Messaggio del Santo Padre
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Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2023 sul tema “Ascesi quaresimale, itinerario sinodale”:
Messaggio del Santo Padre
Ascesi quaresimale, itinerario sinodale
Cari fratelli e sorelle!
I vangeli di Matteo, Marco e Luca sono concordi nel raccontare l’episodio della Trasfigurazione di Gesù. In questo avvenimento vediamo la risposta del Signore all’incomprensione che i suoi discepoli avevano manifestato nei suoi confronti. Poco prima, infatti, c’era stato un vero e proprio scontro tra il Maestro e Simon Pietro, il quale, dopo aver professato la sua fede in Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, aveva respinto il suo annuncio della passione e della croce. Gesù lo aveva rimproverato con forza: «Va’ dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mt 16,23). Ed ecco che «sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» (Mt 17,1).
Il Vangelo della Trasfigurazione viene proclamato ogni anno nella seconda Domenica di Quaresima. In effetti, in questo tempo liturgico il Signore ci prende con sé e ci conduce in disparte. Anche se i nostri impegni ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano spesso ripetitivo e a volte noioso, in Quaresima siamo invitati a “salire su un alto monte” insieme a Gesù, per vivere con il Popolo santo di Dio una particolare esperienza di ascesi.
L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce. Proprio come ciò di cui aveva bisogno Pietro e gli altri discepoli. Per approfondire la nostra conoscenza del Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità. Bisogna mettersi in cammino, un cammino in salita, che richiede sforzo, sacrificio e concentrazione, come una escursione in montagna. Questi requisiti sono importanti anche per il cammino sinodale che, come Chiesa, ci siamo impegnati a realizzare. Ci farà bene riflettere su questa relazione che esiste tra l’ascesi quaresimale e l’esperienza sinodale.
Nel “ritiro” sul monte Tabor, Gesù porta con sé tre discepoli, scelti per essere testimoni di un avvenimento unico. Vuole che quella esperienza di grazia non sia solitaria, ma condivisa, come lo è, del resto, tutta la nostra vita di fede. Gesù lo si segue insieme. E insieme, come Chiesa pellegrina nel tempo, si vive l’anno liturgico e, in esso, la Quaresima, camminando con coloro che il Signore ci ha posto accanto come compagni di viaggio. Analogamente all’ascesa di Gesù e dei discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è “sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico Maestro. Sappiamo, anzi, che Lui stesso è la Via, e dunque, sia nell’itinerario liturgico sia in quello del Sinodo, la Chiesa altro non fa che entrare sempre più profondamente e pienamente nel mistero di Cristo Salvatore.
E arriviamo al momento culminante. Narra il Vangelo che Gesù «fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17,2). Ecco la “cima”, la meta del cammino. Al termine della salita, mentre stanno sull’alto monte con Gesù, ai tre discepoli è data la grazia di vederlo nella sua gloria, splendente di luce soprannaturale, che non veniva da fuori, ma si irradiava da Lui stesso. La divina bellezza di questa visione fu incomparabilmente superiore a qualsiasi fatica che i discepoli potessero aver fatto nel salire sul Tabor. Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso al sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia. Anche il processo sinodale appare spesso arduo e a volte ci potremmo scoraggiare. Ma quello che ci attende al termine è senz’altro qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno.
L’esperienza dei discepoli sul Monte Tabor si arricchisce ulteriormente quando, accanto a Gesù trasfigurato, appaiono Mosè ed Elia, che impersonano rispettivamente la Legge e i Profeti (cfr Mt 17,3). La novità del Cristo è compimento dell’antica Alleanza e delle promesse; è inseparabile dalla storia di Dio con il suo popolo e ne rivela il senso profondo. Analogamente, il percorso sinodale è radicato nella tradizione della Chiesa e al tempo stesso aperto verso la novità. La tradizione è fonte di ispirazione per cercare strade nuove, evitando le opposte tentazioni dell’immobilismo e della sperimentazione improvvisata.
