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Messaggio del Santo Padre per la 60ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 26.04.2023


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua araba

Il 30 aprile 2023, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 60a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema “Vocazione: grazia e missione”.

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco invia per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo:

Messaggio del Santo Padre

Vocazione: grazia e missione

Cari fratelli e sorelle, carissimi giovani!

È la sessantesima volta che si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, istituita da San Paolo VI nel 1964, durante il Concilio Ecumenico Vaticano II. Questa iniziativa provvidenziale si propone di aiutare i membri del Popolo di Dio, personalmente e in comunità, a rispondere alla chiamata e alla missione che il Signore affida ad ognuno nel mondo di oggi, con le sue ferite e le sue speranze, le sue sfide e le sue conquiste.

Quest’anno vi propongo di riflettere e pregare guidati dal tema “Vocazione: grazia e missione”. È un’occasione preziosa per riscoprire con stupore che la chiamata del Signore è grazia, è dono gratuito, e nello stesso tempo è impegno ad andare, a uscire per portare il Vangelo. Siamo chiamati alla fede testimoniale, che stringe fortemente il legame tra la vita della grazia, attraverso i Sacramenti e la comunione ecclesiale, e l’apostolato nel mondo. Animato dallo Spirito, il cristiano si lascia interpellare dalle periferie esistenziali ed è sensibile ai drammi umani, avendo sempre ben presente che la missione è opera di Dio e non si realizza da soli, ma nella comunione ecclesiale, insieme ai fratelli e alle sorelle, guidati dai Pastori. Perché questo è da sempre e per sempre il sogno di Dio: che viviamo con Lui in comunione d’amore.

«Scelti prima della creazione del mondo»

L’apostolo Paolo spalanca davanti a noi un orizzonte meraviglioso: in Cristo, Dio Padre «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef l,4-5). Sono parole che ci permettono di vedere la vita nel suo senso pieno: Dio ci “concepisce” a sua immagine e somiglianza e ci vuole suoi figli: siamo stati creati dall’Amore, per amore e con amore, e siamo fatti per amare.

Nel corso della nostra vita, questa chiamata, inscritta dentro le fibre del nostro essere e portatrice del segreto della felicità, ci raggiunge, per l’azione dello Spirito Santo, in maniera sempre nuova, illumina la nostra intelligenza, infonde vigore alla volontà, ci riempie di stupore e fa ardere il nostro cuore. A volte addirittura irrompe in modo inaspettato. È stato così per me il 21 settembre 1953 quando, mentre andavo all’annuale festa dello studente, ho sentito la spinta ad entrare in chiesa e a confessarmi. Quel giorno ha cambiato la mia vita e le ha dato un’impronta che dura fino a oggi. Però la chiamata divina al dono di sé si fa strada man mano, attraverso un cammino: a contatto con una situazione di povertà, in un momento di preghiera, grazie a una testimonianza limpida del Vangelo, a una lettura che ci apre la mente, quando ascoltiamo una Parola di Dio e la sentiamo rivolta proprio a noi, nel consiglio di un fratello o una sorella che ci accompagna, in un tempo di malattia o di lutto…La fantasia di Dio che ci chiama è infinita.

E la sua iniziativa e il suo dono gratuito attendono la nostra risposta. La vocazione è «l’intreccio tra scelta divina e libertà umana»[1], un rapporto dinamico e stimolante che ha per interlocutori Dio e il cuore umano. Così il dono della vocazione è come un seme divino che germoglia nel terreno della nostra vita, ci apre a Dio e ci apre agli altri per condividere con loro il tesoro trovato. Questa è la struttura fondamentale di ciò che intendiamo per vocazione: Dio chiama amando e noi, grati, rispondiamo amando. Ci scopriamo figli e figlie amati dallo stesso Padre e ci riconosciamo fratelli e sorelle tra noi. Santa Teresa di Gesù Bambino, quando “vide” finalmente con chiarezza questa realtà, esclamò: «La mia vocazione l’ho trovata finalmente! La mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa […]. Nel cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l’amore»[2].

«Io sono una missione su questa terra»

La chiamata di Dio, come dicevamo, include l’invio. Non c’è vocazione senza missione. E non c’è felicità e piena realizzazione di sé senza offrire agli altri la vita nuova che abbiamo trovato. La chiamata divina all’amore è un’esperienza che non si può tacere. «Guai a me se non annuncio il Vangelo!», esclamava San Paolo (1 Cor 9,16). E la Prima Lettera di Giovanni inizia così: “Quello che abbiamo udito, veduto, contemplato e toccato – cioè il Verbo fatto carne – noi lo annunciamo anche a voi perché la nostra gioia sia piena” (cfr 1,1-4).

Cinque anni fa, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, mi rivolgevo così ad ogni battezzato e battezzata: «Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione» (n. 23). Sì, perché ognuno di noi, nessuno escluso, può dire: «Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).

La missione comune a tutti noi cristiani è quella di testimoniare con gioia, in ogni situazione, con atteggiamenti e parole, ciò che sperimentiamo stando con Gesù e nella sua comunità che è la Chiesa. E si traduce in opere di misericordia materiale e spirituale, in uno stile di vita accogliente e mite, capace di vicinanza, compassione e tenerezza, controcorrente rispetto alla cultura dello scarto e dell’indifferenza. Farsi prossimo, come il buon samaritano (cfr Lc 10,25-37), permette di capire il “nocciolo” della vocazione cristiana: imitare Gesù Cristo che è venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45).

Quest’azione missionaria non nasce semplicemente dalle nostre capacità, intenzioni o progetti, né dalla nostra volontà e neppure dal nostro sforzo di praticare le virtù, ma da una profonda esperienza con Gesù. Solo allora possiamo diventare testimoni di Qualcuno, di una Vita, e questo ci rende “apostoli”. Allora riconosciamo noi stessi «come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).

Icona evangelica di questa esperienza sono i due discepoli di Emmaus. Dopo l’incontro con Gesù risorto essi si confidano a vicenda: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). In loro possiamo vedere che cosa significhi avere “cuori ardenti e piedi in cammino”[3]. È quanto mi auguro anche per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, che attendo con gioia e che ha per motto: «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Che ognuno e ognuna si senta chiamato ad alzarsi e andare in fretta, con cuore ardente!

Chiamati insieme: convocati

L’evangelista Marco racconta il momento in cui Gesù chiamò a sé dodici discepoli, ciascuno col proprio nome. Li costituì perché stessero con lui e per inviarli a predicare, guarire le malattie e scacciare i demoni (cfr Mc 3,13-15). Il Signore pone così le basi della sua nuova Comunità. I Dodici erano persone di ambienti sociali e mestieri differenti, non appartenenti alle categorie più importanti. I Vangeli ci raccontano poi di altre chiamate, come quella dei settantadue discepoli che Gesù invia a due a due (cfr Lc 10,1).

La Chiesa è appunto Ekklesía, termine greco che significa: assemblea di persone chiamate, convocate, per formare la comunità dei discepoli e delle discepole missionari di Gesù Cristo, impegnati a vivere il suo amore tra loro (cfr Gv 13,34; 15,12) e a diffonderlo tra tutti, perché venga il Regno di Dio.

Nella Chiesa, siamo tutti servitori e servitrici, secondo diverse vocazioni, carismi e ministeri. La vocazione al dono di sé nell’amore, comune a tutti, si dispiega e si concretizza nella vita dei cristiani laici e laiche, impegnati a costruire la famiglia come piccola chiesa domestica e a rinnovare i vari ambienti della società con il lievito del Vangelo; nella testimonianza delle consacrate e dei consacrati, donati tutti a Dio per i fratelli e le sorelle come profezia del Regno di Dio; nei ministri ordinati (diaconi, presbiteri, vescovi) posti al servizio della Parola, della preghiera e della comunione del popolo santo di Dio. Solo nella relazione con tutte le altre, ogni specifica vocazione nella Chiesa viene alla luce pienamente con la propria verità e ricchezza. In questo senso, la Chiesa è una sinfonia vocazionale, con tutte le vocazioni unite e distinte in armonia e insieme “in uscita” per irradiare nel mondo la vita nuova del Regno di Dio.

Grazia e missione: dono e compito

Cari fratelli e sorelle, la vocazione è dono e compito, fonte di vita nuova e di vera gioia. Le iniziative di preghiera e di animazione legate a questa Giornata possano rafforzare la sensibilità vocazionale nelle nostre famiglie, nelle comunità parrocchiali e in quelle di vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali. Lo Spirito del Signore risorto ci scuota dall’apatia e ci doni simpatia ed empatia, per vivere ogni giorno rigenerati come figli di Dio Amore (cfr 1 Gv 4,16) ed essere a nostra volta generativi nell’amore: capaci di portare vita ovunque, specialmente là dove ci sono esclusione e sfruttamento, indigenza e morte. Così che si allarghino gli spazi dell’amore [4] e Dio regni sempre più in questo mondo.

Ci accompagni in questo cammino la preghiera composta da San Paolo VI per la I Giornata Mondiale delle Vocazioni, 11 aprile 1964:

«O Gesù, divino Pastore delle anime, che hai chiamato gli Apostoli per farne pescatori di uomini, attrai a te ancora anime ardenti e generose di giovani, per renderli tuoi seguaci e tuoi ministri; falli partecipi della tua sete di universale Redenzione, […] dischiudi loro gli orizzonti del mondo intero, […] affinché, rispondendo alla tua chiamata, prolunghino quaggiù la Tua missione, edifichino il Tuo Corpo mistico, che è la Chiesa, e siano “sale della terra”, “luce del mondo” (Mt 5,13)».

Vi accompagni e vi protegga la Vergine Maria. Con la mia benedizione.

Roma, San Giovanni in Laterano, 30 aprile 2023, IV Domenica di Pasqua.

FRANCESCO

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[1] Documento finale della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2018), Giovani, fede e discernimento vocazionale, n. 78.
[2] Manoscritto B, scritto durante il suo ultimo ritiro (settembre 1896): Opere complete, Roma 1997, 223.
[3] Cfr Messaggio per la 97ª Giornata Missionaria Mondiale (6 gennaio 2023).
[4] «Dilatentur spatia caritatis»: Sant’Agostino, Sermo 69: PL 5, 440.441.

