obstacles (mentaux, théologiques, pratiques, organisationnels, financiers, culturels) qui s'opposent à la transformation des organes participatifs actuellement prévus par le droit canonique en organes de discernement en commun effectifs ? Quelles réformes sont-elles nécessaires pour que ces organes de discernement puissent soutenir la mission de manière concrète, créative et vivante ? Comment les rendre plus ouverts à la présence et à la contribution des femmes, des jeunes, des pauvres, des migrants, des membres des minorités et de ceux qui, pour diverses raisons, se trouvent en marge de la vie communautaire ?

4) Comment la perspective de l'Église synodale interpelle-t-elle les structures et les procédures de la vie consacrée et les différentes formes d'associations de laïcs ainsi que le fonctionnement des institutions liées à l'Église ?

5) Dans quels aspects de la vie des institutions une plus grande transparence est-elle nécessaire (rapports économiques et financiers, sélection des candidats aux postes de responsabilité, nominations, etc.) Avec quels instruments pouvons-nous y parvenir ?

6) La perspective de transparence et d'ouverture des processus de consultation et de discernement conjoints suscite également des craintes. Comment se manifestent-elles ? De quoi les personnes qui expriment ces craintes ont-elles peur ? Comment ces craintes peuvent-elles être abordées et surmontées ?

7) Dans quelle mesure est-il possible de faire la distinction entre les membres d'une institution et l'institution elle-même ? Les responsabilités dans le traitement des cas d'abus sont-elles individuelles ou systémiques ? Comment la perspective synodale peut-elle contribuer à créer une culture de prévention des abus de toutes sortes ?

8) Que peut-on apprendre de la manière dont les institutions publiques et le droit public et civil tentent de répondre au besoin de transparence et de responsabilité émanant de la société (séparation des pouvoirs, organes de contrôle indépendants, obligation de rendre publiques certaines procédures, limitation de la durée des mandats, etc.) ?

9) Que pouvons-nous apprendre de l'expérience d'autres Églises et Communautés ecclésiales en ce qui concerne le fonctionnement des structures et des institutions dans un style synodal ?

B 3.4 Comment façonner les instances de synodalité et de collégialité impliquant des groupements d'Églises locales ?

La première étape du processus synodal a mis en évidence le rôle des instances de synodalité et de collégialité qui réunissent les différentes Églises locales : les structures hiérarchiques orientales et, dans l'Église latine, les Conférences épiscopales (cf. PE I, 7). Les documents rédigés au cours des différentes étapes soulignent que la consultation du Peuple de Dieu dans les Églises locales et les étapes ultérieures de discernement ont été une véritable expérience d'écoute de l'Esprit à travers l'écoute réciproque. De la richesse de cette expérience, il est possible de tirer des enseignements pour la construction d'une Église de plus en plus synodale :

a) le processus synodal peut devenir « un dynamisme de communion qui inspire toutes les décisions ecclésiales » [18] , parce qu'il implique réellement tous les sujets - le Peuple de Dieu, le Collège des évêques, l'évêque de Rome -, chacun selon sa fonction. Le déroulement ordonné des étapes a dissipé la crainte que la consultation du Peuple de Dieu ne conduise à un affaiblissement du ministère des pasteurs. Au contraire, la consultation était possible parce qu'elle était initiée par chaque évêque, en tant que « principe visible et fondement de l'unité » (LG 23) dans son Église. Par la suite, dans les structures hiérarchiques orientales et dans les Conférences épiscopales, les pasteurs ont effectué un acte de discernement collégial sur les contributions provenant des Églises locales. Ainsi, le processus synodal a favorisé un exercice réel de la collégialité épiscopale dans une Église pleinement synodale.

b) la question de l'exercice de la synodalité et de la collégialité dans les instances impliquant des groupes d'Églises locales unies par des traditions spirituelles, liturgiques et disciplinaires, par la contiguïté géographique et par la proximité culturelle, à commencer par les Conférences épiscopales, nécessite une réflexion théologique et canonique renouvelée : en elles « la communio Episcoporum s'exprime au service de la communio Ecclesiarum fondée sur la communio Fidelium » (PE I, 7).

c) une raison de s'atteler à cette tâche apparaît dans Evangelii gaudium : « Il n'est pas opportun que le Pape se substitue aux épiscopats locaux dans le discernement de tous les problèmes qui se posent sur leurs territoires. En ce sens, je sens la nécessité de procéder à une saine décentralisation » (n° 16). À l'occasion du 50e anniversaire de l'institution du Synode des évêques, le Saint-Père a souligné que la synodalité s'exerce non seulement au niveau des Églises locales et de l'Église universelle, mais aussi au niveau des groupements d'Églises, tels que les Provinces et les Régions ecclésiastiques, les Conseils particuliers et surtout les Conférences épiscopales : « Nous devons réfléchir pour réaliser encore plus, à travers ces organismes, les instances intermédiaires de la collégialité, en intégrant et en actualisant peut-être certains aspects de l'ancien ordre ecclésiastique » [19].

Question de discernement

À la lumière de l'expérience synodale vécue jusqu'à présent, comment la synodalité peut-elle trouver une meilleure expression dans et à travers les institutions impliquant des groupes d'Églises locales, comme les Synodes des Évêques et les Conseils des Hiérarques des Églises orientales catholiques, les Conférences épiscopales et les Assemblées continentales, de sorte qu'elles soient « conçues comme des sujets d'attribution concrète, y compris une certaine autorité doctrinale » (EG 32) dans une perspective missionnaire ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) La dynamique synodale d'écoute de l'Esprit par l'écoute mutuelle se présente comme la manière la plus pratique de traduire la collégialité épiscopale en action dans une Église pleinement synodale. En partant de l'expérience du processus synodal :

a) Comment faire de l'écoute du peuple de Dieu la forme habituelle de la prise de décision dans l'Église à tous les niveaux de sa vie ?

b) Comment l'écoute du Peuple de Dieu peut-elle être mise en œuvre dans les Églises locales ? En particulier, comment renforcer les organes de participation afin qu'ils soient des "lieux" efficaces d'écoute et de discernement ecclésial ?

c) Comment repenser les processus de décision au niveau des organes épiscopaux des Églises catholiques orientales et des Conférences épiscopales à partir de l'écoute du Peuple de Dieu dans les Églises locales ?

d) Comment l'instance continentale peut-elle être intégrée au droit canonique ?

2) La consultation dans les Églises locales étant l'écoute effective du Peuple de Dieu, le discernement des Pasteurs prend le caractère d'un acte collégial qui confirme avec autorité ce que l'Esprit a dit à l'Église à travers le sens de la foi du Peuple de Dieu :

a) Quel degré d'autorité doctrinale peut-on attribuer au discernement des Conférences épiscopales ? Comment les Églises catholiques orientales réglementent-elles leurs instances épiscopales ?

b) Quel degré d'autorité doctrinale peut-on attribuer au discernement d'une assemblée continentale ? Ou des organes qui réunissent les Conférences épiscopales à l'échelle continentale ou internationale ?

c) Quel est le rôle de l'Évêque de Rome dans le cadre de ces processus concernant des regroupements régionaux d’Eglises locales ? Selon quelles modalités peut-il exercer son rôle ?

3) Quels éléments de l'antique ordre ecclésiastique devraient être intégrés et mis à jour pour que les structures hiérarchiques orientales, les conférences épiscopales et les assemblées continentales deviennent des instances intermédiaires de synodalité et de collégialité ?

4) Le Concile Vatican II affirme que l'Église tout entière et toutes ses parties bénéficient de la communication mutuelle de leurs dons respectifs (cf. LG 13) :

a) Quelle valeur les délibérations d'un Conseil plénier, d'un Conseil particulier, d'un Synode diocésain peuvent-elles avoir pour les autres Églises ?

b) Quels enseignements pouvons-nous tirer de la riche expérience synodale des Églises catholiques orientales ?

c) Dans quelle mesure la convergence de plusieurs groupements d'Églises locales (Conseils particuliers, Conférences épiscopales, etc.) sur une même question engage-t-elle l'Évêque de Rome à la prendre en charge pour l'Église universelle ?

d) Comment exercer le service de l'unité confié à l'évêque de Rome lorsque les autorités locales prennent des orientations différentes ? Quelle place possible pour une diversité d'orientations selon les différentes régions ?

5) Que pouvons-nous apprendre de l'expérience d'autres Églises et Communautés ecclésiales concernant les regroupements d'Églises locales en vue d'exercer la collégialité et la synodalité ?

B 3.5 Comment renforcer l'institution du Synode pour qu'il soit l'expression de la collégialité épiscopale au sein d'une Église entièrement synodale ?

Par le Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15 septembre 1965), saint Paul VI a institué le Synode en tant que "conseil permanent des évêques pour l'Église universelle". Il accèdait ainsi à la demande de l'assemblée conciliaire d'assurer la participation des évêques à la sollicitude pour toute l'Église, en prenant soin de préciser que "ce Synode, comme toute institution humaine, est perfectible avec le temps". Avec la Constitution apostolique Episcopalis communio (15 septembre 2018), le pape François a mis en œuvre ce "perfectionnement" espéré, transformant le Synode d'un événement circonscrit à une assemblée d'évêques en un processus d'écoute articulé en étapes (cf. art. 4), dans lequel toute l'Église et tous les membres de l'Église - Peuple de Dieu, Collège des évêques, évêque de Rome - sont réellement participants.

a) le Synode 2021-2024 démontre clairement que le processus synodal est le contexte le plus approprié pour l'exercice intégré de la primauté, de la collégialité et de la synodalité en tant qu'éléments inaliénables d'une Église dans laquelle chaque sujet exerce sa fonction particulière au mieux de ses capacités et en synergie avec les autres ;

b) il revient à l'évêque de Rome de convoquer l'Église en Synode, en convoquant une Assemblée pour l'Église universelle, ainsi que d'initier, d'accompagner et de conclure le processus synodal correspondant. Cette prérogative lui appartient en tant que "principe visible et fondement de l'unité des évêques et de la multitude des fidèles" (LG 23) ;

c) étant donné que « les évêques, individuellement, sont le principe visible et le fondement de l'unité dans leurs Églises particulières [...] et que c'est en elles et à partir d'elles qu'existe la seule et unique Église catholique » (LG 23), il revient à chaque évêque diocésain d'initier, d'accompagner et de conclure la consultation du Peuple de Dieu dans son Église. À la lumière de la sollicitude que les évêques ont pour l'Église universelle (cf. LG 23), il leur revient également de coopérer avec les organismes supradiocésains dans lesquels s'exerce la synodalité et la collégialité, en accomplissant la fonction de discernement ecclésial propre au ministère épiscopal ;

d) bien que ces organismes ne réunissent pas l'ensemble du Collège épiscopal, le discernement effectué par les pasteurs à travers eux revêt un caractère collégial, en raison de la finalité même de l'acte. En effet, les Assemblées d'évêques, dans le cadre de la procédure synodale, ont pour tâche d'examiner les résultats des consultations dans les Églises locales, dans lesquelles se manifeste le sens de la foi du Peuple de Dieu. Comment un acte non collégial pourrait-il discerner ce que l'Esprit dit à l'Église à travers la consultation du Peuple de Dieu qui « ne peut se tromper dans la foi » (LG 12) ?

e) l'expérience synodale vécue jusqu'à présent a également montré comment il est possible de développer un exercice efficace de la collégialité dans une Église synodale : bien que le discernement soit un acte qui relève en premier lieu de la responsabilité de « ceux qui, dans l'Église, ont la charge de présider » (LG 12), il a gagné en profondeur et en adhésion aux questions à examiner grâce à la contribution des autres membres du Peuple de Dieu qui ont pris part aux Assemblées continentales.

Question de discernement

À la lumière de la relation dynamique et circulaire entre la synodalité de l'Église, la collégialité épiscopale et la primauté pétrinienne, comment perfectionner l'institution du Synode pour qu'elle devienne un espace certain et garanti pour l'exercice de la synodalité, en assurant la pleine participation de tous - le Peuple de Dieu, le Collège des évêques et l'Évêque de Rome - tout en respectant leurs fonctions spécifiques ? Comment évaluer l'expérience de l'élargissement de la participation à un groupe de " non-évêques " lors de la première session de la XVIe Assemblée Générale Ordinaire du Synode des évêques (octobre 2023) ?

Suggestions pour la prière et la réflexion préparatoire

1) Le processus synodal introduit dans l'Église « un dynamisme de communion qui inspire toutes les décisions ecclésiales »[20] :

a) Comment un tel dynamisme peut-il devenir la manière habituelle de procéder à tous les niveaux de la vie de l'Église ?

b) Quelle est la place du principe d'autorité ?

c) Comment cela modifie-t-il la compréhension de l'autorité dans l'Église à différents niveaux, y compris celui de l'évêque de Rome ?

2) La première phase du parcours synodal met en œuvre le mouvement du particulier vers l'universel, avec la consultation du Peuple de Dieu dans les Églises locales et les actes de discernement ultérieurs dans les structures hiérarchiques orientales et les Conférences épiscopales, d'abord, et ensuite dans les Assemblées continentales :

a) comment s'assurer que la consultation reflète véritablement la manifestation du sens de la foi du Peuple de Dieu vivant dans une Église donnée ?

b) comment renforcer le « lien fécond entre le sensus fidei du peuple de Dieu et la fonction magistérielle des pasteurs » (DP 14) dans les structures hiérarchiques orientales, les Conférences épiscopales et les Assemblées continentales ?

c) dans quelle mesure la présence de membres qualifiés du Peuple de Dieu est-elle souhaitable également dans les Assemblées des Conférences épiscopales, ainsi que dans les Assemblées continentales ?

d) quelle fonction peuvent remplir les organismes ecclésiaux composés en permanence d'autres personnes que les évêques, comme la Conférence ecclésiale récemment créée pour la région amazonienne ?

3) La deuxième phase du chemin synodal exprime, dans l'Assemblée des évêques convoquée à Rome, l'universalité de l'Église qui se met à l'écoute de ce que l'Esprit a dit au Peuple de Dieu :

a) comment cette assemblée épiscopale s'inscrit-elle dans le processus synodal ?

b) comment assure-t-elle la continuité avec la première phase du processus synodal ? La présence de témoins qualifiés suffit-elle à la garantir ?

c) si les Assemblées des Conférences épiscopales et les Assemblées continentales sont des actes de discernement, comment se caractérise cet autre acte de discernement et quelle est sa valeur ?

4) La troisième phase envisage le mouvement de restitution des résultats de l'Assemblée synodale aux Églises locales et leur mise en œuvre : qu'est-ce qui peut aider à réaliser pleinement l'« intériorité mutuelle » entre les dimensions universelle et locale de l'Église unique ?

_____________________

[1] Dès lors, par souci de concision et sauf indication contraire, les expressions « Assemblée » et « Assemblée du Synode » se réfèrent à la session d'octobre 2023, au service de laquelle est placé le présent IL.

[2] François, Discours pour la commémoration du 50e anniversaire de l'institution du Synode des évêques (cf. DP 15).

[3] L'expression "Église locale" désigne ici ce que le Code de Droit Canonique appelle l'"Église particulière".

[4] La section B exposera les raisons de l'inversion de l'ordre en ce qui concerne le sous-titre du Synode : cf. n° 44 ci-dessous.

[5] Exhortations post-synodales des deux précédentes Assemblées générales ordinaires du Synode des évêques (2015 sur la famille et 2018 sur les jeunes)

[6] François, Moment de réflexion pour le début du processus synodal, 9 octobre 2021.

[7] Cf. François, Discours pour la commémoration du 50e anniversaire de l'institution du Synode des évêques, 17 octobre 2015.

[8] Par exemple, au numéro 128, le document final de cette assemblée affirme : « Il ne suffit donc pas de disposer de structures, si on ne se développe pas en leur sein d’authentiques relations ; c’est, de fait, la qualité de ces relations qui évangélise. »

[9] Congrégation pour la doctrine de la foi, Lettre Iuvenescit Ecclesia aux évêques de l'Église catholique sur le rapport entre les dons hiérarchiques et charismatiques pour la vie et la mission de l'Église, 15 mai 2016, §13 à 18.

[10] François, Temps de réflexion pour le début du processus synodal, 9 octobre 2021.

[11] XVe Assemblée générale ordinaire du Synode des évêques, Les jeunes, la foi et le discernement vocationnel. Document final, 27 octobre 2018, 25.

[12] François, discours à Sa Sainteté Mar Awa III Catholicos-Patriarche de l'Église assyrienne de l'Est, 19 novembre 2022.

[13] Conseil pontifical pour la promotion de l'unité des chrétiens, L'évêque et l'unité des chrétiens. Vademecum œcuménique, 5 juin 2020, 4.

[14] St Jean-Paul II, Enc Lett. Ut unum sint, 25 mai 1995, 95 ; texte cité dans EG 32 et EC 10.

[15] François, Discours à la prière œcuménique, Centre œcuménique du COE (Genève), 21 juin 2018.

[16] Congrégation pour le culte divin et la discipline des sacrements, Instruction Varietates legitimae, 25 janvier 1994.

[17] François, Discours pour la commémoration du 50e anniversaire de l'établissement du Synode des évêques, 17 octobre 2015.

[18] Ibid.

[19] Ibid.

[20] Ibid.

[01015-FR.01] [Texte original: Italien et Anglais]

 

Traduzione in lingua spagnola

 

XVI ASAMBLEA GENERAL ORDINARIA

DEL SÍNODO DE LOS OBISPOS

POR UNA IGLESIA SINODAL:
COMUNIÓN, PARTICIPACIÓN, MISIÓN

INSTRUMENTUM LABORIS

Para la Primera Sesión

(octubre de 2023)

RESUMEN

Prólogo

El viaje hasta ahora

Una herramienta de trabajo para la segunda fase del proceso sinodal

La estructura del texto

A. Por una Iglesia sinodal. Una experiencia integral

A 1. Signos característicos de una Iglesia sinodal

A 2. Un camino para la Iglesia sinodal: conversar en el Espíritu

B. Comunión, misión, participación. Tres temas prioritarios para la Iglesia sinodal

B 1. Una comunión que se irradia. ¿Cómo podemos ser más plenamente signo e instrumento de la unión con Dios y de la unidad del género humano?

B 2. Corresponsables en la misión. ¿Cómo podemos compartir dones y tareas al servicio del Evangelio?

B 3. Participación, responsabilidad y autoridad. ¿Qué procesos, estructuras e instituciones son necesarios en una Iglesia sinodal misionera?

FICHAS DE TRABAJO PARA LA ASAMBLEA SINODAL

Introducción

Fichas para B 1. Una comunión que se irradia

B 1.1 ¿Cómo alimentan la comunión en una Iglesia sinodal el servicio de la caridad, el compromiso por la justicia y el cuidado de la casa común?

B 1.2 ¿Cómo puede una Iglesia sinodal hacer creíble la promesa de que “el amor y la verdad se encontrarán” (Sal 85,11)?

B 1.3 ¿Cómo puede crecer una relación dinámica de intercambio de dones entre las Iglesias?

B 1.4 ¿Cómo puede una Iglesia sinodal cumplir mejor su misión mediante un compromiso ecuménico renovado?

B 1.5 ¿Cómo reconocer y aprovechar la riqueza de las culturas y desarrollar el diálogo con las religiones a la luz del Evangelio?

Fichas para B 2. Corresponsables en la misión.

B 2.1 ¿Cómo podemos caminar juntos hacia una conciencia compartida del significado y el contenido de la misión?

B 2.2 ¿Qué hacer para que una Iglesia sinodal sea también una Iglesia misionera “totalmente ministerial”?

B 2.3 ¿Cómo puede la Iglesia de nuestro tiempo cumplir mejor su misión mediante un mayor reconocimiento y promoción de la dignidad bautismal de las mujeres?

B 2.4 ¿Cómo puede valorarse el ministerio ordenado, en su relación con los ministerios bautismales, en una perspectiva misionera?

B 2.5 ¿Cómo renovar y promover el ministerio del obispo en una perspectiva sinodal misionera?

Fichas para B 3. Participación, responsabilidad y autoridad.

B 3.1 ¿Cómo renovar el servicio de la autoridad y el ejercicio de la responsabilidad en una Iglesia sinodal misionera?

B 3.2 ¿Cómo podemos hacer evolucionar las prácticas de discernimiento y los procesos de toma de decisiones de una manera auténticamente sinodal, realizando el protagonismo del Espíritu?

B 3.3. ¿Qué estructuras se pueden desarrollar para consolidar una Iglesia sinodal misionera?

B 3.4 ¿Cómo configurar instancias de sinodalidad y colegialidad que impliquen a agrupaciones de Iglesias locales?

B 3.5 ¿Cómo reforzar la institución del Sínodo para que sea expresión de la colegialidad episcopal en una Iglesia sinodal?

SIGLAS

AA Concilio Vaticano II, Decreto Apostolicam actuositatem (18 de noviembre de 1965)

AG Concilio Vaticano II, Decreto Ad gentes (7 de diciembre de 1965)

CA San Juan Pablo II, Carta encíclica Centesimus annus (1 de mayo de 1991)

CL San Juan Pablo II, Exhortación apostólica postsinodal Christifideles laici (30 de diciembre de 1988)

CV Francisco, Exhortación apostólica postsinodal Christus vivit (25 de marzo de 2019)

DP Secretaría General del Sínodo, Por una Iglesia sinodal. Comunión, participación, misión. Documento Preparatorio (2021)

DEC Secretaría General del Sínodo, Por una Iglesia sinodal. Comunión, participación, misión. «Ensancha el espacio de tu tienda» (Is 54,2). Documento de Trabajo para la Etapa Continental (2022)

DV Concilio Vaticano II, Constitución dogmática Dei Verbum (18 de noviembre de 1965)

EC Francisco, Constitución apostólica Episcopalis communio (15 de septiembre de 2018)

EG Francisco, Exhortación apostólica Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013)

FT Francisco, Carta encíclica Fratelli tutti (3 de octubre de 2020)

GS Concilio Vaticano II, Constitución pastoral Gaudium et spes (7 de diciembre de 1965)

IL Instrumentum Laboris

LG Concilio Vaticano II, Constitución dogmática Lumen gentium (21 de noviembre 1964)

PE Francisco, Constitución apostólica Praedicate Evangelium (19 de marzo de 2022)

SC Concilio Vaticano II, Constitución Sacrosanctum Concilium (4 de diciembre de 1963)

UR Concilio Vaticano II, Decreto Unitatis redintegratio (21 de noviembre de 1964)

INSTRUMENTUM LABORIS

Prólogo

«Que el Dios de la paciencia y del consuelo os conceda tener entre vosotros los mismos sentimientos, según Cristo Jesús; de este modo, unánimes, a una voz, glorificaréis al Dios y Padre de nuestro Señor Jesucristo» (Rom 15, 5-6).

El viaje hasta ahora

1. El Pueblo de Dios se ha puesto en camino desde que el Papa Francisco convocó a toda la Iglesia en Sínodo el 10 de octubre de 2021. Partiendo de los contextos y ámbitos vitales, las Iglesias locales de todo el mundo pusieron en marcha la consulta al Pueblo de Dios, a partir de la pregunta básica formulada en el n. 2 del DP: «¿cómo se realiza hoy, a diversos niveles (desde el local al universal), ese “caminar juntos” que permite a la Iglesia anunciar el Evangelio, de acuerdo con la misión que le fue confiada; y qué pasos el Espíritu nos invita a dar para crecer como Iglesia sinodal?». Los frutos de la consulta se recogieron a nivel diocesano y después se resumieron y enviaron a los Sínodos de las Iglesias Orientales Católicas y a las Conferencias episcopales. Estas, a su vez, redactaron una síntesis que se remitió a la Secretaría General del Sínodo.

2. A partir de la lectura y el análisis de los documentos así recogidos, se redactó el DEC, al servicio de una etapa que representa una novedad en el proceso sinodal en curso. El DEC se restituyó a las Iglesias locales de todo el mundo, invitándolas a cotejarlo, para después reunirse y dialogar en las siete Asambleas continentales, mientras proseguían también los trabajos del Sínodo Digital. El objetivo era centrarse en las intuiciones y tensiones que resuenan con más fuerza en la experiencia de la Iglesia en cada continente, e identificar aquellas que, desde la perspectiva de cada continente, representan las prioridades que deben abordarse en la Primera Sesión de la Asamblea sinodal (octubre de 2023).

3. Sobre la base de todo el material recogido durante la fase de escucha, y en particular de los Documentos finales de las Asambleas continentales, se ha redactado el presente IL. Su publicación cierra la primera fase del Sínodo «Por una Iglesia sinodal: comunión, participación, misión», y abre la segunda, articulada en las dos sesiones[1] en las que tendrá lugar la XVI Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos (octubre de 2023 y de 2024). Su objetivo será impulsar el proceso y encarnarlo en la vida ordinaria de la Iglesia, identificando las líneas sobre las que el Espíritu nos invita a caminar con mayor decisión como Pueblo de Dios. Caminar juntos como Pueblo de Dios, en fidelidad a la misión que el Señor ha confiado a la Iglesia, es el don y el fruto que pedimos para la próxima Asamblea. En efecto, la finalidad del proceso sinodal «no es producir documentos, sino abrir horizontes de esperanza para el cumplimiento de la misión de la Iglesia» (DEC n. 6).

4. El camino recorrido hasta ahora, y en particular la etapa continental, ha permitido también identificar y compartir las peculiaridades de las situaciones que vive la Iglesia en las diferentes regiones del mundo: de las excesivas guerras que tiñen de sangre nuestro planeta y exigen un renovado compromiso para la construcción de una paz justa, a la amenaza que representa el cambio climático con la consiguiente prioridad del cuidado de la casa común; de un sistema económico que produce explotación, desigualdad y “descarte”, a la presión uniformadora del colonialismo cultural que aplasta a las minorías; de la experiencia de sufrir persecución hasta el martirio, a una emigración que vacía progresivamente las comunidades, amenazando su propia supervivencia; del creciente pluralismo cultural que marca hoy todo el planeta, a la experiencia de comunidades cristianas que representan minorías dispersas dentro del país en el que viven, hasta la experiencia de enfrentarse a una secularización cada vez más intensa, y a veces agresiva, que parece considerar irrelevante la experiencia religiosa, pero que no deja de tener sed de la Buena Nueva del Evangelio. En muchas regiones, las Iglesias están profundamente afectadas por la crisis de los abusos sexuales, de poder y de conciencia, económicos e institucionales. Se trata de heridas abiertas, cuyas consecuencias aún no se han abordado plenamente. Además de pedir perdón a las víctimas del sufrimiento causado, la Iglesia debe unirse al creciente compromiso de conversión y reforma para evitar que situaciones similares se repitan en el futuro.

5. En este contexto, variado, pero con rasgos comunes a nivel mundial, se ha desarrollado todo el proceso sinodal. También a la Asamblea sinodal se le pedirá una escucha profunda de las situaciones en las que la Iglesia vive y realiza su misión: sólo cuando resuena en un contexto específico se concreta la cuestión de fondo antes recordada y se hace evidente la urgencia misionera. Lo que está en juego es la capacidad de anunciar el Evangelio caminando junto a los hombres y mujeres de nuestro tiempo, allí donde se encuentren, y la práctica de la catolicidad vivida caminando junto a las Iglesias que viven en condiciones de particular sufrimiento (cf. LG 23).

6. Llegamos a la Asamblea sinodal cargados con los frutos recogidos durante la fase de escucha. En primer lugar, hemos experimentado que el encuentro sincero y cordial entre hermanos y hermanas en la fe es fuente de alegría: ¡encontrarnos es encontrar al Señor que está en medio de nosotros! Luego hemos podido tocar con nuestras propias manos la catolicidad de la Iglesia, que, en las diferencias de edad, sexo y condición social, manifiesta una extraordinaria riqueza de carismas y vocaciones eclesiales, y guarda un tesoro de diversidad de lenguas, culturas, expresiones litúrgicas y tradiciones teológicas. Representan el don que cada Iglesia local ofrece a todas las demás (cf. LG 13) y el dinamismo sinodal es un modo de relacionarlas y potenciarlas sin anularlas en la uniformidad. Del mismo modo, hemos descubierto que, incluso en la variedad de formas en que se experimenta y se entiende la sinodalidad en las distintas partes del mundo, a partir de la herencia común de la Tradición apostólica, hay cuestiones compartidas: discernir cuál es el nivel más apropiado para abordar cada una de ellas es parte del desafío. Igualmente se comparten ciertas tensiones. No debemos asustarnos de ellas, ni tratar de resolverlas a toda costa, sino comprometernos en un discernimiento sinodal constante: sólo así las tensiones podrán convertirse en fuentes de energía y no caer en polarizaciones destructivas.

7. La primera fase ha renovado nuestra conciencia de que llegar a ser una Iglesia cada vez más sinodal manifiesta nuestra identidad y vocación: caminar juntos, es decir, hacer sínodo, es el modo para llegar a ser verdaderamente discípulos y amigos de aquel Maestro y Señor que dijo de sí mismo «Yo soy el camino» (Jn 14, 6). Esto constituye también hoy un deseo profundo: habiéndolo experimentado como un don, queremos seguir haciéndolo, conscientes de que este camino culminará en el último día, cuando, por la gracia de Dios, entraremos a formar parte de esa muchedumbre que el libro del Apocalipsis describe así: «Después de esto vi una muchedumbre inmensa, que nadie podría contar, de todas las naciones, razas, pueblos y lenguas, de pie delante del trono y delante del Cordero, vestidos con vestiduras blancas y con palmas en sus manos. Y gritan con voz potente: “¡La victoria es de nuestro Dios, que está sentado en el trono, y del Cordero!”» (Ap 7, 9-10). Este texto nos ofrece la imagen de una Iglesia en la que reina una comunión perfecta entre todas las diferencias que la componen, que se mantienen y se unen en la única misión que quedará por cumplir: participar en la liturgia de alabanza que todas las criaturas elevan al Padre por medio de Cristo en la unidad del Espíritu Santo.

8. A la intercesión de estas hermanas y estos hermanos, que viven ya la plena comunión de los santos (cf. LG 50), y especialmente a la de Aquella que es primicia de ellos (cf. LG 63), María Madre de la Iglesia, confiamos los trabajos de la Asamblea y la continuación de nuestro empeño por una Iglesia sinodal. Pedimos que la Asamblea sea un momento de efusión del Espíritu, pero, más aún, que la gracia nos acompañe cuando llegue el momento de actualizar sus frutos en la vida cotidiana de las comunidades cristianas del mundo entero.

Una herramienta de trabajo para la segunda fase del proceso sinodal

9. Las novedades que marcan el Sínodo 2021-2024 no pueden sino reflejarse también en el valor y la dinámica de la Asamblea sinodal y, por tanto, en la estructura del IL que está a su servicio. En particular, la larga y articulada fase de escucha ha llevado ya a la preparación de una multiplicidad de documentos, que han establecido una circulación comunicativa entre las Iglesias locales y entre estas y la Secretaría General del Sínodo: DP, síntesis de las Iglesias locales, DEC y Documentos finales de las Asambleas continentales. El presente IL no anula ni absorbe toda esta riqueza, sino que se enraíza en ella y remite continuamente a ella: también en la preparación de la Asamblea, se invita a los miembros del Sínodo a tener presentes los documentos anteriores, especialmente el DEC y los Documentos finales de las Asambleas continentales, así como el del Sínodo Digital, como instrumentos para su discernimiento. En particular, los Documentos finales de las Asambleas continentales resultan preciosos para no perder la concreción de los diferentes contextos y los desafíos que cada uno de ellos plantea: el trabajo común de la Asamblea sinodal no puede prescindir de ellos. También pueden ser de ayuda los numerosos recursos recogidos en la sección especial de la web del Sínodo 2021-2024, <www.synod.va>, en particular la constitución apostólica Episcopalis communio y los dos documentos de la Comisión Teológica Internacional, La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia (2018) y El sensus fidei en la vida de la Iglesia (2014).

10. Dada la abundancia de material ya disponible, el IL pretende ser una ayuda práctica para el desarrollo de la Asamblea Sinodal de octubre de 2023 y, por tanto, para su preparación. Con más razón vale para el IL aquello que ya describía la naturaleza de la DEC: «no es un documento del Magisterio de la Iglesia, ni el informe de una encuesta sociológica; no ofrece la formulación de indicaciones operativas, de metas y objetivos, ni la elaboración completa de una visión teológica» (n. 8). No podría ser de otro modo, ya que el IL forma parte de un proceso que aún no ha terminado. En comparación con el DEC, da un paso más: partiendo de las percepciones recogidas durante la primera fase y especialmente del trabajo de las Asambleas continentales, articula algunas de las prioridades surgidas de la escucha al Pueblo de Dios, pero no como afirmaciones o toma de posturas. Por el contrario, las expresa como preguntas dirigidas a la Asamblea sinodal, que tendrá la tarea de discernir e identificar algunos pasos concretos para seguir creciendo como Iglesia sinodal, pasos que luego someterá al Santo Padre. Sólo entonces se completará esa particular dinámica de escucha en la que «cada uno tiene algo que aprender. Pueblo fiel, Colegio episcopal, Obispo de Roma: uno en escucha de los otros; y todos en escucha del Espíritu Santo, el “Espíritu de verdad” (Jn 14, 17), para saber lo que Él “dice a las Iglesias” (Ap 2,7)» [2]. Desde este punto de vista, está claro por qué el IL no puede entenderse como un primer borrador del Documento Final de la Asamblea sinodal, que habrá de ser corregido o enmendado, aunque esboza una primera comprensión del carácter sinodal de la Iglesia a partir de la cual se puede hacer un discernimiento ulterior. De igual forma, resulta evidente que los principales destinatarios del IL son los miembros de la Asamblea sinodal y que se hace público no sólo en aras de la transparencia, sino también como subsidio para la puesta en marcha de iniciativas eclesiales. En particular, puede favorecer la participación en la dinámica sinodal a nivel local y regional, a la espera de que los resultados de la Asamblea de octubre aporten posteriores elementos de autoridad sobre los que las Iglesias locales serán llamadas a orar, reflexionar, actuar y contribuir con sus propias aportaciones.

11. Las preguntas que plantea el IL son expresión de la riqueza del proceso del que han surgido: están cargadas con los nombres y rostros de los que han participado, testimonian la experiencia de fe del Pueblo de Dios y llevan, por tanto, la impronta de un significado trascendente. Desde este punto de vista, indican un horizonte e invitan a dar confiadamente nuevos pasos para profundizar en la práctica de la dimensión sinodal de la Iglesia. De la primera fase surge la conciencia de la necesidad de tomar la Iglesia local como punto de referencia privilegiado[3], como lugar teológico donde los bautizados experimentan concretamente el caminar juntos. Esto, sin embargo, no conduce a un repliegue: ninguna Iglesia local, en efecto, puede vivir al margen de las relaciones que la unen a todas las demás, incluidas aquellas, muy especiales, con la Iglesia de Roma, a la que se confía el servicio de la unidad a través del ministerio de su Pastor, que ha convocado a toda la Iglesia en Sínodo.

12. Esta atención a las Iglesias locales exige tener en cuenta su variedad y diversidad de culturas, lenguas y modos de expresión. En particular, las mismas palabras -se puede pensar, por ejemplo, en autoridad o liderazgo- pueden tener resonancias y connotaciones muy diferentes en las distintas áreas lingüísticas y culturales, sobre todo cuando, en algunos lugares, un término se asocia a planteamientos teóricos o ideológicos precisos. El IL se esfuerza por evitar el lenguaje divisivo con la esperanza de ayudar a un mejor entendimiento entre los miembros de la Asamblea del Sínodo, que proceden de diferentes regiones o tradiciones. La referencia compartida no puede ser otra que la visión del Vaticano II, a partir de la catolicidad del Pueblo de Dios, en virtud de la cual «cada una de las partes colabora con sus dones propios con las restantes partes y con toda la Iglesia, de tal modo que el todo y cada una de las partes aumentan a causa de todos los que mutuamente se comunican y tienden a la plenitud en la unidad, [...] permaneciendo inmutable el primado de la cátedra de Pedro, que preside la asamblea universal de la caridad, protege las diferencias legítimas y simultáneamente vela para que las divergencias sirvan a la unidad en vez de dañarla » (LG 13). Esta catolicidad se realiza en la relación de mutua interioridad entre la Iglesia universal y las Iglesias locales, en las cuales y de las cuales «se constituye la Iglesia católica, una y única» (LG 23). El proceso sinodal, que en la primera fase tuvo lugar en las Iglesias locales, llega ahora a su segunda fase, con el desarrollo de las dos sesiones de la XVI Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos.

La estructura del texto

13. Este IL se divide en dos secciones que corresponden a la articulación de las tareas de las Asambleas continentales (y, por tanto, a los contenidos de los correspondientes Documentos finales): en primer lugar proceder a una relectura del camino recorrido durante la primera fase, con el fin de identificar lo que la Iglesia de cada continente había aprendido de la experiencia de vivir la dimensión sinodal al servicio de la misión; después, hacer un discernimiento de las resonancias producidas en las Iglesias locales del continente al contrastar con el DEC, con el fin de identificar las prioridades sobre las que continuar el discernimiento durante la Asamblea sinodal de octubre de 2023.

14. La sección A del IL, titulada «Por una Iglesia sinodal », intenta recoger los frutos de la relectura del camino recorrido. En primer lugar, enumera una serie de características fundamentales o señas de identidad de una Iglesia sinodal. A continuación, invita a ser conscientes de que una Iglesia sinodal también se distingue por un modo de proceder, que la experiencia de la primera fase identifica con la conversación en el Espíritu. Se invitará a la Asamblea a reaccionar sobre los frutos de esta relectura para precisarlos y afinarlos. La sección B, titulada «Comunión, Misión, Participación »[4], expresa en forma de preguntas las tres prioridades que surgen con más fuerza del trabajo en todos los continentes, sometiéndolas al discernimiento de la Asamblea. Al servicio de la dinámica de la Asamblea, en particular del trabajo en grupo (Circuli Minores), se proponen cinco fichas de trabajo para cada una de estas tres prioridades, lo que permite abordarlas desde diferentes perspectivas.

15. Las tres prioridades de la sección B, desarrolladas a través de las respectivas fichas de trabajo, abarcan temas amplios y de gran relevancia: muchos podrían ser objeto de un Sínodo, o ya lo han sido. Sobre varios de ellos las intervenciones del Magisterio han sido también numerosas e incisivas. Durante los trabajos de la Asamblea no pueden tratarse extensamente y, sobre todo, independientemente unos de otros. Por el contrario, deben abordarse partiendo de su relación con el verdadero tema de los trabajos, es decir, la Iglesia sinodal. Por ejemplo, las referencias a la urgencia de dedicar una atención adecuada a las familias y a los jóvenes no pretenden estimular un nuevo tratamiento de la pastoral familiar o juvenil. Su propósito es ayudar a enfocar cómo la puesta en práctica de las conclusiones de las dos Asambleas sinodales de 2015 y 2018 y de las indicaciones de las sucesivas exhortaciones apostólicas postsinodales Amoris laetitiae e Christus vivit, representa una oportunidad para caminar juntos como Iglesia capaz de acoger y acompañar, aceptando los cambios necesarios en normas, estructuras y procedimientos. Lo mismo se aplica a muchos otros temas que subyacen.

16. El compromiso que se pide a la Asamblea y a sus miembros será el de mantener la tensión entre la visión de conjunto, que caracteriza el trabajo a partir de la sección A, y la identificación de los pasos a dar, necesariamente concretos, a los que apunta en cambio el trabajo a partir de la sección B. En ello se jugará la fecundidad del discernimiento de la Asamblea sinodal, cuya tarea será abrir toda la Iglesia a la acogida de la voz del Espíritu Santo. La articulación de la constitución pastoral Gaudium et spes, que «consta de dos partes », diferentes en carácter y enfoque, «pero es un todo unificado» (GS, nota 1), puede ser, desde este punto de vista, una inspiración para el trabajo de la Asamblea.

A. Por una Iglesia sinoda
Una experiencia integral

«Hay diversidad de carismas, pero un mismo Espíritu; hay diversidad de ministerios, pero un mismo Señor; y hay diversidad de actuaciones, pero un mismo Dios que obra todo en todos. Pero a cada cual se le otorga la manifestación del Espíritu para el bien común» (1 Co 12, 4-7).

17. Un rasgo une los relatos de las etapas de la primera fase: es la sorpresa expresada por los participantes, que se encontraron ante algo inesperado, más grande de lo previsto. Para los participantes, el proceso sinodal ofrece una oportunidad de encuentro en la fe que hace crecer el vínculo con el Señor, la fraternidad entre las personas y el amor a la Iglesia, no sólo a nivel individual, sino implicando y dinamizando a toda la comunidad. La experiencia es la de recibir un horizonte de esperanza que se abre para la Iglesia, signo claro de la presencia y de la acción del Espíritu que la guía en la historia en su camino hacia el Reino (cf. LG 5): «el protagonista del Sínodo es el Espíritu Santo»[5]. De este modo, cuanto más intensamente se ha acogido la invitación a caminar juntos, tanto más el Sínodo se ha convertido en el camino por el que el Pueblo de Dios avanza con entusiasmo, pero sin ingenuidad. De hecho, los problemas, las resistencias, las dificultades y las tensiones no se ocultan ni se esconden, sino que se identifican y se nombran gracias a un diálogo auténtico que permite hablar y escuchar con libertad y sinceridad. El proceso sinodal constituye el espacio en el que se hace practicable el modo evangélico de tratar las cuestiones que a menudo se plantean de forma reivindicativa o para las que falta un lugar de acogida y discernimiento en la vida de la Iglesia actual.

18. Un término tan abstracto o teórico como la sinodalidad ha comenzado así a encarnarse en una experiencia concreta. De la escucha del Pueblo de Dios surge una progresiva apropiación y comprensión de la sinodalidad «desde dentro», que no deriva de la enunciación de un principio, una teoría o una fórmula, sino que se mueve a partir de la disposición a entrar en un proceso dinámico de palabra constructiva, respetuosa y orante, de escucha y diálogo. En la raíz de este proceso está la aceptación, personal y comunitaria, de algo que es a la vez un don y un desafío: ser una Iglesia de hermanas y hermanos en Cristo que se escuchan mutuamente y que, al hacerlo, son transformados gradualmente por el Espíritu.

A 1. Signos característicos de una Iglesia sinodal

19. Dentro de esta comprensión integral, surge la conciencia de algunas características o signos distintivos de una Iglesia sinodal. Se trata de convicciones compartidas sobre las que detenerse y reflexionar juntos con vistas a la continuación de un camino que las afinará y clarificará ulteriormente, a partir de los trabajos que emprenderá la Asamblea sinodal de octubre de 2023.

20. De todos los continentes surge con fuerza la conciencia de que una Iglesia sinodal se funda en el reconocimiento de la dignidad común que deriva del Bautismo, que hace de quienes lo reciben hijos e hijas de Dios, miembros de su familia y, por tanto, hermanos y hermanas en Cristo, habitados por el único Espíritu y enviados a cumplir una misión común. En el lenguaje de Pablo, «todos nosotros, judíos y griegos, esclavos y libres, hemos sido bautizados en un mismo Espíritu, para formar un solo cuerpo. Y todos hemos bebido de un solo Espíritu» (1 Co 12,13). El Bautismo crea así una verdadera corresponsabilidad entre los miembros de la Iglesia, que se manifiesta en la participación de todos, con los carismas de cada uno, en la misión y edificación de la comunidad eclesial. No se puede entender una Iglesia sinodal si no es en el horizonte de la comunión, que es siempre también misión para anunciar y encarnar el Evangelio en todas las dimensiones de la existencia humana. Comunión y misión se alimentan en la participación común en la Eucaristía, que hace de la Iglesia un cuerpo «bien ajustado y unido» (Ef 4,16) en Cristo, capaz de caminar juntos hacia el Reino.

21. Enraizado en esta conciencia está el deseo de una Iglesia cada vez más sinodal también en sus instituciones, estructuras y procedimientos, para constituir un espacio en el que la común dignidad bautismal y la corresponsabilidad en la misión no sólo se afirmen, sino que se ejerzan y practiquen. En este espacio, el ejercicio de la autoridad en la Iglesia se aprecia como un don y se configura cada vez más como «un verdadero servicio, que la Sagrada Escritura llama muy significativamente “diakonía” o sea ministerio» (LG 24), según el modelo de Jesús, que se inclinó para lavar los pies a sus discípulos (cf. Jn 13, 1-11).

22. «Una Iglesia sinodal es una Iglesia de la escucha» [6]: esta toma de conciencia es fruto de la experiencia del camino sinodal, que es una escucha del Espíritu por medio de la escucha de la Palabra, de la escucha de los acontecimientos de la historia y de la escucha recíproca entre los individuos y entre las Comunidades eclesiales, desde el nivel local hasta el continental y universal. Para muchos, la gran sorpresa fue precisamente la experiencia de ser escuchados por la comunidad, en algunos casos por primera vez, recibiendo así un reconocimiento del propio valor, que testimonia el amor del Padre por cada uno de sus hijos e hijas. La escucha dada y recibida tiene una profundidad teológica y eclesial, y no sólo funcional, siguiendo el ejemplo de cómo Jesús escuchaba a las personas con las que se encontraba. Este estilo de escucha está llamado a marcar y transformar todas las relaciones que la comunidad cristiana establece entre sus miembros, con otras comunidades de fe y con la sociedad en su conjunto, especialmente con aquellos cuya voz se ignora más a menudo.

23. Como Iglesia de la escucha, una Iglesia sinodal desea ser humilde, sabe que debe pedir perdón y que tiene mucho que aprender. Algunos de los documentos recogidos durante la primera fase señalaban que el camino sinodal es necesariamente penitencial, reconociendo que no siempre hemos vivido la dimensión sinodal constitutiva de la comunidad eclesial. El rostro de la Iglesia muestra hoy los signos de graves crisis de confianza y credibilidad. En muchos contextos, las crisis relacionadas con abusos sexuales, económicos, de poder y de conciencia han empujado a la Iglesia a un exigente examen de conciencia «para que, bajo la acción del Espíritu Santo, no cese de renovarse» (LG 9), en un camino de arrepentimiento y conversión que abra caminos de reconciliación, sanación y justicia.

24. Una Iglesia sinodal es una Iglesia de encuentro y diálogo. En el camino que hemos recorrido, esto concierne con particular fuerza a las relaciones con las otras Iglesias y Comunidades eclesiales, a las que estamos unidos por el vínculo de un mismo Bautismo. El Espíritu, que es «principio de unidad de la Iglesia» (UR 2), actúa en estas Iglesias y Comunidades eclesiales y nos invita a emprender caminos de conocimiento mutuo, de compartir y de construir una vida común. A nivel local, emerge con fuerza la importancia de lo que ya se está haciendo junto a miembros de otras Iglesias y Comunidades eclesiales, especialmente como testimonio común en contextos socioculturales hostiles hasta la persecución -es el ecumenismo del martirio- y ante la emergencia ecológica. En todas partes, en sintonía con el Magisterio del Concilio Vaticano II, surge el deseo de profundizar en el camino ecuménico: una Iglesia auténticamente sinodal no puede dejar de implicar a todos los que comparten el único Bautismo.

25. Una Iglesia sinodal está llamada a practicar la cultura del encuentro y el diálogo con los creyentes de otras religiones y con las culturas y sociedades en las cuales se inserta, pero sobre todo entre las múltiples diferencias que atraviesan a la Iglesia misma. Esta Iglesia no teme la variedad de la que es portadora, sino que la valora sin forzarla a la uniformidad. El proceso sinodal ha sido una oportunidad para empezar a aprender lo que significa vivir la unidad en la diversidad, una realidad que hay que seguir explorando, en la confianza de que el camino se irá aclarando a medida que avancemos. Por lo tanto, una Iglesia sinodal promueve el paso del «yo» al «nosotros», porque constituye un espacio en el que resuena la llamada a ser miembros de un cuerpo que valora la diversidad, pero que es hecho uno por el único Espíritu. Es el Espíritu el que nos impulsa a escuchar al Señor y a responderle como pueblo al servicio de la única misión de anunciar a todos los pueblos la salvación ofrecida por Dios en Cristo Jesús. Esto sucede en una gran diversidad de contextos: a nadie se le pide que abandone el suyo, sino más bien que lo comprenda y se encarne en él con mayor profundidad. Volviendo a esta visión tras la experiencia de la primera fase, la sinodalidad aparece en primer lugar como un dinamismo que anima las comunidades locales concretas. Pasando al plano más universal, este impulso abarca todas las dimensiones y realidades de la Iglesia, en un movimiento de auténtica catolicidad.

26. Vivida en una diversidad de contextos y culturas, la sinodalidad se revela como una dimensión constitutiva de la Iglesia desde sus orígenes, aunque todavía esté en proceso de realización. De hecho, presiona para ser implementada cada vez más plenamente, expresando una llamada radical a la conversión, al cambio, a la oración y a la acción dirigida a todos. En este sentido, una Iglesia sinodal es abierta, acogedora y abraza a todos. No hay frontera que este movimiento del Espíritu no sienta que debe cruzar, para atraer a todos a su dinamismo. La radicalidad del cristianismo no es la prerrogativa de algunas vocaciones específicas, sino la llamada a construir una comunidad que viva y testimonie una manera diferente de entender la relación entre las hijas y los hijos de Dios, que encarne la verdad del amor, fundada en el don y la gratuidad. La llamada radical es, pues, a construir juntos, sinodalmente, una Iglesia atractiva y concreta: una Iglesia en salida, en la que todos se sientan acogidos.

27. Al mismo tiempo, una Iglesia sinodal afronta con honestidad y valentía la llamada a una comprensión más profunda de la relación entre amor y verdad, según la invitación de san Pablo: «realizando la verdad en el amor, hagamos crecer todas las cosas hacia él, que es la cabeza: Cristo, del cual todo el cuerpo, bien ajustado y unido a través de todo el complejo de junturas que lo nutren, actuando a la medida de cada parte, se procura el crecimiento del cuerpo, para construcción de sí mismo en el amor» (Ef 4,15-16). Por tanto, para incluir auténticamente a todos, es necesario entrar en el misterio de Cristo, dejándose formar y transformar por el modo en que él vivió la relación entre amor y verdad.

28. Característica de una Iglesia sinodal es la capacidad de gestionar las tensiones sin dejarse destruir por ellas, viviéndolas como impulso para profundizar en el modo de entender y vivir la comunión, la misión y la participación. La sinodalidad es un camino privilegiado de conversión, porque reconstituye a la Iglesia en la unidad: cura sus heridas y reconcilia su memoria, acoge las diferencias de las que es portadora y la redime de divisiones infecundas, permitiéndole así encarnar más plenamente su vocación de ser «en Cristo, como sacramento, es decir, signo e instrumento de la íntima unión con Dios y de la unidad de todo el género humano» (LG 1). La escucha auténtica y la capacidad de encontrar modos para seguir caminando juntos más allá de la fragmentación y la polarización son indispensables para que la Iglesia permanezca viva y vital y sea un signo poderoso para las culturas de nuestro tiempo.

29. Tratar de caminar juntos también nos pone en contacto con la sana inquietud de lo incompleto, con la conciencia de que todavía hay muchas cosas cuyo peso no somos capaces de soportar (cf. Jn 16,12). No se trata de un problema que resolver, sino de un don que cultivar: estamos ante el misterio inagotable y santo de Dios y debemos permanecer abiertos a sus sorpresas mientras peregrinamos hacia el Reino (cf. LG 8). Esto vale también para las cuestiones que el proceso sinodal ha sacado a la luz: como primer paso requieren escucha y atención, sin apresurarse a ofrecer soluciones inmediatas.

30. Llevar el peso de estos interrogantes no es una carga personal de quienes ocupan determinadas funciones, con el riesgo de ser aplastados por ellos, sino una tarea de toda la comunidad, cuya vida relacional y sacramental es a menudo la respuesta inmediata más eficaz. Por eso, una Iglesia sinodal se alimenta incesantemente del misterio que celebra en la liturgia, «cumbre a la cual tiende la actividad de la Iglesia y [...] fuente de donde mana toda su fuerza» (SC 10), y en particular de la Eucaristía.

31. Una vez superada la angustia del límite, el inevitable carácter incompleto de una Iglesia sinodal y la disponibilidad de sus miembros a aceptar las propias vulnerabilidades se convierten en el espacio para la acción del Espíritu, que nos invita a reconocer los signos de su presencia. Por eso, una Iglesia sinodal es también una Iglesia del discernimiento, en la riqueza de significados que adquiere este término y al que dan relieve las distintas tradiciones espirituales. La primera fase permitió al Pueblo de Dios comenzar a experimentar el gusto por el discernimiento mediante la práctica de la conversación en el Espíritu. Escuchando atentamente la experiencia vivida por los demás, crecemos en el respeto mutuo y comenzamos a discernir las mociones del Espíritu de Dios en la vida de los otros y en la nuestra. De este modo, empezamos a prestar más atención a «lo que el Espíritu dice a las Iglesias» (Ap 2,7), con el compromiso y la esperanza de convertirnos en una Iglesia cada vez más capaz de tomar decisiones proféticas que sean fruto de la guía del Espíritu.

A 2. Un camino para la Iglesia sinodal: conversar en el Espíritu

32. Atraviesa todos los continentes el reconocimiento de lo fructífero que ha sido el método aquí llamado «conversación en el Espíritu», adoptado durante la primera fase y denominado en algunos documentos «conversación espiritual» o «método sinodal» (cf. figura a la pág. 16).

33. En su sentido etimológico, el término «conversación» no indica un intercambio genérico de ideas, sino aquella dinámica en la que la palabra pronunciada y escuchada genera familiaridad, permitiendo a los participantes intimar entre sí. La especificación «en el Espíritu» identifica al auténtico protagonista: el deseo de los que conversan tiende a escuchar su voz, que en la oración se abre a la libre acción de Aquel que, como el viento, sopla donde quiere (cf. Jn 3,8). Poco a poco, la conversación entre hermanos y hermanas en la fe abre el espacio para un con-sentimiento, es decir, para escuchar juntos la voz del Espíritu. No es conversación en el Espíritu si no hay un paso adelante en una dirección precisa, a menudo inesperada, que apunta a una acción concreta.

34. En las Iglesias locales que la practicaron durante la primera fase, la conversación en el Espíritu fue «descubierta» como el ambiente que permite compartir experiencias de vida y como el espacio de discernimiento en una Iglesia sinodal. En los Documentos finales de las Asambleas continentales, se describe como un momento pentecostal, como una oportunidad para experimentar el ser Iglesia y pasar de escuchar a nuestros hermanos y hermanas en Cristo a escuchar al Espíritu, que es el auténtico protagonista, y recibir de Él una misión. Al mismo tiempo, a través de este método, la gracia de la Palabra y de los Sacramentos se convierte en una realidad sentida y transformadora, actualizada, que atestigua y realiza la iniciativa por la que el Señor Jesús se hace presente y activo en la Iglesia: Cristo nos envía en misión y nos reúne en torno a sí para dar gracias y gloria al Padre en el Espíritu Santo. De ahí que desde todos los continentes llegue la petición de que este método anime e informe cada vez más la vida cotidiana de las Iglesias.

35. La conversación en el Espíritu se inscribe en la larga tradición del discernimiento eclesial, que ha expresado una pluralidad de métodos y enfoques. Conviene subrayar su valor exquisitamente misionero. Esta práctica espiritual permite pasar del «yo» al «nosotros»: no pierde de vista ni borra la dimensión personal del «yo», sino que la reconoce y la inserta en la dimensión comunitaria. De este modo, tomar la palabra y escuchar a los participantes se convierten en liturgia y oración, en las que el Señor se hace presente y nos atrae hacia formas cada vez más auténticas de comunión y discernimiento.

36. En el Nuevo Testamento hay numerosos ejemplos de este modo de conversación. Es paradigmático el relato del encuentro del Señor resucitado con los dos discípulos de Emaús (cf. Lc 24, 13-35 y la explicación dada en CV 237). Como bien demuestra su experiencia, la conversación en el Espíritu construye comunión y aporta dinamismo misionero: los dos, en efecto, vuelven a la comunidad que habían dejado para compartir el anuncio pascual de que el Señor ha resucitado.

37. En su concreción, la conversación en el Espíritu puede describirse como una oración compartida con vistas a un discernimiento en común, para el que los participantes se preparan mediante la reflexión y la meditación personales. Se regalan mutuamente una palabra meditada y alimentada por la oración, no una opinión improvisada sobre la marcha. La dinámica entre los participantes articula tres etapas fundamentales. La primera está dedicada a que cada uno tome la palabra a partir de su propia experiencia releída en la oración durante el tiempo de preparación. Los demás escuchan sabiendo que cada uno tiene una valiosa aportación que ofrecer, sin entrar en debates ni discusiones.

38. El silencio y la oración ayudan a preparar el siguiente paso, en el que se invita a cada persona a abrir en sí misma un espacio para los demás y para el Otro. De nuevo, cada uno toma la palabra: no para reaccionar y contrarrestar lo que se ha escuchado, reafirmando su propia posición, sino para expresar lo que durante la escucha le ha conmovido más profundamente y por lo que se siente interpelado con más fuerza. Las huellas que la escucha de las hermanas y hermanos producen en la interioridad de cada uno son el lenguaje con el que el Espíritu Santo hace resonar su propia voz: cuanto más se haya alimentado cada uno de la meditación de la Palabra y de los Sacramentos, creciendo en la familiaridad con el Señor, tanto más podrá reconocer el sonido de su voz (cf. Jn 10, 14.27), gracias también al acompañamiento del Magisterio y de la teología. Del mismo modo, cuanto más capaces sean los participantes de prestar atención a lo que dice el Espíritu, más crecerán en un sentimiento compartido y abierto a la misión.

39. El tercer paso, de nuevo en un clima de oración y bajo la guía del Espíritu Santo, es identificar los puntos clave que han surgido y construir un consenso sobre los frutos del trabajo común, que cada uno sienta fiel al proceso y en el que, por tanto, pueda sentirse representado. No basta con elaborar un informe en el que se enumeren los puntos más citados, sino que es necesario un discernimiento que preste atención también a las voces marginales y proféticas y no pase por alto la importancia de los puntos en los que surgen desacuerdos. El Señor es la piedra angular que permitirá que la «construcción» se mantenga en pie, y el Espíritu, maestro de armonía, ayudará a pasar de la confusión a la sinfonía.

40. El proceso culmina con una oración de alabanza a Dios y gratitud por la experiencia. «Cuando vivimos la mística de acercarnos a los demás y de buscar su bien, ampliamos nuestro interior para recibir los más hermosos regalos del Señor. Cada vez que nos encontramos con un ser humano en el amor, quedamos capacitados para descubrir algo nuevo de Dios. Cada vez que se nos abren los ojos para reconocer al otro, se nos ilumina más la fe para reconocer a Dios (EG 272). Este es, en pocas palabras, el don que recibe quien se deja implicar en una conversación en el Espíritu.

41. En situaciones concretas, nunca es posible seguir ciegamente este esquema, sino que es necesario adaptarlo siempre. A veces es preciso dar prioridad a que cada uno tome la palabra y escuche a los demás; en otras circunstancias, a poner de relieve los vínculos entre las distintas perspectivas, buscando lo que «hace arder el corazón en el pecho» (cf. Lc 24,32); en otras, aún, a explicitar un consenso y trabajar juntos para identificar la dirección en la que uno se siente llamado por el Espíritu a ponerse en movimiento. Pero, más allá de las oportunas adaptaciones concretas, la intención y el dinamismo que unen los tres pasajes son y siguen siendo característicos del modo de proceder de una Iglesia sinodal.

42. Teniendo en cuenta la importancia de la conversación en el Espíritu para animar la experiencia vivida por la Iglesia sinodal, la formación en este método, en particular de animadores capaces de acompañar a las comunidades a practicarlo, se percibe como una prioridad en todos los niveles de la vida eclesial y para todos los bautizados, comenzando por los ministros ordenados, y en un espíritu de corresponsabilidad y apertura a las diferentes vocaciones eclesiales. La formación para la conversación en el Espíritu es la formación para ser una Iglesia sinodal.

 

B. Comunión, misión, participación

Tres temas prioritarios para la Iglesia sinodal

«Como en un solo cuerpo tenemos muchos miembros, y no todos los miembros cumplen la misma función, así nosotros, siendo muchos, somos un solo cuerpo en Cristo, pero cada cual existe en relación con los otros miembros» (Rm 12, 4-5).

43. Entre los frutos de la primera fase, y en particular de las Asambleas continentales, obtenidos también gracias al modo de proceder apenas esbozado, está la identificación de las tres prioridades que ahora se proponen al discernimiento de la Asamblea sinodal de octubre de 2023. Se trata de desafíos con los que toda la Iglesia debe medirse para dar un paso adelante y crecer en su ser sinodal a todos los niveles y desde una pluralidad de perspectivas: piden ser abordados desde el punto de vista de la Teología y del Derecho canónico, así como desde el de la pastoral y la espiritualidad. Cuestionan la planificación de las diócesis, así como las opciones cotidianas y el estilo de vida de cada miembro del Pueblo de Dios. Son también auténticamente sinodales porque abordarlas exige caminar juntos como pueblo, con todos sus componentes. Las tres prioridades se ilustrarán en relación con las tres palabras clave del Sínodo: comunión, misión, participación. Es una elección motivada por la búsqueda de sencillez expositiva, pero que se expone a un riesgo: el de presentarlas como tres «pilares» independientes entre sí. En cambio, en la vida de la Iglesia sinodal, comunión, misión y participación se articulan, alimentándose y apoyándose mutuamente. Deben pensarse y presentarse siempre en esta clave de integración.

44. El cambio en el orden en que aparecen los tres términos, con la misión en el lugar central, tiene su origen en la conciencia de los vínculos que los unen, madurada durante la primera fase. En particular, comunión y misión se entrelazan y se reflejan mutuamente, como ya enseñaba san Juan Pablo II: «La comunión y la misión están profundamente unidas entre sí, se compenetran y se implican mutuamente, hasta tal punto que la comunión representa a la vez la fuente y el fruto de la misión: la comunión es misionera y la misión es para la comunión» (CL 32, citado en PE I,4). Se nos invita a superar una concepción dualista en la que las relaciones dentro de la comunidad eclesial son el ámbito de la comunión, mientras que la misión concierne al impulso ad extra. La primera fase ha puesto de relieve, en cambio, cómo la comunión es la condición de la credibilidad del anuncio, recuperando en esto una intuición de la XV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos sobre Los jóvenes, la fe y el discernimiento vocacional[7]. Al mismo tiempo, crece la conciencia de que la orientación a la misión es el único criterio evangélicamente fundado para la organización interna de la comunidad cristiana, la distribución de funciones y tareas y la gestión de sus instituciones y estructuras. Es en la relación con la comunión y la misión como puede entenderse la participación y por eso sólo puede abordarse después de las otras dos. Por un lado, les presta el servicio de la concreción: la atención a los procedimientos, normas, estructuras e instituciones permite consolidar la misión en el tiempo y aleja a la comunión de la extemporaneidad emocional. Por otro, recibe una orientación finalista y un dinamismo que le permiten escapar al riesgo de convertirse en un frenesí de reivindicaciones de derechos individuales, que inevitablemente acaban fragmentando más que uniendo.

45. Para acompañar la preparación y estructuración de los trabajos de la Asamblea, se han elaborado cinco fichas de trabajo para cada prioridad, que se presentan al final de esta sección. Cada una de ellas constituye una puerta de entrada para tratar la prioridad a la que está asociada, que de este modo puede abordarse desde perspectivas diferentes pero complementarias, en conexión con distintos aspectos de la vida de la Iglesia, que han surgido a través de los trabajos de las Asambleas continentales. En cualquier caso, los tres párrafos siguientes, a los que corresponden los tres grupos de fichas, no pueden leerse como columnas paralelas e incomunicadas. Son, más bien, haces de luz que, desde distintos puntos, iluminan la misma realidad, es decir, la vida sinodal de la Iglesia, entrelazándose y refiriéndose continuamente unos a otros, invitando a crecer en ella.

B 1. Una comunión que se irradia. ¿Cómo podemos ser más plenamente signo e instrumento de la unión con Dios y de la unidad del género humano?

46. La comunión no es una reunión sociológica como miembros de un grupo identitario, sino que es ante todo un don del Dios Trino y, al mismo tiempo, una tarea, nunca agotada, de construcción del «nosotros» del Pueblo de Dios. Como las mismas Asambleas continentales han experimentado, entrelaza una dimensión vertical, que Lumen gentium llama «unión con Dios», y otra horizontal, «la unidad del género humano», en un fuerte dinamismo escatológico: la comunión es un camino en el que estamos llamados a crecer, «hasta que lleguemos todos a la unidad en la fe y en el conocimiento del Hijo de Dios, al Hombre perfecto, a la medida de Cristo en su plenitud» (Ef 4,13).

47. De ese momento nos anticipa la liturgia, lugar donde la Iglesia, en su camino terreno, experimenta la comunión, la alimenta y la construye. Si, en efecto, «contribuye en sumo grado a que los fieles expresen en su vida, y manifiesten a los demás, el misterio de Cristo y la naturaleza auténtica de la verdadera Iglesia» (SC 2), es precisamente a ella a la que debemos mirar para comprender qué es la vida sinodal de la Iglesia. En primer lugar, es en la acción litúrgica, y en particular en la celebración de la Eucaristía, donde la Iglesia experimenta cada día la unidad radical en la misma oración, pero en la diversidad de lenguas y ritos: un elemento fundamental en clave sinodal. Desde este punto de vista, la multiplicidad de ritos en la única Iglesia católica es una auténtica bendición, que hay que proteger y promover, como también se experimentó en varias ocasiones durante las Asambleas continentales.

48. La Asamblea sinodal no puede entenderse como representativa y legislativa, en analogía a un organismo parlamentario, con su dinámica de construcción de mayorías. Más bien, estamos llamados a entenderla por analogía con la litúrgica. La tradición antigua nos dice que el Sínodo se celebra de este modo: comienza con la invocación al Espíritu Santo, continúa con la profesión de fe y llega a determinaciones compartidas para garantizar o restablecer la comunión eclesial. En una asamblea sinodal Cristo se hace presente y actúa, transforma la historia y los acontecimientos cotidianos, dona el Espíritu para guiar a la Iglesia a encontrar un consenso sobre cómo caminar juntos hacia el Reino y ayudar a la humanidad a proceder en la dirección de la unidad. Caminar juntos en la escucha de la Palabra y de los hermanos, es decir, en la búsqueda de la voluntad de Dios y en la concordia, conduce a la acción de gracias al Padre por el Hijo en el único Espíritu. En la asamblea sinodal, los que se reúnen en nombre de Cristo escuchan su Palabra, se escuchan mutuamente, disciernen en docilidad al Espíritu, proclaman lo que han escuchado y lo reconocen como luz para el camino de la Iglesia.

49. En esta perspectiva, la vida sinodal no es una estrategia para organizar la Iglesia, sino la experiencia de poder encontrar una unidad que abraza la diversidad sin cancelarla, porque esta fundamentada en la unión con Dios en la confesión de una misma fe. Este dinamismo posee una fuerza propulsora que empuja a ampliar continuamente el ámbito de la comunión, pero que debe asumir las contradicciones, los límites y las heridas de la historia.

50. El primer tema prioritario que surgió del proceso sinodal tiene su raíz en este punto: en la concreción de nuestra realidad histórica, preservar y promover la comunión exige asumir lo incompleto de lograr vivir la unidad en la diversidad (cf. 1Cor 12). La historia produce divisiones, que provocan heridas que hay que curar y exigen poner en marcha caminos de reconciliación. En este contexto, en nombre del Evangelio, ¿qué vínculos hay que desarrollar, superando trincheras y muros, y qué refugios y protecciones hay que construir, y para proteger a quién? ¿Qué divisiones son infecundas? ¿Cuándo la gradualidad hace posible el camino hacia la comunión consumada? Parecen preguntas teóricas, pero su concreción está arraigada en la vida cotidiana de las comunidades cristianas consultadas en la primera fase: se refieren a la cuestión de si existen límites a la voluntad de acoger a personas y grupos, a cómo entablar un diálogo con las culturas y las religiones sin comprometer nuestra identidad, o a la determinación de ser la voz de los marginados y reafirmar que nadie debe quedarse atrás. Las cinco fichas de trabajo relacionadas con esta prioridad intentan explorar estas cuestiones desde cinco perspectivas complementarias.

B 2. Corresponsables en la misión. ¿Cómo compartir dones y tareas al servicio del Evangelio?

