Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Rifugiati giunti in Europa attraverso i corridoi umanitari, insieme alle famiglie e ai Rappresentanti delle Comunità che li accolgono e ne curano l’integrazione.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari amici e amiche, buongiorno e benvenuti!
Ringrazio quanti sono intervenuti per spiegare l’iniziativa e per dare le loro testimonianze. Sono contento di incontrare tante persone rifugiate e le loro famiglie che sono giunte in Italia, Francia, Belgio e Andorra attraverso i corridoi umanitari. La loro realizzazione è dovuta sia alla creatività generosa della Comunità di Sant’Egidio, della Federazione delle Chiese Evangeliche e della Tavola Valdese, sia alla rete accogliente della Chiesa italiana, in particolare della Caritas, sia all’impegno del Governo italiano e dei Governi che vi hanno ricevuto.
I corridoi umanitari sono stati avviati nel 2016 come risposta alla situazione sempre più drammatica nella rotta Mediterranea. Oggi dobbiamo dire che quell’iniziativa è tragicamente attuale, anzi, più che mai necessaria; lo attesta purtroppo anche il recente naufragio di Cutro. Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta. I corridoi gettano dei ponti che tanti bambini, donne, uomini, anziani, provenienti da situazioni molto precarie e da gravi pericoli, hanno infine percorso in sicurezza, legalità e dignità fino ai Paesi di accoglienza. Essi attraversano i confini e, ancor più, i muri di indifferenza su cui spesso si infrange la speranza di tantissime persone, che attendono per anni in situazioni dolorose e insostenibili.
Ognuno di voi merita attenzione per la storia dura che ha vissuto. In particolare, vorrei ricordare quanti sono passati attraverso i campi di detenzione in Libia; più volte ho avuto modo di ascoltare la loro esperienza di dolore, umiliazioni e violenze. I corridoi umanitari sono una via praticabile per evitare le tragedie e i pericoli legati al traffico di essere umani. Tuttavia, occorrono ancora molti sforzi per estendere questo modello e per aprire più percorsi legali per la migrazione. Dove manca la volontà politica, i modelli efficaci come il vostro offrono nuove strade percorribili. Del resto, una migrazione sicura, ordinata, regolare e sostenibile è nell’interesse di tutti i Paesi. Se non si aiuta a riconoscere questo, il rischio è che la paura spenga il futuro e giustifichi le barriere su cui si infrangono vite umane.
Il lavoro che voi fate, individuando e accogliendo persone vulnerabili, cerca di rispondere nella maniera più adeguata a un segno dei tempi. Indica una strada all’Europa, perché non resti bloccata, spaventata, senza visione del futuro. In effetti, «la chiusura in sé stessi o nella propria cultura non è mai la via per ridare speranza» (Discorso all’Università Roma Tre, 17 febbraio 2017). In realtà, la storia europea si è sviluppata nei secoli attraverso l’integrazione di popolazioni e culture differenti. Non abbiamo allora paura del futuro!
I corridoi umanitari non solo mirano a far giungere in Italia e in altri Paesi europei persone profughe, strappandole da situazioni di incertezza, pericolo e attese infinite; essi operano anche per l’integrazione, perché non c’è accoglienza senza integrazione. Allo stesso tempo, nel vostro lavoro avete imparato che l’integrazione non è priva di difficoltà. Non tutti coloro che arrivano sono preparati al lungo cammino che li attende. Per questo è importante mettere in atto ancora più attenzione e creatività per informare meglio coloro che hanno l’opportunità di venire in Europa sulla realtà che incontreranno. E non dimentichiamo che le persone vanno accompagnate dall’inizio alla fine. Il vostro ruolo finisce quando una persona è veramente integrata nella nostra società. Insegna la Sacra Scrittura: «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi» (Lv 19,34).
Saluto qui le centinaia di persone, famiglie, comunità, che si sono messe a disposizione generosamente per realizzare questo processo virtuoso. Avete aperto i vostri cuori e le vostre case. Avete sostenuto con le vostre risorse l’integrazione e avete coinvolto altre persone. Vi ringrazio di cuore: voi rappresentate un volto bello dell’Europa, che si apre al futuro e paga di persona.
A voi, promotori dei “corridoi”, ai religiosi e alle religiose, ai singoli e alle organizzazioni che vi hanno partecipato vorrei dire: siete dei mediatori di una storia di integrazione, non intermediari che guadagnano approfittando del bisogno e delle sofferenze. Non siete intermediari ma mediatori, e mostrate che, se si lavora seriamente a porre le basi, è possibile accogliere e integrare efficacemente.