[00649-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

La vocation : grâce et mission

Chers frères et sœurs, chers jeunes !

C'est la soixantième fois que nous célébrons la Journée mondiale de prière pour les vocations, instituée par saint Paul VI en 1964, au cours du Concile œcuménique Vatican II. Cette initiative providentielle vise à aider les membres du Peuple de Dieu, personnellement et en communauté, à répondre à l'appel et à la mission que le Seigneur confie à chacun dans le monde d'aujourd'hui, avec ses blessures et ses espoirs, ses défis, ses succès.

Cette année, je vous propose de réfléchir et de prier en étant guidés par le thème "Vocation : grâce et mission". C'est une occasion précieuse pour redécouvrir avec émerveillement que l'appel du Seigneur est une grâce, un don gratuit, et qu'il s'agit en même temps d'un engagement à partir, à sortir pour apporter l'Évangile. Nous sommes appelés à témoigner de la foi, qui lie fortement la vie de la grâce, à travers les sacrements, la communion ecclésiale, et l'apostolat dans le monde. Animé par l'Esprit, le chrétien se laisse interpeller par les périphéries existentielles et est sensible aux drames humains, en gardant toujours à l'esprit que la mission est l'œuvre de Dieu et qu'elle ne s'accomplit pas seul, mais dans la communion ecclésiale, avec ses frères et sœurs, guidés par les pasteurs. Car tel est, depuis toujours et pour toujours, le rêve de Dieu : que nous vivions avec Lui dans une communion d'amour.

"Choisis avant la création du monde".

L'apôtre Paul ouvre devant nous un horizon merveilleux : Dieu le Père « nous a choisis dans le Christ, avant la création du monde pour que nous soyons saints, immaculés devant lui dans l'amour. Il nous a prédestinés à être, pour lui, des fils adoptifs par Jésus, le Christ. Ainsi l’a voulu sa bonté » (Ep 1, 4-5). Ce sont des mots qui nous permettent de voir la vie dans sa pleine signification : Dieu nous "conçoit" à son image et à sa ressemblance et veut que nous soyons ses enfants : nous avons été créés par l'Amour, par amour et avec amour, et nous sommes faits pour aimer.

Au cours de notre vie, cet appel, inscrit dans les fibres de notre être et porteur du secret du bonheur, nous rejoint, par l'action de l'Esprit Saint, d'une manière toujours nouvelle, éclaire notre intelligence, donne de la vigueur à notre volonté, nous émerveille et fait brûler notre cœur. Parfois, elle fait même irruption à l'improviste. Ce fut le cas pour moi le 21 septembre 1953, lorsque, me rendant à la fête annuelle des étudiants, j'ai ressenti le besoin d'entrer dans une église et de me confesser. Ce jour a changé ma vie et l'a façonnée d'une manière qui dure encore aujourd'hui. Mais l'appel divin au don de soi se fait progressivement, à travers un cheminement : au contact d'une situation de pauvreté, dans un moment de prière, grâce à un témoignage clair de l'Évangile, à travers une lecture qui nous ouvre l'esprit, lorsque nous écoutons une Parole de Dieu et que nous sentons qu’elle nous est adressée, dans le conseil d'un frère ou d'une sœur qui nous accompagne, dans un temps de maladie ou de deuil... L'imagination de Dieu qui nous appelle est infinie.

Et son initiative et son don gratuit attendent notre réponse. La vocation est "l'entrelacement du choix divin et de la liberté humaine"[1]. C'est une relation dynamique et stimulante qui a pour interlocuteurs Dieu et le cœur de l'homme. Ainsi, le don de la vocation est comme une graine divine qui germe dans le sol de notre vie, nous ouvre à Dieu et aux autres pour partager avec eux le trésor que nous avons trouvé. Telle est la structure fondamentale de ce que nous entendons par vocation : Dieu appelle en aimant et nous, reconnaissants, répondons en aimant. Nous nous découvrons fils et filles aimés par le même Père et nous nous reconnaissons frères et sœurs entre nous. Sainte Thérèse de l'Enfant Jésus, lorsqu'elle a enfin "vu" clairement cette réalité, s'est exclamée : « Ma vocation je l’ai enfin trouvée ! Ma vocation, c'est l'Amour ! Oui, j'ai trouvé ma place dans l'Église [...]. Dans le cœur de l'Église, ma Mère, je serai l'Amour »[2].

« Je suis une mission sur cette terre »

L'appel de Dieu, comme nous l'avons dit, comprend l'envoi. Il n'y a pas de vocation sans mission. Et il n'y a pas de bonheur ni de pleine réalisation de soi sans offrir aux autres la nouvelle vie que nous avons trouvée. L'appel divin à l'amour est une expérience qui ne peut être réduite au silence. « Malheur à moi si je n'annonce pas l'Évangile », s'exclame saint Paul (1 Co 9, 16). Et la première Lettre de Jean commence ainsi : Ce que nous avons entendu, vu, contemplé et touché, c'est-à-dire le Verbe fait chair, nous vous l'annonçons aussi pour que notre joie soit complète (cf. 1, 1-4).

Il y a cinq ans, dans l'Exhortation apostolique Gaudete et Exsultate, je m'adressais ainsi à chaque baptisé : « Toi aussi, tu dois concevoir la totalité de ta vie comme une mission » (n. 23). Oui, parce que chacun de nous, sans exception, peut dire : « Je suis une mission sur cette terre, et c'est pourquoi je suis dans ce monde » (Exhort. ap. Evangelii Gaudium, n. 273).

La mission commune à tous les chrétiens est de témoigner joyeusement, en toute situation, par des attitudes et des paroles, de ce que nous vivons en étant avec Jésus et dans sa communauté qu'est l'Église. Elle se traduit par des œuvres de miséricorde corporelle et spirituelle, par un style de vie accueillant et doux, capable de proximité, de compassion et de tendresse, à contre-courant de la culture du rejet et de l'indifférence. Être le prochain, comme le bon Samaritain (cf. Lc 10, 25-37), nous permet de comprendre le "cœur" de la vocation chrétienne : imiter Jésus-Christ qui est venu pour servir et non pour être servi (cf. Mc 10, 45).

Cette action missionnaire ne découle pas simplement de nos capacités, de nos intentions ou de nos projets, ni de notre volonté, ni même de notre effort pour pratiquer les vertus, mais d'une expérience profonde avec Jésus. Ce n'est qu'alors que nous pouvons devenir les témoins de Quelqu'un, d'une Vie, et cela fait de nous des "apôtres". C'est alors que nous nous reconnaissons « marqués par cette mission d'éclairer, de bénir, de vivifier, d'élever, de guérir, de libérer » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 273).

Les deux disciples d'Emmaüs sont une icône évangélique de cette expérience. Après leur rencontre avec Jésus ressuscité, ils se confient l'un à l'autre : « Notre cœur n’était-il pas brûlant en nous, tandis qu’il nous parlait sur la route et nous ouvrait les Écritures ? » (Lc 24, 32). En eux, nous pouvons voir ce que signifie avoir "un cœur brûlant et des pieds en marche"[3]. C'est ce que je souhaite également pour les prochaines Journées Mondiales de la Jeunesse de Lisbonne, que j'attends avec joie et dont la devise est : « Marie se mit en route avec empressement » (Lc 1, 39). Que chacun se sente appelé à se lever et à partir en hâte, avec un cœur ardent !

Appelés ensemble : convoqués

L'évangéliste Marc raconte le moment où Jésus appela à lui douze disciples, chacun par son nom. Il les constitua pour être avec lui et pour les envoyer prêcher, guérir les maladies et chasser les démons (cf. Mc 3,13-15). Le Seigneur a ainsi posé les fondements de sa nouvelle Communauté. Les Douze étaient des personnes issues de milieux sociaux et de professions différents, n'appartenant pas aux catégories les plus importantes. Les Évangiles nous racontent ensuite d'autres appels, comme celui des soixante-douze disciples que Jésus envoya deux par deux (cf. Lc 10, 1).

L'Église est précisément l'Ekklesía, terme grec qui signifie : assemblée de personnes appelées, convoquées, pour former la communauté des disciples missionnaires de Jésus-Christ, engagés à vivre son amour au milieu d'eux (cf. Jn 13, 34 ; 15, 12) et à le répandre parmi tous, pour que vienne le Royaume de Dieu.

Dans l'Église, nous sommes tous des serviteurs et des servantes, selon des vocations, des charismes et des ministères différents. La vocation au don de soi dans l'amour, commune à tous, se déploie et se concrétise dans la vie des laïcs chrétiens, hommes et femmes, engagés dans la construction de la famille comme petite église domestique et dans le renouvellement des différents milieux de la société avec le levain de l'Évangile ; dans le témoignage des personnes consacrées, toutes données à Dieu pour leurs frères et sœurs comme prophétie du Royaume de Dieu ; dans les ministres ordonnés (diacres, prêtres, évêques) mis au service de la Parole, de la prière et de la communion du peuple saint de Dieu. Ce n'est que dans la relation avec toutes les autres que chaque vocation spécifique dans l'Église se révèle pleinement avec sa vérité et sa richesse propres. En ce sens, l'Église est une symphonie vocationnelle, avec toutes les vocations unies et distinctes dans l'harmonie et ensemble "en sortie" pour rayonner dans le monde la vie nouvelle du Royaume de Dieu.

Grâce et mission : don et engagement

Chers frères et sœurs, la vocation est un don et une charge, une source de vie nouvelle et de joie véritable. Que les initiatives de prière et d'animation associées à cette Journée renforcent la conscience vocationnelle dans nos familles, dans les communautés paroissiales et dans les communautés de vie consacrée, dans les associations et dans les mouvements ecclésiaux. Que l'Esprit du Seigneur ressuscité nous arrache à l'apathie et nous donne la sympathie et l'empathie, afin que nous puissions vivre chaque jour régénérés en tant que fils du Dieu Amour (cf. 1 Jn 4, 16) et être à notre tour générateurs d'amour : capables d'apporter la vie partout, en particulier là où il y a exclusion et exploitation, dénuement et mort. Pour que les espaces de l'amour s'élargissent[4] et que Dieu règne toujours plus dans ce monde.