51. «La Iglesia, durante su peregrinación en la tierra, es por naturaleza misionera» (AG 2). La misión constituye el horizonte dinámico desde el que pensar la Iglesia sinodal, a la que imparte un impulso hacia el «éxtasis», «que consiste en salir [... de sí] para buscar el bien de los demás, hasta dar la vida» (CV 163; cf. también FT 88). En otras palabras, la misión permite revivir la experiencia de Pentecostés: habiendo recibido el Espíritu Santo, Pedro con los Once se levanta y toma la palabra para anunciar a Jesús muerto y resucitado a cuantos se encuentran en Jerusalén (cf. Hch 2,14-36). La vida sinodal hunde sus raíces en el mismo dinamismo: son numerosos los testimonios que describen en estos términos la experiencia vivida en la primera fase y aún más numerosos son los que vinculan de manera inseparable sinodalidad y misión.

52. En una Iglesia que se define a sí misma como signo e instrumento de la unión con Dios y de la unidad del género humano (cf. LG 1), el discurso sobre la misión se centra en la transparencia del signo y en la eficacia del instrumento, sin las cuales cualquier anuncio tropezará con problemas de credibilidad. La misión no consiste en comercializar un producto religioso, sino en construir una comunidad en la que las relaciones sean transparencia del amor de Dios y, de este modo, la vida misma se convierta en anuncio. En los Hechos de los Apóstoles, el discurso de Pedro va seguido inmediatamente de un relato de la vida de la comunidad primitiva, en la que todo se convertía en ocasión de comunión (cf. 2,42-47): esto le confería capacidad de atracción.

53. En esta línea, la primera pregunta sobre la misión se refiere precisamente a lo que los miembros de la comunidad cristiana están dispuestos a poner en común, partiendo de la irreductible originalidad de cada uno, en virtud de su relación directa con Cristo en el Bautismo y de su ser habitado por el Espíritu. Esto hace que la aportación de cada bautizado sea preciosa e indispensable. Una de las razones del sentimiento de asombro que se registró durante la primera fase está precisamente ligada a la posibilidad de contribuir: «¿Puedo realmente hacer algo?». Al mismo tiempo, se invita a cada persona a que asuma su propio carácter incompleto, es decir, la conciencia de que para llevar a cabo la misión, todos son necesarios o, dicho de otro modo, que la misión tiene también una dimensión constitutivamente sinodal.

54. Por eso, la segunda prioridad identificada por una Iglesia que se descubre como sinodal misionera se refiere al modo en que consigue realmente solicitar la contribución de todos, cada uno con sus dones y tareas, valorando la diversidad de los carismas e integrando la relación entre dones jerárquicos y carismáticos[8]. La perspectiva de la misión sitúa los carismas y los ministerios en el horizonte de lo común y, de este modo, salvaguarda su fecundidad, que, en cambio, resulta comprometida cuando se convierten en prerrogativas que legitiman lógicas de exclusión. Una Iglesia sinodal misionera tiene el deber de preguntarse cómo puede reconocer y valorar la aportación que cada bautizado puede ofrecer a la misión, saliendo de sí mismo y participando junto con otros en algo más grande. «Contribuir activamente al bien común de la humanidad» (CA 34) es un componente inalienable de la dignidad de la persona, incluso dentro de la comunidad cristiana. La primera contribución que cada uno puede hacer es discernir los signos de los tiempos (cf. GS 4), para mantener la conciencia de la misión en sintonía con el soplo del Espíritu. Todos los puntos de vista tienen algo que aportar a este discernimiento, empezando por el de los pobres y excluidos: caminar junto a ellos no significa sólo asumir sus necesidades y sufrimientos, sino también aprender de ellos. Este es el modo de reconocer su igual dignidad, escapando a las trampas del asistencialismo y anticipando, en la medida de lo posible, la lógica de los cielos nuevos y de la tierra nueva hacia la que nos encaminamos.

55. Las fichas de trabajo relativas a esta prioridad intentan concretar esta cuestión de fondo en relación con temas como el reconocimiento de la variedad de vocaciones, carismas y ministerios, la promoción de la dignidad bautismal de las mujeres, el papel del ministerio ordenado y, en particular, el ministerio del obispo en el seno de la Iglesia sinodal misionera.

B 3. Participación, responsabilidad y autoridad. ¿Qué procesos, estructuras e instituciones son necesarios en una Iglesia sinodal misionera?

56. «Si no se cultiva una praxis eclesial que exprese la sinodalidad de manera concreta a cada paso del camino y del obrar, promoviendo la implicación real de todos y cada uno, la comunión y la misión corren el peligro de quedarse como términos un poco abstractos»[9]. Estas palabras del Santo Padre nos ayudan a situar la participación en relación con los otros dos términos. A la dimensión de procedimiento, que no debe subestimarse como instancia de concreción, la participación añade una densidad antropológica de gran relevancia: de hecho, expresa la preocupación por el florecimiento de lo humano, es decir, la humanización de las relaciones en el corazón del proyecto de comunión y del compromiso de misión. Salvaguarda la singularidad del rostro de cada uno, empujando para que el paso al «nosotros» no absorba al «yo» en el anonimato de una colectividad indistinta, en la abstracción de los derechos o en el servilismo al rendimiento de la organización. La participación es esencialmente una expresión de creatividad y cultivo de relaciones de hospitalidad, acogida y promoción humana en el corazón de la misión y la comunión.

57. De la preocupación por la participación en el sentido integral aquí mencionado se deriva la tercera prioridad surgida de la etapa continental: la cuestión de la autoridad, su significado y el estilo de su ejercicio dentro de una Iglesia sinodal. En particular, ¿se plantea esta en la línea de los parámetros derivados del mundo, o en la del servicio? «No será así entre vosotros» (Mt 20,26; cf. Mc 10,43), dice el Señor, que después de lavar los pies a los discípulos los amonesta: «Os he dado ejemplo para que lo que yo he hecho con vosotros, vosotros también lo hagáis» (Jn 13,15). En su origen, el término «autoridad» indica la capacidad de hacer crecer y, por tanto, el servicio a la originalidad personal de cada uno, el apoyo a la creatividad y no un control que la bloquea, el servicio a la construcción de la libertad de la persona y no un cordón que la mantiene atada. Ligada a esta pregunta hay una segunda, cargada de preocupación por la concreción y la continuidad en el tiempo: ¿cómo imprimir a nuestras estructuras e instituciones el dinamismo de la Iglesia sinodal misionera?

58. De esta atención deriva otra instancia, igualmente concreta, que apunta precisamente a sostener la dinámica de la participación en el tiempo: se trata de la formación, que aparece transversalmente en todos los documentos de la primera fase. Instituciones y estructuras, en efecto, no bastan para hacer sinodal a la Iglesia: son necesarias una cultura y una espiritualidad sinodales, animadas por un deseo de conversión y sostenidas por una adecuada formación, como no han dejado de subrayar las Asambleas continentales y, antes que ellas, las síntesis de las Iglesias locales. La necesidad de formación no se limita a la actualización de contenidos, sino que tiene un alcance integral, afectando a todas las capacidades y disposiciones de la persona: orientación misionera, capacidad de relacionarse y de construir comunidad, disposición a la escucha espiritual y familiaridad con el discernimiento personal y comunitario, paciencia, perseverancia y parresía.

59. La formación es el medio indispensable para hacer del modo de proceder sinodal un modelo pastoral para la vida y la acción de la Iglesia. Necesitamos una formación integral, inicial y permanente, para todos los miembros del Pueblo de Dios. Ningún bautizado puede sentirse ajeno a este compromiso y, por tanto, es necesario estructurar propuestas adecuadas de formación en el camino sinodal dirigidas a todos los fieles. En particular, pues, cuanto más se está llamado a servir a la Iglesia, tanto más se debe sentir la urgencia de la formación: obispos, presbíteros, diáconos, consagrados y consagradas, y todos los que ejercen un ministerio necesitan formación para renovar los modos de ejercer la autoridad y los procesos de toma de decisiones en clave sinodal, y para aprender cómo acompañar el discernimiento comunitario y la conversación en el Espíritu. Los candidatos al ministerio ordenado deben formarse en un estilo y mentalidad sinodales. La promoción de una cultura de la sinodalidad implica la renovación del actual currículo de los seminarios y de la formación de los formadores y de los profesores de teología, de manera que exista una orientación más clara y decidida hacia la formación a una vida de comunión, misión y participación. La formación para una espiritualidad sinodal está en el corazón de la renovación de la Iglesia.

60. Numerosas aportaciones ponen de relieve la necesidad de un esfuerzo similar para renovar el lenguaje utilizado por la Iglesia: en la liturgia, en la predicación, en la catequesis, en el arte sacro, así como en todas las formas de comunicación dirigidas tanto a los fieles como al público en general, también a través de los medios de comunicación nuevos y antiguos. Sin mortificar ni degradar la profundidad del misterio que la Iglesia anuncia ni la riqueza de su tradición, la renovación del lenguaje debe orientarse a hacerlos accesibles y atractivos a los hombres y mujeres de nuestro tiempo, sin representar un obstáculo que mantenga alejados. La inspiración de la frescura del lenguaje evangélico, la capacidad de inculturación que exhibe la historia de la Iglesia y las prometedoras experiencias ya en marcha, también en el entorno digital, nos invitan a proceder con confianza y decisión en una tarea de crucial importancia para la eficacia del anuncio del Evangelio, que es la meta a la que aspira una Iglesia sinodal misionera.

Roma, 29 de mayo de 2023

Memoria de la Bienaventurada Virgen María Madre de la Iglesia

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XVI ASAMBLEA GENERAL ORDINARIA
DEL SÍNODO DE LOS OBISPOS

POR UNA IGLESIA SINODAL:
COMUNIÓN, PARTICIPACIÓN, MISIÓN

FICHAS DE TRABAJO
PARA LA ASAMBLEA SINODAL

(Primera Sesión - octubre 2023)

Introducción

Si todo el IL «pretende ser una ayuda práctica para el desarrollo de la Asamblea Sinodal de octubre de 2023 y, por tanto, para su preparación» (n. 10), esto es particularmente cierto para las fichas de trabajo que aquí se presentan. Han sido preparadas para facilitar el discernimiento sobre las «tres prioridades que emergen con más fuerza de los trabajos de todos los continentes» (n. 14), con vistas a identificar los pasos concretos a los que nos sentimos llamados por el Espíritu Santo para crecer como Iglesia sinodal. La presentación de las fichas, la explicación de su estructura y las indicaciones sobre cómo utilizarlas requieren, por tanto, ante todo situarlas en la dinámica de trabajo de la Asamblea.

La dinámica de la Asamblea

La Asamblea tratará las cuestiones planteadas por el IL alternando convocatorias plenarias (Congregationes Generales) y trabajo en grupo (sesiones de los Circuli Minores), tal y como prevé el art. 14 de la CE.

En concreto, la Asamblea procederá abordando los distintos temas, en el orden en que el IL los proponga. Comenzará trabajando en la Sección A, «Por una Iglesia sinodal. Una experiencia integral» (nn. 17-42), con el fin de enfocar mejor las características fundamentales de una Iglesia sinodal, a partir de la experiencia de caminar juntos vivida por el Pueblo de Dios en estos dos años y recogida en los documentos elaborados durante la primera fase gracias al discernimiento de los Pastores. Se pide a la Asamblea que se mueva en una perspectiva integral, considerando la experiencia del Pueblo de Dios en su conjunto y con su complejidad.

A continuación, la Asamblea pasará a abordar los tres temas prioritarios surgidos de la fase de consulta y presentados en la Sección B del IL (nn. 43-60). A cada uno de ellos se dedica una de las tres partes en que se articula dicha Sección, «en relación con las tres palabras clave del Sínodo: comunión, misión, participación» (n. 43), con una inversión del orden en que aparecen los tres términos que se explica en el n. 44. Esta articulación corresponde a la de las fichas de trabajo, también divididas en tres partes, cada una de las cuales retoma el título de la parte correspondiente de la Sección B, subrayando así el vínculo que las une:

- «B 1. Una comunión que se irradia. ¿Cómo podemos más plenamente signo e instrumento de la unión con Dios y de la unidad del género humano?» (nn. 46-50);

- «B 2. Corresponsables en la misión. ¿Cómo podemos compartir dones y tareas al servicio del Evangelio?» (nn. 51-55);

- «B 3. Participación, responsabilidad y autoridad. ¿Qué procesos, estructuras e instituciones son necesarias en una Iglesia sinodal misionera?» (nn. 56-60).

En particular, cinco fichas de trabajo corresponden a cada una de las tres prioridades: cada una «constituye una puerta de entrada para tratar la prioridad a la que está asociada, que de este modo puede abordarse desde perspectivas diferentes pero complementarias, en relación con distintos aspectos de la vida de la Iglesia que han surgido a través de los trabajos de las Asambleas continentales» (n. 45).

La organización de los trabajos en etapas sucesivas no elimina el dinamismo que une a las dos Secciones: la experiencia del Pueblo de Dios abordada desde la óptica integral de la Sección A sigue representando el horizonte en el que situar el tratamiento de las distintas cuestiones planteadas en la Sección B, que hunden sus raíces en dicha experiencia. El esfuerzo exigido a la Asamblea consistirá precisamente en «mantener la tensión entre la visión de conjunto [...] y la identificación de los pasos a dar» (n. 16): estos últimos dan concreción y profundidad a los primeros, y reciben a cambio una visión prospectiva y una cohesión frente al riesgo de dispersión en el detalle.

Finalmente, el último segmento de los trabajos de la Asamblea estará dedicado a la recogida de los frutos, es decir, concretamente a la elaboración de caminos por los que seguir caminando juntos, continuando la relectura de la experiencia del Pueblo de Dios y promoviendo las necesarias profundizaciones, ante todo teológicas y canónicas, con vistas a la segunda sesión de la Asamblea sinodal de octubre de 2024.

A lo largo de todo el camino, la Asamblea procederá según el método de la conversación en el Espíritu (cf. nn. 32-42), convenientemente adaptado. Mantendrá así una conexión con el modo de proceder que ha caracterizado todo el proceso sinodal (cf. figura a la pág. 26) pero, sobre todo, al experimentarlo directamente, podrá enfocar mejor cómo puede convertirse en parte de la vida ordinaria de la Iglesia y en un modo de proceder compartido para discernir la voluntad de Dios.

Cómo utilizar las fichas de trabajo

Las fichas de trabajo están concebidas como una herramienta de trabajo para abordar las tres cuestiones prioritarias expuestas en la Sección B durante la Asamblea de octubre de 2023. Por lo tanto, no son capítulos de un libro que deban leerse sucesivamente, ni ensayos breves, más o menos completos, sobre un tema. Son «para hacer» y no «para leer», en el sentido de que ofrecen un esquema para la oración y la reflexión personal como preparación para el intercambio en grupo y en plenaria. Del mismo modo, pueden utilizarse para reuniones temáticas en profundidad al estilo sinodal en todos los niveles de la vida eclesial. No están pensadas para ser tratadas sucesivamente: cada una debe mantenerse junto con la parte de la Sección B del IL a la que corresponde, pero pueden ser tratadas independientemente de todas las demás.

Todas las fichas tienen la misma estructura: comienzan con una rápida contextualización de la cuestión expresada por el título a partir de lo surgido en la primera fase. A continuación, formulan una pregunta para el discernimiento. Por último, ofrecen algunas intuiciones, que articulan diversas perspectivas (teológica, pastoral, canónica, etc.), dimensiones y niveles (parroquia, diócesis, etc.), pero, sobre todo, recuperan la concreción de los rostros de los miembros del Pueblo de Dios, de sus carismas y ministerios, de las preguntas que expresaron durante la fase de escucha. La abundancia de los estímulos propuestos en cada Ficha responde a una necesidad de fidelidad a la riqueza y variedad de lo recogido en la consulta, sin convertirla en un cuestionario en el que sea necesario formular una respuesta a cada pregunta. Algunos estímulos serán especialmente estimulantes en determinadas regiones del mundo, otros en regiones diferentes. Cada uno está invitado a privilegiar aquél o aquéllos sobre los que considere que la experiencia de «su» Iglesia tiene mayor riqueza para compartir con los demás: ésta será su contribución a la obra común.

Cada ficha se centra en el tema indicado por el título, tomando como base el marco de referencia representado por el IL, cuyo contenido no se repite ni se cita explícitamente. Sin embargo, representan la base del trabajo, junto con todos los documentos relativos a la fase de consulta: «incluso en la preparación de la Asamblea, se invita a los miembros del Sínodo a tener presentes los documentos anteriores, especialmente el DEC y los Documentos finales de las Asambleas continentales, así como el del Sínodo Digital, como instrumentos para su discernimiento» (n. 9). No se trata, pues, de partir de cero, sino de continuar un camino ya iniciado. Por este motivo, así como por obvias razones de espacio, las fichas no ofrecen un tratamiento sistemático de los distintos temas, ni profundizan en todo: el hecho de que el proceso sinodal haya destacado algunos puntos como prioritarios no significa que otros temas sean menos importantes. Sobre la base de la consulta al Pueblo de Dios, las cuestiones propuestas en las fichas representan pasarelas para abordar concretamente la pregunta básica que impulsa y guía todo el proceso: «¿cómo se realiza hoy, en los distintos niveles (desde el local al universal), ese “caminar juntos” que permite a la Iglesia anunciar el Evangelio, de acuerdo con la misión que se le ha confiado? y ¿qué pasos nos invita a dar el Espíritu para crecer como Iglesia sinodal?» (DP 2).

Existen evidentes puntos de contacto, e incluso solapamientos, entre las fichas, incluso entre partes diferentes. Sin embargo, no se trata de una repetición, ya que en la edición se ha tenido en cuenta el hecho de que las fichas están concebidas para ser utilizadas independientemente unas de otras. Además, esto pone de relieve la rica red de interconexiones entre los temas tratados.

Algunas de las cuestiones surgidas de la consulta al Pueblo de Dios se refieren a temas sobre los que ya existe un desarrollo magisterial y teológico al que remitirse: por poner sólo dos ejemplos, basta pensar en la aceptación de los divorciados vueltos a casar, tema tratado en la exhortación apostólica Amoris laetitia, o la inculturación de la liturgia, objeto de la Instrucción Varietates legitimae (1994) de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos. El hecho de que sigan surgiendo interrogantes sobre puntos de este tipo no puede descartarse precipitadamente, sino que debe ser objeto de discernimiento, y la Asamblea sinodal es un foro privilegiado para hacerlo. En particular, deben investigarse los obstáculos, reales o percibidos, que han impedido dar los pasos indicados y lo que hay que hacer para eliminarlos. Por ejemplo, si el bloqueo se deriva de una falta general de información, será necesario un mejor esfuerzo de comunicación. Si, por el contrario, se debe a la dificultad de captar las implicaciones de los documentos para situaciones concretas o de reconocerse en lo que proponen, un camino sinodal de apropiación efectiva de los contenidos por parte del Pueblo de Dios podría ser la respuesta adecuada. Otro caso sería cuando la reaparición de una cuestión es signo de un cambio en la realidad o de la necesidad de un «desbordamiento» de la Gracia, lo que exige volver a cuestionar el Depósito de la Fe y la Tradición viva de la Iglesia.

Será difícil que los trabajos de la primera sesión de la XVI Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos lleguen a formular orientaciones concluyentes sobre muchos de estos temas: por eso el Santo Padre ha decidido que la Asamblea sinodal se celebre en dos sesiones. El objetivo de la primera sesión será, ante todo, delinear los caminos de profundización que se han de llevar a cabo en estilo sinodal, indicando los temas que se han de tratar y los modos de recoger los frutos, para permitir que el discernimiento se complete en la segunda sesión, en octubre de 2024, elaborando las propuestas concretas para crecer como Iglesia sinodal que se presentarán al Santo Padre.

B 1. UNA COMUNIÓN que se irradia

¿Cómo podemos ser más plenamente signo e instrumento
de la unión con Dios y de la unidad del género humano?

B 1.1 ¿Cómo alimentan la comunión en una Iglesia sinodal el servicio de la caridad, el compromiso por la justicia y el cuidado de la casa común?

Las Asambleas continentales indican varias direcciones para crecer como Iglesia sinodal misionera:

a) En una Iglesia sinodal, los pobres, en el sentido original de los que viven en condiciones de indigencia y de exclusión social, ocupan un lugar central. Son destinatarios de los cuidados, pero sobre todo son portadores de una Buena Noticia que toda la comunidad necesita escuchar: la Iglesia tiene ante todo algo que aprender de ellos (cf. Lc 6,20; EG 198). Una Iglesia sinodal reconoce y valora su protagonismo.

b) El cuidado de la casa común exige una acción compartida: la solución de muchos problemas, como el cambio climático, requiere el compromiso de toda la familia humana. El cuidado de la casa común es ya un lugar de intensas experiencias de encuentro y colaboración con los miembros de otras Iglesias y Comunidades eclesiales, con los creyentes de otras religiones y con los hombres y mujeres de buena voluntad. Este compromiso exige la capacidad de actuar coherentemente en una pluralidad de niveles: catequesis y animación pastoral, promoción de estilos de vida, gestión de los bienes (patrimoniales y financieros) de la Iglesia.

c) Los movimientos migratorios son un signo de nuestro tiempo y «los migrantes son un “paradigma” capaz de iluminar nuestro tiempo»[10]. Su presencia constituye una llamada a caminar juntos, especialmente cuando se trata de fieles católicos. Invita a crear vínculos con las Iglesias de los países de origen y representa una oportunidad para experimentar la variedad de la Iglesia, por ejemplo, a través de la diáspora de las Iglesias orientales católicas.

d) Una Iglesia sinodal puede desempeñar un papel de testimonio profético en un mundo fragmentado y polarizado, especialmente cuando sus miembros se comprometen a caminar juntos con los demás ciudadanos para la construcción del bien común. En lugares marcados por profundos conflictos, esto requiere la capacidad de ser agentes de reconciliación y artesanos de paz.

e) «Todo cristiano y toda comunidad están llamados a ser instrumento de Dios para la liberación y promoción de los pobres» (EG 187). Esto implica también la disponibilidad para tomar partido en favor de ellos en el debate público, prestar voz a sus causas, denunciar las situaciones de injusticia y discriminación, sin complicidad con los responsables de las mismas.

Pregunta para el discernimiento

Caminar juntos significa no dejar a nadie atrás y ser capaces de seguir el ritmo de los que más les cuesta ¿Cómo podemos crecer en nuestra capacidad de promover el protagonismo de los últimos en la Iglesia y en la sociedad?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) Las obras de justicia y misericordia son una forma de participación en la misión de Cristo. Por tanto, todo bautizado está llamado a comprometerse en este ámbito. ¿Cómo despertar, cultivar y reforzar esta conciencia en las comunidades cristianas?

2) Las desigualdades que marcan el mundo contemporáneo atraviesan también el cuerpo de la Iglesia, separando, por ejemplo, las Iglesias de los países ricos y pobres, o las comunidades de las zonas más ricas y más pobres de un mismo país. ¿Qué herramientas se necesitan para poder caminar juntos entre las Iglesias más allá de estas desigualdades, experimentando un auténtico intercambio de dones?

3) A lo largo del camino sinodal, ¿qué esfuerzos se han hecho para dar espacio a la voz de los más pobres e integrar su aportación? ¿Qué experiencias han madurado nuestras Iglesias en el apoyo al protagonismo de los pobres? ¿Qué debemos hacer para implicarlos cada vez más en nuestro caminar juntos, dejando que su voz cuestione nuestro modo de hacer cuando este no es suficientemente inclusivo?

4) ¿La acogida a los emigrantes se convierte en una oportunidad para caminar juntos con personas de otras culturas, especialmente cuando compartimos la misma fe? ¿Qué espacio tienen las comunidades de emigrantes en la pastoral ordinaria? ¿Cómo se valora la diáspora de las Iglesias orientales católicas como una oportunidad para experimentar la unidad en la diversidad? ¿Qué vínculos se crean entre las Iglesias de los países de partida y las de los países de llegada?

5) ¿Sabe la comunidad cristiana caminar con la sociedad en su conjunto en la construcción del bien común o se presenta como un sujeto interesado en defender sus propios intereses partidistas? ¿Consigue dar testimonio de la posibilidad de concordia más allá de las polarizaciones políticas? ¿Qué herramientas se da para capacitarse para estas tareas? Trabajar por el bien común requiere formar alianzas y coaliciones: ¿qué criterios de discernimiento nos damos al respecto? ¿Cómo acompaña la comunidad a sus miembros comprometidos en política?

6) ¿Qué experiencias de caminar juntos por el cuidado de la casa común hemos tenido con personas, grupos y movimientos que no forman parte de la Iglesia católica? ¿Qué hemos aprendido? ¿En qué punto nos encontramos en la construcción de la coherencia entre los diferentes niveles en los que el cuidado de la casa común nos exige actuar?

7) El encuentro con los pobres y marginados y la posibilidad de caminar junto a ellos comienza a menudo por la disposición a escuchar sus vidas. ¿Tiene sentido pensar en reconocer un ministerio específico de escucha y acompañamiento para quienes asumen este servicio? ¿Cómo puede una Iglesia sinodal formarlos y apoyarlos? ¿Cómo pensar en reconocer eclesialmente formas de compromiso con la construcción de una sociedad justa y con el cuidado de la casa común que se viven como respuesta a una vocación auténtica y como opción también profesional?

B 1.2 ¿Cómo puede una Iglesia sinodal hacer creíble la promesa de que «el amor y la verdad se encontrarán» (Sal 85,11)?

Intentar comprender qué significan concretamente la acogida y el acompañamiento para la comunidad cristiana fue un núcleo central en las distintas etapas de la primera fase.

El DEC eligió la imagen bíblica de la tienda que se extiende (cf. Is 54,2) para expresar la llamada a ser una comunidad bien arraigada y, por tanto, capaz de abrirse. Las Asambleas continentales, partiendo de sus diferentes sensibilidades, han propuesto otras imágenes para articular la dimensión de acogida que forma parte de la misión de la Iglesia: Asia ha ofrecido la imagen de la persona que se quita los zapatos para cruzar el umbral, como signo de humildad para estar preparada al encuentro con el otro y con Dios; Oceanía ha propuesto la imagen de la barca; África ha insistido en la imagen de la Iglesia como familia de Dios, capaz de ofrecer pertenencia y acogida a todos sus miembros, en toda su variedad.

Bajo esta diversidad de imágenes podemos rastrear una unidad de propósito: en todas partes la Iglesia está buscando cómo renovar la propia misión para ser una comunidad acogedora y hospitalaria, para encontrar a Cristo en aquellos a quienes acoge y ser signo de su presencia y anuncio creíble de la verdad del Evangelio en la vida de todos. Se trata de la profunda necesidad de imitar al Maestro y Señor también en la capacidad de vivir una aparente paradoja: «proclamar con audacia la propia enseñanza auténtica y, al mismo tiempo, ofrecer un testimonio de inclusión y aceptación radicales» (DEC 30).

En este punto, el camino sinodal fue una oportunidad para establecer una contraposición profunda, con humildad y sinceridad. La sorpresa es descubrir que el modo de proceder sinodal permite situar las cuestiones que surgen de esta contraposición en la perspectiva de la misión, sin quedarse paralizado, alimentando la esperanza de que el Sínodo sea un catalizador de esta renovación de la misión y empuje a reparar el tejido relacional de la Iglesia.

La preocupación por ser capaz de una auténtica aceptación se expresa en una pluralidad de direcciones, muy diferentes entre sí y no convergentes:

a) Los Documentos finales de las Asambleas continentales mencionan a menudo a quienes no se sienten aceptados en la Iglesia, como los divorciados vueltos a casar, las personas en matrimonios polígamos o las personas LGBTQ+.

b) También señalan cómo formas de discriminación racial, tribal, étnica, de clase o de casta, también presentes en el Pueblo de Dios, llevan a algunos a sentirse menos importantes o menos bienvenidos dentro de la comunidad.

c) Muy generalizada es la indicación de cómo una pluralidad de barreras, desde las que son físicas a los aquellas que brotan de prejuicios culturales, generan formas de exclusión de las personas con discapacidad y requieren que sean superadas.

d) Surge también la preocupación de que los pobres, a quienes se dirige principalmente la Buena Nueva, queden con demasiada frecuencia en los márgenes de las comunidades cristianas (por ejemplo, prófugos, migrantes y refugiados, niños de la calle, personas sin hogar, víctimas de la trata de seres humanos, etc.).

e) Por último, los documentos de las Asambleas continentales señalan que es necesario mantener el vínculo entre la conversión sinodal y la atención a las víctimas y marginados dentro de la Iglesia; en particular, hacen mucho hincapié en la necesidad de aprender a ejercer la justicia como forma de acoger a quienes han sido heridos por miembros de la Iglesia, especialmente las víctimas y supervivientes de todas las formas de abuso;

f) la escucha de las voces más frecuentemente desatendidas se indica como el camino para crecer en el amor y la justicia de los que da testimonio el Evangelio.

Pregunta para el discernimiento

¿Qué pasos puede dar una Iglesia sinodal para imitar cada vez más a su Maestro y Señor, que camina con todos con amor incondicional y anuncia la plenitud de la verdad del Evangelio?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Con qué actitud nos acercamos al mundo? ¿Reconocemos lo bueno que hay en él y al mismo tiempo nos comprometemos a denunciar proféticamente todo lo que atenta contra la dignidad de las personas, de las comunidades humanas y de la creación?

2) ¿Cómo podemos hacer resonar una voz profética para desvelar las causas del mal sin fragmentar posteriormente nuestras comunidades? ¿Cómo podemos convertirnos en una Iglesia que no oculta los conflictos y no teme salvaguardar los espacios para el desacuerdo?

3) ¿Cómo podemos restaurar la proximidad y las relaciones afectuosas como núcleo de la misión de la Iglesia, caminando con la gente en lugar de hablar de ellos o a ellos?

4) En línea con la Exhortación apostólica postsinodal Christus vivit, ¿cómo podemos caminar junto a los jóvenes? ¿Cómo puede la «opción preferencial por los jóvenes» estar en el centro de nuestras estrategias pastorales en clave sinodal?

5) ¿Cómo podemos seguir dando pasos concretos para ofrecer justicia a víctimas y supervivientes de los abusos sexuales, espirituales, económicos, de poder y de conciencia perpetrados por personas que desempeñaban un ministerio o una misión eclesiástica?

6) ¿Cómo podemos crear espacios en los que aquellos que se sienten heridos por la Iglesia y rechazados por la comunidad puedan sentirse reconocidos, acogidos, no juzgados y libres para hacer preguntas? A la luz de la Exhortación apostólica postsinodal Amoris laetitia, ¿qué medidas concretas son necesarias para llegar a las personas que se sienten excluidas de la Iglesia a causa de su afectividad y sexualidad (por ejemplo, divorciados vueltos a casar, personas en matrimonios polígamos, personas LGBTQ+, etc.)?

7) ¿Cómo podemos ser más abiertos y acogedores con los inmigrantes y refugiados, las minorías étnicas y culturales, las comunidades indígenas que forman parte de la Iglesia desde hace mucho tiempo, pero que a menudo se encuentran al margen? ¿Cómo podemos dar testimonio de que su presencia es un don?

8) ¿Qué barreras físicas y culturales debemos derribar para que las personas con discapacidad puedan sentirse miembros de pleno derecho de la comunidad?

9) ¿Cómo puede mejorarse la contribución de las personas ancianas a la vida de la comunidad cristiana y de la sociedad?

B 1.3 ¿Cómo puede crecer una relación dinámica de intercambio de dones entre las Iglesias?

La comunión a la que está llamada la Iglesia es una relación dinámica de intercambio de dones, que da testimonio de una unidad trascendente en la diversidad. Uno de los dones más significativos del proceso sinodal realizado hasta ahora es el redescubrimiento de la riqueza de la diversidad y la profundidad de nuestra interconexión. Esta diversidad e interconexión no amenazan, sino que proporcionan el contexto para una recepción más profunda de nuestra unidad de creación, vocación y destino.

El proceso sinodal se vivió de forma apasionada y viva en el ámbito local de la Iglesia, especialmente cuando se dieron ocasiones de conversación en el Espíritu. El DEC ha tratado de poner de relieve las diferentes formas de esta vitalidad, subrayando al mismo tiempo la extraordinaria convergencia sobre cuestiones y temas que han surgido en los diversos contextos. Durante las Asambleas continentales, después, se descubrieron como un don precioso ciertos aspectos de la vida de la Iglesia en contextos muy diferentes. Al mismo tiempo, se entabló una relación más profunda con la diversidad que caracteriza a las distintas regiones: diferencias entre Iglesias de un mismo continente, así como diferencias en la expresión de la catolicidad, debidas a la presencia de comunidades católicas latinas y orientales en un mismo territorio, a menudo como resultado de oleadas migratorias y de la formación de comunidades en diáspora. En realidad, como observó una Asamblea continental, nos hemos experimentado muy concretamente como «comunidades de comunidades», constatando los dones que así recibimos y las tensiones que pueden surgir.

Estas reuniones dieron lugar a observaciones compartidas e incluso a peticiones explícitas:

a) Se desea que las diferentes tradiciones de regiones e Iglesias específicas puedan ser escuchadas y participar en la conversación eclesial y teológica, a menudo dominada por voces latinas/occidentales. La dignidad de los bautizados se reconoce como un punto clave en muchos contextos; del mismo modo, en particular para muchos miembros de las Iglesias orientales católicas, el Misterio Pascual celebrado en los sacramentos de la iniciación cristiana sigue siendo el centro de la reflexión sobre la identidad de los cristianos y de la Iglesia sinodal.

b) Las Iglesias orientales católicas tienen una larga y distinguida experiencia de sinodalidad, compartida con las Iglesias ortodoxas, una tradición a la que desean que se preste atención en las discusiones y el discernimiento de este proceso sinodal.

c) Asimismo, existen realidades específicas y particulares que los cristianos orientales en la diáspora afrontan en nuevos contextos, junto con sus hermanos y hermanas ortodoxos. Es deseable que las Iglesias orientales católicas en la diáspora puedan conservar su identidad y ser reconocidas como algo más que comunidades étnicas, es decir, como Iglesias sui iuris con ricas tradiciones espirituales, teológicas y litúrgicas que contribuyen a la misión de la Iglesia hoy, en un contexto global.

Pregunta para el discernimiento

¿Cómo puede cada Iglesia local, sujeto de misión en el contexto en el que vive, potenciar, promover e integrar el intercambio de dones con las otras Iglesias locales, en el horizonte de la única Iglesia católica? ¿Cómo pueden las Iglesias locales ayudar a promover la catolicidad de la Iglesia en una relación armoniosa entre unidad y diversidad, preservando la especificidad de cada una?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Cómo concienciar de que la Iglesia una y católica es ya, y desde el inicio, portadora de una rica y multiforme diversidad?

2) ¿Con qué gestos podrían las distintas Iglesias locales donarse hospitalidad recíproca para beneficiarse de un intercambio de dones eclesiales y manifestar la comunión en la liturgia, la espiritualidad, la pastoral y la reflexión teológica? En particular, ¿cómo activar un intercambio entre las experiencias y las visiones de la sinodalidad entre las Iglesias orientales católicas y la Iglesia Latina?

3) ¿Cómo podría la Iglesia latina desarrollar una mayor apertura a las tradiciones espirituales, teológicas y litúrgicas de las Iglesias orientales católicas?

4) ¿Cómo pueden las Iglesias orientales católicas en la diáspora preservar su identidad y ser reconocidas como algo más que comunidades étnicas?

5) Algunas Iglesias viven situaciones muy precarias. ¿Cómo pueden las demás Iglesias hacerse cargo de sus sufrimientos y proveer a sus necesidades, poniendo en práctica las enseñanzas del apóstol Pablo, que pedía a las comunidades de Grecia que apoyaran generosamente a la de Jerusalén: «En este momento, vuestra abundancia remedia su carencia, para que la abundancia de ellos remedie vuestra carencia; así habrá igualdad» (2 Co 8,14)? ¿Qué papel pueden desempeñar a este respecto las instituciones mundiales y las de la Santa Sede dedicadas al servicio de la caridad?

6) ¿Cómo pueden tenerse en cuenta y poner en valor las aportaciones y experiencias de las Iglesias locales en la elaboración del Magisterio y de las normas eclesiásticas a nivel universal?

7) En un mundo cada vez más globalizado e interconectado, ¿cómo podemos desarrollar el tejido de relaciones entre Iglesias locales de la misma región y también de distintos continentes? ¿Cómo puede la creciente movilidad humana y, por tanto, la presencia de comunidades migrantes, convertirse en una oportunidad para establecer vínculos entre las Iglesias e intercambiar dones? ¿Cómo gestionar de forma constructiva las tensiones y los malentendidos que puedan surgir entre fieles de culturas y tradiciones diferentes?

8) ¿Cómo pueden las instituciones globales de la Iglesia, empezando por las que dependen de la Santa Sede y los dicasterios de la Curia Romana, favorecer la circulación de los dones entre las Iglesias?

9) ¿Cómo hacer activo y fecundo el intercambio de experiencias y dones no sólo entre las diversas Iglesias locales, sino también entre las diversas vocaciones, carismas y espiritualidades dentro del Pueblo de Dios: institutos de vida consagrada y sociedades de vida apostólica, asociaciones y movimientos laicales, nuevas comunidades? ¿Cómo asegurar la participación de las comunidades de vida contemplativa en este intercambio?

B 1.4 ¿Cómo puede una Iglesia sinodal cumplir mejor su misión mediante un compromiso ecuménico renovado?

«El camino de la sinodalidad, que la Iglesia católica está recorriendo, es y debe ser ecuménico, del mismo modo que el camino ecuménico es sinodal»[11]. La sinodalidad es un desafío común que concierne a todos los creyentes en Cristo, del mismo modo que el ecumenismo es, ante todo, un camino común (syn-odos) recorrido junto con otros cristianos. Sinodalidad y ecumenismo son dos caminos que hay que recorrer juntos, con un objetivo común: un mejor testimonio cristiano. Este puede tomar la forma de la convivencia en un «ecumenismo de la vida» a distintos niveles, incluidos los matrimonios interconfesionales, y también del acto supremo de donarla como testimonio de la fe en Cristo en el ecumenismo del martirio.

El compromiso de construir una Iglesia sinodal tiene varias implicaciones ecuménicas:

a) En el único Bautismo, todos los cristianos participan del sensus fidei o sentido sobrenatural de la fe (cf. LG 12) por lo que, en una Iglesia sinodal, todos son escuchados con atención.

b) El camino ecuménico es un intercambio de dones y uno de los dones que los católicos pueden recibir de otros cristianos es precisamente su experiencia sinodal (cf. EG 246). El redescubrimiento de la sinodalidad como dimensión constitutiva de la Iglesia es fruto del diálogo ecuménico, especialmente con los ortodoxos.

c) El movimiento ecuménico es un laboratorio de la sinodalidad, en particular la metodología de diálogo y de búsqueda de consenso experimentada a diversos niveles en su seno podría ser una fuente de inspiración.

d) La sinodalidad forma parte de la «reforma continua» de la Iglesia, sabiendo que es principalmente a través de su reforma interna, en la que la sinodalidad desempeña un papel esencial, como la Iglesia Católica se acerca a los demás cristianos (cf. UR 4.6).

e) Existe una relación recíproca entre el ordenamiento sinodal de la Iglesia católica y la credibilidad de su compromiso ecuménico.

f) Se experimenta una cierta sinodalidad entre las Iglesias cada vez que cristianos de diferentes tradiciones se reúnen en el nombre de Jesucristo para la oración, la acción y el testimonio comunes, así como para las consultas regulares y la participación en los respectivos procesos sinodales.

Todos los Documentos finales de las Asambleas continentales subrayan la estrecha relación entre sinodalidad y ecumenismo, y algunos le dedican capítulos enteros. En efecto, tanto la sinodalidad como el ecumenismo hunden sus raíces en la dignidad bautismal de todo el Pueblo de Dios; invitan a un compromiso renovado desde la visión de una Iglesia sinodal misionera; son procesos de escucha y diálogo y exhortan a crecer en una comunión que no es uniformidad, sino unidad en la legítima diversidad; ponen de relieve la necesidad de un espíritu de corresponsabilidad, ya que nuestras decisiones y acciones a distintos niveles afectan a todos los miembros del Cuerpo de Cristo; son procesos espirituales de arrepentimiento, perdón y reconciliación en un diálogo de conversión que puede conducir a una sanación de la memoria.

Pregunta para el discernimiento

¿Cómo pueden la experiencia y los frutos del camino ecuménico favorecer la construcción de una Iglesia Católica más sinodal; cómo puede la sinodalidad ayudar a la Iglesia Católica a responder mejor a la oración de Jesús: «que todos sean uno... para que el mundo crea» (Jn 17,21)?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) Este Sínodo es una oportunidad para aprender de otras Iglesias y Comunidades eclesiales y para «cosechar lo que el Espíritu ha sembrado en ellos como un don también para nosotros» (EG 246). ¿Qué pueden (re)aprender los católicos de la experiencia sinodal de otros cristianos y del movimiento ecuménico?

2) ¿Cómo promover la participación activa de todo el Pueblo de Dios en el movimiento ecuménico? En particular, ¿cuál puede ser la contribución de la vida consagrada, de las parejas y familias intereclesiales, de los jóvenes, de los movimientos eclesiales y de las comunidades ecuménicas?

3) ¿En qué ámbitos es necesaria una sanación de la memoria respecto a la relación con otras Iglesias y Comunidades eclesiales? ¿Cómo podemos construir juntos una «nueva memoria»?

4) ¿Cómo mejorar nuestra convivencia con los cristianos de todas las tradiciones? ¿Cómo podría brindar una oportunidad, en este sentido, la conmemoración común del 1700 aniversario del Concilio de Nicea (325-2025)?

5) «El ministerio episcopal de la unidad está estrechamente vinculado a la sinodalidad»[12] . ¿Cómo el obispo, en cuanto «principio y fundamento visible de la unidad» (LG 23), está llamado a promover el ecumenismo de manera sinodal en su Iglesia local?

6) ¿Cómo puede contribuir el proceso sinodal en curso a «encontrar una forma de ejercicio del primado que, sin renunciar en absoluto a lo esencial de su misión, se abra a una situación nueva»[13]?

7) ¿Cómo pueden las Iglesias orientales católicas ayudar, apoyar y estimular a la Iglesia latina en el compromiso sinodal y ecuménico común? ¿Cómo puede la Iglesia latina apoyar y promover la identidad de los fieles católicos orientales en la diáspora?

8) ¿Cómo puede el lema ecuménico del Papa Francisco «Caminar juntos, trabajar juntos, rezar juntos»[14] inspirar un compromiso renovado con la unidad de los cristianos de manera sinodal?

B 1.5 ¿Cómo reconocer y aprovechar la riqueza de las culturas y desarrollar el diálogo con las religiones a la luz del Evangelio?

Escuchar a las personas exige saber escuchar las culturas en las que están insertas, sabiendo que toda cultura está en constante evolución. Una Iglesia sinodal necesita aprender a articular mejor el Evangelio con las culturas y los contextos locales, a través del discernimiento, partiendo de la confianza en que el Espíritu le da tal amplitud que puede acoger cualquier cultura, sin exclusión. Prueba de ello es el hecho de que las Iglesias locales ya se caracterizan por una gran diversidad, lo cual es una bendición: en ellas conviven diferentes nacionalidades y grupos étnicos y creyentes de tradiciones orientales y occidentales. Esta riqueza, sin embargo, no siempre es fácil de vivir y puede convertirse en fuente de divisiones y conflictos.

Además, nuestro tiempo está marcado por la omnipresencia abrumadora de una nueva cultura, la de los entornos digitales y los nuevos medios de comunicación. Como demuestra la iniciativa Sínodo digital, la Iglesia ya está presente en ellos, sobre todo a través de la acción de numerosos cristianos, muchos de ellos jóvenes. Sigue faltando una plena conciencia del potencial que este entorno ofrece para la evangelización y una reflexión sobre los retos que plantea, en particular en términos antropológicos.

De los documentos de las Asambleas continentales se desprenden diversas tensiones que no hay que anular, sino valorizar como fuentes de dinamismo:

a) En la relación entre el Evangelio y las culturas locales, con experiencias y posiciones diferentes. Algunos consideran la adopción de tradiciones de las Iglesias de otras regiones como una forma de colonialismo. Otros creen que el Espíritu actúa en cada cultura, haciéndola capaz de dar expresión a las verdades de la fe cristiana. Otros creen que los cristianos no pueden adoptar o adaptar prácticas culturales precristianas.

b) En la relación entre el cristianismo y otras religiones. Junto a experiencias fructíferas de diálogo y compromiso con los creyentes de otras religiones, surgen también luchas y limitaciones, signos de desconfianza, conflictos religiosos e incluso persecuciones, directas o indirectas. La Iglesia desea tender puentes para la promoción de la paz, la reconciliación, la justicia y la libertad, pero también hay situaciones que nos exigen una gran paciencia y la esperanza de que las cosas puedan cambiar.

c) En la relación entre la Iglesia, por una parte, y la cultura occidental y las formas de colonización cultural, por otra. En el mundo actúan fuerzas que se oponen a la misión de la Iglesia, empezando por ideologías filosóficas, económicas y políticas basadas en supuestos que se oponen a la fe. No todos perciben estas tensiones de la misma manera, por ejemplo en lo que se refiere al fenómeno de la secularización, que algunos ven como una amenaza y otros como una oportunidad. A veces esta tensión se interpreta de forma reduccionista como un enfrentamiento entre quienes desean el cambio y quienes lo temen.

d) En la relación entre las comunidades indígenas y los modelos occidentales de acción misionera. Muchos misioneros católicos han mostrado una gran dedicación y generosidad al compartir su fe, pero en algunos casos su acción ha obstaculizado la posibilidad de que las culturas locales ofrezcan su contribución original a la edificación de la Iglesia.

e) En la relación entre la comunidad cristiana y los jóvenes, no pocos de los cuales se sienten excluidos por el lenguaje adoptado en los ambientes eclesiásticos, que les resulta incomprensible.

Estas tensiones deben abordarse en primer lugar mediante el discernimiento a nivel local, ya que no existen recetas preconfeccionadas. Las Asambleas continentales han puesto de relieve las disposiciones personales y comunitarias que pueden ser de ayuda: una actitud de humildad y respeto, la capacidad de escuchar y promover una auténtica conversación en el Espíritu, la disponibilidad para cambiar, para abrazar la dinámica pascual de muerte y resurrección también con respecto a las formas concretas que adopta la vida de la Iglesia, la formación en el discernimiento cultural, en la confrontación entre sensibilidad y espiritualidad y en el acompañamiento de personas de diferentes culturas.

Pregunta para discernir

¿De qué manera podemos hacer comunicable y perceptible el anuncio del Evangelio en los diferentes contextos y culturas, para favorecer el encuentro con Cristo de los hombres y mujeres de nuestro tiempo? ¿Qué vínculos podemos establecer con creyentes de otras religiones, desarrollando una cultura del encuentro y del diálogo?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Con qué instrumentos las Iglesias locales leen y disciernen las culturas en las que están insertas? ¿Cómo pueden, a la luz del Evangelio, respetar y valorar las culturas de los diferentes contextos locales? ¿Qué oportunidades pueden crear para releer de manera constructiva las enseñanzas de la Iglesia a la luz de las culturas locales?

2) ¿Qué espacios existen para que las culturas de las minorías y de los migrantes encuentren expresión en las Iglesias locales?

3) Varias diócesis, Conferencias episcopales, Asambleas continentales han expresado el deseo de poder rearticular la vida comunitaria y especialmente la liturgia de acuerdo con las culturas locales, en un proceso de inculturación permanente. ¿Qué dinámica sinodal podemos poner en marcha para responder a este deseo?

4) ¿Cómo promover la formación en el discernimiento cultural? ¿Cómo fomentar, educar y dar reconocimiento a los carismas y vocaciones de los «traductores», es decir, de quienes ayudan a tender puentes entre religiones, culturas y personas?

5) ¿A qué gestos de reconciliación y paz con otras religiones nos sentimos llamados? ¿Cómo afrontar constructivamente los prejuicios, las tensiones y los conflictos? ¿Cómo dar testimonio del Evangelio en los países donde la Iglesia es minoritaria, sin debilitar el testimonio de fe, pero también sin exponer a la ligera a los cristianos a amenazas y persecuciones?

6) ¿Cómo tratar de forma franca, profética y constructiva las relaciones entre la cultura occidental y otras culturas, también dentro de la Iglesia, evitando formas de colonialismo?

7) Para algunos la sociedad secularizada es una amenaza a la que hay que oponerse, para otros un hecho que hay que aceptar, para otros una fuente de inspiración y una oportunidad. ¿Cómo pueden las Iglesias dialogar con el mundo sin mundanizarse?

8) ¿Cómo podemos crear oportunidades de discernimiento dentro de los ambientes digitales? ¿Qué formas de colaboración y qué estructuras necesitamos crear al servicio de la evangelización en un ambiente que va más allá de la dimensión territorial?

B 2. Corresponsables en la MISIÓN

¿Cómo podemos compartir dones y tareas al servicio del Evangelio?

B 2.1 ¿Cómo podemos caminar juntos hacia una conciencia compartida del significado y el contenido de la misión?

Es misión de la Iglesia anunciar el Evangelio y hacer presente a Cristo, mediante el don del Espíritu. Esta tarea pertenece a todos los bautizados (cf. EG 120): la sinodalidad es constitutivamente misionera y la misión misma es acción sinodal. Somos continuamente invitados a crecer en nuestra respuesta a esta llamada, renovando en clave sinodal el modo en que la Iglesia lleva a cabo su misión. En las reflexiones de las Asambleas continentales, esta misión articula una multiplicidad de dimensiones, que se han de armonizar y no contraponer, en la perspectiva integral promovida por Evangelii nuntiandi y retomada por Evangelii gaudium. Por ejemplo:

a) Un llamamiento urgente a la renovación de la vida litúrgica de la Iglesia local como lugar de anuncio mediante la Palabra y los Sacramentos, haciendo hincapié en la calidad de la predicación y en el lenguaje de la liturgia. Esto último requiere un adecuado equilibrio entre la unidad de la Iglesia, expresada también en la unidad del rito, y las legítimas variedades que una adecuada inculturación tiene debidamente en cuenta[15].

b) Se subraya el deseo de una Iglesia pobre y cercana a los que sufren, capaz de evangelizar mediante el ejercicio de la proximidad y la caridad, siguiendo las huellas del Señor, y el testimonio de un compromiso que llega hasta el martirio: es la vocación «samaritana» de la Iglesia. Se recuerdan las situaciones en las que la Iglesia causa heridas y aquellas en las que las sufre: sin el cuidado de las personas implicadas, estas situaciones se convierten en obstáculos para testimoniar el amor de Dios y la verdad del Evangelio.

c) Una clave para oponerse proféticamente a los nuevos y destructivos colonialismos es la apertura de lugares de servicio gratuito, inspirados en la imitación de Cristo, que no vino a ser servido sino a servir (cf. Mc 10,45). Son lugares donde se pueden satisfacer las necesidades humanas básicas, donde las personas se sienten acogidas y no juzgadas, libres para hacer preguntas sobre las razones de nuestra esperanza (cf. 1Pe 3,15), libres de irse y volver. Para una Iglesia sinodal, la misión es siempre construir con los demás, no simplemente para los demás.

d) También en el ambiente digital, que la Iglesia está descubriendo como una oportunidad para la evangelización, la construcción de redes de relaciones hace posible que las personas que lo frecuentan, especialmente los jóvenes, experimenten nuevas formas de caminar juntos. La iniciativa del Sínodo digital llama la atención de la Iglesia sobre la realidad de la persona humana como ser que se comunica, incluso en los circuitos mediáticos que configuran nuestro mundo contemporáneo.

El deseo de crecer en el compromiso de la misión no se ve obstaculizado por la conciencia de las limitaciones de las comunidades cristianas y el reconocimiento de sus fracasos; al contrario, el movimiento de salir de sí mismo por el impulso de la fe, la esperanza y la caridad es un modo de afrontar este carácter incompleto. Junto a la afirmación de este deseo, las Asambleas continentales también dan voz a la falta de claridad y de una comprensión compartida del significado, alcance y contenido de la misión de la Iglesia, o de los criterios para articular el impulso a la acción en diferentes direcciones. Esto dificulta nuestro caminar juntos y nos divide; de ahí la demanda de más formación y de lugares de confrontación y diálogo, en clave sinodal, entre las diferentes perspectivas, espiritualidades y sensibilidades que conforman la riqueza de la Iglesia.

Pregunta para discernir

¿Hasta qué punto está preparada y equipada la Iglesia de hoy para la misión de anunciar el Evangelio con convicción, libertad de espíritu y eficacia? ¿De qué manera la perspectiva de una Iglesia sinodal transforma la comprensión de la misión y permite articular sus diferentes dimensiones? ¿Cómo enriquece la comprensión de la sinodalidad la experiencia de realizar juntos la misión?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) La vida litúrgica de la comunidad es la fuente de la misión. ¿Cómo sostener su renovación en una perspectiva sinodal de valoración de los ministerios, carismas y vocaciones y de oferta de espacios de acogida y relación?

2) ¿Cómo pueden la predicación, la catequesis y la pastoral promover una conciencia compartida del sentido y del contenido de la misión? ¿Y del hecho de que constituye una llamada concreta y efectiva para todo bautizado?

3) Las síntesis de las Conferencias episcopales y de las Asambleas continentales reclaman con fuerza una «opción preferencial» por los jóvenes y las familias, que los reconozca como sujetos y no objetos de atención pastoral. ¿Cómo podría concretarse esta renovación sinodal misionera de la Iglesia, también a través de la puesta en práctica de las conclusiones de los Sínodos 2014-2015 y 2018?

4) Para una gran parte del Pueblo de Dios la misión se realiza «ocupándose de las cosas temporales y ordenándolas según Dios» (LG 31; cf. también AA 2). ¿Cómo concienciar de que la profesión, el compromiso social y político, el voluntariado son ámbitos en los que se ejerce la misión? ¿Cómo acompañar y apoyar a quienes realizan esta misión en ambientes particularmente hostiles y desafiantes?

5) A menudo se considera que la doctrina social de la Iglesia es patrimonio de expertos y teólogos y está desconectada de la vida cotidiana de las comunidades. ¿Cómo favorecer su reapropiación por el Pueblo de Dios, como recurso para la misión?

6) El ambiente digital determina actualmente la vida de la sociedad. ¿Cómo puede la Iglesia llevar a cabo su misión más eficazmente en él? ¿Cómo reconfigurar el anuncio, el acompañamiento y la atención en este entorno? ¿Cómo reconocer adecuadamente en él el compromiso misionero y ofrecer itinerarios adecuados de formación a quienes lo llevan a cabo? ¿Cómo favorecer el protagonismo de los jóvenes, corresponsables de la misión de la Iglesia en este espacio?

7) En muchos ámbitos, llevar a cabo la misión nos exige colaborar con una pluralidad de personas y organizaciones de distintas inspiraciones: fieles de otras Iglesias y Comunidades eclesiales, creyentes de otras religiones, mujeres y hombres de buena voluntad. ¿Qué aprendemos de «caminar juntos» con ellos y cómo podemos equiparnos para hacerlo mejor?

B 2.2 ¿Qué hacer para que una Iglesia sinodal sea también una Iglesia misionera «totalmente ministerial»?

Todas las Asambleas continentales se refieren a los ministerios en la Iglesia, a menudo en términos muy articulados. El proceso sinodal restablece una visión positiva de los ministerios, que lee el ministerio ordenado dentro del ministerio eclesial más amplio, sin contraposiciones. Surge también una cierta urgencia por discernir los carismas emergentes y las formas apropiadas de ejercer los Ministerios bautismales (instituidos, extraordinarios y de hecho) en el seno del Pueblo de Dios, partícipe de la función profética, sacerdotal y real de Cristo. Esta ficha de trabajo se centra en estos, mientras que en otras encuentra espacio la cuestión de la relación con el ministerio ordenado y las tareas de los obispos en una Iglesia sinodal. En particular:

a) Resulta evidente la llamada a superar una visión que reserva sólo a los ministros ordenados (obispos, presbíteros, diáconos) toda función activa en la Iglesia, reduciendo la participación de los bautizados a una colaboración subordinada. Sin disminuir el aprecio por el don del sacramento del Orden, los ministerios se entienden desde una concepción ministerial de toda la Iglesia. Emerge una serena recepción del Concilio Vaticano II, con el reconocimiento de la dignidad bautismal como fundamento de la participación de todos en la vida de la Iglesia. La dignidad bautismal se vincula fácilmente al sacerdocio común como raíz de los ministerios bautismales, y se reafirma la necesaria relación entre el sacerdocio común y el sacerdocio ministerial, que están «ordenados el uno al otro, puesto que ambos, cada uno a su manera, participan del único sacerdocio de Cristo» (LG 10).

b) Se subraya que el lugar más apropiado para hacer efectiva la participación de todos en el Sacerdocio de Cristo, capaz de valorar el ministerio ordenado en su peculiaridad y al mismo tiempo promover los ministerios bautismales en su variedad, es la Iglesia local, llamada a discernir qué carismas y ministerios son útiles para el bien de todos en un determinado contexto social, cultural y eclesial. Es necesario dar un nuevo impulso a la especial participación de los laicos en la evangelización en los diversos ámbitos de la vida social, cultural, económica y política, así como potenciar la aportación de los consagrados y consagradas, con sus diversos carismas, dentro de la vida de la Iglesia local.

c) La experiencia de caminar juntos en la Iglesia local permite imaginar nuevos ministerios al servicio de una Iglesia sinodal. A menudo, refiriéndose al texto, a la visión y al lenguaje de la LG 10-12, las Asambleas continentales piden un mayor reconocimiento de los ministerios bautismales y la posibilidad de realizarlo en el registro de la subsidiariedad entre los diferentes niveles de la Iglesia. En esta línea, muchas de estas cuestiones podrían encontrar respuesta a través de un trabajo sinodal más profundo en las Iglesias locales, donde, a partir del principio de la participación diferenciada en los tria munera de Cristo, es más fácil mantener clara la complementariedad entre sacerdocio común y sacerdocio ministerial, identificando con discernimiento los ministerios bautismales necesarios para la comunidad.

d) Una Iglesia «toda ministerial» no es necesariamente una Iglesia «toda de ministerios instituidos». Hay legítimamente muchos ministerios que brotan de la vocación bautismal: ministerios espontáneos, algunos ministerios reconocidos que no están instituidos y otros que, a través de la institución, reciben una formación, misión y estabilidad específicas. Crecer como Iglesia sinodal implica el compromiso de discernir juntos qué ministerios han de crearse o promoverse a la luz de los signos de los tiempos, como respuesta al servicio del mundo.

Pregunta para discernir

¿Cómo podemos avanzar en la Iglesia hacia una corresponsabilidad real y efectiva en clave misionera para una realización más plena de las vocaciones, carismas y ministerios de todos los bautizados? ¿Cómo conseguir que una Iglesia más sinodal sea también una «Iglesia de todos los ministerios»?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Cómo vivir la celebración del Bautismo, la Confirmación y la Eucaristía para que sean ocasiones de testimoniar y promover la participación y corresponsabilidad de todos como sujetos activos en la vida y misión de la Iglesia? ¿Qué caminos formativos deben ponerse en marcha para fomentar en la Iglesia una comprensión de la ministerialidad que no se reduzca al ministerio ordenado?

2) ¿Cómo discernir en una Iglesia local los ministerios bautismales, establecidos o no, necesarios para la misión? ¿Qué espacios están disponibles para la experimentación a nivel local? ¿Qué valor hay que atribuir a estos ministerios? ¿En qué condiciones pueden ser asumidos por toda la Iglesia?

3) ¿Qué podemos aprender de otras Iglesias y Comunidades eclesiales en materia de ministerialidad y ministerios?

4) La corresponsabilidad se manifiesta y realiza ante todo en la participación de todos en la misión: ¿cómo potenciar la aportación específica de los diversos carismas y vocaciones (desde los vinculados a capacidades y competencias, incluso profesionales, de las personas hasta los que inspiran institutos de vida consagrada y sociedades de vida apostólica, movimientos, asociaciones, etc.) al servicio de la armonía del empeño comunitario y de la vida eclesial, especialmente en las Iglesias locales?

5) ¿Cómo crear espacios y momentos de participación efectiva para la corresponsabilidad en la misión de los fieles que, por diversas razones, están al margen de la vida comunitaria, pero que, según la lógica del Evangelio, pueden ofrecer una aportación insustituible (ancianos y enfermos, personas con discapacidad, pobres, personas sin formación cultural, etc.)?

6) Muchas personas viven el compromiso con la construcción de una sociedad justa y el cuidado de la casa común como una respuesta a una auténtica vocación y como una opción de vida, incluso a costa de alternativas profesionales más remuneradoras. ¿Cómo pensar en formas de reconocimiento de este compromiso, de modo que quede claro que no se trata de una opción personal, sino de una acción que hace tangible la preocupación de la Iglesia?

B 2.3 ¿Cómo puede la Iglesia de nuestro tiempo cumplir mejor su misión mediante un mayor reconocimiento y promoción de la dignidad bautismal de las mujeres?

En el Bautismo, el cristiano establece un nuevo vínculo con Cristo y, en Él y por Él, con todos los bautizados, con todo el género humano y con toda la creación. Hijas e hijos del único Padre, ungidos por el mismo Espíritu, en virtud de compartir el mismo vínculo con Cristo, los bautizados se donan unos a otros como miembros de un único cuerpo en el que gozan de igual dignidad (cf. Ga 3,26-28).

La fase de escucha reafirmó la conciencia de esta realidad, indicando que debe encontrar una realización cada vez más concreta en la vida de la Iglesia también a través de relaciones de mutualidad, reciprocidad y complementariedad entre hombres y mujeres:

a) De manera sustancialmente unánime, a pesar de las diferentes perspectivas de cada continente, todas las Asambleas continentales piden que se preste atención a la experiencia, la condición y el papel de las mujeres. Celebran la fe, la participación y el testimonio de tantas mujeres en todo el mundo, laicas y consagradas, como evangelizadoras y a menudo primeras formadoras en la fe, destacando especialmente su contribución a la dimensión profética, en lugares remotos y contextos sociales problemáticos.

b) Además, las Asambleas continentales llaman a reflexionar más profundamente sobre la realidad de los fracasos relacionales, que son también fracasos estructurales que afectan a la vida de las mujeres en la Iglesia, invitando a un proceso de conversión continua para intentar llegar a ser más plenamente lo que ya somos en el Bautismo. Las prioridades de la Asamblea del Sínodo incluyen abordar las alegrías y tensiones, así como las oportunidades de conversión y renovación en la forma en que vivimos las relaciones entre hombres y mujeres en la Iglesia, también en la concreción de las relaciones entre ministros ordenados, consagrados y consagradas, laicos y laicas.

c) Durante la primera fase del Sínodo, los temas de la participación de las mujeres, su reconocimiento, la relación de apoyo mutuo entre hombres y mujeres y la presencia de mujeres en puestos de responsabilidad y gobierno surgieron como elementos cruciales en la búsqueda de cómo vivir la misión de la Iglesia de una manera más sinodal. Las mujeres que participaron en la primera fase expresaron claramente un deseo: que la sociedad y la Iglesia sean un lugar de crecimiento, participación activa y sana pertenencia para todas las mujeres. Piden a la Iglesia que esté a su lado para acompañar y promover la realización de este deseo. En una Iglesia que quiere ser verdaderamente sinodal, estas cuestiones deben ser abordadas conjuntamente y deben construirse juntos respuestas concretas para un mayor reconocimiento de la dignidad bautismal de las mujeres y para la lucha contra todas las formas de discriminación y exclusión de las que son víctimas en la comunidad eclesial y en la sociedad.

d) Finalmente, las Asambleas continentales destacan la pluralidad de experiencias, puntos de vista y perspectivas de las mujeres y piden que esta diversidad sea reconocida en los trabajos de la Asamblea del Sínodo, evitando tratar a las mujeres como un grupo homogéneo o un tema de discusión abstracto o ideológico.

Pregunta para el discernimiento

¿Qué pasos concretos puede dar la Iglesia para renovar y reformar sus procedimientos, disposiciones institucionales y estructuras, de modo que permitan un mayor reconocimiento y participación de las mujeres, incluso en los procesos de gobierno y toma de decisiones, en un espíritu de comunión y con vistas a la misión?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) Las mujeres desempeñan un papel importante en la transmisión de la fe, en las familias, en las parroquias, en la vida consagrada, en las asociaciones y movimientos y en las instituciones laicales, y como profesoras y catequistas. ¿Cómo reconocer, apoyar, acompañar su aportación, ya considerable? ¿Cómo valorarla para aprender a ser una Iglesia cada vez más sinodal?

2) Los carismas de las mujeres ya están presentes y actuando en la Iglesia hoy. ¿Qué podemos hacer para discernirlos y apoyarlos y para aprender lo que el Espíritu quiere enseñarnos a través de ellos?

3) Todas las Asambleas continentales piden que se aborde la cuestión de la participación de las mujeres en el gobierno, la toma de decisiones, la misión y los ministerios a todos los niveles de la Iglesia, con el apoyo de las estructuras adecuadas para que esto no se quede en una mera aspiración general.

a) ¿Cómo se puede incluir a las mujeres en cada uno de estos ámbitos en mayor número y de nuevas formas?

b) ¿Cómo pueden las mujeres de la vida consagrada estar mejor representadas en los procesos de gobierno y de toma de decisiones, mejor protegidas de los abusos y también más justamente remuneradas por su trabajo?

c) ¿Cómo pueden contribuir las mujeres a la gobernanza, ayudando a promover una mayor responsabilidad y transparencia, y a reforzar la confianza en la Iglesia?

d) ¿Cómo podemos profundizar la reflexión sobre la contribución de las mujeres a la reflexión teológica y al acompañamiento de las comunidades? ¿Cómo dar espacio y reconocimiento a esta aportación en los procesos formales de discernimiento en todos los niveles de la Iglesia?

e) ¿Qué nuevos ministerios podrían crearse para proporcionar medios y oportunidades para la participación efectiva de las mujeres en los órganos de discernimiento y toma de decisiones? ¿Cómo aumentar la corresponsabilidad en los procesos de toma de decisiones en lugares remotos y en contextos sociales problemáticos, donde las mujeres son a menudo las principales agentes de pastoral y evangelización? Las contribuciones recibidas durante la primera fase señalan que las tensiones con los ministros ordenados surgen en ausencia de dinámicas de corresponsabilidad y de procesos compartidos de toma de decisiones.

4) La mayor parte de las Asambleas continentales y las síntesis de numerosas Conferencias episcopales piden que se considere de nuevo la cuestión del acceso de las mujeres al diaconado. ¿Es posible plantearlo y en qué modo?

5) ¿Cómo pueden cooperar mejor los hombres y las mujeres en el desempeño del ministerio pastoral y el ejercicio de las responsabilidades conexas?

B 2.4 ¿Cómo puede valorarse el ministerio ordenado, en su relación con los ministerios bautismales, en una perspectiva misionera?

Los Documentos finales de las Asambleas continentales expresan un fuerte deseo de que se aborde la reflexión sobre la relación entre los ministerios ordenados y los Ministerios bautismales, subrayando la dificultad de hacerlo en la vida ordinaria de las comunidades. El proceso sinodal ofrece una valiosa oportunidad para centrarse, a la luz de la enseñanza del Vaticano II, en la correlación entre la riqueza de vocaciones, carismas y ministerios enraizados en el Bautismo, por una parte, y el ministerio ordenado, por otra, considerado como un don y una tarea inalienable al servicio del Pueblo de Dios. En particular:

a) En la perspectiva trazada por el Concilio Vaticano II, se reafirma la necesaria relación entre el Sacerdocio común y el Sacerdocio ministerial. Entre ambos no hay oposición ni competencia, ni espacio para reivindicaciones: lo que se requiere es que se reconozca su complementariedad.

b) Las Asambleas continentales expresan un claro aprecio por el don del sacerdocio ministerial y, al mismo tiempo, un profundo deseo de su renovación en una perspectiva sinodal. Señalan la dificultad de implicar a una parte de los Presbíteros en el proceso sinodal y constatan la preocupación generalizada por un ejercicio del Ministerio ordenado no adaptado a los desafíos de nuestro tiempo, alejado de la vida y de las necesidades del pueblo, a menudo confinado únicamente al ámbito litúrgico-sacramental. También expresan su preocupación por la soledad en la que viven muchos presbíteros y subrayan su necesidad de atención, amistad y apoyo.

c) El Concilio Vaticano II enseña que «el ministerio eclesiástico, de institución divina, es ejercido en diversos órdenes por aquellos que ya desde antiguo vienen llamándose obispos, presbíteros y diáconos» (LG 28). De las Asambleas continentales surge la petición de que el ministerio ordenado, en la diferencia de tareas, sea para todos un testimonio vivo de comunión y servicio en la lógica de la gratuidad evangélica. Expresan también el deseo de que obispos, presbíteros y diáconos ejerzan su ministerio con estilo sinodal, reconozcan y valoren los dones y carismas presentes en la comunidad, animen y acompañen los procesos de asunción comunitaria de la misión, garanticen decisiones en línea con el Evangelio y en escucha del Espíritu Santo. También se pide una renovación de los programas de los seminarios, para que tengan una orientación más sinodal y estén más en contacto con todo el Pueblo de Dios.

d) En relación con esta concepción del ministerio ordenado al servicio de la vida bautismal, se subraya que el clericalismo es una fuerza que aísla, separa y debilita una Iglesia sana y enteramente ministerial, y se indica la formación como el camino privilegiado para superarlo eficazmente. También se subraya cómo el clericalismo no es prerrogativa exclusiva de los ministros ordenados, sino que actúa de diferentes maneras en todos los componentes del Pueblo de Dios.

e) En muchas regiones, la confianza en los ministros ordenados, en los que ocupan cargos eclesiales, en las instituciones eclesiales y en la Iglesia en su conjunto se ve minada por las consecuencias del «escándalo de los abusos cometidos por miembros del clero o por personas que ejercen cargos eclesiales: en primer lugar los abusos contra menores y personas vulnerables, pero también abusos de otro tipo (espirituales, sexuales, económicos, de autoridad, de conciencia). Es una herida abierta que sigue infligiendo dolor a las víctimas y a los supervivientes, a sus familias y a sus comunidades» (DEC 20).

