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Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 11.05.2023


Intervento di P. Fabio Baggio, C.S.

Intervento di S.E. Mons. Francesco Savino

Intervento della Dott.ssa Chiara Lombardi

Intervento del Sig. Dullal Ghosh

Alle ore 11.30 di questa mattina, ha avuto luogo in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa Sede, Sala San Pio X, Via dell’Ospedale 1, la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 24 settembre 2023, sul tema “Liberi di scegliere se migrare o restare”.

Sono intervenuti: Padre Fabio Baggio, C.S., Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; S.E. Mons. Francesco Savino, Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e Vescovo di Cassano all’Jonio; la Dott.ssa Chiara Lombardi, Direttrice Generale VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo; e il Sig. Dullal Ghosh, migrante proveniente dal Bangladesh, socio della cooperativa Sophia.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

Intervento di P. Fabio Baggio, C.S.

Il Santo Padre ha deciso di dedicare il suo Messaggio per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato alla libertà che dovrebbe caratterizzare la scelta se migrare o restare. Con esso Papa Francesco intende promuovere una rinnovata riflessione su un diritto non ancora codificato a livello internazionale: il diritto a non dover emigrare, ossia - in altre parole - il diritto a poter rimanere nella propria terra.

La natura forzata di molti flussi migratori attuali obbliga ad una considerazione attenta delle cause delle migrazioni contemporanee. Il diritto a rimanere è precedente, più profondo e più ampio del diritto ad emigrare. Esso include la possibilità di essere partecipi del bene comune, il diritto a vivere in dignità e l’accesso allo sviluppo sostenibile, tutti diritti che dovrebbero essere effettivamente garantiti nelle nazioni d’origine attraverso un esercizio reale di corresponsabilità da parte della comunità internazionale.

San Giovanni Paolo II, nel 2004, affermava: “Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria. Grazie a un’oculata amministrazione locale e nazionale, a un più equo commercio e a una solidale cooperazione internazionale, ogni Paese deve essere posto in grado di assicurare ai propri abitanti, oltre alla libertà di espressione e di movimento, la possibilità di soddisfare necessità fondamentali quali il cibo, la salute, il lavoro, l’alloggio, l’educazione, la cui frustrazione pone molta gente nella condizione di dover emigrare per forza.” (Messaggio per la 90a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato).

Nel 2013, Benedetto XVI, richiamando il suo predecessore, scriveva: “Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra” (Messaggio per la 99a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato).

Di fronte all’evidente aumento delle migrazioni forzate in questi ultimi anni, il Santo Padre ha creduto opportuno riprendere queste felici intuizioni, sottolineando ancora una volta quanto sia importante che ogni migrazione sia frutto di una scelta libera, informata e ponderata. Guerre, violenza, disastri naturali e carestie sono alcuni dei fattori che costringono ad emigrare. Ma esistono la povertà, la mancanza di prospettive reali di sviluppo per sé e la propria famiglia, che minano la libertà della scelta di emigrare.

Per ridurre sensibilmente le migrazioni forzate tutti gli attori politici e sociali sono chiamati ad un comune impegno per la cessazione di tutti i conflitti, la fine delle dittature egemoniche, l’eliminazione delle persecuzioni e la prevenzione dei disastri naturali, particolarmente quelli causati dallo sfruttamento abusivo delle risorse naturali.

Per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna garantire che tale scelta sia informata e ponderata. Ma, soprattutto, devono essere assicurate le condizioni minime grazie alle quali ogni persona, senza nessuno escluso, possa realizzarsi individualmente e come famiglia. Per questo è necessario garantire, come requisiti minimi, un’equa partecipazione al bene comune, i diritti fondamentali e la dignità personale e l’accesso allo sviluppo sostenibile.

