Incontro con i giovani presso la Papp László Budapest Sportaréna
Discorso del Santo Padre
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Questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica di Budapest, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto alla Papp László Budapest Sportaréna per l’incontro con i giovani.
Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio di vettura e dopo alcuni giri in macchina elettrica tra i circa 12.000 giovani presenti, il Papa è stato accolto dal Vescovo incaricato per la Pastorale giovanile, S.E. Mons. Ferenc Palánki, Vescovo di Debrecen-Nyíregyháza, mentre veniva intonato un canto.
Quindi, dopo l’indirizzo di saluto del Vescovo, l’esecuzione di una danza tradizionale e le testimonianze di quattro giovani, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso.
Al termine dell’incontro, dopo la recita del Padre Nostro, la benedizione e il canto finale, il Santo Padre è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Budapest dove ha ricevuto il Sindaco di Budapest, il Sig. Gergely Szilveszter Karáksony, con la moglie e i figli. L’incontro, svoltosi in un clima familiare, è durato circa 15 minuti.
Successivamente, nel Salone della Rappresentanza Pontificia, il Papa ha incontrato in forma privata i Membri della Compagnia di Gesù presenti in Ungheria.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [Sia lodato Gesù Cristo!]
Cari fratelli e sorelle, vorrei dirvi köszönöm! [grazie!] Grazie per la danza, grazie per il canto, per le vostre testimonianze coraggiose, e grazie a ciascuno per essere qui: sono felice di stare con voi! Grazie.
Mons. Ferenc ci ha detto che la gioventù è tempo di grandi domande e di grandi risposte. È vero, ed è importante che ci sia qualcuno che provochi e ascolti le vostre domande, e che non vi dia risposte facili, risposte preconfezionate, ma vi aiuti a sfidare senza paura l’avventura della vita in cerca di risposte grandi. Le risposte preconfezionate non servono, non fanno felici. Così, infatti, faceva Gesù. Bertalan, hai detto che Gesù non è un personaggio di un libro di fiabe o il supereroe di un fumetto, ed è vero: Cristo è Dio in carne e ossa, è il Dio vivo che si fa vicino a noi; è l’Amico, il migliore degli amici, è il Fratello, il migliore dei fratelli, ed è molto bravo nel porre domande. Nel Vangelo, infatti, Lui, che è il Maestro, prima di dare risposte, fa domande. Penso a quando si trova davanti quella donna adultera contro cui tutti puntavano il dito. Gesù interviene, quelli che la accusavano se ne vanno e Lui rimane solo con lei. Allora con delicatezza le chiede: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» (Gv 8,10). Lei risponde: «Nessuno, Signore!» (v. 11). E così, mentre lo dice, capisce che Dio non vuole condannare, ma perdonare. Mettete questo nella testa: Dio non vuole condannare, ma perdonare. Dio perdona sempre. Come si dice in ungherese “Dio perdona sempre”? [il traduttore lo dice in ungherese e il Papa lo fa ripetere ai giovani] Non dimenticatevi! Lui è pronto a rialzarci ad ogni nostra caduta! Con Lui perciò non dobbiamo mai avere paura di camminare e andare avanti nella vita. Pensiamo anche a Maria Maddalena, che al mattino di Pasqua fu la prima a vedere Gesù risorto – e aveva una storia quella donna!, ma è stata la prima a vederlo. Lei era in lacrime accanto alla tomba vuota e Gesù le domanda: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15). E così, toccata sul vivo, Maria di Magdala apre il cuore, gli racconta le sue angosce, rivela i suoi desideri e il suo amore: “Dov’è il Signore?”.
E guardiamo al primo incontro di Gesù con quelli che diventeranno i suoi discepoli. Due di loro, indirizzati da Giovanni Battista, gli vanno dietro. Il Signore si volta e fa un’unica domanda: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Anch’io faccio una domanda, e ognuno risponda nel cuore, in silenzio. La mia domanda è: “Che cosa cercate? Che cosa cercate nella vita? Che cosa cerchi nel tuo cuore?”. In silenzio, ognuno risponde dentro di sé. Che cosa cerco io? Gesù non fa tanta predica, no, fa strada, fa la strada insieme a ognuno di noi; Gesù cammina vicino a ognuno di noi. Non vuole che i suoi discepoli siano scolari che ripetono una lezione, ma che siano giovani liberi e camminino, compagni di strada di un Dio che ascolta, che ascolta i loro bisogni ed è attento ai loro sogni. Poi, dopo parecchio tempo, due giovani discepoli scivolano malamente – i discepoli di Gesù sono scivolati tanto! – e fanno a Gesù una richiesta sbagliata, cioè di poter stare alla sua destra e alla sua sinistra quando Lui diventerà Re –volevano arrampicarsi, questi! Ma è interessante vedere che Gesù non li rimprovera per aver osato, non dice loro: “Come vi permettete, smettete di sognare queste cose!”. No, Gesù non abbatte i loro sogni, ma li corregge sul modo di realizzarli; accetta il loro desiderio di arrivare in alto – è buono questo – ma insiste su una cosa, da ricordare bene: non si diventa grandi scavalcando gli altri, ma abbassandosi verso gli altri; non a discapito degli altri, ma servendo gli altri (cfr Mc 10,35-45). [chiede al traduttore di ripetere l’ultima frase in ungherese] Avete capito? Vedete, amici, Gesù è felice che raggiungiamo grandi traguardi, non ci vuole pigri e poltroni, non ci vuole zitti e timidi, ci vuole vivi, attivi, protagonisti, protagonisti della storia. E non svaluta mai le nostre aspettative ma, al contrario, alza l’asticella dei nostri desideri. Gesù sarebbe d’accordo con un vostro proverbio, che spero di pronunciare bene: Aki mer az nyer [Chi osa vince].
Voi potete domandarmi: come si fa ad essere vincitori nella vita? Ci sono due passaggi fondamentali, come nello sport: primo, puntare in alto; secondo, allenarsi. Puntare in alto. Dimmi, hai un talento? Di sicuro ce l’hai, tutti l’abbiamo! Non metterlo da parte pensando che per essere felice basti il minimo indispensabile: un titolo di studio, un lavoro per guadagnare, divertirsi un po’… No, metti in gioco quello che hai! Hai una buona qualità? Investi su quella, senza paura, vai avanti! Senti nel cuore che hai una capacità che può far bene a tanti? Senti che è bello amare il Signore, creare una famiglia numerosa, aiutare chi è bisognoso? Vai avanti, non pensare che siano desideri irrealizzabili, ma investi sui grandi traguardi della vita! Questo è il primo, puntare in alto. E il secondo: allenarsi. Come? In dialogo con Gesù, che è il miglior allenatore possibile. Lui ti ascolta, Lui ti motiva, Lui crede in te, sai?, Gesù crede in te!, sa tirar fuori il meglio di te. E sempre invita a fare squadra: mai da soli ma con gli altri: questo è molto importante. Se tu vuoi maturare e crescere nella vita, vai avanti facendo squadra nella comunità, vivendo esperienze comuni. Penso, ad esempio, alle Giornate Mondiali della Gioventù, e colgo l’occasione per invitarvi alla prossima, che sarà in Portogallo, a Lisbona, all’inizio di agosto. Oggi invece c’è la grande tentazione di accontentarsi di un cellulare e di qualche amico – poca cosa, per favore! Ma, anche se questo è ciò che fanno tanti, anche se fosse quello che ti va di fare, non fa bene. Tu non puoi chiuderti in un gruppettino di amici e dialogare soltanto con il cellulare: questa è una cosa – permettetemi la parola – un po’ stupida.
C’è poi un elemento importante per allenarsi e tu, Krisztina, ce lo hai ricordato dicendo che tra mille corse, tanta frenesia e velocità, c’è una cosa essenziale che manca oggi ai giovani, e pure agli adulti. Hai detto: «Non ci concediamo tempo per il silenzio nel rumore, perché abbiamo paura della solitudine e poi ogni giorno finiamo per essere stanchi». Lo hai detto tu, Krisztina: grazie. Vorrei dirvi: in questo non abbiate paura di andare controcorrente, di trovare un tempo di silenzio ogni giorno per fermarvi e pregare. Oggi tutto vi dice che bisogna essere veloci, efficienti, praticamente perfetti, come delle macchine! Ma, cari, noi non siamo macchine! E poi ci accorgiamo che spesso finiamo la benzina e non sappiamo cosa fare. Fa tanto bene sapersi fermare per fare il pieno, per ricaricare le batterie. Ma attenzione: non per immergersi nelle proprie malinconie o rimuginare sulle proprie tristezze, non per pensare a chi mi ha fatto questo o quello, facendo teorie su come si comportano gli altri; no, questo non fa bene! Questo è un veleno, questo non si fa.
Il silenzio è il terreno su cui coltivare relazioni benefiche, perché permette di affidare a Gesù ciò che viviamo, di portargli volti e nomi, di gettare in Lui gli affanni, di passare in rassegna gli amici e dire una preghiera per loro. Il silenzio ci dà la possibilità di leggere una pagina di Vangelo che parla alla nostra vita, di adorare Dio ritrovando così la pace nel cuore. Il silenzio permette di prendere in mano un libro che non sei costretto a leggere, ma che ti aiuta a leggere l’animo umano, di osservare la natura per non stare solo a contatto con cose fatte dagli uomini e scoprire la bellezza che ci circonda. Ma il silenzio non è per incollarsi ai cellulari e ai social; no, per favore: la vita è reale, non virtuale, non avviene su uno schermo, la vita avviene nel mondo! Per favore, non virtualizzare la vita! Lo ripeto: non virtualizzare la vita, che è concreta. Capito?
Il silenzio, dunque, è la porta della preghiera e la preghiera è la porta dell’amore. Dóra, vorrei ringraziarti perché hai parlato della fede come di una storia d’amore – è bello questo, è la tua esperienza –, dove ogni giorno affronti le difficoltà dell’adolescenza, ma sai che c’è Qualcuno con te, Qualcuno per te, e che quel Qualcuno, Gesù, non ha paura di superare con te ogni ostacolo che incontri. La preghiera aiuta a fare questo, perché è dialogo con Gesù, così come la Messa è incontro con Lui, e la Confessione è l’abbraccio che si riceve da Lui. Mi viene in mente il vostro grandissimo musicista Ferenc Liszt. Durante la pulitura del suo pianoforte furono trovati dei grani del rosario che forse, rompendosi, erano caduti dentro lo strumento. È un indizio che ci fa pensare come, prima di un componimento o di un’esecuzione, magari anche dopo un momento di divertimento al pianoforte, fosse abituale per lui pregare: parlava al Signore, parlava alla Madonna di ciò che amava e metteva la sua arte e i suoi talenti nella preghiera. Pregare non è noioso! Siamo noi a renderlo noioso. Pregare è un incontro, un incontro con il Signore: è bello questo. E quando pregate, non abbiate paura di portare a Gesù tutto quello che passa nel vostro mondo interiore: gli affetti, i timori, i problemi, le aspettative, i ricordi, le speranze, tutto, anche i peccati. Lui capisce tutto. La preghiera è dialogo di vita, la preghiera è vita. Bertalan, oggi non hai avuto vergogna di raccontare a tutti l’ansia che a volte ti paralizza e le fatiche nell’avvicinarti alla fede. Che bello quando si ha il coraggio del vero, che non è mostrare di non aver mai paura, ma aprirsi e condividere le proprie fragilità con il Signore e con gli altri, senza nascondere, senza camuffare, senza indossare maschere. Grazie per la tua testimonianza, Bertalan, grazie! Il Signore, come racconta a ogni pagina il Vangelo, non fa grandi cose con persone straordinarie, ma con persone vere, limitate come noi. Invece, chi si basa sulle proprie capacità e vive di apparenze per sembrare a posto, tiene lontano Dio dal cuore perché si occupa di sé stesso soltanto. Gesù con le sue domande, con il suo amore, con il suo Spirito, ci scava dentro per fare di noi persone vere. E oggi c’è tanto bisogno di persone vere! Vi dico una cosa: sai qual è il pericolo oggi? Di essere una persona finta. Per favore, mai persona finta, sempre persona vera, con la propria verità! “Eh, Padre, io mi vergogno perché la mia realtà non è buona, sa, Padre, io ho delle mie cose dentro…”. Guarda avanti, al Signore, abbi coraggio! Il Signore ci vuole così come siamo, come siamo adesso, ci vuole bene così. Coraggio e avanti! Non spaventatevi delle vostre miserie.
E a questo proposito, ci ha colpito quanto hai detto tu, Tódor, a partire dal tuo nome, che porti in onore del beato Teodoro, un grande confessore della fede che richiama a non vivere di mezze misure. Hai voluto “far suonare la sveglia”, dicendo che lo zelo per la missione è anestetizzato dal nostro vivere nella sicurezza e nell’agio, mentre a non molti chilometri da qui la guerra e la sofferenza sono all’ordine del giorno. Ecco allora l’invito: prendere in mano la vita per aiutare il mondo a vivere in pace. Lasciamoci scomodare da questo, chiediamoci, ciascuno di noi: io che cosa faccio per gli altri, che cosa faccio per la società, che cosa faccio per la Chiesa, che cosa faccio per i miei nemici? Vivo pensando al mio bene o mi metto in gioco per qualcuno, senza calcolare i miei interessi? Per favore, interroghiamoci sulla nostra gratuità, sulla nostra capacità di amare, amare secondo Gesù, cioè di amare e servire.
Cari amici, c’è un’ultima cosa che vorrei condividere con voi, una pagina di Vangelo che riassume quanto ci siamo detti. Un anno e mezzo fa ero qui per il Congresso Eucaristico; nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 6, c’è una bella pagina eucaristica che ha al centro un giovane. Racconta di un ragazzo che era nella folla ad ascoltare Gesù. Probabilmente sapeva che l’incontro sarebbe andato per le lunghe ed era stato previdente: aveva portato con sé il pranzo – voi avete portato un panino? Ma Gesù sente compassione per la folla – erano più di 5.000 – e la vuole sfamare; allora, nel suo stile, fa domande ai discepoli per sbloccare le loro energie. Chiede a uno di loro come fare e arriva una risposta “da ragioniere”: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo» (Gv 6,7). Come a dire: matematicamente impossibile. Un altro, nel frattempo, vede quel ragazzo e fa una constatazione, ma ancora una volta pessimistica: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (v. 9). Invece a Gesù quei cinque pani e due pesci bastano, bastano e avanzano per compiere il famoso miracolo della moltiplicazione dei pani. Ognuno di noi, le piccole cose che abbiamo, anche i nostri peccati, a Gesù bastano. E noi cosa dobbiamo fare? Lasciarle nelle mani di Gesù: ecco, questo basta.
Però il Vangelo non racconta un particolare, che lascia alla nostra immaginazione: come avranno fatto i discepoli a convincere quel giovane a dare tutto ciò che aveva? Forse gli avranno chiesto di mettere a disposizione il suo pranzo e lui si sarà guardato attorno, vedendo migliaia di persone. E forse, come loro, avrà risposto dicendo: “Non basta, perché chiedete a me e non ve ne occupate voi, che siete i discepoli di Gesù? Chi sono io?”. Allora, magari, gli avranno detto che era Gesù stesso a chiederne. E Lui fa una cosa straordinaria: si fida. Quel ragazzo, che aveva il pranzo per sé, si fida, dà tutto, non tiene nulla per sé. Era venuto per ricevere da Gesù e si trova a dare a Gesù. Ma così avviene il miracolo. Nasce dalla condivisione: la moltiplicazione operata da Gesù comincia dalla condivisione di quel giovane con Lui e per gli altri. Il poco di quel ragazzo nelle mani di Gesù diventa molto. Ecco dove porta la fede: alla libertà di dare, all’entusiasmo del dono, al vincere le paure, a mettersi in gioco! Amici, ciascuno di voi è prezioso per Gesù, e anche per me! Ricordati che nessuno può prendere il tuo posto nella storia del mondo, nella storia della Chiesa, nessuno può prendere il tuo posto, nessuno può fare quello che solo tu puoi fare. Aiutiamoci allora a credere che siamo amati e preziosi, che siamo fatti per cose grandi. Preghiamo per questo e incoraggiamoci in questo! E ricordatevi anche di fare del bene a me con la vostra preghiera. Köszönöm! [grazie!]
[00687-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [Loué soit Jésus-Christ !]
Chers frères et sœurs, je voudrais vous dire köszönöm ! [Merci] Merci pour la danse, merci pour le chant, pour vos témoignages courageux, et merci à chacun d'être ici : je suis heureux d'être avec vous ! Merci.