Il cammino ascetico quaresimale e, similmente, quello sinodale, hanno entrambi come meta una trasfigurazione, personale ed ecclesiale. Una trasformazione che, in ambedue i casi, trova il suo modello in quella di Gesù e si opera per la grazia del suo mistero pasquale. Affinché tale trasfigurazione si possa realizzare in noi quest’anno, vorrei proporre due “sentieri” da seguire per salire insieme a Gesù e giungere con Lui alla meta.
Il primo fa riferimento all’imperativo che Dio Padre rivolge ai discepoli sul Tabor, mentre contemplano Gesù trasfigurato. La voce dalla nube dice: «Ascoltatelo» (Mt 17,5). Dunque la prima indicazione è molto chiara: ascoltare Gesù. La Quaresima è tempo di grazia nella misura in cui ci mettiamo in ascolto di Lui che ci parla. E come ci parla? Anzitutto nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia: non lasciamola cadere nel vuoto; se non possiamo partecipare sempre alla Messa, leggiamo le Letture bibliche giorno per giorno, anche con l’aiuto di internet. Oltre che nelle Scritture, il Signore ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto. Ma vorrei aggiungere anche un altro aspetto, molto importante nel processo sinodale: l’ascolto di Cristo passa anche attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle nella Chiesa, quell’ascolto reciproco che in alcune fasi è l’obiettivo principale ma che comunque rimane sempre indispensabile nel metodo e nello stile di una Chiesa sinodale.
All’udire la voce del Padre, «i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo» (Mt 17,6-8). Ecco la seconda indicazione per questa Quaresima: non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni. La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale, e verso quella bisogna andare, seguendo “Lui solo”. La Quaresima è orientata alla Pasqua: il “ritiro” non è fine a sé stesso, ma ci prepara a vivere con fede, speranza e amore la passione e la croce, per giungere alla risurrezione. Anche il percorso sinodale non deve illuderci di essere arrivati quando Dio ci dona la grazia di alcune esperienze forti di comunione. Anche lì il Signore ci ripete: «Alzatevi e non temete». Scendiamo nella pianura, e la grazia sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita ordinaria delle nostre comunità.
Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo ci animi in questa Quaresima nell’ascesa con Gesù, per fare esperienza del suo splendore divino e così, rafforzati nella fede, proseguire insieme il cammino con Lui, gloria del suo popolo e luce delle genti.
Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo
FRANCESCO
[00296-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Ascèse de Carême, itinéraire synodal
Chers frères et sœurs!
Les Évangiles de Matthieu, de Marc et de Luc concordent pour raconter l’épisode de la Transfiguration de Jésus. Dans cet événement, nous voyons la réponse du Seigneur à l’incompréhension manifestée par les disciples à son égard. Peu avant, en effet, un accrochage sérieux s’était produit entre le Maître et Simon-Pierre qui, après avoir professé sa foi dans le fait que Jésus est le Christ, le Fils de Dieu, avait repoussé son annonce de la passion et de la croix. Jésus l’avait repris avec force: «Passe derrière moi, Satan! Tu es pour moi une occasion de chute: tes pensées ne sont pas celles de Dieu, mais celles des hommes» (Mt16,23). Et voici que «six jours après, Jésus prend avec lui Pierre, Jacques et Jean son frère, et il les emmène à l’écart, sur une haute montagne» (Mt17,1).
L’Évangile de la Transfiguration est proclamé chaque année, le deuxième dimanche du Carême. Durant ce temps liturgique, en effet, le Seigneur nous prend avec lui et nous emmène à l’écart. Même si nos activités ordinaires requièrent que nous restions aux lieux habituels, en vivant un quotidien souvent répétitif et parfois ennuyant, pendant le Carême nous sommes invités à monter “sur une haute montagne” avec Jésus, pour vivre avec le Peuple saint de Dieu une expérience d’ascèse particulière.