Pregunta para discernir

¿Cómo promover en la Iglesia una mentalidad y unas formas concretas de corresponsabilidad en las que la relación entre los ministerios bautismales y el ministerio ordenado sea fecunda? Si la Iglesia es toda ministerial, ¿cómo podemos entender los dones específicos de los ministros ordenados dentro del único Pueblo de Dios en una perspectiva misionera?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Qué relación tiene el ministerio de los presbíteros, «consagrados para predicar el Evangelio, pastorear a los fieles y celebrar el culto divino» (LG 28) con los ministerios bautismales? ¿Qué relación tiene este triple oficio de los ministros ordenados con la Iglesia como Pueblo profético, sacerdotal y real?

2) En la Iglesia local los presbíteros «forman, junto con su obispo, un único presbiterio» (LG 28). ¿Cómo puede crecer esta unidad entre el obispo y su presbiterio para un servicio más eficaz al Pueblo de Dios confiado al cuidado del obispo?

3) La Iglesia se enriquece con el ministerio de tantos presbíteros que pertenecen a institutos de vida consagrada y sociedades de vida apostólica. ¿Cómo puede su ministerio, caracterizado por el carisma del instituto al que pertenecen, promover una Iglesia más sinodal?

4) ¿Cómo entender el ministerio del diácono permanente dentro de una Iglesia sinodal misionera?

5) ¿Cuáles pueden ser las directrices para una reforma de los currículos de formación en los seminarios y escuelas de teología en línea con la figura sinodal de la Iglesia? ¿Cómo puede la formación de los sacerdotes ponerlos en relación más estrecha con los procesos pastorales y la vida de la porción del Pueblo de Dios a la que están llamados a servir?

6) ¿Qué vías de formación deben ponerse en marcha para fomentar en la Iglesia una comprensión de la ministerialidad que no se reduzca al ministerio ordenado, sino que al mismo tiempo lo valorice?

7) ¿Cómo podemos discernir juntos las formas en que el clericalismo, de ministros ordenados y de laicos, impide la plena expresión de la vocación de los ministerios ordenados en la Iglesia, así como de otros miembros del Pueblo de Dios? ¿Cómo podemos encontrar juntos formas para superarlo?

8) ¿Es posible que, sobre todo en lugares donde el número de ministros ordenados es muy reducido, los laicos puedan asumir el papel de responsables de la comunidad? ¿Qué implicaciones tiene esto en la comprensión del ministerio ordenado?

9) ¿Es posible, como proponen algunos continentes, abrir una reflexión sobre la posibilidad de revisar, al menos en algunas áreas, la disciplina sobre el acceso al presbiterado por parte de hombres casados?

10) ¿Cómo puede una concepción del ministerio ordenado y una formación de los candidatos más enraizada en la visión de la Iglesia sinodal misionera contribuir a los esfuerzos para prevenir la repetición de abusos sexuales y de otro tipo?

B 2.5 ¿Cómo renovar y promover el ministerio del obispo en una perspectiva sinodal misionera?

El ministerio del obispo hunde sus raíces en la Escritura y se desarrolla en la Tradición en fidelidad a la voluntad de Cristo. Fiel a esta tradición, el Concilio Vaticano II propuso una doctrina muy rica sobre los obispos, "sucesores de los Apóstoles, los cuales, junto con el sucesor de Pedro, Vicario de Cristo y Cabeza visible de toda la Iglesia, rigen la casa del Dios vivo" (LG 18). El capítulo de la Lumen Gentium sobre la constitución jerárquica de la Iglesia afirma la sacramentalidad del episcopado y sobre esta base desarrolla el tema de la colegialidad (LG 22-23) y del ministerio episcopal como ejercicio de los tres oficios (tria munera, LG 24-27) El Sínodo de los Obispos se constituyó entonces como un órgano que permitiera a los obispos participar con el Obispo de Roma en la solicitud por toda la Iglesia. La invitación a vivir con mayor intensidad la dimensión sinodal exige una renovada profundización del ministerio episcopal para situarlo más sólidamente en un marco sinodal. En particular:

a) El Colegio de los Obispos, sujeto, junto con el Romano Pontífice que es su cabeza y nunca sin él, «de la suprema y plena potestad sobre la Iglesia universal» (LG 22), participa en el proceso sinodal tanto cuando cada obispo inicia, guía y concluye la consulta al Pueblo de Dios que le ha sido confiado como cuando los obispos reunidos ejercen juntos el carisma del discernimiento, en los Sínodos o Concilios de Jerarcas de las Iglesias orientales católicas y en las Conferencias episcopales, en las Asambleas continentales y, de forma peculiar, en la Asamblea del Sínodo de los Obispos.

b) A los obispos, sucesores de los Apóstoles, que han recibido «el ministerio de la comunidad [...] presidiendo, en nombre de Dios, la grey de la que son pastores» (LG 20), el proceso sinodal les pide que vivan una confianza radical en la acción del Espíritu en sus comunidades, sin considerar la participación de todos una amenaza a su ministerio de guías. Más bien, les insta a ser principio de unidad en su Iglesia, llamando a todos (presbíteros y diáconos, consagrados y consagradas, fieles laicos y laicas) a caminar juntos como Pueblo de Dios, y promoviendo un estilo sinodal de Iglesia.

c) La consulta al Pueblo de Dios ha puesto de relieve cómo llegar a ser una Iglesia más sinodal implica también una participación más amplia de todos en el discernimiento, lo que exige un replanteamiento de los procesos de toma de decisiones. En consecuencia, existe una demanda de estructuras de gobierno adecuadas, inspiradas en una mayor transparencia y responsabilidad, que afecta también al modo en que se ejerce el ministerio del obispo. Esto suscita también resistencias, temores o un sentimiento de desorientación. En particular, mientras algunos piden una mayor participación de todos los fieles y, por tanto, un ejercicio «menos exclusivo» de la función de los obispos, otros expresan dudas y temen el riesgo de una deriva inspirada en los mecanismos de la democracia política.

d) Igualmente fuerte es la conciencia de que toda autoridad en la Iglesia procede de Cristo y está guiada por el Espíritu Santo. La diversidad de carismas sin la autoridad se convierte en anarquía, del mismo modo que el rigor de la autoridad sin la riqueza de los carismas, ministerios y vocaciones se convierte en dictadura. La Iglesia es al mismo tiempo sinodal y jerárquica, por lo que el ejercicio sinodal de la autoridad episcopal tiene la connotación de acompañar y salvaguardar la unidad. El camino para realizar la recomprensión del ministerio episcopal es la práctica de la sinodalidad, que compone en la unidad las diferencias de dones, carismas, ministerios y vocaciones que el Espíritu suscita en la Iglesia.

e) Para proceder a la renovación del ministerio episcopal dentro de una Iglesia más plenamente sinodal son necesarios cambios culturales y estructurales, mucha confianza recíproca y, sobre todo, confianza en la guía del Señor. Por eso las Asambleas continentales esperan que la dinámica de la conversación en el Espíritu pueda entrar en la vida cotidiana de la Iglesia y animar las reuniones, los consejos, los órganos de decisión, favoreciendo la construcción de un sentimiento de confianza mutua y la formación de un consenso eficaz.

f) El ministerio del obispo incluye también la pertenencia al Colegio Episcopal y, en consecuencia, el ejercicio de la corresponsabilidad para la Iglesia universal. Este ejercicio se inscribe también en la perspectiva de la Iglesia sinodal, «en el espíritu de una “sana descentralización”», para «dejar a la competencia de los pastores la facultad de resolver en el ejercicio de “su propia tarea de maestros” y de pastores aquellas cuestiones que conocen bien y que no tocan a la unidad de doctrina, de disciplina y comunión de la Iglesia, actuando siempre con esa corresponsabilidad que es fruto y expresión de ese específico mysterium communionis que es la Iglesia» (EP II,2; cf. EG 16; DV 7) .

Pregunta para el discernimiento

¿Cómo entender la vocación y la misión del obispo en una perspectiva sinodal misionera? ¿Qué renovación de la visión y de las formas de ejercicio concreto del ministerio episcopal se requieren en una Iglesia sinodal caracterizada por la corresponsabilidad?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) «Los obispos, de modo visible y eminente, hacen las veces del mismo Cristo, Maestro, Pastor y Pontífice» (LG 21). ¿Qué relación tiene este ministerio con el de los presbíteros, consagrados «para predicar el Evangelio y apacentar a los fieles y para celebrar el culto divino » (LG 28)? ¿Qué relación tiene este triple oficio de los ministros ordenados con la Iglesia como Pueblo profético, sacerdotal y real?

2) ¿De qué modo el ejercicio del ministerio episcopal solicita la consulta, la colaboración y la participación en los procesos de toma de decisiones del Pueblo de Dios?

3) ¿Con qué criterios puede un obispo evaluarse y ser evaluado en el desempeño de su servicio en un estilo sinodal?

4) ¿En qué casos podría un obispo sentirse obligado a tomar una decisión que difiera del ponderado consejo ofrecido por los órganos consultivos? ¿Sobre qué base se fundamentaría tal obligación?

5) ¿Cuál es la naturaleza de la relación entre el «sentido sobrenatural de la fe» (LG 12) y el servicio magisterial del obispo? ¿Cómo podemos comprender y articular mejor la relación entre la Iglesia sinodal y el ministerio del obispo? ¿Deben los obispos discernir juntos o separadamente de los demás miembros del Pueblo de Dios? ¿Tienen cabida ambas opciones (juntos y separadamente) en una Iglesia sinodal?

6) ¿Cómo garantizamos el cuidado y el equilibrio de los tres oficios (santificar, enseñar, gobernar) en la vida y el ministerio del obispo? ¿En qué medida los modelos actuales de vida y ministerio episcopal permiten al obispo ser una persona de oración, un maestro de la fe y un administrador sabio y eficaz, y mantener los tres roles en tensión creativa y misionera? ¿Cómo revisar el perfil del obispo y el proceso de discernimiento para identificar candidatos al Episcopado en una perspectiva sinodal?

7) ¿Cómo deben evolucionar, en una Iglesia sinodal, el papel del obispo de Roma y el ejercicio del primado?

B 3. Participación, responsabilidad y autoridad

¿Qué procesos, estructuras e instituciones son necesarios en una Iglesia sinodal misionera?

B 3.1 ¿Cómo renovar el servicio de la autoridad y el ejercicio de la responsabilidad en una Iglesia sinodal misionera?

Una Iglesia constitutivamente sinodal está llamada a articular el derecho de todos a participar en la vida y misión de la Iglesia en virtud del Bautismo con el servicio de la autoridad y el ejercicio de la responsabilidad que, de diversas formas, se confía a algunos. El camino sinodal es una oportunidad para discernir cuáles son las vías adecuadas en nuestro tiempo para realizar esta articulación. La primera fase ha permitido recoger algunas intuiciones al respecto:

a) Las funciones de autoridad, responsabilidad y gobierno -a veces denominadas sintéticamente con el término inglés leadership- adoptan diversas formas dentro de la Iglesia. La autoridad en la vida consagrada, en los movimientos y asociaciones, en las instituciones relacionadas con la Iglesia (como universidades, fundaciones, escuelas, etc.) es diferente de la que deriva del sacramento del Orden; así como la autoridad espiritual vinculada a un carisma es diferente de la vinculada al servicio ministerial. Las diferencias entre estas formas de autoridad deben salvaguardarse, sin olvidar que todas tienen en común el hecho de ser un servicio en la Iglesia.

b) En particular, todas comparten la llamada a conformarse con el ejemplo del Maestro, que dijo de sí mismo: «Yo estoy entre vosotros como el que sirve» (Lc 22,27). «Para los discípulos de Jesús, ayer, hoy y siempre, la única autoridad es la autoridad del servicio»[16]. Estas son las coordenadas fundamentales para crecer en el ejercicio de la autoridad y de la responsabilidad, en todas sus formas y en todos los niveles de la vida de la Iglesia. Es la perspectiva de esa conversión misionera «destinada a renovar la Iglesia según la imagen de la propia misión de amor de Cristo» (PE I, 2).

c) En esta línea, los documentos de la primera fase expresan algunas características del ejercicio de la autoridad y la responsabilidad en una Iglesia sinodal misionera: actitud de servicio y no de poder o control, transparencia, estímulo y promoción de las personas, competencia y capacidad de visión, discernimiento, inclusión, colaboración y delegación. Sobre todo, se hace hincapié en la actitud y la voluntad de escuchar. Por eso se insiste en la necesidad de una formación específica en estas habilidades para quienes ocupan puestos de responsabilidad y autoridad, así como en la activación de procesos de selección más participativos, especialmente para los obispos.

d) La perspectiva de transparencia y rendición de cuentas es fundamental para un ejercicio auténticamente evangélico de la autoridad y la responsabilidad. Sin embargo, también suscita temores y resistencias. Por eso es importante afrontar seriamente, con actitud de discernimiento, los hallazgos más recientes de las ciencias de la gestión y el liderazgo. Además, la conversación en el Espíritu se indica como una forma de gestionar los procesos de toma de decisiones y de construcción del consenso capaz de generar confianza y de favorecer un ejercicio de la autoridad propio de una Iglesia sinodal.

e) Las Asambleas continentales señalan también fenómenos de apropiación del poder y de los procesos de toma de decisiones por parte de algunos que ocupan puestos de autoridad y responsabilidad. A estos fenómenos vinculan la cultura del clericalismo y las diferentes formas de abuso (sexual, financiero, espiritual y de poder) que erosionan la credibilidad de la Iglesia y comprometen la eficacia de su misión, particularmente en aquellas culturas donde el respeto a la autoridad es un valor importante.

Pregunta para discernir

¿Cómo entender y ejercer la autoridad y la responsabilidad al servicio de la participación de todo el Pueblo de Dios? ¿Qué necesitamos renovar en la comprensión y en las formas de ejercer la autoridad, la responsabilidad y el gobierno para crecer como Iglesia sinodal misionera?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿La enseñanza del Concilio Vaticano II sobre la participación de todos en la vida y en la misión de la Iglesia está efectivamente incorporada en la conciencia y en la práctica de las Iglesias locales, en particular por parte de los pastores y de quienes ejercen funciones de responsabilidad? ¿Qué puede favorecer una mayor toma de conciencia y un aprecio más profundo de la misma en el cumplimiento de la misión de la Iglesia?

2) En la Iglesia existen funciones de autoridad y responsabilidad no vinculadas al sacramento del Orden, que se ejercen al servicio de la comunión y de la misión en los institutos de vida consagrada y en las sociedades de vida apostólica, en las asociaciones y grupos laicales, en los movimientos eclesiales y en las nuevas comunidades, etc. ¿Cómo promover un ejercicio de estas formas de autoridad propias de una Iglesia sinodal y cómo vivir en ellas la relación con la autoridad ministerial de los pastores?

3) ¿Qué elementos deben ser parte de la formación en la autoridad de todos los responsables eclesiales? ¿Cómo puede fomentarse la formación en el método de la conversación en el Espíritu y su aplicación auténtica y profunda?

4) ¿Cuáles pueden ser las líneas de reforma de los seminarios y de las casas de formación, para que estimulen a los candidatos al ministerio ordenado a crecer en un estilo de ejercicio de la autoridad propio de una Iglesia sinodal? ¿Cómo repensar a nivel nacional la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis y sus documentos de aplicación? ¿Cómo reorientar los planes de estudio de las escuelas de teología?

5) ¿Qué formas de clericalismo persisten en la comunidad cristiana? Aún se percibe una distancia entre los fieles laicos y los pastores: ¿qué puede ayudar a superarla? ¿Qué formas de ejercer la autoridad y la responsabilidad deben ser superadas por no ser propias de una Iglesia constitutivamente sinodal?

6) ¿En qué medida la escasez de presbíteros en algunas regiones ofrece un estímulo para interrogarse sobre la relación entre ministerio ordenado, gobierno y asunción de responsabilidades en la comunidad cristiana?

7) ¿Qué podemos aprender sobre el ejercicio de la autoridad y la responsabilidad de otras Iglesias y Comunidades eclesiales?

8) En todas las épocas, el ejercicio de la autoridad y de la responsabilidad en el seno de la Iglesia se ve influido por los modelos de gestión y los imaginarios de poder imperantes en la sociedad. ¿Cómo podemos tomar conciencia de ello y ejercer un discernimiento evangélico sobre las prácticas en el ejercicio de la autoridad, vigentes en la Iglesia y en la sociedad?

B 3.2 ¿Cómo podemos hacer evolucionar las prácticas de discernimiento y los procesos de toma de decisiones de una manera auténticamente sinodal, realzando el protagonismo del Espíritu?

Como Iglesia sinodal, estamos llamados a discernir juntos qué pasos dar para cumplir la misión de evangelización, subrayando el derecho de todos a participar en la vida y misión de la Iglesia y urgiendo la insustituible contribución de cada bautizado. En la base de todo discernimiento está el deseo de hacer la voluntad del Señor y el crecimiento en la familiaridad con Él a través de la oración, la meditación de la Palabra y la vida sacramental, que nos permite elegir como Él elegiría. Por lo que respecta al puesto del discernimiento en una Iglesia sinodal misionera:

a) De las Asambleas continentales emerge con fuerza el deseo de procesos de decisión más compartidos, capaces de integrar la aportación de todo el Pueblo de Dios y la experiencia de que disponen algunos, y de implicar a quienes, por diversas razones, permanecen al margen de la vida comunitaria, como las mujeres, los jóvenes, las minorías, los pobres y los excluidos. Este deseo coincide con la insatisfacción que provocan formas de ejercer la autoridad en las que las decisiones se toman sin consultar.

b) Las Asambleas continentales dan voz al temor de algunos que ven en competencia las dimensiones sinodal y jerárquica, ambas constitutivas de la Iglesia. Sin embargo, también surgen rasgos que expresan lo contrario. Un primer ejemplo es la experiencia de que, cuando la autoridad toma decisiones en el marco de procesos sinodales, a la comunidad le resulta más fácil reconocer su legitimidad y aceptarlas. Un segundo ejemplo es la creciente toma de conciencia de que la falta de intercambio con la comunidad debilita el papel de la autoridad, relegándolo a veces a un ejercicio de afirmación del poder. Un tercer ejemplo es la atribución de responsabilidades eclesiales a fieles laicos, que las ejercen de forma constructiva y no en oposición, en regiones donde el número de ministros ordenados es muy bajo.

c) La adopción generalizada del método de la conversación en el Espíritu durante la fase de consulta permitió a muchos experimentar algunos de los elementos de un proceso de discernimiento comunitario y de construcción participativa del consenso, sin ocultar conflictos ni crear polarizaciones.

d) Quienes desempeñan tareas de gobierno y responsabilidad están llamados a impulsar, facilitar y acompañar procesos de discernimiento comunitario que incluyan la escucha del Pueblo de Dios. En particular, corresponde a la autoridad del obispo un servicio fundamental de animación y validación del carácter sinodal de estos procesos y de confirmación de la fidelidad de las conclusiones a cuanto ha surgido durante el proceso. En particular, corresponde a los pastores verificar la consonancia entre las aspiraciones de sus comunidades y el «depósito sagrado de la Palabra de Dios confiado a la Iglesia» (DV 10), consonancia que permite considerar esas aspiraciones como expresión genuina del sentido de fe del Pueblo de Dios.

e) La perspectiva del discernimiento comunitario interpela a la Iglesia a todos los niveles y en todas sus articulaciones y formas organizativas. Además de a las estructuras parroquiales y diocesanas, concierne también a los procesos de decisión de las asociaciones, movimientos y grupos laicales, donde afecta a los mecanismos institucionales que implican habitualmente el recurso a instrumentos como el voto. Cuestiona el modo en que los órganos de decisión de las instituciones relacionadas con la Iglesia (escuelas, universidades, fundaciones, hospitales, centros de acogida y de acción social, etc.) identifican y formulan las orientaciones operativas. Por último, interpela a los institutos de vida consagrada y a las sociedades de vida apostólica sobre las modalidades que se entrelazan con las peculiaridades de sus carismas y su derecho particular (cf. DEC 81).

f) Adoptar procesos de decisión que recurran de forma estable al discernimiento comunitario requiere una conversión personal, comunitaria, cultural e institucional, así como una inversión en la formación.

Pregunta para discernir

¿Cómo pensar en procesos de decisión más participativos, que den espacio a la escucha y al discernimiento comunitario, apoyados en la autoridad como servicio de unidad?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Qué espacio tiene la escucha de la Palabra de Dios en nuestros procesos de toma de decisiones? ¿Cómo podemos dar espacio al protagonismo del Espíritu Santo de forma concreta y no sólo con palabras?

2) ¿Cómo puede la conversación en el Espíritu, que abre el dinamismo del discernimiento comunitario, contribuir a la renovación de los procesos de toma de decisiones en la Iglesia? ¿Cómo puede «institucionalizarse» y convertirse en una práctica ordinaria? ¿Qué cambios son necesarios en el Derecho canónico?

3) ¿Cómo podemos promover el ministerio del facilitador de procesos de discernimiento comunitario, asegurando que quienes lo ejerzan reciban la formación y el acompañamiento adecuados? ¿Cómo formar ministros ordenados para acompañar procesos de discernimiento comunitario?

4) ¿Cómo fomentar la participación de las mujeres, los jóvenes, las minorías y las voces marginales en los procesos de discernimiento y toma de decisiones?

5) ¿Cómo puede una articulación más clara entre la totalidad del proceso de toma de decisiones y el momento concreto de la toma de decisiones ayudarnos a identificar mejor cuál es la responsabilidad de los distintos protagonistas en cada etapa? ¿Cómo entendemos la relación entre la toma de decisiones y el discernimiento en común?

6) ¿Cómo pueden y deben participar los consagrados y consagradas en los procesos de toma de decisiones de las Iglesias locales? ¿Qué podemos aprender de su experiencia y de sus diferentes espiritualidades en relación con el discernimiento y los procesos de toma de decisiones? ¿Qué podemos aprender de las asociaciones, movimientos y grupos laicales?

7) ¿Cómo se pueden tratar constructivamente los casos en los que la autoridad considere que no puede confirmar las conclusiones a las que se ha llegado en un proceso de discernimiento comunitario y tome una decisión en otro sentido? ¿Qué tipo de restitución debería ofrecer esa autoridad a quienes participaron en el proceso?

8) ¿Qué podemos aprender de la sociedad y de la cultura en lo que se refiere a la gestión de los procesos participativos? ¿Qué modelos, por el contrario, pueden resultar un obstáculo para la construcción de una Iglesia más sinodal?

9) ¿Qué aportaciones podemos recibir de la experiencia de otras Iglesias y Comunidades eclesiales? ¿Y de la de otras religiones? ¿Qué estímulos de las culturas indígenas minoritarias y de los oprimidos pueden ayudarnos a repensar nuestros procesos de toma de decisiones? ¿Qué percepciones nos aportan las experiencias que tienen lugar en el entorno digital?

B 3.3 ¿Qué estructuras se pueden desarrollar para consolidar una Iglesia sinodal misionera?

Las Asambleas continentales expresan con fuerza el deseo de que el modo de proceder sinodal, experimentado en el camino actual, penetre en la vida cotidiana de la Iglesia a todos los niveles, renovando las estructuras existentes -empezando por los consejos pastorales diocesanos y parroquiales, los consejos de asuntos económicos, los Sínodos diocesanos o eparquiales- o estableciendo otras nuevas. Sin restar importancia a la renovación de las relaciones en el seno del Pueblo de Dios, la intervención en las estructuras es indispensable para consolidar los cambios en el tiempo. En particular:

a) Para que no se quede solo en el papel o se confíe únicamente a la buena voluntad de los individuos, la corresponsabilidad en la misión derivada del Bautismo requiere concretarse en formas estructuradas. Se necesitan, por tanto, marcos institucionales adecuados, así como espacios en los que se pueda practicar regularmente el discernimiento comunitario. No se trata de una exigencia de redistribución del poder, sino de la necesidad de un ejercicio efectivo de la corresponsabilidad derivada del Bautismo. Este confiere derechos y deberes a cada persona, que deben poder ejercerse según los carismas y ministerios de cada uno.

b) Esto requiere que las estructuras e instituciones funcionen con procedimientos adecuados: transparentes, centrados en la misión, abiertos a la participación, capaces de dar espacio a las mujeres, a los jóvenes, a las minorías y a los pobres y marginados. Esto vale para los organismos de participación ya mencionados, cuyo papel debe ser reafirmado y consolidado, pero también para los órganos de decisión de las asociaciones, movimientos y nuevas comunidades; para los órganos de gobierno de los institutos de vida consagrada y de las sociedades de vida apostólica (de manera adecuada al carisma particular de cada uno de ellos); para las numerosas y variadas instituciones, a menudo también sujetas al derecho civil, a través de las cuales se realiza la acción misionera y el servicio de la comunidad cristiana: escuelas, hospitales, universidades, medios de comunicación social, centros de acogida y de acción social, centros culturales, fundaciones, etc.

c) La exigencia de una reforma de las estructuras e instituciones y de los mecanismos de funcionamiento en ordena a una mayor transparencia es particularmente fuerte en los contextos más marcados por la crisis de los abusos (sexuales, económicos, espirituales, psicológicos, institucionales, de conciencia, de poder, de jurisdicción). Parte del problema suele ser el tratamiento inadecuado de los casos de abusos, lo que pone en tela de juicio los mecanismos y procedimientos de funcionamiento de las estructuras e instituciones, así como la mentalidad de las personas que trabajan en ellas. La perspectiva de la transparencia y la corresponsabilidad también suscita temores y resistencias; por eso es necesario profundizar en el diálogo, creando oportunidades para compartir y confrontar a todos los niveles.

d) El método de la conversación en el Espíritu se revela particularmente valioso para reconstruir la confianza en aquellos contextos en los que, por diversas razones, se ha desarrollado un clima de desconfianza entre los distintos componentes del Pueblo de Dios. Un camino de conversión y de reforma, a la escucha de la voz del Espíritu, exige estructuras e instituciones capaces de acompañarlo y sostenerlo. Las Asambleas continentales expresan con fuerza la convicción de que las estructuras por sí solas no bastan, sino que es necesario también un cambio de mentalidad, de ahí la necesidad de invertir en la formación.

e) Además, parece oportuno intervenir también en el Derecho canónico, reequilibrando la relación entre el principio de autoridad, fuertemente afirmado en la actual legislación, y el principio de participación; reforzando la orientación sinodal de los organismos ya existentes; creando nuevos organismos donde parezca necesario para las necesidades de la vida de la comunidad; supervisando la aplicación efectiva de la legislación.

Pregunta para discernir

Una Iglesia sinodal necesita vivir la corresponsabilidad y la transparencia: ¿cómo puede esta toma de conciencia servir de base para reformar las instituciones, las estructuras y los procedimientos, a fin de consolidar el cambio en el tiempo?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) ¿Cómo cambiar las estructuras canónicas y los procedimientos pastorales para fomentar la corresponsabilidad y la transparencia? ¿Son adecuadas las estructuras que tenemos para garantizar la participación o necesitamos otras nuevas?

2) ¿Cómo puede contribuir el Derecho canónico a la renovación de las estructuras e instituciones? ¿Qué cambios parecen necesarios u oportunos?

3) ¿Qué obstáculos (mentales, teológicos, prácticos, organizativos, financieros, culturales) se oponen a la transformación de los organismos de participación actualmente previstos en el Derecho canónico en órganos de discernimiento comunitario eficaz? ¿Qué reformas son necesarias para que puedan apoyar a la misión de manera eficaz, creativa y vibrante? ¿Cómo hacerlos más abiertos a la presencia y a la contribución de las mujeres, los jóvenes, los pobres, los emigrantes, los miembros de minorías y de aquellos que, por diversas razones, se encuentran al margen de la vida comunitaria?

4) ¿Cómo interpela la perspectiva de la Iglesia sinodal a las estructuras y procedimientos de la vida consagrada y a las diversas formas de movimientos laicales? ¿Y el funcionamiento de las instituciones relacionadas con la Iglesia?

5) ¿En qué aspectos de la vida de las instituciones es necesaria una mayor transparencia (informes económicos y financieros, selección de candidatos a puestos de responsabilidad, nombramientos, etc.)? ¿Con qué instrumentos podemos lograrlo?

6) La perspectiva de transparencia y apertura a procesos conjuntos de consulta y discernimiento también suscita temores. ¿Cómo se manifiestan? ¿A qué temen quienes expresan estos temores? ¿Cómo se pueden abordar y superar estos temores?

7) ¿Hasta qué punto es posible distinguir entre los miembros de una institución y la propia institución? ¿Las responsabilidades en el tratamiento de los casos de abuso son individuales o del sistema? ¿Cómo puede contribuir la perspectiva sinodal a crear una cultura de prevención de todo tipo de abusos?

8) ¿Qué podemos aprender de la forma en que las instituciones públicas y el derecho público y civil intentan responder a la necesidad de transparencia y rendición de cuentas procedente de la sociedad (separación de poderes, órganos de supervisión independientes, obligación de hacer públicos determinados procedimientos, límites en la duración de los mandatos, etc.)?

9) ¿Qué podemos aprender de la experiencia de otras Iglesias y Comunidades eclesiales sobre el funcionamiento de las estructuras e instituciones al estilo sinodal?

B 3.4 ¿Cómo configurar instancias de sinodalidad y colegialidad que impliquen a agrupaciones de Iglesias locales?

La primera etapa del proceso sinodal puso de relieve el papel de las instancias de sinodalidad y colegialidad que reúnen a las diversas Iglesias locales: las estructuras jerárquicas orientales y, en la Iglesia latina, las Conferencias episcopales (cf. EP I,7). Los documentos elaborados en las diversas etapas ponen de relieve cómo la consulta al Pueblo de Dios en las Iglesias locales y las sucesivas etapas de discernimiento han sido una verdadera experiencia de escucha del Espíritu a través de la escucha recíproca. De la riqueza de esta experiencia es posible extraer intuiciones para construir una Iglesia cada vez más sinodal:

a) El proceso sinodal puede convertirse en «un dinamismo de comunión que inspira todas las decisiones eclesiales»[17] , porque implica realmente a todos los sujetos -el Pueblo de Dios, el Colegio de los Obispos, el Obispo de Roma-, cada uno según su propia función. El desarrollo ordenado de las etapas disipó el temor de que la consulta al Pueblo de Dios condujera a un debilitamiento del ministerio de los pastores. Al contrario, la consulta era posible porque la iniciaba cada obispo, como «principio y fundamento perpetuo y visible de la unidad» (LG 23) en su Iglesia. Posteriormente, en las Estructuras jerárquicas orientales y en las Conferencias episcopales, los pastores realizaron un acto de discernimiento colegial sobre las aportaciones procedentes de las Iglesias locales. Así, el proceso sinodal ha propiciado un ejercicio real de colegialidad episcopal en una Iglesia plenamente sinodal.

b) La cuestión del ejercicio de la sinodalidad y de la colegialidad en las instancias que implican a grupos de Iglesias locales unidas por tradiciones espirituales, litúrgicas y disciplinares, cercanía geográfica y proximidad cultural, a partir de las Conferencias episcopales, necesita una renovada reflexión teológica y canónica. En ellas «la communio Episcoporum se ha expresado al servicio de la communio Ecclesiarum basada en la communio fidelium» (PE I, 7).

c) En la Evangelii gaudium surge una razón para abordar esta tarea: «No es conveniente que el Papa reemplace a los episcopados locales en el discernimiento de todas las problemáticas que se plantean en sus territorios. En este sentido, percibo la necesidad de avanzar en una saludable “descentralización”» (n. 16). Con ocasión del 50 aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos, el Santo Padre ha recordado que la sinodalidad se ejerce no sólo a nivel de las Iglesias locales y a nivel de la Iglesia universal, sino también a nivel de agrupaciones de Iglesias, como las Provincias y las Regiones eclesiásticas, los Consejos particulares y, sobre todo, las Conferencias episcopales: «Debemos reflexionar para realizar todavía más, a través de estos organismos, las instancias intermedias de la colegialidad, quizás integrando y actualizando algunos aspectos del antiguo orden eclesiástico »[18] .

Pregunta para discernir

A la luz de la experiencia sinodal hasta la fecha, ¿cómo puede la sinodalidad encontrar una mejor expresión en y a través de instituciones que implican a grupos de Iglesias locales, como los Sínodos de Obispos y los Consejos de Jerarcas de las Iglesias orientales católicas, las Conferencias episcopales y las Asambleas continentales, de modo que «las conciba como sujetos de atribuciones concretas, incluyendo también alguna auténtica autoridad doctrinal» (EG 32), en una perspectiva misionera?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) La dinámica sinodal de la escucha del Espíritu a través de la escucha recíproca se ofrece como el modo más adecuado para realizar la colegialidad episcopal en una Iglesia plenamente sinodal. Partiendo de la experiencia del proceso sinodal:

a) ¿Cómo hacer de la escucha del Pueblo de Dios la forma habitual en la toma de decisiones en la Iglesia a todos los niveles de su vida?

b) ¿Cómo poner en práctica la escucha del Pueblo de Dios en las Iglesias locales? En particular, ¿cómo potenciar los organismos de participación para que sean «lugares» eficaces de escucha y de discernimiento eclesial?

c) ¿Cómo repensar los procesos de toma de decisiones a nivel de los organismos episcopales de las Iglesias orientales católicas y de las Conferencias episcopales a partir de la escucha del Pueblo de Dios en las Iglesias locales?

d) ¿Cómo puede integrarse la dimensión continental en el Derecho canónico?

2) Puesto que la consulta en las Iglesias locales es la escucha efectiva del Pueblo de Dios, el discernimiento de los pastores adquiere el carácter de un acto colegial que confirma de forma autorizada lo que el Espíritu ha dicho a la Iglesia a través del sentido de fe del Pueblo de Dios:

a) ¿Qué grado de autoridad doctrinal puede atribuirse al discernimiento de las Conferencias episcopales? ¿Cómo regulan las Iglesias orientales católicas sus organismos episcopales?

b) ¿Qué grado de autoridad doctrinal puede atribuirse al discernimiento de una Asamblea continental? ¿O de los organismos que reúnen a las Conferencias episcopales a escala continental o internacional?

c) ¿Qué papel debe desempeñar el Obispo de Roma respecto a estos procesos que implican agrupaciones de Iglesias? ¿De qué manera lo puede ejercer?

3) ¿Qué elementos del antiguo orden eclesiástico deben integrarse y actualizarse para que las Estructuras jerárquicas orientales, las Conferencias episcopales y las Asambleas continentales sean efectivamente instancias intermedias de sinodalidad y colegialidad?

4) El Concilio Vaticano II afirma que toda la Iglesia y todas sus partes se benefician de la comunicación mutua de sus respectivos dones (cf. LG 13):

a) ¿Qué valor pueden tener para otras Iglesias las deliberaciones de un Concilio plenario, un Concilio particular o un Sínodo diocesano?

b) ¿Qué enseñanzas podemos extraer de la rica experiencia sinodal de las Iglesias orientales católicas?

c) ¿En qué medida la convergencia de varias agrupaciones de Iglesias locales (Concilios particulares, Conferencias episcopales, etc.) sobre una misma cuestión exige al Obispo de Roma que la asuma para la Iglesia universal?

d) ¿Cómo ejercer el servicio de la unidad confiado al Obispo de Roma cuando las autoridades locales adoptan orientaciones diferentes? ¿Qué espacio hay para la variedad de orientaciones entre las distintas regiones?

5)¿Qué podemos aprender de la experiencia de otras Iglesias y Comunidades eclesiales en materia de agrupaciones de Iglesias locales para ejercer la colegialidad y la sinodalidad?

B 3.5 ¿Cómo reforzar la institución del Sínodo para que sea expresión de la colegialidad episcopal en una Iglesia sinodal?

Con el motu proprio Apostolica sollicitudo (15 de septiembre de 1965), san Pablo VI instituyó el Sínodo como «consejo permanente de los obispos para la Iglesia universal». Aceptó así la petición de la asamblea conciliar de asegurar la participación de los obispos en la solicitud por toda la Iglesia, cuidando de precisar que «este Sínodo, como toda institución humana, puede perfeccionarse con el paso del tiempo». Con la constitución apostólica Episcopalis communio (15 de septiembre de 2018) el papa Francisco dio cumplimiento a este esperado “perfeccionamiento”, transformando el Sínodo de un evento circunscrito a una asamblea de obispos en un proceso de escucha articulado en etapas (cf. Art. 4), en el que toda la Iglesia y todos en la Iglesia -Pueblo de Dios, Colegio episcopal, Obispo de Roma- son realmente partícipes.

a) El Sínodo 2021-2024 está demostrando claramente que el proceso sinodal es el contexto más adecuado para el ejercicio integrado del primado, la colegialidad y la sinodalidad como elementos inalienables de una Iglesia en la que cada sujeto desempeña su función peculiar de la mejor manera posible y en sinergia con los demás.

b) Corresponde al Obispo de Roma convocar a la Iglesia en Sínodo, convocando una Asamblea para la Iglesia universal, así como iniciar, acompañar y concluir el correspondiente proceso sinodal. Esta prerrogativa le pertenece en cuanto que «es el principio y fundamento perpetuo y visible de unidad así de los obispos como de la multitud de los fieles» (LG 23).

c) Puesto que «por su parte, los obispos son, individualmente, el principio y fundamento visible de unidad en sus Iglesias particulares [...] en las cuales y a base de las cuales se constituye la Iglesia católica, una y única» (LG 23), corresponde a cada obispo diocesano iniciar, acompañar y concluir la consulta del Pueblo de Dios en su Iglesia. A la luz de la solicitud que los obispos tienen por la Iglesia universal (cf. LG 23), les corresponde también cooperar en aquellos organismos supradiocesanos en los que tiene lugar el ejercicio de la sinodalidad y de la colegialidad, realizando la función de discernimiento eclesial propia del ministerio episcopal.

d) Aunque estos organismos no reúnen a todo el Colegio episcopal, el discernimiento que los pastores realizan a través de ellos adquiere un carácter colegial, debido a la finalidad misma del acto. De hecho, las Asambleas de obispos, dentro del proceso sinodal, tienen la tarea de examinar los resultados de las consultas en las Iglesias locales, en las que se manifiesta el sentido de la fe del Pueblo de Dios. ¿Cómo podría un acto no colegial discernir lo que el Espíritu dice a la Iglesia a través de la consulta del Pueblo de Dios que «no puede equivocarse cuando cree» (LG 12)?

e) La experiencia sinodal hasta ahora ha mostrado también cómo es posible desarrollar un ejercicio eficaz de colegialidad en una Iglesia sinodal: aunque el discernimiento es un acto que compete en primer lugar «a quienes tienen la autoridad en la Iglesia» (LG 12), ha ganado en profundidad y adhesión a los temas que han sido examinados gracias a la aportación de los demás miembros del Pueblo de Dios que han participado en las Asambleas continentales.

Pregunta para discernir

A la luz de la relación dinámica y circular entre la sinodalidad de la Iglesia, la colegialidad episcopal y el primado petrino, ¿cómo perfeccionar la institución del Sínodo para que se convierta en un espacio cierto y garantizado para el ejercicio de la sinodalidad, asegurando la plena participación de todos -el Pueblo de Dios, el Colegio episcopal y el Obispo de Roma- respetando sus funciones específicas? ¿Cómo valorar el experimento de extensión participativa a un grupo de «no obispos» en la primera sesión de la XVI Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos (octubre 2023)?

Sugerencias para la oración y la reflexión preparatoria

1) El proceso sinodal introduce en la Iglesia «un dinamismo de comunión que inspira todas las decisiones eclesiales»[19] :

a) ¿Cómo puede convertirse ese dinamismo en el camino habitual que se ha de seguir en todos los niveles de la vida de la Iglesia?

b) ¿Cómo encaja el principio de autoridad?

c) ¿Cómo cambia la comprensión de la autoridad en la Iglesia a diferentes niveles, incluida la del Obispo de Roma?

2) La primera fase del camino sinodal realiza el paso de lo particular a lo universal, con la consulta al Pueblo de Dios en las Iglesias locales y los subsiguientes actos de discernimiento en las Estructuras jerárquicas orientales y en las Conferencias episcopales, primero, y en las Asambleas continentales, después:

a) ¿Cómo garantizar que la consulta capte realmente la manifestación del sentido de la fe del Pueblo de Dios que vive en una Iglesia determinada?

b) ¿Cómo puede fortalecerse el «vínculo fecundo entre el sensus fidei del Pueblo de Dios y la función magisterial de los Pastores» (DP 14) en las Estructuras jerárquicas orientales, las Conferencias episcopales y las Asambleas continentales?

c) ¿Hasta qué punto es deseable la presencia de miembros cualificados del Pueblo de Dios también en las Asambleas de las Conferencias episcopales, así como en las Asambleas continentales?

d) ¿Qué función pueden desempeñar los organismos eclesiales permanentes integrados no solo por obispos, como la Conferencia eclesial recientemente instituida para la Región Amazónica?

3) La segunda fase del camino sinodal expresa, en la Asamblea de Obispos convocada en Roma, la universalidad de la Iglesia que escucha lo que el Espíritu ha dicho al Pueblo de Dios:

a) ¿Cómo encaja esta Asamblea episcopal en el proceso sinodal?

b) ¿Cómo se consigue la continuidad con la primera fase del proceso sinodal? ¿Es suficiente la presencia de testigos cualificados para garantizarla?

c) Si las Asambleas de las Conferencias episcopales y las Asambleas continentales son actos de discernimiento, ¿cómo se caracteriza y qué valor tiene este posterior acto de discernimiento?

4) La tercera fase implica el movimiento para devolver los resultados de la Asamblea sinodal a las Iglesias locales y su aplicación. ¿Qué puede ayudar a realizar plenamente la «interioridad mutua» entre la dimensión universal y la dimensión local de la única Iglesia?

__________________

[1] A partir de ahora, para una mayor brevedad y salvo indicación contraria, las expresiones «Asamblea» y «Asamblea sinodal» se refieren a la sesión de octubre de 2023, a cuyo servicio está el presente IL.

[2] Francisco, Discurso para la conmemoración del 50 aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos, 17 de octubre de 2015 (cf. DP 15).

[3] La expresión «Iglesia local» indica lo que el Código de Derecho Canónico denomina «Iglesia particular».

[4] La sección B ofrecerá las razones de la inversión del orden con respecto al subtítulo del Sínodo: cf. n. 44 infra.

[5] Francisco, Momento de reflexión para el inicio del proceso sinodal, 9 de octubre de 2021.

[6] Cf. Francisco, Discurso para la conmemoración del 50 aniversario de la constitución del Sínodo de los Obispos, 17 de octubre de 2015.

[7] Por ejemplo, en el nº 128, el Documento Final afirma: «No basta, pues, con tener estructuras si en ellas no se desarrollan relaciones auténticas; es la calidad de estas relaciones, en efecto, lo que evangeliza».

[8] Cf. Congregación para la Doctrina de la Fe, Carta Iuvenescit Ecclesia, 15 de mayo de 2016, 13-18.

[9] Francisco, Momento de reflexión para el inicio del proceso sinodal, 9 de octubre de 2021.

[10] XV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, Los jóvenes, la fe y el discernimiento vocacional. Documento final, 27 de octubre de 2018, 25.

[11] Francisco, Discurso a Su Santidad Mar Awa III Catholicos-Patriarca de la Iglesia Asiria de Oriente, 19 de noviembre de 2022.

[12] Pontificio Consejo para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, El obispo y la unidad de los cristianos: Vademécum ecuménico, 5 de junio de 2020, 4.

[13] San Juan Pablo II, Enc Lett. Ut unum sint, 25 de mayo de 1995, 95; texto citado en EG 32 y EC 10.

[14] Francisco, Discurso a la oración ecuménica, Centro Ecuménico del CMI (Ginebra), 21 de junio de 2018.

[15] Cf. Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, Instrucción Varietates legitimae, 25 de enero de 1994.

[16] Francisco, Discurso para la conmemoración del 50 aniversario de la constitución del Sínodo de los Obispos, 17 de octubre de 2015.

[17] Ibid.

[18] Ibid.

[19] Ibid.

 

[01015-ES.01] [Texto original: Italiano-Inglés]

Traduzione in lingua portoghese

XVI ASSEMBLEIA GERAL ORDINÁRIA

DO SÍNODO DOS BISPOS

PARA UMA IGREJA SINODAL:
COMUNHÃO, PARTICIPAÇÃO, MISSÃO

INSTRUMENTUM LABORIS

para a Primeira Sessão

(Outubro de 2023)

SUMÁRIO

Prefácio

O percurso até agora

Um instrumento de trabalho para a segunda fase do percurso sinodal

A estrutura do texto

A. Para uma Igreja sinodal. Uma experiência integral

A 1. Os sinais característicos de uma Igreja sinodal

A 2. Um caminho para a Igreja sinodal: o diálogo no Espírito

B. Comunhão, missão, participação. Três questões prioritárias para a Igreja sinodal

B 1. Uma comunhão que irradia. Como podemos ser mais plenamente sinal e instrumento da união com Deus e da unidade do gênero humano?

B 2. Corresponsáveis na missão. Como partilhar dons e tarefas ao serviço do Evangelho?

B 3. Participação, responsabilidade e autoridade. Que processos, estruturas e instituições numa Igreja sinodal missionária?

FICHAS DE TRABALHO PARA A ASSEMBLEIA SINODAL

Introdução

Fichas para B 1. Uma comunhão que irradia

B 1.1 Como é que o serviço da caridade e o empenho na justiça e no cuidado da casa comum alimentam a comunhão numa Igreja sinodal?

B 1.2 Como pode uma Igreja sinodal tornar credível a promessa de que «o amor e a verdade se encontrarão» (Sl 85,11)?

B 1.3 Como pode crescer uma relação dinâmica de troca de dons entre Igrejas?

B 1.4 Como pode uma Igreja sinodal cumprir melhor a sua missão através de um compromisso ecumênico renovado?

B 1.5 Como reconhecer e colher a riqueza das culturas e desenvolver o diálogo com as religiões à luz do Evangelho?

Fichas para B 2. Corresponsáveis na missão

B 2.1 Como podemos caminhar juntos para uma consciência comum do sentido e do conteúdo da missão?

B 2.2 O que fazer para que uma Igreja sinodal seja também uma Igreja missionária “toda ministerial”?

B 2.3 Como pode a Igreja do nosso tempo cumprir melhor a sua missão através de um maior reconhecimento e promoção da dignidade batismal das mulheres?

B 2.4 Como valorizar o Ministério ordenado, na sua relação com os Ministérios batismais, numa perspetiva missionária?

B 2.5 Como renovar e promover o Ministério do Bispo numa perspetiva sinodal missionária?

Fichas para B 3. Participação, responsabilidade e autoridade

B 3.1 Como renovar o serviço da autoridade e o exercício da responsabilidade numa Igreja sinodal missionária?

B 3.2 Como podemos desenvolver práticas de discernimento e processos de tomada de decisão de uma forma autenticamente sinodal, reforçando o papel de liderança do Espírito?

B 3.3. Que estruturas podem ser desenvolvidas para consolidar uma Igreja sinodal missionária?

B 3.4 Como configurar instâncias de sinodalidade e colegialidade envolvendo agrupamentos de igrejas locais?

B 3.5 Como se pode reforçar a instituição do Sínodo para que seja uma expressão da colegialidade episcopal numa Igreja totalmente sinodal?

ABREVIATURAS

AA Concílio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem (18 de novembro de 1965)

AG Concílio Vaticano II, Decr. Ad gentes (7 de dezembro de 1965)

CA São João Paulo II, Cart. Enc. Centesimus annus (1° de maio de 1991)

CL São João Paulo II, Exort. Ap. Post-Sinod. Christifideles laici (30 de dezembro de 1988)

CV Francisco, Exort. Ap. Post-Sinod. Christus vivit (25 de março de 2019)

DP Secreteria Geral do Sínodo, Para uma Igreja sinodal. Comunhão, participação, missão. Documento Preparatório (2021)

DEC Secreteria Geral do Sínodo, Para uma Igreja sinodal. Comunhão, participação, missão. «Alarga o espaço da tua tenda» (Is 54,2). Documento de Trabalho para a Etapa Continental (2022)

DV Concílio Vaticano II, Const. Dogm. Dei Verbum (18 de novembro de 1965)

EC Francisco, Const. Ap. Episcopalis communio (15 de setembro de 2018)

EG Francisco, Exort. Ap. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013)

FT Francisco, Cart. Enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020)

GS Concílio Vaticano II, Const. Past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965)

IL Instrumentum Laboris

LG Concílio Vaticano II, Const. Dogm. Lumen gentium (21 de novembro de 1964)

PE Francisco, Const. Ap. Praedicate Evangelium (19 de março de 2022)

SC Concílio Vaticano II, Const. Sacrosanctum Concilium (4 de dezembro de 1963)

UR Concílio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio (21 de novembro de 1964)

INSTRUMENTUM LABORIS

Prefácio

«O Deus da constância e da consolação vos conceda toda a união nos mesmos sentimentos, uns com os outros, segundo a vontade de Cristo Jesus. Assim, tendo como que um só coração e a uma só voz, glorificareis o Deus e Pai do nosso Senhor Jesus Cristo» (Rm 15,5-6).

O percurso até agora

1. O Povo de Deus está em movimento desde 10 de outubro de 2021, quando o Papa Francisco convocou toda a Igreja para o Sínodo. Partindo do seu nível mais vital e elementar, as igrejas locais em todo o mundo iniciaram a consulta ao Povo de Deus, começando com a pergunta básica formulada no n. 2 do DP: «como se realiza hoje, a diferentes níveis (do local ao universal) aquele “caminhar juntos” que permite à Igreja anunciar o Evangelho, em conformidade com a missão que lhe foi confiada; e que passos o Espírito nos convida a dar para crescer como Igreja sinodal?». Os frutos da consulta foram recolhidos a nível diocesano e, em seguida, resumidos e enviados aos Sínodos das Igrejas Católicas Orientais e às Conferências Episcopais. Por sua vez, cada um destes elaborou uma síntese que foi encaminhada à Secretaria Geral do Sínodo.

2. A partir da leitura e análise dos documentos recolhidos, foi elaborado o DEC, a serviço de uma etapa que representa um novo passo no processo sinodal em curso. O DEC foi devolvido às Igrejas locais em todo o mundo, convidando-as a confrontarem-se com ele e, em seguida, a se reunirem e dialogarem nas sete Assembleias continentais. Durante esse período, o trabalho do Sínodo digital também continuou. O objetivo era concentrar-se nas percepções e tensões que ressoavam mais fortemente com a experiência da Igreja em cada continente e identificar, a partir da perspectiva de cada continente, as prioridades a serem abordadas na Primeira Sessão da Assembleia sinodal de outubro de 2023.

3. Este IL foi elaborado com base em todo o material recolhido durante a fase de escuta e, em particular, nos documentos finais das Assembleias continentais. A sua publicação encerra a primeira fase do Sínodo, «Por uma Igreja sinodal: comunhão, participação, missão», e abre a segunda, composta pelas duas sessões[1] nas quais ocorrerá a XVI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos (outubro de 2023 e 2024). O seu objetivo será continuar a animar o processo na vida ordinária da Igreja, identificando em quais linhas o Espírito nos convida a caminhar com mais determinação como Povo de Deus. O fruto que pedimos para a próxima Assembleia é que o Espírito inspire a Igreja a caminhar junto como o Povo de Deus em fidelidade à missão que o Senhor lhe confiou. De fato, o objetivo do processo sinodal «não é produzir documentos, mas abrir horizontes de esperança para o cumprimento da missão da Igreja» (DEC 6).

4. O percurso até agora, incluindo especialmente a etapa continental, possibilitou identificar e partilhar as situações particulares vividas pela Igreja em diferentes regiões do mundo. Estas incluem a realidade do excesso de guerras que mancham o nosso mundo com sangue, levando a um apelo para um compromisso renovado pela construção de uma paz justa; a ameaça representada pela mudança climática que implica uma prioridade necessária de cuidar da casa comum; um sistema econômico que produz exploração, desigualdade e uma cultura do descarte; a pressão homogeneizadora do colonialismo cultural que esmaga as minorias; experiência de sofrer perseguição até ao martírio e emigração que progressivamente esvaziam as comunidades, ameaçando a sua própria sobrevivência; o crescente pluralismo cultural que atualmente marca todo o planeta; a experiência de comunidades cristãs que representam minorias dispersas dentro do país em que vivem; experiência de lidar com uma secularização cada vez mais avançada e, por vezes, agressiva, que parece considerar a experiência religiosa irrelevante, mas onde permanece a sede pela Boa Nova do Evangelho. Em muitas regiões, as igrejas são profundamente afetadas pela crise causada por várias formas de abuso: sexual, de poder e de consciência, económicos e institucionais. Estas são feridas abertas, cujas consequências ainda não foram totalmente tratadas. Ao pedido de perdão dirigido às vítimas pelos sofrimentos causados, a Igreja deve unir um compromisso crescente de conversão e de reforma, a fim de evitar que situações semelhantes voltem a acontecer no futuro.

5. É nesse contexto, diversificado mas com características globais comuns, que aconteceu o percurso sinodal. À Assembleia Sinodal também será pedido ouvir profundamente as situações nas quais a Igreja vive e realiza sua missão: o que significa caminhar juntos somente ganha a sua urgência missionária quando é perguntado num contexto específico, com pessoas e situações reais em mente. Está em jogo a capacidade de proclamar o Evangelho caminhando juntamente com os homens e as mulheres de nosso tempo, onde quer que estejam, e praticando a catolicidade que emerge do caminhar junto com as igrejas que vivem em condições de sofrimento particular (cf. LG 23).

6. Na Assembleia Sinodal, trazemos os frutos colhidos durante a fase de escuta. Em primeiro lugar, experimentamos a alegria expressa no encontro sincero e respeitoso entre irmãos e irmãs na fé: encontrar-se com o outro é encontrar o Senhor que está no meio de nós! Assim, pudemos tocar com nossas próprias mãos a catolicidade da Igreja, que, na variedade de idades, sexos e condições sociais, manifesta uma riqueza extraordinária de carismas e vocações eclesiais, e é guardiã de um tesouro de diferenças de idiomas, culturas, expressões litúrgicas e tradições teológicas. De fato, essa rica diversidade é o dom de cada Igreja local para todas as outras (cf. LG 13), e a dinâmica sinodal é uma maneira de apreciar e aprimorar essa rica diversidade sem esmagá-la em uniformidade. Da mesma forma, descobrimos que há questões partilhadas, mesmo que a sinodalidade seja vivenciada e compreendida de várias maneiras em diferentes partes do mundo, com base numa herança comum da Tradição apostólica. Parte do desafio da sinodalidade é discernir o nível em que é mais apropriado abordar cada questão. Certas tensões são igualmente partilhadas. Não nos devemos assustar com elas, nem tentar resolvê-las a qualquer custo, mas sim nos envolver num discernimento sinodal contínuo. Somente dessa forma essas tensões se podem tornar fontes de energia e não cair em polarizações destrutivas.

7. A primeira fase renovou a nossa consciência de que a nossa identidade e vocação é nos tornarmos uma Igreja cada vez mais sinodal: caminhar juntos, ou seja, tornar-se sinodal é o caminho para nos tornarmos verdadeiramente discípulos e amigos daquele Mestre e Senhor que disse de si mesmo: «Eu sou o caminho» (Jo 14,6). Também hoje constitui um desejo profundo: tendo experimentado isso como um dom, queremos continuar a fazê-lo, conscientes de que este caminho se realizará no último dia, quando, pela graça de Deus, nos tornaremos parte daquela multidão assim descrita no Apocalipse: «Vi uma multidão imensa, que ninguém podia contar, gente de todas as nações, tribos, povos e línguas. Estavam de pé diante do trono e do Cordeiro; vestiam túnicas brancas e traziam palmas na mão. Todos proclamavam com voz forte: “A salvação pertence ao nosso Deus, que está sentado no trono, e ao Cordeiro”» (Ap 7,9-10). Esse texto nos dá a imagem de uma Igreja na qual reina a perfeita comunhão entre todas as diferenças que a compõem, diferenças essas que são mantidas e unidas na única missão que ainda precisa ser cumprida: participar da liturgia de louvor que, de todas as criaturas, por meio de Cristo, se eleva ao Pai na unidade do Espírito Santo.

8. À intercessão destas irmãs e destes irmãos, que já estão vivendo a plena comunhão dos santos (cf. LG 50), e especialmente àquela que é a primeira em suas fileiras (cf. LG 63), Maria, Mãe da Igreja, confiamos o trabalho da Assembleia e a continuação de nosso compromisso com uma Igreja sinodal. Pedimos que a Assembleia seja um momento de efusão do Espírito, mas, mais ainda, que a graça nos acompanhe quando chegar o momento de colocar seus frutos em ação na vida cotidiana das comunidades cristãs em todo o mundo.

Um instrumento de trabalho para a segunda fase do processo sinodal

9. As novidades que marcam o Sínodo 2021-2024 são inevitavelmente refletidas no significado e na dinâmica da Assembleia Sinodal e, portanto, na estrutura do Instrumentum Laboris (IL) que está ao serviço da sua realização. Em particular, a longa fase preparatória já levou à produção de uma multiplicidade de documentos: DP, sínteses das Igrejas locais, DEC e Documentos finais das Assembleias continentais. Dessa forma, foi estabelecido um circuito de comunicação entre as Igrejas locais e entre estas e a Secretaria Geral do Sínodo. O atual IL não anula os documentos anteriores nem absorve toda a sua riqueza, mas está enraizado neles e se refere continuamente a eles: na preparação para a Assembleia, pede-se aos Membros do Sínodo que tenham em mente os documentos anteriores, em particular o DEC e os Documentos finais das Assembleias dontinentais, bem como o relatório do Sínodo digital, e que os utilizem como ferramentas para seu próprio discernimento. Em particular, os Documentos finais das Assembleias continentais são particularmente valiosos por manterem a realidade concreta dos diferentes contextos e os desafios colocados por cada um deles: o trabalho comum da Assembleia sinodal não pode prescindir deles. Os muitos recursos reunidos na seção dedicada do site do Sínodo 2021-2024, www.synod.va, também podem ser úteis, em particular a Const. Ap. Episcopalis communio e os dois documentos da Comissão Teológica Internacional, Sinodalidade na vida e missão da Igreja (2018) e O sensus fidei na vida da Igreja (2014).

10. Dada a abundância de material já disponível, o IL foi concebido como um auxílio prático para a condução da Assembleia Sinodal em outubro de 2023 e, portanto, para a sua preparação. Ainda mais válido para o IL é a descrição dada ao DEC: «não é um documento do Magistério da Igreja, nem o relatório de um inquérito sociológico; não oferece a formulação de indicações operativas, de metas e objetivos, nem a completa elaboração de uma visão teológica» (n. 8). Isso é inevitável, uma vez que o IL faz parte de um processo inacabado. No entanto, o IL dá um passo além do DEC, baseando-se nas percepções da primeira fase e agora no trabalho dos Assembleias continentais, articulando algumas das prioridades que surgiram ao ouvir o Povo de Deus, mas evita apresentá-las como afirmações ou posições. Em vez disso, ele as expressa como perguntas dirigidas à Assembleia sinodal. Este órgão terá a tarefa de discernir os passos concretos que possibilitam o crescimento contínuo de uma Igreja sinodal, passos que depois submeterá ao Santo Padre. Só então se completará essa dinâmica particular de escuta, na qual «cada um tem algo a aprender. Povo fiel, Colégio episcopal, Bispo de Roma: cada um à escuta dos outros; e todos à escuta do Espírito Santo, o “Espírito da verdade” (Jo 14, 17), para conhecer aquilo que Ele “diz às Igrejas” (Ap 2, 7)»[2]. Assim sendo, o objetivo do IL não é ser um primeiro esboço do Documento Final da Assembleia Sinodal, apenas para ser corrigido ou emendado. Em vez disso, delineia uma compreensão inicial da dimensão sinodal da Igreja, com base na qual um discernimento posterior pode ser feito. Os Membros da Assembleia Sinodal são os principais destinatários do IL, que também é tornado público não apenas por motivos de transparência, mas como uma contribuição para a implementação de iniciativas eclesiais. Em particular, pode incentivar a participação na dinâmica sinodal ao nível local e regional, enquanto se aguarda o resultado da Assembleia de outubro. Isso fornecerá mais material sobre o qual as Igrejas locais serão chamadas a orar, refletir, agir e dar a sua própria contribuição.

11. As perguntas que o IL apresenta são uma expressão da riqueza do processo do qual foram extraídas: elas trazem a marca dos nomes e rostos particulares daqueles que participaram e testemunham a experiência de fé do Povo de Deus, revelando assim a realidade de uma experiência transcendente. Desse ponto de vista, indicam um horizonte em direção ao qual somos convidados a viajar com confiança, aprofundando a prática sinodal da Igreja. A primeira fase nos permite compreender a importância de tomar a igreja local como um ponto de referência privilegiado[3], como o lugar teológico onde os Batizados experimentam, em termos práticos, o caminhar juntos. Entretanto, isso não nos leva a um fechamento. Nenhuma igreja local pode viver fora dos relacionamentos que a unem a todas as outras, incluindo o relacionamento particular com a Igreja de Roma, à qual foi confiado o serviço da unidade por meio do ministério de seu Pastor, que convocou toda a Igreja em Sínodo.

12. Esse foco nas igrejas locais exige que se tenha em conta a variedade e diversidade de culturas, idiomas e modos de expressão. Em particular, as mesmas palavras – pensemos, por exemplo, em autoridade e liderança – podem ter ressonâncias e conotações muito diferentes em diferentes áreas linguísticas e culturais, especialmente quando, em alguns contextos, um termo está associado a precisas abordagens teóricas ou ideológicas. O IL se esforça por evitar a linguagem que fomente a divisão, na esperança de promover um melhor entendimento entre os membros da Assembleia sinodal que vêm de diferentes regiões ou tradições. A visão do Vaticano II é o ponto de referência partilhado, a partir da catolicidade do Povo de Deus, em virtude da qual «cada uma das partes traz às outras e a toda a Igreja os seus dons particulares, de maneira que o todo e cada uma das partes aumentem pela comunicação mútua entre todos e pela aspiração comum à plenitude na unidade, [...] sem detrimento do primado da cátedra de Pedro, que preside à universal assembleia da caridade, protege as legítimas diversidades e vigia para que as particularidades ajudem a unidade e de forma alguma a prejudiquem» (LG 13). Essa catolicidade se realiza na relação de mútua interioridade entre a Igreja universal e as Igrejas locais, nas quais e a partir das quais «existe a Igreja católica, una e única» (LG 23). O processo sinodal, que na primeira fase se desenrolou nas Igrejas locais, está agora na sua segunda fase, com a realização das duas sessões da XVI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos.

A estrutura do texto

13. Este IL está dividido em duas seções, que correspondem à articulação das tarefas das Assembleias continentais (e, portanto, aos conteúdos dos relativos Documentos finais): em primeiro lugar, proceder a uma releitura do caminho percorrido durante a primeira fase, a fim de identificar o que a Igreja de cada continente aprendeu com a experiência sobre a maneira de viver a dimensão sinodal ao serviço da missão; em seguida, discernir as ressonâncias produzidas nas Igrejas locais do continente pela comparação com o DEC, a fim de identificar as prioridades sobre as quais continuar o discernimento durante a Assembleia Sinodal.

14. A Seção A do IL, intitulada «Para uma Igreja sinodal», procura reunir os frutos do caminho percorrido até agora. Em primeiro lugar, delineia uma série de características fundamentais ou marcas distintivas de uma Igreja sinodal. Em seguida, articula a consciência de que uma Igreja sinodal também é marcada por uma maneira particular de proceder. De acordo com o resultado da primeira fase, o diálogo no Espírito é essa maneira de proceder. Sobre os frutos desta releitura a Assembleia será convidada a reagir com o objetivo de os esclarecer e precisar. A Seção B deste IL, intitulada «Comunhão, missão, participação»[4], articula, na forma de três perguntas, as prioridades que emergem do trabalho de todos os continentes, apresentando-as ao discernimento da Assembleia. A fim de auxiliar o processo de trabalho da Assembleia sinodal, especialmente os trabalhos em grupo (Circuli Minores), são propostas cinco folhas de trabalho para cada uma das três prioridades, permitindo que sejam abordadas a partir de diferentes perspectivas.

15. As três prioridades da seção B, desenvolvidas por meio das respectivas Fichas de trabalho, abrangem tópicos amplos de grande relevância. Muitos poderiam ser objeto de todo um Sínodo, e alguns já o foram. Em vários casos, as intervenções do Magistério também são numerosas e bem definidas. Durante a Assembleia, elas não podem ser tratadas extensivamente nem, acima de tudo, devem ser consideradas independentemente umas das outras. Em vez disso, elas devem ser abordadas a partir da sua relação com o real tema dos trabalhos, ou seja, a Igreja sinodal. Por exemplo, as referências à urgência de dedicar atenção adequada às famílias e aos jovens não têm o objetivo de estimular um novo tratamento do ministério da família ou dos jovens. O seu objetivo é ajudar a focar como a implementação das conclusões das Assembleias sinodais de 2015 e 2018 e as orientações das Exortações Apostólicas Pós-sinodais subsequentes, Amoris laetitia e Christus vivit, representa uma oportunidade de caminharmos juntos como uma Igreja capaz de acolher e acompanhar, aceitando as mudanças necessárias nas regras, estruturas e procedimentos. O mesmo se aplica a muitas outras questões que emergem nas Fichas de trabalho.

16. O compromisso solicitado à Assembleia e a seus Membros será o de manter um equilíbrio dinâmico entre manter uma visão geral, que caracteriza a seção A, e a identificação de medidas práticas a serem tomadas de forma concreta e oportuna, que é o foco da seção B deste texto. Disso dependerá a fecundidade do discernimento da Assembleia sinodal, cuja tarefa será abrir toda a Igreja para acolher a voz do Espírito Santo. Uma inspiração para esse trabalho pode vir da reflexão sobre a articulação da Const. Past. Gaudium et Spes, que «consiste em duas partes», diferentes em caráter e foco, mas que se tornam «um todo unificado» (GS, nota de rodapé 1).

A. Para uma Igreja Sinodal

Uma experiência integral

«Há diversidade de carismas, mas o Espírito é o mesmo; há diversidade de serviços, mas o Senhor é o mesmo; há diversidade de atividades, mas é o mesmo Deus que realiza tudo em todos. A cada um é dada a manifestação do Espírito para o bem comum» (1Cor 12,4-7).

17. Um traço comum que une as descrições das etapas da primeira fase: é a surpresa expressa pelos participantes que se encontraram perante algo inesperado que superou as suas expectativas. Para quem participa, o processo sinodal oferece uma oportunidade de encontro na fé que faz crescer o vínculo com o Senhor, a fraternidade entre as pessoas e o amor pela Igreja, não apenas ao nível individual, mas envolvendo e dinamizando toda a comunidade. A experiência é a de um horizonte de esperança que se abre para a Igreja, um sinal claro da presença e da ação do Espírito que a guia através da história no seu caminho rumo ao Reino (cf. LG 5): «O protagonista do Sínodo é o Espírito Santo»[5]. Desta forma, quanto mais intensamente foi aceite o convite para caminhar juntos, mais o Sínodo se tornou um caminho no qual o Povo de Deus prossegue com entusiasmo, mas sem ingenuidade. De fato, os problemas, as resistências, as dificuldades e as tensões não são escondidos ou dissimulados, mas identificados e nomeados graças a um contexto de diálogo autêntico que permite falar e ouvir com liberdade e sinceridade. Questões que muitas vezes são colocadas de maneira adversa, ou para as quais a vida da Igreja hoje carece de um lugar de aceitação e discernimento, podem ser abordadas de maneira evangélica dentro do processo sinodal.