Que la prière composée par saint Paul VI pour la première Journée mondiale des vocations, le 11 avril 1964, nous accompagne sur ce chemin :

Ô Jésus, divin Pasteur des âmes, qui as appelé les Apôtres à être des pêcheurs d'hommes, attire de nouveau à toi les âmes ardentes et généreuses des jeunes, pour en faire tes disciples et tes ministres ; fais-les participer à ta soif de Rédemption universelle, [...] ouvre-leur les horizons du monde entier, [...] afin que, répondant à ton appel, ils prolongent ta mission ici-bas, construisent ton Corps mystique, qui est l'Église, et soient "sel de la terre", "lumière du monde" (Mt 5, 13).

Que la Vierge Marie vous accompagne et vous protège. Avec ma bénédiction.

Rome, Saint-Jean-de-Latran, 30 avril 2023, 4ème dimanche de Pâques.

FRANÇOIS

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[1] Document final de la 15ème Assemblée générale ordinaire du Synode des Evêques (2018), Jeunes, foi er discernement vocationnel, n.78.
[2] Manuscrit B, écrit durant sa dernière retraite (septembre 1896): Oeuvres completes, Paris 1992, p. 226.
[3] Cf. Message pour la 97ème Journée Missionnaire Mondiale (6 janvier 2023).
[4] «Dilatentur spatia caritatis»: Saint Augustin, Sermon 69: PL 5, 440.441.

[00649-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Vocation: Grace and Mission”

Dear brothers and sisters, dear young people!

This is now the sixtieth time that we are celebrating the World Day of Prayer for Vocations, established by Saint Paul VI in 1964, during the Second Vatican Ecumenical Council. This providential initiative seeks to assist the members of the People of God, as individuals and as communities, to respond to the call and mission that the Lord entrusts to each of us in today’s world, amid its afflictions and its hopes, its challenges and its achievements.

This year I would ask you, in your reflection and prayer, to take as your guide the theme “Vocation: Grace and Mission”. This Day is a precious opportunity for recalling with wonder that the Lord’s call is grace, complete gift, and at the same time a commitment to bring the Gospel to others. We are called to a faith that bears witness, one that closely connects the life of grace, as experienced in the sacraments and ecclesial communion, to our apostolate in the world. Led by the Spirit, Christians are challenged to respond to existential peripheries and human dramas, ever conscious that the mission is God’s work; it is not carried out by us alone, but always in ecclesial communion, together with our brothers and sisters, and under the guidance of the Church’s pastors. For this has always been God’s dream: that we should live with him in a communion of love.

“Chosen before the creation of the world”

The apostle Paul opens before us a remarkable horizon: in Christ, God the Father “chose us before the foundation of the world to be holy and blameless in his sight in love. He destined us for adoption as his children through Jesus Christ, according to the good pleasure of his will” (Eph 1:4-5). These words allow us to glimpse life at its fullest: God has “conceived” us in his image and likeness and desires us to be his sons and daughters. We were created by love, for love and with love, and we are made for love.

In the course of our lives, this call, which is part of the fibre of our being and the secret of our happiness, comes to us by the work of the Holy Spirit in ever new ways. It enlightens our minds, strengthens our wills, fills us with amazement and sets our hearts afire. At times, the Spirit comes to us in completely unexpected ways. So it was for me when, on 21 September 1953, as I was on my way to an annual school celebration, I was led to stop by a church and go to confession. That day changed my life and left a mark that has endured to the present day. God’s call to the gift of self tends to make itself known gradually: in our encounter with situations of poverty, in moments of prayer, when we see a clear witness to the Gospel, or read something that opens our minds. When we hear God’s word and sense that it is spoken directly to us, in the advice given by a fellow brother or sister, in moments of sickness or sorrow… In all the ways he calls us, God shows infinite creativity.

The Lord’s initiative and his gracious gift call for a response on our part. Vocation is “the interplay between divine choice and human freedom”,[1] a dynamic and exciting relationship between God and the human heart. The gift of vocation is like a divine seed that springs up in the soil of our existence, opens our hearts to God and to others, so that we can share with them the treasure we ourselves have found. This is the fundamental structure of what we mean by vocation: God calls us in love and we, in gratitude, respond to him in love. We realize that we are beloved sons and daughters of the one Father, and we come to see ourselves as brothers and sisters of one another. Saint Therese of the Child Jesus, when at last she “saw” this clearly, exclaimed, “At last I have found my calling: my call is love. Indeed, I have found my proper place in the Church… In the heart of the Church, my Mother, I will be love”.[2]

“I am a mission on this earth”

God’s call, we said, includes a “sending”. There is no vocation without mission. There is no happiness and full self-realization unless we offer others the new life that we have found. God’s call to love is an experience that does not allow us to remain silent. Saint Paul says, “Woe to me if I do not proclaim the gospel!” (1 Cor 9:16). And the First Letter of John begins with the words, “What we have heard and seen, looked at and touched – the Word made flesh – we declare also to you, so that our joy may be complete” (cf. 1:1-4).

Five years ago, in the Apostolic Exhortation Gaudete et Exsultate, I spoke to every baptized person, saying, “You need to see the entirety of your life as a mission” (No. 23). Yes, because each and every one of us is able to say: “I am a mission on this earth; that is the reason why I am here in this world” (Evangelii Gaudium, 273).

Our shared mission as Christians is to bear joyful witness wherever we find ourselves, through our actions and words, to the experience of being with Jesus and members of his community, which is the Church. That mission finds expression in works of material and spiritual mercy, in a welcoming and gentle way of life that reflects closeness, compassion and tenderness, in contrast to the culture of waste and indifference. By being a neighbour, like the Good Samaritan (cf. Lk 10:25-37), we come to understand the heart of our Christian vocation: to imitate Jesus Christ, who came to serve, not to be served (cf. Mk 10:45).

This missionary activity does not arise simply from our own abilities, plans and projects, nor from our sheer willpower or our efforts to practice the virtues; it is the result of a profound experience in the company of Jesus. Only then can we testify to a Person, a Life, and thus become “apostles”. Only then can we regard ourselves as “sealed, even branded, by this mission of bringing light, blessing, enlivening, raising, healing and freeing” (Evangelii Gaudium, 273).

The Gospel icon of this experience is that of the two disciples journeying to Emmaus. After their encounter with the risen Jesus, they said to each other, “Were not our hearts burning within us while he was talking to us on the road, while he was opening the Scriptures to us?” (Lk 24:32). In those disciples, we can see what it means to have “hearts on fire, feet on the move”.[3] This is also my fervent hope for the coming World Youth Day in Lisbon, to which I joyfully look forward, with its motto: “Mary arose and went with haste” (Lk 1:39). May every man and woman feel called to arise and go in haste, with hearts on fire.

Called together and convened

The evangelist Mark relates the moment when Jesus called to himself twelve disciples, each by name. He appointed them to be with him and to be sent out to proclaim the message, to heal infirmities and to cast out demons (cf. Mk 3:13-15). The Lord thus laid the foundations of his new community. The Twelve were people from different social classes and trades; none of them was a person of influence. The Gospels speak too of other callings, like that of the 72 disciples whom Jesus sent out two by two (cf. Lk 10:1).

The Church is an Ecclesia, the Greek word for an assembly of persons called and convened, in order to form the community of missionary disciples of Jesus Christ committed to sharing love among themselves (cf. Jn 13:34; 15:12) and spreading that love to all others, so that God’s kingdom may come.

Within the Church, all of us are servants, in accordance with the variety of our vocations, charisms and ministries. Our common vocation to give ourselves in love develops and finds concrete expression in the life of lay men and women, devoted to raising a family as a small domestic church and working as a leaven of the Gospel to renew the different sectors of society; in the testimony of consecrated women and men who are completely committed to God for the sake of their brothers and sisters as a prophetic sign of the kingdom of God; in ordained ministers – deacons, priests and bishops – placed at the service of preaching, prayer and fostering the communion of the holy People of God. Only in relation with all the others, does any particular vocation in the Church fully disclose its true nature and richness. Viewed in this light, the Church is a vocational “symphony”, with every vocation united yet distinct, in harmony and joined together in “going forth” to radiate throughout the world the new life of the kingdom of God.

Grace and mission: a gift and a task

Dear brothers and sisters, vocation is a gift and a task, a source of new life and true joy. May the initiatives of prayer and of activity associated with this Day strengthen an awareness of vocation within our families, our parish communities, our communities of consecrated life, and our ecclesial associations and movements. The Spirit of the risen Lord dispels our apathy and grants us the gifts of sympathy and empathy. In this way, he enables us to live each day born anew as children of the God who is love (cf. 1 Jn 4:16) and in turn to offer that love to others. To bring life everywhere, especially in places of exclusion and exploitation, poverty and death, in order to enlarge the spaces of love,[4] so that God may reign ever more fully in this world.

May the prayer that Saint Paul VI composed for the first World Day of Vocations, 11 April 1964, accompany us on our journey:

“O Jesus, divine Shepherd of souls, you called the apostles and made them fishers of men. Continue to draw to yourself ardent and generous souls from among the young, in order to make them your followers and your ministers. Give them a share in your thirst for the redemption of all… Open before them the horizons of the entire world… By responding to your call, may they prolong your mission here on earth, build up your Mystical Body which is the Church, and be ‘the salt of the earth’ and ‘the light of the world’ (Mt 5:13)”.

May the Virgin Mary watch over you and protect you. With my blessing.

Rome, Saint John Lateran, 30 April 2023, Fourth Sunday of Easter.

FRANCIS

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[1] Final Document of the XV Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops (2018): “Young People, the Faith and Vocational Discernment, No. 78.
[2] Manuscript B, written during her last retreat (September 1896), Oeuvres completes, Paris, 1992, p. 226.
[3] Cf. Message for World Mission Day 2023 (6 January 2023).
[4]Dilatentur spatia caritatis”: SAINT AUGUSTINE, Sermo 69: PL 5, 440-441.