L’ascèse de Carême est un effort, toujours animé par la Grâce, pour surmonter nos manques de foi et nos résistances à suivre Jésus sur le chemin de la croix. Précisément ce dont avaient besoin Pierre et les autres disciples. Pour approfondir notre connaissance du Maître, pour comprendre et accueillir à fond le mystère du salut divin, réalisé dans le don total de soi par amour, il faut se laisser conduire par lui à l’écart et en hauteur, en se détachant des médiocrités et des vanités. Il faut se mettre en chemin, un chemin qui monte, qui exige effort, sacrifice, concentration, comme une excursion en montagne. Ces conditions sont également importantes pour le chemin synodal dans lequel nous nous sommes engagés, en tant qu’Église. Il nous sera bon de réfléchir sur cette relation qui existe entre l’ascèse de Carême et l’expérience synodale.
Pour cette “retraite” sur le mont Thabor, Jésus emmène avec lui trois disciples, choisis pour être témoins d’un événement unique. Il veut que cette expérience de grâce ne soit pas solitaire, mais partagée, comme l’est, du reste, toute notre vie de foi. Jésus, on doit le suivre ensemble. Et c’est ensemble, comme Église pérégrinant dans le temps, que l’on vit l’année liturgique et, à l’intérieur de celle-ci, le Carême, en marchant avec ceux que le Seigneur a placés à nos côtés comme compagnons de voyage. Par analogie avec la montée de Jésus et des disciples au Thabor, nous pouvons dire que notre chemin de Carême est “synodal”, car nous l’accomplissons ensemble sur le même chemin, disciples de l’unique Maître. Bien plus, nous savons qu’il est lui-même la Voie, et donc, que ce soit dans l’itinéraire liturgique ou dans celui du Synode, l’Église ne fait rien d’autre que d’entrer toujours plus profondément et pleinement dans le mystère du Christ Sauveur.
Et nous arrivons au moment culminant. L’Évangile raconte que Jésus «fut transfiguré devant eux; son visage devint brillant comme le soleil, et ses vêtements, blancs comme la lumière» (Mt17,2). Voilà le “sommet”, le but du chemin. Au terme de la montée, lorsqu’ils sont sur la montagne avec Jésus, la grâce est donnée aux trois disciples de le voir dans sa gloire, resplendissant de lumière surnaturelle, qui ne venait pas du dehors, mais qui irradiait de Lui-même. La divine beauté de cette vision fut incomparablement supérieure à toute la fatigue que les disciples avaient pu accumuler pour monter au Thabor. Comme pour toute excursion exigeante en montagne,il faut en montant tenir le regard bien fixé sur le sentier ; mais le panorama qui se déploie à la fin surprend et récompense par son émerveillement. Le processus synodal apparaît lui aussi souvent ardu et nous pourrions parfois nous décourager. Mais ce qui nous attend à la fin est sans aucun doute quelque chose de merveilleux et de surprenant, qui nous aidera à mieux comprendre la volonté de Dieu et notre mission au service de son Royaume.
L’expérience des disciples sur le Thabor s’enrichit encore quand, lorsqu’à côté de Jésus transfiguré apparaissent Moïse et Élie qui personnifient la Loi et les Prophètes (cf. Mt17,3). La nouveauté du Christ est l’accomplissement de l’Ancienne Alliance et des promesses; elle est inséparable de l’histoire de Dieu avec son peuple et en révèle le sens profond. De même, le parcours synodal est enraciné dans la tradition de l’Église et, en même temps, ouvert à la nouveauté. La tradition est source d’inspiration pour chercher des voies nouvelles, en évitant les tentations opposées de l’immobilisme et de l’expérimentation improvisée.
Le chemin ascétique du Carême, ainsi que le chemin synodal ont tous deux comme objectif une transfiguration, personnelle et ecclésiale. Une transformation qui, dans les deux cas, trouve son modèle dans celle de Jésus et se réalise par la grâce de son mystère pascal. Pour que cette transfiguration puisse s’accomplir en nous cette année, je voudrais proposer deux “sentiers” à suivre pour monter avec Jésus et parvenir avec Lui à destination.