Mgr Ferenc nous a dit que la jeunesse est un temps de grandes questions et de grandes réponses. C'est vrai, et il est important qu'il y ait quelqu'un pour provoquer et écouter vos questions, sans vous donner des réponses faciles, des réponses toutes faites, mais pour vous aider à relever le défi sans peur de l'aventure de la vie, à la recherche de grandes réponses. Les réponses toutes faites ne sont d'aucune utilité et ne rendent pas heureux. C'est ce que Jésus faisait. Bertalan, tu as dit que Jésus n'est pas le personnage d’un livre de fables ou le super-héros d'une bande dessinée, et c'est vrai : le Christ est Dieu dans la chair, il est le Dieu vivant qui s'approche de nous. Il est l'Ami, le meilleur des amis, il est le Frère, le meilleur des frères, et il est très adroit pour poser des questions. Dans l'Évangile, en effet, avant de donner des réponses, il pose des questions, Lui qui est le Maître. Je pense au moment où il se trouve face à cette femme adultère que tout le monde pointe du doigt. Jésus intervient, ceux qui l'accusaient s'en vont et Il reste seul avec elle. Il lui demande alors avec délicatesse : « Femme, où sont-ils donc ? Personne ne t’a condamnée ? » (Jn 8,10). Elle répond: « Personne, Seigneur ! » (v. 11). En disant cela, elle comprend que Dieu ne veut pas condamner, mais pardonner. Mettez ceci dans votre tête : Dieu ne veut pas condamner, mais pardonner. Dieu pardonne toujours. Comment dit-on en hongrois "Dieu pardonne toujours" ? [le traducteur le dit en hongrois et le pape le fait répéter aux jeunes] N'oubliez pas ! Il est prêt à nous relever à chaque chute ! Avec Lui, nous ne devons jamais avoir peur de marcher et d'avancer dans la vie. Pensons aussi à Marie Madeleine qui, au matin de Pâques, a été la première à voir Jésus ressuscité - et elle avait une histoire cette femme-là ! Mais elle a été la première à la voir. Elle pleure près du tombeau vide et Jésus lui demande : « Femme, pourquoi pleures-tu ? Qui cherches-tu? » (Jn 20,15). Alors, touchée au plus profond d'elle-même, Marie de Magdala ouvre son cœur, elle lui dit ses angoisses, révèle ses désirs et son amour : " Où est le Seigneur ? ".
Et regardons la première rencontre de Jésus avec ceux qui deviendront ses disciples. Deux d'entre eux, orientés par Jean Baptiste, le suivent. Le Seigneur se retourne et pose une seule question : « Que cherchez-vous ? » (Jn 1,38). Moi aussi, je pose une question, et chacun y répond dans son cœur, en silence. Ma question est la suivante : "Que cherchez-vous ? Que cherchez-vous dans la vie ? Que cherches-tu dans ton cœur ?" En silence, chacun répond en son for intérieur. Qu'est-ce que je cherche ? Jésus ne prêche pas tant, non il chemine, il chemine avec chacun d'entre nous ; Jésus chemine près de chacun d'entre nous. Il ne veut pas que ses disciples soient des écoliers qui répètent une leçon, mais qu’ils soient des jeunes libres et qu’ils cheminent, compagnons de route d'un Dieu qui écoute, qui écoute leurs besoins et qui est attentif à leurs rêves. Puis, au bout d'un certain temps, deux jeunes disciples se fourvoient - les disciples de Jésus se sont tellement trompés ! - et ils adressent à Jésus une mauvaise requête, à savoir être à sa droite et à sa gauche lorsqu'Il deviendra Roi - ils voulaient s’élever, ceux-là ! Mais il est intéressant de voir que Jésus ne leur reproche pas d’avoir osé, il ne leur dit pas : "Comment vous permettez-vous, arrêtez de rêver de telles choses !". Non, Jésus ne détruit pas leurs rêves, mais il les corrige sur la manière de les réaliser. Il accepte leur désir d'atteindre les sommets - c'est une bonne chose - mais il insiste sur une chose, dont il faut bien se souvenir : on ne devient pas grand en dépassant les autres, mais en s'abaissant vers les autres ; non pas aux dépens des autres, mais en servant les autres (cf. Mc 10, 35-45). [le Pape demande au traducteur de répéter la dernière phrase en hongrois] Vous avez compris ? Vous voyez, chers amis, Jésus est heureux que nous atteignons de grands objectifs. Il ne nous veut pas paresseux ni peureux, il ne nous veut pas silencieux ni timides, il nous veut vivants, actifs, protagonistes, protagonistes de l’histoire. Et il ne dévalorise jamais nos attentes mais, au contraire, il élève la barre de nos désirs. Jésus serait d'accord avec un de vos proverbes, que j'espère bien prononcer : Aki mer az nyer [Celui qui ose gagne].
Vous pouvez me demander : comment devenir vainqueurs dans la vie ? Il y a deux étapes fondamentales, comme dans le sport : premièrement, viser haut ; deuxièmement, s'entraîner. Viser haut. Dis-moi, as-tu un talent ? Tu en as certainement un, nous en avons tous ! Ne le mets pas de côté en pensant qu'il te suffit du minimum indispensable pour être heureux : un diplôme, un travail pour gagner de l'argent, se divertir un peu... Non, mets ce que tu as en jeu ! Tu as une qualité ? Investis-y sans crainte, vas-y ! Tu sens au fond du cœur que tu as une capacité qui peut faire grand bien ? Sens-tu qu'il est bon d'aimer le Seigneur, de fonder une famille nombreuse, d'aider ceux qui sont dans le besoin ? Vas-y, ne pense pas que ce sont des désirs inaccessibles, mais investis dans les grands objectifs de la vie ! Ça c’est la première étape, viser haut. Et la seconde : s’entrainer. Comment ? En dialoguant avec Jésus, qui est le meilleur entraineur possible. Il t'écoute, Il te motive, Il croit en toi, tu sais, Jésus croit en toi ! Il sait faire ressortir le meilleur de toi-même. Et il invite toujours à faire équipe : jamais seul, mais avec d'autres : c'est très important. Si tu veux mûrir et grandir dans la vie, va de l'avant en faisant équipe, dans la communauté, en vivant des expériences communes. Je pense, par exemple, aux Journées Mondiales de la Jeunesse et je profite de l'occasion pour vous inviter aux prochaines qui auront lieu au Portugal, à Lisbonne, au début du mois d'août. Aujourd'hui, la tentation est grande de se contenter d'un téléphone portable et de quelques amis - peu de choses, en somme ! Mais, même si c'est ce que beaucoup font, même si c'est ce que tu as envie de faire, ce n’est pas bon. Tu ne peux pas t'enfermer dans un petit groupe d'amis et ne communiquer qu'avec ton téléphone portable : c'est - permettez-moi l'expression - un peu débile.
Il y a aussi un élément important dans l’entrainement et toi, Krisztina, tu nous l'as rappelé en disant qu'au milieu de mille courses, de tant de frénésie et de vitesse, une chose essentielle manque aujourd'hui aux jeunes, et aussi aux adultes. Tu as dit : « Dans le bruit nous ne nous accordons pas de temps pour le silence, parce que nous avons peur de la solitude et nous finissons par être fatigués tous les jours ». Tu l'as dit, Krisztina : merci. Je voudrais vous dire : n'ayez pas peur d'aller à contre-courant, de trouver chaque jour un temps de silence pour vous arrêter et prier. Aujourd'hui, tout vous dit qu'il faut être rapides, efficaces, pratiquement parfaits, comme des machines ! Mais, les amis, nous ne sommes pas des machines ! Et puis nous nous rendons compte que nous sommes souvent en panne d'essence et que nous ne savons plus quoi faire. Il est bon de pouvoir s'arrêter pour faire le plein, pour recharger les batteries. Mais attention : non pas pour se plonger dans ses mélancolies ou ruminer ses tristesses, non pas pour penser à qui m'a fait ceci ou cela, en faisant des théories sur le comportement des autres, non, ce n'est pas bon! C'est un poison, il ne faut pas le faire.
Le silence est le terrain sur lequel on peut cultiver des relations bénéfiques, parce qu'il nous permet de confier à Jésus ce que nous vivons, de Lui apporter des visages et des noms, de Lui confier nos peines, de passer en revue nos amis et de dire une prière pour eux. Le silence nous donne l'occasion de lire une page de l'Évangile qui parle à notre vie, d'adorer Dieu et de trouver ainsi la paix du cœur. Le silence permet de prendre ce livre que tu n'es pas obligé de lire, mais qui t’aide à lire l'âme humaine, à observer la nature pour ne pas être seulement en contact avec les choses faites par les hommes et à découvrir la beauté qui nous entoure. Mais le silence n'est pas fait pour rester collé aux téléphones portables et aux réseaux sociaux ; non, s'il te plaît : la vie est réelle, pas virtuelle, elle ne se passe pas sur un écran, la vie se passe dans le monde ! S'il te plaît, ne virtualises pas la vie ! Je répète : ne virtualises pas la vie, qui est concrète. Compris ?
Le silence est donc la porte de la prière, et la prière est la porte de l'amour. Dóra, je voudrais te remercier parce que tu as parlé de la foi comme d'une histoire d'amour- cela est beau, c'est ton expérience -, où chaque jour tu affrontes les difficultés de l'adolescence. Mais tu sais qu'il y a Quelqu'un avec toi, Quelqu'un pour toi, et que ce Quelqu'un, Jésus, n'a pas peur de surmonter avec toi tous les obstacles que tu rencontres. La prière t'aide à le faire parce qu'elle est un dialogue avec Jésus, tout comme la Messe est une rencontre avec Lui, et la Confession est l'étreinte que tu reçois de Lui. Je pense au grand musicien Franz Liszt. En nettoyant son piano, on a trouvé des grains de chapelet qui, sans doute en se cassant, sont probablement tombés dans l'instrument. C'est un indice qui nous fait penser qu'avant une composition ou une exécution, peut-être même après un moment de plaisir au piano, il avait l'habitude de prier : il parlait au Seigneur, parlait à la Vierge de ce qu'il aimait, et il mettait son art et ses talents dans la prière. Prier n'est pas ennuyeux ! C'est nous qui le rendons ennuyeux. Prier est une rencontre, une rencontre avec le Seigneur : c’est beau cela. Et lorsque vous priez, n'ayez pas peur d'apporter à Jésus tout ce qui se passe dans votre monde intérieur : vos affections, vos craintes, vos problèmes, vos attentes, vos souvenirs, vos espoirs, tout, même vos péchés. Il comprend tout. La prière est dialogue de vie, la prière est vie. Bertalan, aujourd'hui tu n'as pas eu honte de parler à tout le monde de l'anxiété qui te paralyse parfois et des difficultés à approcher de la foi. Qu'il est beau d'avoir le courage de la vérité, qui ne consiste pas à montrer que l'on n'a jamais peur, mais à s'ouvrir et à partager ses fragilités avec le Seigneur et avec les autres, sans cacher, sans déguiser, sans porter de masques. Merci pour ton témoignage, Bertalan, merci ! Le Seigneur, comme nous le dit l'Évangile à chaque page, ne fait pas de grandes choses avec des personnes extraordinaires, mais avec des personnes vraies, limitées comme nous. En revanche, ceux qui se fient à leurs propres capacités et qui vivent d’apparences, tiennent Dieu loin du cœur, parce qu'ils ne s'occupent que d’eux. Avec ses questions, son amour et son Esprit, Jésus creuse en nous afin de faire de nous des personnes vraies. Et nous avons tellement besoin de personnes vraies aujourd'hui ! Je vous dit une chose : savez-vous quel est le danger aujourd'hui ? D'être une personne fausse. S'il te plaît, ne sois jamais une personne fausse, sois toujours une personne vraie, avec ta propre vérité ! "Eh, Père, j'ai honte parce que ma réalité n'est pas bonne, vous savez, Père, j'ai mes propres choses à l'intérieur...". Regarde devant toi, vers le Seigneur, prends courage ! Le Seigneur nous veut tels que nous sommes, tels que nous sommes maintenant, Il nous aime tels que nous sommes. Prends courage et va de l'avant ! Ne vous effrayez pas de vos misères.
Et à cet égard, nous avons été frappés par ce que tu as dit, Tódor, à commencer par ton nom, que tu portes en l'honneur du bienheureux Théodore, grand confesseur de la foi qui nous appelle à ne pas vivre dans la demi-mesure. Tu as voulu "tirer la sonnette d'alarme", en disant que le zèle pour la mission est anesthésié par le fait que nous vivons dans la sécurité et le confort, alors qu'à quelques kilomètres d'ici, la guerre et la souffrance sont à l'ordre du jour. Voici donc une invitation : prendre la vie en main pour aider le monde à vivre en paix. Laissons-nous être dérangés et demandons-nous, chacun : que fais-je pour les autres, que fais-je pour la société, que fais-je pour l'Église, que fais-je pour mes ennemis ? Est-ce que je vis en pensant à mon propre bien ou est-ce que je m’implique pour quelqu'un, sans calculer mes propres intérêts ? S'il vous plaît, interrogeons-nous sur notre gratuité, sur notre capacité à aimer, aimer selon Jésus, c'est-à-dire aimer et servir.
Chers amis, il y a une dernière chose que je voudrais partager avec vous, une page de l'Évangile qui résume ce que nous avons dit. Il y a un an et demi, j'étais ici pour le Congrès Eucharistique. Dans l'Évangile de Jean, au chapitre 6, il y a une belle page eucharistique qui a pour centre un jeune homme. Elle parle d'un jeune homme qui, dans la foule, écoutait Jésus. Il savait probablement que la rencontre allait durer longtemps et il avait été prévoyant : il avait apporté son déjeuner avec lui - vous avez apporté un sandwich ? Mais Jésus a de la compassion pour la foule – ils étaient plus de 5 000 - et veut la nourrir ; alors, à sa manière, il pose des questions aux disciples pour débloquer leurs énergies. Il demande à l'un d'eux comment faire et il reçoit une réponse de "comptable" : « Le salaire de deux cents journées ne suffirait pas pour que chacun reçoive un peu de pain » (Jn 6, 7). Comme pour dire : c'est mathématiquement impossible. Un autre, entre-temps, voit ce garçon et fait une observation, mais encore pessimiste : « Il y a là un jeune garçon qui a cinq pains d’orge et deux poissons, mais qu’est-ce que cela pour tant de monde ! » (v. 9). Au contraire, ces cinq pains et deux poissons ont suffi à Jésus pour accomplir le fameux miracle de la multiplication des pains. Chacun de nous, les petites choses que nous avons, même nos péchés, suffisent à Jésus. Et que devons-nous faire ? Les laisser entre les mains de Jésus : voilà, c’est tout.
Cependant, l'Évangile ne raconte pas un détail, qu’il laisse à notre imagination : comment les disciples ont-ils convaincu ce jeune homme de donner tout ce qu'il avait ? Peut-être lui auront-ils demandé d'apporter son repas et il aura regardé autour de lui, voyant des milliers de personnes. Et peut-être, comme eux, aura-t-il répondu en disant : "Ce n'est pas assez, pourquoi me demander, pourquoi ne vous en chargez-vous pas, vous qui êtes les disciples de Jésus? Qui suis-je ?" Alors, peut-être, lui auront-ils dit que c'était Jésus lui-même qui demandait. Et il fait une chose extraordinaire : il fait confiance. Ce garçon, qui avait pris son déjeuner pour lui, fait confiance, il donne tout, il ne garde rien pour lui. Il était venu pour recevoir de Jésus et il se retrouve à donner à Jésus. Mais c'est ainsi que le miracle se produit. Il vient du partage : la multiplication opérée par Jésus commence par le partage de ce jeune homme avec Lui et pour les autres. Le peu de ce jeune homme entre les mains de Jésus devient beaucoup. Voilà où mène la foi : à la liberté de donner, à l'enthousiasme du don, au dépassement des peurs, à l’implication ! Mes amis, chacun de vous est précieux pour Jésus, et pour moi aussi ! Rappelles-toi que personne ne peut prendre ta place dans l'histoire du monde, dans l’histoire de l'Église, personne ne peut te remplacer, personne ne peut faire ce que tu es le seul à pouvoir faire. Aidons-nous donc mutuellement à croire que nous sommes aimés et précieux, que nous sommes faits pour de grandes choses. Prions pour cela et encourageons-nous les uns les autres ! Et n'oubliez pas de me faire du bien par vos prières. Köszönöm! [merci!].
[00687-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [Praised be Jesus Christ!]
Dear brothers and sisters, I would like to say köszönöm! [thank you!] for your dance, your song and your courageous testimonies. I thank each of you for being here today: I am happy to be with you! Thank you.