[00649-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

 

Berufung: Gnade und Mission

Liebe Brüder und Schwestern, liebe junge Menschen!

In diesem Jahr wird zum sechzigsten Mal der Weltgebetstag um geistliche Berufungen begangen, der 1964 von Papst Paul VI. während des Zweiten Vatikanischen Ökumenischen Konzils eingeführt wurde. Diese providentielle Initiative soll den Gliedern des Volkes Gottes helfen, persönlich und in Gemeinschaft auf den Ruf und den Auftrag zu antworten, den der Herr einem jeden in der heutigen Welt mit ihren Wunden und ihren Hoffnungen, ihren Herausforderungen und ihren Errungenschaften anvertraut.

In diesem Jahr schlage ich vor, dass wir uns beim Nachdenken und Beten vom Thema „Berufung: Gnade und Mission“ leiten lassen. Es ist eine kostbare Gelegenheit, staunend neu zu entdecken, dass der Ruf des Herrn Gnade ist, ein freies Geschenk, und zugleich ein Auftrag, aufzubrechen und hinauszugehen, um das Evangelium weiterzutragen. Wir sind zu einem Glaubenszeugnis berufen, welches das Leben der Gnade – durch die Sakramente und die kirchliche Gemeinschaft – und das Apostolat in der Welt eng miteinander verbindet. Vom Heiligen Geist bewegt, lässt sich der Christ von den existenziellen Rändern herausfordern und ist sensibel für die menschlichen Dramen, wobei er sich stets vor Augen hält, dass die Mission Gottes Werk ist und nicht von Einzelnen vollbracht wird, sondern in der kirchlichen Gemeinschaft, zusammen mit den Brüdern und Schwestern, unter der Führung der Hirten. Denn dies ist schon immer und für immer Gottes Traum: dass wir mit ihm in einer Gemeinschaft der Liebe leben.

„Erwählt vor der Grundlegung der Welt“

Der Apostel Paulus eröffnet uns einen wunderbaren Horizont: Gott, der Vater, hat uns in Christus erwählt »vor der Grundlegung der Welt, damit wir heilig und untadelig leben vor ihm. Er hat uns in Liebe im Voraus dazu bestimmt, seine Söhne zu werden durch Jesus Christus und zu ihm zu gelangen, nach seinem gnädigen Willen« (Eph 1,4-5). Das sind Worte, die es uns ermöglichen, das Leben in seiner vollen Bedeutung zu sehen: Gott „denkt“ uns nach seinem Bild und Gleichnis und will, dass wir seine Kinder sind: Wir wurden von der Liebe, aus Liebe und mit Liebe geschaffen, und wir sind dazu bestimmt zu lieben.

Im Laufe unseres Lebens erreicht uns dieser Ruf – der in die Fasern unseres Wesens eingeschrieben ist und das Geheimnis des Glücks in sich trägt – durch das Wirken des Heiligen Geistes auf immer neue Weise. Er erleuchtet unsere Intelligenz, erfüllt unseren Willen mit Kraft, lässt uns staunen und unser Herz brennen. Manchmal bricht er sogar ganz unverhofft herein. So war es bei mir am 21. September 1953, als ich auf dem Weg zum jährlichen Studentenfest das Verlangen verspürte, in die Kirche zu gehen und zu beichten. Dieser Tag veränderte mein Leben und prägt es bis heute. Aber der göttliche Ruf zur Selbsthingabe bahnt sich seinen Pfad allmählich, im Laufe eines Weges: wenn man mit einer Situation der Armut in Berührung kommt; in einem Moment des Gebets; dank eines klaren Zeugnisses für das Evangelium; dank einer Lektüre, die unseren Geist öffnet; wenn wir ein Wort Gottes hören und es als an uns gerichtet wahrnehmen; im Rat eines Bruders oder einer Schwester, die uns begleiten, in einer Zeit der Krankheit oder Trauer ... Die Phantasie Gottes, der uns ruft, ist unendlich.

Und seine Initiative und sein freies Geschenk warten auf unsere Antwort. Berufung ist »das Ineinandergreifen von göttlicher Erwählung und menschlicher Freiheit«[1], sie ist eine dynamische und anregende Beziehung, bei der Gott und das menschliche Herz die Gesprächspartner sind. So ist das Geschenk der Berufung wie ein göttlicher Same, der im Erdreich unseres Lebens keimt, uns für Gott öffnet und uns anderen gegenüber offen macht, damit wir den Schatz, den wir gefunden haben, mit ihnen teilen. Das ist die Grundstruktur dessen, was wir unter Berufung verstehen: Gott ruft in Liebe und wir antworten dankbar in Liebe. Wir entdecken uns als Söhne und Töchter, die von demselben Vater geliebt werden, und wir erkennen, dass wir alle Brüder und Schwestern sind. Als die heilige Therese vom Kinde Jesu diese Realität endlich klar „sah“, rief sie aus: »Endlich habe ich meine Berufung gefunden, meine Berufung ist die Liebe! Ja, ich habe meinen Platz in der Kirche gefunden [...]. Im Herzen der Kirche, meiner Mutter, werde ich die Liebe sein«[2].

»Ich bin eine Mission auf dieser Erde«

Der Ruf Gottes beinhaltet, wie wir schon sagten, eine Sendung. Es gibt keine Berufung ohne eine Mission. Und es gibt kein Glück und keine volle Selbstverwirklichung, ohne dass wir den anderen das neue Leben anbieten, das wir gefunden haben. Der göttliche Ruf zur Liebe ist eine Erfahrung, die man nicht verschweigen kann. »Weh mir, wenn ich das Evangelium nicht verkünde!«, rief der heilige Paulus aus (1 Kor 9,16). Und der erste Johannesbrief beginnt so: „Was wir gehört, gesehen, geschaut und angefasst haben – nämlich das fleischgewordene Wort –, das verkünden wir auch euch, damit unsere Freude vollkommen ist“ (vgl. 1,1-4).

Vor fünf Jahren habe ich mich im Apostolischen Schreiben Gaudete et Exsultate folgendermaßen an jeden Getauften und jede Getaufte gewandt: »Auch du musst dein Leben im Ganzen als eine Sendung begreifen« (Nr. 23). Ja, denn jeder von uns, ohne Ausnahme, kann sagen: »Ich bin eine Mission auf dieser Erde, und ihretwegen bin ich auf dieser Welt« (Apostolisches Schreiben Evangelii Gaudium, 273).

Unsere gemeinsame Mission als Christen ist es, in jeder Situation mit unserem Verhalten und unseren Worten freudig zu bezeugen, was wir mit Jesus und in seiner Gemeinschaft, der Kirche, erleben. Und das drückt sich in Werken der materiellen und geistlichen Barmherzigkeit aus, in einem einladenden und liebenswerten Lebensstil, der zu Nähe, Mitgefühl und Zärtlichkeit fähig ist, im Gegensatz zur Kultur des Wegwerfens und der Gleichgültigkeit. Wenn wir wie der barmherzige Samariter (vgl. Lk 10,25-37) zum Nächsten werden, können wir den „Kern“ der christlichen Berufung verstehen: Jesus Christus nachzuahmen, der gekommen ist, um zu dienen und nicht, um sich bedienen zu lassen (vgl. Mk 10,45).

Dieses missionarische Handeln entspringt nicht einfach unseren Fähigkeiten, Absichten oder Plänen, auch nicht unserem Willen oder gar unserem Bemühen, die Tugenden zu praktizieren, sondern einer tiefen Jesus-Erfahrung. Nur dann können wir zu Zeugen werden für Jemanden, für ein Leben, und das macht uns zu „Aposteln“. Dann erkennen wir uns als »gebrandmarkt für diese Mission, Licht zu bringen, zu segnen, zu beleben, aufzurichten, zu heilen, zu befreien« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 273).

Sinnbildlich für diese Erfahrung sind im Evangelium die beiden Emmausjünger. Nach ihrer Begegnung mit dem auferstandenen Jesus vertrauen sie sich einander an: »Brannte nicht unser Herz in uns, als er unterwegs mit uns redete und uns den Sinn der Schriften eröffnete?« (Lk 24,32). An ihnen können wir sehen, was es bedeutet, „brennende Herzen und bewegte Schritte“[3] zu haben. Das wünsche ich mir auch für den nächsten Weltjugendtag in Lissabon, dem ich mit Freude entgegensehe und dessen Motto lautet: »Maria stand auf und machte sich eilig auf den Weg« (Lk 1,39). Möge sich jede und jeder von uns gerufen fühlen, aufzustehen und sich eilig auf den Weg zu machen, mit einem brennenden Herzen!

Gemeinsam berufen: zusammengerufen

Der Evangelist Markus berichtet von dem Moment, als Jesus zwölf Jünger zu sich rief, jeden mit seinem eigenen Namen. Er setzte sie ein, damit sie bei ihm blieben und er sie aussenden konnte, um zu predigen, Krankheiten zu heilen und Dämonen auszutreiben (vgl. Mk 3,13-15). Damit legt der Herr das Fundament für seine neue Gemeinschaft. Die Zwölf waren Menschen aus unterschiedlichen sozialen Milieus und Berufen, die nicht zu den bedeutendsten gehören. Und dann berichten die Evangelien noch von anderen Berufungen, wie die der zweiundsiebzig Jünger, die Jesus zu zweit aussendet (vgl. Lk 10,1).

Die Kirche ist eben Ekklesía, das ist ein griechischer Begriff, der bedeutet: Versammlung von Menschen, die gerufen, zusammengerufen werden, um die Gemeinschaft der missionarischen Jüngerinnen und Jünger Jesu Christi zu bilden, die sich bemühen, seine Liebe untereinander zu leben (vgl. Joh 13,34; 15,12) und sie überall zu verbreiten, damit das Reich Gottes komme.