18. Um termo tão abstrato ou teórico como sinodalidade começou assim a encarnar-se numa experiência concreta. A partir da escuta do Povo de Deus, surge uma apropriação e uma compreensão progressivas da sinodalidade “a partir de dentro”, que não deriva da enunciação de um princípio, de uma teoria ou de uma fórmula, mas se desenvolve a partir de uma disposição para entrar numa dinâmica de palavra construtiva, respeitosa e orante, de escuta e diálogo. Na raiz desse processo está a aceitação, tanto pessoal como comunitária, de algo que é tanto um dom quanto um desafio: ser uma Igreja de irmãs e irmãos em Cristo que se escutam mutuamente e que, ao fazê-lo, são gradualmente transformados pelo Espírito.

A 1. Os sinais característicos de uma Igreja sinodal

19. Dentro desta compreensão integral, surge a consciência de certas características ou sinais distintivos de uma Igreja sinodal. Estas são convicções partilhadas sobre as quais nos devemos debruçar e refletir juntos ao empreendermos um caminho que continuará a clarificá-las e a precisá-las, a partir do trabalho da Assembleia sinodal.

20. É isso que emerge com grande força de todos os continentes: a consciência de que uma Igreja sinodal se funda no reconhecimento da dignidade comum derivada do Batismo, que torna todos os que o recebem filhos e filhas de Deus, membros da família de Deus e, portanto, irmãos e irmãs em Cristo, habitados pelo único Espírito e enviados para cumprir uma missão comum. Na linguagem de Paulo, «todos nós – judeus e gregos, escravos e homens livres – fomos batizados num só Espírito, para sermos um só corpo e a todos nos foi dado a beber um só Espírito» (1Cor 12,13). Assim, o Batismo cria uma verdadeira corresponsabilidade entre todos os membros da Igreja, que se manifesta na participação de todos, com os carismas de cada um, na missão da Igreja e na edificação da comunidade eclesial. Uma Igreja sinodal não pode ser entendida senão no horizonte da comunhão, que é sempre também uma missão de proclamar e encarnar o Evangelho em todas as dimensões da existência humana. A comunhão e a missão se nutrem da participação comum na Eucaristia, que faz da Igreja um corpo «ajustado e unido» (Ef 4,16) em Cristo, capaz de caminhar em conjunto rumo ao Reino.

21. Enraizado nessa consciência está o desejo de uma Igreja que também seja cada vez mais sinodal em suas instituições, estruturas e procedimentos, de modo a constituir um espaço no qual a dignidade batismal comum e a corresponsabilidade pela missão não sejam apenas afirmadas, mas exercidas e praticadas. Nesse espaço, o exercício da autoridade na Igreja é apreciado como um dom, com o desejo de que seja cada vez mais configurado como «um verdadeiro serviço, significativamente chamado “diaconia” ou ministério na Sagrada Escritura» (LG 24), seguindo o modelo de Jesus, que se abaixou para lavar os pés de seus discípulos (cf. Jo 13,1-11).

22. «Uma Igreja sinodal é uma Igreja que escuta» [6]: esta consciência é fruto da experiência do caminho sinodal, que é uma escuta do Espírito por meio da escuta da Palavra, da escuta dos acontecimentos da história e da escuta mútua como indivíduos e entre as comunidades eclesiais, desde o nível local até os níveis continental e universal. Para muitos, a grande surpresa foi a experiência de serem ouvidos pela comunidade, em alguns casos pela primeira vez, recebendo assim o reconhecimento de seu valor humano único, que testemunha o amor do Pai por cada um de seus filhos e filhas. A experiência de ouvir e ser ouvido desta forma não serve apenas a uma função prática, mas também tem uma profundidade teológica e eclesial, pois segue o exemplo de como Jesus ouviu as pessoas que encontrou. Este estilo de ouvir precisa marcar e transformar todos os relacionamentos que a comunidade cristã estabelece entre seus membros, bem como com outras comunidades religiosas e com a sociedade como um todo, especialmente em relação àqueles cuja voz é mais frequentemente ignorada.

23. Como Igreja comprometida em ouvir, uma Igreja sinodal deseja ser humilde e sabe que deve pedir perdão e que tem muito a aprender. Alguns relatórios observaram que o caminho sinodal é necessariamente penitencial, reconhecendo que nem sempre vivemos a dimensão sinodal constitutiva da comunidade eclesial. O rosto da Igreja hoje traz os sinais de graves crises de confiança e de credibilidade. Em muitos contextos, crises relacionadas com abusos sexuais e abusos de poder, dinheiro e consciência levaram a Igreja a um exigente exame de consciência para que, «sob a ação do Espírito Santo, não cesse de se renovar» (LG 9), num caminho de arrependimento e conversão que abre percursos de reconciliação, cura e justiça.

24. Uma Igreja sinodal é uma Igreja do encontro e do diálogo. No caminho que percorremos, esse aspecto da sinodalidade emerge com força especial em relação a outras Igrejas e Comunidades eclesiais, às quais estamos unidos pelo vínculo de um só Batismo. O Espírito, que é «o princípio da unidade da Igreja» (UR 2), está atuando nessas Igrejas e Comunidades eclesiais e nos convida a trilhar caminhos de conhecimento mútuo, de partilha e construção de uma vida comum. A nível local, emerge com força a importância do que já está sendo feito em conjunto com membros de outras Igrejas e Comunidades eclesiais, especialmente como um testemunho comum em contextos socioculturais que são hostis até o ponto da perseguição - este é o ecumenismo do martírio - e perante a emergência ecológica. Em todos os lugares, em sintonia com o Magistério do Concílio Vaticano II, emerge o profundo desejo de aprofundar o caminho ecumênico: uma Igreja autenticamente sinodal não pode deixar de envolver todos aqueles que partilham o único Batismo.

25. Uma Igreja sinodal é chamada a praticar a cultura do encontro e do diálogo com os fiéis de outras religiões e com as culturas e sociedades nas quais está inserida, mas, acima de tudo, entre as muitas diferenças que atravessam a própria Igreja. Esta Igreja não tem medo da variedade que comporta, mas a valoriza sem forçá-la à uniformidade. O processo sinodal tem sido uma oportunidade de começar a aprender o que significa viver a unidade na diversidade, um ponto fundamental a ser explorado, confiando que o caminho se tornará mais claro à medida que avançarmos. Portanto, uma Igreja sinodal promove a passagem do “eu” para o “nós”. É um espaço no qual ressoa uma chamada para sermos membros de um corpo que valoriza a diversidade, mas que é unificado pelo Espírito. É o Espírito que nos impele a ouvir o Senhor e a responder-lhe como um povo ao serviço da missão única de proclamar a todas as nações a salvação oferecida por Deus em Cristo Jesus. Isso acontece numa grande diversidade de contextos: ninguém é solicitado a deixar o seu próprio contexto, mas sim a entendê-lo e a entrar nele mais profundamente. Regressando a esta visão após a experiência da primeira fase, a sinodalidade aparece, antes de tudo, como um dinamismo que anima comunidades locais concretas. Passando para o nível mais universal, este impulso abrange todas as dimensões e realidades da Igreja, num movimento de catolicidade autêntica.

26. Vivida numa diversidade de contextos e culturas, a sinodalidade prova ser uma dimensão constitutiva da Igreja desde a sua origem, mesmo que ainda esteja em processo de realização. De fato, ela pressiona para ser implementada cada vez mais plenamente, expressando uma chamada radical à conversão, à mudança, à oração e à ação que é para todos. Neste sentido, uma Igreja sinodal é aberta, acolhedora e abraça a todos. Não há fronteira que este movimento do Espírito não sinta dever ultrapassar, para atrair todos ao seu dinamismo. A natureza radical do cristianismo não é prerrogativa de algumas vocações específicas, mas a chamada para construir uma comunidade que viva e dê testemunho de uma maneira diferente de entender o relacionamento entre as filhas e os filhos de Deus, uma maneira que incarne a verdade do amor, que se baseie no dom e na gratuidade. A chamada radical é, portanto, para construirmos juntos, sinodalmente, uma Igreja atraente e concreta: uma Igreja em saída, na qual todos se sintam bem-vindos.

27. Ao mesmo tempo, uma Igreja sinodal confronta, honesta e destemidamente, o chamado para uma compreensão mais profunda da relação entre o amor e a verdade, de acordo com o convite de São Paulo: «testemunhando a verdade no amor, em tudo cresçamos para Cristo, que é a cabeça. É por Ele que o corpo inteiro, bem ajustado e unido por meio de toda a espécie de articulações que o sustentam, realiza o seu crescimento, de acordo com a atividade própria de cada membro, a fim de se edificar a si próprio no amor» (Ef 4,15-16). Para incluir autenticamente todos, é necessário entrar no mistério de Cristo, permitindo ser formado e transformado pela maneira como ele viveu a relação entre amor e verdade.

28. Característica de uma Igreja sinodal é a capacidade de administrar as tensões sem ser esmagada por elas, experimentando-as como um impulso para aprofundar o modo como a comunhão, a missão e a participação são vividas e compreendidas. A sinodalidade é um caminho privilegiado de conversão, porque reconstitui a Igreja na unidade: cura suas feridas e reconcilia a sua memória, acolhe as diferenças que comporta e a redime das divisões que se inflamam, permitindo-lhe assim encarnar mais plenamente sua vocação de ser «em Cristo, [..] como que o sacramento, ou sinal, e o instrumento da íntima união com Deus e da unidade de todo o género humano» (LG 1). A escuta autêntica e a capacidade de encontrar maneiras de continuar caminhando juntos para além da fragmentação e da polarização são indispensáveis para que a Igreja permaneça viva e vital e seja um sinal poderoso para as culturas de nosso tempo.

29. Tentar caminhar juntos também nos coloca em contato com a saudável inquietação da incompletude, com a consciência de que ainda há muitas coisas cujo peso não somos capazes de carregar (cf. Jo 16,12). Isso não é um problema a ser resolvido, mas sim um dom a ser cultivado. Estamos diante do inesgotável e santo mistério de Deus e devemos permanecer abertos às suas surpresas enquanto caminhamos pela história em direção ao Reino (cf. LG 8). Isto também se aplica às questões que o processo sinodal trouxe à tona. Como primeiro passo, elas exigem escuta e atenção, sem pressa de oferecer soluções imediatas.

30. Carregar o peso destas questões não deve ser o fardo pessoal daqueles que ocupam certos papéis, com o risco de serem esmagados por elas, mas uma tarefa para toda a comunidade, cuja vida relacional e sacramental é frequentemente a resposta imediata mais eficaz. É por isso que uma Igreja sinodal se nutre incessantemente na fonte do mistério que celebra na liturgia, «a meta para a qual se encaminha a ação da Igreja e a fonte de onde dimana toda a sua força» (SC 10), e em particular na Eucaristia.

31. Uma vez que a ansiedade do limite é superada, a inevitável incompletude de uma Igreja sinodal e a prontidão de seus membros para abraçar as suas vulnerabilidades se tornam o espaço para a ação do Espírito, que nos convida a reconhecer os sinais de sua presença. É por isso que uma Igreja sinodal é também uma Igreja do discernimento, na riqueza de significados que esse termo assume dentro das diferentes tradições espirituais. A primeira fase permitiu que o Povo de Deus começasse a experimentar o discernimento por meio da prática do diálogo no Espírito. Ao ouvir atentamente a experiência vivida por cada um de nós, crescemos em respeito mútuo e começamos a discernir os movimentos do Espírito de Deus na vida dos outros e na nossa própria vida. Dessa forma, começamos a prestar mais atenção «ao que o Espírito diz às Igrejas» (Ap 2,7), no compromisso e na esperança de nos tornarmos uma Igreja cada vez mais capaz de tomar decisões proféticas que sejam fruto da orientação do Espírito.

A 2. Um caminho de proceder para a Igreja sinodal: o diálogo no Espírito

32. Em todos os continentes, houve o reconhecimento da fecundidade do método aqui chamado de “diálogo no Espírito”, adotado durante a primeira fase e referido em alguns documentos como “conversação espiritual” ou “método sinodal” (cf. figura na pág. 16).

33. Em seu sentido etimológico, o termo “diálogo” não indica uma troca genérica de ideias, mas uma dinâmica na qual a palavra pronunciada e ouvida gera familiaridade, permitindo que os participantes se aproximem uns dos outros. A especificação “no Espírito” identifica o autêntico protagonista: o desejo dos que conversam tende a ouvir a Sua voz e, na oração, eles se abrem à ação livre d’Aquele que, como o vento, sopra onde quer (cf. Jo 3,8). Gradualmente, o diálogo entre irmãos e irmãs na fé abre espaço para o consenso, ou seja, para a concordância conjunta com a voz do Espírito. Não se trata de um diálogo no Espírito se não houver um passo adiante numa direção precisa, muitas vezes inesperada, que aponte para uma ação concreta.

34. Nas igrejas locais que a praticaram durante a primeira fase, o diálogo no Espírito foi “descoberto” como proporcionando a atmosfera que torna possível o partilhar das experiências de vida e o espaço para o discernimento numa Igreja sinodal. Nos Documentos finais das Assembleias continentais, é descrito como um momento pentecostal, como uma oportunidade de experimentar ser Igreja e passar da escuta de nossos irmãos e irmãs em Cristo para a escuta do Espírito, que é o autêntico protagonista, e ser enviado em missão por Ele. Ao mesmo tempo, por meio desse método, a graça da Palavra e da Eucaristia se torna uma realidade sentida, atualizada e transformadora, que atesta e realiza a iniciativa pela qual o Senhor Jesus se faz presente e ativo na Igreja. Cristo nos envia em missão e nos reúne à volta de si para dar graças e glória ao Pai no Espírito Santo. Por isso, de todos os continentes vem o pedido de que esse método possa animar e informar cada vez mais a vida cotidiana das Igrejas.

35. O diálogo no Espírito faz parte de uma longa tradição de discernimento eclesial, que produziu uma pluralidade de métodos e abordagens. Seu preciso valor missionário deve ser enfatizado. Essa prática espiritual nos permite passar do “eu” para o “nós”: ela não perde de vista ou apaga a dimensão pessoal do “eu”, mas a reconhece e a insere na dimensão comunitária. Dessa forma, permitir que os participantes falem e ouçam torna-se uma expressão de liturgia e oração, na qual o Senhor se faz presente e nos atrai para formas cada vez mais autênticas de comunhão e discernimento.

36. No Novo Testamento, há inúmeros exemplos desse modo de conversar. Um exemplo paradigmático é o relato do encontro do Senhor ressuscitado com os dois discípulos de Emaús (cf. Lc 24,13-35 e a explicação dada em CV 237). Como demonstra a sua experiência, o diálogo no Espírito constrói a comunhão e traz dinamismo missionário: os dois, de fato, regressam à comunidade que tinham deixado para partilhar a proclamação pascal de que o Senhor ressuscitou.

37. Na sua realidade concreta, o diálogo no Espírito pode ser descrito como uma oração partilhada em vista do discernimento comunitário, para o qual os participantes se preparam por meio de reflexão e meditação pessoal. Oferecem uns aos outros o dom de uma palavra meditada, alimentada pela oração, e não uma opinião improvisada na hora. A dinâmica entre os participantes articula três etapas fundamentais. A primeira é dedicada a cada pessoa que toma a palavra, partindo de sua própria experiência relida em oração durante o período de preparação. Os outros ouvem, sabendo que cada um tem uma contribuição valiosa a oferecer e se abstêm de debates ou discussões.

38. O silêncio e a oração ajudam a preparar a próxima etapa, na qual cada pessoa é convidada a abrir dentro de si um espaço para os outros e para o Outro. Mais uma vez, cada pessoa toma a palavra: não para reagir ou se opor ao que ouviu, reafirmando sua própria posição, mas para expressar o que, a partir de sua escuta, a tocou mais profundamente e o que a desafiou mais fortemente. Os traços interiores que resultam da escuta das irmãs e dos irmãos são a linguagem com a qual o Espírito Santo faz ressoar sua própria voz: quanto mais cada participante tiver sido nutrido pela meditação da Palavra e dos Sacramentos, crescendo em familiaridade com o Senhor, mais ele ou ela será capaz de reconhecer o som de Sua voz (cf. Jo 10,14.27), auxiliado também pelo acompanhamento do Magistério e da teologia. Da mesma forma, quanto mais intencional e cuidadosamente os participantes atenderem à voz do Espírito, mais eles crescerão num sentido partilhado e aberto à missão.

39. A terceira etapa, novamente numa atmosfera de oração e sob a orientação do Espírito Santo, é identificar os pontos-chave que surgiram e construir um consenso sobre os frutos do trabalho conjunto, que cada pessoa considera fiel ao processo e pelo qual pode, portanto, sentir-se representada. Não basta elaborar um relatório enumerando os pontos mais mencionados. Em vez disso, é necessário discernimento, que também preste atenção às vozes marginais e proféticas e não ignore a importância dos pontos em que surgem discordâncias. O Senhor é a pedra angular que permitirá que a “construção” permaneça de pé e o Espírito, o mestre da harmonia, ajudará a passar da cacofonia para a sinfonia.

40. O percurso leva a uma oração de louvor a Deus e gratidão pela experiência realizada. «Quando vivemos a mística de nos aproximar dos outros com a intenção de procurar o seu bem, ampliamos o nosso interior para receber os mais belos dons do Senhor. Cada vez que nos encontramos com um ser humano no amor, nos colocamos na condição de descobrir algo de novo sobre Deus. Cada vez que os nossos olhos se abrem para reconhecer o outro, ilumina-se mais a nossa fé para reconhecer a Deus» (EG 272). Em síntese, esta é a dádiva recebida por aqueles que se deixam envolver num diálogo no Espírito.

41. Em situações concretas, nunca é possível seguir esse padrão à risca. Em vez disso, ele deve ser sempre adaptado. Às vezes é necessário dar prioridade para que cada um tome a palavra e ouça os outros; noutras circunstâncias, para que se evidenciem os vínculos entre as diferentes perspectivas, em busca do que faz “nossos corações arderem” (cf. Lc 24:32); noutras ainda, para que se busque o consenso e se trabalhe em conjunto para identificar a direção em que o grupo ou a comunidade se sente chamada a seguir pelo Espírito. Mas, além das adaptações concretas apropriadas, a intenção e o dinamismo que unem as três etapas são e permanecem característicos do modo de proceder de uma Igreja sinodal.

42. Tendo em conta a importância do diálogo no Espírito para animar a experiência vivida pela Igreja sinodal, a formação nesse método e, em particular, de facilitadores capazes de acompanhar as comunidades na sua prática, é percebida como uma prioridade em todos os níveis da vida eclesial e para todos os Batizados, começando pelos Ministros ordenados, num espírito de corresponsabilidade e abertura para diferentes vocações eclesiais. A formação para o diálogo no Espírito é a formação para ser uma Igreja sinodal.

 

B. Comunhão, missão, participação

Três questões prioritárias para a Igreja Sinodal

«Como, num só corpo, temos muitos membros, cada qual com uma função diferente, assim nós, embora muitos, somos em Cristo um só corpo e, cada um de nós, membros uns dos outros» (Rm 12,4-5).

43. Entre os frutos da primeira fase, e em particular das Assembleias continentais, também graças ao modo de proceder que acabámos de delinear, foram identificadas três prioridades que agora são propostas à Assembleia sinodal de outubro de 2023 para discernimento. Trata-se de desafios com os quais toda a Igreja deve se confrontar para dar um passo em frente e crescer no seu próprio ser sinodal a todos os níveis e a partir de uma pluralidade de perspectivas. Precisam ser abordados do ponto de vista da teologia e do direito canônico, bem como do ponto de vista do cuidado pastoral e da espiritualidade. Colocam em causa a maneira como as Dioceses fazem a programação, bem como as escolhas diárias e o estilo de vida de cada membro do Povo de Deus. São questões autenticamente sinodais porque abordá-las requer caminhar juntos como um povo, com todos os seus membros. As três prioridades serão ilustradas em conexão com as três palavras-chave do Sínodo: comunhão, missão e participação. Embora isso seja feito por uma questão de simplicidade e clareza de apresentação, corre-se o risco de apresentar as três palavras-chave como três “pilares” independentes uns dos outros. Em vez disso, na vida da Igreja sinodal, comunhão, missão e participação são articuladas, nutrindo-se e apoiando-se mutuamente. Vão sempre pensadas e apresentadas em chave de integração.

44. A ordem diferente em que os três termos aparecem, com a missão ocupando o lugar central, também está enraizada na consciência dos vínculos que os unem, que se desenvolveu durante a primeira fase. Em particular, comunhão e missão se entrelaçam e se espelham mutuamente, como já ensinava São João Paulo II: «A comunhão e a missão estão profundamente ligadas entre si, compenetram-se e integram-se mutuamente, a ponto de a comunhão representar a fonte e, simultaneamente, o fruto da missão: a comunhão é missionária e a missão é para a comunhão» (CL 32, retomado em EP I,4). Somos convidados a superar uma concepção dualista na qual as relações dentro da comunidade eclesial são o domínio da comunhão, enquanto a missão diz respeito ao movimento ad extra. A primeira fase, em vez disso, destacou como a comunhão é a condição para a credibilidade da proclamação, com base numa visão da XV Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, sobre Os jovens, a fé e o discernimento vocacional.[7] Ao mesmo tempo, há uma crescente consciência de que a orientação para a missão é o único critério evangelicamente fundado para a organização interna da comunidade cristã, para a distribuição dos papéis e das tarefas e para a gestão de suas instituições e estruturas. É numa relação dupla com a comunhão e a missão que a participação pode ser entendida e, por essa razão, ela só pode ser abordada depois das outras duas. Por um lado, ela lhes dá a expressão concreta: a atenção aos procedimentos, regras, estruturas e instituições permite que a missão seja consolidada ao longo do tempo e liberta a comunhão da mera extemporaneidade emocional. Por outro lado, ela recebe um significado, uma orientação e um dinamismo que lhe permitem escapar do risco de se transformar num frenesi de reivindicações de direitos individuais, que inevitavelmente causam fragmentação em vez de unidade.

45. Para acompanhar a preparação e a estrutura do trabalho da Assembleia, foram preparadas cinco Fichas de trabalho para abordar cada prioridade, que se encontram no final desta seção. Cada uma delas constitui um ponto de entrada para a prioridade em questão que, dessa forma, pode ser abordada a partir de perspectivas diferentes, mas complementares, relacionadas a diferentes aspectos da vida da Igreja que surgiram por meio do trabalho das Assembleias continentais. Em todos os casos, os três parágrafos que se seguem, aos quais correspondem os três grupos de Fichas de trabalho, não devem ser lidos como colunas paralelas e não comunicantes. Pelo contrário, são feixes de luz que iluminam a mesma realidade, ou seja, a vida sinodal da Igreja, a partir de diferentes pontos de vista, entrelaçando-se e invocando-se continuamente uns aos outros, convidando-nos ao crescimento.

B 1. Uma comunhão que irradia: Como podemos ser mais plenamente sinal e instrumento da união com Deus e da unidade do gênero humano?

46. A comunhão não é um encontro sociológico como membros de um grupo de identidade, mas é, acima de tudo, um dom do Deus Trinitário e, ao mesmo tempo, uma tarefa, que nunca se esgota, de construir o “nós” do Povo de Deus. Como as Assembleias continentais experimentaram, a comunhão entrelaça uma dimensão vertical, que Lumen gentium chama de «união com Deus», e uma horizontal, «a unidade de toda a humanidade», num forte dinamismo escatológico: a comunhão é um caminho na qual somos chamados a crescer, «para que todos cheguemos à unidade da fé e do conhecimento do Filho de Deus, ao Homem perfeito, à medida da estatura da plenitude de Cristo» (Ef 4,13).

47. Recebemos a antecipação deste momento na liturgia, o lugar onde a Igreja no seu caminho terreno experimenta a comunhão, a nutre e a edifica. Se a liturgia de fato «contribui em sumo grau para que os fiéis exprimam na vida e manifestem aos outros o mistério de Cristo e a autêntica natureza da verdadeira Igreja» (SC 2), então é para ela que devemos olhar a fim de entender a vida sinodal da Igreja. Em primeiro lugar, é através da realidade cotidiana da ação litúrgica partilhada e, em particular, da celebração eucarística, que a Igreja experimenta a unidade radical, expressa na mesma oração, mas numa diversidade de línguas e ritos: um ponto fundamental na chave sinodal. Deste ponto de vista, a multiplicidade de ritos na única Igreja Católica é uma autêntica bênção, a ser protegida e promovida, como também foi experimentado durante as liturgias dos Assembleias Continentais.

48. A Assembleia Sinodal não pode ser entendida como representativa e legislativa, em analogia com um organismo parlamentar, com a sua dinâmica de formação de maioria. Em vez disso, somos chamados a entendê-la por analogia com a assembleia litúrgica. A tradição antiga nos diz que um Sínodo é “celebrado”: ele começa com a invocação do Espírito Santo, continua com a profissão de fé e chega a determinações partilhadas para garantir ou restabelecer a comunhão eclesial. Numa assembleia sinodal, Cristo se torna presente e age, transforma a história e os eventos diários e dá o Espírito para guiar a Igreja a encontrar um consenso sobre como caminhar juntos em direção ao Reino e ajudar toda a humanidade a seguir em direção a uma unidade maior. Caminhar juntos, ouvindo a Palavra e nossos irmãos e irmãs, ou seja, buscando a vontade de Deus e o acordo mútuo, leva à ação de graças ao Pai por meio do Filho no único Espírito. Na assembleia sinodal, aqueles que se reúnem em nome de Cristo escutam a sua Palavra, escutam-se uns aos outros, discernem em docilidade ao Espírito, proclamam o que ouviram e o reconhecem como luz para o caminho da Igreja.

49. Nessa perspectiva, a vida sinodal não é uma estratégia para organizar a Igreja, mas a experiência de poder encontrar uma unidade que abraça a diversidade sem apagá-la, porque está fundamentada na união com Deus, na confissão da mesma fé. Esse dinamismo possui uma força impulsionadora que busca continuamente ampliar o âmbito da comunhão, mas que deve contar com as contradições, os limites e as feridas da história.

50. A primeira questão prioritária que emergiu do processo sinodal está enraizada exatamente neste ponto. No concreto da nossa realidade histórica, preservar e promover a comunhão exige assumir a incompletude de ser capaz de viver a unidade na diversidade (cf. 1Cor 12). A história produz divisões, que causam feridas que precisam de ser curadas e exigem que sejam traçados caminhos para a reconciliação. Nesse contexto, em nome do Evangelho, quais laços precisam de ser fortalecidos para superar trincheiras e muros, quais abrigos e proteções precisam de ser construídos, e para proteger a quem? Quais divisões são estéreis? Quando a gradualidade torna possível o caminho para a completa comunhão? Essas parecem ser perguntas teóricas, mas estão enraizadas na vida cotidiana concreta das comunidades cristãs consultadas na primeira fase. De fato, elas dizem respeito à questão de saber se há limites para a nossa disposição de acolher pessoas e grupos, como dialogar com culturas e religiões sem comprometer nossa identidade e nossa determinação de ser a voz daqueles que estão à margem e reafirmar que ninguém deve ser deixado para trás. As cinco Fichas de trabalho referentes a essa prioridade tentam explorar essas questões a partir de cinco perspectivas complementares.

B 2. Corresponsáveis na missão: Como partilhar dons e tarefas ao serviço do Evangelho?

51 «A Igreja peregrina é, por sua natureza, missionária» (AG 2). A missão constitui o horizonte dinâmico a partir do qual devemos pensar sobre a Igreja sinodal, à qual ela confere um impulso em direção àquele “êxtase” «que consiste em sair de ti mesmo para buscares o bem dos outros, até dar a vida» (CV 163, cf. também FT 88). A missão permite que se reviva a experiência de Pentecostes: tendo recebido o Espírito Santo, Pedro com os Onze se levanta e toma a palavra para proclamar Jesus morto e ressuscitado aos que estão em Jerusalém (cf. Atos 2:14-36). A vida sinodal está enraizada no mesmo dinamismo: há muitos testemunhos que descrevem a experiência vivida na primeira fase nestes termos, e ainda mais numerosos são aqueles que vinculam sinodalidade e missão de maneira inseparável.

52. Numa Igreja que se define como sinal e instrumento da união com Deus e da unidade de toda a humanidade (cf. LG 1), o discurso sobre a missão se concentra na transparência do sinal e na eficácia do instrumento, sem os quais qualquer proclamação carece de credibilidade. A missão não é a comercialização de um produto religioso, mas a construção de uma comunidade na qual os relacionamentos são uma manifestação do amor de Deus e, portanto, cuja própria vida se torna uma proclamação. Nos Atos dos apóstolos, o discurso de Pedro é imediatamente seguido por um relato da vida da comunidade primitiva, na qual tudo se tornou uma ocasião de comunhão (cf. 2:42-47): isto lhe conferia capacidade de atração.

53. Nessa linha, a primeira pergunta referente à missão questiona o que os membros da comunidade cristã estão realmente dispostos a ter em comum, partindo da singularidade irredutível de cada membro, em virtude de seu relacionamento direto com Cristo no Batismo e como morada do Espírito. Isso torna preciosa e indispensável a contribuição de cada Batizado. Um dos motivos do sentimento de admiração observado durante a primeira fase está relacionado com esta possibilidade de contribuição: «Posso realmente oferecer algo?» Ao mesmo tempo, cada pessoa é convidada a assumir sua própria incompletude e, portanto, a consciência de que na plenitude da missão todos são necessários. Nesse sentido, a missão também tem uma dimensão constitutivamente sinodal.

54. Por isso, a segunda prioridade identificada por uma Igreja que se descobre missionária e sinodal diz respeito ao modo como é capaz de solicitar a contribuição de todos, cada um com seus dons e funções, valorizando a diversidade dos carismas e integrando a relação entre dons hierárquicos e carismáticos[8]. A perspectiva da missão coloca os carismas e os ministérios no horizonte do que é comum, salvaguardando assim a sua fecundidade, que fica comprometida quando estes se tornam prerrogativas que legitimam lógicas de exclusão. Uma Igreja sinodal missionária tem o dever de se perguntar como pode reconhecer e valorizar a contribuição que cada Batizado pode oferecer à missão, saindo de si mesma e participando junto com outros em algo maior. «Dar um contributo ativo para o bem comum da humanidade» (CA 34) é uma componente inalienável da dignidade da pessoa, também dentro da comunidade cristã. A primeira contribuição que todos podem dar é no sentido de discernir os sinais dos tempos (cf. GS 4), a fim de manter a consciência de nossa missão comum em sintonia com o sopro do Espírito. Todos os pontos de vista têm algo a contribuir para esse discernimento, a começar pelo dos pobres e excluídos: caminhar junto com eles não significa apenas responder e assumir suas necessidades e sofrimentos, mas também aprender com eles. Essa é a maneira de reconhecer a sua igual dignidade, escapando das armadilhas do assistencialismo e antecipando, na medida do possível, a lógica dos novos céus e da nova terra, para os quais estamos caminhando.

55. As Fichas de trabalho vinculadas a essa prioridade tentam concretizar essa questão básica com relação a tópicos como o reconhecimento da variedade de vocações, carismas e ministérios, a promoção da dignidade batismal das mulheres, o papel do Ministério ordenado e, em particular, o ministério do Bispo dentro da Igreja sinodal missionária.

B 3. Participação, responsabilidade e autoridade. Que processos, estruturas e instituições numa Igreja sinodal missionária?

56. «Comunhão e missão correm o risco de permanecer termos meio abstratos, se não se cultiva uma práxis eclesial que se exprima em ações concretas de sinodalidade em cada etapa do caminho e da atividade, promovendo o efetivo envolvimento de todos e cada um»[9]. Essas palavras do Santo Padre nos ajudam a colocar a participação em relação aos outros dois temas. A participação acrescenta uma densidade antropológica ao caráter concreto da dimensão processual: ela expressa a preocupação com o florescimento dos seres humanos, ou seja, a humanização das relações no centro do projeto de comunhão e do compromisso com a missão. Ela salvaguarda a singularidade do rosto de cada um, buscando uma passagem para o “nós” que não absorva o “eu” no anonimato de uma coletividade indistinta. Ela evita cair na abstração dos direitos ou reduzir as pessoas a meros instrumentos para o desempenho da organização. A participação é essencialmente uma expressão de criatividade, uma forma de nutrir as relações de hospitalidade, acolhimento e capacitação que estão no centro da missão e da comunhão.

57. A partir da visão de participação integral apresentada acima, surge a terceira prioridade também abordada nas reuniões da etapa continental: a questão da autoridade, seu significado e o estilo de seu exercício numa Igreja sinodal. Em particular, ela surge como uma forma de poder derivada de modelos mundanos ou está enraizada no serviço? «Não será assim entre vós» (Mt 20,26; cf. Mc 10,43), diz o Senhor, que depois de lavar os pés dos discípulos os admoesta: «Dei-vos o exemplo, para que, assim como Eu vos fiz, vós façais também» (Jo 13,15). Na sua origem, o termo “autoridade” indica a capacidade de permitir que os outros cresçam e, portanto, é um serviço à singularidade de cada pessoa, apoiando a criatividade em vez de ser uma forma de controle que a bloqueia, e um serviço à criação da liberdade pessoal e não uma amarra que a restringe. Ligada a essa pergunta está uma segunda, carregada da preocupação com a concretização e a continuidade ao longo do tempo: como podemos imbuir as nossas estruturas e instituições com o dinamismo da Igreja sinodal missionária?

58. Desta atenção deriva uma instância adicional, igualmente concreta, que visa justamente sustentar a dinâmica da participação ao longo do tempo. O tema da formação aparece em todos os documentos da primeira fase. Como as Assembleias continentais e, antes delas, os relatórios das igrejas locais enfatizaram repetidamente, as instituições e estruturas por si só não são suficientes para tornar a Igreja sinodal: são necessárias uma cultura e uma espiritualidade sinodais, animadas por um desejo de conversão e sustentadas por uma formação adequada. A necessidade de formação não se limita à atualização do conteúdo, mas tem um âmbito integral, afetando todas as capacidades e disposições da pessoa, inclusive a orientação para a missão, a capacidade de se relacionar e construir comunidades, a disponibilidade para a escuta espiritual e a familiaridade com o discernimento pessoal e comunitário, a paciência, a perseverança e a “parresia”.

59. A formação é o meio indispensável para tornar o modo sinodal de proceder um modelo pastoral para a vida e a ação da Igreja. Precisamos de formação integral, inicial e permanente, para todos os membros do Povo de Deus. Nenhum Batizado se pode sentir alheio a esse compromisso e, portanto, é necessário estruturar propostas adequadas de formação no caminho sinodal dirigidas a todos os Fiéis. Em particular, portanto, quanto mais alguém é chamado a servir a Igreja, mais deve sentir a urgência da formação: Bispos, Presbíteros, Diáconos, Consagradas e Consagrados e todos aqueles que exercem um ministério precisam de formação para renovar os modos de exercer a autoridade e os processos de tomada de decisão em chave sinodal e para aprender a acompanhar o discernimento comunitário e a conversação no Espírito. Os candidatos ao Ministério ordenado precisam de ser treinados num estilo e mentalidade sinodais. A promoção de uma cultura de sinodalidade implica a renovação do atual currículo dos seminários e a formação de formadores e professores de teologia, de modo que haja uma orientação mais clara e decisiva para a formação numa vida de comunhão, missão e participação. A formação para uma espiritualidade sinodal está no centro da renovação da Igreja.

60. Numerosos contributos destacam a necessidade de um esforço semelhante para renovar a linguagem usada pela Igreja: na liturgia, na pregação, na catequese, na arte sacra, bem como em todas as formas de comunicação dirigidas tanto aos Fiéis quanto ao público em geral, inclusive pelos meios de comunicação novos e antigos. Sem rebaixar ou desvalorizar a profundidade do mistério que a Igreja proclama ou a riqueza de sua tradição, a renovação da linguagem deve, em vez disso, ter como objetivo tornar essas riquezas acessíveis e atraentes para os homens e mulheres do nosso tempo, em vez de ser um obstáculo que os mantém à distância. A inspiração do frescor da linguagem do Evangelho, a capacidade de inculturação que a história da Igreja demonstra e as experiências promissoras já em andamento, também no ambiente digital, nos convidam a prosseguir com confiança e resolução numa tarefa de importância crucial para a eficácia da proclamação do Evangelho, que é o objetivo ao qual aspira uma Igreja sinodal missionária.

Roma, 29 de maio de 2023

Memória da Santíssima Virgem, Maria, Mãe da Igreja

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XVI ASSEMBLEIA GERAL ORDINÁRIA

DO SÍNODO DOS BISPOS

PARA UMA IGREJA SINODAL:
COMUNHÃO, PARTICIPAÇÃO, MISSÃO

FICHAS DE TRABALHO
PARA A ASSEMBLEIA SINODAL

(Primeira Sessão - Outubro 2023)

FICHAS DE TRABALHO
PARA A ASSEMBLEIA SINODAL

Introdução

Se todo o IL «foi concebido como um auxílio prático para a condução da Assembleia sinodal em outubro de 2023 e, portanto, para a sua preparação» (n. 10), isto é particularmente verdadeiro para as Fichas de trabalho aqui apresentadas. Elas foram preparadas para facilitar o discernimento sobre as três «prioridades que emergem do trabalho de todos os continentes» (n. 14), com o objetivo de identificar os passos concretos a que nos sentimos chamados pelo Espírito Santo para crescer como Igreja sinodal. A apresentação das Fichas, a explicação da sua estrutura e as indicações sobre o modo de as utilizar requerem, portanto, antes de mais nada, situá-las na dinâmica dos trabalhos da Assembleia.

A dinâmica da Assembleia

A Assembleia tratará as questões colocadas pelo IL alternando convocações plenárias (Congregationes Generales) e trabalhos de grupo (sessões dos Circuli Minores), como previsto no art. 14 de EC.

Em particular, a Assembleia procederá à abordagem dos diferentes temas, pela ordem em que o IL os propõe. Começará por trabalhar na Seção A, «Por uma Igreja sinodal. Uma experiência integral» (nn. 17-42), com o objetivo de aprofundar as características fundamentais de uma Igreja sinodal, a partir da experiência de caminhada conjunta vivida pelo Povo de Deus nestes dois anos e recolhida nos documentos produzidos na primeira fase graças ao discernimento dos Pastores. A Assembleia é convidada a mover-se numa perspectiva integral, considerando a experiência do Povo de Deus como um todo e com a sua complexidade.

A Assembleia passará então a abordar as três questões prioritários que emergiram da fase de consulta e que são apresentados na Seção B do IL (nn. 43-60). A cada uma delas é dedicada uma das três partes em que se articula a Seção, «em conexão com as três palavras-chave do Sínodo: comunhão, missão e participação» (n. 43), com uma inversão da ordem de aparecimento dos três termos que é explicada no n. 44. Esta articulação corresponde à das Fichas de Trabalho, também elas divididas em três partes, cada uma das quais retoma o título da parte correspondente da Seção B, evidenciando assim o elo que as une:

- «B 1. Uma comunhão que irradia. Como podemos ser mais plenamente sinal e instrumento da união com Deus e da unidade do gênero humano?» (nn. 46-50);

- «B 2. Corresponsáveis na missão. Como partilhar dons e tarefas ao serviço do Evangelho?» (nn. 51-55);

- «B 3. Participação, responsabilidade e autoridade. Que processos, estruturas e instituições numa Igreja sinodal missionária?» (nn. 56-60).

Em particular, cinco Fichas de trabalho correspondem a cada uma das três prioridades: cada uma «constitui um ponto de entrada para a prioridade em questão que, dessa forma, pode ser abordada a partir de perspectivas diferentes, mas complementares, relacionadas a diferentes aspectos da vida da Igreja que surgiram por meio do trabalho das Assembleias continentais» (n. 45).

A organização dos trabalhos em etapas sucessivas não elimina o dinamismo que une as duas Seções: a experiência do Povo de Deus, abordada na perspectiva integral da Secção A, continua a representar o horizonte no qual se situa o tratamento das diversas questões colocadas na Secção B, que se enraízam nessa experiência. O esforço exigido à Assembleia será precisamente o de «manter um equilíbrio dinâmico entre manter uma visão geral [...] e a identificação de medidas práticas a serem tomadas» (n. 16): estes últimos dão concretude e profundidade aos primeiros, e recebem em troca uma visão prospectiva e uma coesão contra o risco de dispersão nos pormenores.

Por fim, o último segmento dos trabalhos da Assembleia será dedicado à recolha dos frutos, ou seja, concretamente à elaboração dos caminhos pelos quais continuar a caminhar juntos, prosseguindo a releitura da experiência do Povo de Deus e promovendo os necessários aprofundamentos, sobretudo teológicos e canônicos, em vista da segunda sessão da Assembleia Sinodal de outubro de 2024.

Ao longo de todo o percurso, a Assembleia procederá segundo o método do diálogo no Espírito (cf. nn. 32-42), devidamente adaptado. Assim, manterá uma ligação com o modo de proceder que caracterizou todo o processo sinodal (cf. figura na pág. 26), mas, sobretudo, experimentando-o diretamente, poderá focalizar melhor o modo como pode tornar-se parte da vida ordinária da Igreja e um modo de proceder partilhado para discernir a vontade de Deus.

Como utilizar as Fichas de trabalho

As Fichas de trabalho foram concebidas como uma ferramenta de trabalho para abordar as três questões prioritárias definidas na Seção B durante a Assembleia de Outubro de 2023. Não são, portanto, capítulos de um livro para serem lidos sucessivamente, nem pequenos ensaios sobre um tema. São "para serem trabalhados" e não "para serem lidos", no sentido em que oferecem um esboço para a oração e a reflexão pessoal em preparação para o intercâmbio em grupo e em plenário. Do mesmo modo, podem ser utilizados para encontros temáticos aprofundados, em estilo sinodal, a todos os níveis da vida da Igreja. Não se destinam a ser tratados em sucessão: cada um deve ser mantido junto com a parte da Seção B do IL a que corresponde, mas pode ser tratado independentemente de todos os outros.

As Fichas de trabalho têm todas a mesma estrutura: começam com uma rápida contextualização da questão expressa pelo título a partir do que surgiu na primeira fase. De seguida, formulam uma questão para discernimento. Por fim, oferecem algumas pistas, que articulam diversas perspectivas (teológica, pastoral, canônica, etc.), dimensões e níveis (paróquia, diocese, etc.), mas sobretudo restituem a concretude dos rostos dos membros do Povo de Deus, dos seus carismas e ministérios, das questões que exprimiram durante a fase de escuta. A riqueza dos estímulos propostos em cada Ficha responde a uma necessidade de fidelidade à riqueza e variedade do que foi recolhido na consulta, sem fazer dela um questionário em que é necessário formular uma resposta a cada pergunta. Alguns estímulos serão particularmente estimulantes em certas regiões do mundo, outros em regiões diferentes. Cada um é convidado a privilegiar aquele ou aqueles sobre os quais sente que a experiência da “sua” Igreja tem maior riqueza para partilhar com os outros: será o seu contributo para o trabalho comum.

Cada ficha centra-se no tema indicado pelo título, tendo em conta o quadro de referência representado pelo IL, cujos conteúdos não são repetidos nem citados explicitamente. No entanto, representam a base do trabalho, juntamente com todos os documentos relativos à fase de consulta: «na preparação para a Assembleia, pede-se aos Membros do Sínodo que tenham em mente os documentos anteriores, em particular o DEC e os Documentos finais das Assembleias continentais, bem como o relatório do Sínodo digital, e que os utilizem como ferramentas para seu próprio discernimento» (n. 9). Não se trata, portanto, de começar do zero, mas de continuar um caminho já iniciado. É por esta razão, e também por evidentes razões de espaço, que as Fichas não oferecem um tratamento sistemático dos diversos temas, nem aprofundam tudo: o fato de o processo sinodal ter destacado alguns pontos como prioritários não significa que outros temas sejam menos importantes. Com base na consulta ao Povo de Deus, as questões propostas nas Fichas representam portas de entrada para abordar concretamente a questão fundamental que impulsiona e orienta todo o processo: «como se realiza hoje, a diferentes níveis (do local ao universal) aquele “caminhar juntos” que permite à Igreja anunciar o Evangelho, em conformidade com a missão que lhe foi confiada; e que passos o Espírito nos convida a dar para crescer como Igreja sinodal?» (DP 2).

Há pontos de contato evidentes, e até sobreposições, entre as Fichas, mesmo em partes diferentes. No entanto, isto não é uma questão de repetição, uma vez que a edição teve em conta o fato de as Cartas terem sido concebidas para serem utilizadas independentemente umas das outras. Além disso, este fato realça a rica rede de interligações entre os temas abordados.

Algumas das questões que emergiram da consulta ao Povo de Deus dizem respeito a assuntos sobre os quais já existe um desenvolvimento magisterial e teológico a referir: para dar apenas dois exemplos, basta pensar na aceitação dos divorciados recasados, um assunto tratado na Exortação Ap. Pós-sinodal Amoris laetitia, ou a inculturação da liturgia, objeto da Instrução Varietates legitimae (1994) da Congregação para o Culto Divino e a Disciplina dos Sacramentos. O fato de continuarem a surgir questões sobre pontos deste gênero não pode ser descartado apressadamente, mas deve ser objeto de discernimento, e a Assembleia sinodal é um fórum privilegiado para o fazer. Em particular, há que investigar os obstáculos, reais ou aparentes, que impediram os passos indicados e o que é necessário fazer para os eliminar. Por exemplo, se o bloqueio resulta de uma falta geral de informação, será necessário um melhor esforço de comunicação. Se, por outro lado, se deve à dificuldade de captar as implicações dos documentos para situações concretas ou de se reconhecer no que eles propõem, um caminho sinodal de apropriação efetiva dos conteúdos por parte do Povo de Deus poderia ser a resposta adequada. Outro caso seria quando o reaparecimento de uma questão é sinal de uma mudança de realidade ou da necessidade de um “transbordamento” da Graça, que exige voltar a interrogar o Depósito da fé e a Tradição viva da Igreja.

Será difícil que os trabalhos da primeira sessão da XVI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos cheguem à formulação de orientações conclusivas sobre muitos desses temas: por isso, o Santo Padre decidiu que a Assembleia sinodal se realizará em duas sessões. O objetivo da primeira sessão será sobretudo delinear caminhos de aprofundamento a realizar em estilo sinodal, indicando os temas a envolver e as modalidades de colher os benefícios, de modo a permitir que o discernimento se complete na segunda sessão, em outubro de 2024, elaborando as propostas concretas para crescer como Igreja sinodal a apresentar ao Santo Padre.

B 1. Uma comunhão que irradia

Como podemos plenamente sinal e instrumento
de união com Deus e da unidade do género humano?

B 1.1 Como è que o serviço da caridade e o empenho na justiça e no cuidado da casa comum alimentam a comunhão numa Igreja sinodal?

Várias direções são indicadas pelas Assembleias continentais para crescer como Igreja sinodal missionária:

a) Numa Igreja sinodal, os pobres, no sentido original de pessoas que vivem na pobreza e na exclusão social, ocupam um lugar central. São destinatários de cuidados, mas sobretudo são portadores de uma Boa Nova que toda a comunidade deve escutar: deles a Igreja tem, antes de mais nada, algo a aprender (cf. Lc 6,20; EG 198). Uma Igreja sinodal reconhece e valoriza o seu protagonismo.

b) O cuidado da casa comum requer uma ação compartilhada: a solução de muitos problemas, como as alterações climáticas, exige o empenho de toda a família humana. O cuidado da casa comum é já um lugar de intensas experiências de encontro e colaboração com membros de outras Igrejas e Comunidades eclesiais, com crentes de outras religiões e com homens e mulheres de boa vontade. Este empenho exige a capacidade de agir coerentemente a vários níveis: catequese e animação pastoral, promoção de estilos de vida, gestão dos bens da Igreja (patrimoniais e financeiros).

c) Os movimentos migratórios são um sinal do nosso tempo e «os migrantes são um “paradigma” capaz de iluminar o nosso tempo»[10]. A sua presença constitui um apelo a caminhar juntos, sobretudo quando se trata de fiéis católicos. Convida a criar laços com as Igrejas dos países de origem e representa uma oportunidade para experimentar a variedade da Igreja, por exemplo, através da diáspora das Igrejas Católicas Orientais.

d) Uma Igreja sinodal pode desempenhar um papel de testemunho profético num mundo fragmentado e polarizado, especialmente quando os seus membros se comprometem a caminhar juntos com outros cidadãos para a construção do bem comum. Em lugares marcados por profundos conflitos, isto requer a capacidade de ser agentes de reconciliação e artesãos da paz.

e) «Cada cristão e cada comunidade são chamados a ser instrumentos de Deus ao serviço da libertação e promoção dos pobres» (EG 187). Isto implica também a disponibilidade para tomar posição a seu favor no debate público, para dar voz às suas causas, para denunciar situações de injustiça e discriminação, sem cumplicidade com os seus responsáveis.

Pergunta para discernimento

Caminhar juntos significa não deixar ninguém para trás e ser capaz de acompanhar os que têm mais dificuldades. Como podemos crescer na nossa capacidade de promover o protagonismo dos últimos na Igreja e na sociedade?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) As obras de justiça e de misericórdia são uma forma de participação na missão de Cristo. Cada Batizado é, portanto, chamado a empenhar-se neste domínio. Como é que esta consciência pode ser despertada, cultivada e reforçada nas comunidades cristãs?

2) As desigualdades que marcam o mundo contemporâneo atravessam também o corpo da Igreja, separando, por exemplo, as Igrejas dos países ricos e pobres, ou as comunidades das zonas mais ricas e mais pobres de um mesmo país. Que instrumentos são necessários para podermos caminhar juntos entre as Igrejas para além destas desigualdades, experimentando uma autêntica circulação de dons?

3) Ao longo do caminho sinodal, que esforços foram feitos para dar espaço à voz dos mais pobres e integrar a sua contribuição? Que experiência as nossas Igrejas adquiriram no apoio ao protagonismo dos pobres? O que é que precisamos de fazer para os envolver cada vez mais na nossa caminhada conjunta, deixando que a sua voz questione a nossa maneira de fazer as coisas quando esta não é suficientemente inclusiva?

4) O acolhimento dos migrantes torna-se uma oportunidade para caminhar juntamente com pessoas de outra cultura, especialmente quando partilhamos a mesma fé? Que espaço têm as comunidades migrantes na pastoral ordinária? Como é que a diáspora das Igrejas Católicas Orientais é valorizada como uma oportunidade para experimentar a unidade na diversidade? Que vínculos se criam entre as Igrejas dos países de partida e as dos países de chegada?

5) A comunidade cristã sabe caminhar juntamente com toda a sociedade na construção do bem comum ou apresenta-se como um sujeito interessado em defender seus próprios interesses partidários? Consegue testemunhar a possibilidade de concórdia para além das polarizações políticas? Que instrumentos se dá para se capacitar para estas tarefas? Trabalhar para o bem comum exige a formação de alianças e coligações: que critérios de discernimento nos damos a este respeito? Como é que a comunidade acompanha os seus membros empenhados na política?

6) Que experiências de caminhar juntos para o cuidado da casa comum tivemos com pessoas, grupos e movimentos que não fazem parte da Igreja Católica? O que é que aprendemos? Em que ponto estamos a construir a coerência entre os diferentes níveis em que o cuidado da casa comum nos obriga a agir?

7) O encontro com os pobres e marginalizados e a possibilidade de caminhar juntamente com eles começa muitas vezes com a disponibilidade para escutar a sua vida. Faz sentido pensar em reconhecer um ministério específico de escuta e acompanhamento para aqueles que assumem este serviço? Como é que uma Igreja sinodal os pode formar e apoiar? Como pensar em reconhecer eclesialmente formas de empenhamento na construção de uma sociedade justa e no cuidado da casa comum que são vividas como resposta a uma vocação autêntica e como uma escolha também profissional?

B 1.2 Como pode uma Igreja sinodal tornar credível a promessa de que «o amor e a verdade se encontrarão» (Sl 85,11)?

A tentativa de compreender o que significa concretamente o acolhimento e o acompanhamento para a comunidade cristã foi um núcleo central das diferentes etapas da primeira fase.

O DEC escolheu a imagem bíblica da tenda que se alarga (cf. Is 54,2) para exprimir o apelo a ser uma comunidade bem enraizada e, portanto, capaz de se abrir. As Assembleias continentais, com base nas suas diferentes sensibilidades, propuseram outras imagens para articular a dimensão do acolhimento que faz parte da missão da Igreja: a Ásia ofereceu a imagem da pessoa que descalça os sapatos para atravessar a soleira da porta, como sinal de humildade para estar preparada para encontrar o outro e Deus; a Oceânia propôs a imagem do barco; a África insistiu na imagem da Igreja como família de Deus, capaz de oferecer pertença e acolhimento a todos os seus membros, em toda a sua variedade.

Por detrás desta diversidade de imagens, podemos encontrar uma unidade de objetivos: por toda a parte, a Igreja procura renovar a sua missão de ser uma comunidade acolhedora e hospitaleira, de encontrar Cristo naqueles que acolhe e de ser sinal da sua presença e anúncio credível da verdade do Evangelho na vida de todos. Trata-se da profunda necessidade de imitar o Mestre e Senhor também na capacidade de viver um aparente paradoxo: «proclamar com coragem o próprio ensinamento autêntico e ao mesmo tempo oferecer um testemunho de inclusão e acolhimento radicais» (DEC 30).

Sobre este ponto, o caminho sinodal foi uma oportunidade para um confronto profundo, com humildade e sinceridade. A surpresa é descobrir que o modo de proceder sinodal permite que as questões que surgem deste confronto sejam colocadas na perspetiva da missão, sem ficarem paralisadas, alimentando a esperança de que o Sínodo seja um catalisador para esta renovação da missão e impulsione a reparação do tecido relacional da Igreja.

A preocupação de ser capaz de uma aceitação autêntica exprime-se numa pluralidade de direções, muito diferentes umas das outras e não coplanares:

a) os Documentos finais das Assembleias continentais mencionam frequentemente aqueles que não se sentem aceites na Igreja, como os divorciados e recasados, as pessoas em casamentos polígamos ou as pessoas LGBTQ+;

b) constatam igualmente que as formas de discriminação racial, tribal, étnica, de classe ou de casta, também presentes no Povo de Deus, levam alguns a sentirem-se menos importantes ou menos bem-vindos no seio da comunidade;

c) existem provas generalizadas de que uma série de barreiras, desde as de ordem prática até aos preconceitos culturais, geram formas de exclusão das pessoas com deficiência e têm de ser ultrapassadas;

d) há também a preocupação de que os pobres, a quem a Boa Nova se dirige em primeiro lugar, estejam muitas vezes à margem das comunidades cristãs (por exemplo, migrantes e refugiados, crianças de rua, sem-teto, vítimas de tráfico humano, etc.);

e) por último, os documentos das Assembleias continentais assinalam que é necessário manter a ligação entre a conversão sinodal e o cuidado das vítimas e das pessoas marginalizadas no seio da Igreja; em particular, colocam grande ênfase na necessidade de aprender a exercer a justiça como forma de acolher aqueles que foram feridos por membros da Igreja, especialmente as vítimas e os sobreviventes de todas as formas de abuso;

f) a escuta das vozes mais frequentemente negligenciadas é indicada como o caminho para crescer no amor e na justiça que o Evangelho testemunha.

Pergunta para o discernimento

Que passos pode dar uma Igreja sinodal para imitar cada vez mais o seu Mestre e Senhor, que caminha com todos com amor incondicional e proclama a plenitude da verdade do Evangelho?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Qual é a atitude com que encaramos o mundo? Reconhecemos o que há de bom nele e, ao mesmo tempo, comprometemo-nos a denunciar profeticamente tudo o que viola a dignidade das pessoas, das comunidades humanas e da criação?

2) Como podemos fazer soar uma voz profética ao descobrir as causas do mal, sem fragmentar ainda mais as nossas comunidades? Como é que nos podemos tornar uma Igreja que não esconde os conflitos e não tem medo de salvaguardar espaços para a discordância?

3) Como podemos restaurar a proximidade e as relações de cuidado como o núcleo da missão da Igreja, caminhando com as pessoas em vez de falar sobre elas ou para elas?

4) De acordo com a Exortação Apostólica Pós-Sinodal Christus vivit, como podemos caminhar juntos com os jovens? Como é que uma “opção preferencial pelos jovens” pode estar no centro das nossas estratégias pastorais em chave sinodal?

5) Como podemos continuar a tomar medidas concretas para oferecer justiça às vítimas e sobreviventes dos abusos sexuais, espirituais, económicos, de poder e de consciência perpetrados por pessoas que estavam a desempenhar um ministério ou uma missão na Igreja?

6) Como podemos criar espaços em que aqueles que se sentem magoados pela Igreja e não bem-vindos pela comunidade possam sentir-se reconhecidos, acolhidos, não julgados e livres para fazer perguntas? À luz da Exortação Apostólica Pós-Sinodal Amoris laetitia, que passos concretos são necessários para chegar às pessoas que se sentem excluídas da Igreja por causa da sua afetividade e sexualidade (por exemplo, divorciados recasados, pessoas em casamentos polígamos, pessoas LGBTQ+, etc.)?

7) Como podemos ser mais abertos e acolhedores em relação aos migrantes e refugiados, às minorias étnicas e culturais, às comunidades indígenas que há muito fazem parte da Igreja, mas que muitas vezes estão à margem? Como podemos testemunhar que a sua presença é um dom?

8) Que barreiras físicas e culturais temos de eliminar para que as pessoas com deficiência possam sentir-se membros de pleno direito da comunidade?

9) Como se pode valorizar a contribuição dos idosos para a vida da comunidade cristã e da sociedade?

B 1.3 Como pode crescer uma relação dinâmica de troca de dons entre Igrejas?

A comunhão a que a Igreja é chamada é uma relação dinâmica de troca de dons, dando testemunho de uma unidade transcendente na diversidade. Um dos dons mais significativos do caminho sinodal até agora é a redescoberta da riqueza da diversidade e da profundidade da nossa interconexão. Essa diversidade e interconexão não ameaçam, mas fornecem o contexto para uma receção mais profunda da nossa unidade de criação, vocação e destino.

O processo sinodal foi vivido de forma apaixonada e viva a nível local da Igreja, sobretudo nas ocasiões de diálogo no Espírito. O DEC procurou evidenciar as diversas formas desta vitalidade, sublinhando ao mesmo tempo a extraordinária convergência de questões e temas que surgiram nos vários contextos. Assim, durante as Assembleias continentais, alguns aspetos da vida da Igreja em contextos muito diferentes foram descobertos como um dom precioso. Ao mesmo tempo, aprofundou-se a relação com a diversidade que marca as várias regiões: diferenças entre Igrejas no mesmo continente, bem como diferenças na expressão da catolicidade devido à presença de comunidades católicas latinas e orientais no mesmo território, muitas vezes como resultado de ondas de migração e da formação de comunidades em diáspora. Na verdade, como observou uma Assembleia continental, experimentamo-nos muito concretamente como “comunidades de comunidades”, notando os dons que assim recebemos e as tensões que podem surgir.

Estes encontros conduziram a observações compartilhadas e mesmo a pedidos explícitos:

a) deseja-se que as diferentes tradições de regiões e Igrejas específicas possam ser ouvidas e participar no diálogo eclesial e teológico frequentemente dominado por vozes latinas/ocidentais. A dignidade dos Batizados é reconhecida como um ponto-chave em muitos contextos; do mesmo modo, para muitos membros das Igrejas Católicas Orientais, em particular, o Mistério pascal celebrado nos Sacramentos da Iniciação Cristã continua a ser o foco da reflexão sobre a identidade dos cristãos e da Igreja sinodal;

b) As Igrejas Católicas Orientais têm uma longa e distinta experiência de sinodalidade, partilhada com as Igrejas Ortodoxas, uma tradição à qual desejam que se preste atenção nos debates e no discernimento deste processo sinodal;

c) do mesmo modo, há realidades específicas e particulares que os cristãos orientais na diáspora enfrentam em novos contextos, juntamente com os seus irmãos e irmãs ortodoxos. É desejável que as Igrejas Católicas Orientais na diáspora possam preservar a sua identidade e ser reconhecidas como mais do que simples comunidades étnicas, ou seja, como Igrejas sui iuris com ricas tradições espirituais, teológicas e litúrgicas que contribuem para a missão da Igreja hoje, num contexto global.

Pergunta para o discernimento

Como é que cada Igreja local, sujeito da missão no contexto em que vive, pode valorizar, promover e integrar o intercâmbio de dons com as outras Igrejas locais, no horizonte da única Igreja Católica? Como é que as Igrejas locais podem ajudar a promover a catolicidade da Igreja numa relação harmoniosa entre unidade e diversidade, preservando a especificidade de cada uma?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Como tomar consciência de que a Igreja una e católica é já, e desde o início, portadora de uma diversidade rica e multiforme?

2) Com que gestos poderiam as diversas Igrejas locais acolher-se mutuamente para beneficiar de um intercâmbio de dons eclesiais e manifestar a comunhão eclesial na liturgia, na espiritualidade, na pastoral e na reflexão teológica? Em particular, como ativar um intercâmbio entre as experiências e as visões de sinodalidade entre as Igrejas Católicas Orientais e a Igreja Latina?

3) Como poderia a Igreja latina desenvolver uma maior abertura às tradições espirituais, teológicas e litúrgicas das Igrejas Católicas Orientais?

4) Como podem as Igrejas Católicas Orientais na diáspora preservar a sua identidade e ser reconhecidas como mais do que simples comunidades étnicas?

5) Algumas Igrejas vivem em situações muito precárias. Como podem as outras Igrejas assumir o seu sofrimento e prover às suas necessidades, pondo em prática os ensinamentos do Apóstolo Paulo, que pedia às comunidades da Grécia que apoiassem generosamente a de Jerusalém: «a vossa abundância supre as necessidades deles, para que também a abundância deles supra as vossas necessidades. E assim haverá igualdade» (2Cor 8, 14)? Que papel podem desempenhar, neste contexto, as instituições mundiais e as da Santa Sé dedicadas ao serviço da caridade?

6) Como podem os contributos e as experiências das Igrejas locais ser tidos em conta e valorizados na elaboração do Magistério e das normas eclesiásticas a nível universal?

7) Num mundo cada vez mais globalizado e interligado, como desenvolver o tecido de relações entre Igrejas locais da mesma região e também de continentes diferentes? Como é que a crescente mobilidade humana e, por conseguinte, a presença de comunidades migrantes se podem tornar uma oportunidade para construir vínculos entre Igrejas e trocar dons? Como lidar de forma construtiva com as tensões e os mal-entendidos que podem surgir entre fiéis de diferentes culturas e tradições?

8) Como podem as instituições globais da Igreja, a começar pelas que estão sob a alçada da Santa Sé e dos Dicastérios da Cúria Romana, favorecer a circulação dos dons entre as Igrejas?

9) Como tornar ativo e fecundo o intercâmbio de experiências e dons não só entre as diversas Igrejas locais, mas também entre as diversas vocações, carismas e espiritualidades no seio do Povo de Deus: institutos de vida consagrada e sociedades de vida apostólica, associações e movimentos laicais, novas comunidades? Como é possível assegurar a participação das comunidades de vida contemplativa nessa circulação?

B 1.4 Como pode uma Igreja sinodal cumprir melhor a sua missão através de um compromisso ecumênico renovado?

«O caminho da sinodalidade, que a Igreja católica percorre, é e deve ser ecumênico, assim como o caminho ecumênico é sinodal»[11] . A sinodalidade é um desafio comum que diz respeito a todos os crentes em Cristo, tal como o ecumenismo é, antes de mais, um caminho comum (syn-odos) percorrido em conjunto com outros Cristãos. Sinodalidade e ecumenismo são dois caminhos a percorrer em conjunto, com um objetivo comum: um melhor testemunho cristão. Este pode assumir a forma de uma convivência num “ecumenismo da vida” a diferentes níveis, incluindo os casamentos interconfessionais, e também do ato supremo de dar testemunho da fé em Cristo no ecumenismo do martírio.

O compromisso de construir uma Igreja sinodal tem várias implicações ecumênicas:

a) no único Batismo todos os cristãos participam no sensus fidei ou sentido sobrenatural da fé (cf. LG 12), razão pela qual numa Igreja sinodal todos devem ser escutados com atenção;

b) o caminho ecumênico é um intercâmbio de dons, e um dos dons que os católicos podem receber de outros cristãos é precisamente a sua experiência sinodal (cf. EG 246). A redescoberta da sinodalidade como dimensão constitutiva da Igreja é um fruto do diálogo ecuménico, sobretudo com os Ortodoxos;

c) o movimento ecumênico é um laboratório de sinodalidade e, em particular, a metodologia de diálogo e de construção de consensos experimentada a vários níveis no seu seio pode ser uma fonte de inspiração;

d) A sinodalidade faz parte da “reforma contínua” da Igreja, sabendo que é sobretudo através da sua reforma interna, na qual a sinodalidade desempenha um papel essencial, que a Igreja Católica se aproxima dos outros Cristãos (cf. UR 4.6);

e) existe uma relação recíproca entre a ordem sinodal da Igreja Católica e a credibilidade do seu empenho ecumênico;

f) Uma certa sinodalidade entre as Igrejas é experimentada sempre que Cristãos de diferentes tradições se reúnem em nome de Jesus Cristo para a oração, a ação e o testemunho comuns, bem como para consultas regulares e participação nos respetivos processos sinodais.

Todos os Documentos finais das Assembleias continentais sublinham a estreita relação entre sinodalidade e ecumenismo, e alguns dedicam-lhe capítulos inteiros. Com efeito, tanto a sinodalidade como o ecumenismo têm a sua raiz na dignidade batismal de todo o Povo de Deus; convidam a um renovado compromisso com base na visão de uma Igreja sinodal missionária; são processos de escuta e de diálogo e exortam a crescer numa comunhão que não é uniformidade, mas unidade na legítima diversidade; salientam a necessidade de um espírito de corresponsabilidade, uma vez que as nossas decisões e ações a diferentes níveis afetam todos os membros do Corpo de Cristo; são processos espirituais de arrependimento, perdão e reconciliação num diálogo de conversão que pode levar a uma cura da memória.

Pergunta para o discernimento

Como podem a experiência e os frutos do caminho ecumênico favorecer a construção de uma Igreja Católica mais sinodal; como pode a sinodalidade ajudar a Igreja Católica a responder melhor à oração de Jesus: «que todos sejam um só... para que o mundo acredite» (Jo 17, 21)?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Este Sínodo é uma oportunidade para aprender com outras Igrejas e Comunidades Eclesiais e para «recolher o que o Espírito semeou neles como um dom também para nós» (EG 246). O que podem os católicos (re)aprender da experiência sinodal de outros cristãos e do movimento ecumênico?

2) Como se pode promover a participação ativa de todo o Povo de Deus no movimento ecumênico? Em particular, qual pode ser o contributo da vida consagrada, dos casais e famílias interconfessionais, dos jovens, dos movimentos eclesiais e das comunidades ecumênicas?

3) Em que domínios é necessária uma cura de memória no que diz respeito à relação com outras Igrejas e Comunidades eclesiais? Como é que podemos construir juntos uma “nova memória”?

4) Como melhorar a nossa caminhada em conjunto com os cristãos de todas as tradições? Como é que uma comemoração comum do 1.700º aniversário do Concílio de Niceia (325-2025) poderia constituir uma oportunidade neste sentido?

5) «O ministério episcopal da unidade está profundamente unido à sinodalidade»[12]. Como é que o Bispo, enquanto «princípio visível e fundamento da unidade» (LG 23), é chamado a promover o ecumenismo de forma sinodal na sua Igreja local?

6) Como é que o processo sinodal em curso pode contribuir para «encontrar uma forma de exercício do primado que, sem renunciar de modo algum ao que é essencial da sua missão, se abra a uma situação nova»[13]?

7) Como podem as Igrejas Católicas Orientais ajudar, apoiar e estimular a Igreja Latina no seu compromisso sinodal e ecumênico comum? Como pode a Igreja Latina apoiar e promover a identidade dos fiéis católicos orientais na diáspora?

8) Como pode o lema ecumênico do Papa Francisco «Caminhar - Rezar - Trabalhar juntos»[14] inspirar um compromisso renovado com a unidade dos cristãos de uma forma sinodal?

B 1.5 Como reconhecer e colher a riqueza das culturas e desenvolver o diálogo com as religiões à luz do Evangelho?

Escutar as pessoas exige saber escutar as culturas em que elas estão inseridas, sabendo que cada cultura está em constante evolução. Uma Igreja sinodal precisa de aprender a articular melhor o Evangelho com as culturas e os contextos locais, através do discernimento, partindo da confiança de que o Espírito lhe dá uma tal amplitude que pode acolher qualquer cultura, sem exclusão. Prova disso é o fato de as Igrejas locais se caracterizarem já por uma grande diversidade, o que é uma bênção: nelas coexistem diferentes nacionalidades e etnias, crentes de tradições orientais e ocidentais. No entanto, esta riqueza nem sempre é fácil de viver e pode tornar-se uma fonte de divisões e conflitos.