Bishop Ferenc has told us that youth is a time for important questions and responses. That is true, and it is important that you have someone to encourage you and to listen to your questions, not to give you simplistic, pre-packaged answers, which are useless and cannot make us happy, but to help you fearlessly face the adventure of life as you search for the right answers. That is exactly what Jesus did. Bertalan, you said that Jesus is not a storybook character or the superhero of a comic book, and that is true. He is God in the flesh, the living God who draws near to us. Jesus is a friend, the best of friends. He is a brother, the best of brothers, and he is very good at asking questions. We read in the Gospels, that he, the Teacher, always asks questions before he responds. I think of the time he found himself faced with the woman caught in adultery, at whom all were pointing their fingers. Jesus speaks, and her accusers depart. He is left alone with her and he gently asks her: “Woman, where are they? Has no one condemned you?” (Jn 8:10). She answers, “No one, Lord” (v. 11). Even as she speaks, she realizes that God wishes not to condemn her, but to forgive her. Keep this in mind: God does not want to condemn, but to forgive. God always forgives. Don’t forget it! God always forgives; he is always there to lift us up whenever we fall! With him at our side, we should never be afraid to move ahead with our lives. We can also think of Mary Magdalene – a woman who had quite a past! – who on Easter morning was the first to see the risen Jesus. As she stood weeping by the empty tomb, Jesus came and asked her: “Woman, why are you weeping? Whom are you looking for?” (Jn 20:15). Hearing this question, Mary Magdalene opened her heart, unburdened her grief and revealed the deepest desires of her heart: “Where is the Lord?”.
We can look too at Jesus’ first encounter with those who were to become his disciples. Two of them, sent to him by John the Baptist, begin to follow Jesus. The Lord turns to them and asks a single question: “What are you looking for?” (Jn 1:38). I too ask each of you a question; answer it quietly in your hearts. My question is: “What is it that you seek? What are you looking for in life? What do you seek in your heart?” Silently, let each of us answer within ourselves. What do I seek? Jesus does not preach at them, but walks with them, and with each of us. Jesus walks closely by our side. He does not want his disciples to be like schoolchildren who merely repeat lessons learned, but young people who are free and press ahead, fellow travellers of a God who listens to their needs and is attentive to their dreams. Then, some time later, two of his young disciples blunder – his disciples often blunder! – and they ask Jesus the wrong thing, namely, to sit at his right and his left when he becomes king, because they wanted to climb higher. It is worth noting that Jesus does not rebuke them for their audacity. He does not say: “How dare you? Stop dreaming of such things!” No, Jesus does not shatter their ambitions, but corrects them about the right way to achieve them. He accepts their desire for greatness, which is good, but he insists on one thing that we too must always remember: it is not by stepping upon others that we become great, but by stooping to help them. We do not achieve greatness at the expense of others, but rather by serving them (cf. Mk 10:35-45). As you see, dear friends, Jesus wants us to accomplish great things. He doesn’t want us to be lazy “couch potatoes”; he doesn’t want us to be quiet and timid; instead, he wants us to be alive, active, ready to take charge and make history. He never disparages our expectations but, on the contrary, raises the bar of our desires. Jesus would agree with a proverb of yours, which I hope I pronounce well: Aki mer az nyer [Those who dare, win the prize].
You may well ask: how do we win in life? Just as in sports, there are two basic steps. First, aim high, then train. Aim high. Do you have a talent? Of course you do, everyone has! Don’t put it aside, thinking that the bare minimum is enough to bring happiness: a degree, a job to earn money, to have fun… No! Put your talents to good use. Do you have a good quality? Invest in it, don’t be afraid! Do you feel in your heart that you have the possibility of helping others? Do you sense how good it is to love the Lord, to have a large family, to help those in need? Then carry on, don’t think that these are unattainable desires. Rather, invest in the great goals of life! This, then, is the first step, to aim high. The second is to train. How do you train? Through dialogue with Jesus, who is the best of coaches. He listens to you, encourages you, believes in you. Did you know that? Jesus believes in you and is able to bring out the best in you. He constantly invites you to be a team player, never alone but with others: this is very important. If you want to mature and grow in life, always be a team player, in the community, sharing your experiences with others. I think, for example, of the experience of the World Youth Days, so I will take this opportunity to invite you to the next one, to be held in Portugal, in Lisbon, at the beginning of August. Nowadays there is a great temptation to be satisfied with a cell phone and a few friends. What a pity! Even if many people are willing to settle for that, or even if you are too, it is not good or healthy. You cannot shut yourselves away in small groups of friends, talking only on your cell phone. To do so – allow me to say it – is somewhat stupid.
There is one important element of training that you, Krisztina, reminded us of, when you said that nowadays, amid all our racing around, with so much hustle and bustle, there is something essential that young people, and adults as well, are lacking. You said, “We don’t make time for silence in the midst of this racket, because we are afraid of loneliness; as a result, every day we end up feeling tired.” Thank you for telling us this, Krisztina. What I would say to you is this: don’t be afraid to swim against the current, to make room for a moment of silence each day, a moment to stop and pray. Nowadays, we are bombarded with the message that we have to be fast, efficient and practically perfect, like machines – even though, dear friends, we are not machines! Then, we often find that we run out of gas and are at a loss for what to do. We have to learn how to stop and fill our tanks, to recharge our batteries. Here though, I would also say: be careful not to indulge in moodiness or brood over your troubles. Don’t waste time thinking about who did this or that to me, questioning other people’s motives. That is not good or healthy either; in fact it is poisonous, and best avoided.
Silence is the soil in which we cultivate good relationships. It allows us to entrust to Jesus whatever we are feeling, to bring him faces and names, to share our difficulties, to remember our friends and to say a prayer for them. Silence gives us a chance to read a page of the Gospel that can speak to our hearts, to worship God, to regain our inner peace. Silence allows us to pick up a book that we don’t have to read, but one that can help us learn how to read human hearts. Silence enables us to observe nature, so that we are not just in contact with appliances and devices, but discover the natural beauty that is all around us. Silence is not for sitting glued to your cell phone, or on social media. No, please! Life is real, not virtual. It does not take place on a screen, but in the world! Please do not “virtualize” life! I repeat: do not virtualize it, for life is concrete. Understood?
Silence, then, is the door to prayer, and prayer is the door to love. Dóra, I want to thank you because you told us something beautiful, from your own experience: that faith is a love story, where every day you deal with the problems of adolescence, but you know that there is always Someone at your side, Someone who is there for you, and that Someone is Jesus. He does not hesitate to help you overcome every obstacle on your path. Prayer helps you in this, because prayer is dialogue with Jesus, just as Mass is an encounter with him, and Confession is the embrace you receive from him. This reminds me of your great musician Franz Liszt. During the restoration of his piano, a few beads from his rosary were found; the rosary had broken and those beads had fallen into the instrument. This makes us realize that before a composition or performance, perhaps even after a moment of enjoyment at the piano, it was usual for him to pray. He spoke to the Lord and Our Lady about what he loved and he brought his art and talents to prayer. Praying is not boring! We are the ones who make it boring. Prayer is an encounter with the Lord, an encounter that is beautiful. So, when you pray, don’t be afraid to bring to Jesus everything that is going on in your life: your emotions and fears, your problems and expectations, your memories and hopes, everything, including your sins. Jesus understands it all. Prayer is a dialogue of life; prayer is life. Bertalan, today you were not ashamed to tell everyone about the anxiety that sometimes grips you and about your struggles with faith. What a beautiful thing it is to have this courage of honesty. Instead of having to act as if you are never afraid, you can freely share your vulnerability with the Lord and with others, without hiding or disguising anything, without wearing a mask. Thank you for your testimony, Bertalan. Thank you! On every page, the Gospel tells us that the Lord does not do great things with exceptional people, but with ordinary and weak people like ourselves. Those who count on their own abilities, and are anxious always to look good before others, keep God away from their hearts because they are only concerned about themselves. Jesus, by his questions and by his love, together with his Spirit, acts deep within us to make us real, authentic people. And today we have great need of such real and authentic people. Let me tell you something: do you know what the danger is today? Of being a fake person. Please, never be fake people, always be your real and truthful selves! “But, Father, I am ashamed because my real self is not good; you know, Father, I have certain things inside...” Look ahead, to the Lord, have courage! The Lord wants us the way we are, the way we are now, and he loves us the way we are. Take courage and move forwards! Do not be afraid of your poverty.
In this regard, I think we were all struck by what you said, Tódor, starting with your name, which honours Blessed Theodore, a great confessor of the faith who inspires us to not live by half measures. You wanted to issue a “wake-up call”, reminding us that our zeal for the mission can be blunted by living in security and comfort, while not far from here war and suffering are daily realities. This is the real challenge: to take control of our lives in order to help our world to live in peace. Each one of us should ask the uncomfortable question: What am I doing for others, for society, what am I doing for the Church, or for my enemies? Do I think only about myself? Or do I put myself on the line for others, without calculating my own interests? Please, let us reflect on our ability to be generous, our ability to love, to love as Jesus taught us, which is by loving and serving others.
Dear friends, there is one last thing I would like to share with you. It is a page of the Gospel, which sums up everything that we have said. A year and a half ago, I was here for the Eucharistic Congress. In the sixth chapter of John’s Gospel there is a beautiful eucharistic passage with a young person at the centre. He was part of the crowd listening to Jesus, and he had planned ahead: he brought his lunch with him. Jesus feels compassion for the crowd, more than five thousand people, and wants to feed them; so, again in his typical way, he asks the disciples questions to get them to act. He asks one of them how they could feed the crowd, and gets a “bookkeeper” response: “Six months’ wages would not buy enough bread for each of them to get a little” (Jn 6:7). As if to say: mathematically, it is impossible. Another disciple, meanwhile, sees the young person and makes an equally pessimistic comment: “There is a boy here who has five barley loaves and two fish. But what are they among so many people?” (v. 9). For Jesus, though, those five loaves and two fish were enough, enough to perform the famous miracle of the multiplication of the loaves. Likewise with us: the little things we have, even our sins, are enough for Jesus. And what should we do? Place them in the hands of Jesus: that is enough.
However, there is one detail the Gospel does not tell us, but leaves it to our imagination. How did the disciples persuade that young man to give everything he had? They may have asked him to make his lunch available, and he may have looked around, seeing thousands of people, and perhaps responded as they did, by saying, “It’s not enough; why are you asking me and not handling this yourselves, as Jesus’ disciples? Who am I?” Perhaps too, they told him that Jesus himself was the one who was asking. In any event, the young man does something extraordinary: he trusts. That young man, who brought his own lunch, trusts; he gives everything away, holding nothing back. He had come there to receive from Jesus, and now he finds himself giving to Jesus. Yet that is how the miracle happened. It started with sharing: Jesus’ multiplication of the loaves and fish started with a young person who shared with him, for the sake of others. In Jesus’ hands, the little he possessed became much. Faith is that way: it starts with giving freely, with enthusiasm and generosity, overcoming our fears and stepping forward! Dear friends, each of you is precious to Jesus, and also to me! Remember that no one can take your place in the history of the world and the Church: no one can take your place, no one can do what only you can do. Let us help each other, then, to believe that we are loved and precious, that we are made for great things. Let us pray for this and encourage one another in this! I ask you too, to help me by your prayers. Köszönöm! [Thank you!]
[00687-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [Gelobt sei Jesus Christus!]
Liebe Brüder und Schwestern, ich möchte euch köszönöm sagen! [Danke!] Danke für das Tanzen, danke für das Singen, für eure mutigen Zeugnisse, und danke an jeden einzelnen von euch, dass ihr hier seid: Ich bin glücklich, bei euch zu sein! Danke.
Bischof Ferenc sagte uns, dass die Jugend eine Zeit der großen Fragen und der großen Antworten ist. Das stimmt, und es ist wichtig, dass es jemanden gibt, der eure Fragen provoziert und sie anhört und der keine einfachen Antworten, vorgefertigten Antworten gibt, sondern euch hilft, das Abenteuer des Lebens auf der Suche nach großen Antworten furchtlos in Angriff zu nehmen. Die vorgefertigten Antworten nützen nichts, sie machen nicht glücklich. So hat es auch Jesus getan. Bertalan, du hast gesagt, dass Jesus keine Gestalt aus einem Märchenbuch oder ein Superheld aus einem Comic ist, und das stimmt auch: Christus ist Gott in Fleisch und Blut, er ist der lebendige Gott, der uns nahe kommt; er ist der Freund, der beste aller Freunde, er ist der Bruder, der beste aller Brüder, und er ist sehr gut im Fragenstellen. Im Evangelium stellt er, der Meister, Fragen, bevor er Antworten gibt. Ich denke an die Begegnung mit der Ehebrecherin, auf die alle mit dem Finger zeigten. Jesus greift ein, die Ankläger gehen weg und er bleibt mit ihr allein. Dann fragt er sie behutsam: »Frau, wo sind sie geblieben? Hat dich keiner verurteilt?« (Joh 8,10). Sie antwortet: »Keiner, Herr!« (V. 11). Während sie das sagt, versteht sie, dass Gott nicht verurteilen, sondern vergeben will. Setzt euch das in den Kopf: Gott will nicht verurteilen, sondern vergeben. Gott vergibt immer. Wie sagt man auf Ungarisch „Gott vergibt immer“? [Der Übersetzer sagt es auf Ungarisch und der Papst lässt es die Jugendlichen wiederholen.] Vergesst nicht! Er ist bereit, uns jedes Mal aufzurichten, wenn wir fallen! Mit ihm können wir also immer angstfrei durchs Leben gehen und vorankommen. Denken wir auch an Maria Magdalena, die am Ostermorgen als Erste den auferstandenen Jesus sah – und sie hatte eine Geschichte, diese Frau! Aber sie war die Erste, die ihn sah. Sie weinte am leeren Grab und Jesus fragte sie: »Frau, warum weinst du? Wen suchst du?« (Joh 20,15). Und so öffnet Maria von Magdala, zutiefst berührt, ihr Herz, erzählt ihm von ihren Ängsten und offenbart ihm ihre Sehnsüchte und ihre Liebe: „Wo ist der Herr?“
Und schauen wir auf die erste Begegnung Jesu mit denen, die seine Jünger werden sollten. Zwei von ihnen, die von Johannes dem Täufer auf ihn hingewiesen wurden, folgen ihm. Der Herr dreht sich um und stellt eine einzige Frage: »Was sucht ihr?« (Joh 1,38). Auch ich stelle eine Frage, und jeder möge sie in seinem Herzen in Stille beantworten. Meine Frage lautet: „Was sucht ihr? Was sucht ihr im Leben? Was suchst du in deinem Herzen?“ In Stille antwortet jeder selbst in seinem Inneren. Was suche ich? Jesus hält keine langen Predigten, nein, er bahnt den Weg, er geht den Weg mit jedem von uns; Jesus ist mit jedem von uns unterwegs und ist uns nahe. Er will nicht, dass seine Jünger Schulkinder sind, die eine Lektion wiederholen, sondern dass sie junge Menschen sind, die frei und unterwegs sind, Weggefährten eines Gottes, der zuhört, der auf ihre Bedürfnisse hört und auf ihre Träume achtet. Dann, nach einer Weile, passiert zwei Jüngern ein böser Ausrutscher – die Jünger Jesu hatten viele Ausrutscher! Und sie verlangen von Jesus das Falsche, nämlich dass sie zu seiner Rechten und Linken sein dürfen, wenn er König wird – sie wollten aufsteigen, dies beiden! Aber es ist interessant zu sehen, dass Jesus sie nicht wegen ihrer Vermessenheit tadelt, er sagt nicht zu ihnen: „Was erlaubt ihr euch da, hört auf, von solchen Dingen zu träumen!“ Nein, Jesus zerstört ihre Träume nicht, sondern korrigiert sie in Bezug auf ihre Verwirklichung; er akzeptiert ihren Wunsch, nach Höherem zu streben, – das ist gut – besteht aber auf einer Sache, an die man stets denken sollte: Man wird nicht groß, indem man sich über die anderen erhebt, sondern indem man sich zu den anderen herabbegibt; nicht auf Kosten der anderen, sondern indem man den anderen dient (vgl. Mk 10,35-45). [Der Heilige Vater bittet den Übersetzer, den letzten Satz auf Ungarisch zu wiederholen.] Habt ihr das verstanden?
Ihr seht, Freunde, Jesus freut sich darüber, wenn wir Großes erreichen. Er will nicht, dass wir faul und träge sind, er will nicht, dass wir still und verschüchtert sind, er will, dass wir lebendig und aktiv, dass wir Protagonisten sind, Protagonisten der Geschichte Und niemals setzt er unsere Erwartungen herab, sondern er legt im Gegenteil die Messlatte für unsere Wünsche höher. Jesus würde einem eurer Sprichwörter zustimmen, das ich hoffentlich richtig ausspreche: Aki mer az nyer [Wer wagt, gewinnt].