In der Kirche sind wir alle Dienerinnen und Diener mit unterschiedlichen Berufungen, Charismen und Ämtern. Die Berufung zur Selbsthingabe in der Liebe, die allen gemeinsam ist, entfaltet und verwirklicht sich im Leben christlicher Laien, die danach streben, die Familie als kleine Hauskirche zu gestalten und die verschiedenen Bereiche der Gesellschaft mit dem Sauerteig des Evangeliums zu erneuern; ebenso im Zeugnis gottgeweihter Männer und Frauen, die sich Gott übereignet haben als Prophetie des Reiches Gottes für ihre Brüder und Schwestern; und in den geweihten Amtsträgern (Diakone, Priester, Bischöfe), die in den Dienst des Wortes, des Gebets und der Gemeinschaft des heiligen Volkes Gottes gestellt sind. Nur in der Beziehung mit allen anderen kommt jede spezifische Berufung in der Kirche mit ihrer eigenen Wahrheit und ihrem Reichtum voll zum Vorschein. In diesem Sinne ist die Kirche eine Berufungs-Sinfonie, in der alle Berufungen in ihrer Verschiedenheit harmonisch vereint sind und gemeinsam „aufbrechen“, um das neue Leben des Reiches Gottes in die Welt auszustrahlen.

Gnade und Mission: Geschenk und Aufgabe

Liebe Brüder und Schwestern, Berufung ist ein Geschenk und eine Aufgabe, eine Quelle neuen Lebens und wahrer Freude. Mögen die Gebetsinitiativen und Aktionen, die mit diesem Tag verbunden sind, das Bewusstsein für die Berufung in unseren Familien, Pfarrgemeinden und Gemeinschaften des geweihten Lebens, kirchlichen Vereinen und Bewegungen stärken. Möge der Geist des auferstandenen Herrn uns aus der Apathie aufrütteln und uns Sympathie und Empathie schenken, damit wir jeden Tag erneuert als Kinder Gottes leben, der die Liebe ist (vgl. 1 Joh 4,16), und unsererseits fruchtbar in der Liebe sind: fähig, überall Leben zu bringen, besonders dort, wo es Ausgrenzung und Ausbeutung, Elend und Tod gibt. Auf diese Weise möge die Liebe immer mehr Raum gewinnen[4] und Gott immer mehr in dieser Welt herrschen.

Auf diesem Weg möge uns das Gebet begleiten, das der heilige Papst Paul VI. für den ersten Weltgebetstag um geistliche Berufungen am 11. April 1964 verfasst hat:

»Jesus, göttlicher Hirt der Seelen, du hast die Apostel berufen und zu Menschenfischern gemacht. Du ziehst auch heute die glühenden und großherzigen Seelen der jungen Menschen an dich, um sie in deine Nachfolge und deinen Dienst zu berufen; lass sie teilhaben an deinem universalen Heilswillen, [...] öffne ihnen den Blick für die ganze Welt, [...] damit sie auf deinen Ruf antworten und deine Sendung hier auf Erden fortsetzen und am Aufbau deines mystischen Leibes mitarbeiten, der die Kirche ist. Mach sie zum Salz der Erde und zum Licht der Welt (Mt 5,13).«

Die Jungfrau Maria begleite und beschütze euch. Mit meinem Segen.

Rom, St. Johannes im Lateran, 30. April 2023, Vierter Sonntag der Osterzeit.

FRANZISKUS

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[1] Abschlussdokument der XV. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode (2018), Die Jugendlichen, der Glaube und die Erkenntnis der Berufung, Nr. 78.
[2] Handschrift B, verfasst während ihrer letzten Exerzitien (September 1896): Selbstbiographische Schriften, Einsiedeln 1996, 200-201.
[3] Vgl. Botschaft zum 97. Weltmissionssonntag (6. Januar 2023).
[4] Dilatentur spatia caritatis: Augustinus, Sermo 69: PL 5, 440.441.

 

[00649-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Vocación: gracia y misión

Queridos hermanos y hermanas, queridísimos jóvenes:

Es la sexagésima vez que se celebra la Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones, instituida por san Pablo VI en 1964, durante el Concilio Ecuménico Vaticano II. Esta iniciativa providencial se propone ayudar a los miembros del pueblo de Dios, personalmente y en comunidad, a responder a la llamada y a la misión que el Señor confía a cada uno en el mundo de hoy, con sus heridas y sus esperanzas, sus desafíos y sus conquistas.

Este año les propongo reflexionar y rezar guiados por el tema “Vocación: gracia y misión”. Es una ocasión preciosa para redescubrir con asombro que la llamada del Señor es gracia, es un don gratuito y, al mismo tiempo, es un compromiso a ponerse en camino, a salir, para llevar el Evangelio. Estamos llamados a una fe que se haga testimonio, que refuerce y estreche en ella el vínculo entre la vida de la gracia —a través de los sacramentos y la comunión eclesial— y el apostolado en el mundo. Animado por el Espíritu, el cristiano se deja interpelar por las periferias existenciales y es sensible a los dramas humanos, teniendo siempre bien presente que la misión es obra de Dios y no la llevamos a cabo solos, sino en la comunión eclesial, junto con todos los hermanos y hermanas, guiados por los pastores. Porque este es, desde siempre y para siempre, el sueño de Dios: que vivamos con Él en comunión de amor.

«Elegidos antes de la creación del mundo»

El apóstol Pablo abre ante nosotros un horizonte maravilloso: en Cristo, Dios Padre «nos ha elegido en él, antes de la creación del mundo, para que fuéramos santos e irreprochables en su presencia, por el amor. Él nos predestinó a ser sus hijos adoptivos por medio de Jesucristo, conforme al beneplácito de su voluntad» (Ef 1,4-5). Son palabras que nos permiten ver la vida en su sentido pleno. Dios nos “concibe” a su imagen y semejanza, y nos quiere hijos suyos: hemos sido creados por el Amor, por amor y con amor, y estamos hechos para amar.

A lo largo de nuestra vida, esta llamada, inscrita en lo más íntimo de nuestro ser y portadora del secreto de la felicidad, nos alcanza, por la acción del Espíritu Santo, de manera siempre nueva, ilumina nuestra inteligencia, infunde vigor a la voluntad, nos llena de asombro y hace arder nuestro corazón. A veces incluso irrumpe de manera inesperada. Fue así para mí el 21 de septiembre de 1953 cuando, mientras iba a la fiesta anual del estudiante, sentí el impulso de entrar en la iglesia y confesarme. Ese día cambió mi vida y dejó una huella que perdura hasta hoy. Pero la llamada divina al don de sí se abre paso poco a poco, a través de un camino: al encontrarnos con una situación de pobreza, en un momento de oración, gracias a un testimonio límpido del Evangelio, a una lectura que nos abre la mente, cuando escuchamos la Palabra de Dios y la sentimos dirigida directamente a nosotros, en el consejo de un hermano o una hermana que nos acompaña, en un tiempo de enfermedad o de luto. La fantasía de Dios para llamarnos es infinita.

Y su iniciativa y su don gratuito esperan nuestra respuesta. La vocación es «el entramado entre elección divina y libertad humana»[1], una relación dinámica y estimulante que tiene como interlocutores a Dios y al corazón humano. Así, el don de la vocación es como una semilla divina que brota en el terreno de nuestra vida, nos abre a Dios y nos abre a los demás para compartir con ellos el tesoro encontrado. Esta es la estructura fundamental de lo que entendemos por vocación: Dios llama amando y nosotros, agradecidos, respondemos amando. Nos descubrimos hijos e hijas amados por el mismo Padre y nos reconocemos hermanos y hermanas entre nosotros. Santa Teresa del Niño Jesús, cuando finalmente “vio” con claridad esta realidad, exclamó: «¡Al fin he encontrado mi vocación! ¡Mi vocación es el amor…! Sí, he encontrado mi puesto en la Iglesia [...]. En el corazón de la Iglesia, mi Madre, yo seré el amor»[2].

«Yo soy una misión en esta tierra»

La llamada de Dios, como decíamos, incluye el envío. No hay vocación sin misión. Y no hay felicidad y plena realización de uno mismo sin ofrecer a los demás la vida nueva que hemos encontrado. La llamada divina al amor es una experiencia que no se puede callar. «¡Ay de mí si no predicara el Evangelio!» (1 Co 9,16), exclamaba san Pablo. Y la Primera Carta de san Juan comienza así: “Lo que hemos oído, visto, contemplado y tocado —es decir, el Verbo hecho carne— se lo anunciamos también a ustedes para que nuestra alegría sea plena” (cf. 1,1-4).

Hace cinco años, en la Exhortación apostólica Gaudete et exsultate, me dirigía a cada bautizado y bautizada con estas palabras: «Tú también necesitas concebir la totalidad de tu vida como una misión» (n. 23). Sí, porque cada uno de nosotros, sin excluir a nadie, puede decir: «Yo soy una misión en esta tierra, y para eso estoy en este mundo» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 273).

La misión común de todos los cristianos es testimoniar con alegría, en toda situación, con actitudes y palabras, lo que experimentamos estando con Jesús y en su comunidad que es la Iglesia. Y se traduce en obras de misericordia material y espiritual, en un estilo de vida abierto a todos y manso, capaz de cercanía, compasión y ternura, que va contracorriente respecto a la cultura del descarte y de la indiferencia. Hacerse prójimo, como el buen samaritano (cf. Lc 10,25-37), permite comprender lo esencial de la vocación cristiana: imitar a Jesucristo, que vino para servir y no para ser servido (cf. Mc 10,45).

Esta acción misionera no nace simplemente de nuestras capacidades, intenciones o proyectos, ni de nuestra voluntad, ni tampoco de nuestro esfuerzo por practicar las virtudes, sino de una profunda experiencia con Jesús. Sólo entonces podemos convertirnos en testigos de Alguien, de una Vida, y esto nos hace “apóstoles”. Entonces nos reconocemos como marcados «a fuego por esa misión de iluminar, bendecir, vivificar, levantar, sanar, liberar» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 273).