La principale responsabilità di fare delle migrazioni una scelta libera spetta ai paesi di origine e ai loro governanti, chiamati ad esercitare la “buona politica” al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili. Ad essi, però vanno garantite le condizioni per poter operare in questa direzione, senza essere depredati reiteratamente delle loro risorse naturali ed umane e senza ingerenze esterne che rispondono ad interessi di élite.

Garantire la libertà di scelta se emigrare o restare è anche responsabilità della comunità internazionale, nel quadro di una corresponsabilità globale diretta ad un bene comune, che non si limita ai confini nazionali. Lo sviluppo dei paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione tra tutti i paesi.

Fare di tutte le migrazioni una scelta libera è, senza dubbio, un obiettivo a lungo termine. I cambiamenti necessari richiedono molto tempo. Nel frattempo, dobbiamo aspettarci ancora flussi migratori ingenti. Per questo è necessario impegnarsi a sviluppare una governance globale, con azioni efficaci, adeguate e lungimiranti, che puntino al bene di tutte le persone coinvolte.

Per favorire un’adeguata preparazione alla celebrazione di questa giornata, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha organizzato una campagna di comunicazione finalizzata a favorire una comprensione approfondita del tema del Messaggio attraverso sussidi multimediali, materiale informativo e riflessioni teologiche.

Colgo volentieri questa occasione per presentare il primo video della campagna.

[00770-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di S.E. Mons. Francesco Savino

Buona giornata a tutti.

Sono molto grato di poter condividere con voi questo momento. Ringrazio il Cardinale Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; insieme a lui la carissima Suor Alessandra Smerilli, Segretario, e naturalmente padre Fabio Baggio che è presente e ci ha introdotti a questo prezioso messaggio di Papa Francesco, “Liberi di scegliere se migrare o restare” per la 109ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Saluto anche la dott.ssa Chiara Lombardi e il Signor Dullal Ghosh.

Il nostro grazie, corale, va quindi a Papa Francesco perché quanto ci ha offerto è ancora una volta nuovo: viene da lontano, si inserisce coerentemente nel suo magistero e nel cammino millenario della Chiesa, in merito ad una sfida così decisiva.

In tal senso il Santo Padre richiama una campagna molto importante promossa dalla CEI: “Liberi di partire, liberi di restare”, che ha dato vita a numerosi progetti solidali sia in paesi esteri che in Diocesi italiane promotrici di accoglienza.

Sulla scia della Laudato si’ e Fratelli tutti, che scavalcano i confini confessionali e offrono a ogni coscienza, ai nostri contemporanei che vivono a qualsiasi latitudine, una lettura critica del presente e una profezia vera di futuro.

Le parole che oggi leggiamo nel messaggio hanno un impatto politico, economico, culturale, affettivo, spirituale che riguarda tutti e ciascuno. In un mondo a pezzi noi avvertiamo più che mai, nell’energia di Papa Francesco, il vento e il fuoco dello Spirito Santo: questo messaggio è come una nuova pagina degli Atti degli apostoli, una pagina che ci esorta a continuare la nostra missione come chiesa. Come vescovo di un’area interna e apparentemente marginale nell’economia complessiva del nostro Paese, voglio esprimere la mia gratitudine più sentita e profonda, perché Papa Francesco comprende, conosce, empatizza con chi è costretto ad avere un altro sguardo sulla realtà.

Rileggo così il suo Messaggio: come vescovo di Calabria, ricordo innanzitutto a me stesso, che il nostro è un Paese non solo di accoglienza, ma anche di partenza. Ogni anno sono più gli italiani che partono dei migranti che arrivano. Vengo da una terra nella quale allora risuona dirompente il titolo di questo messaggio. Penso alle migliaia di giovani che lasciano ogni anno la Calabria per andare lontano: magari fossero liberi di rimanere, di restare! Naturalmente il messaggio del Papa si riferisce con molta precisione a partenze ancor più drammatiche: vere e proprie fughe da conflitti, persecuzioni, disastri ecologici e umanitari, uomini, donne e bambini per cui manchiamo talvolta di conoscenza e compassione.