Ihr könnt mich fragen: Wie gelingt es, Gewinner im Leben zu sein? Wie im Sport gibt es da zwei grundlegende Schritte. Erstens: die Ziele hochstecken. Und zweitens: trainieren. Die Ziele hochstecken. Sag mir, hast du ein Talent? Bestimmt hast du eines, wir alle haben eines! Vernachlässige es nicht in der Meinung, dass du nur das Nötigste brauchst, um glücklich zu sein: einen Abschluss, einen Job, um Geld zu verdienen, ein bisschen Spaß... Nein, setze alles ein, was du hast. Hast du eine gute Eigenschaft? Investiere in sie, ohne Angst, geh voran. Spürst du in deinem Herzen, dass du eine Fähigkeit besitzt, die vielen Gutes bringen kann? Spürst du, dass es schön ist, den Herrn zu lieben, eine große Familie zu gründen, Menschen in Not zu helfen? Geh voran, denke nicht, dass dies unerreichbare Wünsche sind, sondern investiere in die großen Ziele des Lebens! Das ist das Erste, die Ziele hochstecken. Und das Zweite: trainieren. Und wie? Im Dialog mit Jesus, der der beste Trainer überhaupt ist. Er hört dir zu, er motiviert dich, er glaubt an dich, weißt du? Jesus glaubt an dich! Er weiß, wie er das Beste aus dir herausholen kann. Und er lädt dich immer dazu ein, ein Teamplayer zu sein: nie allein, sondern mit den anderen: Das ist sehr wichtig. Wenn du im Leben reifen und wachsen willst, geh als Teamplayer voran in der Gemeinschaft, indem du gemeinsame Erfahrungen machst. Ich denke zum Beispiel an die Weltjugendtage und lade euch bei dieser Gelegenheit zum nächsten ein, der Anfang August in Portugal, in Lissabon, stattfinden wird. Heute ist dagegen die Versuchung groß, sich mit einem Handy und ein paar Freunden zu begnügen – bitte, das ist zu wenig. Aber auch wenn das viele tun, auch wenn es vielleicht das ist, worauf du Lust hast, so tut es doch nicht gut. Du kannst dich nicht in einer kleinen Gruppe von Freunden abkapseln und nur mit deinem Handy sprechen: Das ist – erlaubt mir das Wort – ein bisschen dumm.
Beim Training gibt es noch ein wichtiges Element, und du, Krisztina, hast uns daran erinnert, als du sagtest, dass es inmitten von so viel Trubel, Hektik und Eile eine wesentliche Sache gibt, die den jungen Menschen, aber auch den Erwachsenen, heute fehlt. Du hast gesagt: „Wir gönnen uns im Lärm keine Zeit für Stille, weil wir Angst vor der Einsamkeit haben und am Ende sind wir jeden Tag erschöpft“. Das hast du uns gesagt, Krisztina: Danke. Ich möchte euch sagen: Habt diesbezüglich keine Angst, gegen den Strom zu schwimmen und jeden Tag eine Zeit der Stille zu finden, um innezuhalten und zu beten. Heute heißt es immer, man müsse schnell, effizient und praktisch perfekt sein, wie eine Maschine! Aber, meine Lieben, wir sind keine Maschinen. Und dann merken wir, dass uns oft der Sprit ausgeht und wir nicht wissen, was wir tun sollen. Es tut wirklich gut, einmal innehalten zu können, um aufzutanken, um die Batterien wieder aufzuladen. Aber Achtung: nicht um in Melancholie zu versinken oder Trübsal zu blasen, nicht um darüber nachzudenken, wer euch dies oder jenes angetan hat, und Theorien über das Verhalten anderer aufzustellen; nein, das tut nicht gut! Das ist ein Gift, das soll man nicht tun.
Die Stille ist der Boden, auf dem wir wohltuende Beziehungen pflegen können, denn sie erlaubt es uns, Jesus anzuvertrauen, was wir erleben, Gesichter und Namen vor ihn zu bringen, unsere Sorgen auf ihn zu werfen, unsere Freunde in Gedanken durchzugehen und ein Gebet für sie zu sprechen. Die Stille gibt uns die Möglichkeit, eine Seite des Evangeliums zu lesen, die zu unserem Leben spricht, Gott anzubeten und so Frieden im Herzen zu finden. Die Stille ermöglicht es dir, ein Buch in die Hand zu nehmen, das keine Pflichtlektüre ist, das dir aber hilft, das menschliche Herz zu ergründen, die Natur zu beobachten, damit du nicht nur mit Dingen in Berührung kommst, die von Menschen gemacht sind, und die Schönheit zu entdecken, die uns umgibt. Aber die Stille ist nicht dazu da, um an Handys und sozialen Medien zu kleben; nein, bitte: das Leben ist real, nicht virtuell, es spielt sich nicht auf einem Bildschirm, das Leben spielt sich in der Welt ab. Bitte, virtualisiert das Leben nicht! Ich wiederhole es: Nicht das Leben, das konkret ist, virtualisieren! Verstanden?
Die Stille ist also das Tor zum Gebet und das Gebet ist das Tor zur Liebe. Dóra, ich möchte dir danken, weil du vom Glauben als einer Liebesgeschichte gesprochen hast – und das ist schön, es ist deine Erfahrung – in der du jeden Tag mit den Schwierigkeiten des Erwachsenwerdens konfrontiert bist, aber du weißt, dass jemand bei dir ist, jemand für dich da ist, und dass dieser Jemand, Jesus, keine Angst hat, mit dir jedes Hindernis zu überwinden, dem du begegnest. Das Gebet hilft dir dabei, denn es ist ein Dialog mit Jesus, so wie die Messe eine Begegnung mit ihm ist und die Beichte ist die Umarmung, die du von ihm erhältst. Da fällt mir euer großer Musiker Ferenc Liszt ein. Bei der Reinigung seines Klaviers wurden Perlen eines Rosenkranzes gefunden, die, als er kaputtging, wohl in das Instrument gefallen waren. Aufgrund dieses Hinweises dürfen wir uns vorstellen, wie er vor einer Komposition oder einer Aufführung, vielleicht auch nach einem vergnüglichen Moment am Klavier, zu beten pflegte: Er sprach mit dem Herrn, er sprach mit der Gottesmutter über das, was er liebte, und legte seine Kunst und seine Talente in sein Gebet hinein. Beten ist nicht langweilig! Wir sind es, die es langweilig machen. Beten ist eine Begegnung, eine Begegnung mit dem Herrn: das ist schön. Und wenn ihr betet, scheut euch nicht, Jesus alles mitzuteilen, was in eurer inneren Welt vor sich geht: eure Gefühle, Ängste, Probleme, Erwartungen, Erinnerungen und Hoffnungen, alles, auch die Sünden. Er versteht alles. Das Gebet ist der Dialog des Lebens, das Gebet ist Leben. Bertalan, du hast dich heute nicht geschämt, allen von den Ängsten zu erzählen, die dich manchmal lähmen, und von deinen Schwierigkeiten, zum Glauben zu finden. Wie schön, wenn man den Mut zur Wahrheit hat, der nicht darin besteht, zu zeigen, dass man nie Angst hat, sondern sich zu öffnen und die eigenen Schwächen mit dem Herrn und den anderen zu teilen, ohne sich zu verstecken, ohne sich zu verkleiden, ohne Masken zu tragen. Danke für dein Zeugnis, Bertalan, danke! Der Herr, so erzählt es das Evangelium durchgängig, tut keine großen Dinge mit außergewöhnlichen Menschen, sondern mit echten Menschen, die wie wir ihre Grenzen haben. Diejenigen hingegen, die sich auf ihre eigenen Fähigkeiten verlassen und nach dem äußeren Schein leben, um gut dazustehen, halten Gott von ihrem Herzen fern, denn sie kümmern sich nur um sich selbst. Jesus schürft mit seinen Fragen, mit seiner Liebe und seinem Geist tief in uns, um uns zu echten Menschen zu machen. Und echte Menschen werden heute dringend gebraucht! Ich sage euch etwas: Weißt du, worin die Gefahr heute besteht? Die Gefahr, ein unaufrichtiger Mensch zu sein. Bitte, niemals ein unaufrichtiger Mensch, immer ein echter Mensch, mit der eigenen Wahrheit! „Ach, Pater, ich schäme mich, weil meine Wirklichkeit nicht gut ist, wissen Sie, Pater, ich trage meine eigenen Dinge in mir ...“. Schau nach vorne, zum Herrn, habe Mut! Der Herr nimmt uns so, wie wir sind, so wie wir jetzt sind, und er liebt uns so. Habt Mut und geht vorwärts! Erschreckt nicht vor eurem Elend.
Und in dieser Hinsicht hat uns beeindruckt, was du gesagt hast, Tódor, angefangen bei deinem Namen, den du zu Ehren des seligen Theodor trägst, eines großen Bekenners, der uns dazu aufruft, nicht halbherzig zu leben. Du wolltest den „Wecker klingeln lassen“, als du sagtest, dass der Eifer für die Mission dadurch betäubt wird, dass wir in Sicherheit und Komfort leben, während nicht viele Kilometer von hier Krieg und Leid an der Tagesordnung sind. Deshalb die Aufforderung: Nehmen wir unser Leben in die Hand, um der Welt zu helfen, in Frieden zu leben. Lassen wir uns davon beunruhigen und fragen wir uns: Was tue ich für andere, was tue ich für die Gesellschaft, was tue ich für die Kirche, was tue ich für meine Feinde? Lebe ich mit Blick auf mein eigenes Wohlergehen oder setze ich mich für jemanden ein, ohne dabei eigene Interessen zu verfolgen? Bitte, fragen wir uns also, wie es um unsere Freigebigkeit bestellt ist, um unsere Fähigkeit zu lieben, nach der Gesinnung Jesu zu lieben, d.h. zu lieben und zu dienen.
Liebe Freunde, zum Schluss möchte ich noch eine Stelle des Evangeliums mit euch teilen, die das zusammenfasst, was wir gesagt haben. Vor anderthalb Jahren war ich hier auf dem Eucharistischen Kongress. Im Johannesevangelium, im 6. Kapitel, gibt es eine wunderschöne eucharistische Stelle, in der es um einen jungen Menschen geht. Sie erzählt von einem Jungen, der in der Menge war und Jesus zuhörte. Er wusste wahrscheinlich, dass die Versammlung lange dauern würde und so hatte er vorausschauend ein Mittagessen mitgebracht – habt ihr ein Brötchen mitgebracht? Aber Jesus hat Mitleid mit der Menge – es waren mehr als 5000 – und will sie sättigen. Deshalb stellt er, ganz wie es seine Art ist, den Jüngern Fragen, um ihre Energie freizusetzen. Er fragt einen von ihnen, wie er das machen soll, und bekommt eine „Buchhalter“-Antwort: »Brot für zweihundert Denare reicht nicht aus, wenn jeder von ihnen auch nur ein kleines Stück bekommen soll« (Joh 6,7). So, als wollte er sagen: mathematisch unmöglich. Ein anderer sieht unterdessen den Jungen und macht eine Bemerkung, aber ebenfalls eine pessimistische: »Hier ist ein kleiner Junge, der hat fünf Gerstenbrote und zwei Fische; doch was ist das für so viele?« (V. 9). Doch für Jesus genügen diese fünf Brote und zwei Fische, sie genügen, um das berühmte Wunder der Brotvermehrung zu vollbringen. Ein jeder von uns, die kleinen Dinge, die wir haben, auch unsere Sünden, genügen für Jesus. Und was müssen wir tun? Sie in die Hände Jesu legen. Und das genügt.
Das Evangelium verschweigt jedoch ein Detail und überlässt es unserer Phantasie: Wie haben es die Jünger wohl angestellt den Jungen zu überzeugen, alles herzugeben, was er hatte? Vielleicht haben sie ihn gebeten, sein Mittagessen zur Verfügung zu stellen und er hat sich umgesehen und Tausende von Menschen gesehen. Und vielleicht wird er wie sie gesagt haben: „Das reicht nicht, warum fragt ihr mich und kümmert euch nicht selbst darum, ihr seid doch die Jünger Jesu? Wer bin ich denn?“ Dann werden sie ihm vielleicht gesagt haben, dass es Jesus selbst war, der darum gebeten hatte. Und er tut etwas Außergewöhnliches: Er vertraut. Dieser Junge, der das Mittagessen für sich dabeihatte, vertraut, er gibt alles, er behält nichts für sich. Er war gekommen, um von Jesus etwas zu empfangen, und nun gibt er Jesus etwas. Aber so geschieht das Wunder. Es kommt aus dem Teilen: Die Vermehrung, die Jesus bewirkt, beginnt damit, dass dieser Junge mit ihm und für die anderen teilt. Das Wenige, das dieser Junge hatte, vervielfältigt sich in den Händen Jesu. Und eben dorthin führt der Glaube: zur Freigebigkeit, zur Freude am Geben, zur Überwindung von Ängsten, zum vollen Einsatz! Freunde, jeder von euch ist für Jesus wertvoll, und auch für mich! Denk daran, dass niemand deinen Platz in der Geschichte der Welt, in der Geschichte der Kirche einnehmen kann, niemand kann deinen Platz einnehmen, niemand kann tun, was nur du tun kannst. Helfen wir also einander daran zu glauben, dass wir geliebt und wertvoll sind, dass wir für große Dinge geschaffen sind. Lasst uns dafür beten und uns gegenseitig darin ermutigen! Und denkt auch daran, mir mit euren Gebeten Gutes zu tun. Köszönöm! [danke!]
[00687-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [¡Alabado sea Jesucristo!]
Queridos hermanos y hermanas, quisiera decirles: köszönöm! [¡gracias!] Gracias por la danza, gracias por el canto, por sus valientes testimonios, y gracias a cada uno por estar aquí. Estoy feliz de estar con ustedes. Gracias.
Mons. Ferenc nos dijo que la juventud es un tiempo de grandes preguntas y grandes respuestas. Es cierto, y es importante que haya alguien que provoque y escuche sus preguntas, y que no les dé respuestas fáciles, respuestas preconfeccionadas, sino que les ayude a desafiar sin miedo la aventura de la vida en busca de grandes respuestas. Las respuestas preconfeccionadas no sirven, no dan la felicidad. Esto, de hecho, es lo que hizo Jesús. Bertalan, has dicho que Jesús no es un personaje de cuento ni el superhéroe de un cómic, y es verdad: Cristo es Dios en carne y hueso, es el Dios vivo que se hace cercano a nosotros; es el Amigo, el mejor de los amigos; es el Hermano, el mejor de los hermanos, y es muy bueno haciendo preguntas. En el Evangelio, de hecho, Él, que es el Maestro, hace preguntas antes de dar respuestas. Pienso en el momento en que se encuentra frente a aquella mujer adúltera a la que todos acusaban. Jesús interviene, los que la acusaban se marchan y Él se queda a solas con ella. Entonces le pregunta con dulzura: «Mujer, ¿dónde están tus acusadores? ¿Nadie te ha condenado?» (Jn 8,10). Ella responde: «Nadie, Señor» (v. 11). Y así, al decir esto, ella comprende que Dios no quiere condenar, sino perdonar. Métanse esto en la cabeza: Dios no quiere condenar, sino perdonar. Dios perdona siempre. ¿Cómo se dice en húngaro “Dios perdona siempre”? [El traductor lo dice en húngaro y el Papa lo hace repetir a los jóvenes] ¡No lo olviden! ¡Él está dispuesto a levantarnos en cada caída! Con Él, por tanto, nunca debemos tener miedo de caminar y avanzar en la vida. Pensemos también en María Magdalena, que en la mañana de Pascua fue la primera en ver a Jesús resucitado —y tenía una historia esa mujer, pero fue antes de verlo—. Estaba llorando junto al sepulcro vacío y Jesús le preguntó: «Mujer, ¿por qué lloras? ¿A quién buscas?» (Jn 20,15). Y así, conmovida en lo más íntimo, María Magdalena le abre su corazón, le cuenta su angustia, le revela sus deseos y su amor: “¿Dónde está el Señor?”.