Além disso, o nosso tempo é marcado pela difusão avassaladora de uma nova cultura, a dos ambientes digitais e dos novos media. Como demonstra a iniciativa do Sínodo digital, a Igreja já está presente aí, sobretudo através da ação de muitos Cristãos, muitos deles jovens. Falta ainda uma consciência plena das potencialidades que este ambiente oferece à evangelização e uma reflexão sobre os desafios que coloca, sobretudo em termos antropológicos.

Dos documentos das Assembleias continentais emergem várias tensões, não para serem esmagadas, mas para serem valorizadas como fontes de dinamismo:

a) na relação entre o Evangelho e as culturas locais, com experiências e posições diferentes. Alguns consideram a adoção de tradições das Igrejas de outras regiões como uma forma de colonialismo. Outros acreditam que o Espírito age em cada cultura, tornando-a capaz de exprimir as verdades da fé cristã. Outros ainda acreditam que os cristãos não podem adotar ou adaptar práticas culturais pré-cristãs;

b) na relação entre o Cristianismo e as outras religiões. A par de experiências frutuosas de diálogo e de compromisso com crentes de outras religiões, surgem também lutas e limitações, sinais de desconfiança, conflitos religiosos e até perseguições, diretas ou indiretas. A Igreja quer construir pontes para a promoção da paz, da reconciliação, da justiça e da liberdade, mas há também situações que exigem de nós uma grande paciência e esperança de que as coisas possam mudar;

c) na relação entre a Igreja, por um lado, e a cultura ocidental e as formas de colonização cultural, por outro. Existem no mundo forças que se opõem à missão da Igreja, a partir de ideologias filosóficas, econômicas e políticas baseadas em pressupostos que se opõem à fé. Nem todos percebem estas tensões da mesma forma, por exemplo no que diz respeito ao fenômeno da secularização, que alguns veem como uma ameaça e outros como uma oportunidade. Por vezes, esta tensão é interpretada de forma redutora como um confronto entre aqueles que desejam a mudança e aqueles que a temem;

d) na relação entre as comunidades indígenas e os modelos ocidentais de ação missionária. Muitos missionários católicos deram provas de grande dedicação e generosidade na partilha da fé, mas em alguns casos a sua ação impediu que as culturas locais oferecessem o seu contributo original para a edificação da Igreja;

e) na relação entre a comunidade cristã e os jovens, muitos dos quais se sentem excluídos pela linguagem adotada nos meios eclesiais, que é incompreensível para eles.

Estas tensões devem ser abordadas em primeiro lugar através do discernimento a nível local, uma vez que não existem receitas preconcebidas. As Assembleias continentais sublinharam as disposições pessoais e comunitárias que podem ser úteis: uma atitude de humildade e de respeito, a capacidade de escutar e de promover um autêntico diálogo no Espírito, a disponibilidade para a mudança, para abraçar a dinâmica pascal da morte e da ressurreição também no que diz respeito às formas concretas que a vida da Igreja assume, a formação para o discernimento cultural, para o confronto das sensibilidades e da espiritualidade, e para o acompanhamento de pessoas de culturas diferentes.

Pergunta para discernimento

Como tornar o anúncio do Evangelho comunicável e percetível nos diferentes contextos e culturas, de modo a favorecer o encontro com Cristo dos homens e mulheres do nosso tempo? Que laços podemos estabelecer com os crentes de outras religiões, desenvolvendo uma cultura do encontro e do diálogo?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Com que instrumentos as Igrejas locais leem e discernem as culturas em que estão inseridas? Como podem, à luz do Evangelho, respeitar e valorizar as culturas dos diferentes contextos locais? Que oportunidades podem criar para reler, de forma construtiva, os ensinamentos da Igreja à luz das culturas locais?

2) Que espaços estão disponíveis para que as culturas minoritárias e migrantes encontrem expressão nas igrejas locais?

3) Várias dioceses, conferências episcopais, assembleias continentais manifestaram o desejo de poder rearticular a vida comunitária e sobretudo a liturgia de acordo com as culturas locais, num processo de inculturação permanente. Que dinâmica sinodal podemos pôr em prática para responder a este desejo?

4) Como promover a formação para o discernimento cultural? Como promover, educar e reconhecer os carismas e as vocações dos “tradutores”, ou seja, daqueles que ajudam a construir pontes entre as religiões, as culturas e os povos?

5) A que gestos de reconciliação e de paz com as outras religiões nos sentimos chamados? Como enfrentar de forma construtiva os preconceitos, as tensões e os conflitos? Como dar testemunho do Evangelho em países onde a Igreja é minoritária, sem enfraquecer o testemunho de fé, mas também sem expor levianamente os cristãos a ameaças e perseguições?

6) Como tratar de forma franca, profética e construtiva as relações entre a cultura ocidental e as outras culturas, também no seio da Igreja, evitando formas de colonialismo?

7) Para alguns, a sociedade secularizada é uma ameaça a que se deve opor, para outros, um fato a aceitar, para outros ainda, uma fonte de inspiração e uma oportunidade. Como é que as Igrejas podem permanecer em diálogo com o mundo sem se tornarem mundanas?

8) Como criar oportunidades de discernimento nos ambientes digitais? Que formas de colaboração e que estruturas precisamos criar ao serviço da evangelização num ambiente que não tem em conta a dimensão territorial?

B 2. Corresponsáveis na missão

Como podemos partilhar dons e tarefas ao serviço do Evangelho?

B 2.1 Como podemos caminhar juntos para uma consciência comum do sentido e do conteúdo da missão?

É missão da Igreja anunciar o Evangelho e tornar Cristo presente, através do dom do Espírito. Esta tarefa pertence a todos os batizados (cf. EG 120): a sinodalidade é constitutivamente missionária e a própria missão é ação sinodal. Somos continuamente convidados a crescer na nossa resposta a este apelo, renovando em chave sinodal o modo como a Igreja realiza a sua missão. Nas reflexões das Assembleias Continentais, esta missão articula uma multiplicidade de dimensões, a serem harmonizadas e não opostas entre si, na perspetiva integral promovida pela Evangelii nuntiandi e retomada pela Evangelii gaudium. Por exemplo:

a) um apelo sincero à renovação da vida litúrgica da Igreja local como lugar de anúncio através da Palavra e dos Sacramentos, com ênfase na qualidade da pregação e na linguagem da liturgia. Esta última requer um equilíbrio adequado entre a unidade da Igreja, expressa também na unidade do rito, e as legítimas variedades, que uma correta inculturação tem em devida conta[15];

b) é sublinhado o desejo de uma Igreja pobre e próxima dos que sofrem, capaz de evangelizar através do exercício da proximidade e da caridade, seguindo os passos do Senhor, e o testemunho de um empenho que vai até ao martírio: é a vocação “samaritana” da Igreja. São recordadas as situações em que a Igreja causa feridas e aquelas em que as sofre: sem cuidar das pessoas envolvidas, estas situações tornam-se pedras de tropeço para testemunhar o amor de Deus e a verdade do Evangelho;

c) uma chave de oposição profética aos novos e destrutivos colonialismos é a abertura de lugares de serviço gratuito, inspirados na imitação de Cristo, que não veio para ser servido, mas para servir (cf. Mc 10,45). São lugares onde as necessidades humanas básicas podem ser satisfeitas, onde as pessoas se sentem acolhidas e não julgadas, livres para fazer perguntas sobre as razões da nossa esperança (cf. 1Pd 3,15), livres para partir e regressar. Para uma Igreja sinodal, a missão é sempre construir com os outros e não simplesmente para os outros;

d) também no ambiente digital, que a Igreja está a descobrir como uma oportunidade de evangelização, a construção de redes de relações permite aos seus frequentadores, especialmente aos jovens, experimentar novas formas de caminhar juntos. A iniciativa do Sínodo digital chama a atenção da Igreja para a realidade da pessoa humana como um ser que se comunica, mesmo nos circuitos mediáticos que configuram o nosso mundo contemporâneo.

O desejo de crescer no compromisso da missão não é impedido pela consciência dos limites das comunidades cristãs e pelo reconhecimento dos seus fracassos; pelo contrário, o movimento de sair de si mesmo pelo impulso da fé, da esperança e da caridade é um modo de enfrentar essa incompletude. A par da afirmação deste desejo, as Assembleias continentais dão também voz à falta de clareza e de uma compreensão partilhada do sentido, do alcance e do conteúdo da missão da Igreja, ou dos critérios para articular os impulsos de ação em diferentes direções. Daí a exigência de mais formação e de espaços de confronto e de diálogo, em chave sinodal, entre as diferentes perspetivas, espiritualidades e sensibilidades que constituem a riqueza da Igreja.

Pergunta para discernimento

Até que ponto a Igreja está hoje preparada e equipada para a missão de anunciar o Evangelho com convicção, liberdade de espírito e eficácia? Como é que a perspetiva de uma Igreja sinodal transforma a compreensão da missão e permite articular as suas diferentes dimensões? Como é que a experiência de realizar a missão em conjunto enriquece a compreensão da sinodalidade?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) A vida litúrgica da comunidade é a fonte da missão. Como sustentar a sua renovação numa perspetiva sinodal de valorização dos ministérios, carismas e vocações e de oferta de espaços de acolhimento e de relação?

2) Como podem a pregação, a catequese e a pastoral promover uma consciência partilhada do sentido e do conteúdo da missão? E do fato de que ela constitui um apelo concreto e eficaz para cada Batizado?

3) As sínteses das Conferências Episcopais e das Assembleias continentais apelam fortemente a uma “opção preferencial” pelos jovens e pelas famílias, que os reconheça como sujeitos e não como objetos de cuidado pastoral. Como poderia tomar forma esta renovação sinodal missionária da Igreja, também através da implementação das conclusões dos Sínodos 2014-2015 e 2018 ?

4) Para uma grande parte do Povo de Deus, a missão realiza-se «tratando das realidades temporais e ordenando-as segundo Deus» (LG 31; cf. também AA 2). Como sensibilizar para o fato de que a profissão, o compromisso social e político, o voluntariado são áreas em que se exerce a missão? Como acompanhar e apoiar aqueles que desempenham esta missão em ambientes particularmente hostis e difíceis?

5) A Doutrina Social da Igreja é muitas vezes considerada como um patrimônio de especialistas e teólogos e desligada da vida quotidiana das comunidades. Como se pode favorecer a sua reapropriação pelo Povo de Deus, como recurso para a missão?

6) O ambiente digital molda atualmente a vida da sociedade. Como é que a Igreja pode realizar a sua missão mais eficazmente neste ambiente? Como reconfigurar o anúncio, o acompanhamento e o cuidado neste ambiente? Como reconhecer adequadamente o empenhamento missionário neste ambiente e os percursos de formação adequados para aqueles que o realizam? Como favorecer o protagonismo dos jovens, corresponsáveis pela missão da Igreja neste espaço?

7) Em muitos domínios, a realização da missão exige que colaboremos com uma pluralidade de pessoas e organizações de diferentes inspirações: Fiéis de outras Igrejas e Comunidades eclesiais, crentes de outras religiões, mulheres e homens de boa vontade. O que é que aprendemos ao “caminhar juntos” com eles e como é que nos podemos equipar para o fazer melhor?

B 2.2 O que fazer para que uma Igreja sinodal seja também uma Igreja missionária "toda ministerial"?

Todas as Assembleias continentais se referem aos ministérios na Igreja, muitas vezes em termos muito articulados. O processo sinodal restabelece uma visão positiva dos ministérios, que lê o Ministério ordenado dentro da ministerialidade eclesial mais ampla, sem oposições. Surge também uma certa urgência em discernir os carismas emergentes e as formas adequadas de exercício dos Ministérios batismais (instituídos, extraordinários e de fato) no seio do Povo de Deus, participante da função profética, sacerdotal e real de Cristo. Esta Ficha de trabalho centra-se nestes últimos, enquanto noutras encontra espaço a questão da relação com o Ministério ordenado e as tarefas dos Bispos numa Igreja sinodal. Em particular:

a) Há um claro apelo a superar uma visão que reserva somente aos Ministros ordenados (Bispos, Presbíteros, Diáconos) todas as funções ativas na Igreja, reduzindo a participação dos Batizados a uma colaboração subordinada. Sem diminuir o apreço pelo dom do Sacramento da Ordem, os ministérios são entendidos a partir de uma conceção ministerial de toda a Igreja. Surge uma serena receção do Concílio Vaticano II, com o reconhecimento da dignidade batismal como fundamento da participação de todos na vida da Igreja. A dignidade batismal é prontamente ligada ao Sacerdócio comum como raiz dos Ministérios batismais, e é reafirmada a relação necessária entre o Sacerdócio comum e o Sacerdócio ministerial, que «ordenam-se mutuamente um ao outro, pois um e outro participam, a seu modo, do único sacerdócio de Cristo» (LG 10);

b) Sublinha-se que o lugar mais propício para tornar efetiva a participação de todos no Sacerdócio de Cristo, capaz de valorizar o Ministério ordenado na sua particularidade e, ao mesmo tempo, promover os Ministérios batismais na sua variedade, é a Igreja local, chamada a discernir quais os carismas e ministérios que são úteis para o bem de todos num determinado contexto social, cultural e eclesial. É necessário dar um novo impulso à participação especial dos Leigos na evangelização nos vários âmbitos da vida social, cultural, económica e política, bem como valorizar o contributo dos Consagradas e Consagrados, com os seus diferentes carismas, na vida da Igreja local;

c) a experiência de caminhar juntos na Igreja local permite imaginar novos ministérios ao serviço de uma Igreja sinodal. Muitas vezes, referindo-se ao texto, à visão e à linguagem da LG 10-12, as Assembleias continentais pedem um maior reconhecimento dos Ministérios batismais e a possibilidade de os realizar no registo da subsidiariedade entre os diferentes níveis da Igreja. Nesta linha, muitas destas questões poderiam ser respondidas através de um trabalho sinodal mais aprofundado nas Igrejas locais, onde, com base no princípio da participação diferenciada na tria munera de Cristo, é mais fácil manter clara a complementaridade entre o Sacerdócio comum e o Sacerdócio ministerial, identificando com discernimento os ministérios batismais necessários à comunidade.

d) Uma Igreja “toda ministerial” não é necessariamente uma Igreja “toda de Ministérios instituídos”. Há legitimamente muitos ministérios que brotam da vocação batismal: ministérios espontâneos, alguns ministérios reconhecidos que não são instituídos, e outros que, através da instituição, recebem formação específica, missão e estabilidade. Crescer como Igreja sinodal implica o compromisso de discernir juntos quais os ministérios que devem ser criados ou promovidos à luz dos sinais dos tempos, como resposta ao serviço do mundo.

Pergunta para discernimento

Como poderemos avançar na Igreja para uma corresponsabilidade real e efetiva, em chave missionária, para uma realização mais plena das vocações, carismas e ministérios de todos os Batizados? Como podemos assegurar que uma Igreja mais sinodal seja também uma “Igreja toda ministerial”?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Como viver a celebração do Batismo, da Confirmação e da Eucaristia de modo a que sejam ocasiões para testemunhar e promover a participação e a corresponsabilidade de todos como participantes ativos na vida e na missão da Igreja? Que caminhos formativos devem ser postos em ação para fomentar na Igreja uma compreensão da ministerialidade que não se reduza ao ministério ordenado?

2) Como discernir numa Igreja local os Ministérios batismais, estabelecidos ou não, necessários para a missão? Que espaços estão disponíveis para a experimentação a nível local? Que valor atribuir a esses Ministérios? Em que condições podem ser assumidos por toda a Igreja?

3) O que é que podemos aprender com outras Igrejas e Comunidades eclesiais relativamente à ministerialidade e aos ministérios?

4) A corresponsabilidade manifesta-se e realiza-se, antes de mais, na participação de todos na missão: como valorizar o contributo específico dos vários carismas e vocações (desde os ligados às capacidades e competências, incluindo profissionais, dos indivíduos, até aos que inspiram os institutos de vida consagrada e as sociedades de vida apostólica, os movimentos, as associações, etc.) ao serviço da harmonia do empenho comunitário e da vida eclesial, sobretudo nas Igrejas locais?

5) Como criar espaços e momentos de efetiva participação em corresponsabilidade na missão dos Fiéis que, por razões diversas, estão à margem da vida comunitária, mas que, segundo a lógica do Evangelho, podem dar um contributo insubstituível (idosos e doentes, pessoas com deficiência, pobres, pessoas sem formação cultural, etc.)?

6) Muitas pessoas experimentam o empenhamento na construção de uma sociedade justa e no cuidado da casa comum como resposta a uma vocação autêntica e como opção de vida, mesmo em detrimento de alternativas profissionais mais remuneradoras. Como pensar em formas de reconhecimento deste compromisso, de modo a tornar claro que não se trata de uma opção pessoal, mas de uma ação que torna tangível a preocupação da Igreja?

B 2.3 Como pode a Igreja do nosso tempo cumprir melhor a sua missão através de um maior reconhecimento e promoção da dignidade batismal das mulheres?

No Batismo, o cristão entra num novo vínculo com Cristo e, n'Ele e por Ele, com todos os Batizados, com todo o gêero humano e com toda a criação. Filhas e filhos do único Pai, ungidos pelo mesmo Espírito, em virtude de partilharem o mesmo vínculo com Cristo, os Batizados são dados uns aos outros como membros de um único corpo, no qual gozam de igual dignidade (cf. Gal 3, 26-28). A fase de escuta reafirmou a consciência desta realidade, indicando que ela deve encontrar uma realização cada vez mais concreta na vida da Igreja também através de relações de mutualidade, reciprocidade e complementaridade entre homens e mulheres:

a) de modo essencialmente unânime, mesmo se as perspetivas de cada continente são diferentes, todas as Assembleias continentais pedem que se preste atenção à experiência, à condição e ao papel das mulheres. Celebram a fé, a participação e o testemunho de tantas mulheres em todo o mundo, leigas e consagradas, como evangelizadoras e, muitas vezes, primeiras formadoras na fé, notando especialmente a sua contribuição para a “margem profética”, em lugares remotos e contextos sociais problemáticos;

b) além disso, as Assembleias continentais apelam a uma reflexão mais profunda sobre a realidade dos fracassos relacionais, que são também fracassos estruturais que afetam a vida das mulheres na Igreja, convidando a um processo de conversão contínua para tentar tornar-se mais plenamente aquilo que já somos no Batismo. As prioridades para a Assembleia sinodal incluem abordar as alegrias e tensões, bem como as oportunidades de conversão e renovação na forma como vivemos as relações entre homens e mulheres na Igreja, também na concretude das relações entre Ministros ordenados, Consagradas e Consagrados, Leigas e Leigos;

c) durante a primeira fase do Sínodo, as questões da participação das mulheres, o seu reconhecimento, a relação de apoio mútuo entre homens e mulheres e a presença de mulheres em posições de responsabilidade e de governo emergiram como elementos cruciais na procura de como viver a missão da Igreja de uma forma mais sinodal. As mulheres que participaram na primeira fase expressaram claramente um desejo: que a sociedade e a Igreja sejam um lugar de crescimento, de participação ativa e de pertença saudável para todas as mulheres. Pedem à Igreja que esteja ao seu lado para acompanhar e promover a realização deste desejo. Numa Igreja que quer ser verdadeiramente sinodal, estas questões devem ser abordadas em conjunto, e devem ser construídas em conjunto respostas concretas para um maior reconhecimento da dignidade batismal das mulheres e para a luta contra todas as formas de discriminação e exclusão de que são vítimas na comunidade eclesial e na sociedade;

d) finalmente, as Assembleias continentais sublinham a pluralidade de experiências, pontos de vista e perspetivas das mulheres e pedem que esta diversidade seja reconhecida nos trabalhos da Assembleia Sinodal, evitando tratar as mulheres como um grupo homogéneo ou como um tema de discussão abstrato ou ideológico.

Pergunta para o discernimento

Que medidas concretas pode a Igreja tomar para renovar e reformar os seus procedimentos, disposições institucionais e estruturas, de modo a permitir um maior reconhecimento e participação das mulheres, incluindo no governo e a todos os estágios dos processos decisórios, incluindo a tomada de decisões, em um espírito de comunhão e com vistas à missão?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) As mulheres desempenham um papel importante na transmissão da fé, nas famílias, nas paróquias, na vida consagrada, nas associações e movimentos, nas instituições laicais, como professoras e catequistas. Como reconhecer, apoiar, acompanhar o seu contributo já considerável? Como valorizá-lo para aprender a ser uma Igreja cada vez mais sinodal?

2) Os carismas das mulheres já estão presentes e atuam na Igreja de hoje. O que é que podemos fazer para os discernir e apoiar e para aprender o que o Espírito nos quer ensinar através deles?

3) Todas as Assembleias continentais apelam a que se aborde a questão da participação das mulheres na governança, na tomada de decisões, na missão e nos ministérios a todos os níveis da Igreja, com o apoio de estruturas apropriadas para que isto não permaneça apenas uma aspiração geral.

a) Como é que as mulheres podem ser incluídas em cada uma destas áreas em maior número e de novas formas?

b) Como é que, na vida consagrada, as mulheres podem estar mais bem representadas nos processos de governança e de tomada de decisões, mais bem protegidas dos abusos e também mais justamente remuneradas pelo seu trabalho?

c) Como podem as mulheres contribuir para a governança, ajudando a promover uma maior responsabilidade e transparência e a reforçar a confiança na Igreja?

d) Como aprofundar a reflexão sobre a contribuição das mulheres na reflexão teológica e no acompanhamento das comunidades? Como dar espaço e reconhecimento a esta contribuição nos processos formais de discernimento a todos os níveis da Igreja?

e) Que novos ministérios poderiam ser criados para proporcionar meios e oportunidades para a participação efetiva das mulheres nos órgãos de discernimento e de decisão? Como aumentar a corresponsabilidade nos processos de tomada de decisão em lugares remotos e em contextos sociais problemáticos, onde as mulheres são frequentemente os principais agentes da pastoral e da evangelização? Os contributos recebidos durante a primeira fase referem que as tensões com os Ministros Ordenados surgem na ausência de dinâmicas de corresponsabilidade e de processos de tomada de decisão partilhados.

4) A maior parte das Assembleias continentais e as sínteses de numerosas Conferências Episcopais pedem que se volte a considerar a questão do acesso das mulheres ao Diaconado. Como se pode encarar esta questão?

5) Como é que os homens e as mulheres podem cooperar melhor no desempenho do ministério pastoral e no exercício de responsabilidades conexas?

B 2.4 Como valorizar o Ministério ordenado, na sua relação com os Ministérios batismais, numa perspetiva missionária?

Os Documentos finais das Assembleias continentais exprimem um forte desejo de que se aborde a reflexão sobre a relação entre os Ministérios ordenados e os Ministérios batismais, sublinhando a dificuldade de o fazer na vida ordinária das comunidades. O processo sinodal oferece uma oportunidade preciosa para, à luz do ensinamento do Concílio Vaticano II, se debruçar sobre a correlação entre a riqueza das vocações, dos carismas e dos ministérios radicados no Batismo, por um lado, e o Ministério ordenado, por outro, visto como um dom e uma tarefa inalienável ao serviço do Povo de Deus. Em particular:

a) na perspetiva traçada pelo Concílio Vaticano II, é reafirmada a necessária relação entre o Sacerdócio comum e o Sacerdócio ministerial. Entre ambos não há oposição ou concorrência, nem espaço para reivindicações: o que se exige é que se reconheça a sua complementaridade;

b) as Assembleias Continentais expressam um claro apreço pelo dom do Sacerdócio ministerial e, ao mesmo tempo, um profundo desejo de sua renovação numa perspetiva sinodal. Assinalam a dificuldade de envolver uma parte dos Presbíteros no processo sinodal e constatam a preocupação generalizada por um exercício do Ministério ordenado não adaptado aos desafios do nosso tempo, distante da vida e das necessidades do povo, muitas vezes confinado apenas à esfera litúrgico-sacramental. Manifestam também a sua preocupação pela solidão em que vivem muitos Presbíteros e sublinham a sua necessidade de cuidados, amizade e apoio;

c) o Concílio Vaticano II ensina que «o ministério eclesiástico, instituído por Deus, é exercido em ordens diversas por aqueles que desde a antiguidade são chamados Bispos, presbíteros e diáconos» (LG 28). Das Assembleias continentais emerge o pedido de que o Ministério ordenado, na diferença de tarefas, seja para todos um testemunho vivo de comunhão e de serviço na lógica da gratuidade evangélica. Expressam também o desejo de que os Bispos, Presbíteros e Diáconos exerçam o seu ministério num estilo sinodal, reconheçam e valorizem os dons e carismas presentes na comunidade, favoreçam e acompanhem os processos de assunção comunitária da missão, garantam decisões em sintonia com o Evangelho e na escuta do Espírito Santo. É também necessária uma renovação dos programas dos seminários, para que sejam mais sinodais e estejam mais em contato com todo o Povo de Deus;

d) em relação a esta conceção do Ministério ordenado ao serviço da vida batismal, sublinha-se que o clericalismo é uma força que isola, separa e enfraquece uma Igreja sã e integralmente ministerial, e indica-se a formação como caminho privilegiado para o superar eficazmente. Sublinha-se também que o clericalismo não é uma prerrogativa apenas dos Ministros ordenados, mas atua de formas diferentes em todas as componentes do Povo de Deus;

e) em muitas regiões, a confiança nos Ministros ordenados, nos titulares de cargos eclesiásticos, nas instituições eclesiais e na Igreja no seu conjunto é minada pelas consequências do «escândalo dos abusos cometidos por membros do clero ou de pessoas que desempenham um cargo eclesial: em primeiro lugar e sobretudo os abusos sobre menores e pessoas vulneráveis, mas também os de outro género (espirituais, sexuais, económicos, de autoridade, de consciência). Trata-se de uma ferida aberta, que continua a infligir dor às vítimas e aos sobreviventes, às suas famílias e comunidades» (DEC 20).

Pergunta para discernimento

Como promover na Igreja uma mentalidade e formas concretas de corresponsabilidade em que a relação entre os Ministérios batismais e o Ministério ordenado seja fecunda? Se a Igreja é toda ministerial, como compreender os dons específicos dos Ministros ordenados no seio do único Povo de Deus numa perspetiva missionária?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Que relação tem o Ministério dos Presbíteros, consagrados «para pregar o Evangelho, apascentar os fiéis e celebrar o culta divino» (LG 28), com os Ministérios batismais? Que relação tem este tríplice ofício dos Ministros ordenados com a Igreja enquanto Povo profético, sacerdotal e real?

2) Na Igreja local, os Presbíteros «constituem com o seu Bispo um presbitério» (LG 28). Como pode crescer esta unidade entre o Bispo e o seu Presbitério para um serviço mais eficaz ao Povo de Deus confiado aos seus cuidado do Bispo?

3) A Igreja é enriquecida pelo ministério de tantos Presbíteros que pertencem aos institutos de vida consagrada e às sociedades de vida apostólica. Como é que o seu ministério, caraterizado pelo carisma do Instituto a que pertencem, pode promover uma Igreja mais sinodal?

4) Como compreender o ministério do Diácono permanente numa Igreja sinodal missionária?

5) Quais podem ser as diretrizes para uma reforma dos currículos de formação nos seminários e nas escolas de teologia, em sintonia com a figura sinodal da Igreja? Como é que a formação dos Presbíteros os pode colocar em relação mais estreita com os processos pastorais e com a vida da porção do Povo de Deus que são chamados a servir?

6) Que caminhos de formação devem ser postos em ação para favorecer na Igreja uma compreensão da ministerialidade que não se reduza ao Ministério ordenado, mas que ao mesmo tempo o valorize?

7) Como podemos discernir juntos as formas em que o clericalismo de Ministros ordenados e Leigos, impede a plena expressão da vocação dos Ministérios ordenados na Igreja, bem como de outros membros do Povo de Deus? Como podemos encontrar formas de o ultrapassar em conjunto?

8) É possível que, particularmente em lugares onde o número de Ministros ordenados é muito baixo, os leigos possam assumir o papel de líderes comunitários? Que implicações é que isto tem na compreensão do Ministério ordenado?

9) É possível, como propõem alguns continentes, abrir uma reflexão sobre a possibilidade de rever, pelo menos nalgumas áreas, a disciplina sobre o acesso ao Presbiterado dos homens casados?

10) Como é que uma conceção do Ministério ordenado e uma formação dos candidatos mais enraizada na visão da Igreja sinodal missionária podem contribuir para os esforços de prevenção da recorrência de abusos sexuais e outras ordens?

B 2.5 Como renovar e promover o Ministério do Bispo numa perspetiva sinodal missionária?

O ministério do Bispo está enraizado na Escritura e desenvolvido na Tradição em fidelidade à vontade de Cristo. Fiel a esta tradição, o Concílio Vaticano II propôs uma doutrina muito rica sobre os bispos, "sucessores dos Apóstolos, que, com o sucessor de Pedro, vigário de Cristo e cabeça visível de toda a Igreja, governam a casa de Deus vivo" (LG 18). O capítulo da Lumen Gentium sobre a constituição hierárquica da Igreja afirma a sacramentalidade do episcopado e, a partir daí, desenvolve o tema da colegialidade (LG 22-23) e do ministério episcopal como exercício dos três ofícios (tria munera, LG 24-27). O Sínodo dos Bispos foi então instituído como um órgão que permite aos bispos participarem com o Bispo de Roma na solicitude por toda a Igreja. O convite a viver com maior intensidade a dimensão sinodal exige um renovado aprofundamento do ministério episcopal, para o inserir mais solidamente num quadro sinodal. Em particular:

a) o Colégio Episcopal, sujeito, juntamente com o Romano Pontífice que é a sua cabeça e nunca sem ele, «do supremo e pleno poder sobre toda a Igreja» (LG 22), participa no processo sinodal quer quando cada Bispo inicia, orienta e conclui a consulta do Povo de Deus que lhe foi confiada, como também quando os Bispos reunidos exercem juntos o carisma do discernimento, nos Sínodos ou Conselhos de Hierarcas das Igrejas Orientais Católicas e nas Conferências Episcopais, nas Assembleias Continentais e, de forma peculiar, na Assembleia sinodal;

b) aos Bispos, sucessores dos Apóstolos, que receberam «o encargo da comunidade, presidindo em lugar de Deus ao rebanho de que são pastores» (LG 20), o processo sinodal pede-lhes que vivam uma confiança radical na ação do Espírito nas suas comunidades, sem considerar a participação de todos como uma ameaça ao seu ministério de liderança. Pelo contrário, exorta-os a serem um princípio de unidade na sua Igreja, chamando todos (Presbíteros e Diáconos, Consagradas e Consagrados, Fiéis leigas e leigos) a caminharem juntos como Povo de Deus e a promoverem um estilo sinodal de Igreja;

c) a consulta ao Povo de Deus pôs em evidência que o fato de se tornar uma Igreja mais sinodal implica também um maior envolvimento de todos no discernimento, o que exige que se repensem os processos de decisão. Consequentemente, há uma exigência de estruturas de governo adequadas, inspiradas por uma maior transparência e responsabilidade, o que também afeta o modo como o ministério do Bispo é exercido. Isto também dá origem a resistências, receios ou sentimentos de desorientação. Em particular, enquanto alguns apelam a um maior envolvimento de todos os fiéis e, portanto, a um exercício “menos exclusivo” do papel dos bispos, outros expressam dúvidas e temem o risco de uma deriva inspirada nos mecanismos da democracia política;

d) igualmente forte é a consciência de que toda a autoridade na Igreja procede de Cristo e é guiada pelo Espírito Santo. A diversidade dos carismas sem autoridade torna-se anarquia, assim como o rigor da autoridade sem a riqueza dos carismas, dos ministérios e das vocações se torna ditadura. A Igreja é ao mesmo tempo sinodal e hierárquica; por isso o exercício sinodal da autoridade episcopal é conotado como acompanhamento e salvaguarda da unidade. O caminho para realizar a recompreensão do ministério episcopal é a prática da sinodalidade, que compõe na unidade as diferenças de dons, carismas, ministérios e vocações que o Espírito suscita na Igreja;

e) Prosseguir com a renovação do ministério episcopal numa Igreja mais plenamente sinodal requer mudanças culturais e estruturais, muita confiança recíproca e, sobretudo, confiança na orientação do Senhor. Por isso, muitos esperam que a dinâmica do diálogo no Espírito possa entrar na vida quotidiana da Igreja e animar as reuniões, os conselhos, os órgãos de decisão, favorecendo a construção de um sentido de confiança recíproca e a formação de um consenso efetivo;

f) o ministério do Bispo inclui também a pertença ao Colégio episcopal e, consequentemente, o exercício da corresponsabilidade pela Igreja universal. Este exercício insere-se também na perspetiva da Igreja sinodal, «no espírito de uma “sã descentralização” », para «deixar à competência dos Pastores a faculdade de resolver, no exercício da “sua própria tarefa de mestres” e de pastores, as questões que conhecem bem e que não tocam a unidade da doutrina, da disciplina e da comunhão da Igreja, atuando sempre com aquela corresponsabilidade que é fruto e expressão daquele específico mysterium communionis que é a Igreja» (PE II,2; cf. EG 16; DV 7) .

Pergunta para o discernimento

Como entender a vocação e a missão do Bispo numa perspetiva missionária sinodal? Que renovação de visão e formas de exercício concreto do ministério episcopal são necessárias numa Igreja sinodal caraterizada pela corresponsabilidade?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) «os Bispos representam de forma eminente e conspícua o próprio Cristo, mestre, pastor e pontífice» (LG 21). Que relação tem este ministério com o dos Presbíteros, «para pregar o Evangelho, apascentar os fiéis e celebrar o culta divino» (LG 28)? Que relação tem este tríplice ofício dos Ministros ordenados com a Igreja enquanto Povo profético, sacerdotal e real?

2) Como é que o exercício do ministério episcopal solicita a consulta, a colaboração e a participação nos processos de decisão do Povo de Deus?

3) Com que critérios pode um Bispo avaliar-se e ser avaliado no desempenho do seu serviço num estilo sinodal?

4) Em que casos pode um Bispo sentir-se obrigado a tomar uma decisão diferente dos conselhos ponderados oferecidos pelos órgãos consultivos? Qual seria o fundamento dessa obrigação?

5) Qual é a natureza da relação entre o «sentir sobrenatural da fé» (LG 12) e o serviço magisterial do Bispo? Como se pode compreender e articular melhor a relação entre a Igreja sinodal e o ministério do Bispo? Os Bispos devem discernir juntos ou separados dos outros membros do Povo de Deus? Ambas as opções (em conjunto e separadamente) têm lugar numa Igreja sinodal?

6) Como garantir o cuidado e o equilíbrio dos três ofícios (santificar, ensinar, governar) na vida e no ministério do Bispo? Em que medida os atuais modelos de vida e ministério episcopal permitem ao Bispo ser uma pessoa de oração, um mestre da fé e um administrador sábio e eficaz, e manter as três funções em tensão criativa e missionária? Como rever o perfil do Bispo e o processo de discernimento para identificar os candidatos ao Episcopado numa perspetiva sinodal?

7) Como deve evoluir o papel do Bispo de Roma e o exercício do primado numa Igreja sinodal?

B 3. Participação, responsabilidade e autoridade

Que processos, estruturas e instituições numa Igreja sinodal missionária?

B 3.1 Como renovar o serviço da autoridade e o exercício da responsabilidade numa Igreja sinodal missionária?

Uma Igreja constitutivamente sinodal é chamada a articular o direito de todos a participar na vida e na missão da Igreja, em virtude do Batismo, com o serviço da autoridade e o exercício da responsabilidade que, sob diversas formas, é confiado a alguns. O caminho sinodal é uma oportunidade para discernir quais são os caminhos adequados no nosso tempo para realizar esta articulação. A primeira fase permitiu recolher algumas ideias a este respeito:

a) as funções de autoridade, de responsabilidade e de governo - por vezes sinteticamente designadas pelo termo inglês leadership - assumem formas muito diversas na Igreja. A autoridade na vida consagrada, nos movimentos e associações, nas instituições ligadas à Igreja (como universidades, fundações, escolas, etc.) é diferente da que deriva do Sacramento da Ordem, assim como a autoridade espiritual ligada a um carisma é diferente da ligada ao serviço ministerial. As diferenças entre estas formas devem ser salvaguardadas, sem esquecer que todas elas têm em comum o fato de serem um serviço na Igreja;

b) em particular, todos partilham o apelo a conformar-se com o exemplo do Mestre, que disse de si mesmo: «Eu estou no meio de vós como o que serve» (Lc 22,27). «Para os discípulos de Jesus, ontem, hoje e sempre, a única autoridade é a autoridade do serviço»[16] . Estas são as coordenadas fundamentais para crescer no exercício da autoridade e da responsabilidade, em todas as suas formas e a todos os níveis da vida da Igreja. É a perspetiva daquela conversão missionária «destinada a renovar a Igreja segundo a imagem da própria missão de amor de Cristo» (EP I, 2);

c) nesta linha, os documentos da primeira fase exprimem algumas caraterísticas do exercício da autoridade e da responsabilidade numa Igreja sinodal missionária: atitude de serviço e não de poder ou controle, transparência, encorajamento e promoção das pessoas, competência e capacidade de visão, discernimento, inclusão, colaboração e delegação. Acima de tudo, é sublinhada a atitude e a vontade de ouvir. É por isso que se sublinha a necessidade de formação específica nestas competências para aqueles que ocupam posições de responsabilidade e autoridade, bem como a ativação de processos de seleção mais participativos, especialmente para os Bispos;

d) A perspetiva da transparência e da prestação de contas é fundamental para um exercício autenticamente evangélico da autoridade e da responsabilidade. No entanto, também suscita receios e resistências. É por isso que é importante confrontar seriamente, com uma atitude de discernimento, as mais recentes descobertas das ciências da gestão e da liderança. Além disso, o diálogo no Espírito é indicado como uma forma de gerir processos de tomada de decisão e de construção de consensos capazes de gerar confiança e de favorecer um exercício de autoridade adequado a uma Igreja sinodal;

e) As Assembleias continentais assinalam também fenômenos de apropriação do poder e dos processos de decisão por parte de alguns em posições de autoridade e responsabilidade. A estes fenômenos ligam a cultura do clericalismo e as diversas formas de abuso (sexual, econômico, espiritual e de poder), que corroem a credibilidade da Igreja e comprometem a eficácia da sua missão, sobretudo nas culturas onde o respeito pela autoridade é um valor importante.

Pergunta para discernimento

Como podem a autoridade e a responsabilidade ser entendidas e exercidas ao serviço da participação de todo o Povo de Deus? Que renovação da compreensão e das formas de exercício da autoridade, da responsabilidade e do governo é necessária para crescer como Igreja sinodal missionária?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) O ensinamento do Concílio Vaticano II sobre a participação de todos na vida e na missão da Igreja está efetivamente incorporado na consciência e na prática das Igrejas locais, particularmente pelos pastores e por aqueles que exercem funções de responsabilidade? O que é que pode favorecer uma consciência e uma apreciação mais profundas deste fato no cumprimento da missão da Igreja?

2) Na Igreja existem funções de autoridade e de responsabilidade não ligadas ao Sacramento da Ordem, que são exercidas ao serviço da comunhão e da missão nos institutos de vida consagrada e nas sociedades de vida apostólica, nas associações e agregações laicais, nos movimentos eclesiais e nas novas comunidades, etc. Como promover um exercício destas formas de autoridade próprias de uma Igreja sinodal e como viver, nelas, a relação com a autoridade ministerial dos Pastores?

3) Que elementos devem fazer parte da formação em autoridade de todos os líderes da igreja? Como incentivar a formação no método do diálogo no Espírito e a sua aplicação autêntica e incisiva?

4) Quais podem ser as linhas de reforma dos seminários e das casas de formação, para que possam estimular os candidatos ao Ministério ordenado a crescer num estilo de exercício da autoridade próprio de uma Igreja sinodal? Como repensar, a nível nacional, a Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis e os seus documentos de aplicação? Como devem ser reorientados os currículos das escolas de teologia?

5) Que formas de clericalismo persistem na comunidade cristã? Existe ainda uma perceção de distância entre os Fiéis leigos e os Pastores: o que pode ajudar a superá-la? Que formas de exercício da autoridade e da responsabilidade devem ser superadas, por não serem adequadas a uma Igreja constitutivamente sinodal?

6) Em que medida a escassez de Presbíteros em algumas regiões constitui um estímulo para questionar a relação entre o Ministério ordenado, o governo e a assunção de responsabilidades na comunidade cristã?

7) O que é que podemos aprender sobre o exercício da autoridade e da responsabilidade com outras Igrejas e Comunidades eclesiais?

8) Em todas as épocas, o exercício da autoridade e da responsabilidade na Igreja é influenciado pelos modelos de gestão e pelo imaginário de poder que prevalece na sociedade. Como tomar consciência disso e exercer um discernimento evangélico sobre as práticas dominantes de exercício da autoridade, na Igreja e na sociedade?

B 3.2 Como podemos desenvolver práticas de discernimento e processos de tomada de decisão de uma forma autenticamente sinodal, reforçando o papel de liderança do Espírito?

Como Igreja sinodal, somos chamados a discernir juntos os passos a dar para realizar a missão de evangelização, sublinhando o direito de todos a participar na vida e na missão da Igreja e exortando ao contributo insubstituível de cada Batizado. Na base de todo o discernimento está o desejo de fazer a vontade do Senhor e o crescimento na familiaridade com Ele através da oração, da meditação da Palavra e da vida sacramental, que nos permite escolher como Ele escolheria. Sobre o lugar do discernimento numa Igreja sinodal missionária:

a) das Assembleias continentais emerge com força o desejo de processos de decisão mais partilhados, capazes de integrar o contributo de todo o Povo de Deus, mas também a competência de alguns, e de envolver aqueles que, por várias razões, permanecem à margem da vida comunitária, como as mulheres, os jovens, as minorias, os pobres e os excluídos. A este desejo junta-se a insatisfação com formas de exercício da autoridade em que as decisões são tomadas sem consulta;

b) as Assembleias continentais dão voz aos receios de alguns que veem em concorrência as dimensões sinodal e hierárquica, ambas constitutivas da Igreja. No entanto, também estão a surgir sinais do contrário. Um primeiro exemplo é a experiência de que, quando a autoridade toma decisões no âmbito de processos sinodais, a comunidade é mais facilmente capaz de reconhecer a sua legitimidade e de as aceitar. Um segundo exemplo é a consciência crescente de que a falta de intercâmbio com a comunidade enfraquece o papel da autoridade, remetendo-a por vezes para um exercício de afirmação de poder. Um terceiro exemplo é a atribuição de responsabilidades eclesiais a Fiéis leigos, que as exercem de forma construtiva e não opositiva, em regiões onde o número de Ministros ordenados é muito reduzido;

c) a adoção generalizada do método do diálogo no Espírito durante a fase de consulta permitiu que muitos experimentassem alguns dos elementos de um processo de discernimento comunitário e de construção participativa de consensos, sem esconder conflitos ou criar polarizações;

d) aqueles que desempenham tarefas de governo e de responsabilidade são chamados a suscitar, facilitar e acompanhar processos de discernimento comunitário que incluam a escuta do Povo de Deus. Em particular, cabe à autoridade episcopal um serviço fundamental de animação e validação do caráter sinodal destes processos e de confirmação da fidelidade das conclusões ao que emergiu no processo. Em particular, cabe aos Pastores verificar a consonância entre as aspirações das suas comunidades e o «depósito sagrado da palavra de Deus, confiado à Igreja» (DV 10), consonância que permite que essas aspirações sejam consideradas como expressão genuína do sentido de fé do Povo de Deus;

e) A perspetiva do discernimento comunitário interpela a Igreja a todos os níveis e em todas as suas articulações e formas organizativas. Para além das estruturas paroquiais e diocesanas, diz respeito também aos processos de decisão de associações, movimentos e agregações de leigos, onde atravessa mecanismos institucionais que habitualmente implicam o recurso a instrumentos como o voto. Põe em causa a forma como os órgãos de decisão das instituições ligadas à Igreja (escolas, universidades, fundações, hospitais, centros de acolhimento e de ação social, etc.) identificam e formulam orientações de funcionamento. Por fim, interpela os institutos de vida consagrada e as sociedades de vida apostólica em aspetos que se cruzam com as peculiaridades dos seus carismas e do seu direito próprio (cf. DEC 81);

f) a adoção de processos de decisão que utilizem de forma estável o discernimento comunitário requer uma conversão pessoal, comunitária, cultural e institucional, bem como um investimento formativo.

Pergunta para discernimento

Como pensar em processos de decisão mais participativos, que deem espaço à escuta e ao discernimento comunitário, apoiados pela autoridade como serviço de unidade?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Que espaço ocupa a escuta da Palavra de Deus nos nossos processos de decisão? Como é que podemos dar espaço ao protagonismo do Espírito Santo de forma concreta e não apenas em palavras?

2) Como é que o diálogo no Espírito, que abre o dinamismo do discernimento comunitário, pode contribuir para a renovação dos processos de decisão na Igreja? Como é que pode ser "institucionalizado" e tornar-se uma prática corrente? Que mudanças são necessárias no direito canónico?

3) Como promover o ministério do facilitador dos processos de discernimento comunitário, assegurando que aqueles que o realizam recebam uma formação e um acompanhamento adequados? Como formar Ministros Ordenados para acompanhar os processos de discernimento comunitário?

4) Como promover a participação das mulheres, dos jovens, das minorias e das vozes marginais nos processos de discernimento e de tomada de decisões?

5) Como é que uma articulação mais clara entre a totalidade do processo de tomada de decisão e o momento específico da tomada de decisão nos pode ajudar a identificar melhor qual é a responsabilidade dos diferentes atores em cada fase? Como é que entendemos a relação entre a tomada de decisão e o discernimento em comum?

6) Como é que os consagrados e as consagradas podem e devem participar nos processos de decisão das Igrejas locais? O que podemos aprender da sua experiência e das suas diferentes espiritualidades no que respeita ao discernimento e aos processos de decisão? O que é que podemos aprender com as associações, movimentos e agregações de leigos?

7) Como lidar de forma construtiva com os casos em que a autoridade sente que não pode confirmar as conclusões alcançadas por um processo de discernimento comunitário e toma uma decisão numa direção diferente? Que tipo de restituição deve essa autoridade oferecer àqueles que participaram no processo?

8) O que é que podemos aprender da sociedade e da cultura em termos de gestão dos processos participativos? Que modelos, por outro lado, podem revelar-se um obstáculo à construção de uma Igreja mais sinodal?

9) Que contributo podemos receber da experiência de outras Igrejas e Comunidades eclesiais? E da experiência de outras religiões? Que estímulos das culturas indígenas, minoritárias e oprimidas nos podem ajudar a repensar os nossos processos de decisão? Que conhecimentos nos trazem as experiências que têm lugar no ambiente digital?

B 3.3. Que estruturas podem ser desenvolvidas para consolidar uma Igreja sinodal missionária?

As Assembleias continentais exprimem vivamente o desejo de que o modo de proceder sinodal, experimentado no atual caminho, penetre na vida quotidiana da Igreja a todos os níveis, renovando as estruturas existentes - a começar pelos Conselhos pastorais diocesanos e paroquiais, os Conselhos para os assuntos econômicos, os Sínodos diocesanos ou eparquiais - ou instituindo novas estruturas. Sem diminuir a importância da renovação das relações no seio do Povo de Deus, a intervenção nas estruturas é indispensável para consolidar as mudanças no tempo. Em particular:

a) para que não fique no papel ou seja confiada apenas à boa vontade dos indivíduos, a corresponsabilidade na missão que deriva do Batismo deve concretizar-se em formas estruturadas. Por isso, são necessários quadros institucionais adequados e espaços nos quais se possa praticar regularmente o discernimento comunitário. Não se trata de uma exigência de redistribuição do poder, mas da necessidade de um exercício efetivo da corresponsabilidade que deriva do Batismo. Este confere direitos e deveres a cada pessoa, que devem poder ser exercidos de acordo com os carismas e ministérios de cada um;

b) isto requer que as estruturas e as instituições funcionem com procedimentos adequados: transparentes, orientados para a missão, abertos à participação, capazes de dar espaço às mulheres, aos jovens, às minorias e aos pobres e marginalizados. Isto vale para as instâncias participativas já mencionadas, cujo papel deve ser reafirmado e consolidado, mas também: para os órgãos de decisão das associações, dos movimentos e das novas comunidades; para os órgãos de governo dos institutos de vida consagrada e das sociedades de vida apostólica (de modo adequado ao carisma particular de cada um deles); para as múltiplas e variadas instituições, muitas vezes também sujeitas ao direito civil, através das quais se realiza a ação missionária e o serviço da comunidade cristã: escolas, hospitais, universidades, meios de comunicação social, centros de acolhimento e de ação social, centros culturais, fundações, etc;

c) a exigência de uma reforma das estruturas e instituições e dos mecanismos de funcionamento no sentido da transparência é particularmente forte nos contextos mais marcados pela crise dos abusos (sexuais, económicos, espirituais, psicológicos, institucionais, de consciência, de poder, de jurisdição). Uma parte do problema reside frequentemente no tratamento inadequado dos casos de abuso, o que põe em causa os mecanismos e procedimentos de funcionamento das estruturas e instituições, bem como a mentalidade das pessoas que nelas trabalham. A perspetiva de transparência e de corresponsabilidade também suscita receios e resistências; é por isso que é necessário aprofundar o diálogo, criando oportunidades de partilha e de confronto a todos os níveis;

d) o método do diálogo no Espírito revela-se particularmente precioso para restabelecer a confiança nos contextos em que, por várias razões, se desenvolveu um clima de desconfiança entre as diversas componentes do Povo de Deus. Um caminho de conversão e de reforma, à escuta da voz do Espírito, requer estruturas e instituições capazes de o acompanhar e apoiar. As Assembleias continentais exprimem com força a convicção de que não bastam apenas as estruturas, mas é necessária também uma mudança de mentalidade; daí a necessidade de um investimento na formação;

e) além disso, parece oportuno intervir também no direito canónico, reequilibrando a relação entre o princípio da autoridade, fortemente afirmado na legislação atual, e o princípio da participação; reforçando a orientação sinodal dos institutos já existentes; criando novos institutos, onde isso parecer necessário para as necessidades da vida da comunidade; supervisionando a aplicação efetiva da legislação.

Pergunta para discernimento

Uma Igreja sinodal precisa de viver a corresponsabilidade e a transparência: como é que esta consciência pode servir de base à reforma das instituições, das estruturas e dos procedimentos, de modo a consolidar a mudança ao longo do tempo?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) Como mudar as estruturas canônicas e os procedimentos pastorais para favorecer a corresponsabilidade e a transparência? As estruturas atuais são suficientes para garantir a participação ou são necessárias novas estruturas?

2) Como pode o direito canônico contribuir para a renovação das estruturas e das instituições? Que mudanças parecem necessárias ou oportunas?

3) Quais são os obstáculos (mentais, teológicos, práticos, organizacionais, financeiros, culturais) que impedem a transformação dos órgãos de participação atualmente previstos no direito canônico em órgãos de discernimento comunitário eficaz? Que reformas são necessárias para que possam apoiar a missão de forma efetiva, criativa e vibrante? Como torná-los mais abertos à presença e à contribuição das mulheres, dos jovens, dos pobres, dos migrantes, dos membros das minorias e daqueles que, por várias razões, se encontram à margem da vida comunitária?

4) Como é que a perspetiva da Igreja sinodal interpela as estruturas e os procedimentos da vida consagrada e as diferentes formas de agregação laical? E o funcionamento das instituições eclesiais?

5) Em que aspetos da vida das instituições é necessária uma maior transparência (relatórios econômicos e financeiros, seleção de candidatos a cargos de responsabilidade, nomeações, etc.)? Com que instrumentos é possível alcançar este objetivo?

6) A perspetiva de transparência e de abertura aos processos conjuntos de consulta e de discernimento suscita igualmente receios. Como é que eles se manifestam? O que receiam as pessoas que manifestam esses receios? Como é que esses receios podem ser abordados e ultrapassados?

7) Em que medida é possível distinguir entre os membros de uma instituição e a própria instituição? As responsabilidades pelo tratamento dos casos de abuso são individuais ou sistémicas? Como é que a perspetiva sinodal pode contribuir para criar uma cultura de prevenção de abusos de todos os tipos?

8) O que podemos aprender com a forma como as instituições públicas e o direito público e civil procuram responder às necessidades de transparência e de responsabilidade da sociedade (separação de poderes, órgãos de controle independentes, obrigações de publicidade de certos procedimentos, limites à duração dos mandatos, etc.)?

9) O que podemos aprender da experiência de outras Igrejas e Comunidades eclesiais sobre o funcionamento das estruturas e instituições num estilo sinodal?

B 3.4 Como configurar instâncias de sinodalidade e colegialidade envolvendo agrupamentos de igrejas locais?

A primeira fase do processo sinodal pôs em evidência o papel das instâncias de sinodalidade e colegialidade que reúnem as várias Igrejas locais: as Estruturas Hierárquicas Orientais e, na Igreja Latina, as Conferências Episcopais (cf. EP I,7). Os Documentos elaborados nas várias etapas sublinham como a consulta do Povo de Deus nas Igrejas locais e as sucessivas etapas de discernimento foram uma verdadeira experiência de escuta do Espírito através da escuta recíproca. Da riqueza desta experiência é possível tirar ensinamentos para a construção de uma Igreja cada vez mais sinodal:

a) o processo sinodal pode tornar-se «um dinamismo de comunhão que inspira todas as decisões eclesiais»[17] , porque envolve verdadeiramente todos os sujeitos - o Povo de Deus, o Colégio episcopal, o Bispo de Roma -, cada um segundo a sua função. O desenrolar ordenado das etapas dissipou o receio de que a consulta ao Povo de Deus conduzisse a um enfraquecimento do ministério dos Pastores. Pelo contrário, a consulta era possível porque era iniciada por cada Bispo, como «princípio e fundamento visível da unidade» (LG 23) na sua Igreja. Posteriormente, nas Estruturas Hierárquicas Orientais e nas Conferências Episcopais, os Pastores realizaram um ato de discernimento colegial sobre os contributos provenientes das Igrejas locais. Assim, o processo sinodal propiciou um verdadeiro exercício da colegialidade episcopal numa Igreja plenamente sinodal;

b) a questão do exercício da sinodalidade e da colegialidade nas instâncias que envolvem grupos de Igrejas locais unidas por tradições espirituais, litúrgicas e disciplinares, por contiguidade geográfica e proximidade cultural, a começar pelas Conferências Episcopais, necessita de uma renovada reflexão teológica e canónica: nelas «a communio Episcoporum exprime-se ao serviço da communio Ecclesiarum fundada na communio Fidelium» (EP I, 7).

c) uma razão para enfrentar esta tarefa surge na Evangelii gaudium: «Não convém que o Papa substitua os episcopados locais no discernimento de todas as problemáticas que sobressaem nos seus territórios. Neste sentido, sinto a necessidade de proceder a uma salutar “descentralização”» (n. 16). Por ocasião do 50.º aniversário da instituição do Sínodo dos Bispos, o Santo Padre recordou que a sinodalidade se exerce não só a nível das Igrejas locais e a nível da Igreja universal, mas também a nível dos agrupamentos de Igrejas, como as Províncias e as Regiões eclesiásticas, os Conselhos particulares e sobretudo as Conferências Episcopais: «devemos refletir para se realizarem ainda mais, através destes organismos, as instâncias intermédias da colegialidade, talvez integrando e atualizando alguns aspetos do ordenamento eclesiástico antigo»[18].

Pergunta para discernimento

À luz da experiência sinodal até agora realizada, como pode a sinodalidade encontrar uma melhor expressão nas e através das instituições que envolvem grupos de Igrejas locais, como os Sínodos dos Bispos e os Conselhos de Hierarcas das Igrejas Católicas Orientais, as Conferências Episcopais e as Assembleias continentais, de modo a que sejam concebidos «como sujeitos de atribuições concretas, incluindo alguma autêntica autoridade doutrinal» (EG 32) numa perspetiva missionária?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) A dinâmica sinodal da escuta do Espírito através da escuta mútua oferece-se como a forma mais praticável de traduzir a colegialidade episcopal em ação numa Igreja plenamente sinodal. Partindo da experiência do processo sinodal:

a) como é que a escuta do Povo de Deus se pode tornar a forma habitual de tomada de decisões na Igreja a todos os níveis da sua vida?

b) Como realizar a escuta do Povo de Deus nas Igrejas locais? Em particular, como valorizar os organismos de participação, para que sejam “lugares” efetivos de escuta e de discernimento eclesial?

c) Como repensar os processos de decisão a nível dos órgãos episcopais das Igrejas Católicas Orientais e das Conferências Episcopais a partir da escuta do Povo de Deus nas Igrejas locais?

d) Como integrar a instância continental no direito canônico?

2) Sendo a consulta nas Igrejas locais a escuta efetiva do Povo de Deus, o discernimento dos Pastores assume o caráter de um ato colegial que confirma com autoridade o que o Espírito falou à Igreja através do sentido de fé do Povo de Deus:

a) Que grau de autoridade doutrinal pode ser atribuído ao discernimento das Conferências Episcopais? Como é que as Igrejas Católicas Orientais regulam os seus corpos episcopais?

b) Que grau de autoridade doutrinal pode ser atribuído ao discernimento de uma Assembleia continental? Ou dos organismos que reúnem as Conferências Episcopais à escala continental ou internacional?

c) Que papel desempenha o Bispo de Roma nestes processos de agrupamento de Igrejas? Como é que pode ser exercido?

3) Que elementos da antiga ordem eclesiástica devem ser integrados e atualizados para que as Estruturas Hierárquicas Orientais, as Conferências Episcopais e as Assembleias continentais sejam efetivamente instâncias intermédias de sinodalidade e colegialidade?

4) O Concílio Vaticano II afirma que a Igreja inteira e todas as suas partes beneficiam da comunicação mútua dos respetivos dons (cf. LG 13):

a) Que valor podem ter para as outras Igrejas as deliberações de um Concílio plenário, de um Concílio particular, de um Sínodo diocesano?

b) Que ensinamentos podemos retirar da rica experiência sinodal das Igrejas Católicas Orientais?

c) Em que medida a convergência de vários agrupamentos de Igrejas locais (Concílios particulares, Conferências Episcopais, etc.) sobre uma mesma questão compromete o Bispo de Roma a assumi-la para a Igreja universal?

d) Em que modo deve ser exercitado o serviço da unidade confiado ao Bispo de Roma quando as instâncias locais tiverem de assumir orientações entre ela diferentes? Que espaço existe para a diversidade de orientações entre as diversas regiões?

5) O que podemos aprender com a experiência de outras Igrejas e Comunidades eclesiais no que diz respeito aos agrupamentos de Igrejas locais para exercer a colegialidade e a sinodalidade?

B 3.5 Como se pode reforçar a instituição do Sínodo para que seja uma expressão da colegialidade episcopal numa Igreja totalmente sinodal?

Com o Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15 de setembro de 1965), São Paulo VI instituiu o Sínodo como «concílio permanente dos Bispos para a Igreja universal». Assim, aceitou o pedido da assembleia conciliar de assegurar a participação dos Bispos na solicitude por toda a Igreja, tendo o cuidado de especificar que «este Sínodo, como qualquer instituição humana, pode ser aperfeiçoado com o passar do tempo». Com a Constituição Apostólica Episcopalis communio (15 de setembro de 2018), o Papa Francisco concretizou este esperado “aperfeiçoamento”, transformando o Sínodo de um acontecimento circunscrito a uma assembleia de Bispos num processo de escuta articulado em etapas (cf. art. 4), no qual toda a Igreja e todos na Igreja - Povo de Deus, Colégio episcopal, Bispo de Roma - são verdadeiramente participantes.

a) O Sínodo 2021-2024 está a demonstrar claramente que o processo sinodal é o contexto mais adequado para o exercício integrado do primado, da colegialidade e da sinodalidade como elementos inalienáveis de uma Igreja em que cada sujeito desempenha a sua função peculiar da melhor forma possível e em sinergia com os outros;

b) compete ao Bispo de Roma convocar a Igreja em Sínodo, convocando uma Assembleia para a Igreja universal, bem como iniciar, acompanhar e concluir o respetivo processo sinodal. Esta prerrogativa pertence-lhe como «perpétuo e visível fundamento da unidade, não só dos Bispos mas também da multidão dos Fiéis» (LG 23);

c) uma vez que «cada um dos Bispos é princípio e fundamento visível da unidade nas suas respetivas igrejas [...] das quais e pelas quais existe a Igreja católica, una e única» (LG 23), compete a cada Bispo diocesano iniciar, acompanhar e concluir a consulta do Povo de Deus na sua Igreja. À luz da solicitude que os Bispos têm pela Igreja universal (cf. LG 23), compete-lhes também cooperar nos organismos supradiocesanos onde se exerce a sinodalidade e a colegialidade, desempenhando a função de discernimento eclesial própria do ministério episcopal;

d) embora estes organismos não reúnam todo o Colégio episcopal, o discernimento realizado pelos Pastores através deles assume um caráter colegial, devido à própria finalidade do ato. De fato, as Assembleias dos Bispos, no âmbito do processo sinodal, têm a tarefa de escrutinar os resultados das consultas nas Igrejas locais, nas quais se manifesta o sentido da fé do Povo de Deus. Como poderia um ato não colegial discernir o que o Espírito diz à Igreja através da consulta do Povo de Deus que «não pode enganar-se na fé» (LG 12)?

e) A experiência sinodal até agora realizada mostrou também como é possível desenvolver um efetivo exercício de colegialidade numa Igreja sinodal: embora o discernimento seja um ato que compete em primeiro lugar «àqueles que presidem na Igreja» (LG 12), ganhou em profundidade e adesão aos temas a examinar graças ao contributo dos outros membros do Povo de Deus que participaram nas Assembleias continentais.

Pergunta para discernimento

À luz da relação dinâmica e circular entre a sinodalidade da Igreja, a colegialidade episcopal e o primado petrino, como aperfeiçoar a instituição do Sínodo para que se torne um espaço certo e garantido para o exercício da sinodalidade, assegurando a plena participação de todos - Povo de Deus, Colégio episcopal e Bispo de Roma - no respeito das suas funções específicas? Como avaliar a experiência de extensão participativa a um grupo de “não-bispos” na primeira sessão da XVI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos (outubro de 2023)?

Sugestões para a oração e a reflexão preparatória

1) O processo sinodal introduz na Igreja «um dinamismo de comunhão que inspira todas as decisões eclesiais»[19]:

a) Como é que este dinamismo se pode tornar o modo de proceder habitual a todos os níveis da vida da Igreja?

b) Qual é o papel do princípio de autoridade?

c) Como é que muda a compreensão da autoridade na Igreja a diferentes níveis, incluindo a do Bispo de Roma?

2) A primeira fase do caminho sinodal concretiza o movimento do particular para o universal, com a consulta do Povo de Deus nas Igrejas locais e os subsequentes atos de discernimento nas Estruturas Hierárquicas Orientais e nas Conferências Episcopais, primeiro, e nas Assembleias continentais, depois:

a) como garantir que a consulta capte verdadeiramente a manifestação do sentido da fé do Povo de Deus que vive numa determinada Igreja?

b) Como se pode reforçar a «fecunda ligação entre o sensus fidei do Povo de Deus e a função magisterial dos Pastores» (DP 14) nas Estruturas Hierárquicas Orientais, nas Conferências Episcopais e nas Assembleias continentais?

c) Até que ponto é desejável uma presença de membros qualificados do Povo de Deus também nas Assembleias das Conferências Episcopais, bem como nas Assembleias continentais?

d) Que função podem desempenhar os organismos eclesiais permanentes constituídos por mais do que bispos, como a Conferência Eclesial recentemente criada para a Região Amazônica?

3) A segunda fase do caminho sinodal exprime, na Assembleia dos Bispos convocada para Roma, a universalidade da Igreja que escuta o que o Espírito disse ao Povo de Deus:

a) Como é que esta assembleia episcopal se insere no processo sinodal?

b) Como é que se consegue a continuidade com a primeira fase do processo sinodal? A presença de testemunhas qualificadas é suficiente para a garantir?

c) Se as Assembleias das Conferências Episcopais e as Assembleias continentais são atos de discernimento, como se caracteriza este novo ato de discernimento e que valor tem?

4) A terceira fase envolve o movimento de retorno dos resultados da Assembleia sinodal às Igrejas locais e a sua implementação: o que pode ajudar a realizar plenamente a «interioridade mútua» entre as dimensões universal e local da única Igreja?

______________________

[1] Doravante, por uma questão de brevidade e salvo indicação em contrário, as expressões “Assembleia” e “Assembleia Sinodal” referem-se à sessão de outubro de 2023, ao serviço da qual este IL é colocado.

[2] FRANCISCO, Discurso para a comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, 17 de outubro de 2015 (cf. DP 15).

[3] A expressão «Igreja local» aqui indica o que o Código de Direito Canônico chama de «Igreja particular».

[4] A seção B oferecerá as razões para a inversão da ordem com relação ao subtítulo do Sínodo: cf. infra n. 44

[5] FRANCISCO, Momento de reflexão para o início do percurso sinodal, 9 de outubro de 2021.

[6] Francisco, Discurso por ocasião da comemoração do 50.º aniversário da instituição do Sínodo dos Bispos, 17 de outubro de 2015.

[7] Por exemplo, o parágrafo n. 128 do Documento Final afirma: «Portanto, não é suficiente ter estruturas, se não forem desenvolvidos relacionamentos autênticos dentro delas; na verdade, é a qualidade desses relacionamentos que evangeliza».

[8] Cf. Congregação para a Doutrina da Fé, Carta Iuvenescit Ecclesia, 15 de maio de 2016, 13-18.

[9] Francisco, Momento de reflexão para o início do processo sinodal, 9 de outubro de 2021.

[10] XV Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, Os jovens, a fé e o discernimento vocacional. Documento Final, 27 de outubro de 2018, 25.

[11] Francisco, Discurso a Sua Santidade Mar Awa III Catholicos-Patriarca da Igreja Assíria do Oriente, 19 de novembro de 2022.

[12] Conselho Pontifício para a Promoção da Unidade dos Cristãos, O Bispo e a Unidade dos Cristãos: Vademecum Ecumênico, 5 de junho de 2020, 4.

[13] São João Paulo II, Enc Lett. Ut unum sint, 25 de maio de 1995, 95; texto citado em EG 32 e EC 10.

[14] Francisco, Discurso à Oração Ecumênica, Centro Ecumênico do CMI (Genebra), 21 de junho de 2018.

[15] Cf. Congregação para o Culto Divino e a Disciplina dos Sacramentos, Instrução Varietates legitimae, 25 de janeiro de 1994.

[16] Francisco, Discurso por ocasião da comemoração do 50.º aniversário da instituição do Sínodo dos Bispos, 17 de outubro de 2015.

[17] Ibid.

[18] Ibid.

[19] Ibid.

[01015-PO.01] [Texto original: Italiano-Inglês]

Traduzione in lingua tedesca

XVI. ORDENTLICHE GENERALVERSAMMLUNG DER BISCHOFSSYNODE

INSTRUMENTUM LABORIS

FÜR DIE ERSTE SITZUNG

(OKTOBER 2023)

 

INHALT

Vorwort

Der bisherige Weg

Eine Arbeitshilfe für die zweite Etappe des Synodalen Weges

Textaufbau

A. Für eine synodale Kirche. Eine ganzheitliche Erfahrung

A 1. Die besonderen Merkmale einer synodalen Kirche

A 2. Ein zukunftsweisender Weg für die synodale Kirche: das Gespräch im Geist

B. Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe. Drei prioritäre Fragestellungen für eine synodale Kirche.

B 1. Eine Gemeinschaft, die ausstrahlt: Wie können wir noch stärker zu einem Zeichen und Werkzeug der Vereinigung mit Gott und der Einheit der ganzen Menschheit werden?

B 2. Gemeinsame Verantwortung in der Sendung: Wie können wir Fähigkeiten und Aufgaben im Dienst des Evangeliums besser miteinander teilen?

B 3. Teilhabe, Verantwortung und Autorität. Welche Prozesse, Strukturen und Institutionen gibt es in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche?

ARBEITSBLÄTTER FÜR DIE SYNODALVERSAMMLUNG

Einführung

Arbeitsblätter für B1. Eine Gemeinschaft, die ausstrahlt

B 1.1 Auf welche Weise nähren der Dienst der Nächstenliebe, der Einsatz für Gerechtigkeit und die Sorge für das gemeinsame Haus die Gemeinschaft in einer synodalen Kirche?

B 1.2 Wie kann eine authentische Kirche das Versprechen glaubwürdig machen, dass „Huld und Treue einander begegnen“ (Ps 85,11)?