Icono evangélico de esta experiencia son los dos discípulos de Emaús. Después del encuentro con Jesús resucitado se confían recíprocamente: «¿No ardía acaso nuestro corazón, mientras nos hablaba en el camino y nos explicaba las Escrituras?» (Lc 24,32). En ellos podemos ver lo que significa tener “corazones fervientes y pies en camino”[3]. Es lo que deseo también para la próxima Jornada Mundial de la Juventud en Lisboa, que espero con alegría y que tiene por lema: «María se levantó y partió sin demora» (Lc 1,39). ¡Que cada uno y cada una se sienta llamado y llamada a levantarse e ir sin demora, con corazón ferviente!

Llamados juntos: convocados

El evangelista Marcos narra el momento en que Jesús llamó a doce discípulos, cada uno con su propio nombre. Los instituyó para que estuvieran con Él y para enviarlos a predicar, curar las enfermedades y expulsar a los demonios (cf. Mc 3,13-15). El Señor pone así las bases de su nueva Comunidad. Los Doce eran personas de ambientes sociales y oficios diferentes, y no pertenecían a las categorías más importantes. Los Evangelios nos cuentan también otras llamadas, como la de los setenta y dos discípulos que Jesús envía de dos en dos (cf. Lc 10,1).

La Iglesia es precisamente Ekklesía, término griego que significa: asamblea de personas llamadas, convocadas, para formar la comunidad de los discípulos y discípulas misioneros de Jesucristo, comprometidos a vivir su amor entre ellos (cf. Jn 13,34; 15,12) y a difundirlo entre todos, para que venga el Reino de Dios.

En la Iglesia, todos somos servidores y servidoras, según diversas vocaciones, carismas y ministerios. La vocación al don de sí en el amor, común a todos, se despliega y se concreta en la vida de los cristianos laicos y laicas, comprometidos a construir la familia como pequeña iglesia doméstica y a renovar los diversos ambientes de la sociedad con la levadura del Evangelio; en el testimonio de las consagradas y de los consagrados, entregados totalmente a Dios por los hermanos y hermanas como profecía del Reino de Dios; en los ministros ordenados (diáconos, presbíteros, obispos) puestos al servicio de la Palabra, de la oración y de la comunión del pueblo santo de Dios. Sólo en la relación con todas las demás, cada vocación específica en la Iglesia se muestra plenamente con su propia verdad y riqueza. En este sentido, la Iglesia es una sinfonía vocacional, con todas las vocaciones unidas y diversas, en armonía y a la vez “en salida” para irradiar en el mundo la vida nueva del Reino de Dios.

Gracia y misión: don y tarea

Queridos hermanos y hermanas, la vocación es don y tarea, fuente de vida nueva y de alegría verdadera. Que las iniciativas de oración y animación vinculadas a esta Jornada puedan reforzar la sensibilidad vocacional en nuestras familias, en las comunidades parroquiales y en las de vida consagrada, en las asociaciones y en los movimientos eclesiales. Que el Espíritu del Señor resucitado nos quite la apatía y nos conceda simpatía y empatía, para vivir cada día regenerados como hijos del Dios Amor (cf. 1 Jn 4,16) y ser también nosotros fecundos en el amor; capaces de llevar vida a todas partes, especialmente donde hay exclusión y explotación, indigencia y muerte. Para que se dilaten los espacios del amor[4] y Dios reine cada vez más en este mundo.

Que en este camino nos acompañe la oración compuesta por san Pablo VI para la primera Jornada Mundial de las Vocaciones, el 11 de abril de 1964:

«Jesús, divino Pastor de las almas, que llamaste a los Apóstoles para hacerlos pescadores de hombres, atrae a Ti también las almas ardientes y generosas de los jóvenes, para hacerlos tus seguidores y tus ministros; hazlos partícipes de tu sed de redención universal […], descúbreles los horizontes del mundo entero […]; para que, respondiendo a tu llamada, prolonguen aquí en la tierra tu misión, edifiquen tu Cuerpo místico, la Iglesia, y sean “sal de la tierra y luz del mundo” (Mt 5,13)».

Que la Virgen María los acompañe y los proteja. Con mi bendición.

Roma, San Juan de Letrán, 30 de abril de 2023, IV Domingo de Pascua.

FRANCISCO

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[1] Documento final de la XV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos (3 al 28 de octubre de 2018), Los jóvenes, la fe y el discernimiento vocacional, 78.
[2] Manuscrito B, Carta a María del Sagrado Corazón (8 de septiembre de 1896): Obras Completas, Burgos 2006, 261.
[3] Cf. Mensaje para la 97 Jornada Mundial de las Misiones (6 enero 2023).
[4] «Dilatentur spatia caritatis»: San Agustín, Sermo 69: PL 5, 440.441.

[00649-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

 

Vocação: graça e missão

Amados irmãos e irmãs, queridos jovens!

É a sexagésima vez que se celebra o Dia Mundial de Oração pelas Vocações, instituído por São Paulo VI em 1964, durante o Concílio Ecuménico Vaticano II. Esta providencial iniciativa visa ajudar os membros do Povo de Deus a responder, pessoalmente e em comunidade, à chamada e à missão que o Senhor confia a cada um no mundo de hoje, com as suas feridas e as suas esperanças, os seus desafios e as suas conquistas.

Neste ano, proponho-vos refletir e rezar guiados pelo tema «Vocação: graça e missão». É uma preciosa ocasião para redescobrir, maravilhados, que a chamada do Senhor é graça, dom gratuito e, ao mesmo tempo, é empenho de partir, sair para levar o Evangelho. Somos chamados a uma fé testemunhada, que estreita fortemente o vínculo entre a vida da graça, através dos Sacramentos e da comunhão eclesial, e o apostolado no mundo. Animado pelo Espírito, o cristão deixa-se interpelar pelas periferias existenciais e é sensível aos dramas humanos, tendo sempre bem presente que a missão é obra de Deus e não a realizamos sozinhos, mas em comunhão eclesial, juntamente com os irmãos e irmãs, guiados pelos Pastores. Pois este sempre foi o sonho de Deus: vivermos com Ele em comunhão de amor.

Escolhidos antes da criação do mundo

O apóstolo Paulo abre-nos de par em par um horizonte maravilhoso: Deus Pai «escolheu-nos em Cristo antes da criação do mundo, para sermos santos e irrepreensíveis na sua presença, no amor. Predestinou-nos para sermos adotados como seus filhos por meio de Jesus Cristo, de acordo com o beneplácito da sua vontade» (Ef 1, 4-5). São palavras que nos permitem ver a vida no seu sentido pleno: Deus «concebe-nos» à sua imagem e semelhança e quer-nos seus filhos: fomos criados pelo Amor, por amor e com amor, e somos feitos para amar.

No decurso da nossa vida, esta chamada, inscrita nas fibras do nosso ser e portadora do segredo da felicidade, alcança-nos, pela ação do Espírito Santo, de maneira sempre nova, ilumina a nossa inteligência, infunde vigor na vontade, enche-nos de admiração e faz arder o nosso coração. Às vezes irrompe até de forma inesperada. Assim aconteceu comigo em 21 de setembro de 1953, quando, a caminho da festa anual do estudante, senti o impulso de entrar na igreja e me confessar. Aquele dia mudou a minha vida, dando-lhe uma fisionomia que dura até hoje. Mas a chamada divina ao dom de nós mesmos abre estrada gradualmente, através dum caminho: em contacto com uma situação de pobreza, num momento de oração, graças a um claro testemunho do Evangelho, a uma leitura que nos abre a mente, quando ouvimos uma Palavra de Deus e a sentimos dirigida precisamente a nós, no conselho dum irmão ou uma irmã que nos acompanha, num período de doença ou de luto... A fantasia de Deus que nos chama é infinita.

E a sua iniciativa e dom gratuito esperam a nossa resposta. A vocação é uma «combinação entre a escolha divina e a liberdade humana»,[1] uma relação dinâmica e estimulante que tem como interlocutores Deus e o coração humano. Assim, o dom da vocação é como uma semente divina que germina no terreno da nossa vida, abre-nos a Deus e abre-nos aos outros para partilhar com eles o tesouro encontrado. Esta é a estrutura fundamental daquilo que entendemos por vocação: Deus chama amando, e nós, agradecidos, respondemos amando. Descobrimo-nos como filhos e filhas amados pelo mesmo Pai, e reconhecemo-nos como irmãos e irmãs entre nós. Santa Teresa do Menino Jesus, quando «viu» com clareza esta realidade, exclamou: «Encontrei finalmente a minha vocação! A minha vocação é o amor! Sim, encontrei o meu lugar na Igreja (…): no coração da Igreja, minha Mãe, eu serei o amor».[2]

Eu sou uma missão nesta terra

Como dissemos, a chamada de Deus inclui o envio. Não há vocação sem missão. E não há felicidade e plena autorrealização sem oferecer aos outros a vida nova que encontramos. A chamada divina ao amor é uma experiência que não se pode calar. «Ai de mim, se eu não evangelizar!»: exclamava São Paulo (1 Cor 9, 16). E a I Carta de João começa assim: «O que ouvimos, o que vimos com os nossos olhos, o que contemplamos e as nossas mãos tocaram relativamente ao Verbo da Vida [feito carne] (…), isso vos anunciamos (…) para que a nossa alegria seja completa» (1, 1.3.4).

Há cinco anos, na exortação apostólica Gaudete et exsultate, dizia eu a cada batizado e batizada: «Também tu precisas de conceber a totalidade da tua vida como uma missão» (n. 23). Sim, porque cada um de nós, sem exceção, pode dizer: «Eu sou uma missão nesta terra e para isso estou neste mundo» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 273).

A missão comum a todos nós, cristãos, é testemunhar com alegria, em cada situação, por atitudes e palavras, aquilo que experimentamos estando com Jesus e na sua comunidade, que é a Igreja. E traduz-se em obras de misericórdia materiais e espirituais, num estilo de vida acolhedor e sereno, capaz de proximidade, compaixão e ternura, em contracorrente à cultura do descarte e da indiferença. Fazer-nos próximo como o bom samaritano (cf. Lc 10, 25-37) permite-nos compreender o «núcleo» da vocação cristã: imitar Jesus Cristo que veio para servir e não para ser servido (cf. Mc 10, 45).