E d’altra parte guardare – come si dice – “a casa nostra” può forse scuoterci maggiormente. Andare altrove può essere di grande arricchimento, per chi parte e persino per chi lascia andare: può rappresentare un’apertura, uno scambio, l’inizio di quel meticciato fra culture che ha sempre riaperto, nella storia, società altrimenti chiuse e decadenti.

“Liberi” dice Papa Francesco. Liberi di muoversi, viaggiare, migrare – certo – perché non può essere una concessione: la terra è di tutti. Ogni confine è artificiale e deve restare permeabile. Basta con un mondo di fili spinati e di muri! Ricordiamolo: quanta bellezza e quanto lavoro hanno portato gli Italiani nel mondo! E quanto l’Italia ha ricevuto e sta ricevendo da altri popoli, oggi, come nella sua lunga storia! Le nostre città raccontano questa stratificazione, così come la nostra lingua e tutte le grandi lingue europee. Liberi anche di restare. Libertà non è solo mobilità: è anche fedeltà, radicamento, amore per quei luoghi che hanno nutrito la nostra infanzia e ci legano al grande passato. Liberi di restare, o di tornare: la cattolicità non è un universalismo senza patrie, senza diversità, senz’anima.

A questo proposito non posso non ricordare l’esperienza che come giovane presbitero ho fatto con tanti volontari di ogni appartenenza l’8 Agosto del 1991 con il venerabile don Tonino Bello prima nel porto di Bari e poi nello Stadio della Vittoria quando giunsero con la nave Vlora circa 20 mila albanesi. È stata un’esperienza senz’altro faticosa e difficile ma che ha cambiato radicalmente il mio, il nostro sguardo sulla realtà degli immigrati e la rispettiva accoglienza.

Ognuno di noi si rese disponibile all’accoglienza, alla condivisione, che ci ha consentito di diventare più ricchi umanamente e culturalmente.

Non posso non fare menzione dell’esperienza fatta più di recente nella Diocesi di Cassano all’Jonio, affidata alla mia cura pastorale: l’apertura di due centri di accoglienza, uno per minori non accompagnati a Mormanno, paese in cui abbiamo una struttura di seminario minore estivo, e un altro per adulti presso la nostra fondazione Rovitti a Francavilla Marittima. E ancora più recente l’esperienza drammatica fatta a Cutro dove ho sperimentato il naufragio dell’umanità davanti a tante vittime.

Credo sia questo lo sfondo per cogliere bene il senso di questo nuovo messaggio. I migranti che io incontro, che siano calabresi in partenza o fratelli e sorelle in arrivo da luoghi di povertà e disperazione, portano nella propria carne i segni di quanto Papa Francesco ci ha scritto.

È in loro nome che vi prego: prendiamo sul serio come Chiesa e come società civile questa visione che è insieme laica ed evangelica.

È cattolica, perché liberante e perché inclusiva.

[00771-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento della Dott.ssa Chiara Lombardi

Buongiorno a tutte e tutti,

come prima cosa desidero ringraziare Sua Santità per le parole di incoraggiamento e sostegno per le tante organizzazioni che come noi sono quotidianamente impegnate nel portare avanti, nel nostro caso insieme ai Salesiani di Don Bosco, azioni volte ad “Accogliere, proteggere, promuovere ed integrare” uomini, donne, bambine e bambini rifugiati, migranti, sfollati e vittime di tratta, che quotidianamente incontriamo nelle nostre missioni e nel nostro lavoro in numerosi Paesi di origine, transito e destinazione dei flussi migratori.

L’ong per cui lavoro si chiama VIS e insieme ai Salesiani di Don Bosco siamo presenti in 13 Paesi di Africa, Medio Oriente ed Europa e in numerosi altri in cui operiamo attraverso i nostri partner locali, avendo come focus principale l’educazione e la formazione professionale.