B 1.3 Wie kann eine dynamische Beziehung wachsen, damit die Kirchen untereinander Gaben tauschen?

B 1.4 Wie kann eine synodale Kirche ihre Sendung besser durch ein erneutes ökumenisches Engagement erfüllen?

B 1.5 Wie können wir im Licht des Evangeliums den Reichtum der Kulturen erkennen und zusammenführen und den Dialog mit den Religionen weiterentwickeln?

Arbeitsblätter für B2: Gemeinsame Verantwortung in der Sendung

B 2.1 Wie können wir uns zusammen auf den Weg zu einem gemeinsamen Bewusstsein für die Bedeutung und den Inhalt der Sendung machen?

B 2.2 Was müssen wir tun, damit eine synodale Kirche auch eine auf die Sendung ausgerichtete, „voll und ganz dienstamtliche“ Kirche ist?

B 2.3 Wie kann die Kirche unserer Zeit ihre Sendung durch eine stärkere Anerkennung und Förderung der Taufwürde von Frauen fördern?

B 2.4 Wie lässt sich das Weiheamt in seinem Verhältnis zu den Taufämtern in sendungsorientierter Hinsicht besser zur Geltung bringen?

B 2.5 Wie kann das Bischofsamt in missionarisch-synodaler Hinsicht neugestaltet und gefördert werden?

 

Arbeitsblätter für B3: Teilhabe, Verantwortung und Autorität

B 3.1 Wie können der Dienst der Autorität und die Ausübung von Verantwortung in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche erneuert werden?

B 3.2 Wie können wir Unterscheidungspraktiken und Entscheidungsprozesse auf wahrhaft synodale Weise weiterentwickeln und dabei die leitende Rolle des Geistes besser einbringen?

B 3.3 Welche Strukturen können entwickelt werden, um eine auf die Sendung ausgerichtete, synodale Kirche zu festigen?

B 3.4 Wie können Instanzen für Synodalität und Kollegialität gestaltet werden, in denen Gruppierungen der Ortskirchen zusammengeschlossen sind?

B 3.5 Wie kann die Synode als Institution gestärkt werden, damit sie Ausdruck bischöflicher Kollegialität in einer voll und ganz synodalen Kirche wird?

ABKÜRZUNGEN

 

AG      Zweites Vatikanisches Konzil: Dekret Ad gentes (7. Dezember 1965)

CA      Hl. Papst Johannes Paul II.: Enzyklika Centesimus annus (1. Mai 1991)

CL       Hl. Papst Johannes Paul II.: Nachsynodale Apostolische Exhortation Christifideles laici (30. Dezember 1988)

CV      Papst Franziskus: Nachsynodale Apostolische Exhortation Christus vivit (25. März 2019)

DP       Generalsekretariat der Synode: Für eine synodale Kirche. Gemeinschaft, Teilhabe, Sendung. Vorbereitungsdokument (2021)

DTC    Generalsekretariat der Synode: Für eine synodale Kirche. Gemeinschaft. Teilhabe, Sendung. “Mach den Raum deines Zeltes weit“ (Jes 54,2). Arbeitsdokument für die kontinentale Etappe (2022)

DV      Zweites Vatikanisches Konzil: Dogmatische Konstitution Dei verbum (18. November 1965)

EC       Papst Franziskus: Apostolische Konstitution Episcopalis communio (15. September 2018)

EG      Papst Franziskus: Apostolische Exhortation Evangelii gaudium (24. November 2013)

FT       Papst Franziskus: Enzyklika Fratelli tutti (3. Oktober 2020)

GS       Zweites Vatikanisches Konzil: Pastoralkonstitution Gaudium et spes (7. Dezember 1965)

IL        Instrumentum laboris

LG       Zweites Vatikanisches Konzil: Dogmatische Konstitution Lumen gentium (21. November 1964)

PE       Papst Franziskus: Apostolische Konstitution Praedicate Evangelium (19. März 2022)

SC       Zweites Vatikanisches Konzil: Konstitution Sacrosanctum Concilium (4. Dezember 1963)

UR      Zweites Vatikanisches Konzil: Dekret Unitatis redintegratio (21. November 1964)

Instrumentum laboris

Vorwort

„Der Gott der Geduld und des Trostes aber schenke euch, eines Sinnes untereinander zu sein, Christus Jesus gemäß, damit ihr Gott, den Vater unseres Herrn Jesus Christus, einmütig und mit einem Munde preist“ (Röm 15,5–6).

Der bisherige Weg

1. Seit Papst Franziskus im Oktober 2021 die gesamte Kirche zur Synode einberufen hat, ist das Volk Gottes auf dem Weg. Ausgehend von ihren Lebenskontexten und -bereichen haben die Ortskirchen auf der ganzen Welt nun die Anhörung des Volkes Gottes in die Wege geleitet und dabei die in Nr. 2 des Vorbereitungsdokuments (VD) formulierte grundlegende Fragestellung aufgegriffen: „Wie gestaltet man heute, auf den verschiedenen Ebenen (von der lokalen zur universalen) jenes „gemeinsam Gehen“, das es der Kirche erlaubt, entsprechend der ihr anvertrauten Sendung das Evangelium zu verkünden; und welche Schritte lädt der Heilige Geist uns ein zu gehen, um als synodale Kirche zu wachsen?“ Die Früchte der Anhörung wurden auf der Ebene der Diözesen gesammelt und dann zusammengefasst und den Synoden der katholischen Ostkirchen und den Bischofskonferenzen zugesandt. Diese haben jeweils eine Synthese erarbeitet, die dem Generalsekretariat der Synode zugeleitet wurde.

2. Das Arbeitsdokument für die kontinentale Etappe (AKE) wurde nach der Lektüre und Analyse der eingeholten Dokumente erstellt und steht im Dienst einer Etappe, die einen neuen Schritt innerhalb des synodalen Prozesses darstellt. Das AKE wurde an die Ortskirchen überall auf der Welt mit der Bitte zurückgesandt, sich damit auseinanderzusetzen und anschließend auf den sieben Kontinentalversammlungen zusammenzukommen und in einen Dialog zu treten. Während dieser Zeit wurde die Arbeit der Synode auch digital fortgesetzt. Ziel war es, sich auf die Erkenntnisse und Spannungsfelder zu konzentrieren, die sich am stärksten in den Erfahrungen der Kirche auf den einzelnen Kontinenten widerspiegeln, und aus dem Blickwinkel der jeweiligen Kontinente diejenigen Prioritäten herauszuarbeiten, die auf der ersten Sitzung der Synodalversammlung (Oktober 2023) behandelt werden sollen.

3. Dieses Instrumentum laboris (IL) wurde auf der Grundlage des gesamten während der Anhörungsphase gesammelten Materials und insbesondere der Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen ausgearbeitet. Mit seiner Veröffentlichung wird die erste Phase der Synode „Für eine synodale Kirche: Gemeinschaft, Teilhabe und Sendung“ abgeschlossen und die zweite Phase eröffnet, die in die beiden Sitzungen[1] (Oktober 2023 und 2024) untergliedert ist, in deren Rahmen die XVI. ordentliche Generalversammlung der Bischofssynode stattfinden wird. Ihr Ziel soll es sein, den Prozess im Alltag der Kirche weiter mit Leben zu füllen und dabei jene Wege aufzuzeigen, zu denen der Geist uns einlädt, um noch entschlossener als ein Volk Gottes voranzuschreiten. Die Frucht, um die wir für die nächste Vollversammlung bitten, ist, dass der Geist die Kirche durch seine Eingebung dazu ermutigen möge, gemeinsam als Volk Gottes in Treue zu jener Sendung zu gehen, die der Herr ihr anvertraut hat. Denn der Sinn des synodalen Prozesses „ist es nicht, Dokumente zu verfassen, sondern Horizonte der Hoffnung für die Erfüllung der Sendung der Kirche aufzutun“ (AKE 6).

4. Der bisherige Weg und besonders die kontinentale Etappe haben es ermöglicht, die besonderen Situationen, die die Kirche in den verschiedenen Regionen der Welt erlebt, zu erfassen und sich darüber auszutauschen. Dazu zählen die Tatsache, dass zu viele Kriege im Gange sind, die unsere Welt mit Blut beflecken und zu neuerlichem Engagement für den Aufbau eines gerechten Friedens aufrufen, die Bedrohung durch den Klimawandel, die die Sorge um das gemeinsame Haus zu einer absoluten Priorität werden lässt, der Ruf nach Widerstand gegen ein Wirtschaftssystem, das Ausbeutung, Ungleichheit und eine Wegwerfkultur verursacht, und der Wunsch, sich dem Vereinheitlichungsdruck des kulturellen Kolonialismus zu widersetzen, der Minderheiten niederdrückt. Situationen wie Verfolgung bis hin zum Märtyrertod und Emigration, die Gemeinschaften immer weiter aushöhlen und ihr Überleben bedrohen, werden zutiefst beklagt. Die Kirchen haben ihre Besorgnis geäußert, ob sie für den Umgang mit dringenden gesellschaftlichen Phänomenen gewappnet sind, angefangen bei dem immer stärker um sich greifenden kulturellen Pluralismus, der heute die gesamte Welt erfasst, über das Erleben christlicher Gemeinschaften, die in dem Land, in dem sie leben, vereinzelte Minderheiten darstellen, bis hin zu der Erfahrung, mit einer immer weiter fortschreitenden und bisweilen aggressiven Säkularisierung zurechtzukommen, die religiöses Erleben für bedeutungslos zu halten scheint, in der es die Menschen aber nach wie vor nach der Frohen Botschaft des Evangeliums dürstet. In vielen Regionen sind die Kirchen zutiefst von der Krise betroffen, die durch verschiedene Formen des Missbrauchs verursacht wird, wie sexueller Missbrauch und Missbrauch von Macht, Gewissen und Geld. Dies sind offene Wunden, deren Folgen noch nicht in der Tiefe aufgearbeitet sind. Neben der Bitte um Vergebung, die sie den Opfern und Überlebenden für das von ihr verursachte Leid schuldig ist, muss die Kirche sich verstärkt und intensiver für Umkehr und Reformen einsetzen, um zu verhindern, dass sich ähnliche Situationen in Zukunft wiederholen.

5. In diesem vielfältigen, doch weltweit von Gemeinsamkeiten geprägten Kontext findet der synodale Weg statt. Auch die Synodalversammlung ist dann dazu aufgerufen, intensiv zuzuhören, in welchen Situationen die Kirche lebt und ihre Sendung ausführt. Nur wenn sie in einen spezifischen Kontext gestellt wird, gewinnt die oben aufgezeigte, grundlegende Fragestellung an Konkretheit und offenbart ihre missionarische Dringlichkeit. Auf dem Spiel stehen die Fähigkeit, das Evangelium zu verkünden, indem wir die Frauen und Männer unserer Zeit genau dort auf ihrem Weg abholen, wo sie gerade stehen, und die Praxis gelebter Katholizität, indem wir gemeinsam mit den Kirchen gehen, die unter besonders leidvollen Bedingungen leben (vgl. LG 23).

6. Zur Synodalversammlung bringen wir reiche Früchte mit, die wir in der Phase des Zuhörens gesammelt haben. Vor allem haben wir erlebt, welche Quelle der Freude die aufrichtige, respektvolle Begegnung unter den Schwestern und Brüdern im Glauben ist: Einander zu begegnen bedeutet, dem Herrn zu begegnen, der in unserer Mitte ist! So konnten wir die Katholizität der Kirche, die bei aller Verschiedenheit der Altersgruppen, Geschlechter und sozialen Verhältnisse einen außerordentlichen Reichtum an Charismen und kirchlichen Berufungen verkörpert und einen reichen Schatz an unterschiedlichen Sprachen, Kulturen, liturgischen Ausdrucksformen und theologischen Traditionen birgt, mit Händen greifen. Sie sind das Geschenk jeder einzelnen Ortskirche an alle anderen (vgl. LG 13), und die synodale Dynamik ist ein Weg, um diese reiche Vielfalt in Beziehung zu setzen und zu fördern, ohne sie zur Gleichförmigkeit zu verflachen. Ebenso haben wir entdeckt, dass es gemeinsame Fragestellungen gibt, auch wenn Synodalität in verschiedenen Teilen der Welt aufgrund des gemeinsamen Erbes der apostolischen Tradition unterschiedlich erlebt und verstanden wird. Teil der Herausforderung ist es, zu unterscheiden, welche Ebene für die Behandlung der einzelnen Fragen am besten geeignet ist. Auch manche Spannungen werden von allen erlebt. Wir sollten uns weder von ihnen verschrecken lassen noch um jeden Preis versuchen, sie zu lösen, sondern uns vielmehr um eine fortwährende synodale Unterscheidung bemühen. Nur so können Spannungen zu Energiequellen werden und nicht in destruktive Polarisierung abgleiten.

7. Durch die erste Etappe ist uns erneut bewusst geworden, dass unser Anliegen, eine immer synodalere Kirche zu werden, Ausdruck unserer Identität und Berufung ist: Gemeinsam zu gehen, also synodal zu handeln, ist der Weg, um wahrhaftig zu Jüngerinnen und Jüngern, Freundinnen und Freunden jenes Herrn und Meisters zu werden, der von sich gesagt hat: „Ich bin der Weg“ (Joh 14,6). Heute ist dies auch eine tiefe Sehnsucht: Haben wir diese einmal als Geschenk erfahren, wollen wir das auch weiter, wohl wissend, dass dieser Weg am jüngsten Tag erfüllt wird, wenn wir durch Gottes Gnade Teil jener Heerscharen werden, die in der Offenbarung beschrieben sind: „Danach sah ich und siehe, eine große Schar aus allen Nationen und Stämmen, Völkern und Sprachen; niemand konnte sie zählen. Sie standen vor dem Thron und vor dem Lamm, gekleidet in weiße Gewänder, und trugen Palmzweige in den Händen. Sie riefen mit lauter Stimme und sprachen: Die Rettung kommt von unserem Gott, der auf dem Thron sitzt, und von dem Lamm.“ (Offb 7,9–10). Dieser Text zeichnet uns das Bild von einer Kirche, in der über all jene Unterschiede hinweg, die sie ausmachen, eine vollkommene Gemeinschaft regiert, Unterschiede, die in der einen, noch zu vollendenden Sendung beibehalten und vereinigt werden, nämlich an jener Liturgie des Lobgesangs teilzuhaben, der von allen Geschöpfen in der Einheit des Heiligen Geistes durch Christus zum Vater aufsteigt.

8. Der Fürsprache dieser Schwestern und Brüder, die bereits die vollkommene Gemeinschaft der Heiligen erleben (vgl. LG 50), und insbesondere der Mariens, die als Mutter der Kirche ihre Heerscharen anführt (vgl. LG 63), vertrauen wir die Arbeit der Versammlung und die Fortführung unseres Engagements für eine synodale Kirche an. Wir bitten darum, dass die Versammlung ein Augenblick der Ausgießung des Geistes sein möge, und mehr noch, dass uns Gnade begleiten möge, wenn die Zeit gekommen ist, ihre Früchte im täglichen Leben der christlichen Gemeinschaften in der ganzen Welt zum Tragen zu bringen.

Eine Arbeitshilfe für die zweite Etappe des synodalen Weges

9. Die Neuerungen, die die Synode 2021–2024 ausmachen, spiegeln sich unweigerlich in Sinn und Dynamik der Synodalversammlung und damit auch im Aufbau des Instrumentum laboris (IL) wider, das ihr für ihre Durchführung dienen soll. Insbesondere hat die lange und strukturierte Phase des Zuhörens bereits zur Erstellung einer Vielzahl von Dokumenten geführt wie dem Vorbereitungsdokument, den Synthesen der Ortskirchen, dem Arbeitsdokument für die kontinentale Etappe (AKE) und den Abschlussdokumenten der Kontinentalversammlungen. Auf diese Weise ist unter den Ortskirchen sowie zwischen ihnen und dem Generalsekretariat der Synode ein auf gegenseitiger Information beruhender Kommunikationszyklus entstanden. Das vorliegende IL setzt die bisherigen Dokumente weder außer Kraft, noch verleibt es sich deren gesamten Reichtum ein, sondern es ist in ihnen verwurzelt und nimmt kontinuierlich auf sie Bezug. Auch bei der Vorbereitung der Versammlung werden die Mitglieder der Synode gebeten, die bisherigen Dokumente und insbesondere das AKE und die Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen sowie das der Digitalen Synode als Hilfsmittel für ihre eigene Unterscheidung im Auge zu behalten. Vor allem die Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen sind besonders wertvoll, um die verschiedenen Kontexte und die damit verbundenen Herausforderungen in ihrer Konkretheit zu erfassen. Die gemeinsame Arbeit der Synodalversammlung darf diese nicht außer Acht lassen. Das umfangreiche Material, das im Sonderbereich der Website der Synode 2021–2024, www.synod.va, zusammengestellt wurde, und insbesondere die Apostolische Konstitution Episcopalis communio sowie die beiden Dokumente der Internationalen Theologischen Kommission, „Die Synodalität in Leben und Sendung der Kirche“ (2018) und „Der sensus fidei im Leben der Kirche“ (2014), können ebenfalls eine Hilfe sein.

10. In Anbetracht der Fülle des bereits vorhandenen Materials ist das IL als Praxishilfe für die Durchführung der Synodalversammlung im Oktober 2023 und somit für deren Vorbereitung konzipiert. Umso mehr gilt für das IL das, was bereits im AKE dazu gesagt wird: „Es ist weder ein Dokument des Lehramts der Kirche, noch ist es ein Report zu einer soziologischen Umfrage; in ihm werden weder Hinweise für die Praxis, Zielvorstellungen und Zielsetzungen formuliert, noch ist es eine abschließende Ausarbeitung einer theologischen Sicht“ (8). Dies könnte auch gar nicht anders sein, zumal das IL Teil eines noch nicht abgeschlossenen Prozesses ist. Nichtsdestoweniger geht das IL einen Schritt über das AKE hinaus, indem es auf den Erkenntnissen der ersten Etappe und vor allem der Arbeit der Kontinentalversammlungen aufbaut und einige der Prioritäten formuliert, die sich aus der Anhörung des Volkes Gottes ergeben haben, dies jedoch nicht in Form von Behauptungen oder Standpunkten tut. Stattdessen werden sie als Fragestellungen an die Synodalversammlung formuliert, die dann die Aufgabe hat, die Unterscheidung vorzunehmen, um einige konkrete Schritte für ein weiteres Wachsen als synodale Kirche zu erkennen und diese dann dem Heiligen Vater vorzutragen. Erst dann wird jene besondere Dynamik des Zuhörens abgeschlossen sein, bei der „jeder etwas zu lernen hat: das gläubige Volk, das Bischofskollegium, der Bischof von Rom – jeder im Hinhören auf die anderen und alle im Hinhören auf den Heiligen Geist, den „Geist der Wahrheit“ (Joh 14,17), um zu erkennen, was er „den Kirchen sagt“ (Ap 2,7).[2] In diesem Licht ergibt sich klar, weshalb das IL nicht als ein erster Entwurf des Abschlussdokuments der Synodalversammlung verstanden werden kann, der nur noch zu korrigieren oder abzuändern wäre, auch wenn er ein Grundverständnis der synodalen Dimension der Kirche umreißt, auf dessen Grundlage die weitere Unterscheidung erfolgen kann. Ebenso klar ist, dass die Mitglieder der Synodalversammlung die Hauptempfänger des IL sind, das andererseits der Öffentlichkeit nicht nur aus Gründen der Transparenz, sondern auch als Hilfsmittel zur Umsetzung kirchlicher Initiativen zugänglich gemacht wird. Es kann insbesondere die Mitwirkung an der synodalen Dynamik auf örtlicher und regionaler Ebene fördern, während man auf weitere maßgebliche Ergebnisse der Synodalversammlung wartet. So sind die Ortskirchen aufgerufen, zu beten, nachzudenken, zu handeln und ihren eigenen Beitrag zu leisten.

11. Die Fragen, die das IL stellt, sind Ausdruck des reichen Prozesses, anhand dessen sie ausgearbeitet wurden: Sie tragen die Handschrift der Namen und Gesichter derer, die sich daran beteiligt haben, bezeugen die Glaubenserfahrung des Gottesvolkes und tragen daher den Stempel einer transzendenten Bedeutung. Aus diesem Blickwinkel betrachtet, zeigen sie einen Horizont auf und laden dazu ein, vertrauensvoll weitere Schritte zu gehen, um die Praxis der synodalen Dimension der Kirche zu vertiefen. Aus der ersten Etappe ist das Bewusstsein dafür entstanden, dass die Ortskirche[3] als theologischer Ort, an dem die Getauften das „gemeinsame Gehen“ konkret erleben, unbedingt als privilegierter Bezugspunkt genommen werden muss. Dies führt jedoch nicht zu einem Rückzug. Keine Ortskirche kann außerhalb der Beziehungen leben, die sie mit allen anderen vereint, darunter auch die ganz besondere Beziehung zur Römischen Kirche, die durch das Amt ihres Hirten, der die ganze Kirche zur Synode zusammengerufen hat, beauftragt ist, der Einheit zu dienen.

12. Diese Fokussierung auf die Ortskirchen erfordert die Berücksichtigung der Verschiedenheit und Vielfalt der Kulturen, Sprachen und Ausdrucksweisen. Insbesondere können dieselben Worte - man denke z.B. an Autorität oder Leitung - in verschiedenen Sprach- und Kulturräumen vor allem dann, wenn ein Begriff in gewissen Kontexten mit bestimmten theoretischen oder ideologischen Ansätzen assoziiert wird, ganz unterschiedlich konnotiert sein. Das IL ist bestrebt, eine Sprache zu vermeiden, die spaltet, in der Hoffnung, ein besseres Verständnis unter den aus unterschiedlichen Regionen oder Traditionen stammenden Mitgliedern der Synodalversammlung zu fördern. Die gemeinsame Richtschnur kann dabei nur die Auffassung des Zweiten Vatikanischen Konzils sein, ausgehend von der Katholizität des Volkes Gottes, denn in ihm fügen „die einzelnen Teile ihre eigenen Gaben den übrigen Teilen und der ganzen Kirche hinzu, so dass das Ganze und die einzelnen Teile zunehmen aus allen, die Gemeinschaft miteinander halten und zur Fülle in Einheit zusammenwirken, [...] unbeschadet des Primats des Stuhles Petri, welcher der gesamten Liebesgemeinschaft vorsteht, die rechtmäßigen Verschiedenheiten schützt und zugleich darüber wacht, daß die Besonderheiten der Einheit nicht nur nicht schaden, sondern ihr vielmehr dienen“ (LG 13). Diese Katholizität verwirklicht sich in der Beziehung der wechselseitigen Innerlichkeit zwischen der Weltkirche und den Ortskirchen, in denen und aus denen „die eine und einzige katholische Kirche besteht“ (LG 23). Der synodale Prozess, der sich in der ersten Phase in den Ortskirchen abgespielt hat, erreicht nun mit der Durchführung der beiden Sitzungen der XVI. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode seine zweite Etappe.

Textaufbau

13. Dieses IL unterteilt sich in zwei Abschnitte, die der Aufgabengliederung der Kontinentalversammlungen (und somit den Inhalten der einzelnen Abschlussdokumente) entsprechen: Zunächst sollten sie die Erfahrungen auf dem Weg während der ersten Etappe nochmals aufgreifen, um herauszuarbeiten, was die Kirche auf den einzelnen Kontinenten aus den Erfahrungen damit, wie die synodale Dimension im Dienste der Sendung gelebt wurde, gelernt hat. Dann sollte eine Unterscheidung erfolgen, welche Resonanz aus den Ortskirchen des Kontinents bei der Auseinandersetzung mit dem AKE zurückgespiegelt wurde, um festzulegen, welche Prioritäten für die Unterscheidung während der Synodalversammlung festgelegt werden sollten.

 

14. Abschnitt A des IL mit dem Titel „Für eine synodale Kirche“ versucht, die Erkenntnisse aus der Auseinandersetzung mit dem bisher zurückgelegten Weg zusammenzutragen. Zunächst werden eine Reihe grundlegender Eigenschaften oder Unterscheidungsmerkmale einer synodalen Kirche herausgearbeitet. Es wird somit das Bewusstsein dafür formuliert, dass sich eine synodale Kirche auch durch eine besondere Vorgehensweise auszeichnet, für die gemäß den Erfahrungen der ersten Etappe das Gespräch im Geist als solche definiert wird. Die Versammlung wird dazu eingeladen, auf diese Erkenntnisse zu reagieren, mit dem Ziel, sie klarzustellen und näher auszuformulieren. In Abschnitt B mit dem Titel „Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe“[4] werden in Form von drei Fragestellungen die Prioritäten formuliert, die sich auf den Kontinenten am stärksten herauskristallisiert haben, und der Versammlung zur Unterscheidung vorgelegt. Um die Dynamik der Synodalversammlung und insbesondere die Gruppenarbeit (Circuli Minores) zu fördern, werden für jede der drei Prioritäten fünf Arbeitsblätter vorgeschlagen, damit sie aus unterschiedlichen Blickwinkeln bearbeitet werden können.

15. Die drei Prioritäten aus Abschnitt B, die mit Hilfe der entsprechenden Arbeitsblätter ausgearbeitet wurden, betreffen umfangreiche, besonders relevante Themengebiete. Viele könnten Thema für eine ganze Synode sein oder waren es schon. In einer Reihe von Fällen liegen bereits zahlreiche, maßgebliche Beiträge des Lehramtes vor. Diese können während der Versammlung nicht ausführlich und vor allen Dingen unabhängig voneinander behandelt werden. Stattdessen sollten sie ausgehend davon, in welchem Bezug sie zum eigentlichen Arbeitsthema, nämlich der synodalen Kirche, stehen, behandelt werden. So zielen beispielsweise Verweise auf die dringende Notwendigkeit, Familien und Jugendlichen angemessene Aufmerksamkeit zu widmen, nicht darauf ab, zu einer Neubehandlung in der Familien- oder Jugendpastoral anzuregen. Sie dienen vielmehr dazu, besser herauszustellen, welche Chance die Umsetzung der Schlussfolgerungen der Synodalversammlungen von 2015 und 2018 und der Hinweise der anschließenden nachsynodalen Apostolischen Schreiben Amoris laetitia und Christus vivit darstellen kann, um gemeinsam als eine Kirche zu gehen, die fähig ist, aufzunehmen und zu begleiten und dazu die Veränderung von Regeln, Strukturen und Verfahren als notwendig zu akzeptieren. Dasselbe gilt für viele andere Themen, die aus den Arbeitspapieren hervorgehen.

16. Die Versammlung und ihre Mitglieder sind dazu aufgefordert, den Spannungsbogen zwischen der Gesamtsicht, welche die in Abschnitt A beschriebenen Arbeiten prägt, und der Festlegung der dementsprechend konkreten Schritte beizubehalten, auf welche die Arbeiten aus Abschnitt B schwerpunktmäßig abzielen. Davon wird abhängen, wie fruchtbar die Unterscheidung der Synodalversammlung ausfallen wird, deren Aufgabe es ist, die ganze Kirche dafür zu öffnen, die Stimme des Heiligen Geistes zu empfangen. Als Inspiration für diese Arbeiten der Versammlung könnte die „aus zwei Teilen bestehende“ Gliederung der pastoralen Konstitution Gaudium et spes dienen, die sich von ihrem Grundton und ihren Schwerpunkten her unterscheiden, aber „ein Ganzes bilden“ (GS, Fußnote 1).

 

A.    Für eine synodale Kirche

Eine ganzheitliche Erfahrung

„Es gibt verschiedene Gnadengaben, aber nur den einen Geist. Es gibt verschiedene Dienste, aber nur den einen Herrn. Es gibt verschiedene Kräfte, die wirken, aber nur den einen Gott: Er bewirkt alles in allen. Jedem aber wird die Offenbarung des Geistes geschenkt, damit sie anderen nützt.“ (1 Kor 12, 4–7).

17. Ein Merkmal ist den Erfahrungsberichten über die erste Etappe gemeinsam: die Überraschung der Teilnehmenden darüber, vor etwas zu stehen, mit dem sie nicht gerechnet hatten und das größer war als gedacht. Denjenigen, die daran teilnehmen, bietet der synodale Prozess eine Chance zur Begegnung im Glauben, die die Verbundenheit mit dem Herrn, die Geschwisterlichkeit zwischen den Menschen und die Liebe zur Kirche nicht nur auf individueller Ebene wachsen lässt, sondern die gesamte Gemeinschaft einbezieht und dynamisch gestaltet. Es ist die Erfahrung, einen Horizont der Hoffnung zu empfangen, der sich für die Kirche öffnet, ein deutliches Zeichen der Gegenwart und des Wirkens des Geistes, der sie in der Geschichte auf ihrem Weg zum Reich Gottes leitet (vgl. LG 5): „Der Protagonist der Synode ist der Heilige Geist“[5]. Je intensiver die Einladung zum gemeinsamen Gehen angenommen wurde, desto stärker ist die Synode dadurch zu jenem Weg geworden, auf dem das Volk Gottes begeistert, aber nicht naiv voranschreitet. Denn Probleme, Widerstände, Schwierigkeiten und Spannungen werden nicht verdeckt oder verborgen, sondern im Rahmen eines authentischen Dialogs aufgedeckt und benannt, der es ermöglicht, frei und ehrlich zu sprechen und zuzuhören. Der synodale Prozess stellt den Raum dar, in dem die im Evangelium begründete Art, Fragen anzusprechen, die oft fordernd gestellt werden oder für die es im Leben der Kirche heute keinen Ort der Annahme und Unterscheidung gibt, praktizierbar wird.

18. Ein an sich abstrakter bzw. theoretischer Begriff wie die Synodalität hat so allmählich in einer konkreten Erfahrung Gestalt angenommen. Aus dem Hinhören auf das Volk Gottes entsteht eine Synodalität, die man nun immer mehr „von innen heraus“ versteht und sich zu eigen macht und die sich nicht aus der Verkündigung eines Prinzips, einer Theorie oder einer Formel ableitet, sondern aus der Bereitschaft motiviert ist, in einen dynamischen Prozess des konstruktiven, respektvollen und vom Gebet getragenen Sprechens, Hörens und Dialogs einzutreten. Der Prozess entspringt der Wurzel, persönlich und als Gemeinschaft etwas anzunehmen, das zugleich Geschenk und Herausforderung ist, nämlich eine Kirche von Schwestern und Brüdern in Christus zu sein, die einander zuhören und dabei Schritt für Schritt vom Heiligen Geist verwandelt werden.

A 1. Die besonderen Merkmale einer synodalen Kirche

19. Aus diesem ganzheitlichen Verständnis erwächst das Bewusstsein für einige Eigenschaften und Merkmale, die eine synodale Kirche ausmachen. Es geht dabei um gemeinsame Überzeugungen, mit denen man sich mit Blick auf die Fortsetzung eines Weges, auf dem diese näher ausgeführt und geklärt werden, gemeinsam auseinandersetzen und über die man nachdenken will. Grundlage dafür sind die Arbeiten, die die Synodalversammlung aufnehmen wird.

20. Mit großem Nachdruck äußern alle Kontinente die Erkenntnis, dass eine synodale Kirche auf der Anerkennung der gemeinsamen, in der Taufe begründeten Würde aufbaut, die diejenigen, die sie empfangen, zu Söhnen und Töchtern Gottes, zu Mitgliedern seiner Familie und damit zu Schwestern und Brüdern in Christus macht, die von dem einen Geist erfüllt und zu einer gemeinsamen Mission ausgesandt sind. Paulus sagt dazu: „Durch den einen Geist wurden wir in der Taufe alle in einen einzigen Leib aufgenommen, Juden und Griechen, Sklaven und Freie; und alle wurden wir mit dem einen Geist getränkt.“ (1 Kor 12,13). Die Taufe schafft also eine echte Mitverantwortung unter den Gliedern der Kirche, die sich mit den Charismen jedes Einzelnen in der Teilhabe aller an der Sendung und am Aufbau der kirchlichen Gemeinschaft manifestiert. Eine synodale Kirche lässt sich nicht begreifen, außer im Horizont der Gemeinschaft, der immer auch eine Sendung ist, das Evangelium in allen Dimensionen der menschlichen Existenz zu verkünden und Fleisch werden zu lassen. Gemeinschaft und Sendung werden durch die gemeinsame Teilhabe an der Eucharistie gespeist, die die Kirche zu einem Leib macht, der in Christus „zusammengefügt und gefestigt“ (Eph 4,16) und fähig ist, gemeinsam dem Reich Gottes entgegenzugehen.

21. In diesem Bewusstsein wurzelt der Wunsch nach einer auch in ihren Institutionen, Strukturen und Verfahren immer synodaler werdenden Kirche, sodass ein Raum gebildet wird, in dem die gemeinsame Taufwürde und Mitverantwortung in der Sendung nicht nur bekräftigt, sondern auch ausgeübt und praktiziert werden. In diesem Raum wird die Ausübung von Autorität in der Kirche als Gabe geschätzt und soll nach dem Vorbild Jesu, der sich niederkniete, um seinen Jüngern die Füße zu waschen (vgl. Joh 13,1–11), immer stärker als „ein wahres Dienen, weshalb es in der Heiligen Schrift bezeichnenderweise mit dem Wort ,Diakonia‘, d. h. Dienst, benannt wird“ (LG 24), gestaltet werden.

22. Eine synodale Kirche ist eine Kirche des Zuhörens[6]: Dieses Bewusstsein ist die Frucht der Erfahrung des synodalen Weges, der von der lokalen über die kontinentale bis zur weltweiten Ebene ein Hinhören auf den Geist durch das Hören des Wortes, das Hören der Ereignisse aus der Geschichte und das gegenseitige Zuhören unter Menschen und kirchlichen Gemeinschaften ist. Für viele war die große Überraschung genau diese Erfahrung, nämlich dass ihnen die Gemeinschaft zuhört – und zwar bei einigen zum ersten Mal –, und dass sie so Anerkennung ihrer Würde erfahren, die von der Liebe des Vaters zu jedem seiner Söhne und jeder seiner Töchter zeugt. Dass sie zugehört haben und ihnen zugehört wurde, hat nach dem Beispiel, wie Jesus den Menschen zugehört hat, denen er begegnet ist, eine theologische und kirchliche und nicht nur funktionale Tiefe. Diese Art des Zuhörens dient dazu, alle Beziehungen zu prägen und zu verwandeln, die die christliche Gemeinschaft unter ihren Mitgliedern, zu anderen Glaubensgemeinschaften und zur Gesellschaft in ihrer Gesamtheit sowie insbesondere zu denen knüpft, deren Stimme am häufigsten überhört wird.

23. Als Kirche des Zuhörens möchte eine synodale Kirche demütig sein, und sie weiß, dass sie um Vergebung bitten und viel dazulernen muss. In einigen Dokumenten, die während der ersten Etappe gesammelt wurden, wird darauf hingewiesen, dass der synodale Weg unbedingt ein Weg der Buße sein muss und erkannt, dass wir die konstitutive synodale Dimension der kirchlichen Gemeinschaft nicht immer gelebt haben. Das heutige Gesicht der Kirche ist von schweren Vertrauens- und Glaubwürdigkeitskrisen gezeichnet. In vielen Kontexten haben Krisen im Zusammenhang mit sexuellem, finanziellem, Macht- und Gewissensmissbrauch die Kirche zu einer anspruchsvollen Gewissensprüfung gedrängt, damit sie auf einem Weg der Buße und Umkehr, der Wege der Versöhnung, Heilung und Gerechtigkeit eröffnet, „unter der Wirksamkeit des Heiligen Geistes nicht aufhöre, sich selbst zu erneuern“ (LG 9).

24. Eine synodale Kirche ist eine Kirche der Begegnung und des Dialogs. Auf dem Weg, den wir zurückgelegt haben, gilt dies besonders stark für die Beziehungen zu anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, mit denen wir durch das Band der einen Taufe vereint sind. Der Geist ist als „Prinzip der Einheit der Kirche“ (UR 2) in diesen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften am Werk und lädt uns ein, Wege des gegenseitigen Kennenlernens, des Teilens und der gemeinsamen Lebensgestaltung einzuschlagen. Auf lokaler Ebene wird die Bedeutung dessen, was bereits zusammen mit Mitgliedern anderer Kirchen und kirchlicher Gemeinschaften getan wird, ausdrucksstark vor allem als gemeinsames Zeugnis in soziokulturellen Kontexten deutlich, die so feindselig sind, dass in ihnen sogar Verfolgung - die Ökumene des Martyriums - stattfindet, und in Anbetracht der ökologischen Notlage. Überall entsteht im Einklang mit dem Lehramt des Zweiten Vatikanischen Konzils der Wunsch, den ökumenischen Weg zu vertiefen: Eine authentisch synodale Kirche kann gar nicht anders, als all jene einzubeziehen, die gemeinsam die eine Taufe empfangen haben.

25. Eine synodale Kirche ist gerufen, eine Kultur der Begegnung und des Dialogs mit den Gläubigen anderer Religionen und den Kulturen und Gesellschaften, in die sie eingebettet ist, zu pflegen und vor allem aber auch inmitten der vielen Unterschiedlichkeiten, die die Kirche selbst erlebt. Diese Kirche hat keine Angst vor der Vielfalt, die sie in sich birgt, sondern bringt sie zur Geltung, ohne sie zur Gleichförmigkeit zu zwingen. Der synodale Prozess war eine Gelegenheit, damit anzufangen zu lernen, was es bedeutet, Einheit in Vielfalt zu leben, eine Realität, die es weiter in dem Vertrauen darauf, dass der Weg klarer werden möge, je weiter wir voranschreiten, zu erkunden gilt. Daher fördert eine synodale Kirche den Schritt vom „Ich“ zum „Wir“, weil sie einen Raum darstellt, in dem der Ruf ergeht, Glieder eines Leibes zu sein, der die Vielfalt zur Geltung bringt, aber durch den einen Geist eins wird. Es ist der Geist, der anspornt, den Herrn zu erhören und ihm als Volk im Dienst der einen Sendung zu antworten, allen Völkern das Heil zu verkünden, das Gott in Jesus Christus geschenkt hat. Dies geschieht in äußerst vielfältigen Kontexten: Niemand wird aufgefordert, seinen eigenen aufzugeben, sondern vielmehr, ihn noch tiefer zu begreifen und zu verkörpern. Wenn wir diese Sichtweise nach den Erfahrungen der ersten Etappe wieder aufgreifen, erscheint Synodalität zuallererst als eine Dynamik, die konkrete lokale Gemeinschaften mit Leben füllt. Übertragen auf eine universellere Ebene, umfasst dieser Schwung sämtliche Dimensionen und Realitäten der Kirche, die authentisch katholisch in Bewegung ist.

26. Die in der Vielfalt der Kontexte und Kulturen gelebte Synodalität erweist sich als eine konstitutive Dimension der Kirche seit deren Anfängen, auch wenn sie noch im Werden ist. Sie drängt sogar, immer stärker umgesetzt zu werden, und ist Ausdruck eines radikalen Aufrufs zu Umkehr, Veränderung, Gebet und Handeln, der sich an alle richtet. In diesem Sinne ist eine synodale Kirche offen, einladend und nimmt alle auf. Es gibt keine Grenze, die diese Bewegung des Geistes nicht zu überwinden gedächte, um alle in seine Dynamik hineinzuziehen. Die Radikalität des Christentums ist nicht das Vorrecht einiger weniger besonderer Berufungen, sondern der Ruf zur Gestaltung einer Gemeinschaft, die ein anderes Beziehungsverständnis zwischen den Töchtern und Söhnen Gottes lebt und bezeugt, das die Wahrheit der Liebe verkörpert und auf dem Geben und der Unentgeltlichkeit aufbaut. Der radikale Aufruf lautet deshalb, gemeinsam synodal eine attraktive, konkrete Kirche zu gestalten: eine Kirche im Aufbruch, in der sich alle angenommen fühlen.

27. Gleichzeitig stellt sich eine synodale Kirche ehrlich und angstfrei der Aufforderung, die Beziehung zwischen Liebe und Wahrheit tiefer zu erfassen, so wie es der heilige Paulus fordert: „Wir aber wollen, von der Liebe geleitet, die Wahrheit bezeugen und in allem auf ihn hin wachsen. Er, Christus, ist das Haupt. Von ihm her wird der ganze Leib zusammengefügt und gefestigt durch jedes Gelenk. Jedes versorgt ihn mit der Kraft, die ihm zugemessen ist. So wächst der Leib und baut sich selbst in Liebe auf.“ (Eph 4,15–16). Damit alle authentisch einbezogen werden, ist es notwendig, in das Geheimnis Christi einzutreten und sich davon, wie er die Beziehung zwischen Liebe und Wahrheit gelebt hat, formen und verwandeln zu lassen.

28. Charakteristisch für eine synodale Kirche ist ihre Fähigkeit, mit Spannungen umzugehen, ohne von ihnen erdrückt zu werden, und sie als Ansporn zu erleben, ihr Verständnis von Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe zu vertiefen und zu leben. Synodalität ist ein privilegierter Weg der Umkehr, weil sie die Kirche in ihrer Einheit neu gestaltet: Sie heilt ihre Wunden und versöhnt ihr Gedächtnis, sie nimmt Unterschiede, die sie in sich trägt, an und befreit sie von fruchtlosen Spaltungen. So kann sie ihre Berufung, „in Christus gleichsam das Sakrament, das heißt Zeichen und Werkzeug für die innigste Vereinigung mit Gott wie für die Einheit der ganzen Menschheit“ (LG 1) zu sein, besser in Fülle verkörpern. Authentisches Zuhören und die Fähigkeit, Wege für ein gemeinsames Weitergehen jenseits von Zersplitterung und Polarisierung zu finden, sind unerlässlich, damit die Kirche lebendig und lebenskräftig bleibt und ein kraftvolles Zeichen für die Kulturen unserer Zeit sein kann.

29. Der Versuch, gemeinsam zu gehen, bringt uns auch mit der gesunden Unruhe des Unvollständigen in Berührung, mit dem Bewusstsein, dass es noch Vieles gibt, dessen Last wir nicht tragen können (vgl. Joh 16,12). Das ist kein Problem, das es zu lösen, sondern eine Gabe, die es zu kultivieren gilt: Wir stehen vor dem unerschöpflichen heiligen Geheimnis Gottes und müssen offen für seine Überraschungen bleiben, während wir weiter auf das Reich Gottes zu pilgern (vgl. LG 8). Dies gilt auch für die Fragen, die der synodale Prozess ans Licht gebracht hat: Als ersten Schritt fordern sie, dass wir zuhören und achtsam sind, ohne uns in sofortige Lösungen zu stürzen.

30. Das Gewicht dieser Fragestellungen zu tragen, sollte nicht die persönliche Bürde derjenigen sein, die bestimmte Rollen innehaben und somit das Risiko eingehen, von ihnen erdrückt zu werden, sondern eine Aufgabe für die gesamte Gemeinschaft, deren zwischenmenschliches und sakramentales Leben oft die wirksamste unmittelbare Antwort ist. Deshalb nährt sich eine synodale Kirche unablässig von der Quelle des Mysteriums, das sie in der Liturgie feiert, „dem Höhepunkt, dem das Tun der Kirche zustrebt, und [...] der Quelle, aus der all ihre Kraft strömt“ (SC 10), und insbesondere von der Eucharistie.

31. Wenn das Gottesvolk die Angst vor der Begrenztheit überwunden hat, werden die unvermeidliche Unvollständigkeit einer synodalen Kirche und die Bereitschaft ihrer Mitglieder, die eigenen Schwächen zu akzeptieren, zum Raum für das Wirken des Geistes, der uns einlädt, in der Fähigkeit zu wachsen, seine Gegenwart zu erkennen. Deshalb ist eine synodale Kirche auch eine Kirche der Unterscheidung, in der Vielfalt der Bedeutungen, die dieser Begriff in den verschiedenen geistlichen Traditionen angenommen hat. Die erste Phase ermöglichte es dem Gottesvolk, erste Erfahrungen mit der Unterscheidung durch die Praxis des Gesprächs im Geist zu machen. Indem wir aufmerksam auf die gelebten Erfahrungen der anderen hören, wachsen wir in gegenseitigem Respekt und beginnen, die Regungen des göttlichen Geistes im Leben der anderen und in unserem Leben zu erkennen. Auf diese Weise beginnen wir, mehr darauf zu achten, „was der Geist den Gemeinden sagt“ (Offb 2,7), in dem Bestreben und der Hoffnung, eine Kirche zu werden, die immer mehr dazu fähig wird, prophetische Entscheidungen zu treffen, bei denen der Geist sie leitet.

A2. Ein zukunftsweisender Weg für die synodale Kirche: das Gespräch im Geist

32. Über alle Kontinente hinweg ist zu erkennen, wie fruchtbar die hier als „Gespräch im Geist“ bezeichnete Methode war, die in der ersten Phase zum Tragen kam und in einigen Dokumenten als „geistliches Gespräch“ oder „synodale Methode“ bezeichnet wird.

33. Im etymologischen Sinn bezeichnet der Begriff „Gespräch“ nicht einen allgemeinen Gedankenaustausch, sondern eine Dynamik, in der das gesprochene und gehörte Wort Vertrautheit schafft und es den Teilnehmern ermöglicht, aufeinander zuzugehen. Die Präzisierung „im Geist“ gibt an, wer der eigentliche Protagonist ist: Die Gesprächspartner sind bestrebt, auf Seine Stimme zu hören, die sich im Gebet dem freien Handeln dessen öffnet, der wie der Wind weht, wo er will (vgl. Joh 3,8). Nach und nach öffnet das Gespräch zwischen Brüdern und Schwestern im Glauben den Raum für ein „Mit-Hören“ (ital.: con-sentire), im Sinne eines Hinhörens (ital.: assentire) auf die Stimme des Geistes. Es ist kein Gespräch im Geist, wenn nicht ein Schritt in eine genaue, oft unerwartete Richtung gemacht wird, die auf ein konkretes Handeln abzielt.

34. In den Ortskirchen, die es in der ersten Phase praktiziert haben, wurde das Gespräch im Geist als eben jene Atmosphäre „entdeckt“, die den Austausch von Lebenserfahrungen und den Raum für Unterscheidung in einer synodalen Kirche ermöglicht. In den Abschlussdokumenten der Kontinentalversammlungen wird das Gespräch im Geist als ein Pfingstmoment beschrieben, als eine Gelegenheit, sich als Kirche zu erleben und den Schritt vom Hören auf unsere Brüder und Schwestern in Christus zum Hören auf den Geist, den eigentlichen Protagonisten, zu machen und von ihm eine Sendung zu empfangen. Gleichzeitig wird durch diese Methode die Gnade des Wortes und der Eucharistie zu einer gefühlten, aktualisierten und verwandelnden Realität, die jene Initiative bezeugt und verwirklicht, durch die der Herr Jesus sich in der Kirche zu erkennen gibt und wirkt. Christus sendet uns aus in die Mission und schart uns um sich, um dem Vater im Heiligen Geist Gnade und Ruhm zu erweisen. Aus allen Kontinenten kommt daher die Bitte, diese Methode möge das tägliche Leben der Kirchen immer stärker beleben und gestalten.

35. Das Gespräch im Geist ist Teil einer langen Tradition der kirchlichen Unterscheidung, die eine Vielzahl von Methoden und Ansätzen zum Ausdruck gebracht hat. Ihr besonderer missionarischer Wert sollte hervorgehoben werden. Diese geistliche Praxis ermöglicht uns den Schritt vom „Ich“ zum „Wir“: Sie blendet bzw. radiert die persönliche Dimension des „Ich“ nicht aus, sondern erkennt sie an und gliedert sie in die der Gemeinschaft ein. Den Teilnehmenden die Möglichkeit zu geben, das Wort zu ergreifen und zuzuhören, wird zu Liturgie und Gebet, in denen der Herr sich selbst gegenwärtig macht und uns zu immer authentischeren Formen der Gemeinschaft und Unterscheidung hinführt.

36. Das Neue Testament enthält zahlreiche Beispiele für diese Art des Gesprächs. Paradigmatisch ist die Geschichte von der Begegnung des auferstandenen Herrn mit den beiden Jüngern auf dem Weg nach Emmaus (vgl. Lk 24,13–35 und die Erläuterung in CV 237). Ihre Erfahrung veranschaulicht schön, wie das Gespräch im Geist Gemeinschaft und missionarische Dynamik schafft: Denn beide kehren in die Gemeinschaft zurück, die sie verlassen haben, um die österliche Verkündigung zu überbringen, dass der Herr auferstanden ist.

37. Konkret kann das Gespräch im Geist als gemeinsames Gebet im Hinblick auf eine gemeinsame Unterscheidung beschrieben werden, auf das sich die Teilnehmenden durch persönliche Reflexion und Meditation vorbereiten. Sie schenken sich gegenseitig ein überlegtes, vom Gebet gespeistes Wort und keine spontan improvisierte Meinung. Die Dynamik zwischen den Teilnehmenden gliedert sich in drei grundlegende Schritte. Im ersten Schritt ergreift jede bzw. jeder Einzelne das Wort, ausgehend von der eigenen Erfahrung, die während der Vorbereitungszeit im Gebet neu gedeutet wird. Die anderen hören in dem Bewusstsein zu, dass jeder einen wertvollen Beitrag zu leisten hat, ohne in Debatten oder Diskussionen einzusteigen.

38. Stille und Gebet helfen, den nächsten Schritt vorzubereiten, bei dem jeder dazu eingeladen ist, in sich selbst einen Raum für die anderen und für das Andere zu öffnen. Wieder ergreift jeder Einzelne das Wort: nicht um auf das Gehörte zu reagieren oder es zu widerlegen und dabei den eigenen Standpunkt zu bekräftigen, sondern um auszudrücken, was ihn beim Zuhören am tiefsten berührt und was ihn am stärksten angesprochen hat. Die inneren Spuren, die das Zuhören der Schwestern und Brüder in jedem einzelnen hinterlässt, sind die Sprache, mit der der Heilige Geist seine eigene Stimme erklingen lässt. Je mehr jeder Einzelne durch die Meditation des Wortes und der Sakramente genährt wird und so die Vertrautheit mit dem Herrn wächst, desto besser kann er, auch dank der Begleitung durch das kirchliche Lehramt und die Theologie, den Klang der eigenen Stimme erkennen (vgl. Joh 10,14.27). Und gleichermaßen werden die Teilnehmenden umso mehr in dem gemeinsamen, für die Sendung offenen Hören wachsen, je achtsamer sie auf die Stimme des Geistes hören.

39. Der dritte Schritt erfolgt ebenfalls in einer Atmosphäre des Gebets, geleitet vom Heiligen Geist, und besteht darin, die wichtigsten Punkte, die angesprochen wurden, herauszustellen und zu den Ergebnissen der gemeinsamen Arbeit einen Konsens zu finden, bei dem jeder das Gefühl hat, dass dieser der Durchführung des Prozesses treu bleibt und sich somit jeder repräsentiert fühlen kann. Es reicht nicht aus, ein Protokoll mit einer Liste der am häufigsten genannten Punkte zu erstellen. Vielmehr ist eine Unterscheidung erforderlich, die auch auf die am Rande stehenden und prophetischen Stimmen achtet und nicht die Bedeutung der Themen vernachlässigt, bei denen Meinungsverschiedenheiten auftauchen. Der Herr ist der Schlussstein, der die Konstruktion tragfähig macht, und der Geist hilft dann als Meister der Harmonie dabei, die Verwirrung zur Symphonie werden zu lassen.

40. Der Weg mündet im Gebet, um Gott für die gemachte Erfahrung zu preisen und zu danken. „Wenn wir daher die „Mystik“ leben, auf die anderen zuzugehen und ihr Wohl zu suchen, weiten wir unser Inneres, um die schönsten Geschenke des Herrn zu empfangen. Jedes Mal wenn wir einem Menschen in Liebe begegnen, werden wir fähig, etwas Neues von Gott zu entdecken. Jedes Mal wenn wir unsere Augen öffnen, um den anderen zu erkennen, wird unser Glaube weiter erleuchtet, um Gott zu erkennen(EG 272). Dies ist, auf den Punkt gebracht, das Geschenk, das derjenige erhält, der sich auf ein Gespräch im Geist einlässt.

41. In konkreten Situationen ist es jedoch niemals möglich, sich sklavisch an dieses Schema zu halten. Vielmehr muss es immer wieder angepasst werden. Manchmal muss es Priorität haben, dass jeder das Wort ergreift und den anderen zugehört wird; in anderen Fällen müssen die Verbindungen zwischen den verschiedenen Sichtweisen herausgearbeitet werden, auf der Suche nach dem, was „unsere Herzen in uns brennen lässt“ (vgl. Lk 24,32); in wiederum anderen gilt es, einen Konsens zu finden und gemeinsam daran zu arbeiten, die Richtung zu bestimmen, in die man sich vom Geist gerufen fühlt, um sich in Bewegung zu setzen. Aber jenseits der entsprechenden konkreten Anpassungen sind und bleiben die Intention und die Dynamik, welche die drei Schritte verbinden, charakteristisch für das Vorgehen einer synodalen Kirche.

42. Angesichts der Bedeutung, die das Gespräch im Geist hat, um das Erleben der synodalen Kirche mit Leben zu füllen, wird die Ausbildung in dieser Methode und insbesondere von Vermittlern, die fähig sind, die Gemeinschaften bei der Umsetzung zu begleiten, auf allen Ebenen des kirchlichen Lebens und für alle Getauften, angefangen bei den geweihten Amtsträgern, und im Geiste der Mitverantwortung und der Offenheit für verschiedene kirchliche Berufungen als Priorität wahrgenommen. Die Ausbildung zum Gespräch im Geiste ist eine Ausbildung darin, synodale Kirche zu sein.

B. Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe

Drei prioritäre Fragestellungen für eine synodale Kirche

„Denn wie wir an dem einen Leib viele Glieder haben, aber nicht alle Glieder dieselbe Aufgabe haben, so sind wir, die vielen, ein Leib in Christus, als Einzelne aber sind wir Glieder, die zueinander gehören“. (Röm 12: 4–5)

43. Zu den Ergebnissen der ersten Etappe und insbesondere der Kontinentalversammlungen, die unter anderem durch die oben aufgezeigte Vorgehensweise erzielt wurden, zählt auch die Festlegung der drei Prioritäten, die nun im Oktober 2023 der Synodalversammlung zur Unterscheidung vorgelegt werden. Es sind Herausforderungen, an denen sich die gesamte Kirche messen lassen muss, um einen Schritt nach vorne zu machen und in ihrer eigenen Synodalität auf allen Ebenen und aus einer Vielzahl von Perspektiven heraus zu wachsen. Sie müssen sowohl aus theologischer und kirchenrechtlicher als auch aus seelsorgerischer und spiritueller Sicht beleuchtet werden. Sie rufen die Planung der Diözesen wie auch die täglichen Entscheidungen und den Lebensstil eines jeden Mitglieds des Gottesvolkes auf den Plan. Sie sind auch deshalb authentisch synodal, weil ihre Behandlung ein gemeinsames Gehen als Volk mit all seinen Mitgliedern erfordert. Die drei Prioritäten werden im Zusammenhang mit den drei zentralen Wörtern der Synode erläutert: Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe. Eine Wahl, die sich in der Suche nach Einfachheit in der Darstellung begründet, sich allerdings auch der Gefahr aussetzt, dass sie als drei voneinander unabhängige „Säulen“ dargestellt werden. Stattdessen sind Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe im Leben der synodalen Kirche strukturiert; sie nähren und stärken sich gegenseitig und müssen stets unter diesem Aspekt der Integration verstanden und dargestellt werden.

44. Die veränderte Reihenfolge, in der die drei Begriffe genannt werden, wobei die Sendung in der Mitte steht, ist auch auf das in der ersten Phase gereifte Bewusstsein für jene Aspekte zurückzuführen, die sie vereinen. So sind insbesondere Gemeinschaft und Sendung miteinander verwoben und spiegeln sich gegenseitig wider, wie bereits der heilige Johannes Paul II. lehrte: „Communio und Sendung sind zutiefst miteinander verbunden, sie durchdringen und bedingen einander, so dass die communio zugleich Quelle und Frucht der Sendung ist: die communio ist missionarisch und die Sendung gilt der communio“ (CL 32, wiedergegeben in EP I,4). Wir sind aufgefordert, ein dualistisches Konzept hinter uns zu lassen, wonach die Beziehungen innerhalb der Kirchengemeinschaft die Domäne der Communio sind, während die Sendung den Schwung ad extra betrifft. Stattdessen wurde in der ersten Phase hervorgehoben, dass die Gemeinschaft die Voraussetzung für die Glaubwürdigkeit der Verkündigung ist, womit eine Eingebung der XV. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode zum Thema Die Jugendlichen, der Glaube und die Erkenntnis der Berufung aufgegriffen wird.[7] Gleichzeitig wächst die Erkenntnis, dass die Ausrichtung auf die Sendung das einzige im Evangelium begründete Kriterium für die interne Organisation der christlichen Gemeinschaft ist, für die Verteilung der Funktionen und Aufgaben und die Verwaltung ihrer Institutionen und Strukturen. In dem Verhältnis zu Gemeinschaft und Sendung kann die Teilhabe verstanden werden, und deshalb kann sie erst nach den beiden anderen behandelt werden. Einerseits verleiht sie ihnen einen konkreten Ausdruck: Das Achten auf Verfahren, Regeln, Strukturen und Institutionen ermöglicht es, die Sendung im Laufe der Zeit zu konsolidieren und die Gemeinschaft der emotionalen Extemporalität zu entreißen. Andererseits erhält sie eine endgültige Ausrichtung und Dynamik, die sie davor bewahrt, zu hektischen Forderungen nach individuellen Ansprüchen zu werden und so unweigerlich zu spalten anstatt zu einen.

45. Um die Vorbereitung der Versammlung zu begleiten und zu strukturieren, wurden zu den einzelnen Prioritäten fünf Arbeitsblätter erstellt, die am Ende dieses Abschnitts zu finden sind. Jedes dieser Arbeitsblätter bietet einen Einstieg in die jeweilige Priorität, die auf diese Weise aus verschiedenen, sich jedoch ergänzenden Perspektiven bearbeitet werden kann. Sie beziehen sich auf verschiedene Aspekte des kirchlichen Lebens, die sich aus der Arbeit der Kontinentalversammlungen ergeben haben. Auf jeden Fall dürfen die drei folgenden Abschnitte, denen die drei Gruppen von Arbeitsblättern entsprechen, nicht als parallele, nicht miteinander kommunizierende Säulen verstanden werden. Vielmehr handelt es sich um Lichtbündel, die ein und dieselbe Wirklichkeit, nämlich das synodale Leben der Kirche, von verschiedenen Punkten aus beleuchten, wobei sich alle Aspekte immer wieder überkreuzen und aufeinander verweisen und dazu einladen, sich darin weiterzuentwickeln.

B 1. Eine Gemeinschaft, die ausstrahlt: Wie können wir noch stärker zu einem Zeichen und Werkzeug der Vereinigung mit Gott und der Einheit der ganzen Menschheit werden?

46. Gemeinschaft ist kein soziologisches Zusammenkommen als Mitglieder einer Identitätsgruppe, sondern zuallererst eine Gabe des dreieinigen Gottes und zugleich die nie erschöpfende Aufgabe, das „Wir“ des Gottesvolkes zu gestalten. Wie die Kontinentalversammlungen selbst erfahren haben, verwebt sie eine vertikale Dimension, die Lumen gentium „Vereinigung mit Gott“ nennt, und eine horizontale, „die Einheit des Menschengeschlechts“, zu einer starken eschatologischen Dynamik: der Dynamik der Gemeinschaft als Weg, auf dem wir dazu gerufen sind zu wachsen, „bis wir alle zur Einheit im Glauben und der Erkenntnis des Sohnes Gottes gelangen, zum vollkommenen Menschen, zur vollen Größe, die der Fülle Christi entspricht“ (Eph 4,13).

47. Vorweggenommen wird dieser Augenblick in der Liturgie als Ort, an dem die Kirche auf ihrem irdischen Weg Gemeinschaft erfährt, sie nährt und gestaltet. Wenn die Liturgie tatsächlich „das wichtigste Medium ist, durch das die Gläubigen in ihrem Leben und gegenüber anderen das Christusgeheimnis zum Ausdruck bringen und verdeutlichen, was für ein Gefüge die wahre Kirche wirklich ist“ (SC 2), dann müssen wir auf sie schauen, wenn wir das synodale Leben der Kirche verstehen wollen. Vor allem im liturgischen Handel und insbesondere in der Feier der Eucharistie erfährt die Kirche jeden Tag die radikale Einheit in demselben Gebet, jedoch in der Vielfalt der Sprachen und Riten: ein wesentlicher Punkt des synodalen Grundgedankens. Unter diesem Gesichtspunkt ist die Vielfalt der Riten in der einen katholischen Kirche ein echter Segen, den es zu schützen und zu fördern gilt, wie man während der Kontinentalversammlungen auch bereits mehrfach erleben konnte.

48. Die Synodalversammlung kann nicht als repräsentativ und gesetzgebend im Sinne eines parlamentarischen Gremiums mit seiner mehrheitsbildenden Dynamik verstanden werden. Vielmehr sind wir aufgerufen, sie im Sinne der liturgischen Versammlung zu verstehen. Die Überlieferung besagt, dass eine Synode gefeiert wird: Sie beginnt mit der Anrufung des Heiligen Geistes, wird mit dem Glaubensbekenntnis fortgesetzt und gelangt zu gemeinsamen Beschlüssen, die die kirchliche Gemeinschaft sichern oder wiederherstellen. Bei einer synodalen Versammlung wird Christus gegenwärtig und handelt, er verwandelt die Geschichte und das tägliche Geschehen; er spendet den Geist, der die Kirche leitet, damit sie einen Konsens findet, wie sie gemeinsam auf das Reich Gottes zugehen und der gesamten Menschheit helfen kann, zu einer größeren Einheit zu gelangen. Gemeinsam im Hören auf das Wort und die Brüder und Schwestern zu gehen, d.h. in der Suche nach dem Willen Gottes und in gegenseitiger Übereinstimmung, führt zur Danksagung an den Vater durch den Sohn in dem einen Geist. In der Synodalversammlung hören diejenigen, die sich im Namen Christi zusammenfinden, sein Wort, sie hören einander zu, unterscheiden fügsam gegenüber dem Geist und verkünden das, was sie gehört und erkannt haben, als Licht für den Weg der Kirche.

49. Unter diesem Gesichtspunkt ist das synodale Leben keine Strategie zur Organisation der Kirche, sondern die Erfahrung, zu einer Einheit zu finden, welche die Vielfalt umfasst, ohne sie auszulöschen, weil sie auf der Einheit mit Gott im Bekenntnis desselben Glaubens beruht. Diese Dynamik besitzt eine treibende Kraft, die dazu motiviert, den Wirkungskreis der Gemeinschaft kontinuierlich zu erweitern, allerdings mit den Widersprüchen, Grenzen und Wunden der Geschichte zurechtkommen muss.

50. In diesem Punkt ist die erste aus dem synodalen Prozess hervorgegangene Priorität verwurzelt: In der Konkretheit unserer geschichtlichen Realität Gemeinschaft zu hüten und zu bewahren, verlangt, dass wir die Unvollkommenheit auf uns nehmen, die Einheit in der Vielfalt zu leben (vgl. 1 Kor 12). Die Geschichte führt zu Spaltungen, die Wunden verursachen, die geheilt werden müssen, und Wege zur Versöhnung erfordern. Welche Bindungen müssen in diesem Zusammenhang im Namen des Evangeliums entwickelt werden, um Gräben und Zäune zu überwinden, und welche Schutzräume und -mechanismen müssen geschaffen werden und zu wessen Schutz? Welche Spaltungen sind unproduktiv? Wann macht schrittweises Gehen den Weg zur vollständigen Gemeinschaft möglich? Diese Fragen mögen theoretisch erscheinen, haben ihren Ursprung jedoch im konkreten Alltagsleben der christlichen Gemeinschaften, die in der ersten Phase angehört wurden. Sie betreffen nämlich die Frage, ob unserer Bereitschaft, Menschen und Gruppen aufzunehmen, Grenzen gesetzt sind, wie wir in einen Dialog mit Kulturen und Religionen treten können, ohne unsere Identität zu gefährden, und die Entschlossenheit, die Stimme derer zu sein, die am Rande stehen, und zu bekräftigen, dass niemand zurückgelassen werden darf. Die fünf Arbeitsblätter für diese Prioritäten versuchen, die genannten Fragen aus fünf sich ergänzenden Blickwinkeln zu beleuchten.

B 2. Gemeinsame Verantwortung in der Sendung: Wie können wir Fähigkeiten und Aufgaben im Dienst des Evangeliums besser miteinander teilen?

51. „Die pilgernde Kirche ist ihrem Wesen nach missionarisch“ (AG 2). Die Sendung ist der dynamische Horizont, von dem aus wir synodale Kirche denken müssen, und verleiht ihr Antrieb zur ‚Ekstase‘, „die darin besteht, aus sich selbst herauszugehen, auf der Suche nach dem Wohl des Nächsten, bis zur Selbsthingabe“ (CV 163; vgl. auch FT 88). Die Sendung ermöglicht es also, das Pfingsterlebnis nachzuerleben: Nachdem sie den Heiligen Geist empfangen haben, steht Petrus mit den Elf auf und verkündet allen, die sich in Jerusalem befinden, den gekreuzigten und auferstandenen Jesus (vgl. Apg 2,14–36). Das synodale Leben wurzelt in derselben Dynamik. Es gibt etliche Zeugnisse, die die gelebte Erfahrung der ersten Phase mit diesen Worten beschreiben, und noch zahlreicher sind jene, die Synodalität und Sendung untrennbar miteinander verbinden.

52. In einer Kirche, die sich als Zeichen und Werkzeug der Vereinigung mit Gott und der Einheit der ganzen Menschheit definiert (vgl. LG 1), thematisiert der Diskurs über die Sendung die Klarheit des Zeichens und Wirksamkeit des Werkzeugs, ohne die jegliche Verkündigung auf Glaubwürdigkeitsprobleme stoßen wird. Sendung ist nicht die Vermarktung eines religiösen Produkts, sondern die Gestaltung einer Gemeinschaft, in deren Beziehungen die Liebe Gottes durchscheint und das Leben selbst Verkündigung wird. In der Apostelgeschichte folgt unmittelbar auf Petrus’ Rede die Geschichte vom Leben der Urgemeinde, in der alles zum Anlass für Gemeinschaft wurde (vgl. 2,42–47): Und dadurch erlangte sie Anziehungskraft.

53. In diesem Sinne betrifft die erste Frage nach der Sendung genau das, was die Glieder der christlichen Gemeinschaft bereit sind, gemeinsam zu tun, ausgehend von der nicht reduzierbaren Einzigartigkeit jedes Einzelnen kraft seiner direkten Beziehung zu Christus in der Taufe und dadurch, dass der Geist in ihm wohnt. Dies macht den Beitrag jedes Getauften wertvoll und unverzichtbar. Einer der Gründe für das in der ersten Etappe beobachtete Staunen hängt mit genau dieser Möglichkeit zusammen, etwas beitragen zu können: „Kann ich wirklich etwas beitragen?“ Gleichzeitig ist jeder dazu eingeladen, seine eigene Unvollständigkeit anzunehmen, sich also bewusst zu machen, dass jeder gebraucht wird, um die Sendung weiterzutragen, oder mit anderen Worten, dass auch die Sendung eine konstitutiv synodale Dimension hat.

54. Aus diesem Grund betrifft die zweite Priorität einer Kirche, die sich als missionarisch-synodal begreift, die Art, wie es ihr tatsächlich gelingt, alle zum Beitragen zu bewegen, jeden mit seinen Begabungen und Aufgaben, und dabei die Vielfalt der Charismen zur Geltung zu bringen und die Beziehung zwischen hierarchischen und charismatischen Gaben zu integrieren.[8] Die Perspektive der Sendung rückt die Charismen und Ämter in den Horizont des Gemeinsamen und bewahrt so ihre Fruchtbarkeit, die hingegen beeinträchtigt wird, wenn diese zu Vorrechten werden, die ausgrenzende Denkweisen rechtfertigen. Eine missionarisch-synodale Kirche hat die Pflicht, sich danach zu fragen, wie sie den Beitrag, den jeder Getaufte zur Sendung leisten kann, indem er aus sich selbst herausgeht und gemeinsam mit anderen an etwas Größerem teilnimmt, erkennen und zur Geltung bringen kann. „Einen aktiven Beitrag zum Gemeinwohl der Menschheit zu leisten“ (CA 34) ist – auch innerhalb der christlichen Gemeinschaft – ein unveräußerlicher Bestandteil der Menschenwürde. Der erste Beitrag, den jeder leisten kann, besteht darin, die Zeichen der Zeit zu erkennen (vgl. GS 4), mit dem Ziel, das Sendungsbewusstsein im Einklang mit dem Atem des Geistes aufrechtzuerhalten. Zu dieser Unterscheidung haben alle Standpunkte etwas beizutragen, angefangen bei den Armen und Ausgegrenzten: Mit ihnen gemeinsam zu gehen bedeutet nicht nur, sich ihrer Bedürfnisse und Nöte anzunehmen, sondern auch, von ihnen zu lernen. Dies ist der Weg, um ihnen eine gleiche Würde zuzuerkennen, um den Fehler des Wohlstandsegoismus zu vermeiden und möglichst viel Vorgeschmack zu erzeugen von jenem neuen Himmel und jener neuen Erde, zu denen wir unterwegs sind.