Esta ação missionária não nasce simplesmente das nossas capacidades, intenções ou projetos, nem da nossa vontade nem mesmo do nosso esforço de praticar as virtudes, mas duma profunda experiência com Jesus. Só assim podemos tornar-nos testemunhas de Alguém, duma Vida; e é isso que nos torna «apóstolos». Reconhecemo-nos então «como que marcados a fogo por esta missão de iluminar, abençoar, vivificar, levantar, curar, libertar» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 273).

Temos um ícone evangélico desta experiência nos dois discípulos de Emaús. Estes, depois do encontro com Jesus ressuscitado, confidenciavam um ao outro: «Não nos ardia o coração, quando Ele nos falava pelo caminho e nos explicava as Escrituras?» (Lc 24, 32). Podemos ver neles o que significa ter «corações ardentes e pés ao caminho».[3] É o que desejo também para a próxima Jornada Mundial da Juventude em Lisboa, que aguardo com alegria e que tem como lema: «Maria levantou-se e partiu apressadamente» (Lc 1, 39). Que cada um e cada uma se sinta chamado a levantar-se e partir apressadamente, com coração ardente!

Chamados juntos: convocados

O evangelista Marcos narra o momento em que Jesus chamou para junto d’Ele doze discípulos, cada um pelo próprio nome. Estabeleceu-os para estarem com Ele e os enviar a pregar, curar as doenças e expulsar os demónios (cf. Mc 3, 13-15). Assim o Senhor lança as bases da sua nova Comunidade. Os Doze eram pessoas de ambientes sociais e profissões diferentes, não pertencentes às categorias mais importantes. Os Evangelhos referem ainda outras chamadas, como a dos setenta e dois discípulos que Jesus envia dois a dois (cf. Lc 10, 1).

O termo Igreja deriva precisamente de Ekklesía, palavra grega que significa assembleia de pessoas chamadas, convocadas, para formar a comunidade dos discípulos e discípulas missionários de Jesus Cristo, comprometendo-se a viver entre si o seu amor (cf. Jo 13, 34; 15, 12) e a espalhá-lo no meio de todos, para que venha o Reino de Deus.

Na Igreja, somos todos servos e servas, segundo diversas vocações, carismas e ministérios. A vocação ao dom de si próprio no amor, comum a todos, desenvolve-se e concretiza-se na vida dos cristãos leigos e leigas, empenhados a construir a família como uma pequena igreja doméstica e a renovar os diversos ambientes da sociedade com o fermento do Evangelho; no testemunho das consagradas e consagrados, entregues totalmente a Deus pelos irmãos e irmãs como profecia do Reino de Deus; nos ministros ordenados (diáconos, presbíteros, bispos) colocados ao serviço da Palavra, da oração e da comunhão do Povo santo de Deus. Só na relação com todas as outras é que cada vocação específica na Igreja se revela plenamente com a sua própria verdade e riqueza. Neste sentido, a Igreja é uma sinfonia vocacional, com todas as vocações unidas e distintas em harmonia e juntas «em saída» para irradiar no mundo a vida nova do Reino de Deus.

Graça e missão: dom e tarefa

Amados irmãos e irmãs, a vocação é dom e tarefa, fonte de vida nova e de verdadeira alegria. Que as iniciativas de oração e animação pastoral ligadas a este Dia reforcem a sensibilidade vocacional nas nossas famílias, nas paróquias, nas comunidades de vida consagrada, nas associações e nos movimentos eclesiais. Que o Espírito do Ressuscitado nos faça sair da apatia e nos dê simpatia e empatia, para vivermos cada dia regenerados como filhos de Deus-Amor (cf. 1 Jo 4, 16) e sermos, por nossa vez, geradores no amor: capazes de levar a vida a todos os lugares, especialmente onde há exclusão e exploração, indigência e morte. Que deste modo se alarguem os espaços de amor[4] e Deus reine cada vez mais neste mundo.

Acompanhe-nos neste caminho a oração composta por São Paulo VI para o 1º Dia Mundial das Vocações (11 de abril de 1964):

«Ó Jesus, divino Pastor das almas, que chamastes os Apóstolos para fazer deles pescadores de homens, continuai a atrair para Vós almas ardentes e generosas de jovens, a fim de fazer deles vossos seguidores e vossos ministros; tornai-os participantes da vossa sede de redenção universal, (…) abri-lhes os horizontes do mundo inteiro, (…) para que, respondendo à vossa chamada, prolonguem aqui na terra a vossa missão, edifiquem o vosso Corpo místico, que é a Igreja, e sejam “sal da terra”, “luz do mundo” (Mt 5, 13)».

Que a Virgem Maria vos acompanhe e proteja. Com a minha bênção.

Roma, São João de Latrão, no IV Domingo de Páscoa, 30 de abril de 2023.

FRANCISCO

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[1] Sínodo dos Bispos – XV Assembleia Geral Ordinária (2018), Documento final Os jovens, a fé e o discernimento vocacional, n. 78.
[2] Manuscrito B, redigido durante o seu último Retiro (setembro de 1896): Opere complete (Roma 1997), 223.
[3] Francisco, Mensagem para o 97º Dia Mundial das Missões (6 de janeiro de 2023).
[4] «Dilatentur spatia caritatis»: Santo Agostinho, Sermão 69: PL 5, 440.441.

[00649-PO.01] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا فرنسيس

في مناسبة اليوم العالمي السّتين

للصّلاة من أجل الدعوات 2023

الدعوة: نعمة ورسالة

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، أيّها الشّباب الأعزّاء،

إنّها المرّة السّتون التي نحتفل فيها باليوم العالمي للصّلاة من أجل الدعوات، الذي أنشأه البابا القدّيس بولس السّادس سنة 1964، في أثناء المجمع المسكونيّ الفاتيكانيّ الثّاني. إنّها مبادرة أرادتها العناية الإلهيّة لمساعدة أعضاء شعب الله، أفرادًا وجماعات، ليستجيبوا للدعوة والرّسالة التي يعهد بها الرّبّ يسوع لكلّ واحد في عالم اليوم، بجراحه وآماله وتحدياته وإنجازاته.

أقترح عليكم هذه السّنة أن نتأمّل ونصلّي مسترشدين بهذا الموضوع: ”الدعوة: نعمة ورسالة“. إنّها فرصة ثمينة لنكتشف من جديد بدهشة أنّ دعوة الله هي نعمة، وهي عطيّة مجانية، وفي نفس الوقت هي التزام للذهاب والخروج لإعلان الإنجيل. نحن مدعوُوّن إلى الإيمان الذي يشهد، ويوثِّق بقوّة الرّباط بين حياة النّعمة، في الأسرار المقدّسة والشّركة الكنسيّة، وبين الرّسالة في العالم. المسيحيّ، الذي ينعشه الرّوح القدس، يقبل أن ينظر إلى "الأطراف" حيث المهمشون في الحياة، وهو حساس لمآسي البشر، ويعي دائمًا أنّ الرّسالة هي عمل لله، ولا يمكن أن نحملها وحدنا، بل في الشّركة الكنسيّة، مع الإخوة والأخوات، برعاية الرّعاة. لأنّه هذا هو حلم الله دائمًا وأبدًا: أن نعيش معه في شركة المحبّة.

”اختارَنا فيه قَبلَ إِنشاءِ العالَم“

يفتح الرّسول بولس أمامنا أفقًا عجيبًا. قال: في المسيح، الله الآب "اختارَنا فيه قَبلَ إِنشاءِ العالَم لِنَكونَ في نَظَرِه قِدِّيسينَ بِلا عَيبٍ في المَحبَّة وقَدَّرَ لَنا مُنذُ القِدَم أَن يَتَبنَّانا بِيَسوعَ المسيح على ما ارتَضَته مَشيئَتُه" (أفسس 1، 4-5). إنّها كلمات تسمح لنا بأن نرى الحياةَ بمِلءِ معناها: الله ”يُصّوِرنا“ على صورته ومثاله ويريدنا أن نكون أبناءه: الحبُّ خلقنا، بحُبٍّ ومن أجل الحبّ. وخلقنا لكي نحبّ.

في مجرى حياتنا، هذه الدعوة، المطبوعة في نسيج كياننا، تحمل سرّ السّعادة، وتأتينا بعمل الرّوح القدس، بطريقة جديدة دائمًا، وتنير عقلنا، وتفيض القوّة في إرادتنا، وتملؤنا بالدهشة وتضرم قلبنا. أحيانًا تندفع فينا بشكل غير متوقع. كان الأمر كذلك بالنسبة لي في 21 أيلول/سبتمبر 1953 عندما كنت في طريقي إلى حفلة الطّلاب السّنويّة. شعرت بالرّغبة في دخول الكنيسة والاعتراف. وقد غيّر ذلك اليوم حياتي وترك فيها بصمة تستمرّ فيّ حتّى اليوم. لكن الدعوة الإلهيّة لكي نبذل ذاتنا تتكوّن فينا شيئًا فشيئًا من خلال مسيرة: إذا اتصلنا بحالة فقر، أو في لحظة صلاة، أو سَمِعْنا شهادة صادقة للإنجيل، أو في قراءة تفتح ذهننا، أو عندما نصغي إلى كلمة الله ونشعر أنّها موجهة إلينا، أو عند نصيحة أخ أو أخت ترافقنا، أو في لحظة مرض أو حزن... خيال الله الذي يدعونا واسع لا حدَّ له.