Le premier fait référence à l’impératif que Dieu le Père adresse aux disciples sur le Thabor, alors qu’ils contemplent Jésus transfiguré. La voix venant de la nuée dit: «Écoutez-le» (Mt17,5). La première indication est donc très claire: écouter Jésus. Le Carême est un temps de grâce dans la mesure où nous nous mettons à l’écoute de Celui qui parle. Et comment nous parle-t-il? Avant tout dans la Parole de Dieu que l’Église nous offre dans la Liturgie: ne la laissons pas tomber dans le vide. Si nous ne pouvons pas toujours participer à la messe, lisons les Lectures bibliques jour après jour, y compris avec l’aide d’internet. En plus des Écritures, le Seigneur nous parle à travers les frères, surtout par les visages et par les histoires de ceux qui ont besoin d’aide. Mais je voudrais ajouter aussi un autre aspect, très important dans le processus synodal: l’écoute du Christ passe aussi à travers l’écoute des frères et des sœurs dans l’Église, cette écoute réciproque qui est l’objectif principal durant certaines phases, mais qui, de toute façon, demeure toujours indispensable dans la méthode et dans le style d’une Église synodale.
En entendant la voix du Père, «les disciples tombèrent face contre terre et furent saisis d’une grande crainte. Jésus s’approcha, les toucha et leur dit: “Relevez-vous et soyez sans crainte”. Levant les yeux, ils ne virent plus personne, sinon lui, Jésus, seul» (Mt17,6-8). Voilà la seconde indication pour ce Carême: ne pas se réfugier dans une religiosité faite d’événements extraordinaires, d’expériences suggestives, par peur d’affronter la réalité avec ses efforts quotidiens, ses duretés et ses contradictions. La lumière que Jésus montre aux disciples est une anticipation de la gloire pascale, vers laquelle il faut aller, en le suivant “Lui seul”. Le Carême est orienté vers Pâques: la “retraite” n’est pas une fin en soi, mais elle nous prépare à vivre avec foi, espérance et amour, la passion et la croix, pour parvenir à la résurrection. De même, le parcours synodal ne doit pas non plus nous faire croire que nous sommes arrivés quand Dieu nous donne la grâce de certaines expériences fortes de communion. Là encore, le Seigneur nous répète: «Relevez-vous et soyez sans crainte». Redescendons dans la plaine et que la grâce dont nous saurons fait l’expérience nous soutienne pour être des artisans de synodalité dans la vie ordinaire de nos communautés.
Chers frères et sœurs, Que l’Esprit Saint nous fasse vivre ce Carême dans l’ascèse avec Jésus, pour faire l’expérience de sa splendeur divine et, ainsi fortifiés dans la foi, poursuivre ensemble le chemin avec Lui, gloire de son peuple et lumière des nations.
Rome, Saint-Jean-de-Latran, 25 janvier 2023, fête de la Conversion de Saint Paul.
FRANÇOIS
[00296-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Lenten Penance and the Synodal Journey
Dear brothers and sisters!
The Gospels of Matthew, Mark and Luke all recount the episode of the Transfiguration of Jesus. There we see the Lord’s response to the failure of his disciples to understand him. Shortly before, there had been a real clash between the Master and Simon Peter, who, after professing his faith in Jesus as the Christ, the Son of God, rejected his prediction of the passion and the cross. Jesus had firmly rebuked him: “Get behind me, Satan! You are a scandal to me, because you do not think according to God, but according to men!” (Mt 16:23). Following this, “six days later, Jesus took with him Peter, James and John his brother and led them away to a high mountain” (Mt 17:1).
The Gospel of the Transfiguration is proclaimed every year on the Second Sunday of Lent. During this liturgical season, the Lord takes us with him to a place apart. While our ordinary commitments compel us to remain in our usual places and our often repetitive and sometimes boring routines, during Lent we are invited to ascend “a high mountain” in the company of Jesus and to live a particular experience of spiritual discipline – ascesis – as God’s holy people.