In ogni ragazza/ragazzo che frequenta le scuole, i corsi di formazione professionale, gli oratori, i centri giovanili ovunque nel mondo… in ogni giovane in situazione di strada o in condizioni di vulnerabilità, incontriamo innanzitutto “persone” con la legittima volontà di realizzare se stesse: questo per noi può avvenire in ogni parte del mondo, non necessariamente nel Paese in cui si nasce. Ho avuto la fortuna di vivere in alcuni dei Paesi in cui operiamo, e negli anni ho potuto seguire le storie di alcuni dei ragazzi e delle ragazze coinvolti nei progetti, so che le motivazioni che spingono a intraprendere un progetto migratorio possono essere molto diverse sia da persona a persona sia da Paese a Paese.

Le migrazioni sono un fenomeno che da sempre caratterizza la storia dell’umanità ed esistono innegabili connessioni tra lo sviluppo umano e le migrazioni. C’è una condizione fondamentale che comunque va garantita e ce la ricorda papa Francesco nel suo Messaggio: migrare non deve essere una scelta forzata dagli eventi (guerre, fame e - non ultimi - i cambiamenti climatici), ma una scelta libera e consapevole, accompagnata e guidata da percorsi regolari e da istituzioni responsabili. Ognuno di noi può fare la sua parte affinché tutti possano realmente essere “liberi di scegliere se migrare o restare”. Noi come ong possiamo farlo grazie alla solida rete salesiana, già presente e radicata nei Paesi di intervento e in Italia, e anche attraverso la collaborazione con altre ong.

Dal 2015 portiamo avanti campagne di informazione e di sensibilizzazione sui rischi delle migrazioni irregolari, sui diritti umani di chi sceglie comunque di partire e sulle opportunità di formazione e inserimento professionale per chi decide di restare. La nostra prima campagna legata all’iniziativa della CEI Liberi di partire Liberi di restare, ha raggiunto e coinvolto oltre 1 milione di persone in 5 Paesi (Senegal, Ghana, Mali, Nigeria, Egitto, ed Etiopia).

Ad esempio, Addisson è un cittadino ghanese della regione di Bono e ha 33 anni. Nel 2007, anno in cui i conflitti interni nel suo Paese si acuirono, quando era ancora minorenne, decise di raggiungere la Libia viaggiando su strada. Partirono in trentacinque dal Ghana ma ne arrivarono solo venticinque. Vi rimase quattro anni dove visse innumerevoli violenze e abusi. Nel 2011 decise di tornare in Ghana e si iscrisse a un corso del VIS in agricoltura e allevamento biologico. Oggi ha una fattoria con 500 volatili, dove si tengono anche corsi di formazione per giovani aspiranti agricoltori con tecniche organiche.

Questa è una storia come ce ne sono tante, ma ve l’ho raccontata perché nel nostro lavoro, per aiutare in questa azione di sensibilizzazione per compiere una scelta libera abbiamo deciso di coinvolgere i migranti di ritorno, in modo che siano loro a raccontare la loro esperienza a persone che stanno vivendo le stesse difficoltà, dando una prospettiva diversa, di successo possibile anche nel proprio Paese.

"Negli ultimi anni ho avuto modo di vivere e raccontare la migrazione: l’ho studiata nelle aule universitarie, l’ho vissuta nei centri d’accoglienza italiani, l’ho ascoltata negli uffici”. Queste sono le parole di Chiara, una ragazza che ha svolto con noi un tirocinio in Senegal. “Mai però – prosegue Chiara – avevo avuto la possibilità di incontrare la migrazione al suo punto di inizio, quando ancora è un progetto, un’idea, un sogno, un’ossessione. Mai avevo avuto modo di incontrarla al punto di partenza, laddove essa prende vita e si trasforma. Fino a quando il VIS non mi ha dato la possibilità di partecipare alle attività di sensibilizzazione sui rischi della migrazione irregolare. Si parla Wolof, la lingua più diffusa in Senegal e sotto un grande albero che ripara dal sole, si discute e si riflette mentre gli operatori danno il loro meglio per condividere un messaggio chiaro: la migrazione è un diritto e una scelta, sempre. Ma noi dobbiamo lottare affinché sia regolare. La piroga, il deserto, non sono le risposte”.