Y veamos el primer encuentro de Jesús con los que iban a ser sus discípulos. Dos de ellos, enviados por Juan el Bautista, lo siguen. El Señor se vuelve y les hace una sola pregunta: «¿Qué quieren?» (Jn 1,38). También yo les hago una pregunta, y cada uno responda en su corazón, en silencio. Mi pregunta es: “¿Qué buscan? ¿Qué buscan en la vida? ¿Qué buscas en tu corazón?”. En silencio, cada uno responde dentro de sí. ¿Qué es lo que yo busco? Jesús no da muchas lecciones, no, camina, camina con cada uno de nosotros; Jesús camina junto a cada uno de nosotros. No quiere que sus discípulos sean alumnos repitiendo una lección, sino que sean jóvenes libres y que caminen; compañeros de camino de un Dios que escucha, que escucha sus necesidades y está atento a sus sueños. Luego, después de mucho tiempo, dos jóvenes discípulos caen tristemente en un error —los discípulos de Jesús cayeron muchas veces— y piden a Jesús algo equivocado, o sea, que puedan estar a su derecha y a su izquierda cuando se convierta en rey —ellos querían trepar—. Pero es interesante ver que Jesús no les reprende por tal atrevimiento, no les dice: “¡Cómo se atreven, dejen de soñar esas cosas!”. No, Jesús no derriba sus sueños, sino que les corrige sobre cómo realizarlos; acepta su deseo de llegar alto —esto es bueno—, pero insiste sobre un punto, para que lo recuerden bien: uno no se hace grande pasando por encima de los demás, sino abajándose hacia los demás; no a costa de los demás, sino sirviendo a los demás (cf. Mc 10,35-45). [Pide al traductor que repita la última frase en húngaro] ¿Han entendido? Como pueden ver, amigos, Jesús se alegra de que alcancemos grandes metas. No nos quiere vagos y perezosos, no nos quiere callados y tímidos; nos quiere vivos, activos, protagonistas, protagonistas de la historia. Y nunca desprecia nuestras expectativas, sino que, al contrario, sube la barra de nuestros deseos. Jesús estaría de acuerdo con un proverbio de ustedes, que espero pronunciar bien: Aki mer az nyer [El que no arriesga, no gana].
Ustedes me pueden preguntar: ¿cómo se hace para salir vencedores en la vida? Hay dos pasos básicos, como en el deporte: primero, apuntar alto; segundo, entrenar. Apuntar alto. Dime, ¿tienes un talento? Seguramente lo tienes, todos lo tenemos. No lo dejes de lado pensando que todo lo que necesitas para ser feliz es lo mínimo: un título, un trabajo para ganar dinero, un poco de diversión. No, pon en juego lo que tienes. ¿Tienes una cualidad particular? Invierte en ella, ¡sin miedo! ¡Sigue adelante! ¿Sientes en tu corazón que tienes una capacidad que puede hacer mucho bien? ¿Sientes que es hermoso amar al Señor, crear una familia numerosa, ayudar a los necesitados? Sigue adelante, no pienses que sean deseos inalcanzables, ¡invierte en las grandes metas de la vida! Este es el primero, apuntar alto. Y el segundo: entrenarse. ¿Cómo? En diálogo con Jesús, que es el mejor entrenador posible. Él te escucha, Él te motiva, Él cree en ti. ¿Sabes? Jesús cree en ti, sabe sacar lo mejor de ti. Y siempre te invita a hacer equipo: nunca solo, sino con los demás; esto es muy importante. Si tú quieres madurar y crecer en la vida, sigue adelante haciendo equipo, en la comunidad, viviendo experiencias comunes. Pienso, por ejemplo, en las Jornadas Mundiales de la Juventud, y aprovecho para invitarlos a la próxima, que será en Portugal, en Lisboa, a principios de agosto. Hoy en día existe la gran tentación de conformarse con un celular y algunos amigos —por favor, esto es poca cosa—. Pero, aunque eso es lo que hacen muchos, aunque eso es lo que te gustaría hacer, no hace bien. Tú no puedes encerrarte en un grupito de amigos y dialogar sólo con el celular. Esto es algo —permítanme la expresión— un poco estúpido.
También hay un elemento importante en este entrenamiento, y tú, Krisztina, nos lo has recordado al decir que, en medio de mil prisas, de tanto frenesí y velocidad, hay algo esencial que les falta hoy a los jóvenes, y también a los adultos. Dijiste: “No nos damos tiempo para estar en silencio en medio del ruido, porque tenemos miedo a la soledad y entonces todos los días acabamos cansados”. Lo has dicho tú, Krisztina: gracias. Quisiera decirles: en esto, no tengan miedo de ir contracorriente, de encontrar cada día un tiempo de silencio para hacer un alto y rezar. Hoy todo les dice que tienen que ser rápidos, eficientes, prácticamente perfectos, ¡como si fueran máquinas! Pero, queridos amigos, nosotros no somos máquinas. Y luego nos damos cuenta de que a menudo nos quedamos sin gasolina y no sabemos qué hacer. Es muy bueno poder detenerse para volver a llenar el tanque, para recargar baterías. Pero cuidado: no para sumergirse en las propias melancolías ni para estar rumiando nuestras tristezas; ni tampoco para pensar en la persona que me hizo esto o aquello, haciendo teorías sobre cómo se comportan los demás; no, esto no hace bien. Esto es un veneno, esto no se hace.
El silencio es el terreno en el cual se pueden cultivar relaciones provechosas, porque nos permite confiarle a Jesús lo que vivimos, llevarle rostros y nombres, depositar en Él nuestras angustias, pensar en nuestros amigos y hacer una oración por ellos. El silencio nos da la posibilidad de leer una página del Evangelio que le hable a nuestra vida; de adorar a Dios, encontrando así la paz en nuestro corazón. El silencio te permite escoger un libro que no estás obligado a leer, pero que te ayuda a leer el corazón humano; a observar la naturaleza para no estar sólo en contacto con las cosas hechas por el hombre y descubrir así la belleza que nos rodea. Pero el silencio no es para quedarse pegado al celular y a las redes sociales. No, por favor. La vida es real, no virtual; no sucede en una pantalla, ¡ la vida sucede en el mundo! Por favor, no virtualizar la vida. Lo repito: no virtualizar la vida, que es concreta. ¿Entendido?
El silencio, pues, es la puerta de la oración, y la oración es la puerta del amor. Dora, quisiera darte las gracias porque has hablado de la fe como de una historia de amor —es hermoso esto, es tu experiencia—, en la que cada día te enfrentas a las dificultades de la adolescencia, pero sabes que hay Alguien contigo, Alguien para ti, y que ese Alguien, Jesús, no tiene miedo de superar contigo cada obstáculo que encuentres. La oración ayuda a realizar esto, porque es un diálogo con Jesús, como la Misa es un encuentro con Él, y la Confesión es el abrazo que recibes de Él. Me viene a la mente vuestro gran músico Ferenc Liszt. Durante la limpieza de su piano, se encontraron unas cuentas de rosario que tal vez, al romperse, habían caído en el instrumento. Es una pista que nos hace pensar cómo, antes de una composición o de una interpretación, quizá incluso después de un momento de diversión con el piano, era habitual para él rezar: hablaba al Señor, hablaba a la Virgen de lo que amaba y ponía su arte y sus talentos en oración. Rezar no es aburrido. Somos nosotros los que lo hacemos aburrido. Rezar es un encuentro, un encuentro con el Señor. Esto es hermoso. Y cuando recen, no tengan miedo de llevar a Jesús todo lo que pasa en vuestro mundo interior: los afectos, los miedos, los problemas, las expectativas, los recuerdos, las esperanzas, todo, también los pecados. Él entiende todo. La oración es diálogo de vida, la oración es vida. Bertalan, hoy no has tenido vergüenza de contarnos a todos sobre la angustia que a veces te paraliza y las luchas para acercarte a la fe. Qué hermoso cuando se tiene la valentía de ser auténticos, que no significa mostrar que nunca se tiene miedo, sino abrirse y compartir las fragilidades con el Señor y con los demás, sin esconderse, sin disimular, sin usar máscaras. Gracias por tu testimonio, Bertalan, gracias. El Señor, como nos dice el Evangelio en cada página, no hace grandes cosas con personas extraordinarias, sino con personas auténticas, limitadas como nosotros. En cambio, quienes confían en sus propias capacidades y viven de las apariencias para quedar bien, alejan a Dios de su corazón porque solamente se ocupan de sí mismos. Jesús con sus preguntas, con su amor, con su Espíritu, escarba en nosotros para hacernos personas auténticas. Y hoy existe una gran necesidad de personas auténticas. Les digo esto: ¿saben cuál es el peligro hoy? Ser personas falsas. Por favor, nunca una persona falsa, siempre una persona auténtica, con su propia verdad. “Mire, Padre, yo me avergüenzo porque mi realidad no es buena, sabe, Padre, yo tengo mis cosas dentro”. Mira hacia adelante, al Señor, ten ánimo. El Señor nos quiere como somos, como somos ahora, nos quiere tal como somos. Ánimo y adelante. No tengan miedo a sus propias miserias.
Y a este respecto, nos ha impresionado lo que has dicho, Tódor, empezando por tu nombre, que llevas en honor del beato Teodoro, un gran confesor de la fe que nos llama a no vivir a medias. Has querido “hacer sonar el despertador”, al decir que el celo por la misión está anestesiado por el hecho de que vivimos en la seguridad y la comodidad, mientras que a pocos kilómetros de aquí la guerra y el sufrimiento están a la orden del día. He aquí, pues, la invitación: tomar la vida en nuestras manos para ayudar al mundo a vivir en paz. Dejemos que esto nos interpele. Preguntémonos, cada uno de nosotros: ¿qué hago yo por los demás?, ¿qué hago yo por la sociedad, ¿qué hago yo por la Iglesia?, ¿qué hago yo por mis enemigos?¿Vivo pensando en mi propio bien o me arriesgo por alguien, sin calcular mis propios intereses? Por favor, preguntémonos por nuestra gratuidad, por nuestra capacidad de amar, amar según Jesús, es decir, amar y servir.
Queridos amigos, hay una última cosa que quisiera compartir con ustedes, una página del Evangelio que resume lo que hemos estado diciendo. Hace un año y medio estuve aquí para el Congreso Eucarístico. En el Evangelio de Juan, en el capítulo seis, hay una hermosa página eucarística que tiene como centro a un joven. Habla de un muchacho que estaba entre la multitud escuchando a Jesús. Probablemente sabía que el encuentro iba a durar bastante y había sido previsor: había traído consigo su almuerzo —¿ustedes trajeron un bocadillo?—. Jesús siente compasión por la multitud —eran más de cinco mil— y quiere darle de comer; así que, a su estilo, hace preguntas a los discípulos para abrir paso a sus capacidades. Le pregunta a uno de ellos cómo hacerlo y éste le da una respuesta “contable”: «Doscientos denarios no bastarían para que cada uno pudiera comer un pedazo de pan» (Jn 6,7). Como dando a entender que era matemáticamente imposible. Otro, mientras tanto, ve a aquel muchacho y hace una observación, pero de nuevo pesimista: «Aquí hay un joven que tiene cinco panes de cebada y dos pescados, pero ¿qué es esto para tanta gente?» (v. 9). En cambio, para Jesús esos cinco panes y dos peces son más que suficientes, son más que suficientes para realizar el famoso milagro de la multiplicación de los panes. Cada uno de nosotros, las pequeñas cosas que tenemos, también nuestros pecados, a Jesús le bastan. ¿Y nosotros qué debemos hacer? Dejarlas en las manos de Dios. Esto basta.
Sin embargo, el Evangelio no cuenta un detalle, y lo deja a nuestra imaginación: ¿cómo convencieron los discípulos a aquel muchacho para que diera todo lo que tenía? Tal vez le hayan pedido que compartiera su almuerzo y él habrá mirado a su alrededor, notando que había miles de personas. Y quizás, como ellos, habrá respondido diciendo: “No es suficiente, ¿por qué me lo piden a mí y no se ocupan ustedes, que son los discípulos de Jesús? ¿Quién soy yo?”. Entonces, tal vez, le habrán dicho que era el mismo Jesús quien se lo pedía. Y el joven hace una cosa extraordinaria: se fía. Aquel muchacho, que tenía el almuerzo para él, se fía, lo da todo, no se guarda nada para sí. Había venido para recibir de Jesús y se encuentra dándole a Jesús. Así es como se produce el milagro. Viene del compartir: la multiplicación realizada por Jesús comienza cuando aquel muchacho comparte con Él y para los demás. Lo poco que tenía aquel joven, en manos de Jesús, se convierte en mucho. Es ahí adonde conduce la fe: a la libertad de dar, al entusiasmo de entregarse, a superar los miedos, a arriesgar. Amigos, cada uno de ustedes es valioso para Jesús, ¡y también para mí! Recuerden que nadie puede ocupar su lugar en la historia del mundo, en la historia de la Iglesia; nadie puede ocupar tu lugar, nadie puede hacer lo que sólo tú puedes hacer. Así que ayudémonos mutuamente a creer que somos amados y valiosos, que estamos hechos para cosas grandes. Recemos por ello y animémonos mutuamente. Y no se olviden tampoco de ayudarme con sus oraciones. Köszönöm! [¡Gracias!]
[00687-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Dicsértessék a Jézus Krisztus [louvado seja Jesus Cristo]!
Queridos irmãos e irmãs, quero dizer-vos köszönöm [obrigado]! Obrigado pela dança, obrigado pelos cânticos, os vossos testemunhos corajosos, e obrigado a cada um por estar aqui: estou feliz por estar convosco! Obrigado.
O bispo D. Ferenc Cserháti disse-nos que a juventude é tempo de grandes perguntas e grandes respostas. É verdade! Importante é haver alguém que provoque e ouça as vossas perguntas e não vos dê respostas fáceis, respostas pré-fabricadas, mas vos ajude a enfrentar sem medo a aventura da vida à procura de respostas grandes. As respostas pré-fabricadas não ajudam, não vos fazem felizes. Era assim que fazia Jesus. Bertalan, disseste que Jesus não é personagem dum livro de fábulas nem super-herói duma banda desenhada, mas uma pessoa verdadeira: Cristo é Deus em carne e osso, é o Deus vivo que Se faz próximo a nós; é o Amigo, o melhor dos amigos; é o Irmão, o melhor dos irmãos, e é muito hábil a colocar perguntas. Com efeito, no Evangelho, Ele, que é o Mestre, antes de dar respostas, faz perguntas. Recordemos a atitude d’Ele quando tem diante de Si aquela mulher adúltera contra quem todos apontavam o dedo acusador. Jesus intervém; os que a acusavam, vão-se embora e fica ela sozinha. Então, com delicadeza, «perguntou-lhe: “Mulher, onde estão eles? Ninguém te condenou?” Ela respondeu: “Ninguém, Senhor!”» (Jo 8, 10-11). E assim, ao dizê-lo, compreende que Deus não quer condenar, mas perdoar. Fixai bem isto na cabeça! Deus não quer condenar, mas perdoar. Deus perdoa sempre. Como se diz «Deus perdoa sempre» em húngaro? [o tradutor di-lo em húngaro, e o Papa pede aos jovens para repetirem] Não vos esqueçais! Ele está pronto a reerguer-nos de cada uma das nossas quedas! Por isso, com Ele, nunca devemos ter medo de caminhar e avançar na vida. Pensemos também em Maria Madalena, que, na manhã de Páscoa, foi a primeira a ver Jesus ressuscitado. Tivera um passado pouco recomendável, mas foi a primeira a vê-Lo. Banhada em lágrimas estava junto do túmulo vazio, e Jesus pergunta-lhe: «Mulher, porque choras? Quem procuras?» (Jo 20, 15). E assim, tocada profundamente, Maria de Magdala abre o coração, conta-Lhe as suas angústias, revela os seus anseios e o seu amor. «Onde puseram o Senhor?»
E vejamos o primeiro encontro de Jesus com aqueles que haviam de se tornar seus discípulos. Encaminhados por João Batista, dois deles vão atrás de Jesus. O Senhor volta-Se e faz-lhes uma única pergunta: «Que pretendeis?» (Jo 1, 38). Também eu vos faço uma pergunta, e cada um responde no coração, em silêncio. A minha pergunta é: «Que pretendeis? Que procurais na vida? Que procurais em vosso coração?» Em silêncio, cada um responde dentro de si. Que procuro eu? Jesus não Se perde em sermões, mas caminha, percorre a estrada juntamente com cada um de nós. Não quer que os seus discípulos sejam alunos que repetem uma lição, mas que sejam jovens livres e caminhem, companheiros de estrada dum Deus que escuta, que escuta as suas necessidades e está atento aos seus sonhos. Bastante tempo depois daquele primeiro encontro, sucedeu a dois jovens discípulos uma escorregadela infeliz (escorregadelas, os discípulos tiveram tantas!), fazendo a Jesus um pedido errado: pedem para ficar à sua direita e à sua esquerda, quando Ele se tornar Rei. Queriam trepar! Mas é interessante ver que Jesus não os repreende pelo atrevimento; não lhes diz: «Como ousais pedir isso? Parai de sonhar com essas coisas!» Jesus não derruba os seus sonhos, mas corrige-os quanto ao modo de os realizar; aceita o seu desejo de chegar ao cimo (isso é bom), mas insiste numa coisa, que devem ter bem em mente: uma pessoa não se torna grande passando por cima dos outros, mas abaixando-se para os outros; não à custa dos outros, mas servindo os outros (cf. Mc 10, 35-45) [pede ao tradutor para repetir a última frase, em húngaro]. Vede, amigos! Jesus fica feliz, se alcançarmos metas altas. Não nos quer preguiçosos e inativos, não nos quer calados e tímidos; quer-nos vivos, ativos, protagonistas, protagonistas da história. E nunca desvaloriza as nossas expetativas; mas, ao contrário, eleva o nível dos nossos anseios. Jesus estaria de acordo com um provérbio vosso (espero pronunciá-lo bem!): Aki mer az nyer [quem ousa, vence].