55. Die Arbeitsblätter zu diesem Themenschwerpunkt versuchen, diese Grundfrage in Bezug auf Themen wie die Anerkennung der Vielfalt der Berufungen, Charismen und Ämter, die Förderung der Taufwürde von Frauen sowie die Rolle des Weiheamtes und insbesondere das Bischofsamt innerhalb der missionarisch-synodalen Kirche konkret greifbar zu machen.

B 3. Teilhabe, Leitungsaufgaben und Autorität. Welche Prozesse, Strukturen und Institutionen gibt es in einer missionarisch-synodalen Kirche?

56. „Die Begriffe Gemeinschaft und Mission laufen Gefahr, ein wenig abstrakt zu bleiben, wenn man nicht eine kirchliche Praxis pflegt, die die Konkretheit der Synodalität in jedem Schritt des Weges und des Vorgehens zum Ausdruck bringt und die wirkliche Beteiligung eines jeden Einzelnen fördert“.[9] Diese Worte des Heiligen Vaters helfen uns, die Teilhabe in Beziehung zu den beiden anderen Begriffen zu setzen. Der Dimension der Vorgehensweise, die als Anliegen im Konkreten nicht zu unterschätzen ist, verleiht die Teilhabe eine anthropologische Dichte von äußerster Relevanz: Sie bringt nämlich die Sorge um die Entfaltung des Menschlichen zum Ausdruck, d.h. eine menschliche Gestaltung der Beziehungen, die im Mittelpunkt des Projekts Gemeinschaft und des Engagements für die Sendung stehen. Sie bewahrt die Einzigartigkeit jedes menschlichen Angesichts und motiviert dazu, auf dem Weg vom „Wir“ das „Ich“ nicht in die Anonymität eines namenlosen Kollektivs zu absorbieren, noch in die Abstraktheit des Rechts oder die Leitungsvorgaben der Organisation. Teilhabe ist im Wesentlichen Ausdruck von Kreativität und von der Pflege gastfreundlicher Beziehungen, von Annahme und menschlicher Förderung im Herzen von Sendung und Gemeinschaft.

57. Aus der Sorge um die Teilhabe in dem hier erwähnten ganzheitlichen Sinn ergibt sich die dritte Priorität, die aus der kontinentalen Etappe hervorging: die Frage nach der Autorität, ihrem Sinn und in welchem Stil sie innerhalb einer synodalen Kirche ausgeübt werden soll. Es stellt sich insbesondere die Frage, ob Autorität sich nach weltlichen Parametern richtet oder nach denen des Dienstes. „Bei euch aber soll es nicht so sein“ (Mt 20,26; vgl. Mk 10,43), sagt der Herr, der seine Jünger nach der Fußwaschung ermahnt: „Denn ich habe euch ein Beispiel gegeben, damit auch ihr so handelt, wie ich an euch gehandelt habe“ (Joh 13,15). Der Begriff „Autorität“ steht von seinem Ursprung her für die Fähigkeit, den Menschen wachsen zu lassen, und somit für den Dienst an der persönlichen Einzigartigkeit jedes Menschen, für die Unterstützung von Kreativität und nicht für eine Kontrolle, die sie blockiert, für den Dienst an der Gestaltung persönlicher Freiheit und nicht für eine Schlinge, die sie im Zaum hält. An diese Frage knüpft sich eine zweite, die von dem Bemühen um Konkretheit und zeitlicher Kontinuität getragen ist: Wie können wir unseren Strukturen und Institutionen die Dynamik der missionarisch-synodalen Kirche einhauchen?

58. Daraus leitet sich ein weiteres, ebenso konkretes Anliegen ab, das exakt darauf abzielt, die Dynamik der Teilhabe in der Zeit aufrechtzuerhalten: Gemeint ist die Ausbildung, die sich als Thema quer durch alle Dokumente der ersten Phase zieht. Denn Institutionen und Strukturen reichen nicht aus, um die Kirche synodal zu machen: Nötig sind eine synodale Kultur und Spiritualität, beseelt von dem Wunsch nach Umkehr und abgestützt durch eine angemessene Ausbildung, wie die Kontinentalversammlungen und vor ihnen die Synthesen der Ortskirchen unermüdlich betont haben. Die Forderung nach Ausbildung beschränkt sich nicht auf die Aktualisierung der Inhalte, sondern hat eine ganzheitliche Reichweite, die alle Fähigkeiten und Veranlagungen des Menschen betrifft: sein Sendungsbewusstsein, seine Fähigkeit zum Aufbau von Beziehungen und Gemeinschaft, seine Bereitschaft zum geistlichen Zuhören und seine Vertrautheit mit der persönlichen und gemeinschaftlichen Unterscheidung, Geduld, Ausdauer und Parrhesie.

59. Ausbildung ist als Mittel unerlässlich, um synodales Vorgehen zu einem pastoralen Modell für das Leben und Handeln der Kirche zu machen. Wir brauchen eine ganzheitliche Grundausbildung und Fortbildung für alle Glieder des Gottesvolkes. Kein Getaufter darf sich dieser Verpflichtung enthoben fühlen, und deshalb ist es notwendig, für alle Gläubigen angemessene Ausbildungsangebote für synodales Vorgehen zu formulieren. Je mehr sich jemand zum Dienst an der Kirche berufen fühlt, desto stärker muss er die Dringlichkeit von Ausbildung wahrnehmen: Bischöfe, Presbyter, Diakone, Männer und Frauen des geweihten Lebens und alle, die ein Amt ausüben, brauchen eine Ausbildung, um den Modus, wie Autorität ausgeübt wird und Entscheidungsprozesse erfolgen, dem synodalen Verständnis nach neuzugestalten und zu lernen, wie gemeinschaftliche Unterscheidung und das Gespräch im Geist begleitet werden. Die Kandidaten für das geweihte Amt müssen darin ausgebildet werden, was synodaler Stil und synodale Mentalität bedeuten. Eine Kultur der Synodalität zu fördern setzt voraus, dass der aktuelle Lehrplan an den Seminaren und die Ausbildung von Theologielehrkräften und -professoren überarbeitet werden, damit eine deutlichere und entschiedenere Ausrichtung auf die Ausbildung für ein Leben in Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe gewährleistet wird. Die Ausbildung in synodaler Spiritualität steht im Mittelpunkt der Erneuerung der Kirche.

60. In zahlreichen Beiträgen wird unterstrichen, dass ähnliche Anstrengungen nötig sind, um die von der Kirche verwendete Sprache neuzugestalten: in der Liturgie, Predigt und Katechese, in der Kirchenkunst sowie in allen Kommunikationsformen über neue wie auch alte Medien, die sich sowohl an die Gläubigen als auch an die breite Öffentlichkeit richten. Ohne die Tiefe des Geheimnisses, das die Kirche verkündet, oder den Reichtum ihrer Tradition zu beschneiden oder abzuwerten, muss die Neugestaltung der Sprache darauf abzielen, diesen Reichtum für die Männer und Frauen unserer Zeit zugänglich und attraktiv zu machen, ohne zum Hindernis zu werden, das sie fernhält. Die inspirierend frische Sprache des Evangeliums, die Fähigkeit zur Inkulturation, die sich in der Geschichte der Kirche zeigt, und die vielversprechenden Erfahrungen, die u.a. bereits im digitalen Bereich im Gange sind, laden uns ein, zuversichtlich und entschlossen an eine Aufgabe heranzugehen, die von ausschlaggebender Bedeutung für die Wirksamkeit der Verkündigung des Evangeliums ist, denn dies ist das Ziel, auf das eine missionarisch-synodale Kirche zustrebt.

Rom, den 29. Mai 2023

Gedenktag der seligen Jungfrau Maria, Mutter der Kirche

ARBEITSBLÄTTER FÜR DIE SYNODALVERSAMMLUNG

Einführung

Wenn das gesamte IL „als Praxishilfe für die Durchführung der Synodalversammlung im Oktober 2023 und somit für deren Vorbereitung konzipiert ist“ (IL Nr. 10), so gilt dies in besonderem Maße für die hier vorgestellten Arbeitsblätter. Sie wurden erstellt, um die Unterscheidung zu den „drei Prioritäten, die sich auf den Kontinenten am stärksten herauskristallisiert haben“ (IL Nr. 14), zu erleichtern, und um die konkreten Schritte zu identifizieren, zu denen wir uns vom Heiligen Geist berufen fühlen, um als synodale Kirche zu wachsen. Die Präsentation der Arbeitsblätter, die Erläuterung ihrer Struktur und die Hinweise zu ihrer Verwendung erfordern daher zunächst, sie in die Dynamik der Vollversammlung einzuordnen.

Die Dynamik der Vollversammlung

Die Versammlung wird die von dem IL aufgeworfenen Fragen abwechselnd in Plenarversammlungen (Congregationes Generales) und in Gruppenarbeit (Sitzungen der Circuli Minores) behandeln, wie in Art. 14 EG vorgesehen.

Insbesondere wird die Versammlung die verschiedenen Themen in der Reihenfolge behandeln, die das IL vorschlägt. Sie wird mit der Arbeit an Abschnitt A, „Für eine synodale Kirche. Eine ganzheitliche Erfahrung“ (IL Nr. 17-42) beginnen, mit dem Ziel, die grundlegenden Merkmale einer synodalen Kirche besser herauszuarbeiten, ausgehend von der Erfahrung des gemeinsamen Weges, den das Volk Gottes in diesen zwei Jahren gegangen ist und der sich aus den Dokumenten ergibt, die in der ersten Phase dank der Unterscheidung der Hirten entstanden sind. Die Versammlung wird gebeten, eine ganzheitliche Perspektive einzunehmen und die Erfahrung des Volkes Gottes als Ganzes und in seiner Komplexität zu betrachten.

Die Versammlung wird sich dann mit den drei vorrangigen Themen befassen, die sich aus der Konsultationsphase ergeben haben und in Abschnitt B des IL (IL Nr. 43–60) vorgestellt wurden. Jedem dieser Themen ist einer der drei Teile gewidmet, in die dieser Abschnitt gegliedert ist, „in Verbindung mit den drei Schlüsselbegriffen der Synode: Gemeinschaft, Sendung und Teilhabe“ (IL Nr. 43), wobei die Reihenfolge, in der die drei Begriffe erscheinen, in Nr. 44 erläutert wird. Diese Gliederung entspricht derjenigen der Arbeitsblätter, die ebenfalls in drei Teile gegliedert sind, von denen jeder den Titel des entsprechenden Teils des Abschnitts B aufgreift und so die Verbindung hervorhebt, die sie vereint:

·        „B 1: Eine Gemeinschaft, die ausstrahlt: Wie können wir noch stärker zu einem Zeichen und Werkzeug der Vereinigung mit Gott und der Einheit der ganzen Menschheit werden?“ (IL Nr. 46–50);

·        „B 2: Gemeinsame Verantwortung in der Sendung: Wie können wir Fähigkeiten und Aufgaben im Dienst des Evangeliums besser miteinander teilen?” (IL Nr. 51–55);

·        „B 3: Teilhabe, Verantwortung und Autorität: Welche Prozesse, Strukturen und Institutionen gibt es in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche?“ (IL Nr. 56–60).

Zu den einzelnen drei Schwerpunkten wurden fünf Arbeitsblätter erstellt: Jedes dieser Arbeitsblätter „bietet einen Einstieg in die jeweilige Priorität, die auf diese Weise aus verschiedenen, sich jedoch ergänzenden Perspektiven bearbeitet werden kann. Sie beziehen sich auf verschiedene Aspekte des kirchlichen Lebens, die sich aus der Arbeit der Kontinentalversammlungen ergeben haben.“ (IL Nr. 45)

Die Gliederung der Arbeit in aufeinanderfolgende Schritte hebt die Dynamik, die die beiden Abschnitte miteinander verbindet, nicht auf: Die Erfahrung des Volkes Gottes, die in Abschnitt A ganzheitlich betrachtet wird, stellt weiterhin den Horizont dar, in den die Behandlung der verschiedenen im Abschnitt B aufgeworfenen Fragen, die in dieser Erfahrung wurzeln, eingeordnet werden kann. Die von der Versammlung geforderte Anstrengung wird gerade darin bestehen, „den Spannungsbogen zwischen der Gesamtsicht, […] und der Festlegung der dementsprechend konkreten Schritte beizubehalten“ (IL Nr. 16): Letztere geben der ersteren Konkretheit und Tiefe und erhalten im Gegenzug eine vorausschauende Vision und Kohäsion, die eine Verzettelung im Detail verhindern soll.

Der letzte Teil der Versammlung ist der Ernte der Früchte gewidmet, d. h. konkret der Ausarbeitung von Wegen, auf denen wir gemeinsam weitergehen können, indem wir die Erfahrung des Volkes Gottes weiter aufarbeiten und die notwendigen vertiefenden Studien, vor allem theologischer und kirchenrechtlicher Art, im Hinblick auf die zweite Tagung der Synodenversammlung im Oktober 2024 fördern.

Auf dem gesamten Weg wird die Versammlung nach der Methode des Gesprächs im Geist (vgl. IL Nr. 32–42) vorgehen, die in geeigneter Weise angepasst wird. So wird die Verbindung zu der Vorgehensweise aufrechterhalten, die den gesamten Synodenprozess geprägt hat, aber vor allem wird sie durch die unmittelbare Erfahrung besser erkennen können, wie sie Teil des regulären Lebens der Kirche werden und wie eine gemeinsame Vorgehensweise aussehen kann, die dazu dient, den Willen Gottes zu erkennen.

Verwendung der Arbeitsblätter

Die Arbeitsblätter sind als Arbeitsinstrument gedacht, um die drei in Abschnitt B genannten vorrangigen Themen während der Vollversammlung im Oktober 2023 zu behandeln. Sie sind daher weder Kapitel eines Buches, die nacheinander gelesen werden müssen, noch sind sie kurze Abhandlungen über ein Thema. Sie sind „zu absolvieren“ und nicht „zu lesen“, und zwar in dem Sinne, dass sie einen Rahmen für das Gebet und die persönliche Reflexion in der Vorbereitung auf den Austausch in der Gruppe und im Plenum bieten. Ebenso können sie für Treffen im synodalen Stil auf allen Ebenen des kirchlichen Lebens, bei denen bestimmte Themen vertieft werden sollen, verwendet werden. Sie sind nicht dazu gedacht, nacheinander behandelt zu werden: Jedes sollte zusammen mit dem Teil von Abschnitt B des IL, zu dem es gehört, bearbeitet werden, aber es kann auch unabhängig von allen anderen behandelt werden.

Die Arbeitsblätter sind alle gleich aufgebaut: Sie beginnen mit einer kurzen Kontextualisierung der Frage, die im Titel ausgedrückt wird und sich aus den Ergebnissen der ersten Phase ergibt. Dann formulieren sie eine Frage zur Unterscheidung. Schließlich bieten sie einige Einsichten, die verschiedene Perspektiven (theologische, pastorale, kirchliche usw.), Dimensionen und Ebenen (Pfarrei, Diözese usw.) zum Ausdruck bringen, vor allem aber stellen sie die Konkretheit der Facetten der Mitglieder des Volkes Gottes, ihrer Charismen und Dienste und der Fragen, die sie in der Phase des Zuhörens zum Ausdruck gebracht haben, wieder her. Die Fülle der in jedem Blatt vorgeschlagenen Impulse entspricht dem Bedürfnis, dem Reichtum und der Vielfalt dessen, was bei der Konsultation zusammengetragen wurde, treu zu bleiben, ohne daraus einen Fragebogen zu erstellen, bei dem auf jede Frage eine Antwort formuliert werden muss. Einige Impulse werden in bestimmten Regionen der Welt als besonders inspirierend empfunden werden, wieder andere in anderen Regionen. Jede Person ist eingeladen, die Erfahrungen auszuwählen, die ihrer Meinung nach am ehesten mit anderen geteilt werden können: Dies wird ihr Beitrag zur gemeinsamen Arbeit sein.

Jedes Arbeitsblatt konzentriert sich auf das im Titel angegebene Thema, wobei der Bezugsrahmen des IL zugrunde gelegt wird, dessen Inhalt weder wiederholt noch ausdrücklich zitiert wird. Sie stellen jedoch gemeinsam mit allen Dokumenten der Konsultationsphase die Grundlage der Arbeit dar: „Auch bei der Vorbereitung der Versammlung werden die Mitglieder der Synode gebeten, die bisherigen Dokumente und insbesondere das AKE und die Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen sowie das der Digitalen Synode als Hilfsmittel für ihre eigene Unterscheidung im Auge zu behalten.“ (IL Nr. 9). Es geht also nicht darum, bei Null anzufangen, sondern einen bereits begonnenen Weg fortzusetzen. Aus diesem Grund sowie aus Platzgründen bieten die Arbeitsblätter keine systematische Behandlung der verschiedenen Themen und gehen auch nicht in die Tiefe: Die Tatsache, dass der synodale Prozess bestimmte Punkte als vorrangig herausgestellt hat, bedeutet nicht, dass andere Themen weniger wichtig sind. Auf der Grundlage der Konsultation des Volkes Gottes stellen die in den Blättern vorgeschlagenen Fragen Eintrittskarten dar, um konkret auf die Grundfrage einzugehen, die den gesamten Prozess antreibt und leitet: „Wie wird dieses ‚gemeinsame Gehen‘, das die Kirche befähigt, das Evangelium gemäß der ihr anvertrauten Sendung zu verkünden, heute auf den verschiedenen Ebenen (von der lokalen bis zur universalen) verwirklicht; und welche Schritte lädt der Geist uns ein zu unternehmen, um als synodale Kirche zu wachsen?“ (DP 2)

Es gibt offensichtliche Berührungspunkte und sogar Überschneidungen zwischen den Arbeitsblättern, auch zwischen verschiedenen Teilen. Dabei handelt es sich jedoch nicht um Wiederholungen, denn die Arbeitsblätter sind so konzipiert, dass sie unabhängig voneinander verwendet werden können. Außerdem werden dadurch die zahlreichen Verbindungen zwischen den behandelten Themen deutlich.

Einige der Fragen, die bei der Konsultation des Volkes Gottes aufgetaucht sind, betreffen Themen, zu denen es bereits eine lehramtliche und theologische Ausarbeitung gibt, auf die man sich berufen kann: wir nennen hier nur die Anerkennung wiederverheirateter Geschiedener, ein Thema, das im Nachsynodalen Apostolischen Schreiben Amoris laetitia behandelt wird, oder auf die Inkulturation der Liturgie, das Thema der Instruktion Varietates legitimae (1994) der Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung. Die Tatsache, dass zu solchen Punkten immer wieder Fragen auftauchen, darf nicht vorschnell abgetan werden, sondern muss Gegenstand der Unterscheidung sein, und die Synodenversammlung ist dafür ein geeignetes Forum. Insbesondere sollte untersucht werden, welche tatsächlichen oder vermeintlichen Hindernisse die genannten Schritte verhindert haben und was getan werden muss, um sie zu beseitigen. Wenn die Blockade zum Beispiel auf einen allgemeinen Informationsmangel zurückzuführen ist, müssen die Bemühungen um eine bessere Kommunikation verstärkt werden. Liegt es hingegen an der Schwierigkeit, die Implikationen der Dokumente für konkrete Situationen zu erfassen oder sich in ihren Vorschlägen wiederzuerkennen, könnte ein synodaler Weg der wirksamen Verinnerlichung der Inhalte durch das Volk Gottes die angemessene Antwort sein. Ein anderer Fall wäre, wenn das Wiederauftauchen einer Frage ein Zeichen für eine Veränderung der Realität oder für die Notwendigkeit eines „Überfließens“ der Gnade ist, was eine Rückbesinnung auf das Glaubensgut und die lebendige Tradition der Kirche erfordert.

Die erste Sitzung der XVI. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode wird kaum zu einer abschließenden Formulierung von Leitlinien zu vielen dieser Themen führen können: Deshalb hat der Heilige Vater beschlossen, die Synodenversammlung in zwei Sitzungen abzuhalten. Das Ziel der ersten Sitzung wird vor allem darin bestehen, die Wege für eine eingehende, im synodalen Stil durchzuführende, Untersuchung zu skizzieren. Dabei werden die zu behandelnden Themen und die sich daraus ergebenden Wege aufgezeigt, so dass die Unterscheidung in der zweiten Sitzung im Oktober 2024 abgeschlossen werden kann, indem konkrete Vorschläge für das Wachsen als synodale Kirche ausgearbeitet und dem Heiligen Vater unterbreitet werden können.

B 1. Eine GEMEINSCHAFT, die ausstrahlt

Wie können wir noch stärker zu einem Zeichen und Werkzeug
der Vereinigung mit Gott und der Einheit der ganzen Menschheit werden?

B 1.1 Auf welche Weise nähren der Dienst der Nächstenliebe, der Einsatz für Gerechtigkeit und die Sorge für das gemeinsame Haus die Gemeinschaft in einer synodalen Kirche?

a) In einer synodalen Kirche nehmen die Armen im ursprünglichen Sinne, d. h. jene Menschen, die in Elend und sozialer Ausgrenzung leben, eine zentrale Stellung ein. Auf sie richtet sich unsere Sorge, aber vor allem tragen sie eine frohe Botschaft weiter, die die gesamte Gemeinschaft hören muss: Von ihnen hat die Kirche in erster Linie etwas zu lernen (vgl. Lk 6,20; EG 198). Eine synodale Kirche erkennt sie als Protagonisten an und bringt sie als solche zur Geltung.

b) Die Sorge für das gemeinsame Haus fordert zu gemeinsamem Handeln auf: Die Lösung vieler Probleme wie etwa des Klimawandels ermahnt zum Engagement der gesamten Menschheitsfamilie. Die Sorge für das gemeinsame Haus ist bereits ein Ort für intensive Erfahrungen in der Begegnung und Zusammenarbeit mit den Mitgliedern anderer Kirchen und christlicher Gemeinschaften, mit Gläubigen anderer Religionen und mit Frauen und Männern guten Willens. Dieses Engagement verlangt die Fähigkeit zu konsequentem Handeln auf zahlreichen Ebenen: Katechese und Seelsorgearbeit, die Förderung von Lebensformen und die Verwaltung des Kirchenvermögens (Immobilien und Finanzen).

c) Migrationsbewegungen sind ein Zeichen unserer Zeit und „Migranten sind ein ,Paradigma‘, das ein Licht auf unsere Zeit werfen kann“[10]. Ihre Gegenwart ruft uns auf, gemeinsam zu gehen, insbesondere wenn es sich um katholische Gläubige handelt. Sie lädt dazu ein, Kontakte zu den Kirchen der Herkunftsländer herzustellen, und stellt eine Möglichkeit dar, die Vielfalt der Kirche zu erfahren wie etwa durch die Diaspora der katholischen Ostkirchen.

d) Eine synodale Kirche kann als prophetisches Zeugnis in einer zersplitterten und polarisierten Welt vor allem dann eine Rolle spielen, wenn ihre Mitglieder dafür stark machen, gemeinsam mit anderen Bürgern an der Gestaltung des Gemeinwohls zu arbeiten. An Orten, die von tiefen Konflikten geprägt sind, erfordert dies die Fähigkeit, Akteure der Versöhnung und Mitarbeitenden des Friedens zu sein.

e) „Jeder Christ und jede Gemeinschaft ist berufen, Werkzeug Gottes für die Befreiung und die Förderung der Armen zu sein“ (EG 187). Dazu zählt auch die Bereitschaft, in der öffentlichen Diskussion für sie Position zu beziehen, ihren Anliegen eine Stimme zu geben und Ungerechtigkeiten und Diskriminierung anzuprangern, ohne sich zum Komplizen der dafür Verantwortlichen zu machen.

Frage für die Unterscheidung

Gemeinsam zu gehen bedeutet, niemanden zurückzulassen und Schritt für Schritt mit denen zu gehen, die es am schwersten haben. Auf welche Weise können wir unsere Fähigkeit weiterentwickeln, die führende Stellung der Kleinsten in Kirche und Gesellschaft zu fördern?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Werke der Gerechtigkeit und Barmherzigkeit sind eine Form der Teilhabe an der Sendung Christi. Jeder Getaufte ist daher aufgerufen, sich in diesem Bereich zu engagieren. Wie kann man dieses Bewusstsein in den christlichen Gemeinschaften wecken, kultivieren und stärken?

2) Die Ungleichheiten, die unsere heutige Welt prägen, machen sich auch im Leib der Kirche bemerkbar und trennen zum Beispiel die Kirchen der reichen Länder von denen der armen oder die Gemeinschaften in den reichsten Regionen eines Landes von den ärmsten. Welche Werkzeuge sind nötig, über diese Ungleichheiten hinaus gemeinsam als Kirchen zu gehen und einen echten Austausch von Gaben zu erfahren?

3) Welche Anstrengungen wurden auf dem synodalen Weg unternommen, um der Stimme der Ärmsten Raum zu geben und ihren Beitrag miteinzubeziehen? Welche Erfahrungen haben unsere Kirchen damit gemacht, die Armen als Protagonisten zu unterstützen? Was brauchen wir, um sie noch stärker in unser gemeinsames Gehen einzubeziehen und zuzulassen, dass ihre Stimme unser Vorgehen in Frage stellt, wenn es nicht inklusiv genug ist?

4) Wird die Aufnahme von Migranten zu einer Gelegenheit, vor allem dann zusammen mit Menschen aus einer anderen Kultur zu gehen, wenn wir denselben Glauben haben? Welchen Raum haben Gemeinschaften von Migranten in der normalen Seelsorge? Wie wird die Diaspora der katholischen Ostkirchen als Chance genutzt, Einheit in Vielfalt zu erfahren? Welche Kontakte werden zwischen den Kirchen der Herkunftsländer und denen der Ankunftsländer geschaffen?

5) Versteht es die christliche Gemeinschaft, bei der Gestaltung des Gemeinwohls gemeinsam mit der Gesellschaft in ihrer Gesamtheit zu gehen, oder stellt sie sich so dar, als sei sie nur an der Verteidigung ihrer eigenen parteiischen Interessen interessiert? Gelingt es ihr, Zeugnis davon abzulegen, dass Einigkeit jenseits von Polarisierungen möglich ist? Welche Werkzeuge schafft sie, damit sie sich für diese Aufgaben qualifizieren kann? Für das Gemeinwohl zu wirken verlangt, Bündnisse und Koalitionen ins Leben zu rufen: Welche Unterscheidungskriterien schaffen wir dafür? Wie begleitet die Gemeinschaft ihre politisch engagierten Mitglieder?

6) Welche Erfahrungen haben wir in der Sorge um das gemeinsame Haus dabei gemacht, gemeinsam mit Menschen, Gruppen und Bewegungen zu gehen, die nicht zur katholischen Kirche gehören? Was haben wir dabei gelernt? Wie weit sind wir bei der Schaffung von Kohärenz zwischen den verschiedenen Ebenen, auf denen die Sorge für das gemeinsame Haus uns zum Handeln auffordert?

7) Die Begegnung mit den Armen und Ausgegrenzten und die Möglichkeit, gemeinsam mit ihnen zu gehen, fängt oft mit der Bereitschaft an, auf ihr Leben zu hören. Hat es Sinn, über die Anerkennung eines speziellen Amtes für das Zuhören und die Begleitung derer nachzudenken, die sich um diesen Dienst kümmern? Wie kann eine synodale Kirche sie ausbilden und unterstützen? Wie können wir darüber nachdenken, Formen von Engagement für den Aufbau einer gerechten Gesellschaft und die Sorge um das gemeinsame Haus kirchlich anzuerkennen, die als Antwort auf eine authentische Berufung und auch als berufliche Entscheidung erlebt werden?

B 1.2 Wie kann eine authentische Kirche das Versprechen glaubwürdig machen, dass „Huld und Treue einander begegnen“ (Ps 85,11)?

Der Versuch zu verstehen, was Aufnehmen und Begleiten konkret für die christliche Gemeinschaft bedeutet, war ein zentraler Punkt der verschiedenen Etappen in der ersten Phase.

Das AKE hat dafür das biblische Bild von dem Zelt gewählt, dass seinen Raum weit macht (vgl. Jes 54,2), um den Ruf zum Ausdruck zu bringen, eine fest verwurzelte Gemeinschaft und somit fähig zu sein, sich zu öffnen. Auf der Grundlage ihres jeweiligen Empfindens haben die Kontinentalversammlungen weitere Bilder vorgeschlagen, um das Aufnehmen als Dimension zu formulieren, die zur Sendung der Kirche gehört: Asien hat als Zeichen der Demut, sich für die Begegnung mit dem Nächsten und mit Gott verfügbar zu machen, das Bild von dem Menschen aufgezeigt, der sich die Schuhe abstreift, um über die Schwelle zu treten; Ozeanien hat das Bild vom Boot vorgeschlagen; Afrika hat auf dem Bild von der Kirche als Gottesfamilie bestanden, die all ihren Mitgliedern in ihrer Vielfalt Zugehörigkeit und Aufnahme schenken kann.

Hinter dieser Vielfalt von Bildern können wir eine einheitliche Absicht spüren: Überall versucht die Kirche, ihre Sendung zu erneuern, eine einladende und gastfreundliche Gemeinschaft zu sein, Christus in denen, die sie aufnimmt, zu begegnen und Zeichen seiner Gegenwart sowie glaubwürdige Verkündigung der Wahrheit des Evangeliums im Leben aller zu sein. Es geht um das tiefe Bedürfnis, es dem Meister und Herrn auch darin gleichzutun, ein augenscheinliches Paradoxon zu leben, d. h. „ihre wahrhaftige Lehre mutig zu verkünden und gleichzeitig Zeugnis von radikaler Integration und Akzeptanz zu sein“ (AKE 30).

In diesem Punkt war der synodale Weg Gelegenheit, demütig und aufrichtig eine Auseinandersetzung in der Tiefe anzustoßen. Überrascht stellte man fest, dass synodales Vorgehen es ermöglicht, diejenigen Fragestellungen in den Kontext der Sendung zu setzen, die sich aus dieser Auseinandersetzung ergeben, ohne tatenlos zu bleiben, und gleichzeitig die Hoffnung zu nähren, dass die Synode ein Katalysator für diese Erneuerung der Sendung ist und dazu motiviert, das Beziehungsgeflecht der Kirche neu zu weben.

Die Sorge darum, authentisch annehmen zu können, kommt in einer Vielzahl äußerst unterschiedlicher Richtungen zum Ausdruck, die nicht deckungsgleich sind:

a) Die Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen führen oft diejenigen an, die sich von der Kirche nicht akzeptiert fühlen, wie Geschiedene und Wiederverheiratete, Menschen in polygamen Ehen oder katholische LGBTQ+;

 

b) Sie heben auch hervor, dass Formen der Diskriminierung aufgrund von Hautfarbe, ethnischer oder Stammeszugehörigkeit, Schicht oder Kaste, die sich auch im Volk Gottes wiederfinden, manchen Anlass geben, sich in der Gemeinschaft weniger wichtig oder weniger erwünscht zu fühlen;

c) Recht häufig wird berichtet, dass zahlreiche Hindernisse praktischer Natur bis hin zu kulturellen Vorurteilen Formen der Ausgrenzung von Menschen mit Behinderungen hervorbringen, die es zu überwinden gilt;

d) Es wird auch die Sorge geäußert, dass Arme, an die sich die Frohe Botschaft ja in erster Linie richtet, zu oft am Rande der christlichen Gemeinschaften stehen (z. B. Geflüchtete, Migranten und Vertriebene, Straßenkinder, Obdachlose, Opfer von Menschenhandel usw.);

e) Und schließlich merken die Dokumente der Kontinentalversammlungen an, dass die Verbindung zwischen der synodalen Umkehr und der Sorge für Opfer und Ausgegrenzte innerhalb der Kirche weiter bestehen muss; insbesondere betonen sie nachdrücklich, dass unbedingt gelernt werden muss, Gerechtigkeit als Form der Aufnahme derer zu praktizieren, die von Mitgliedern der Kirche verletzt wurden, wie insbesondere Opfer und Überlebende aller Formen von Missbrauch;

f) Das Hören auf die Stimmen, die am häufigsten vernachlässigt werden, wird als Weg aufgezeigt, um in Liebe und Gerechtigkeit, wie das Evangelium sie bezeugt, zu wachsen.

Frage für die Unterscheidung

Welche Schritte kann eine synodale Kirche gehen, um es ihrem Herrn und Meister gleichzutun, der in bedingungsloser Liebe mit allen geht und die Fülle der Wahrheit des Evangeliums verkündet?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Mit welcher Haltung gehen wir auf die Welt zu? Sind wir fähig, das Gute in ihr zu erkennen und uns gleichzeitig zu bemühen, all das prophetisch anzuprangern, was die Würde der Menschen, der menschlichen Gemeinschaften und der Schöpfung verletzt?

2) Wie können wir prophetisch die Stimme erheben, um die Ursachen des Bösen aufzudecken, ohne unsere Gemeinschaften weiter zu zersplittern? Wie können wir zu einer Kirche werden, die Konflikte nicht versteckt und sich nicht scheut, Räume für Meinungsverschiedenheiten zu schaffen?

3) Wie können wir Nähe und Beziehungspflege wieder zum Kern der kirchlichen Sendung machen und mit den Menschen gehen, anstatt über sie oder zu ihnen zu sprechen?

4) Wie können wir im Sinne des Nachsynodalen Apostolischen Schreibens Christus vivit gemeinsam mit jungen Menschen gehen? Wie kann eine „bevorzugte Option für junge Menschen“ synodal im Mittelpunkt unserer pastoralen Strategien stehen?

5) Wie können wir weiter konkrete Schritte machen, um Opfern und Überlebenden von sexuellem, spirituellem, finanziellem, Macht- und Gewissensmissbrauch durch kirchliche Amts- oder Funktionsträger Gerechtigkeit zu erweisen?

6) Wie können wir Räume schaffen, in denen diejenigen, die sich von der Kirche verletzt und von der Gemeinschaft nicht erwünscht fühlen, sich anerkannt, aufgenommen, nicht verurteilt und frei fühlen, Fragen zu stellen? Welche konkreten Schritte sind im Licht des Nachsynodalen Apostolischen Schreibens Amoris laetitia notwendig, um auf Menschen zuzugehen, die sich aufgrund ihrer Affektivität und Sexualität von der Kirche ausgeschlossen fühlen (z. B. wiederverheiratete Geschiedene, Menschen in polygamen Ehen, LGBTQ+ usw.)?

7) Wie können wir offener und aufnahmebereiter auf Migranten und Flüchtlinge, ethnische und kulturelle Minderheiten und indigene Gemeinschaften zugehen, die seit langem Teil der Kirche sind, aber oft am Rande stehen? Wie können wir bezeugen, dass ihre Gegenwart ein Geschenk ist?

8) Welche physischen und kulturellen Barrieren müssen wir zu Fall bringen, damit Menschen mit Behinderungen sich als vollwertige Mitglieder der Gemeinschaft fühlen können?

9) Wie können wir den Beitrag älterer Menschen zum Leben der christlichen Gemeinschaft und der Gesellschaft zur Geltung bringen?

B 1.3 Wie kann eine dynamische Beziehung wachsen, damit die Kirchen untereinander Gaben tauschen?

Die Gemeinschaft, zu der die Kirche gerufen ist, ist eine dynamische Beziehung, in der Gaben getauscht werden und die von transzendenter Einheit in Vielfalt zeugt. Eine der wichtigsten Gaben auf dem bisherigen Weg der Synode ist, dass wir unseren Reichtum an Vielfalt und unsere tiefe Verbundenheit wiederentdeckt haben. Diese Vielfalt und Verbundenheit sind keine Bedrohung, sondern bilden den Rahmen dafür, dass wir unsere Einheit in der Schöpfung, Berufung und Bestimmung tiefer annehmen können.

Der synodale Prozess wurde auf der Ebene der Ortskirchen vor allem bei den Gelegenheiten zum Gespräch im Geiste als leidenschaftlich und lebendig erlebt. Das AKE hat versucht, die verschiedenen Formen dieser Lebendigkeit hervorzuheben und zugleich die außergewöhnliche Übereinstimmung bei Fragen und Themen zu betonen, die in den verschiedenen Zusammenhängen angesprochen wurden. Während der Kontinentalversammlungen wurden dann bestimmte Aspekte des kirchlichen Lebens in sehr unterschiedlichen Kontexten als wertvolles Geschenk entdeckt. Zugleich wurde eine tiefere Beziehung zu der Vielfalt eingegangen, die die verschiedenen Regionen prägt: Unterschiede zwischen den Kirchen auf ein und demselben Kontinent sowie Unterschiede im Ausdruck von Katholizität, wenn römisch-katholische und ostkirchliche Gemeinschaften infolge von Migrationswellen und der Bildung von Diaspora-Gemeinschaften in derselben Gegend leben. In Wirklichkeit haben wir uns, wie eine Kontinentalversammlung feststellte, ganz konkret als „Gemeinschaften von Gemeinschaften“ erlebt und die Gaben bemerkt, die wir so empfangen, sowie die Spannungen, die daraus entstehen können.

Diese Begegnungen haben zu gemeinsamen Beobachtungen und auch expliziten Forderungen geführt:

a) Es besteht der Wunsch, dass sich die verschiedenen Traditionen in bestimmten Regionen und Kirchen Gehör verschaffen und am kirchlichen und theologischen Gespräch teilhaben können, das oft von römisch-katholischen/ostkirchlichen Stimmen dominiert wird. Die Würde der Getauften wird in vielen Zusammenhängen als zentraler Punkt anerkannt; ebenso bleibt das in den Sakramenten der christlichen Initiation gefeierte Ostergeheimnis insbesondere bei vielen Angehörigen der katholischen Ostkirchen der Kern der Reflexion über christliche Identität und synodale Kirche;

b) Die katholischen Ostkirchen blicken gemeinsam mit den orthodoxen Kirchen auf langjährige, bemerkenswerte Erfahrungen im Bereich Synodalität zurück. Sie wünschen sich, dass dieser Tradition in den Diskussionen und in der Unterscheidung dieses synodalen Prozesses Aufmerksamkeit zugesichert wird;

c) Gleichermaßen gibt es spezielle und besondere Realitäten, die von den Christen der Ostkirche in der Diaspora in neuen Kontexten gemeinsam mit ihren orthodoxen Schwestern und Brüdern bewältigen werden müssen. Es besteht der Wunsch, dass die katholischen Ostkirchen in der Diaspora ihre Identität bewahren können und als etwas anerkannt werden, das mehr als eine einfache ethnische Gemeinschaft ist, d. h. als Kirchen sui iuris mit reichen spirituellen, theologischen und liturgischen Traditionen, die zur Sendung der heutigen Kirche im globalen Kontext beitragen.

Frage für die Unterscheidung

Wie kann jede Ortskirche als Überbringerin der Sendung in ihrem Lebensumfeld den Austausch von Gaben vor dem Horizont der einen katholischen Kirche mit den anderen Ortskirchen nutzen, fördern und ergänzen? Wie kann man den Ortskirchen helfen, die Katholizität der Kirche in einem harmonischen Verhältnis zwischen Einheit und Vielfalt unter gleichzeitiger Beibehaltung der jeweiligen Besonderheiten zu fördern?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Wie kann man das Bewusstsein dafür ausbauen, dass die eine katholische Kirche bereits von Anfang an Trägerin einer reichen, vielgestaltigen Vielfalt ist?

2) Mit welchen Gesten könnten die verschiedenen Ortskirchen sich gegenseitig Gastfreundschaft schenken, um von einem Austausch kirchlicher Gaben zu profitieren und kirchliche Gemeinschaft in Liturgie, Spiritualität, Pastoral und theologischer Reflexion zu manifestieren? Und wie können wir insbesondere einen Austausch von Erfahrungen und Sichtweisen im Bereich Synodalität unter den katholischen Ostkirchen und der römisch-katholischen Kirche in Gang bringen?

3) Wie könnte sich die römisch-katholische Kirche mehr für die spirituellen, theologischen und liturgischen Traditionen der katholischen Ostkirchen öffnen?

4) Wie können die katholischen Ostkirchen in der Diaspora ihre Identität bewahren und als mehr anerkannt werden denn als einfache ethnische Gemeinschaften?

5) Einige Kirchen leben unter äußerst prekären Umständen. Wie können die anderen Kirchen sich um ihr Leid kümmern und auf ihre Bedürfnisse eingehen und so die Lehren des Apostels Paulus in die Praxis umsetzen, der die Gemeinden in Griechenland gebeten hat, die Jerusalemer Gemeinde großherzig zu unterstützen: „Im Augenblick soll euer Überfluss ihrem Mangel abhelfen, damit auch ihr Überfluss einmal eurem Mangel abhilft. So soll ein Ausgleich entstehen.“ (2 Kor 8,14)? Welche Rolle können die weltweiten Institutionen und jene beim Heiligen Stuhl, die sich in den Dienst der Nächstenliebe stellen, hier spielen?

6) Wie können die Beiträge und Erfahrungen der Ortskirchen bei der Ausarbeitung des Lehramtes und der kirchlichen Vorschriften auf universeller Ebene berücksichtigt und wertgeschätzt werden?

7) Wie können wir in einer immer stärker globalisierten und vernetzten Welt das Beziehungsgeflecht zwischen Ortskirchen aus derselben Region und sogar aus verschiedenen Kontinenten weiterentwickeln? Wie kann die zunehmende Mobilität von Menschen und damit die Präsenz von Migrantengemeinschaften zu einer Chance für die Gestaltung von Verbindungen zwischen den Kirchen und den Austausch von Gaben werden? Wie können Spannungen und Missverständnisse, die zwischen Gläubigen unterschiedlicher Kulturen und Traditionen entstehen können, konstruktiv bewältigt werden?

8) Wie können die weltweiten Einrichtungen der Kirche, angefangen bei denen des Heiligen Stuhls und den Dikasterien der römischen Kurie, den Austausch von Gaben zwischen den Kirchen fördern?

9) Wie kann der Austausch von Erfahrungen und Gaben nicht nur zwischen den verschiedenen Ortskirchen, sondern auch zwischen den verschiedenen Berufungen, Charismen und spirituellen Formen innerhalb des Volkes Gottes aktiv und fruchtbar gestaltet werden, d. h. zwischen Instituten des geweihten Lebens und Gesellschaften des apostolischen Lebens, Laienvereinigungen und –bewegungen und neuen Gemeinschaften? Wie kann die Teilhabe der Gemeinschaften des kontemplativen Lebens an diesem Geben und Nehmen gewährleistet werden?

B 1.4 Wie kann eine synodale Kirche ihre Sendung besser durch ein erneutes ökumenisches Engagement erfüllen?

„Der Weg der Synodalität, den die katholische Kirche gerade geht, muss ökumenisch sein, genauso wie der ökumenische Weg synodal ist.“[11]  Ebenso wie Ökumene zuallererst ein gemeinsamer Weg (syn-odos) ist, den man zusammen mit anderen Christen geht, ist auch Synodalität eine gemeinsame Herausforderung, die alle Gläubigen in Christus betrifft.  Synodalität und Ökumene sind zwei Wege, die man zusammen zurücklegen muss, und zwar mit dem gemeinsamen Ziel, ein besseres christliches Zeugnis abzulegen. Dies kann im Zusammenleben in einer „Lebensökumene“ auf verschiedenen Ebenen wie etwa in der interkonfessionellen  Ehe Gestalt annehmen und sogar in dem höchsten Akt, es als Zeugnis des Glaubens an Christus in der Ökumene des Martyriums hinzugeben.

So ergeben sich aus dem Engagement zum Aufbau einer synodalen Kirche verschiedene ökumenische Folgen:

a) In der einen Taufe haben alle Christen Anteil am sensus fidei bzw. an dem übernatürlichen Sinn des Glaubens (vgl. LG 12), weshalb in einer synodalen Kirche allen aufmerksam zugehört werden muss;

b) Der ökumenische Weg ist ein Austausch von Gaben, und eine der Gaben, die Katholiken von anderen Christen empfangen können, ist eben deren synodale Erfahrung (vgl. EG 246). Die Wiederentdeckung der Synodalität als konstitutive Dimension der Kirche ist Frucht des ökumenischen Dialogs, vor allem mit den Orthodoxen;

c) Die ökumenische Bewegung ist ein Versuchsfeld für Synodalität und auf diesem könnte vor allem die auf verschiedenen Ebenen praktizierte Methode des Dialogs und der Konsensfindung eine Quelle der Inspiration sein;

d) Synodalität ist Teil der „ständigen Reform“ der Kirche, in dem Bewusstsein, dass sich die katholische Kirche vor allem durch ihre interne Reform, bei der die Synodalität eine wesentliche Rolle spielt, den anderen Christen annähert (vgl. UR 4.6);

e) Zwischen der synodalen Ordnung der katholischen Kirche und der Glaubwürdigkeit ihres ökumenischen Engagements besteht eine Wechselwirkung;

f) Eine gewisse Synodalität unter den Kirchen wird immer dann praktiziert, wenn Christen verschiedener Traditionen sich im Namen Jesu Christi zum gemeinsamen Gebet, Handeln und Zeugnis versammeln sowie bei regelmäßigen Beratungen und der Teilnahme an den einzelnen Synodalprozessen.

Alle Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen heben die enge Beziehung zwischen Synodalität und Ökumene hervor und einige widmen ihr ganze Kapitel, denn sowohl Synodalität als auch Ökumene sind in der Taufwürde des gesamten Volkes Gottes verwurzelt. Sie laden zu erneutem Engagement auf der Grundlage ein, dass die Kirche als missionarisch-synodal gesehen wird; sie sind Prozesse des Zuhörens und Dialogs, die anmahnen, als eine Gemeinschaft zu wachsen, die nicht uniform ist, sondern in legitimer Unterschiedlichkeit geeint; sie weisen auf die Notwendigkeit eines gemeinsamen Verantwortungsbewusstseins hin, da unsere Entscheidungen und Maßnahmen auf verschiedenen Ebenen alle Glieder des Leibes Christi betreffen; sie sind spirituelle Prozesse der Buße, Vergebung und Versöhnung in einem Dialog der Umkehr, der zur Heilung des Gedächtnisses führen kann.

Frage für die Unterscheidung

Auf welche Weise können die Erfahrung und die Früchte des ökumenischen Weges den Aufbau einer synodaleren katholischen Kirche fördern; auf welche Weise kann Synodalität der katholischen Kirche helfen, besser auf das Gebet Jesu zu antworten: „Alle sollen eins sein…, damit die Welt glaubt“ (Joh 17,21)?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Diese Synode ist eine Gelegenheit, von anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften zu lernen und „das, was der Geist bei ihnen gesät hat, als ein Geschenk aufzunehmen, das auch für uns bestimmt ist“ (EG 246). Was können Katholiken aus den synodalen Erfahrungen anderer Christen und der ökumenischen Bewegung (neu) lernen?

2) Wie kann die aktive Teilhabe des gesamten Volkes Gottes an der ökumenischen Bewegung gefördert werden? Welchen Beitrag können insbesondere das geweihte Leben, interkonfessionelle Paare und Familien, junge Menschen, kirchliche Bewegungen und ökumenische Gemeinschaften leisten?

3) In welchen Bereichen ist eine Heilung des Gedächtnisses im Hinblick auf die Beziehung zu anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften vonnöten? Wie können wir gemeinsam ein „neues Gedächtnis“ gestalten?

4) Wie kann man unseren gemeinsamen Weg mit den Christen aller Traditionen verbessern? Auf welche Weise könnte ein gemeinsames Gedenken zum 1700. Jahrestag des Konzils von Nizäa (325–2025) zu einer Gelegenheit dafür werden?

5) „Das bischöfliche Amt der Einheit ist eng mit der Synodalität verbunden“[12]. Wie ist der Bischof als „sichtbares Prinzip und Fundament der Einheit“ (LG 23) dazu gerufen, die Ökumene in seiner Ortskirche auf synodale Weise zu fördern?

6) Wie kann der laufende synodale Prozess dazu beitragen, „eine Form der Primatsausübung zu finden, die zwar keineswegs auf das Wesentliche ihrer Sendung verzichtet, sich aber einer neuen Situation öffnet“[13]?

7) Wie können die katholischen Ostkirchen der römisch-katholischen Kirche bei dem gemeinsamen synodalen und ökumenischen Engagement helfen, wie können sie sie unterstützen und motivieren? Wie kann die römisch-katholische Kirche die Identität der Gläubigen der katholischen Ostkirchen in der Diaspora unterstützen und fördern?

8) Wie kann das ökumenische Motto von Papst Franziskus „Gemeinsam gehen, gemeinsam beten, gemeinsam arbeiten“[14] zu einem erneuerten Engagement für die Einheit der Christen auf synodale Weise inspirieren?

B 1.5 Wie können wir im Licht des Evangeliums den Reichtum der Kulturen erkennen und zusammenführen und den Dialog mit den Religionen weiterentwickeln?

Menschen zuzuhören verlangt, den Kulturen, in denen sie leben, in dem Bewusstsein zuhören zu können, dass sich jede Kultur ständig weiterentwickelt. Eine synodale Kirche muss lernen, das Evangelium durch Unterscheidung besser mit den lokalen Kulturen und Kontexten in Verbindung zu bringen, und dies aus der Zuversicht, dass der Geist ihr eine solche Weite schenkt, dass sie jede Kultur aufnehmen kann, ohne sie auszuschließen. Die Tatsache, dass sich die Ortskirchen bereits durch eine segensreiche, große Vielfalt auszeichnen, beweist dies: In ihnen leben verschiedene Nationalitäten, ethnische Gruppen und Gläubige aus östlichen und westlichen Traditionen zusammen. Diesen Reichtum zu leben, ist jedoch nicht immer leicht und kann zur Quelle von Spaltungen und Konflikten werden.

Zudem ist unsere Zeit von der übermächtigen Präsenz einer neuen Kultur durchdrungen, der Kultur der digitalen Welt und neuen Medien. Wie die Initiative „Digitale Synode“ zeigt, ist die Kirche in dieser vor allem durch den Auftritt vieler, oftmals junger Christen bereits vertreten. Was noch fehlt, ist ein umfassendes Bewusstsein für das Potenzial, das dieser Bereich für die Evangelisierung bietet. Zudem muss noch über die insbesondere anthropologischen Herausforderungen, die dieser Bereich mit sich bringt, nachgedacht werden.

Aus den Dokumenten der Kontinentalversammlungen gehen verschiedene Spannungen hervor, von denen man sich nicht erdrücken lassen darf, sondern die als Quellen für Dynamik erschlossen werden müssen:

a) in der Beziehung zwischen Evangelium und lokalen Kulturen mit unterschiedlichen Erfahrungen und Positionen. Manche betrachten die Übernahme von Traditionen aus den Kirchen anderer Regionen als eine Form von Kolonialismus. Andere finden, dass der Geist in jeder Kultur wirkt und sie dazu befähigt, die Wahrheiten des christlichen Glaubens zum Ausdruck zu bringen. Wieder andere finden, dass Christen vorchristliche kulturelle Praktiken nicht übernehmen oder anpassen dürfen;

b) in der Beziehung zwischen dem Christentum und anderen Religionen. Neben dem als fruchtbar erlebten Dialog und dem Engagement mit Gläubigen anderer Religionen zeigen sich auch Mühevolles und Grenzen, Signale von Misstrauen, religiöse Konflikte und selbst direkte oder indirekte Verfolgung. Die Kirche möchte Brücken bauen, um Frieden, Versöhnung, Gerechtigkeit und Freiheit zu fördern, aber es gibt auch Situationen, die viel Geduld und Hoffnung darauf fordern, dass sich etwas ändern kann;

c) in der Beziehung zwischen der Kirche auf der einen und der westlichen Kultur und Formen des kulturellen Kolonialismus auf der anderen Seite. In der Welt sind Kräfte am Werk, die sich der Sendung der Kirche entgegenstellen, angefangen bei philosophischen, wirtschaftlichen und politischen Ideologien, die auf glaubensfeindlichen Annahmen beruhen. Solche Spannungen wie z. B. das Phänomen der Säkularisierung, das einige als Bedrohung und andere als Chance sehen, werden nicht von allen gleichermaßen wahrgenommen. Manchmal wird dieses Spannungsverhältnis einfach nur auf einen Konflikt zwischen denen, die Veränderung wollen, und denen, die Angst davor haben, reduziert;

d) in der Beziehung zwischen indigenen Gemeinschaften und westlichen Modellen für missionarisches Handeln. Viele katholische Missionare haben ihren Glauben erwiesenermaßen mit großer Hingabe und Großherzigkeit geteilt, in manchen Fällen hat ihr Handeln aber die Möglichkeit, dass lokale Kulturen ihren ureigenen Beitrag zum Aufbau der Kirche leisten können, behindert.

e) in der Beziehung zwischen der christlichen Gemeinschaft und jungen Menschen, von denen sich etliche durch den Sprachgebrauch im kirchlichen Bereich ausgeschlossen fühlen, der ihnen unverständlich vorkommt.

Diese Spannungen müssen zuallererst durch eine Unterscheidung auf örtlicher Ebene bewältigt werden, da es keine Patentrezepte für sie gibt. Die Kontinentalversammlungen haben persönliche und gemeinschaftliche Dispositionen hervorgehoben, die hilfreich sein können: eine Haltung der Demut und des Respekts; die Fähigkeit zuzuhören und ein authentisches Gespräch im Geist zu fördern; die Bereitschaft zur Veränderung; die österliche Dynamik von Tod und Auferstehung auch in Bezug auf konkrete Formen anzunehmen, die das Leben der Kirche annimmt; die Ausbildung von kultureller Unterscheidung im Vergleich zwischen Sensibilität und Spiritualität; die Begleitung von Menschen aus verschiedenen Kulturen.

Frage für die Unterscheidung

Wie können wir die Verkündigung des Evangeliums in den verschiedenen Kontexten und Kulturen kommunizierbar und wahrnehmbar machen, damit die Frauen und Männer unserer Zeit Christus besser begegnen können? Welche Kontakte können wir zu den Gläubigen anderer Religionen knüpfen, um eine Kultur der Begegnung und des Dialogs zu entwickeln?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Mit welchen Werkzeugen deuten und praktizieren die Ortskirchen eine Unterscheidung der Kulturen, in denen sie leben? Wie können sie die Kulturen in den verschiedenen lokalen Kontexten im Lichte des Evangeliums respektieren und besser wertschätzen? Welche Möglichkeiten können sie schaffen, um die Lehren der Kirche im Lichte der lokalen Kulturen konstruktiv neu zu interpretieren?

2) Welche Räume stehen zur Verfügung, damit Minderheiten- und Migrantenkulturen in den Ortskirchen ihren Ausdruck finden?

3) Verschiedene Diözesen, Bischofskonferenzen und Kontinentalversammlungen haben den Wunsch geäußert, das Leben der Gemeinschaften und insbesondere die Liturgie in einem dauerhaften Inkulturationsprozess im Einklang mit den lokalen Kulturen neu zu gestalten. Welche synodale Dynamik können wir umsetzen, um diesem Wunsch entgegenzukommen?

4) Wie wird die Ausbildung in kultureller Unterscheidungsfähigkeit gefördert? Wie werden Charismen und Berufungen der „Übersetzer“, also derer, die helfen, Brücken zwischen Religionen, Kulturen und Menschen zu bauen, gefördert, ausgebildet und anerkannt?

5) Zu welchen Gesten der Versöhnung und des Friedens mit anderen Religionen fühlen wir uns gerufen? Wie gehen wir konstruktiv mit Vorurteilen, Spannungen und Konflikten um? Wie legen wir Zeugnis vom Evangelium in Ländern ab, in denen die Kirche eine Minderheit darstellt, ohne das Glaubenszeugnis zu schwächen, aber auch ohne Christen leichtfertig Drohungen und Verfolgung auszusetzen?

6) Wie gehen wir auch innerhalb der Kirche offen, prophetisch und konstruktiv mit den Beziehungen zwischen der westlichen und anderen Kulturen um und vermeiden dabei Formen von Kolonialismus?

7) Für manche ist die säkularisierte Gesellschaft eine Bedrohung, der man sich entgegenstellen muss, für andere eine Tatsache, die man akzeptieren muss, und für wieder andere eine Inspirationsquelle und Chance. Wie können die Kirchen im Dialog mit der Welt bleiben, ohne weltlich zu werden?

8) Wie können wir in der digitalen Welt Gelegenheit zur Unterscheidung schaffen? Welche Formen der Zusammenarbeit und welche Strukturen müssen wir im Dienst der Evangelisierung in einem Umfeld schaffen, das die territoriale Dimension außen vor lässt?

B 2. Gemeinsame Verantwortung in der Sendung

Wie können wir Fähigkeiten und Aufgaben im Dienst des Evangeliums besser miteinander teilen?

B 2.1 Wie können wir uns zusammen auf den Weg zu einem gemeinsamen Bewusstsein für die Bedeutung und den Inhalt der Sendung machen?

Die Sendung der Kirche ist es, das Evangelium zu verkünden und Christus durch die Gabe des Geistes gegenwärtig zu machen. Diese Aufgabe kommt allen Getauften zu (vgl. EG 120): Synodalität ist konstitutiv auf Sendung hingeordnet und Sendung an sich ist synodales Handeln. Wir sind stets dazu eingeladen, in unserer Antwort auf diesen Ruf weiter zu wachsen und die Art und Weise, wie die Kirche ihre Sendung erfüllt, in synodalem Stil neu zu gestalten. In den Überlegungen der Kontinentalversammlungen findet diese Sendung in zahlreichen Dimensionen ihren Niederschlag, die in der ganzheitlichen Perspektive, wie sie von Evangelii nuntiandi gefördert und von Evangelii gaudium aufgegriffen wird, harmonisch verbunden werden müssen und nicht gegeneinandergestellt werden dürfen. Zum Beispiel:

a) ein eindringlicher Aufruf zur Erneuerung des liturgischen Lebens der Ortskirche als Ort der Verkündigung durch Wort und Sakrament, wobei die Qualität der Predigt und die Sprache der Liturgie den Schwerpunkt bilden. Letzteres erfordert das richtige Gleichgewicht zwischen der Einheit der Kirche, die auch in einem einheitlichen Ritus Ausdruck findet, und der berechtigten Vielfalt, die eine richtige Inkulturation gebührend berücksichtigt[15];

b) ein hervorgehobener Wunsch nach einer armen und den Notleidenden nahen Kirche, die durch praktizierte Nähe und Nächstenliebe evangelisieren kann, indem sie in die Fußstapfen des Herrn tritt und ein Zeugnis von Engagement bis hin zum Martyrium ablegt: Dies ist die „samaritanische“ Berufung der Kirche. Es wird an Situationen erinnert, in denen die Kirche Wunden zufügt, und an solche, in denen sie diese selbst erleidet: Ohne die Sorge für die betroffenen Menschen werden diese Situationen zu Stolpersteinen für das Zeugnis der Liebe Gottes und der Wahrheit des Evangeliums;

c) ein Schlüssel, um sich neuen und destruktiven Kolonialismen prophetisch entgegenstellen zu können, wie etwa das Anbieten unentgeltlicher Dienste, aus dem Impuls heraus, es Christus gleichzutun, der nicht gekommen ist, um sich dienen zu lassen, sondern um zu dienen (vgl. Mk 10,45). Es sind Orte, an denen man auf menschliche Grundbedürfnisse eine Antwort finden kann, an denen Menschen sich angenommen und nicht verurteilt fühlen, an denen sie freimütig Fragen nach den Gründen für unsere Hoffnung stellen können (vgl. 1 Petr 3,15) und frei darin sind, zu gehen und zurückzukehren. Für eine synodale Kirche lautet die Sendung immer, mit anderen und nicht einfach für andere zu gestalten;

d) Auch im digitalen Bereich, den die Kirche nun als Chance für die Evangelisierung entdeckt, ermöglicht der Aufbau von Beziehungsnetzen es den Menschen und insbesondere jungen Menschen, die darin unterwegs sind, neue Wege auszuprobieren, um gemeinsam zu gehen. Die Initiative „Digitale Synode“ lenkt die Aufmerksamkeit der Kirche auf die Realität des Menschen als Geschöpf, das auch in den medialen Kreisen, die unsere heutige Welt prägen, kommuniziert.

Der Wunsch, im Engagement für die Sendung zu wachsen, wird durch das Bewusstsein um die Grenzen der christlichen Gemeinschaften und durch die Anerkennung ihrer Fehler nicht etwa behindert. Im Gegenteil! Der Antrieb, aufgrund von Glaubensimpulsen, Hoffnung und Nächstenliebe aus sich herauszugehen, ist ein Weg, mit dieser Unvollständigkeit umzugehen. Neben der Bekräftigung dieses Wunsches bringen die Kontinentalversammlungen auch zum Ausdruck, dass es an Klarheit und einem gemeinsamen Verständnis für die Bedeutung, die Reichweite und den Inhalt der Sendung der Kirche bzw. an Kriterien für die Formulierung von Handlungsimpulsen in verschiedene Richtungen fehlt. Dies behindert unser gemeinsames Gehen und spaltet uns; daraus ergibt sich die Forderung nach mehr Bildung und nach Orten, an denen man sich synodal mit den verschiedenen Perspektiven, Formen von Spiritualität und Befindlichkeiten, die den Reichtum der Kirche ausmachen, auseinandersetzen und darüber austauschen kann.

Frage für die Unterscheidung

Wie weit ist die Kirche heute für die Sendung vorbereitet und ausgestattet, das Evangelium aus Überzeugung, in geistiger Freiheit und wirksam zu verkünden? Auf welche Weise verwandelt die Perspektive einer synodalen Kirche das Verständnis von Sendung und ermöglicht es, verschiedene Dimensionen zu formulieren? Auf welche Weise bereichert die Erfahrung, die Sendung gemeinsam zu erfüllen, das Verständnis von Synodalität?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Das liturgische Leben der Gemeinde ist der Quell der Sendung. Wie kann man ihre Erneuerung in synodaler Hinsicht unterstützen, um Ämter, Charismen und Berufung stärker zur Geltung zu bringen und Räume der Annahme und Beziehung anzubieten?

2) Auf welche Weise können Predigt, Katechese und Pastoral ein gemeinsames Bewusstsein für Bedeutung und Inhalt der Sendung fördern? Und dafür, dass sie einen konkreten, tatsächlichen Ruf für jeden Getauften darstellt?

3) Die Synthesen der Bischofskonferenzen und der Kontinentalversammlungen fordern nachdrücklich eine „bevorzugte Option“ für junge Menschen und Familien, die diese als Subjekte und nicht als Objekte der Seelsorge anerkennt. Wie könnte diese auf die Sendung ausgerichtete, synodale Erneuerung der Kirche – auch durch die Umsetzung der Schlussfolgerungen der Synoden von 2014–2015 und 2018 – gestaltet werden?

4) Für einen Großteil des Volkes Gottes erfüllt sich die Sendung dadurch, dass sie das Reich Gottes „in der Verwaltung und gottgemäßen Regelung der zeitlichen Dinge“ (LG 31; vgl. auch AA 2) suchen. Wie können wir das Bewusstsein dafür schärfen, dass Beruf, gesellschaftliches und politisches Engagement sowie ehrenamtliche Mitarbeit Bereiche sind, in denen Sendung ausgeübt wird? Wie können wir diejenigen begleiten und unterstützen, die diese Sendung in einem besonders feindseligen und anspruchsvollen Umfeld ausüben?

5) Die Soziallehre der Kirche gilt oft als Domäne von Experten und Theologen, losgelöst vom Alltag der Gemeinden. Wie kann das Volk Gottes dazu ermutigt werden, sich diese wieder als Quelle für seine Sendung zu eigen zu machen?


6) Die digitale Welt prägt heute das Leben der Gesellschaft. Wie kann die Kirche ihre Sendung darin noch wirkungsvoller erfüllen? Wie sollen Verkündigung, Begleitung und Fürsorge in diesem Umfeld neugestaltet werden? Wie kann sendungsbewusstes Engagement darin entsprechend anerkannt und wie können angemessene Ausbildungsangebote für Engagierte angeboten werden? Wie können wir junge Menschen, die für die Sendung der Kirche in diesem Raum mitverantwortlich sind, als Protagonisten ermutigen?

7) In vielen Bereichen ist die Zusammenarbeit mit einer Vielzahl unterschiedlich motivierter Menschen und Organisationen erforderlich, um die Sendung voran zu tragen: mit Gläubigen anderer Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, Glaubenden anderer Religionen, Frauen und Männern guten Willens. Was lernen wir aus dem „gemeinsamen Gehen“ mit ihnen und wie können wir uns rüsten, um es noch besser zu tun?

B 2.2 Was müssen wir tun, damit eine synodale Kirche auch eine auf die Sendung ausgerichtete, „voll und ganz dienstamtliche“ Kirche ist?

Alle Kontinentalversammlungen nehmen - oft sehr prononciert - auf die Ämter in der Kirche Bezug. Der synodale Prozess stellt wieder eine positive Sicht auf die Ämter her, wobei das Weiheamt innerhalb der kirchlichen Dienstämter im weitesten Sinne verortet wird und nicht in einer Entgegensetzung. Es zeigt sich auch eine gewisse Dringlichkeit, neu entstehende Charismen und angemessene Formen der Ausübung der (eingesetzten, außerordentlichen und faktischen) Taufämter innerhalb des Volkes Gottes zu unterscheiden, welches an der prophetischen, priesterlichen und königlichen Funktion Christi teilhat. Auf letztere konzentriert sich dieses Arbeitsblatt, während die Frage nach dem Verhältnis zum Weiheamt und den Aufgaben der Bischöfe in einer synodalen Kirche an anderer Stelle behandelt wird. Im Besonderen:

a) wird klar gefordert, eine Sichtweise hinter sich zu lassen, wonach jede aktive Funktion in der Kirche allein den geweihten Amtsträgern (Bischöfen, Presbytern, Diakonen) vorbehalten ist und die Beteiligung der Getauften auf eine untergeordnete Mitarbeit reduziert wird. Ohne die Wertschätzung für die Gabe des Weihesakraments zu schmälern, werden die Ämter ausgehend von einer dienstamtlichen Auffassung der gesamten Kirche verstanden. Es ergibt sich eine sachliche Rezeption des Zweiten Vatikanischen Konzils mit der Anerkennung der Taufwürde als Fundament für die Teilhabe aller am Leben der Kirche. Die Taufwürde wird leicht mit dem gemeinsamen Priestertum als Wurzel der Taufämter verbunden, und es wird die notwendige Beziehung zwischen dem gemeinsamen Priestertum und dem Priestertum des Dienstes bekräftigt, denn diese „sind einander zugeordnet: das eine wie das andere nämlich nimmt je auf besondere Weise am Priestertum Christi teil“ (LG 10);

b) wird hervorgehoben, dass der am besten geeignete Ort für eine wirksame Gestaltung der Teilhabe aller am Priestertum Christi, der das Weiheamt in seiner Besonderheit aufwerten und zugleich die Taufämter in ihrer Vielfalt fördern kann, die Ortskirche ist, die dazu gerufen ist zu unterscheiden, welche Charismen und Ämter in einem bestimmten gesellschaftlichen, kulturellen und kirchlichen Kontext für das Wohl aller nützlich sind. Es wird als notwendig empfunden, der besonderen Teilhabe von Laien an der Evangelisierung in den verschiedenen Bereichen des gesellschaftlichen, kulturellen, wirtschaftlichen und politischen Lebens neuen Schwung zu verleihen und den Beitrag der Frauen und Männer des geweihten Lebens mit ihren verschiedenen Charismen im Leben der Ortskirche aufzuwerten;

c) macht die Erfahrung des gemeinsamen Gehens es in der Ortskirche möglich, sich neue Ämter im Dienst einer synodalen Kirche vorzustellen. Unter Verweis auf  Wortlaut, Sichtweise und Sprache von LG 10–12 fordern die Kontinentalversammlungen oft eine stärkere Anerkennung der Taufämter und die Möglichkeit, diese nach dem Subsidiaritätsprinzip zwischen den verschiedenen Kirchenebenen zu erreichen. In diesem Sinne könnten viele dieser Fragen durch eine intensivere synodale Arbeit in den Ortskirchen beantwortet werden, wo es auf der Grundlage des Prinzips der differenzierten Teilhabe an den tria munera Christi leichter fällt, die Komplementarität zwischen dem gemeinsamen Priestertum und dem Priestertum des Dienstes deutlich zu machen und die für die Gemeinschaft notwendigen Taufämter durch Unterscheidung herauszukristallisieren.

d) Eine „voll und ganz dienstamtliche“ Kirche ist nicht zwangsläufig eine Kirche, die „nur eingesetzte Ämter“ hat. Es gibt zu Recht viele Ämter, die aus der Taufberufung erwachsen: spontane Ämter, einige anerkannte Ämter, die nicht eingesetzt werden, und andere, die durch die Einsetzung eine besondere Ausbildung, Sendung und Stabilität erhalten. Als synodale Kirche zu wachsen bedeutet, dass wir uns dafür einsetzen, gemeinsam zu unterscheiden, welche Ämter im Licht der Zeichen der Zeit als Antwort im Dienst an der Welt geschaffen oder gefördert werden sollen.