Sono ancora troppe le persone che vedono i loro progetti migratori infrangersi nelle mani dei trafficanti… da qui il nostro impegno, come auspica papa Francesco, per sostenere e promuovere i percorsi regolari di migrazione, come l’esperienza dei corridoi umanitari dall’Etiopia che abbiamo portato avanti insieme ad Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e Comunità di S. Egidio, nell’ambito dei quali come VIS abbiamo svolto la formazione pre-partenza per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro delle persone che poi sono arrivate in Italia. Cerchiamo di cooperare con le istituzioni per incentivare l’aumento dei visti concessi per motivi di lavoro, di studio, di tirocinio, che permettano a persone preparate, e pronte a partire, di proseguire il loro percorso di studi o professionale in Italia, presso istituti di formazione o imprese che necessitano di lavoratori/lavoratrici qualificati.

E infine, ancora oggi sono molti coloro che faticano a guardare le persone migranti come fratelli e sorelle. Anche questa è una sfida che continuiamo a cogliere, cercando di educare e sensibilizzare le comunità di accoglienza in Italia, preparando studenti e studentesse, docenti ed educatori/trici, ad aprirsi alle altre culture, tradizioni, religioni e spiritualità, che di fatto aprono nuove prospettive; accompagnando – attraverso il personale specializzato delle strutture salesiane di accoglienza – i percorsi di integrazione umana e sociale dei migranti, e favorendo l’inserimento professionale attraverso la rete dei centri di formazione professionale salesiani e i centri per l’impiego.

Illuminati dal carisma di Don Bosco, continueremo a lavorare attivamente al fine di cooperare tutti insieme come unica famiglia umana, per garantire la partecipazione di tutti i popoli ai beni della nostra casa comune, il pieno rispetto dei diritti umani e la promozione di uno sviluppo che sia davvero autentico e integrale.

[00769-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento del Sig. Dullal Ghosh

Io mi chiamo Dullal Ghosh, vengo dal Bangladesh. Sono venuto in Italia dieci anni fa. Vendevo fazzoletti e accendini al semaforo; ora sono socio della Cooperativa Sophia e protagonista di un libro che è diventato un progetto di educazione nelle scuole. Io racconto la mia storia agli studenti.

Sono il primo figlio maschio di una famiglia di religione indù. Per me è obbligatorio aiutare economicamente la mia famiglia. Mio padre lavorava in una fabbrica che produce il riso ed era l’unica persona che lavorava e aiutava tutta la famiglia. Io vedevo i suoi occhi stanchi e mi accorgevo che stava diventando anziano. Pensavo: “Tra poco tocca a me aiutare la famiglia.”

In Bangladesh nel settore privato non c’è pensione, la scuola costa, le cure mediche costano. Come dice Papa Francesco, ero obbligato a partire. Non avevo "scelta".

Quando sono venuto in Italia abitavo in viale Marconi in una piccola stanza insieme a 10 ragazzi. Sono venuto in Italia nel mese di dicembre. I primi 12 giorni non sono uscito di casa: “Dove devo andare, che cosa devo fare?”. Ero nervoso, avevo paura, ero triste. Pensavo sempre alla mia famiglia. In casa c’era una piccola cucina con una finestra. Guardavo fuori e come un bambino pensavo: “Ci sono tante persone, vestiti puliti e macchine.” Ho visto un signore grande, di età simile a quella di mio padre, vendere fazzoletti e accendini al semaforo. Il mio cuore ha parlato: “Tu puoi fare qualcosa in Italia come lui”. Quindi ho iniziato a vendere fazzoletti e accendini ad un semaforo di via Cristoforo Colombo.