Entretanto poderíeis perguntar-me: como se faz para ser vencedor na vida? Há duas coisas fundamentais, como no desporto: primeira, apostar alto; segunda, treinar-se. Apostar alto. Diz-me: possuis um talento? De certeza que o tens; todos temos! Não o ponhas de lado, pensando que, para ser feliz, basta o mínimo indispensável: um diploma, um emprego para ganhar dinheiro, divertir-se um pouco... Não basta! Põe em campo aquilo que tens. Possuis uma qualidade boa? Investe nela, continua sem medo. Sentes no coração que possuis uma capacidade que pode ser benéfica para tanta gente? Sentes que é belo amar o Senhor, criar uma família numerosa, ajudar os necessitados? Continua! Não penses que são desejos irrealizáveis, mas investe sobre os grandes objetivos da vida! Esta é primeira coisa: apostar alto. E a segunda, treinar-se. Como? Em diálogo com Jesus, que é o melhor treinador possível: Ele ouve-te, motiva-te, acredita em ti… Sabes? Jesus acredita em ti, sabe como tirar o melhor de ti. E sempre nos convida a fazer equipe: nunca sozinhos, mas com os outros: isto é muito importante! Se queres amadurecer e crescer na vida, continua a fazer equipe na comunidade, vivendo experiências comuns. Penso, por exemplo, nas Jornadas Mundiais da Juventude, e aproveito a ocasião para vos convidar para a próxima, que será em Portugal, na cidade de Lisboa, nos primeiros dias de agosto. Hoje, porém, a grande tentação é contentar-se com um telemóvel e qualquer amigo. Não é grande coisa, por favor! Embora seja isto o que muitos fazem e ainda que seja também o que te apetece fazer, todavia isso não te fará feliz. Tu não podes fechar-te num grupinho de amigos e dialogar apenas através do telemóvel: trata-se duma coisa – desculpai a palavra – um pouco estúpida.
Há ainda um elemento importante no treino que se deve cuidar, um elemento que tu, Krisztina, nos lembraste ao dizer que hoje, no meio de corridas sem conta, tanto frenesim e velocidade, há uma coisa essencial que falta aos jovens, e também aos adultos. Eis as tuas palavras: «Não reservamos tempo para o silêncio no meio do barulho, porque temos medo da solidão e, depois, acabamos os nossos dias, esgotados». Disseste-lo tu, Krisztina: obrigado. Deixai que vos diga: nisto, não tenhais medo de ir contracorrente, encontrando diariamente um tempo de silêncio a fim de parar e rezar. Hoje tudo vos diz que é preciso ser rápido, eficiente, praticamente perfeito, como máquinas. Mas, amigos, nós não somos máquinas! E depois damo-nos conta de que muitas vezes ficamos sem gasolina e não sabemos o que fazer. É bom saber parar para abastecer, para recarregar as baterias. Mas – atenção! – não é para mergulhar nas próprias melancolias ou ruminar tristezas, não é para pensar em quem me fez isto ou aquilo, elaborando teorias sobre o modo como se comportam os outros; isso não te faz feliz! Aquilo é um veneno, não se faz!
O silêncio é o terreno onde se pode cultivar relações benéficas, porque nos permite confiar a Jesus aquilo que vivemos, apresentar-Lhe rostos e nomes, entregar-Lhe as preocupações, lembrar os nossos amigos e rezar por eles. O silêncio dá-nos a possibilidade de ler uma página do Evangelho que fala à nossa vida, de adorar a Deus reencontrando assim a paz no coração. O silêncio permite-nos pegar num livro que não somos obrigados a ler, mas que nos ajuda a conhecer o espírito humano, permite-nos observar a natureza para não viver apenas em contacto com coisas feitas pelos homens mas descobrir também a beleza que nos rodeia. Contudo o silêncio não é para ficar preso ao telemóvel e às redes sociais. Isso não, por favor! A vida é real, não virtual; não acontece num visor, a vida acontece no mundo! Por favor, não tornemos a vida virtual. Repito: não tornemos a vida virtual, porque é concreta. Compreendestes?
Assim o silêncio é a porta da oração, e a oração é a porta do amor. Dóra, quero agradecer-te por teres falado da fé como duma história de amor (isto é lindo; é a tua experiência) onde dia a dia enfrentas as dificuldades da adolescência, mas sabendo que está contigo Alguém, Alguém para ti, e que esse Alguém – Jesus – não tem medo de superar contigo todo e qualquer obstáculo que encontres. A oração ajuda a fazê-lo, porque é diálogo com Jesus, tal como a Missa é encontro com Ele, e a Confissão é o abraço que se recebe d’Ele. Vem-me à mente o vosso grande músico Ferenc Liszt. Durante uma limpeza do seu piano, foram encontradas algumas contas do terço que, talvez por ter rebentado, caíram lá dentro. É um indício que nos faz pensar como ele, antes duma composição ou dum concerto, e talvez mesmo depois dum momento de diversão no piano, tivesse o hábito de rezar: falava ao Senhor, falava a Nossa Senhora daquilo que amava e colocava a sua arte e os seus talentos na oração. Rezar não é chato! Somos nós que o tornamos chato. Rezar é um encontro, um encontro com o Senhor: e isto é belo. E quando rezardes, não tenhais medo de levar até Jesus tudo o que se passa no vosso mundo interior: afetos, medos, problemas, expetativas, recordações, esperanças, tudo, mesmo os pecados. Ele compreende tudo. A oração é diálogo de vida, a oração é vida. Bertalan, hoje não tiveste vergonha de nos contar a todos a ansiedade que às vezes te paralisa e as dificuldades que sentes para te aproximares da fé. Como é belo ter a coragem de ser verdadeiro, que não significa mostrar que nunca se tem medo, mas abrir-se e partilhar as próprias fragilidades com o Senhor e com os outros, sem esconder, nem disfarçar, nem usar máscaras. Obrigado pelo teu testemunho, Bertalan. Obrigado! Como vemos narrado nas páginas do Evangelho, o Senhor faz coisas grandes, não com pessoas extraordinárias, mas com pessoas verdadeiras, limitadas como nós. Pelo contrário, quem se apoia nas próprias capacidades e vive de aparências para ser bem visto, mantem Deus longe do coração, porque se ocupa apenas de si mesmo. Jesus, com as suas perguntas, o seu amor, o seu Espírito, escava dentro de nós para nos tornar pessoas verdadeiras. E hoje há tanta necessidade de pessoas verdadeiras! Digo-vos uma coisa: sabeis qual é hoje o perigo? Ser uma pessoa fictícia. Por favor, nunca sejais uma pessoa fictícia, mas sempre pessoas verdadeiras, com sua própria verdade! «Mas, Padre, eu tenho vergonha, porque a minha realidade não é boa. Sabe, Padre?! Trago coisas aqui dentro...» Olha para diante, para o Senhor, tem coragem! O Senhor quer-nos bem assim como somos, como somos agora… Ama-nos assim. Coragem! Avante… Não vos assusteis com as vossas misérias.
A propósito disto, impressionou-me aquilo que disseste tu, Tódor, partindo do nome que recebeste em honra do Beato Teodoro, um grande Confessor da fé que nos chama a não nos contentarmos com meias medidas. Quiseste «fazer soar o despertador», dizendo que o zelo pela missão é anestesiado pelo nosso viver em segurança e conforto, enquanto a poucos quilómetros daqui, na ordem do dia, temos a guerra e o sofrimento. Daí o convite: assumir a vida, para ajudar o mundo a viver em paz. Para isso, deixemo-nos desinquietar. Cada um de nós interrogue-se: Que faço pelos outros, que faço pela sociedade, que faço pela Igreja, que faço pelos meus inimigos? Vivo a pensar só no meu bem ou arrisco pelos outros, sem me cingir aos meus interesses? Por favor, interroguemo-nos sobre a nossa gratuidade, sobre a nossa capacidade de amar, amar segundo Jesus, isto é, capacidade de amar e servir.
Queridos amigos, há uma última coisa que quero partilhar convosco: uma página do Evangelho, que resume tudo o que dissemos. Há ano e meio, estive aqui para o Congresso Eucarístico; ora, no capítulo VI do Evangelho de João, há uma bela página eucarística em cujo centro aparece um jovem. Lá se fala dum rapaz que estava no meio da multidão a escutar Jesus. Provavelmente pensou que o encontro se ia prolongar muito e, previdente que era, trouxe o almoço consigo. (A propósito, trouxestes uma sanduiche?) Ora Jesus, compadecido da multidão – eram mais de cinco mil –, quer alimentá-la; então, com o seu estilo, interroga os discípulos para despoletar as suas energias. Pergunta a um deles como fazer para isso, e chega a resposta dum «contabilista»: «duzentos denários de pão não chegam para cada um comer um bocadinho» (Jo 6, 7). Por outras palavras, matematicamente é impossível! Entretanto, outro vê aquele rapaz e faz uma constatação, embora também ela pessimista: «Há aqui um rapazito que tem cinco pães de cevada e dois peixes. Mas que é isso para tanta gente?» (6, 9). Ao contrário, para Jesus aqueles cinco pais e dois peixes bastam, bastam e sobram para realizar o famoso milagre da multiplicação dos pães. Cada um de nós, as pequenas coisas que temos, inclusive os nossos pecados, bastam para Jesus. E nós, que devemos fazer? Deixá-las nas mãos de Jesus: isto basta!
O Evangelho, porém, não especifica um detalhe, que deixa à nossa imaginação: como conseguiram os discípulos convencer aquele jovem a dar tudo o que tinha? Talvez lhe tenham pedido para disponibilizar o seu almoço; ele olhou em redor vendo milhares de pessoas e terá talvez respondido, como eles, dizendo: «Não basta, porque me pedis a mim e não vos encarregais vós próprios, que sois os discípulos de Jesus? Quem sou eu?» Então ter-lhe-ão dito que foi o próprio Jesus que pediu. E o rapaz faz uma coisa extraordinária: confia. Aquele rapaz que tinha o almoço para si, confia, dá tudo, não guarda nada para si. Veio para receber de Jesus e vê-se na situação de dar a Jesus. Mas é assim que acontece o milagre. Nasce da partilha: a multiplicação realizada por Jesus começa pela partilha daquele jovem com Ele a favor dos outros. O pouco daquele rapaz nas mãos de Jesus torna-se muito. É aqui que conduz a fé: à liberdade de dar, ao entusiasmo do dom, à superação dos medos, a pôr-se em jogo! Amigos, cada um de vós é precioso para Jesus, e também para mim! Lembra-te que ninguém pode ocupar o teu lugar na história do mundo, na história da Igreja: ninguém pode ocupar o teu lugar, ninguém pode fazer aquilo que só tu podes fazer. Ajudemo-nos, então, a crer que somos amados e preciosos, que fomos feitos para grandes coisas. Rezemos por isso e encorajemo-nos a isso! E recordai-vos também de fazer bem a mim com a vossa oração. Köszönöm [obrigado]!
[00687-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Dicsértessék to Jézus Krisztus! [Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!]
Drodzy bracia i siostry, chciałbym wam powiedzieć köszönöm! [Dziękuję] Dziękuję za taniec, dziękuję za śpiew, za wasze odważne świadectwa i dziękuję każdemu z was za to, że tutaj jesteście: cieszę się, że mogę z wami być! Dziękuję.
Biskup Ferenc powiedział nam, że młodość to czas wielkich pytań i wielkich odpowiedzi. To prawda, i ważne, by był ktoś, kto będzie prowokował was do stawiania pytań i słuchał ich, kto nie będzie dawał wam odpowiedzi łatwych, odpowiedzi z góry przygotowanych, ale pomoże wam bez lęku rzucić wyzwanie przygodzie życia w poszukiwaniu wielkich odpowiedzi. Odpowiedzi przygotowane z góry nie pomagają, nie czynią szczęśliwymi. To właśnie robił Jezus. Bertalan, powiedziałeś, że Jezus nie jest postacią z bajki ani super bohaterem z komiksu, i to prawda: Chrystus jest Bogiem z krwi i kości, jest żywym Bogiem, który staje się nam bliski. Jest Przyjacielem, najlepszym z przyjaciół, jest Bratem, najlepszym z braci, i jest bardzo dobry w stawianiu pytań. Bowiem w Ewangelii, jako Nauczyciel stawia On pytania zanim Sam udzieli odpowiedzi. Myślę o sytuacji, kiedy staje przed kobietą cudzołożną, którą wszyscy wytykali palcami. Jezus ujmuje się za nią, ci, którzy ją oskarżali, odchodzą, a On zostaje z nią sam na sam. Wtedy delikatnie pyta ją: „Kobieto, gdzież oni są? Nikt cię nie potępił?” (J 8, 10). Ona odpowiada: „Nikt, Panie!” (w. 11). A mówiąc to, rozumie, że Bóg nie chce potępiać, lecz przebaczać. Wbijcie to sobie do głowy: Bóg nie chce potępiać, ale przebaczać. Bóg zawsze przebacza. Jak powiedzieć po węgiersku „Bóg zawsze przebacza"? [tłumacz mówi to po węgiersku, a Papież każe młodym powtarzać] Nie zapominajcie! On zawsze przebacza, jest gotów nas podnieść z każdego naszego upadku! Dlatego nigdy nie powinniśmy bać się wędrować i iść z Nim dalej w życiu. Pomyślmy też o Marii Magdalenie, która w wielkanocny poranek jako pierwsza zobaczyła zmartwychwstałego Jezusa – a ta kobieta miała za sobą historię, ale zobaczyła Go jako pierwsza. Płakała obok pustego grobu, a Jezus zapytał ją: „Niewiasto, czemu płaczesz? Kogo szukasz?” (J 20, 15). I tak, poruszona do głębi, Maria z Magdali otwiera swoje serce, mówi Jemu o swojej udręce, ujawnia swoje pragnienia i swoją miłość: Gdzie Go położono Pana?
Spójrzmy też na pierwsze spotkanie Jezusa z tymi, którzy mieli zostać Jego uczniami. Dwóch z nich, wysłanych przez Jana Chrzciciela, idzie za Nim. Pan odwraca się i zadaje jedno pytanie: „Czego szukacie?” (J 1, 38). Ja też stawiam pytanie, a każdy niech odpowie w swoim sercu, w milczeniu. Pytam: Czego szukacie. Czego poszukujecie w życiu? Czego szuka w swoim sercu? Niech każdy w milczeniu odpowie w swoim wnętrzu. Czego szukam? Jezus nie wygłasza kazań, ale przemierza drogę wspólnie z każdym z nas. Jezus idzie blisko każdego z nas. Nie chce, aby Jego uczniowie powtarzali lekcję, niczym w szkole, ale by byli ludźmi młodymi, wolnymi i aby szli, by byli towarzyszami drogi Boga, który słucha, który wysłuchuje ich potrzeb i zwraca uwagę na ich marzenia. Po pewnym czasie dwaj młodzi uczniowie popełniają coś niestosownego, - uczniowie Jezusa bardzo błądzą - i składają Jezusowi niestosowną prośbę, mianowicie proszą, aby mogli znaleźć się po Jego prawej i lewej stronie, kiedy zostanie On królem – chcieli zrobić karierę. Ale ciekawe jest to, że Jezus nie gani ich za śmiałość, nie mówi im: „Jak śmiecie, przestańcie marzyć o takich sprawach!”. Nie, Jezus nie burzy ich marzeń, lecz je koryguje, co do sposobu ich realizacji. Akceptuje ich pragnienie osiągnięcia wyżyn – to dobre pragnienie -, ale nalega na jedną kwestię, którą, należy zapamiętać: nie stajemy się wielkimi, wynosząc się nad innych, lecz pochylając się ku nim; nie kosztem innych, lecz służąc drugim (por. Mk 10, 35-45). [prosi tłumacza o powtórzenie ostatniego zdania po węgiersku] Czy rozumiecie? Widzicie, przyjaciele, Jezus cieszy się, że osiągamy wielkie cele. Nie chce, byśmy byli leniami i próżniakami, nie chce nas milczących i nieśmiałych; chce abyśmy byli żywi, aktywni, czynnie kształtujący rzeczywistość, byśmy kształtowali historię. I nigdy nie deprecjonuje naszych oczekiwań, ale wręcz przeciwnie, podnosi poprzeczkę naszych pragnień. Jezus zgodziłby się z pewnym waszym przysłowiem, które mam nadzieję dobrze wymówię: Aki mer az nyer [Odważny zwycięża].