Lenten penance is a commitment, sustained by grace, to overcoming our lack of faith and our resistance to following Jesus on the way of the cross. This is precisely what Peter and the other disciples needed to do. To deepen our knowledge of the Master, to fully understand and embrace the mystery of his salvation, accomplished in total self-giving inspired by love, we must allow ourselves to be taken aside by him and to detach ourselves from mediocrity and vanity. We need to set out on the journey, an uphill path that, like a mountain trek, requires effort, sacrifice and concentration. These requisites are also important for the synodal journey to which, as a Church, we are committed to making. We can benefit greatly from reflecting on the relationship between Lenten penance and the synodal experience.
In his “retreat” on Mount Tabor, Jesus takes with him three disciples, chosen to be witnesses of a unique event. He wants that experience of grace to be shared, not solitary, just as our whole life of faith is an experience that is shared. For it is in togetherness that we follow Jesus. Together too, as a pilgrim Church in time, we experience the liturgical year and Lent within it, walking alongside those whom the Lord has placed among us as fellow travellers. Like the ascent of Jesus and the disciples to Mount Tabor, we can say that our Lenten journey is “synodal”, since we make it together along the same path, as disciples of the one Master. For we know that Jesus is himself the Way, and therefore, both in the liturgical journey and in the journey of the Synod, the Church does nothing other than enter ever more deeply and fully into the mystery of Christ the Saviour.
And so we come to its culmination. The Gospel relates that Jesus “was transfigured before them; his face shone like the sun and his clothes became white as light” (Mt 17:2). This is the “summit”, the goal of the journey. At the end of their ascent, as they stand on the mountain heights with Jesus, the three disciples are given the grace of seeing him in his glory, resplendent in supernatural light. That light did not come from without, but radiated from the Lord himself. The divine beauty of this vision was incomparably greater than all the efforts the disciples had made in the ascent of Tabor. During any strenuous mountain trek, we must keep our eyes firmly fixed on the path; yet the panorama that opens up at the end amazes us and rewards us by its grandeur. So too, the synodal process may often seem arduous, and at times we may become discouraged. Yet what awaits us at the end is undoubtedly something wondrous and amazing, which will help us to understand better God’s will and our mission in the service of his kingdom.
The disciples’ experience on Mount Tabor was further enriched when, alongside the transfigured Jesus, Moses and Elijah appeared, signifying respectively the Law and the Prophets (cf. Mt 17:3). The newness of Christ is at the same time the fulfilment of the ancient covenant and promises; it is inseparable from God’s history with his people and discloses its deeper meaning. In a similar way, the synodal journey is rooted in the Church’s tradition and at the same time open to newness. Tradition is a source of inspiration for seeking new paths and for avoiding the opposed temptations of immobility and improvised experimentation.
The Lenten journey of penance and the journey of the Synod alike have as their goal a transfiguration, both personal and ecclesial. A transformation that, in both cases, has its model in the Transfiguration of Jesus and is achieved by the grace of his paschal mystery. So that this transfiguration may become a reality in us this year, I would like to propose two “paths” to follow in order to ascend the mountain together with Jesus and, with him, to attain the goal.
The first path has to do with the command that God the Father addresses to the disciples on Mount Tabor as they contemplate Jesus transfigured. The voice from the cloud says: “Listen to him” (Mt 17:5). The first proposal, then, is very clear: we need to listen to Jesus. Lent is a time of grace to the extent that we listen to him as he speaks to us. And how does he speak to us? First, in the word of God, which the Church offers us in the liturgy. May that word not fall on deaf ears; if we cannot always attend Mass, let us study its daily biblical readings, even with the help of the internet. In addition to the Scriptures, the Lord speaks to us through our brothers and sisters, especially in the faces and the stories of those who are in need. Let me say something else, which is quite important for the synodal process: listening to Christ often takes place in listening to our brothers and sisters in the Church. Such mutual listening in some phases is the primary goal, but it remains always indispensable in the method and style of a synodal Church.