Una sera faceva molto freddo, non avevo vestiti pesanti e neanche cibo sufficiente. Quella sera ho incontrato un prete. Questo prete si chiama don Alessandro Di Medio. Quando l'ho incontrato gli ho fatto una domanda in inglese: “Father are you Christian?” e lui ha risposto: “Yes”. Poi ho fatto una seconda domanda: “Can you help me?” Lui ha risposto: “Tomorrow morning.” Il giorno dopo, don Alessandro mi ha incontrato e mi ha portato vestiti e frutta.

Dopo una settimana, ho chiesto a don Alessandro se mi poteva aiutare a trovare un lavoro. Lui mi ha accompagnato dal suo amico Marco Ruopoli, presidente della Cooperativa Sophia – Impresa Sociale.

Quando Marco mi ha incontrato mi ha fatto tante domande: “Come ti chiami? Quanti anni hai? Di dove sei? Per vivere un mese in Italia, quanti soldi ti servono?”. Lui faceva domande ma io non capivo niente perché nei primi 9 mesi in cui sono stato in Italia non sono andato a scuola, non la potevo frequentare per le difficoltà economiche.

Un giorno Marco mi ha accompagnato nel suo ufficio in via Laurentina. Il mio primo lavoro con lui è stato sistemare cartelline. Ho iniziato a lavorare insieme a lui e ai colleghi di Sophia: Caterina Amodio, Mor Amar. Loro mi hanno aiutato a trovare una casa-famiglia, avere i documenti, trovare la scuola per imparare l'italiano e prendere il diploma di terza media. Loro mi hanno dato una grande mano; l'altra mano l'ho messa io: forza, pazienza, fiducia e coraggio.

Io sono protagonista di un libro, il mio libro si chiama “Là non morirai di fame", è uscito nel 2018 ed è diventato un progetto di formazione nelle scuole. Questo progetto si chiama “Educare Senza Confini”. Come funziona questo progetto? Io racconto la mia storia ai ragazzi in Italia; gli studenti prima leggono il mio libro, dopo mi incontrano e fanno domande. Come dice Papa Francesco, il mio libro è un ponte tra italiani e migranti: io posso imparare da loro e anche loro possono imparare da me.

Voglio dare un consiglio ad altri che vogliono diventare migranti: Prima di partire serve prepararsi: è molto importante la lingua, i documenti e sapere come trovare lavoro perché quando sono venuto in Italia ho avuto grandi difficoltà. Per questo, con la Cooperativa Sophia, portiamo il progetto “Educare Senza Confini” anche nelle scuole del Senegal per dare le giuste informazioni e aiutare le persone in loco così che la migrazione sia, come dice Papa Francesco nel suo Messaggio, "informata e ponderata, onde evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli".

Questo progetto funziona così: un migrante senegalese che abita in Italia racconta la sua storia in video-chiamata agli studenti delle scuole in Senegal. Racconta quello che ha capito con il viaggio in Italia e che prima non sapeva. Gli studenti senegalesi ascoltano la sua storia e dopo possono fare domande. Poi Erik Conte, responsabile del progetto, spiega nelle classi che cosa è fondamentale sapere per emigrare: i documenti, la lingua, un lavoro e, soprattutto, spiega i pericoli del viaggio in barca. Come dice Papa Francesco, è importante sapere la verità prima di partire e scegliere bene. Finora 6.000 studenti senegalesi hanno partecipato.

Un grande ringraziamento lo devo fare alla Chiesa e alla Conferenza Episcopale Italiana che ha aiutato molto me e questo progetto, sostenuto in particolare dalla Fondazione Migrantes - CEI e dalla campagna Liberi di partire, liberi di restare.

[00772-IT.01] [Testo originale: Italiano]

 

[B0357-XX.02]