Możecie mnie zapytać: jak można w życiu zwyciężyć? Prowadzą ku temu dwa podstawowe kroki, tak jak w sporcie: po pierwsze, mierzyć wysoko; po drugie, trenować. Mierzyć wysoko. Powiedz, czy masz talent? Z pewnością tak, wszyscy mamy! Nie odkładaj go na bok, myśląc, że do szczęścia wystarczy ci tylko minimum: dyplom, praca, która pozwoli ci zarobić pieniądze, trochę rozrywki ... Nie, wykorzystaj to, co masz. Czy posiadasz jakąś dobrą cechę? Inwestuj w nią, bez obaw, idź naprzód! Czy czujesz w swoim sercu, że masz zdolności, które mogą przynieść dobro wielu osobom? Czy czujesz, że wspaniale jest miłować Pana, stworzyć dużą rodzinę, pomagać potrzebującym? Idź naprzód, nie wolno myśleć, że są to pragnienia nieosiągalne, ale zainwestuj w wielkie cele życia! To było pierwsze: mierzyć wysoko. A drugie to trening. W jaki sposób? W dialogu z Jezusem, który jest najlepszym z możliwych trenerów. On ciebie słucha, On motywuje, On w ciebie wierzy, czy wiesz, że Jezus w ciebie wierzy? wie jak wydobyć z ciebie to, co najlepsze. I zawsze zaprasza do gry drużynowej: nigdy w pojedynkę, ale z innymi, to bardzo ważne. Jeśli chcesz dojrzeć i rozwijać się w życiu idź naprzód tworząc drużynę we wspólnocie, przeżywając wspólne doświadczenia. Myślę na przykład o Światowych Dniach Młodzieży i korzystam z okazji, aby zaprosić was na najbliższe, które odbędą się w Portugalii, w Lizbonie, na początku sierpnia. Dziś istnieje wielka pokusa, by zadowolić się telefonem komórkowym i kilkoma przyjaciółmi – to naprawdę niewiele. Ale nawet jeśli tak robi wiele osób, nawet jeśli to jest to, co nam odpowiada, to nie wychodzi na dobre. Nie możesz się zamknąć w małej grupie przyjaciół i rozmawiać tylko przez telefon komórkowy: to jest - pozwólcie mi że tak powiem - dość głupie.
Ważny jest też pewien element treningu, a ty, Krisztino, przypomniałaś nam o nim, mówiąc, że pośród tysiąca wyścigów, tak szybkiego tempa i pośpiechu, jest jedna zasadnicza rzecz, której brakuje dzisiaj młodym ludziom, a także dorosłym. Powiedziałaś: „Nie dajemy sobie czasu na milczenie w zgiełku, bo boimy się samotności, a ostatecznie każdy dzień kończymy znużeni”. Powiedziałaś to ty, Krisztino: dziękuję. Chciałbym wam powiedzieć: nie bójcie się iść w tej kwestii pod prąd, znaleźć codziennie czas na milczenie, na to, by się zatrzymać i pomodlić. Dzisiaj wszystko mówi wam, że musicie być szybcy, wydajni, praktycznie doskonali, niczym maszyny! Lecz najmilsi, nie jesteśmy maszynami! A potem uświadamiamy sobie, że często brakuje nam paliwa i nie wiemy, co robić. Dobrze nam czyni zatrzymanie się, żeby zatankować, naładować akumulatory. Ale uwaga: nie po to, by pogrążać się w swoich melancholiach, by rozpamiętywać swoje smutki, czy zastanawiać się, kto mi wyrządził to czy tamto, ani nie po to, by snuć teorie na temat zachowania innych; nie, to nie prowadzi do niczego dobrego! To trucizna, tego się nie robi.
Milczenie jest przestrzenią, w której można pielęgnować korzystne relacje, ponieważ pozwala nam ono powierzyć Jezusowi to, co przeżywamy, zanieść Mu konkretne twarze i imiona, zrzucić na Niego nasze smutki, przedstawić Mu naszych przyjaciół i pomodlić się za nich. Milczenie umożliwia nam lekturę strony Ewangelii, która przemawia do naszego życia, adorację Boga, dzięki czemu odnajdujemy pokój w sercu. Milczenie pozwala wziąć do ręki książkę, do lektury której nie jesteś zmuszony, ale która pomaga nam odczytać ludzką duszę; pozwala obserwować przyrodę, aby nie ograniczać kontaktu tylko do rzeczy stworzonych przez ludzi i odkryć otaczające nas piękno. Milczenie nie służy jednak temu, by przykleić się do telefonów komórkowych i mediów społecznościowych; nie, proszę: życie jest rzeczywiste, a nie wirtualne, nie dzieje się na ekranie, życie toczy się w świecie! Błagam was, nie wirtualizujcie życia! Powtarzam: nie wolno wirtualizować życia, które jest konkretne. Czy to rozumiecie?
Milczenie jest zatem bramą modlitwy, a modlitwa jest bramą miłości. Chciałbym podziękować tobie, Dóro, ponieważ mówiłaś o wierze jako o historii miłości – to piękne, to twoje doświadczenie - w której każdego dnia stawiasz czoła trudnościom wieku dojrzewania, ale wiesz, że Ktoś jest z tobą, Ktoś jest dla ciebie, i że ów Ktoś, Jezus, nie boi się pokonywania z tobą każdej przeszkody, którą spotykasz. Pomaga ci w tym modlitwa, bo jest ona dialogiem z Jezusem, tak jak Msza św. jest spotkaniem z Nim, a spowiedź jest objęciem, które otrzymuje się od Niego. Przychodzi mi na myśl wasz wielki muzyk Ferenc Liszt. Podczas czyszczenia jego fortepianu znaleziono kilka paciorków różańca, które być może wpadły do instrumentu, gdy różaniec się rozerwał. Są one wskazówką, która podpowiada nam, że przed komponowaniem lub koncertem, być może nawet po chwili rozrywki przy fortepianie, Liszt miał w zwyczaju modlić się: rozmawiał z Panem, rozmawiał z Matką Bożą o tym, co kochał, a swoją sztukę i swoje talenty ubierał w modlitwę. Modlitwa nie jest nudna! To my czynimy ją nudną. Modlitwa jest spotkaniem, spotkaniem z Panem: to piękne. A kiedy się modlicie, nie bójcie się przynieść Jezusowi wszystkiego, co się dzieje w waszym świecie wewnętrznym: waszych uczuć, lęków, problemów, oczekiwań, wspomnień, nadziei, wszystko, również i grzechy. On wszystko rozumie. Modlitwa jest dialogiem życia, modlitwa jest życiem. Bertalan, dzisiaj nie wstydziłeś się powiedzieć wszystkim o niepokoju, który czasami cię paraliżuje i o trudnościach w wierze. Jakie to piękne, kiedy mamy odwagę prawdy, która nie polega na tym, aby pokazać, że nigdy się nie boimy, lecz aby otworzyć się i podzielić swoimi słabościami z Panem i z innymi, niczego nie ukrywając, nie zatajając, nie nakładając masek. Bertalan, dziękuję za twoje świadectwo, dziękuję. Pan, jak nam mówi na każdej stronie Ewangelia nie dokonuje wielkich rzeczy wobec nadzwyczajnych osób, ale wobec osób prawdziwych, posiadających ograniczenia, tak jak my. Natomiast ci, którzy polegają na swoich zdolnościach i żyją pozorami, żeby sprawiać wrażenie dobrych, trzymają Boga z dala od swoich serc, bo troszczą się jedynie o samych siebie. Swoimi pytaniami, Swoją miłością, Swoim Duchem Jezus drąży nas wewnętrznie, aby uczynić nas ludźmi prawdziwymi. A dziś bardzo potrzeba osób prawdziwych! Coś wam powiem: czy wiesz, jakie jest dziś niebezpieczeństwo? Bycie osobą fałszywą. Proszę was, nigdy nie bódźcie osobami fałszywymi, lecz zawsze osobami prawdziwymi, z własną prawdą! „Ojcze, wstydzę się, bo moja rzeczywistość nie jest dobra, wiesz, Ojcze, że mam w swym wnętrzu swoje sprawy...”. Patrz przed siebie, na Pana, miej odwagę! Pan nas miłuje takimi, jakimi jesteśmy, jakimi jesteśmy teraz, bardzo nas kocha takimi, jakimi jesteśmy. Nabierzcie odwagi i idźcie naprzód! Nie bójcie się waszych nędz.
I w związku z tym uderzające było to, co powiedziałeś ty, Tódorze, począwszy od twojego imienia, które nosisz na cześć błogosławionego Teodora, wielkiego wyznawcy wiary, który wzywa nas, abyśmy nie żyli połowicznie. Chciałeś „bić na alarm”, mówiąc, że gorliwość misyjna jest znieczulana przez nasze życie w bezpieczeństwie i wygodzie, podczas gdy niewiele kilometrów stąd na porządku dziennym są wojna i cierpienie. Oto zatem zachęta: weźmy życie w swoje ręce, aby pomóc światu żyć w pokoju. Niech zaniepokoi to każdego z nas, zapytajmy siebie: co robię dla innych, co robię dla społeczeństwa, co robię dla Kościoła, co robię dla moich nieprzyjaciół? Czy żyję z myślą o własnym dobru, czy też narażam się dla kogoś, nie obliczając własnych korzyści? Proszę was, zapytajmy samych siebie o naszą bezinteresowność, o naszą zdolność do miłowania, miłowania na wzór Jezusa, czyli do miłowania i do służby.
Drodzy przyjaciele, jest jeszcze jedna rzecz, którą chciałbym się z wami podzielić, karta Ewangelii, która podsumowuje to, co sobie powiedzieliśmy. Półtora roku temu byłem tutaj na Kongresie Eucharystycznym; w rozdziale szóstym Ewangelii św. Jana znajduje się piękna mowa eucharystyczna, której centrum stanowi młody człowiek. Opowiada ona o młodzieńcu, który znajdował się w tłumie słuchających Jezusa. Prawdopodobnie wiedział, że spotkanie będzie trwało długo i był przewidujący: przyniósł ze sobą swój obiad, czy przynieśliście kanapkę?. Tymczasem Jezus współczuje całemu tłumowi – było ich ponad piąć tysięcy - i chce go nakarmić. Dlatego, w swoim stylu, zadaje uczniom pytania, aby pobudzić ich do działania. Pyta jednego z nich, co robić, i otrzymuje odpowiedź „od buchaltera”: „Za dwieście denarów nie wystarczy chleba, aby każdy z nich mógł choć trochę otrzymać” (J 6, 7). Jakby chciał powiedzieć: matematycznie niemożliwe. Inny tymczasem widzi tego chłopca i dzieli się spostrzeżeniem, ale znów: jest ono pesymistyczne: „Jest tu jeden chłopiec, który ma pięć chlebów jęczmiennych i dwie ryby, lecz cóż to jest dla tak wielu?” (w. 9). Tymczasem Jezusowi te pięć chlebów i dwie ryby wystarczyło, wystarczyło by dokonać słynnego cudu rozmnożenia chlebów. Każdy z nas, te małe rzeczy, które mamy, nawet nasze grzechy, wystarczą Jezusowi. I co mamy zrobić? Pozostawić je w rękach Jezusa: to wystarczy.
Jednakże Ewangelia nie zdradza pewnego szczegółu, który pozostawia naszej wyobraźni: w jaki sposób uczniom udało się przekonać młodzieńca do oddania wszystkiego, co miał? Być może poprosili go o oddanie swojego obiadu, a on rozejrzał się dookoła, widząc tysiące ludzi. I być może, podobnie jak oni, odpowiedział: „To nie wystarczy, po co mnie prosicie, a nie zajmiecie się tym wy, którzy jesteście uczniami Jezusa? Kimże ja jestem?”. Wtedy, być może, powiedzieli mu oni, że sam Jezus go o to prosi. A On czyni rzecz niezwykłą: ufa. Ów młodzieniec, który miał ze sobą obiad ufa oddaje wszystko, niczego nie zatrzymuje dla siebie. Przyszedł aby otrzymać coś od Jezusa, a okazuje się, że on sam daje coś Jezusowi. Ale tak właśnie dokonuje się cud. Rodzi się z dzielenia się: rozmnożenie dokonane przez Jezusa zaczyna się od tego, że ten młody człowiek dzieli się z Nim i dla innych. Niewielka ilość pożywienia tego młodzieńca zostaje pomnożona w rękach Jezusa. Do tego właśnie prowadzi wiara: do wolności dawania, do entuzjazmu daru, do przezwyciężania lęków, do narażania siebie na ryzyko! Przyjaciele, każdy z was jest cenny dla Jezusa, i dla mnie też! Pamiętaj, że nikt nie może zająć twojego miejsca w historii świata, w historii Kościoła, nikt nie może zająć twojego miejsca, nikt nie może zrobić tego, co tylko ty możesz uczynić. Więc pomóżmy sobie nawzajem uwierzyć, że jesteśmy umiłowani i cenni, że jesteśmy stworzeni do wielkich rzeczy. Módlmy się o to i zachęcajmy się w tym wzajemnie! I pamiętajcie też, abyście swoimi modlitwami wyświadczali mi dobro. Köszönöm! [dziękuję!]
[00687-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرسوليّة إلى هنغاريا
كلمة قداسة البابا فرنسيس
في اللقاء مع الشّباب
Papp Laszlo Budapest Sportarena
السبت 29 نيسان/أبريل 2023
Dicsértessék a Jézus Krisztus! [ليكن اسم الرّبّ مسبحًا!]
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، أودّ أن أقول لكم köszönöm! [شكرًا!]. شكرًا على الرّقص وعلى الأغنية، وعلى شهاداتكم الشّجاعة، وشكرًا لكلّ واحدٍ منكم لوجوده هنا: أنا سعيد لوجودي معكم! شكرًا.