Frage für die Unterscheidung

Wie können wir uns in der Kirche zu einer echten, effektiven Mitverantwortung in sendungsorientiertem Stil hinbewegen, um die Berufungen, Charismen und Ämter aller Getauften in größerer Fülle zu verwirklichen? Wie können wir dafür sorgen, dass eine synodalere Kirche auch „voll und ganz dienstamtlich“ ist?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Wie sollten die Feier der Taufe, Firmung und Eucharistie gelebt werden, damit sie Anlass werden, Zeugnis von der Teilhabe und Mitverantwortung aller als aktive Subjekte in Leben und Sendung der Kirche abzulegen, und diese fördern? Welche Ausbildungswege müssen geschaffen werden, um in der Kirche ein Amtsverständnis zu entwickeln, das nicht auf das Weiheamt reduziert ist?

2) Wie lassen sich in einer Ortskirche die für die Sendung notwendigen Taufämter unabhängig davon erkennen, ob sie eingesetzt sind oder nicht? Welche Freiräume gibt es, um dies auf örtlicher Ebene auszuprobieren? Welchen Wert sollen diese Ämter haben? Zu welchen Bedingungen können sie von der ganzen Kirche übernommen werden?

3) Was können wir von anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften in Bezug auf Dienstamtlichkeit und Ämter lernen?

4) Mitverantwortung manifestiert und konkretisiert sich in erster Linie in der Teilhabe aller an der Sendung: Wie können wir den speziellen Beitrag der verschiedenen Charismen und Berufungen (von den – u. a. beruflichen - Fähigkeiten und Kompetenzen des Einzelnen bis hin zu denen, welche die Institute des geweihten Lebens und Gesellschaften des apostolischen Lebens, die Bewegungen, Vereinigungen usw. inspirieren) im Dienst eines harmonischen, gemeinschaftlichen Engagements und kirchlichen Lebens vor allem in den Ortskirchen stärken?

5) Wie können wir Räume und Momente für eine wirkungsvolle Teilhabe an der Mitverantwortung in der Sendung der Gläubigen schaffen, die aus verschiedenen Gründen am Rande des Gemeinschaftslebens stehen, aber der Logik des Evangeliums zufolge einen unersetzlichen Beitrag leisten können ( Alte und Kranke, Menschen mit Behinderungen, Arme, Menschen ohne kulturelle Bildung usw.)?

6) Viele Menschen leben ihr Engagement für den Aufbau einer gerechten Gesellschaft und die Sorge um das gemeinsame Haus als Antwort auf eine echte Berufung und Lebensentscheidung - auch auf Kosten besser bezahlter beruflicher Alternativen. An welche Form von Anerkennung für dieses Engagement lässt sich denken, um deutlich zu machen, dass es sich nicht um eine persönliche Option handelt, sondern um ein Handeln, das die Fürsorge der Kirche greifbar macht?

B 2.3 Wie kann die Kirche unserer Zeit ihre Sendung durch eine stärkere Anerkennung und Förderung der Taufwürde von Frauen fördern?

In der Taufe geht der Christ eine neue Verbindung zu Christus ein und in Ihm und durch Ihn mit allen Getauften, mit dem gesamten Menschengeschlecht und der gesamten Schöpfung. Als Töchter und Söhne des einen Vaters, gesalbt durch denselben Geist kraft dieser gemeinsamen Verbindung zu Christus, sind die Getauften sich einander als Mitglieder des eines Leibes geschenkt, in dem sie dieselbe Würde genießen (vgl. Gal 3,26-28). Die Phase des Zuhörens hat das Bewusstsein um diese Realität unterstrichen und aufgezeigt, dass sie im Leben der Kirche auch durch Beziehungen der Wechselseitigkeit, Gegenseitigkeit und Komplementarität zwischen Frauen und Männern immer konkreter verwirklicht werden muss:

a) Alle Kontinentalversammlungen rufen trotz der unterschiedlichen Perspektiven der einzelnen Kontinente im Wesentlichen einstimmig dazu auf, der Erfahrung, dem Status und der Rolle von Frauen Aufmerksamkeit zu schenken. Sie feiern den Glauben, die Teilhabe und das Zeugnis sehr vieler Frauen in der ganzen Welt, die als Laiinnen und Geweihte das Evangelium verkünden und oft als erste zum Glauben erziehen, und nehmen ihren Beitrag besonders am „prophetischen Rand“, an abgelegenen Orten und in sozial problematischen Kontexten wahr;

b) Darüber hinaus rufen die Kontinentalversammlungen zu einer vertieften Reflexion über die Realität misslungener Beziehungen auf, die auch strukturelles Versagen bezeugen und das Leben von Frauen in der Kirche belasten, und laden zu einem Prozess der ständigen Umkehr ein, um zu versuchen, in größerer Fülle zu dem zu werden, was wir in der Taufe bereits sind. Zu den Prioritäten der Synodalversammlung gehört die Behandlung der Freuden und Spannungen sowie der Chancen für Umkehr und Erneuerung darin, wie wir Beziehungen zwischen Männern und Frauen in der Kirche auch im konkreten Verhältnis zwischen geweihten Amtsträgern, Frauen und Männern des geweihten Lebens sowie Laiinnen und Laien leben;

c) In der ersten Phase der Synode haben sich Fragestellungen zur Teilhabe von Frauen, ihrer Anerkennung, zu Beziehungen, in denen Männer und Frauen sich gegenseitig unterstützen, und der Präsenz von Frauen in verantwortlichen und Leitungspositionen als entscheidend für die Suche danach erwiesen, wie die Sendung der Kirche synodaler gestaltet werden kann. Frauen, die an der ersten Phase teilgenommen haben, haben klar den Wunsch geäußert, dass Gesellschaft und Kirche ein Ort des Wachstums, der aktiven Teilhabe und einer gesunden Zugehörigkeit für alle Frauen sein müssen. Sie bitten die Kirche, an ihrer Seite zu stehen, um die Verwirklichung dieses Wunsches zu begleiten und zu fördern. In einer Kirche, die wirklich synodal sein will, müssen diese Fragen gemeinsam bearbeitet werden und es müssen gemeinsam konkrete Antworten für eine stärkere Anerkennung der Taufwürde von Frauen und für den Kampf gegen jegliche Form von Diskriminierung und Ausgrenzung, denen sie in der kirchlichen Gemeinschaft und der Gesellschaft zum Opfer fallen, entwickelt werden;

d) Abschließend betonen die Kontinentalversammlungen die Pluralität der Erfahrungen, Standpunkte und Perspektiven von Frauen und bitten darum, diese Vielfalt in der Arbeit der Synodalversammlung anzuerkennen und dabei zu vermeiden, Frauen als homogene Gruppe oder abstraktes oder ideologisches Diskussionsthema zu behandeln.

Frage für die Unterscheidung

Welche konkreten Schritte kann die Kirche unternehmen, um ihre Verfahren, institutionellen Regelungen und Strukturen zu erneuern und zu reformieren, damit auch in der Leitung und bei Entscheidungsprozessen im Geiste der Gemeinschaft und mit Blick auf die Sendung eine stärkere Anerkennung und Teilhabe von Frauen ermöglicht wird?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Frauen spielen bei der Weitergabe des Glaubens in den Familien und Pfarreien, im geweihten Leben, in Vereinigungen und Bewegungen, in Laieneinrichtungen sowie als Lehrerinnen und Katechetinnen eine Rolle im Vordergrund. Wie kann man ihren schon jetzt bemerkenswerten Beitrag anerkennen, unterstützen und begleiten? Wie wird er besser zur Geltung gebracht, damit wir lernen, eine immer synodalere Kirche zu sein?

2) Die Charismen von Frauen sind bereits heute in der Kirche gegenwärtig und am Werk. Was können wir tun, um sie zu unterscheiden und zu unterstützen und zu lernen, was der Geist uns durch sie lehren will?

3) Alle Kontinentalversammlungen rufen dazu auf, die Frage der Teilhabe von Frauen an der Leitung, an Entscheidungsprozessen, Sendung und Ämtern auf allen Ebenen der Kirche mit Unterstützung geeigneter Strukturen in Angriff zu nehmen, damit dies nicht nur ein allgemeines Bestreben bleibt.

a)    Wie können Frauen in jedem dieser Bereiche zahlreicher und auf neue Weise einbezogen werden?

b) Wie können Frauen im geweihten Leben besser in der Leitung und bei Entscheidungsprozessen vertreten sein, besser vor Formen von Missbrauch geschützt und auch gerechter für ihre Arbeit entlohnt werden?

c)    Wie können Frauen zur Leitung beitragen und dabei helfen, mehr Verantwortungsbewusstsein und Transparenz zu fördern und das Vertrauen in die Kirche zu festigen?

d)    Wie können wir die Reflexion über den Beitrag von Frauen zur theologischen Reflexion und zur Begleitung von Gemeinschaften vertiefen? Wie können wir diesem Beitrag in den formalen Unterscheidungsprozessen auf allen Ebenen der Kirche Raum und Anerkennung verschaffen?

e)    Welche neuen Ämter könnten geschaffen werden, um Mittel und Möglichkeiten für eine effektive Teilhabe von Frauen an der Unterscheidung und in Entscheidungsgremien bereitzustellen? Wie kann die Mitverantwortung in Entscheidungsprozessen an abgelegenen Orten und in sozial problematischen Kontexten erhöht werden, wo Frauen oft die Hauptverantwortlichen in der Seelsorge und Evangelisierung sind? In den Beiträgen, die in der ersten Phase eingegangen sind, wird darauf hingewiesen, dass es zu Spannungen mit geweihten Amtsträgern kommt, wenn es in der Mitverantwortung und bei gemeinsamen Entscheidungsprozessen an Dynamik fehlt.

4) Die Kontinentalversammlungen des Nahen Ostens, Lateinamerikas, Ozeaniens und Europas sowie die Synthesen zahlreicher Bischofskonferenzen fordern, die Frage des Zugangs von Frauen zum Diakonat neu zu überdenken. Ist es möglich, das vorzusehen, und in welcher Form?

5) Wie können Männer und Frauen bei der Ausübung des pastoralen Amtes und der damit verbundenen Verantwortung besser zusammenarbeiten?

B 2.4 Wie lässt sich das Weiheamt in seinem Verhältnis zu den Taufämtern in sendungsorientierter Hinsicht besser zur Geltung bringen?

Die Abschlussdokumente der Kontinentalversammlungen bringen den starken Wunsch zum Ausdruck, dass die Reflexion über die Beziehung zwischen den Weiheämtern und den Taufämtern angegangen wird und sie betonen dabei, wie schwierig es ist, dies im normalen Leben der Gemeinden zu tun. Der synodale Prozess bietet eine wertvolle Chance, im Licht der Lehre des Zweiten Vatikanischen Konzils den Fokus auf die Korrelation zwischen dem Reichtum an in der Taufe verwurzelten Berufungen, Charismen und Ämtern zum einen und dem Weiheamt zum anderen zu richten, das als Gabe und unverzichtbare Aufgabe im Dienst des Volkes Gottes gesehen wird. Insbesondere:

a) wird aus der vom Zweiten Vatikanischen Konzil umrissenen Perspektive die notwendige Beziehung zwischen dem gemeinsamen Priestertum und dem Priestertum des Dienstes erneut bekräftigt. Zwischen beiden besteht weder ein Gegensatz noch Konkurrenz oder Raum für Ansprüche: Was verlangt wird ist, ihre Komplementarität anzuerkennen;

b) bringen die Kontinentalversammlungen ihre klare Wertschätzung für die Gabe des Priestertums des Dienstes und zugleich ihren tiefen Wunsch nach dessen Erneuerung in einer synodalen Perspektive zum Ausdruck. Sie weisen auf die Schwierigkeit hin, einen Teil der Priester in den synodalen Prozess einzubeziehen, und verweisen auf die weit verbreitete Besorgnis, dass die Ausübung des Weiheamtes nicht an die Herausforderungen unserer Zeit angepasst wird, weit vom Leben und den Bedürfnissen der Menschen entfernt ist und sich oft nur auf den liturgisch-sakramentalen Bereich beschränkt. Sie äußern auch ihre Besorgnis darüber, in welcher Einsamkeit viele Priester leben, und betonen deren Bedürfnis nach Fürsorge, Freundschaft und Unterstützung;

c) lehrt das Zweite Vatikanische Konzil: „So wird das aus göttlicher Einsetzung kommende kirchliche Dienstamt in verschiedenen Ordnungen ausgeübt von jenen, die schon seit alters Bischöfe, Priester, Diakone heißen“ (LG 28). Von den Kontinentalversammlungen geht die Forderung aus, dass das Weiheamt bei aller Verschiedenheit der Aufgaben für alle ein lebendiges Zeugnis der Gemeinschaft und des Dienstes im Sinne einer evangeliumsgemäßen Unentgeltlichkeit sein soll. Sie bringen zudem den Wunsch zum Ausdruck, dass Bischöfe, Priester und Diakone ihr Amt in synodalem Stil ausüben sollen, um die in der Gemeinschaft vorhanden Gaben und Charismen anzuerkennen und aufzuwerten, um Prozesse zur gemeinschaftlichen Übernahme der Sendung zu fördern und zu begleiten und Entscheidungen im Einklang mit dem Evangelium und im Hinhören auf den Heiligen Geist sicherzustellen. Eine Neugestaltung der Programme an den Priesterseminaren ist ebenfalls erforderlich, damit diese stärker synodal ausgerichtet sind und mehr Kontakt zum ganzen Volk Gottes haben;

d) wird im Zusammenhang mit dieser Auffassung vom Weiheamt im Dienst des Tauflebens unterstrichen, dass der Klerikalismus eine Kraft ist, die eine gesunde und voll und ganz dienstamtliche Kirche isoliert, trennt und schwächt, und die Ausbildung wird als der bevorzugte Weg aufgezeigt, um diesen effektiv zu überwinden. Es wird zudem hervorgehoben, dass der Klerikalismus nicht nur eine Eigenheit geweihter Amtsträger ist, sondern auf unterschiedliche Weise in allen Teilen des Gottesvolkes wirkt;

e) In vielen Regionen ist das Vertrauen in geweihte Amtsträger, in diejenigen, die kirchliche Aufgaben wahrnehmen, in kirchliche Einrichtungen und in die Kirche insgesamt durch die Folgen der „Missbrauchsfälle untergraben worden, die von Mitgliedern des Klerus oder von Personen in kirchlichen Ämtern begangen wurden: in erster Linie und vor allem Missbrauch von Minderjährigen und Schutzbedürftigen, aber auch andere Arten von Missbrauch (geistlich, sexuell, finanziell, Autoritäts- und Gewissensmissbrauch). Es handelt sich um eine offene Wunde, die den Opfern und Überlebenden, ihren Familien und Gemeinschaften weiterhin Schmerz bereitet“ (AKE 20).

Frage für die Unterscheidung

Wie lassen sich in der Kirche eine Mentalität und konkrete Formen der Mitverantwortung fördern, bei denen die Beziehung zwischen Taufämtern und Weiheamt fruchtbar ist? Wie können wir, sofern die Kirche voll und ganz dienstamtlich ist, die besonderen Gaben der geweihten Amtsträger innerhalb des einen Volks Gottes in sendungsorientierter Hinsicht verstehen?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) In welcher Beziehung steht das Amt der Priester, die „zum Hirtendienst an den Gläubigen und zur Feier des Gottesdienstes geweiht“ (LG 28) sind, zu den Taufämtern? In welcher Beziehung steht dieses dreifache Amt der geweihten Amtsträger zur Kirche als prophetischem, priesterlichem und königlichem Volk?

2) In der Ortskirche „bilden die Priester mit ihrem Bischof ein einziges Priestertum“ (LG 28). Wie kann diese Einheit zwischen dem Bischof und seinem Presbyterium wachsen, damit der Dienst am Volk Gottes, das dem Bischof anvertraut ist, wirksamer ist?

3) Die Kirche wird durch den Dienst sehr vieler Presbyter bereichert, die Instituten des geweihten Lebens und Gesellschaften des apostolischen Lebens angehören. Wie kann ihr Dienst, der durch das Charisma des Instituts, dem sie angehören, geprägt ist, eine synodalere Kirche fördern?

4) Wie ist der Dienst des Ständigen Diakons in einer auf die Sendung ausgerichteten synodalen Kirche zu verstehen?

5) Wie können die Leitlinien für eine Reform der Lehrpläne an den Seminaren und Theologieschulen im Einklang mit der synodalen Gestalt der Kirche aussehen? Wie kann die Priesterausbildung sie in eine engere Beziehung zu den pastoralen Prozessen und dem Leben desjenigen Teils des Gottesvolkes setzen, dem sie zu dienen gerufen sind?

6) Welche Ausbildungswege müssen angestoßen werden, um in der Kirche ein Verständnis von Dienstamtlichkeit zu fördern, das nicht auf das Weiheamt reduziert wird, sondern dieses gleichzeitig besser zur Geltung bringt?

7) Wie können wir gemeinsam unterscheiden, inwieweit der Klerikalismus von geweihten Amtsträgern und Laien verhindert, dass sich die Berufung von Weiheämtern in der Kirche wie auch von anderen Gliedern des Volkes Gottes voll entfalten kann? Wie können wir gemeinsam Wege finden, um dies zu überwinden?

8) Ist es möglich, dass Laien insbesondere an Orten, an denen die Zahl der geweihten Amtsträger sehr gering ist, die Leitungsrolle in der Gemeinde übernehmen dürfen? Welche Auswirkungen hat dies auf das Verständnis vom Weiheamt?

9) Ist es möglich, wie von einigen Kontinenten vorgeschlagen wird, eine Reflexion dazu zu eröffnen, ob die Regeln für den Zugang zum Priesteramt für verheiratete Männer zumindest in einigen Bereichen überarbeitet werden können?

10) Inwiefern können eine stärker in einer missionarisch-synodalen Sichtweise der Kirche verwurzelte Auffassung von Weiheamt und Ausbildung von Kandidaten zu der Verpflichtung beitragen, das erneute Auftreten von sexuellem Missbrauch und Missbrauch anderer Art zu verhindern?

B 2.5 Wie kann das Bischofsamt in missionarisch-synodaler Hinsicht neugestaltet und gefördert werden?

Das Bischofsamt ist in der Heiligen Schrift verwurzelt und entwickelt sich in der Überlieferung getreu dem Willen Christi. Getreu dieser Tradition hat das Zweite Vatikanische Konzil eine reichhaltige Lehre über die Bischöfe als „Nachfolger der Apostel, die zusammen mit dem Nachfolger Petrus, dem Stellvertreter Christi und sichtbaren Oberhaupt der ganzen Kirche, das Haus des lebendigen Gottes regieren“ (LG 18) vorgeschlagen. Das Kapitel von Lumen gentium über die hierarchische Verfassung der Kirche bekräftigt die Sakramentalität des Episkopats und entwickelt auf dieser Grundlage das Thema der Kollegialität (LG 22–23) und des bischöflichen Amtes als Ausübung der drei Ämter (tria munera, LG 24–27). Anschließend wurde die Bischofssynode als ein Gremium gegründet, das es den Bischöfen ermöglichen sollte, gemeinsam mit dem Bischof von Rom an der Sorge um die gesamte Kirche teilzunehmen. Die Einladung, die synodale Dimension intensiver zu leben, erfordert eine erneute Vertiefung des bischöflichen Amtes, um es verstärkt in den synodalen Rahmen zu integrieren. Im Besonderen:

a) gilt für die Bischöfe: Als Nachfolger der Apostel haben sie „das Dienstamt der Gemeinschaft übernommen […] [und] An Gottes Stelle stehen sie der Herde vor“ (LG 20). Der synodale Prozess fordert sie auf, radikales Vertrauen in das Wirken des Geistes in ihren Gemeinden zu leben, ohne die Teilhabe aller als Bedrohung ihres Leitungsamtes zu betrachten. Vielmehr spornt er sie dazu an, als Prinzip der Einheit in ihrer Kirche alle (Priester und Diakone, geweihte Frauen und Männer, gläubige Laien) dazu aufzurufen, gemeinsam als Volk Gottes zu gehen und einen synodalen Stil von Kirche zu fördern;

b) nimmt das Bischofskollegium, das zusammen mit dem Papst von Rom als dessen Oberhaupt und niemals ohne ihn die „höchste und universale Gewalt über die Kirche“ (LG 22) ausübt, am synodalen Prozess teil, und zwar sowohl wenn jeder Bischof die ihm anvertraute Konsultation des Gottesvolkes in Gang setzt, leitet und abschließt, als auch wenn die versammelten Bischöfe gemeinsam auf den Synoden oder in den Räten der Hierarchen der katholischen Ostkirchen und in den Bischofskonferenzen, den Kontinentalversammlungen und in besonderer Form in der Synodalversammlung das Charisma der Unterscheidung ausüben;

c) hat die Konsultation des Volkes Gottes deutlich gemacht, dass der Weg zu einer stärker synodalen Kirche auch eine umfassendere Einbeziehung aller in die Unterscheidung impliziert und dass dies ein Überdenken der Entscheidungsprozesse erfordert. Daraus ergibt sich die Forderung nach angemessenen, an einer größeren Transparenz und Rechenschaftspflicht orientierten Leitungsstrukturen, die sich auch auf die Modalitäten auswirken, wie das Amt des Bischofs ausgeübt wird. Dies ruft auch Widerstand, Ängste oder ein Gefühl der Desorientierung hervor. Während die einen eine stärkere Einbindung aller Gläubigen und damit eine „weniger exklusive“ Ausübung der bischöflichen Rolle fordern, äußern andere Zweifel und fürchten in Anlehnung an die Mechanismen der politischen Demokratie das Risiko eines Abdriftens;

d) existiert ein ebenso starkes Bewusstsein dafür, dass alle Autorität in der Kirche von Christus ausgeht und vom Heiligen Geist geleitet wird. Ebenso wie die Vielfalt der Charismen ohne Autorität zur Anarchie wird, wird die Strenge der Autorität ohne den Reichtum der Charismen, Ämter und Berufungen zur Diktatur. Die Kirche ist synodal und zugleich hierarchisch, weshalb eine synodale Ausübung der bischöflichen Autorität als Begleitung und Bewahrung der Einheit verstanden wird. Der Weg, um das Neuverständnis des Bischofsamtes umzusetzen, ist die Praxis der Synodalität, welche die Unterschiede in den Gaben, Charismen, Ämtern und Berufungen, die der Geist in der Kirche erweckt, in Einheit zusammenfügt;

e) sind für eine Erneuerung des bischöflichen Amtes in einer stärker synodalen Kirche kulturelle und strukturelle Veränderungen, viel gegenseitiges Vertrauen und vor allem Vertrauen in die Wegweisungen des Herrn erforderlich. Deshalb hoffen viele, dass die Dynamik des Gesprächs im Geist in das tägliche Leben der Kirche Einzug halten und Sitzungen, Beratungen und Entscheidungsgremien mit Leben erfüllen möge, wodurch der Aufbau eines Gefühls von gegenseitigem Vertrauen und die Bildung eines wirksamen Konsenses begünstigt werden;

f) umfasst das Amt des Bischofs auch die Mitgliedschaft im Bischofskollegium und folglich die Ausübung von Mitverantwortung für die Weltkirche. Auch diese Übung ist Teil der Perspektive der synodalen Kirche „im Geiste einer ,gesunden Dezentralisierung‘(27) den Hirten die Kompetenz zu überlassen, in Ausübung ,ihres eigenen Lehramts‘(28) als Hirten die Fragen zu lösen, die sie gut kennen und die die Einheit der Lehre, der Disziplin und der Gemeinschaft der Kirche nicht berühren, wobei sie immer in jener Mitverantwortung handeln, die Frucht und Ausdruck jenes spezifischen mysterium communionis darstellt, das die Kirche ist“ (vgl. PE II,2, vgl. EG 16; DV 7).

Frage für die Unterscheidung

Wie verstehen wir die Berufung und Sendung des Bischofs in missionarisch-synodaler Hinsicht? Welche Erneuerung der Sichtweise und konkreten Ausübungsformen des Bischofsamts ist in einer von Mitverantwortung geprägten synodalen Kirche erforderlich?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) LG 21 besagt, dass „die Bischöfe in hervorragender und sichtbarer Weise die Aufgabe Christi selbst, des Lehrers, Hirten und Priesters, innehaben“. Welche Beziehung hat dieses Amt zu dem der Priester, die „zum Hirtendienst an den Gläubigen und zur Feier des Gottesdienstes geweiht“ (LG 28) sind (LG 28)? Welche Beziehung hat dieses dreifache Amt der geweihten Amtsträger zur Kirche als prophetisches, priesterlicher und königliches Volk?

2) Auf welche Weise fördert die Ausübung des bischöflichen Amtes Beratung, Zusammenarbeit und Teilhabe im Rahmen der Entscheidungsprozesse des Volkes Gottes?

3) Anhand welcher Kriterien kann sich ein Bischof bei der Ausübung seines Dienstes im synodalen Stil selbst bewerten und bewertet werden?

4) In welchen Fällen könnte sich ein Bischof veranlasst sehen, eine von den wohl überlegten Ratschlägen der Konsultationsgremien abweichende Entscheidung zu treffen? Auf welche Grundlage würde sich eine solche Verpflichtung stützen?

5) Wie sieht die Beziehung zwischen dem „übernatürlichen Glaubenssinn“ (LG 12) und dem lehramtlichen Dienst des Bischofs aus? Wie können wir die Beziehung zwischen der synodalen Kirche und dem Amt des Bischofs besser verstehen und ausgestalten? Sollten die Bischöfe gemeinsam oder getrennt von den anderen Gliedern des Volkes Gottes unterscheiden? Finden beide Optionen (gemeinsam und getrennt) in einer synodalen Kirche ihren Platz?

6) Wie können wir im Leben und Amt des Bischofs sicherstellen, dass die drei Ämter (Heiligen, Lehren, Leiten) gepflegt werden und in einem ausgewogenen Verhältnis zueinanderstehen? Inwieweit befähigen die derzeitigen Modelle für das bischöfliche Leben und Amt den Bischof dazu, Gestalt des Gebets,  Lehrer des Glaubens und kluger und wirksamer Verwalter zu sein und die drei Rollen in einem kreativen und auf die Sendung ausgerichteten Spannungsverhältnis zu halten? Wie lassen sich das Profil des Bischofs und der Unterscheidungsprozess für die Auswahl von Kandidaten für das Bischofsamt in synodaler Hinsicht überarbeiten?

7) Wie sollen sich die Rolle des Bischofs von Rom und die Ausübung des Primats in einer synodalen Kirche weiterentwickeln?

B 3. Teilhabe, Verantwortung und Autorität

Welche Prozesse, Strukturen und Institutionen gibt es in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche?

B 3.1 Wie können der Dienst der Autorität und die Ausübung von Verantwortung in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche erneuert werden?

Eine konstitutiv synodale Kirche ist dazu gerufen, das Recht aller auf Teilhabe an Leben und Sendung der Kirche kraft der Taufe mit dem Dienst der Autorität und der Ausübung von Verantwortung, die in verschiedenen Formen anvertraut sind, zu verbinden. Der synodale Weg ist eine Gelegenheit zu unterscheiden, welche Wege zeitgerecht sind, um diese Verbindung herzustellen. In der ersten Phase ist es gelungen, einige Anregungen dazu zusammenzutragen:

a) Autorität, Verantwortung und Leitungsfunktionen - zuweilen zusammenfassend mit dem englischen Begriff leadership bezeichnet - sind in der Kirche in unterschiedlicher Form vertreten. Die Autorität im geweihten Leben, in den Bewegungen und Vereinigungen, in den mit der Kirche verbundenen Einrichtungen (wie Universitäten, Stiftungen, Schulen usw.) ist eine andere als die Autorität, die sich aus dem Weihesakrament ableitet; ebenso ist die mit einem Charisma verbundene geistliche Autorität eine andere als diejenige, die mit einem priesterlichen Dienst verbunden ist. Die Unterschiede zwischen diesen Formen müssen bewahrt werden, ohne dabei zu vergessen, dass ihnen allen gemeinsam ist, ein Dienst in der Kirche zu sein;

b) Insbesondere gilt für alle gemeinsam der Ruf, es dem Beispiel des Meisters gleichzutun, der von sich sagte: „Ich aber bin unter euch wie der, der bedient“ (Lk 22,27). „Für die Jünger Jesu ist gestern, heute und immer die einzige Autorität die Autorität des Dienstes“[16]. Dies sind die Grundkoordinaten, um in der Ausübung von Autorität und Verantwortung in all ihren Formen und auf allen Ebenen des kirchlichen Lebens zu wachsen, „dazu bestimmt, die Kirche gemäß dem Vorbild der Liebessendung, die Christus eigen ist, zu erneuern“ (PE I,2);

c) In diesem Sinne formulieren die Dokumente der ersten Phase bestimmte Merkmale der Ausübung von Autorität und Verantwortung in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche: eine Haltung des Dienens und nicht der Macht oder Kontrolle, Transparenz, Ermutigung und Förderung von Mitarbeitenden, Kompetenz und die Fähigkeit zur Vision, Unterscheidung, Inklusion, Zusammenarbeit und zum Delegieren. Vor allem werden die Haltung und Bereitschaft zuzuhören unterstrichen. Deshalb drängt man darauf, Inhaber von verantwortlichen Positionen und Autorität in diesen Fähigkeiten besonders zu schulen und insbesondere für Bischöfe stärker partizipative Auswahlverfahren einzuführen;

d) Transparenz und Verantwortlichkeit sind als Perspektive maßgeblich für eine wahrhaft im Sinne des Evangeliums gestaltete Ausübung von Autorität und Verantwortung. Diese Perspektive weckt aber auch Ängste und Widerstände. Deshalb ist es wichtig, sich ernsthaft und aus einer Haltung der Unterscheidung heraus mit den neuesten Erkenntnissen der Management- und Führungswissenschaften auseinanderzusetzen. Darüber hinaus wird das Gespräch des Geistes als ein Weg zur Lenkung von Entscheidungs- und Konsensfindungsprozessen aufgezeigt, der Vertrauen bilden und eine Ausübung von Autorität fördern kann, die zu einer synodalen Kirche passt;

e) Die Kontinentalversammlungen verweisen auch auf das Phänomen, dass manche Inhaber von Positionen mit Autorität und Verantwortung sich Macht und Entscheidungsprozesse aneignen. Sie bringen diese Phänomene mit der Kultur des Klerikalismus und verschiedenen Formen von Missbrauch (sexuell, finanziell, geistlich und von Macht) in Verbindung, die die Glaubwürdigkeit der Kirche untergraben und so die Wirksamkeit ihrer Sendung insbesondere in den Kulturen, in denen die Achtung von Autorität ein wichtiger Wert ist, gefährden.

Frage für die Unterscheidung

Wie können Autorität und Verantwortung im Dienst der Teilhabe des ganzen Gottesvolkes verstanden und ausgeübt werden? Welche Erneuerung des Verständnisses und der Formen konkreter Ausübung von Autorität, Verantwortung und Leitung ist notwendig, um als auf die Sendung ausgerichtete, synodale Kirche zu wachsen?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Ist die Lehre des Zweiten Vatikanischen Konzils zur Teilhabe aller an Leben und Sendung der Kirche im Gewissen und in der Praxis der Ortskirchen und insbesondere bei den Pfarrern und Inhabern verantwortungsvoller Funktionen tatsächlich angekommen? Was kann ein tieferes Bewusstsein dafür und eine größere Wertschätzung bei der Erfüllung der Sendung der Kirche fördern?

2) In der Kirche gibt es Funktionen mit Verantwortung und Autorität, die nicht an das Weihesakrament gebunden sind und im Dienst der Gemeinschaft und Sendung in Instituten des geweihten Lebens und Gesellschaften des apostolischen Lebens, in Laienverbänden und -zusammenschlüssen, in kirchlichen Bewegungen und neuen Gemeinschaften usw. ausgeübt werden. Wie kann man eine Ausübung dieser Formen von Autorität fördern, die für eine synodale Kirche angemessen ist, und wie kann man in ihnen die Beziehung zur dienstamtlichen Autorität der Hirten leben?

3) Welche Punkte müssen zur Ausbildung aller kirchlichen Verantwortungsträger im Bereich Autorität gehören? Wie kann die Ausbildung in der Methode des Gesprächs im Geist und ihre authentische und wirksame Anwendung gefördert werden?

4) Wie können die Seminare und Ausbildungsstätten reformiert werden, damit die Weiheamtskandidaten dazu angespornt werden können, einen Stil der Autoritätsausübung weiterzuentwickeln und darin zu wachsen, der zu einer synodalen Kirche passt? Wie sollten die Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis und ihre jeweiligen Anwendungsdokumente auf nationaler Ebene neukonzipiert werden? Wie sollte die Neuausrichtung der Curricula an den theologischen Fakultäten aussehen?

5) Welche Formen des Klerikalismus bleiben in der christlichen Gemeinschaft weiter bestehen? Es wird immer noch eine Distanz zwischen gläubigen Laien und Pfarrern wahrgenommen: Was kann helfen, sie zu überwinden? Welche Formen der Ausübung von Autorität und Verantwortung müssen überwunden werden, da sie nicht zu einer konstitutiv synodalen Kirche passen?

6) Inwieweit stellt der Priestermangel in einigen Regionen einen Impuls dar, die Beziehung zwischen Weiheamt, Leitung und Verantwortungsübernahme in der christlichen Gemeinschaft zu hinterfragen?

7) Was können wir davon, wie andere Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften Autorität und Verantwortung ausüben, lernen?

8) In jedem Zeitalter wird die Ausübung von Autorität und Verantwortung innerhalb der Kirche von den in der Gesellschaft vorherrschenden Führungsmodellen und Machtvorstellungen beeinflusst. Wie können wir dafür ein Bewusstsein entwickeln und in Bezug auf die Autoritätsausübung in Kirche und Gesellschaft Unterscheidung gemäß dem Evangelium üben?

B 3.2 Wie können wir Unterscheidungspraktiken und Entscheidungsprozesse auf wahrhaft synodale Weise weiterentwickeln und dabei die leitende Rolle des Geistes besser einbringen?

Als synodale Kirche sind wir gerufen, gemeinsam zu unterscheiden, welche Schritte wir zur Erfüllung des Evangelisierungsauftrags gehen müssen, dabei das Recht aller auf Teilhabe am Leben und an der Sendung der Kirche zu unterstreichen und den unersetzlichen Beitrag jedes Getauften zu erbitten. Grundlage jeder Unterscheidung ist der Wunsch, den Willen des Herrn zu erfüllen und immer stärker mit ihm durch Gebet, Betrachtung des Wortes und sakramentales Leben vertraut zu werden, was uns befähigt, so zu entscheiden, wie er es tun würde. Im Hinblick darauf, welchen Platz die Unterscheidung in einer auf die Sendung ausgerichteten, synodalen Kirche hat:

a) geht von den Kontinentalversammlungen nachdrücklich der Wunsch nach noch stärker gemeinsam gestalteten Entscheidungsprozessen aus, in die der Beitrag des ganzen Volkes Gottes, aber auch die Kompetenzen, über die einige verfügen, eingebracht und diejenigen einbezogen werden können, die aus verschiedenen Gründen am Rande des Gemeinschaftslebens stehen, wie Frauen, Jugendliche, Minderheiten, Arme und Ausgegrenzte. Dieser Wunsch geht einher mit der Unzufriedenheit über Formen der Autoritätsausübung, bei denen Entscheidungen ohne Konsultation getroffen werden;

b) die Kontinentalversammlungen verleihen den Befürchtungen derer Ausdruck, die die synodale und die hierarchische Dimension, die beide für die Kirche konstitutiv sind, in Konkurrenz zueinander sehen. Es gibt jedoch auch Zeichen, die das Gegenteil besagen. Ein erstes Beispiel ist die Erfahrung, dass es der Gemeinschaft leichter gelingt, die Legitimität von Entscheidungen anzuerkennen und sie zu akzeptieren, wenn die Autorität sie im Rahmen synodal geprägter Prozesse trifft. Ein zweites Beispiel ist das wachsende Bewusstsein dafür, dass der mangelnde Austausch mit der Gemeinschaft die Rolle der Autorität schwächt und sie zuweilen zu einer Übung der Machtbehauptung werden lässt. Ein drittes Beispiel ist die Übertragung kirchlicher Verantwortlichkeiten an gläubige Laien, die diese in Regionen, in denen die Zahl der geweihten Amtsträger sehr gering ist, konstruktiv und ohne Widerspruch ausüben;

c) hat es die während der Konsultationsphase auf breiter Basis umgesetzte Methode des Gesprächs im Geist vielen ermöglicht, Erfahrungen mit bestimmten Elementen eines gemeinschaftlichen Unterscheidungsprozesses und partizipativen Konsensbildungsmöglichkeiten zu machen, ohne dass dabei Konflikte verborgen werden oder polarisiert wird;

d) sind alle, die Leitungsaufgaben und Verantwortung wahrnehmen, gerufen, gemeinschaftliche Unterscheidungsprozesse einzuleiten, leichter zu ermöglichen und zu begleiten, die das Hören auf das Volk Gottes beinhalten müssen. Insbesondere kommt der Autorität des Bischofs dahingehend eine maßgebliche Rolle zu, dass er den synodalen Charakter dieser Prozesse mit Leben füllt und validiert und bestätigt, dass die Schlussfolgerungen dem treu bleiben, was während des Prozesses angesprochen wurde. Insbesondere sind die Hirten dafür zuständig zu überprüfen, dass Einklang zwischen den Bestrebungen ihrer Gemeinschaften und dem „der Kirche überlassenen heiligen Schatz des Wortes Gottes“ (DV 10) besteht, damit diese Bestrebungen als echter Ausdruck des Glaubenssinns des Gottesvolkes gelten können;

e) Die Perspektive der gemeinschaftlichen Unterscheidung ruft die Kirche auf allen Ebenen und in all ihren Ausprägungen und Organisationsformen auf den Plan. Neben den Strukturen in Pfarreien und Diözesen betrifft sie auch die Entscheidungsprozesse von Verbänden, Bewegungen und Laienzusammenschlüssen, wo sie auf institutionelle Mechanismen trifft, die üblicherweise den Einsatz von Instrumenten wie Abstimmungen vorschreiben. Sie stellt in Frage, auf welche Weise Entscheidungsgremien kirchlich gebundener Einrichtungen (Schulen, Universitäten, Stiftungen, Krankenhäuser, Anlaufstellen und Sozialdienste usw.) operative Leitlinien festlegen und formulieren. Schließlich werden auch die Institute des geweihten Lebens und die Gesellschaften des apostolischen Lebens angesprochen, mit Möglichkeiten, die sich mit den Besonderheiten ihrer Charismen und ihres Eigenrechts überschneiden (vgl. DTC 81);

 

f) Die Umsetzung von Entscheidungsfindungsprozessen, die stets eine gemeinschaftliche Unterscheidung zugrunde legen, erfordert eine Umkehr, die persönlich, gemeinschaftlich, kulturell und institutionell ist, sowie Investitionen in Bildung.

Frage für die Unterscheidung

Wie können wir partizipativere Entscheidungsprozesse gestalten, die gemeinschaftlichem Hinhören und Unterscheiden Raum geben, das von der Autorität, die als Dienst an der Einheit verstanden wird, unterstützt werden?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Welchen Raum hat das Hören auf das Wort Gottes in unseren Entscheidungsprozessen? Wie können wir der leitenden Rolle des Heiligen Geistes konkret und nicht nur in Worten Raum geben?

2) Wie kann das Gespräch im Geist, das offen für die Dynamik der gemeinschaftlichen Unterscheidung macht, zur Erneuerung der Entscheidungsprozesse in der Kirche beitragen? Wie kann es „institutionalisiert“ werden und zur normalen Praxis werden? Welche kirchenrechtlichen Änderungen sind erforderlich?

3) Wie kann man das Amt desjenigen, der gemeinschaftliche Unterscheidungsprozesse erleichtert, fördern und ihm eine angemessene Ausbildung und Begleitung zukommen lassen? Wie können wir geweihte Amtsträger darin ausbilden, Prozesse gemeinschaftlicher Unterscheidung zu begleiten?

4) Auf welche Weise kann die Teilhabe von Frauen, jungen Menschen, Minderheiten und Stimmen von Randgruppen an Unterscheidungs- und Entscheidungsprozessen gefördert werden?

5) Auf welche Weise kann uns eine klarere Abgrenzung zwischen der Gesamtheit des Entscheidungsprozesses und dem konkreten Moment der Entscheidungsfindung helfen, die Verantwortung der verschiedenen Akteure in der jeweiligen Phase besser zu erkennen? Wie verstehen wir die Beziehung zwischen Entscheidungsprozess und Unterscheidung in Gemeinschaft?

6) Auf welche Weise können und müssen Frauen und Männer des geweihten Lebens an den Entscheidungsprozessen der Ortskirchen teilhaben? Was können wir aus ihrer Erfahrung und ihrer unterschiedlich gearteten Spiritualität im Bereich der Unterscheidung und Entscheidungsprozesse lernen? Was können wir von Verbänden, Bewegungen und Laienzusammenschlüssen lernen?

7) Wie können wir konstruktiv mit Fällen umgehen, in denen die Autorität der Ansicht ist, dass sie die im gemeinschaftlichen Unterscheidungsprozess erreichten Schlussfolgerungen nicht bestätigen kann, und eine Entscheidung in eine andere Richtung trifft? Was sollte die Autorität als Erwiderung denjenigen anbieten, die an dem Prozess teilgenommen haben?

8) Was können wir von der Gesellschaft und Kultur in Bezug auf den Umgang mit Partizipationsprozessen lernen? Welche Modelle können sich hingegen als Hindernis für den Aufbau einer synodaleren Kirche erweisen?

9) Welche Beiträge können wir aus der Erfahrung anderer Kirchen und kirchlicher Gemeinschaften übernehmen? Und aus denen anderer Religionen? Welche Anregungen von unterdrückten, indigenen und Minderheitskulturen können uns helfen, unsere Entscheidungsprozesse zu überdenken? Zu welchen Ideen führen uns die Erfahrungen aus dem digitalen Bereich?

B 3.3 Welche Strukturen können entwickelt werden, um eine auf die Sendung ausgerichtete, synodale Kirche zu festigen?

Die Kontinentalversammlungen bringen nachdrücklich den Wunsch zum Ausdruck, dass die auf dem aktuellen Weg erlebte, synodale Vorgehensweise das tägliche Leben der Kirche auf allen Ebenen durchdringen möge, indem bestehende Strukturen - von den Pastoralräten der Diözesen und Pfarreien über die Räte für Wirtschaftsangelegenheiten bis hin zu den Diözesan- oder Eparchialynoden - erneuert oder neue Strukturen eingesetzt werden.  Ein Eingriff in die Strukturen ist, ohne dabei die Bedeutung der Erneuerung von Beziehungen innerhalb des Gottesvolkes zu schmälern, unerlässlich, um die Veränderungen im Laufe der Zeit zu festigen. Insbesondere:

a) muss die aus der Taufe abgeleitete Mitverantwortung an der Sendung in strukturierten Formen konkretisiert werden, damit sie nicht nur auf dem Papier steht oder nur dem guten Willen Einzelner überlassen wird. Dazu sind passende institutionelle Bereiche sowie Räume nötig, in denen gemeinschaftliche Unterscheidung regelmäßig praktiziert werden kann. Es geht hier nicht um die Forderung nach Umverteilung von Macht, sondern um den Anspruch, dass faktische Ausübung von Mitverantwortung, wie sie sich aus der Taufe ergibt, möglich sein muss. Letztere erteilt jedem Menschen Rechte und Pflichten, die dieser entsprechend seinen Charismen und Ämtern ausüben können muss;

b) ist es dazu notwendig, dass die Strukturen und Institutionen mittels angemessener Verfahren funktionieren, d. h. transparent, auf die Sendung konzentriert, offen für Teilhabe und fähig, Raum für Frauen, junge Menschen, Minderheiten, Arme und Ausgegrenzte zu schaffen. Dies gilt für die bereits erwähnten Teilhabegremien, deren Rolle nochmals bekräftigt und gefestigt werden muss, aber auch für die Entscheidungsgremien von Vereinigungen, Bewegungen und neuen Gemeinschaften; für die Leitungsgremien der Institute des geweihten Lebens und der Gesellschaften des apostolischen Lebens (abgestimmt auf deren jeweils besonderes Charisma); und für die vielen verschiedenen, oft auch zivilrechtlichen Vorgaben unterliegenden Einrichtungen, über die Missionsarbeit und Dienst für die christliche Gemeinschaft geleistet werden, wie Schulen, Krankenhäuser, Universitäten, Massenmedien, Anlaufstellen und Sozialdienste, Kulturzentren, Stiftungen usw;

c) ist die Forderung nach einer Reform der Strukturen und Institutionen sowie der Funktionsmechanismen im Sinne von Transparenz besonders stark in den Kontexten, die am stärksten von der Missbrauchskrise (sexuell, finanziell, spirituell, psychologisch, institutionell, Gewissen, Macht, Gerichtsbarkeit) betroffen sind. Ein Teil des Problems ist der oft unangemessene Umgang mit Missbrauchsfällen, und dieser stellt Mechanismen und Verfahren in den Handlungsabläufen von Strukturen und Institutionen sowie die Mentalität der dort Tätigen in Frage. Transparenz und Mitverantwortung als Perspektive wecken auch Ängste und Widerstände; deshalb ist es notwendig, den Dialog zu vertiefen und Gelegenheiten zum Austausch und zur Auseinandersetzung auf allen Ebenen zu schaffen;

d) erweist sich die Methode des Gesprächs im Geist als besonders wertvoll, um in solchen Kontexten wieder Vertrauen aufzubauen, in denen sich aus verschiedenen Gründen ein Klima des Misstrauens zwischen den verschiedenen Teilen des Volkes Gottes breitgemacht hat. Ein Weg der Umkehr und Reform im Hinhören auf die Stimme des Geistes verlangt Strukturen und Institutionen, die diesen begleiten und unterstützen können. Die Kontinentalversammlungen bringen nachdrücklich ihre Überzeugung zum Ausdruck, dass Strukturen allein nicht ausreichen, sondern auch ein Mentalitätswandel erforderlich ist, weshalb Investitionen in Ausbildung nötig sind;

e) scheint es zudem auch angebracht, kirchenrechtlich zu intervenieren, indem zwischen dem in den geltenden Vorschriften stark bekräftigten Autoritätsprinzip und dem Prinzip der Teilhabe wieder ein Gleichgewicht hergestellt wird; indem die synodale Ausrichtung der bereits bestehenden Institute gestärkt wird; und indem neue Institute geschaffen werden, insoweit dies für die Bedürfnisse des Lebens der Gemeinschaft notwendig erscheint, und indem über die effektive Anwendung der Vorschriften  gewacht wird.

Frage für die Unterscheidung

Eine synodale Kirche muss Mitverantwortung und Transparenz leben: Wie kann dieses Bewusstsein die Grundlage für die Reform von Einrichtungen, Strukturen und Verfahren bilden, damit der Wandel im Laufe der Zeit gefestigt wird?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Wie müssen sich die kirchenrechtlichen Strukturen und die pastoralen Vorgehensweisen ändern, um Mitverantwortung und Transparenz zu fördern? Sind die Strukturen, die wir haben, angemessen, um Teilhabe zu gewährleisten, oder brauchen wir neue?

2) Auf welche Weise kann das Kirchenrecht zur Erneuerung von Strukturen und Institutionen beitragen? Welche Änderungen erscheinen notwendig oder angebracht?

3) Welche Hindernisse (geistig, theologisch, praktisch, organisatorisch, finanziell, kulturell) stehen der Umwandlung der derzeit kirchenrechtlich vorgeschriebenen Teilhabegremien in Organe mit effektiver gemeinschaftlicher Unterscheidung entgegen? Welche Reformen sind nötig, damit sie die Sendung effektiv, kreativ und lebendig unterstützen können? Wie kann man sie offener für die Präsenz und den Beitrag von Frauen, jungen Menschen, Armen, Migranten, Mitgliedern von Minderheiten und denen machen, die sich aus unterschiedlichen Gründen am Rande des Gemeinschaftslebens befinden?

4) Auf welche Weise ruft die Aussicht auf eine synodale Kirche die Strukturen und Verfahren des geweihten Lebens und der diversen Formen von Laienzusammenschlüssen sowie die Funktionsweise kirchlich gebundener Einrichtungen auf den Plan?

5) Bei welchen Aspekten im Leben der Einrichtungen muss man sich unbedingt um mehr Transparenz bemühen (wirtschaftliche und finanzielle Rechnungslegung, Auswahl von Kandidaten für verantwortungsvolle Posten, Ernennungen etc.)? Mit welchen Mitteln können wir das erreichen?

6) Die Aussicht auf Transparenz und Öffnung bei gemeinsamen Konsultations- und Unterscheidungsprozessen ruft auch Ängste hervor. Wie manifestieren sich diese? Wovor fürchten sich diejenigen, die solche Ängste äußern? Wie kann man mit diesen Ängsten umgehen und sie überwinden?

7) Inwieweit ist es möglich, zwischen den Mitgliedern einer Einrichtung und der Einrichtung selbst zu unterscheiden? Liegen die Verantwortlichkeiten für den Umgang mit Missbrauchsfällen auf individueller oder systemischer Ebene? Wie kann die synodale Perspektive dazu beitragen, eine Kultur der Prävention aller Arten von Missbrauch zu schaffen?

8) Was können wir daraus lernen, wie öffentliche Einrichtungen und das öffentliche und Zivilrecht versuchen, auf die aus der Gesellschaft kommende Forderung nach Transparenz und Rechenschaftspflicht zu reagieren (Gewaltenteilung, unabhängige Kontrollorgane, Verpflichtung zur Veröffentlichung bestimmter Verfahren, Begrenzung der Amtsdauer usw.)?

 

9) Was können wir aus den Erfahrungen anderer Kirchen und kirchlicher Gemeinschaften in Bezug auf das Funktionieren von Strukturen und Institutionen im synodalen Stil lernen?

 

B 3.4 Wie können Instanzen für Synodalität und Kollegialität gestaltet werden, in denen Gruppierungen der Ortskirchen zusammengeschlossen sind?

Die erste Phase des synodalen Prozesses hat die Rolle der Instanzen für Synodalität und Kollegialität, in denen die verschiedenen Ortskirchen zusammengeschlossen sind, hervorgehoben, d.h. die orientalischen hierarchischen Strukturen und die Bischofskonferenzen in der römisch-katholischen Kirche (vgl. EP I,7), die mit der Durchführung der kontinentalen Etappe eine weitere Instanz für Synodalität und Kollegialität in die Praxis umgesetzt haben. Die in den verschiedenen Phasen erstellten Dokumente unterstreichen, dass die Konsultation des Volkes Gottes in den Ortskirchen und die Folgeetappen der Unterscheidung eine echte Erfahrung des Hinhörens auf den Geist durch gegenseitiges Zuhören waren. Aus dem Reichtum dieser Erfahrung können sich Anregungen für den Aufbau einer immer synodaler werdenden Kirche ergeben:

a) Der synodale Prozess kann zu „einer Dynamik der Gemeinschaft, die alle kirchlichen Entscheidungen inspiriert“, werden[17], weil er alle Subjekte je nach ihrer entsprechenden Funktion - das Volk Gottes, das Bischofskollegium und den Bischof von Rom – tatsächlich einbezieht. Der geordnete Ablauf der Etappen hat die Angst verscheucht, die Konsultation des Volkes Gottes werde zu einer Schwächung des Hirtenamtes führen. Die Konsultation war jedoch gerade deshalb möglich, weil sie von jedem Bischof als „sichtbares Prinzip und Fundament der Einheit“ (LG 23) in seiner Kirche in Gang gesetzt wurde. Anschließend haben die Hirten in den orientalischen hierarchischen Strukturen und Bischofskonferenzen einen Akt der kollegialen Unterscheidung zu den Beiträgen aus den Ortskirchen vorgenommen. Demnach war der synodale Prozess für eine echte Ausübung bischöflicher Kollegialität in einer voll und ganz synodalen Kirche förderlich;

 

b) Die Frage der Ausübung von Synodalität und Kollegialität in Instanzen, in die ausgehend von den Bischofskonferenzen Gruppen einbezogen werden, die durch geistliche, liturgische und disziplinäre Traditionen, geographische und kulturelle Nähe miteinander verbunden sind,  erfordert eine neuerliche theologische und kirchenrechtliche Reflexion: In diesen ist  „die communio Episcoporum im Dienste der communio Ecclesiarum, die auf der communio Fidelium gründet, zum Ausdruck gekommen“ (EP I, 7).

 

c) Ein Grund, diese Aufgabe in Angriff zu nehmen, ergibt sich aus Evangelii gaudium: „Es ist nicht angebracht, dass der Papst die örtlichen Bischöfe in der Bewertung aller Problemkreise ersetzt, die in ihren Gebieten auftauchen. In diesem Sinn spüre ich die Notwendigkeit, in einer heilsamen „Dezentralisierung“ voranzuschreiten“ (Nr. 16). Anlässlich der 50-Jahr-Feier der Einrichtung der Bischofssynode wies der Heilige Vater darauf hin, dass Synodalität nicht nur auf der Ebene der Ortskirchen und der Weltkirche ausgeübt wird, sondern auch auf Ebene der Zusammenschlüsse von Kirchen wie den Kirchenprovinzen und -regionen, den Partikularkonzilen und vor allem den Bischofskonferenzen:  „Wir müssen nachdenken, um durch diese Organismen die Zwischeninstanzen der Kollegialität noch mehr zur Geltung zu bringen, eventuell durch Integration und Aktualisierung einiger Aspekte der alten Kirchenordnung“[18].

Frage für die Unterscheidung

Wie kann Synodalität im Licht der bisher erlebten synodalen Erfahrung besser in den und durch die Institutionen zum Ausdruck kommen, zu denen ortskirchliche Gruppen wie die Bischofssynoden und die hierarchischen Räte der katholischen Ostkirchen, die Bischofskonferenzen und Kontinentalversammlungen gehören, damit man sie in einer auf die Sendung ausgerichteten Perspektive „als Subjekte mit konkreten Kompetenzbereichen versteht, auch einschließlich einer gewissen authentischen Lehrautorität“ (EG 32)

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Die synodale Dynamik des Hinhörens auf den Geist durch gegenseitiges Zuhören bietet sich als der am besten praktizierbare Weg an, um bischöfliche Kollegialität in einer voll und ganz synodalen Kirche in die Tat umzusetzen. Anhand der Erfahrung des synodalen Prozesses stellen sich folgende Fragen:

a) Wie kann das Hinhören auf das Volk Gottes bei der Durchführung von Entscheidungsprozessen in der Kirche auf allen Ebenen ihres Lebens zur gängigen Form werden?

b) Wie kann das Hinhören auf das Volk Gottes in den Ortskirchen verwirklicht werden? Wie können insbesondere die Teilhabegremien so gestärkt werden, dass sie zu effektiven „Orten“ des Hinhörens und der Unterscheidung in der Kirche werden?

c) Wie können Entscheidungsprozesse auf Ebene der bischöflichen Gremien der katholischen Ostkirchen und Bischofskonferenzen ausgehend vom Hinhören auf das Volk Gottes in den Ortskirchen neu konzipiert werden?

d) Wie lässt sich die kontinentale Instanz in das Kirchenrecht integrieren?


2) Da die Konsultation in den Ortskirchen ein effektives Hinhören auf das Volk Gottes ist, wird die Unterscheidung der Hirten vom Wesen her zu einem kollegialen Akt, der souverän bestätigt, was der Geist der Kirche durch den Glaubenssinn des Volkes Gottes gesagt hat:

a) Welcher Grad an lehramtlicher Autorität kann der Unterscheidung der Bischofskonferenzen zugemessen werden? Wie regeln die katholischen Ostkirchen ihre bischöflichen Gremien?

b) Welches Maß an lehramtlicher Autorität kann der Unterscheidung einer Kontinentalversammlung zugemessen werden? Oder den Gremien, in denen die Bischofskonferenzen auf kontinentaler oder zumindest internationaler Ebene zusammengeschlossen sind?

c) Welche Rolle spielt der Bischof von Rom in diesen Prozessen, an denen Gruppen der Kirche beteiligt sind? Auf welche Weise kann die Rolle ausgeübt werden?

 

3) Welche Punkte der alten Kirchenordnung sollten ergänzt und aktualisiert werden, um die ostkirchlichen hierarchischen Strukturen, die Bischofskonferenzen und die Kontinentalversammlungen effektiv zu Zwischeninstanzen für Synodalität und Kollegialität zu machen?

4) Das Zweite Vatikanische Konzil erklärt, dass die ganze Kirche und alle ihre Teile von der gegenseitigen Vermittlung ihrer jeweiligen Gaben profitieren (vgl. LG 13):

a) Welchen Wert können die Beratungen eines Plenarkonzils, eines Partikularkonzils, einer Diözesansynode für die anderen Kirchen haben?

b) Welche Anregungen können wir der reichen synodalen Erfahrung der katholischen Ostkirchen entnehmen?

c) Inwieweit verpflichtet die Übereinstimmung mehrerer ortskirchlicher Gruppierungen (Partikularkonzile, Bischofskonferenzen usw.) in ein und derselben Frage den Bischof von Rom, diese für die Weltkirche zu übernehmen?

d) Wie soll der dem Bischof von Rom anvertraute Dienst der Einheit ausgeübt werden, wenn die örtlichen Instanzen untereinander abweichende Ausrichtungen vertreten? Welcher Spielraum existiert für eine Vielfalt von Ausrichtungen unter den verschiedenen Regionen?


5) Was können wir aus den Erfahrungen anderer Kirchen und kirchlicher Gemeinschaften in Bezug auf Zusammenschlüsse von Ortskirchen lernen, um Kollegialität und Synodalität auszuüben?

B 3.5 Wie kann die Synode als Institution gestärkt werden, damit sie Ausdruck bischöflicher Kollegialität in einer voll und ganz synodalen Kirche wird?

Mit dem Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15. September 1965) setzte Papst Paul VI. die Synode als „ständigen Rat von Bischöfen für die gesamte Kirche“ ein. Damit nahm er die Bitte der Konzilsversammlung an, die Teilhabe der Bischöfe an der Sorge für die Gesamtkirche zu gewährleisten, und wies darauf hin, dass „diese Synode […] nach Art und Brauch aller menschlichen Einrichtungen im Verlauf der Zeit eine immer noch vollkommenere Form erlangen können wird“. Mit der Apostolischen Konstitution Episcopalis communio (15. September 2018) setzte Papst Franziskus diesen Wunsch nach „Vervollkommnung“ in die Tat um und verwandelte die Synode von einem Ereignis, das sich auf eine Bischofsversammlung beschränkt,  in einen mehrschrittigen Prozess des Zuhörens (vgl. Art. 4), an dem die ganze Kirche und alle in der Kirche - Volk Gottes, Bischofskollegium, Bischof von Rom - wahrhaftig teilhaben.

a) Die Synode von 2021-2024 stellt eindeutig unter Beweis, dass der synodale Prozess den am besten geeigneten Rahmen darstellt, um Primat, Kollegialität und Synodalität allumfassend als unverzichtbare Elemente einer Kirche auszuüben, in der jedes Subjekt seine ganz besondere Funktion optimal und in Synergie mit den anderen ausübt;

 

b) Dem Bischof von Rom obliegt es, die Kirche zur Synode einzuladen, eine Versammlung für die Weltkirche einzuberufen und den damit verbundenen synodalen Prozess einzuleiten, zu begleiten und abzuschließen. Dieses Vorrecht kommt ihm als „sichtbares Prinzip und Fundament für die Einheit der Vielheit von Bischöfen und Gläubigen“ (LG 23) zu;

 

c) „Die Einzelbischöfe wiederum sind sichtbares Prinzip und Fundament der Einheit in ihren Teilkirchen (67) [...] In ihnen und aus ihnen besteht die eine und einzige katholische Kirche.“ (LG 23). Daher ist es Sache eines jeden Diözesanbischofs, die Konsultation des Gottesvolkes in seiner Kirche einzuleiten, zu begleiten und abzuschließen. Vor dem Hintergrund der Sorge der Bischöfe für die Gesamtkirche (vgl. LG 23) sind diese ebenso dafür verantwortlich, in den übergeordneten Gremien der Diözese mitzuarbeiten, in denen Synodalität und Kollegialität ausgeübt werden, und dort die im Bischofsamt verankerte Funktion der kirchlichen Unterscheidung wahrzunehmen;

 

d) Auch wenn in diesen Gremien nicht das gesamte Bischofskollegium versammelt ist, hat die von den Hirten in diesen durchgeführte Unterscheidung kollegialen Charakter für die Zielsetzung des Aktes. Die Bischofsversammlungen haben folglich im Rahmen des synodalen Prozesses die Aufgabe, die Ergebnisse der Beratungen in den Ortskirchen, in denen sich der Glaubenssinn des Gottesvolkes manifestiert, eingehend zu prüfen. Wie könnte ein nicht-kollegialer Akt das unterscheiden, was der Geist der Kirche durch die Konsultation des Gottesvolkes sagt, denn dieses „kann im Glauben nicht irren“ (LG 12)?

 

e) Die bisher erlebte synodale Erfahrung hat auch gezeigt, dass es möglich ist, eine effektive Ausübung von Kollegialität in einer synodalen Kirche zu entwickeln: Obwohl die Unterscheidung als Akt vor allem denjenigen zukommt, „die in der Kirche die Leitung innehaben“ (LG 12), hat sie dank des Beitrags der anderen Glieder des Volkes Gottes, die an den Kontinentalversammlungen teilgenommen haben, an Tiefe und Konsequenz hinsichtlich der zu prüfenden Fragen gewonnen.

Frage für die Unterscheidung

Wie sollte die Synode als Institution im Lichte der dynamischen Kreislaufbeziehung zwischen Synodalität der Kirche, bischöflicher Kollegialität und Petrusprimat vervollkommnet werden, damit sie zu einem sicheren und garantierten Raum für die Ausübung von Synodalität wird und eine volle Teilhabe für alle - das Gottesvolk, das Bischofskollegium und den Bischof von Rom - unter Wahrung ihrer besonderen Funktionen sicherstellt? Wie ist das Experiment der partizipativen Ausweitung auf eine „nicht-bischöfliche“ Gruppe auf der ersten Sitzung der XVI. ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode (Oktober 2023) zu bewerten?

Anregungen für Gebet und vorbereitende Reflexion

1) Der synodale Prozess führt in die Kirche „eine Dynamik der Gemeinschaft ein, die alle kirchlichen Entscheidungen inspiriert“[19]:

a) Wie kann diese Dynamik zur gängigen Vorgehensweise auf allen Ebenen des Lebens der Kirche werden?

b) Wie fügt sich das Prinzip der Autorität in diese ein?

c) Wie verändert es das Verständnis von Autorität in der Kirche auf den verschiedenen Ebenen einschließlich der Autorität des Bischofs von Rom?

 

2) Die erste Phase des synodalen Weges vollzieht mit der Konsultation des Gottesvolkes in den Ortskirchen und den anschließenden Unterscheidungsakten, zuerst in den orientalischen hierarchischen Strukturen und den Bischofskonferenzen und dann in den Kontinentalversammlungen, den Schritt von der teil- zur weltkirchlichen Ebene:

a) Wie kann man gewiss sein, dass die Konsultation tatsächlich den manifestierten Glaubenssinn des in einer bestimmten Kirche lebenden Volkes Gottes aufgreift?

b) Wie kann man in den orientalischen hierarchischen Strukturen, den Bischofskonferenzen und den Kontinentalversammlungen das „fruchtbare Band zwischen dem sensus fidei des Volkes Gottes und der Funktion des Lehramtes der Hirten“ (DP 14) verstärken?

c) Wie wünschenswert ist es, dass qualifizierte Mitglieder des Volkes Gottes auch in den Versammlungen der Bischofskonferenzen sowie in den Kontinentalversammlungen vertreten sind?

d) Welche Funktion können kirchliche Gremien wie die kürzlich für den Amazonas eingerichtete Kirchenkonferenz übernehmen, die auf Dauer und nicht nur von Bischöfen gebildet werden?

3) Die zweite Phase des synodalen Weges bringt in der Versammlung der nach Rom eingeladenen Bischöfe die Universalität der Kirche zum Ausdruck, die hinhört, was der Geist dem Volk Gottes gesagt hat:

a) Wie fügt sich diese Bischofsversammlung in den synodalen Gesamtprozess ein?

b) Wie stellt sie Kontinuität zur ersten Phase des synodalen Prozesses her? Genügt es, dass qualifizierte Zeugen vertreten sind, um diese sicherzustellen?

c) Wenn die Versammlungen der Bischofskonferenzen und die Kontinentalversammlungen Akte der Unterscheidung sind, wodurch zeichnet sich dann dieser weitere Akt der Unterscheidung aus und welchen Stellenwert hat er?


4) Als Schritt für die dritte Phase ist geplant, dass die Ergebnisse der Synodalversammlung an die Ortskirchen zurückgehen und dort umgesetzt werden: Was kann helfen, damit die „wechselseitige Innerlichkeit“ zwischen der universellen und der lokalen Dimension der einen Kirche voll und ganz verwirklicht wird?

[01015-DE.01] [Originalsprache: Italienisch und Englisch]

[1]   Nachfolgend werden die beiden Ausdrücke „Versammlung” und „Synodalversammlung”, sofern nicht anders angegeben, der Kürze halber für die Sitzung im Oktober 2023 verwendet, zu deren Durchführung dieses IL dient.

[2]   Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahr-Feier der Errichtung der Bischofssynode (17. Oktober 2015), (vgl. Vorbereitungsdokument, Nr. 15).

[3]   Der Ausdruck „Ortskirche“ steht hier für das, was im Kirchenrecht fachsprachlich als „Teilkirche“ bezeichnet wird. Die Spezifizierung durch den Wortbestandteils „Ort“ ist daher nicht als ausschließend zu verstehen, sondern als offen für die Beziehung zu allen anderen Ortskirchen.

[4]   In Abschnitt B wird begründet, weshalb die Reihenfolge, anders als im Untertitel der Synode, umgekehrt wurde: vgl. Infra Nr. 44.

[5]   Franziskus, Besinnungsmoment zu Beginn des synodalen Prozesses (9. Oktober 2021).

[6]   Vgl. Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahr-Feier der Errichtung der Bischofssynode (17. Oktober 2015).

[7]   So heißt es im Schlussdokument unter Nummer 128: „Es reicht also nicht aus, Strukturen zu haben, wenn sich in ihnen keine authentischen Beziehungen entwickeln; es ist die Qualität dieser Beziehungen, die evangelisiert“.

[8]   Vgl. Kongregation für die Glaubenslehre, Schreiben Iuvenescit Ecclesia (15. Mai 2016), 13–18.

[9]   Franziskus, Besinnungsmoment zum Beginn des synodalen Prozesses (9. Oktober 2021).

[10] XV. Ordentliche Generalversammlung der Bischofssynode, Die Jugendlichen, der Glaube und die Erkenntnis der Berufung. Abschlussdokument (27. Oktober 2018), 25.

[11] Franziskus, Ansprache an Seine Heiligkeit Mar Awa III., Katholikos-Patriarch der Assyrischen Kirche des Ostens (19. November 2022).

[12] Päpstlicher Rat zur Förderung der Einheit der Christen, Der Bischof und die Einheit der Christen: Ökumenisches Vademecum (4. Juni 2020), 4.

[13] Johannes Paul II., Enzyklika Ut unum sint (25. Mai 1995), 95; Zitat aus EG 32 und EC 10.

[14] Franziskus, Ansprache zum ökumenischen Gebet, Ökumenisches Zentrum ÖRK (Genf) (21. Juni 2018).

[15] Vgl. DIKASTERIUM FÜR DEN GOTTSDIENST UND DIE SAKRAMENTENORDNUNG, Instruktion Varietates legitimae, 25. Januar 1994.

[16] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahr-Feier der Errichtung der Bischofssynode (17. Oktober 2015).

[17] Ibid.

[18] Ibid.

[19] Ibid.

 

[B0456-XX.02]