On hearing the Father’s voice, the disciples “fell prostrate and were very much afraid. But Jesus came and touched them, saying, ‘Rise, and do not be afraid.’ And when the disciples raised their eyes, they saw no one else but Jesus alone” (Mt 17:6-8). Here is the second proposal for this Lent: do not take refuge in a religiosity made up of extraordinary events and dramatic experiences, out of fear of facing reality and its daily struggles, its hardships and contradictions. The light that Jesus shows the disciples is an anticipation of Easter glory, and that must be the goal of our own journey, as we follow “him alone”. Lent leads to Easter: the “retreat” is not an end in itself, but a means of preparing us to experience the Lord’s passion and cross with faith, hope and love, and thus to arrive at the resurrection. Also on the synodal journey, when God gives us the grace of certain powerful experiences of communion, we should not imagine that we have arrived – for there too, the Lord repeats to us: “Rise, and do not be afraid”. Let us go down, then, to the plain, and may the grace we have experienced strengthen us to be “artisans of synodality” in the ordinary life of our communities.
Dear brothers and sisters, may the Holy Spirit inspire and sustain us this Lent in our ascent with Jesus, so that we may experience his divine splendour and thus, confirmed in faith, persevere in our journey together with him, glory of his people and light of the nations.
Rome, Saint John Lateran, 25 January, Feast of the Conversion of Saint Paul
FRANCIS
[00296-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Askese in der Fastenzeit, ein synodaler Weg
Liebe Brüder und Schwestern!
Die Evangelien nach Matthäus, Markus und Lukas berichten übereinstimmend von der Begebenheit der Verklärung Jesu. In diesem Ereignis sehen wir die Antwort des Herrn auf das Unverständnis, das ihm seine Jünger entgegengebracht hatten. Kurz zuvor war es nämlich zu einer wirklichen Auseinandersetzung zwischen dem Meister und Simon Petrus gekommen, nachdem dieser sich zu Jesus als dem Christus, dem Sohn Gottes, bekannt hatte, dann aber seine Ankündigung von Leiden und Kreuz zurückgewiesen hatte. Jesus hatte ihn scharf getadelt: »Tritt hinter mich, du Satan! Ein Ärgernis bist du mir, denn du hast nicht das im Sinn, was Gott will, sondern was die Menschen wollen« (Mt 16,23). Und »sechs Tage danach nahm Jesus Petrus, Jakobus und dessen Bruder Johannes beiseite und führte sie auf einen hohen Berg« (Mt 17,1).
Das Evangelium der Verklärung wird jedes Jahr am zweiten Fastensonntag verkündet. Tatsächlich nimmt uns der Herr in dieser liturgischen Zeit beiseite, damit wir mit ihm kommen. Auch wenn unsere gewöhnlichen Pflichten von uns verlangen, an den angestammten Orten zu bleiben und ein manchmal langweiliges Alltagsleben mit vielen Wiederholungen zu führen, sind wir in der Fastenzeit eingeladen, gemeinsam mit Jesus „auf einen hohen Berg zu steigen“, um mit dem heiligen Gottesvolk eine besondere Erfahrung von Askese zu machen.
Die Askese in der Fastenzeit ist ein – stets von der Gnade beseeltes – Bestreben, unseren Mangel an Glauben und unseren Widerstand gegen die Nachfolge Jesu auf dem Weg des Kreuzes zu überwinden. Genau das, was Petrus und die anderen Jünger nötig hatten. Um unsere Kenntnis des Meisters zu vertiefen, um das Geheimnis des göttlichen Heils, das sich in der vollkommenen Selbsthingabe aus Liebe verwirklicht, voll zu verstehen und anzunehmen, muss man sich von ihm beiseite und in die Höhe führen lassen und sich von Mittelmäßigkeit und Eitelkeit befreien. Man muss sich auf den Weg machen, einen ansteigenden Weg, der Anstrengung, Opfer und Konzentration erfordert, so wie bei einer Bergwanderung. Diese Voraussetzungen sind auch wichtig für den synodalen Weg, den zu beschreiten wir uns als Kirche vorgenommen haben. Es wird uns guttun, über diese Beziehung zwischen der Askese in der Fastenzeit und der synodalen Erfahrung nachzudenken.