قال لنا سيادة المطران فيرينك إنّ الشّباب هو وقت الأسئلة الكبيرة والإجابات الكبيرة. هذا صحيح، ومن المهمّ أن يكون هناك شخص يُثير أسئلتكم ويستمع إليها، وألّا يُعطيكم إجابات سهلة وجاهزة مسبقًا، بل يساعدكم على تحدّي مغامرة الحياة بِلا خوف، بحثًا عن إجابات كبيرة. في الواقع، هذا ما صنعه يسوع. قلت يا برتالان إنّ يسوع ليس شخصيّة في قصّة أو بطل خارق في قصّة مصوّرة، وهذا صحيح: المسيح، هو إله حق وإنسان حق، هو الإله الحيّ القريب منّا، وهو الصّديق، وأفضل الأصدقاء، وهو الأخ، وأفضل الإخوة، وهو يعرف كيف يطرح الأسئلة. في الإنجيل، هو المعلّم، يسأل قبل أن يجيب. أفكّر فيه عندما كان واقفًا أمام تلك المرأة الزّانية التي أشار إليها الكلّ بأصابع الاتّهام. تدخَّل يسوع. الذين اتّهموها كانوا قد تركوا المكان، وبقي يسوع وحده معها. ثم سألها بلطف، قال لها: "أَينَ هُم، أَيَّتُها المَرأَة؟ أَلَم يَحكُمْ عَليكِ أَحَد؟" (يوحنّا 8، 10). أجابته: "لا، يا ربّ!" (الآية 11). وعندما قالت ذلك الكلام، فهمت أنّ الله لم يُرِد أن يدين بل أن يغفر. الله يغفر دائمًا، وهو مُستعدّ لأن يُقيمنا من جديد بعد كلّ وقعة لنا! لذلك، معه يجب ألّا نخاف أبدًا من أن نسير ونمضي قدمًا في الحياة. لنفكّر أيضًا في مريم المجدليّة، التي كانت، في صباح الفصح، أوّل من رأت يسوع القائم من بين الأموات. كانت تبكي بجانب القبر الفارغ، فسألها يسوع: "لِماذا تَبْكينَ، أَيَّتُها المَرأَة، وعَمَّن تَبحَثين؟" (يوحنّا 20، 15). وهكذا، بعد أن مسَّها في داخلها، فتحت مريم المجدليّة قلبها، وأخبرته بقلقها، وكشفت عن رغباتها وحبّها، عندما سألت: أين الرّبّ يسوع؟
لننظر أيضًا إلى أوّل لقاء ليسوع مع الذين سيصيرون تلاميذه. اثنان منهم، أرسلهما يوحنّا المعمدان، وتَبِعَاه. التفت الرّبّ يسوع وسألهما سؤالًا واحدًا: "ماذا تُريدان؟" (يوحنّا 1، 38). أنا أيضًا أطرح عليكم سؤالًا، وكلّ واحد ليجب في قلبه في صمت. سؤالي هو: ما الذي تبحثون عنه؟ ما الذي تبحثون عنه في الحياة؟ ما الذي تبحث عنه في قلبك؟ ليجب كلّ واحد في صمت، في داخله. ما الذي أبحث عنه؟ يسوع لا يُلقي عظات كثيرة، لا، بل يسير على الطّريق مع كلّ واحد منّا. يسوع يسير وهو قريبّ من كلّ واحد منّا. لا يُريد أن يكون تلاميذه طلّاب مدرسة يكرّرون الدّرس، بل يريدهم شبابًا أحرارًا وفي مسيرة، ورفقاءَ درب مع الله الذي يستمع إلى احتياجاتهم ويتنبّه لأحلامهم. ثمَّ، بعد وقت طويل، وقع تلميذان شابّان في خطإ كبير، انزلقا، فطَلَبا من يسوع طلبًا خاطئًا، وهو أن يجعلهما على يمينه وعلى يساره عندما يصير ملكًا. والمثير للاهتمام أن نرى أنّ يسوع لم يوبّخهما لأنّهما تجرّآ وسألاه، ولم يقل لهما: ”كيف تسمحان لأنفسكما؟ توقّفا عن مثل هذه الأحلام“. لا، لم يهدم يسوع أحلامهما، بل صحّحها في كيفيّة تحقيقها. قَبِلَ رغبتهما في الوصول إلى الأعالي، لكنّه أصرَّ على أمرٍ واحد يجب أن نذكره جيّدًا: لا يمكن أن نصير كبارًا بتجاوز الآخرين، بل بنزولنا نحو الآخرين، ولا على حساب الآخرين، بل بخدمة الآخرين (راجع مرقس 10، 35-45). انظروا، أيّها الأصدقاء، يسوع سعيد لأنّ نحقّق أهدافًا كبيرة. هو لا يريدنا كسالى وخاملين، ولا يريدنا صامتين وخجولين، بل يريدنا مليئين بالحيوية ونشيطين وشخصيّات رئيسيّة. وهو لا يقلّل من شأن توقّعاتنا أبدًا، على العكس، يرفع مُستوى رغباتنا. يَتَّفق يسوع مع مثلٍ من أمثالكم، - أرجو أن أنطقه جيّدًا، وهو: Aki mer az nyer [من يتجرّأ يفُزْ].
يمكنكم أن تسألونني: ماذا نعمل لكي نفوز في الحياة؟ هناك خطوتان أساسيّتان، كما هو الحال في الرّياضة: أوّلًا، النظر إلى العُلَى، وثانيًا، التّدريب. النظر إلى العُلَى. قُل لي: هل عندك موهبة؟ بالتّأكيد عندك موهبة! كلّنا عندنا موهبة. لا تضعها جانبًا وتفكّر أنّه يكفي الحدّ الأدنى لكي تكون سعيدًا، مثل: شهادة علميّة، ووظيفة لكسب المال، والاستمتاع قليلًا... لا، استثمر ما عندك. هل عندك بعض الصّفات؟ استثمر فيها، وبلا خوف! هل تشعر في قلبك أنّ عندك إمكانيّة يمكن أن تكون مفيدة للكثيرين؟ هل تشعر أنّه جميل أن تُحِبَّ الرّبّ يسوع، وأن تُنشئ عائلة كبيرة، وأن تساعد المحتاجين؟ لا تفكّر أنّها رغبات لا يمكن تحقيقها، بل استثمر في أهداف الحياة الكبيرة! ثمَّ، نتدرّب. كيف؟ في الحوار مع يسوع، الذي هو أفضل مدرّب ممكن. هو يستمع إليك، ويُحَفِّزُك، ويؤمّن بك، هل تعرف ذلك؟ يسوع يؤمّن بك! ويعرف كيف يجعلك تعطي أفضل ما فيك. وهو يدعونا دائمًا إلى أن نعمل في فريق: ليس وحدنا على الإطلاق، بل مع الآخرين، وفي الجماعة، نعيش خبرات مشتركة. أفكّر، مثلًا، في اليوم العالمي للشّبيبة، وأغتنم هذه الفرصة لكي أدعوكم إلى اليوم العالمي للشبّيبة التّالي، الذي سيكون في البرتغال، في لشبونة، في بداية شهر آب/أغسطس. التّجربة الكبرى اليوم هي أن نكتفي بهاتف محمول وببعض الأصدقاء. حتّى لو كان هذا ما يصنعه الكثيرون، وحتّى لو كان هذا ما ترغب في أن تصنعه، هذا ليس حسنًا. لا يمكنك أن تغلق نفسك في مجموعة صغيرة من الأصدقاء وتتحاور فقط مع هاتفك المحمول: هذا شيء - اسمحوا لي بالكلمة - سيّء بعض الشيء.
ثمّ هناك عنصر مهمّ للتدريب، وأنتِ يا كريستينا ذكّرتِنَا به عندما قُلتِ إنّه من بين آلاف الأمور والسّباق الكثير، والرّكض والسّرعة الكثيرة، هناك أمرٌ واحدٌ أساسيّ ينقص الشّباب والكبار أيضًا اليوم. قُلتِ: "لا نُعطي أنفسنا الوقت للصّمت في الضّوضاء، لأنّنا نخاف من الوِحدة، وبعد ذلك ينتهي نهارنا ونجد أنفسنا مُتعبين". أودّ أن أقول لكم: في هذا الخصّوص، لا تخافوا أن تسيروا عكسَ التّيّار، وأن تجدوا وقتًا للصّمت كلّ يوم لكي تتوقّفوا وتصلّوا. كلّ شيء اليوم يقول لنا إنّه علينا أن نكون سريعين وفعّالين ومثاليّين من النّاحية العمليّة، مثل الآلات! أيّها الأعزّاء، نحن لسنا آلات! وثمّ ننتبه وإذا بنا قد استهلكنا كلّ الوقود، ولا نعرف ماذا نفعل. حسنٌ جدًّا أن نعرف كيف نتوقّف لكي نملأ خزّان الوقود، ولكي نعيد شحن البطّاريّات. لكن تنبّهوا: لا لكي ننغمس في مراراتنا أو نجتَرَّ أحزاننا، ولا لكي نفكّر في من صنع لِي هذا أو ذاك، ونضع نظريّات حول كيف يتصرّف الآخرون، لا، هذا ليس حسنًا!
الصّمت هو الأرض التي عليها يجب أن ننمّي علاقات مفيدة، لأنّه يسمح لنا بِأن نوكل ليسوع ما نعيشه، وأن نحمل إليه الوجوه والأسماء، ونُلقي عليه همومنا، وأن نُراجع قائمة أصدقائنا ونصلّي من أجلهم. يُعطينا الصّمت الفرصة لكي نقرأ صفحة من الإنجيل تخاطب حياتنا، وأن نسجد لله، وبالتّالي نجد السّلام في قلوبنا. يسمح لنا الصّمت بأن نمسك كتابًا لسنا مضطرّين أن نقرأه، لكنّه يساعدنا لنقرأ النّفس البشريّة، ونراقب الطّبيعة حتّى لا نبقى فقط على تواصل مع الأمور التي صنعها الإنسان ونكتشف الجمال الذي يحيط بنا. والصّمت ليس من أجل أن نلتصق بالهواتف المحمولة والشّبكات الاجتماعيّة. لا، من فضلكم: الحياة هي الواقع، وليست الحياة الافتراضيّة، وهي لا تحدُثُ على الشّاشة، بل في العالم! من فضلكم، لا تجعلوا الحياة افتراضيّة! أكرّر: لا تجعلوا الحياة افتراضيّة، فالحياة هي عمليّة. هل فهمتم؟
إذن، الصّمت هو باب الصّلاة، والصّلاة هي باب المحبّة. دورا، أودّ أن أشكركِ لأنّكِ تكلّمتِ على الإيمان كما لو أنّه قصّة حبّ، حيث كنتِ تواجهين كلّ يوم صعوبات سنّ المراهقة، لكنّكِ كنتِ تعلمين أنّ هناك شخصًا معكِ ولكِ (هو يسوع)، وأنّ يسوع، لا يخاف أن يتخطّى معكِ كلّ عائقٍ تجدينه أمامك. الصّلاة تساعد على القيام بذلك، لأنّها حوار مع يسوع، وكذلك القدّاس لقاء معه، وفي سرّ الاعتراف هو يعانقنا. يتبادر إلى ذهني موسيقار كبير من بلدكم هو فيرينك ليزت. بينما كانوا ينظّفون البيانو الذي كان يعزف عليه، عثروا على بعض خرزاتٍ من المسبحة الورديّة، التي ربّما سقطت داخل الآلة عندما انقطع خيطها. إنّه مؤشّر يجعلنا نفكّر أنّه كان معتادًا أن يصلّي، قبل أن يؤلّف أو يؤدّي قطعة موسيقيّة، وربّما حتّى بعد لحظة من التّسلية على البيانو: كان يتكلّم إلى الرّبّ يسوع وإلى سيّدتنا مريم العذراء عمّا كان يحبّ وكان يضع فنّه ومواهبه في الصّلاة. الصّلاة ليست ممّلة! نحن من نجعلها ممّلة. الصّلاة هي لقاء، لقاء مع الرّبّ يسوع: هذا جميل. وعندما تصلّون، لا تخافوا أن تحملوا إلى يسوع كلّ ما يمرّ في عالمكم الدّاخلي: المشاعر، والمخاوف، والمشاكل، والتّوقّعات، والذّكريات، والآمال. الصّلاة حِوار حياة، والصّلاة حياة. برتالان، لم تخجلِ اليوم من أن تروي للجميع عن القلق الذي كان يشلّك أحيانًا، والصّعوبات في اقترابكِ من الإيمان. كم جميلٌ عندما تكون فينا ”شجاعة الحقيقة“، وهي لا تقوم بأن نُظهر أنّنا لا نخاف أبدًا، بل أن ننفتح ونُشارك ضعفنا مع الرّبّ يسوع ومع الآخرين، من دون أن نختبئ، ومن دون نُخفي أنفسنا، ومن دون أن نضع الأقنعة. شكرًا على شهادتك برتالان، شكرًا! الرّبّ يسوع، كما يروي الإنجيل في كلّ صفحة من صفحاته، لا يصنع أمورًا عظيمة مع أشخاصٍ غير عاديّين، بل مع أشخاصٍ حقيقيّين ومحدودين مثلنا. بينما، مَن يعتمد على قدراته الخاصّة ويعيش على المظاهر لكي يبدو أنّه على ما يرام، يُبقي الله بعيدًا عن قلبه. يسوع، بأسئلته، وبمحبّته، وبروحه القدّوس، يدخل في داخلنا لكي يصنع منّا اشخاصًا حقيقيّين. واليوم نحن بحاجة ماسّة إلى أشخاصٍ حقيقيّين!
في هذا الصّدد، أثّر فينا ما قُلتَهُ أنتَ، يا تُودُور، انطلاقًا من اسمِكَ الذي تحمله تكريمًا للطّوباويّ ثيودور، المعترف الكبير بالإيمان الذي دعا لا لنعيش أنصاف الحلول. أَرَدْتَ أن تقرع لنا ”جرس الإنذار“، وقُلتَ إنّ الغَيرة على الرّسالة خدّرها عيشنا في الأمان والرّاحة، بينما على بُعْدِ كيلومترات قليلة من هنا، الحرب والمعاناة هُما على جدول الحياة اليوميّ. هذه هي الدّعوة إذن: نأخذُ الحياة في أيدينا لكي نساعد العالم على العيش بسلام. لنزعِجْ أنفسنا بهذا الأمر، وليسأل كلّ واحدٍ منّا نفسه: ماذا أصنع أنا للآخرين، وللمجتمع، وللكنيسة، ولأصدقائي؟ هل أعيش وأنا أفكّر في منفعتي أم أجازف بنفسي من أجل غيري، ودون أن أحسب حسابًا لمصالحي؟ من فضلكم، لنسأل أنفسنا عن المجّانيّة فينا، وعن قدرتنا على المحبّة مثل يسوع، أيْ المحبّة والخدمة.
أيّها الأصدقاء الأعزّاء، أمرٌ أخير أودّ أن أشارككم إياه، وهي صفحة من الإنجيل التي تلخّص كلّ ما قُلنَاه. منذُ سنة ونصف مضت، كنت هنا من أجل المؤتمّر الإفخارستيّ. في إنجيل يوحنّا، في الفصل السّادس، توجد صفحة إفخارستيّة جميلة، في محورها يوجد شابٌّ. يروي الإنجيل أنّه كان بين الجموع شاب يصغي إلى يسوع. ربّما كان يَعلَم أنّ اللقاء سيطول، فكان متأهِّبًا وأحضر معه طعام الغداء. شعر يسوع بالرّأفة تجاه الجموع – كانوا أكثر من خمسة آلاف - وأراد أن يطعمهم، لذلك، وبأسلوبه، طرح أسئلة على التّلاميذ لكي يُحرِّكهم. وسأل أحدهم ماذا يمكن أن نصنع، وجاء الجواب ”بعقل مُحاسِب“: "لوِ اشتَرَينا خُبزًا بِمائَتَي دينار، لما كفَى أَن يَحصُلَ الواحِدُ مِنهُم على كِسرَةٍ صَغيرة" (يوحنّا 6، 7). كما لو أنّه قال: هذا الأمر مستحيل حسابيًّا. في هذه الأثناء، رأى تلميذٌ آخر ذلك الصّبيّ وقال إنّه هناك، ولكنّه قال أيضًا بتشاؤم: "ههُنا صَبِيٌّ معَهُ خَمسَةُ أَرغِفَةٍ مِن شَعير وسَمَكتان، ولكِن ما هذا لِمِثلِ هذا العَدَدِ الكَبير؟" (الآية 9). بينما بالنّسبة ليسوع كان يكفي ويزيد لكي يصنع معجزة تكثير الأرغفة الشّهيرة.
مع ذلك، لم يروِ لنا الإنجيل أمرًا في الأحداث، بل تركه لمخيّلتنا، وهو: كيف استطاع التّلاميذ أن يُقنعوا ذلك الشّاب بأن يعطيهم كلّ ما لديه؟ ربّما طلبوا منه أن يضع طعام غدائه في خدمة الجميع، وهو نظر حوله ورأى آلاف الأشخاص. وربّما أجاب مثلهم وقال: ”إنّه لا يكفي، لماذا تسألوني أنا ولا تهتمّون أنتم بهذا الأمر، وأنتـم تلاميذ يسوع؟“. حينئذ، ربّما قالوا له إنّ يسوع نفسه هو الذي طلب ذلك. والشّاب إذّاك صنع أمرًا غير عاديّ: وَثِقَ، وأعطاهم كلّ شيء، ولم يحتفظ بأيّ شيء لنفسه. جاء ليأخذ من يسوع ووجد نفسه هو يعطي يسوع. وهكذا تحدث المعجزة. تنشأ من المشاركة: تكثير يسوع للأرغفة والسّمكتين بدأ من مشاركة ذلك الشّاب معه ومع الآخرين. القليل الذي كان مع ذلك الصّبيّ صار كثيرًا بين يدي يسوع. هذا هو المكان الذي يحملنا إليه الإيمان: إلى حرّيّة العطاء، وإلى حماسة العطاء، وإلى التغلّب على المخاوف، وإلى المغامرة! أيّها الأصدقاء، كلّ واحدٍ منكم هو عزيزٌ على يسوع، وعليَّ أيضًا! تذكّر أنّه لا يمكن لأحدٍ أن يأخذ مكانك في تاريخ العالم والكنيسة، ولا أحد يستطيع أن يصنع ما يمكنك أنت فقط أن تصنعه. لنساعد بعضنا بعضًا إذن ولنؤمّن بأنّنا محبوبون وعزيزون، وأنّنا خُلقنا لكي نصنع أمورًا كبيرة. لنصلِّ من أجل ذلك ولنشجّع بعضنا بعضًا في ذلك! وتذكّروا أيضًا أن تحسنوا إليَّ بصلواتكم. Köszönöm! [شكرًا!]
[00687-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0320-XX.02]