Questa storia di accoglienza è un impegno concreto per la pace. Sono presenti tra voi parecchi profughi ucraini; a loro voglio dire che il Papa non rinuncia a cercare la pace, a sperare nella pace e a pregare per essa. Lo faccio per il vostro Paese martoriato e per gli altri che sono colpiti dalla guerra; qui infatti ci sono tante persone che sono fuggite da altre guerre. E questo servizio ai poveri, ai profughi e ai rifugiati è anche un’esperienza forte di unità tra i cristiani. In effetti, questa iniziativa dei corridoi umanitari è ecumenica. È un bel segno che unisce fratelli e sorelle che condividono la fede in Cristo.
Saluto quindi con affetto quanti tra voi sono passati attraverso i corridoi umanitari e che ora vivono una nuova vita. Avete mostrato una ferma volontà di vivere liberi dalla paura e dall’insicurezza. Avete trovato amici e sostenitori che sono oggi per voi una seconda famiglia. Avete studiato una nuova lingua e conosciuto una nuova società. Tutto questo è stato difficile, ma è fecondo. Lo dico anche come figlio di una famiglia di emigrati che ha fatto questo percorso. Il vostro buon esempio e la vostra laboriosità aiutano a smentire le paure e gli allarmi verso gli stranieri. Anzi, la vostra presenza può essere una benedizione per il Paese in cui vi trovate e del quale avete imparato a rispettare le leggi e la cultura. L’ospitalità che vi è stata offerta è diventata per voi motivo per restituire: infatti alcuni di voi si impegnano nel servizio agli altri che sono nel bisogno.
Così, fratelli e sorelle, in questa nostra assemblea, dove sono insieme e quasi si confondono quelli che accolgono e quelli che sono accolti, possiamo gustare la parola del Signore Gesù: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35). Questa parola indica a noi tutti la strada. Una strada da percorrere insieme, con perseveranza. Grazie di averla aperta e di averla tracciata! Andate avanti! Il Signore vi benedica e la Madonna, Madre del cammino, vi custodisca. Anch’io vi benedico di cuore, e vi chiedo per favore di pregare per me.
[00448-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers amis !
Je suis heureux de rencontrer tant de personnes réfugiées avec leurs familles, arrivées en Italie, en France, en Belgique et en Andorre par le biais des couloirs humanitaires. Cette initiative est due autant à la créativité généreuse de la Communauté de Sant’Egidio, de la Fédération des Églises Évangéliques et de la Table Vaudoise, qu'au réseau d'accueil de l'Église italienne, en particulier de la Caritas, et à l'engagement du Gouvernement italien et des Gouvernements qui vous ont reçus.
Les couloirs humanitaires ont été lancés en 2016 en réponse à la situation de plus en plus dramatique sur la route de la Méditerranée. Aujourd'hui, force est de constater que cette initiative est tragiquement d'actualité, voire plus nécessaire que jamais ; le récent naufrage de Cutro en témoigne aussi malheureusement. Ce naufrage n'aurait pas dû se produire et il faut tout faire pour qu'il ne se reproduise pas. Les corridors construisent des ponts que beaucoup d'enfants, de femmes, d'hommes, de personnes âgées, venant de situations très précaires et fuyant de graves dangers, ont finalement empruntés en toute sécurité, légalité et dignité vers les pays d'accueil. Ils franchissent des frontières et, plus encore, les murs de l'indifférence sur lesquels se brise souvent l'espoir de tant de personnes qui attendent des années dans des situations douloureuses et insupportables.
Chacun d'entre vous mérite de l'attention pour l'histoire difficile qu'il a vécue. En particulier, je voudrais rappeler ceux qui sont passés par les camps de détention en Libye ; j'ai entendu à plusieurs reprises leur expérience de douleur, d'humiliation et de violence. Les couloirs humanitaires sont une route praticable pour éviter les tragédies et les dangers liés à la traite des êtres humains. Toutefois, il reste encore beaucoup à faire pour étendre ce modèle et ouvrir davantage de voies légales de migration. Là où la volonté politique fait défaut, des modèles efficaces comme le vôtre offrent de nouvelles voies possibles. D’ailleurs, une migration sûre, ordonnée, régulière et durable est dans l'intérêt de tous les pays. Si l’on ne contribue pas à faire reconnaître cela, le risque est que la peur n'éteigne l'avenir et ne justifie les barrières sur lesquelles des vies humaines sont brisées.
Votre travail d'identification et d'accueil des personnes vulnérables vise à répondre de la manière la plus appropriée à un signe des temps. Il indique à l'Europe une voie à suivre, afin qu'elle ne reste pas figée, apeurée, sans vision d'avenir. En effet, «le repli sur soi ou sur sa propre culture n'est jamais le moyen de redonner de l'espoir» (Discours à l'Université Roma Tre, 17 février 2017). En réalité, l'histoire européenne s'est développée au fil des siècles grâce à l'intégration de populations et de cultures différentes. N'ayons donc pas peur de l'avenir !