ومبادرته وعطيته المجانية تنتظر جوابنا. الدعوة هي "التّلاقي بين خيار الله وحرّيّة الإنسان"[1]، وهي علاقة ديناميكيّة ومحفِّزة، الله يتكلّم فيها وقلبُ الإنسان. وهكذا فإنّ عطيّة الدعوة هي مثل نبتة إلهيّة تنمو في تربة حياتنا، وتفتح نفسنا على الله وعلى الآخرين لنقاسمهم الكنز الذي وجدناه. هذه هي القاعدة الأساسيّة لما نفهمه في الدعوة: الله يدعو بالحبّ ونحن نجيب، شاكرين، بالحبّ. فنكتشف أنّنا أبناء وبنات يحِبُّنا الله الآب نفسه، ونعرف أنّنا إخوة وأخوات فيما بيننا. القديسة تريزا الطّفل يسوع، عندما ”رأت“ أخيرًا هذه الحقيقة بوضوح، هتفت: "وجدت أخيرًا دعوتي! دعوتي هي الحبّ! نعم، وجدت مكاني في الكنيسة […]. في قلب الكنيسة، أمي، سأكون الحبّ"[2].

"أنا رسالة على هذه الأرض"

دعوة الله، كما قلنا، تشمل الإرسال. لا توجد دعوة بدون رسالة. ولا توجد سعادة وتحقيق كامل لذاتنا بدون أن نقدّم للآخرين الحياة الجديدة التي وجدناها. الدّعوة الإلهيّة إلى الحبّ هي خبرة لا يمكن إخفاؤها. قال القدّيس بولس: "الوَيلُ لي إِن لم أُبَشِّر!" (1 قورنتس 9، 16). وتبدأ رسالة يوحنا الأولى كما يلي: "ذاك الَّذي سَمِعناه ذاك الَّذي رَأَيناهُ بِعَينَينا ذاكَ الَّذي تَأَمَّلناه ولَمَسَتْه يَدانا – أي الكلمة الذي صار جسدًا - نُبَشِّرُكم بِه أَنتم أَيضًا... لِيَكونَ فَرَحُنا تامًّا" (راجع 1، 1-4).

قبل خمس سنوات، في الإرشاد الرّسولي، ”اِفَرحوا وابتَهِجوا“، توجّهت إلى كلّ معمّد ومعمّدة بهذه الكلمات: "أنتَ أيضًا تحتاج لفهم حياتك بكاملها كرسالة" (رقم 23). نعم، لأنّ كلّ واحد منّا، ولا أحد مستثنى، يمكنه أن يقول: "أنا رسالة على هذه الأرض، ولهذا وُجدت في هذا العالم" (الإرشاد الرّسولي، فرح الإنجيل، 273).

الرّسالة المشتركة بيننا جميعًا نحن المسيحيّين هي أن نشهد بفرح، وفي كلّ الحالات، بالأعمال والأقوال، لِمَا نختبره عندما نكون مع يسوع ومع جماعته التي هي الكنيسة. ونعبِّرُ عن ذلك بأعمال الرّحمة الماديّة والروحيّة، بأسلوبِ حياة يرحِّب بوداعة، وقادر على القُرب والرّحمة والحنان، ويسير عكس التيار بالنسبة لثقافة الإقصاء واللامبالاة. الاقتراب من الناس، مثل السّامري الرّحيم (راجع لوقا 10، 25-37)، يسمح لنا بأن نفهم ”نواة“ الدّعوة المسيحيّة وهي: الاقتداء بيسوع المسيح الذي جاء ليخدم لا ليُخدَم (راجع مرقس 10، 45).

عمل الرّسالة هذا لا ينشأ ببساطة من قدراتنا أو نوايانا أو مشاريعنا، ولا من إرادتنا ولا حتّى من جهدنا في ممارسة الفضائل، بل من خبرة عميقة مع يسوع. عندئذٍ فقط يمكننا أن نصير شهودًا لشخص، ولحياة، وهذا يجعلنا ”رُسُلًا“. حينئذ نعرف أنفسنا "أنّنا موسومون بوسم هذه الرّسالة، بوسم من نار كي ننير ونبارك وننعش ونفرّجَ ونشفي ونحرّر" (الإرشاد الرّسولي، فرح الإنجيل، 273).

تلميذا عِمَّاوُس هما أيقونة إنجيليّة لهذه الخبرة. بعد لقائهما مع يسوع القائم من بين الأموات، اعترفا الواحد للآخر بما في داخلهما: "أَما كانَ قَلبُنا مُتَّقِدًا في صَدرِنا، حينَ كانَ يُحَدِّثُنا في الطَّريق ويَشرَحُ لَنا الكُتُب؟" (لوقا 24، 32). يمكننا أن نرى فيهما ماذا يعني أن يكون فينا ”قلوب مُتَّقِدة، وأقدام تسير“[3]. وهذا ما أتمنّاه أيضًا من أجل اليوم العالمي للشبيبة القادِم في لشبونة، الذي أنتظره بفرح والذي شعاره هو: "قامَت مَريمُ فمَضَت مُسرِعَةً" (لوقا 1، 39). ليشعر كلّ واحدٍ منّا أنّه مدعوّ إلى أن يقوم ويمضي مسرعًا، وقلبُه متَّقد!

مدعوّون معًا: مجتمعين

روى مرقس الإنجيليّ الوقت الذي فيه دعا يسوع إليه التّلاميذ الاثني عشر، كلَّ واحد باسمه. أقامهم ليكونوا معه وليرسلهم ليكرزوا ويشفوا الأمراض ويطردوا الشّياطين (راجع مرقس 3، 13-15). هكذا وضع الرّبّ يسوع أساسات جماعته الجديدة. كان التّلاميذ الاثنا عشر من خلفيّات اجتماعيّة ومهنية مختلفة، ولم يكونوا من الطّبقات المهمّة. ويروي لنا الأناجيل عن دعوات أخرى، مثل دعوة التّلاميذ الاثنين والسّبعين الذين أرسلهم يسوع اثنين اثنين (راجع لوقا 10، 1).

الكنيسة هي Ekklesía، وهو مصطلح يوناني يعني: جماعة من الناس المدعوّين، لتشكيل جماعة تلاميذ وتلميذات أرسلهم يسوع المسيح، التزموا أن يعيشوا حبّه فيما بينهم (راجع يوحنا 13، 34؛ 15، 12) وأن ينشروه بين الجميع حتّى يأتـي ملكوت الله.

في الكنيسة، نحن جميعًا خادمون وخادمات، حسب الدعوات والمواهب والخدمات المختلفة. الدعوة إلى بذل الذات في المحبّة، المشتركة بين الجميع، تتجلّى وتصير عملية في حياة المسيحيّين العلمانيّين، الملتزمين ببناء العائلة ككنيسة عائليّة صغيرة، وإلى تجديد بيئات المجتمع المختلفة بخميرة الإنجيل، وبشهادة المكرّسين والمكرّسات، الذين قدّموا ذاتهم لله عن إخوتهم وأخواتهم، وهم بمثابة نبوّة لملكوت الله، وبالخدام المرسومين (الشّمامسة والكهنة والأساقفة) المكرّسين لخدمة الكلمة والصّلاة وشركة ووَحدة شعب الله المقدّس. كلّ دعوة في الكنيسة تظهر بكمالها، وبحقيقتها وغناها، في ارتباطها مع سائر الدعوات، فقط. بهذا المعنى، الكنيسة هي سيمفونية دعوات، مع كلّ الدعوات المتّحدة والمتميزة في وئام ومعًا ”تنطلق“ لتشع الحياة الجديدة لملكوت الله في العالم.

نعمة ورسالة: عطيّة وواجب

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، الدعوة عطيّة وواجب، وهي ينبوع حياة جديدة وفرح حقيقي. مبادرات الصّلاة والتّنشيط المرتبطة بهذا اليوم لتكن مصدر قوّة للإحساس بالدّعوة في عائلاتنا، وفي الجماعات الرّعويّة وفي الحياة المكرّسة، وفي الجمعيّات والحركات الكنسيّة. ليُوقِظْنا روح الرّبّ القائم من بين الأموات من خمولنا وليمنحنا المشاركة والتّعاطف، لنعيش كلّ يوم متجددِّين مثل أبناء لله الذي هو محبّة (راجع يوحنا 4، 16)، فنكون بدورنا مولِّدين للحياة في المحبّة: قادرين على منح الحياة في كلّ مكان، ولا سيّما حيث يوجد الاقصاء والاستغلال والفقر والموت. بهذه الطّريقة تتسع مساحات المحبّة[4] ويزداد ملك الله في هذا العالم.

لترافقنا الصّلاة في هذه المسيرة التي كتبها البابا القدّيس بولس السّادس في مناسبة اليوم العالمي الأوّل للدعوات، 11 نيسان/أبريل 1964:

"يا يسوع، راعي النّفوس الإلهيّ، أنت الذي دعوت الرّسل لتجعلهم صيادِي بشر، شُدّ إليك دائمًا نفوسًا متحمّسة وسخية من بين الشّباب، لتجعلهم أتباعك وخدامك. اجعلهم مشاركين لك في عطشك لفداء العالم، [...] وافتح لهم آفاق العالم بأسره، [...] حتّى يستجيبوا لدعوتك، ويكمِّلوا رسالتك هنا على الأرض، ويبنوا جسدك السّرّي، الذي هو الكنيسة، ويكونوا ”ملح الأرض“ و ”نور العالم“(متّى 5، 13. 14).

لترافقكم مريم العذراء وتحميكم. مع بركتي.

روما، بازيليكا القدّيس يوحنا في اللاتران، يوم 30 نيسان/أبريل 2023، الأحد الرابع للفصح.

فرنسيس

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[1]الوثيقة الختاميّة للجمعيّة العامة العاديّة الخامسة عشرة لسينودس الأساقفة (2018)، الشباب والإيمان وتمييز الدعوة، رقم 78.

[2]المخطوطة ب، المكتوبة أثناء خلوتها الأخيرة (أيلول/سبتمبر 1896):أعمال كاملة، روما 1997، 223.

Manoscritto B,scritto durante il suo ultimo ritiro (settembre 1896):Opere complete, Roma 1997, 223.

[3]راجعرسالة قداسة البابا فرنسيس في مناسبة اليوم العالمي السّابع والتّسعين للرّسالات(6 كانون الثّاني/يناير 2023)

[4] «Dilatentur spatia caritatis»: Sant’Agostino,Sermo69:PL5, 440.441.

[00649-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0305-XX.02]