Les couloirs humanitaires ne visent pas seulement à amener des réfugiés en Italie et dans d'autres pays européens, en les arrachant à des situations d'incertitude, de danger et d'attente interminable ; ils contribuent également à l'intégration, car il n'y a pas d'accueil sans intégration. En même temps, vous avez appris dans votre travail que l'intégration n'est pas sans difficultés. Tous ceux qui arrivent ne sont pas préparés au long chemin qui les attend. C'est pourquoi il est important de redoubler d'attention et de créativité pour mieux informer ceux qui ont l'opportunité de venir en Europe sur la réalité qu'ils vont rencontrer. Et n'oublions pas que les personnes doivent être accompagnées du début à la fin. Votre rôle ne s'arrête que lorsqu'une personne est réellement intégrée dans notre société. L'Écriture Sainte enseigne : «Vous traiterez l'étranger qui habite parmi vous comme celui qui est né parmi vous» (Lv 19, 34).
Je salue ici les centaines de personnes, de familles, de communautés, qui se sont généreusement rendues disponibles pour mettre en œuvre ce processus vertueux. Vous avez ouvert vos cœurs et vos maisons. Vous avez soutenu l'intégration avec vos ressources et impliqué d'autres personnes. Je vous remercie du fond du cœur : vous représentez un beau visage de l'Europe, qui s'ouvre à l'avenir et qui paie de sa personne.
À vous, les promoteurs des «couloirs», aux religieux et religieuses, aux personnes et aux organisations qui y ont participé, je voudrais dire : vous êtes des médiateurs d'une histoire d'intégration, et non des intermédiaires qui profitent du besoin et de la souffrance. Vous n'êtes pas des intermédiaires mais des médiateurs, et vous montrez que si l'on travaille sérieusement à poser les bases, il est possible d'accueillir et d'intégrer efficacement.
Cette histoire d'accueil est un engagement concret pour la paix. Parmi vous, il y a beaucoup de réfugiés ukrainiens ; à eux, je veux dire que le Pape ne renonce pas à chercher la paix, à l'espérer et à prier. Je le fais pour votre pays tourmenté et pour d'autres qui sont frappés par la guerre ; il y a beaucoup de personnes ici qui ont fui d'autres guerres. Et ce service aux pauvres, aux réfugiés et aux personnes déplacées est aussi une expérience forte d'unité entre les chrétiens. En effet, cette initiative de couloirs humanitaires est œcuménique. C'est un beau signe qui unit les frères et les sœurs qui partagent la foi dans le Christ.
Je salue donc avec affection ceux d'entre vous qui sont passés par les couloirs humanitaires et qui vivent maintenant une nouvelle vie. Vous avez fait preuve d'une ferme volonté de vivre libérés de la peur et de l'insécurité. Vous avez trouvé des amis et des soutiens qui sont maintenant une deuxième famille pour vous. Vous avez étudié une nouvelle langue et appris à connaître une nouvelle société. Tout cela a été difficile, mais fructueux. Je le dis aussi en tant que fils d'une famille d'émigrants qui a parcouru ce chemin. Votre bon exemple et votre application contribuent à dissiper les peurs et les alarmes à l'égard des étrangers. Mieux, votre présence peut être une bénédiction pour le pays dans lequel vous vous trouvez et dont vous avez appris à respecter les lois et la culture. L'hospitalité qui vous a été offerte est devenue pour vous une raison de rendre la pareille : en effet, certains d'entre vous s'engagent dans le service aux autres qui sont dans le besoin.
Ainsi, frères et sœurs, dans cette assemblée qui est la nôtre, où ceux qui accueillent et ceux qui sont accueillis sont rassemblés et se mêlent presque, nous pouvons goûter la parole du Seigneur Jésus : «J'étais un étranger et vous m'avez accueilli» (Mt 25, 35). Cette parole nous montre à tous le chemin. Un chemin à parcourir ensemble, avec persévérance. Merci de l'avoir ouvert et de l'avoir tracé ! Allez de l'avant! Que le Seigneur vous bénisse et que la Vierge, Mère du Chemin, vous garde. Moi aussi, je vous bénis de tout cœur et je vous demande, s'il vous plaît, de prier pour moi.
[00448-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear friends,
I am pleased to meet this large group of refugees and their families who have come to Italy, France, Belgium and Andorra through humanitarian corridors. This initiative is due to the generosity and creativity of the Community of Sant’Egidio, the Federation of Evangelical Churches and the Waldensian Table, the Catholic Church in Italy, particularly Caritas, and its network of hospitality, and the commitment of the Italian government and the other governments who have welcomed you.
The humanitarian corridors were established in 2016 as a response to the increasingly dramatic situation in the Mediterranean. Today, it must be said that this initiative is, tragically, not only most timely but also more necessary than ever, as the recent shipwreck in Cutro sadly attests. That disaster should never have happened, and everything possible needs to be done to ensure that it will not be repeated. Humanitarian corridors build bridges that many children, women, men, and older persons fleeing from unstable and gravely dangerous situations cross in order to arrive safely, legally and with dignity, in their host countries. These corridors cross borders and, more importantly, break down the walls of indifference that have shattered the hopes of so many people who have waited for years in painful and unbearable situations.
Each of you merits attention because of the difficult experiences you have had. I would like to mention in particular those who have passed through the detention camps in Libya; on many occasions, I have listened to their stories of suffering, humiliation and violence. Humanitarian corridors are a practicable way to avoid the tragedies and dangers associated with human trafficking. Still, much effort is needed to expand this work and to open even more legal migration routes. Where political will is lacking, effective models like yours offer new and viable avenues. For that matter, safe, orderly, regular and sustainable migration is in the interest of all countries. If this is not recognized, there is a risk that fear will erase people’s future and justify those barriers against which lives are shattered.
Your work of identifying and welcoming vulnerable people seeks to respond in the most appropriate way to a sign of the times. It points a way forward for Europe, to avoid its remaining frozen, fearful and lacking vision for the future. Indeed, “withdrawing into oneself or into one’s culture is never the right way to give new hope” (Address to the “Roma Tre” University, 17 February 2017). European history has developed over the centuries through the integration of different peoples and cultures. So we should not be fearful of the future!
Humanitarian corridors not only aim to bring refugees to Italy and other European countries, rescuing them from situations of uncertainty, danger and endless waiting; they also work toward integration, since there is no acceptance without integration. At the same time, your work has taught you that integration is not without its difficulties. Not everyone who arrives is prepared to travel the long road that lies ahead. That is why it is important to expend even greater attention and creativity in enabling those granted the opportunity to come to Europe to understand and appreciate what they will encounter here. Let us not forget that people need to be accompanied constantly, from start to finish. Your role ends only when a person is truly integrated into our society. As Scripture bids us: “The stranger who resides with you shall be to you as the native among you” (Lev 19:34).
Here I would greet the hundreds of individuals, families, and communities who have with great generosity made themselves available to carry out this praiseworthy work. You have opened your hearts and homes. You have supported the integration process with your resources and you have involved others as well. I thank you most heartily: you represent a beautiful face of Europe, one that is open, not without some sacrifice, to the future.
To the promoters of these “corridors”, to the men and women religious, and to the individuals and organizations who participate in this effort, I would like to say this: you are mediators of a history of integration, not intermediaries who profit from the needs and sufferings of others. You are not intermediaries but mediators, and you show that, once serious efforts are made to lay the groundwork, it is possible to welcome and integrate others effectively.
Your work of welcoming is a concrete commitment to peace. A number of Ukrainian refugees are present here; to them I want to say that the Pope does not give up seeking peace, hoping for peace and praying for peace. I do this for your gravely afflicted country and for other countries affected by war; in our midst are many people who have fled from other wars. This service to the poor and to refugees and displaced people is also a powerful experience of Christian unity. In effect, the initiative of humanitarian corridors is ecumenical. It is an impressive sign of unity between brothers and sisters who share their faith in Christ.
I also greet with affection those of you who have already passed through humanitarian corridors and are now living a new life. You have shown a firm resolve to live in freedom from fear and insecurity. You have found friends and supporters who are now a second family for you. You have studied new languages and learned about new societies. This has been difficult, but also enriching. I say this as the son of a family of immigrants who took a similar path. Your good example and industriousness help to dispel fear and apprehension about foreigners. Indeed, your presence can be a blessing to the countries in which you live, and whose laws and culture you have learned to respect. The hospitality you were offered has motivated you to give in return: indeed, some of you are already engaged in serving others in need.
Dear brothers and sisters, in this meeting of ours, where those who welcome and those welcomed come together and intermingle, we can savour the words of the Lord Jesus: “I was a stranger and you welcomed me” (Mt 25:35). Those words point all of us towards the path we must take. A path that needs to be travelled together and with perseverance. Thank you for leading the way! Keep moving forward! May the Lord bless you and may the Virgin Mary, Our Lady of the Way, watch over you. I bless you from my heart, and I ask you, please, to pray for me.
[00448-EN.01] [Original text: Italian]
[B0209-XX.02]