Zu den „Exerzitien“ auf dem Berg Tabor nimmt Jesus drei Jünger mit, die erwählt wurden, um Zeugen eines einzigartigen Ereignisses zu sein. Er möchte, dass diese Erfahrung der Gnade nicht eine einsame, sondern eine gemeinsame ist, wie unser ganzes Glaubensleben. Jesus folgt man gemeinsam nach. Und gemeinsam, als pilgernde Kirche durch die Zeit, leben wir das Kirchenjahr und in ihm die Fastenzeit, indem wir gemeinsam mit denen gehen, die uns der Herr als Weggefährten zur Seite gestellt hat. In Analogie zum Aufstieg Jesu und der Jünger auf den Berg Tabor können wir sagen, dass unser Weg in der Fastenzeit „synodal“ ist, denn wir gehen ihn gemeinsam und auf demselben Weg, als Jünger des einzigen Meisters. Ja wir wissen, dass er selbst der Weg ist, und deshalb tut die Kirche sowohl im Vollzug der Liturgie wie auch der Synode nichts anderes, als immer tiefer und voller in das Geheimnis Christi, des Erlösers, einzutreten.
Und so kommen wir zum Höhepunkt. Das Evangelium berichtet, dass Jesus »vor ihnen verwandelt [wurde]; sein Gesicht leuchtete wie die Sonne und seine Kleider wurden weiß wie das Licht« (Mt 17,2). Das ist also der „Gipfel“, das Ziel des Weges. Am Ende des Aufstiegs, als sie mit Jesus auf dem hohen Berg stehen, wird den drei Jüngern die Gnade zuteil, ihn in seiner Herrlichkeit zu schauen, in einem übernatürlichen Licht, das nicht von außen kam, sondern von ihm selbst ausstrahlte. Die göttliche Schönheit dieses Anblicks war unvergleichlich größer als jede Anstrengung, die die Jünger beim Aufstieg auf den Tabor hätten unternehmen können. Wie bei jeder anstrengenden Bergwanderung muss man beim Aufstieg den Blick fest auf den Pfad gerichtet halten, doch das Panorama, das sich am Ende eröffnet, überrascht und entschädigt durch seine Pracht. Auch der synodale Prozess erscheint oft beschwerlich und manchmal könnten wir den Mut verlieren. Aber was uns am Ende erwartet, ist zweifellos etwas Wunderbares und Überraschendes, das uns helfen wird, Gottes Willen und unseren Auftrag im Dienst an seinem Reich besser zu verstehen.
Die Erfahrung der Jünger auf dem Berg Tabor wird noch weiter angereichert, als neben dem verklärten Jesus Mose und Elija erscheinen, die für das Gesetz beziehungsweise die Propheten stehen (vgl. Mt 17,3). Die Neuheit Christi ist die Erfüllung des alten Bundes und der Verheißungen; sie ist untrennbar mit der Geschichte Gottes mit seinem Volk verbunden und offenbart deren tiefe Bedeutung. Im analogen Sinn ist auch der synodale Weg in der Tradition der Kirche verwurzelt und gleichzeitig offen für das Neue. Die Tradition ist Quelle der Inspiration für die Suche nach neuen Wegen, wobei die gegensätzlichen Versuchungen der Unbeweglichkeit und des improvisierten Experimentierens vermieden werden müssen.
Der asketische Weg der Fastenzeit und in ähnlicher Weise der synodale Weg haben beide das Ziel einer Verklärung, sowohl auf der persönlichen als auch auf der kirchlichen Ebene. Einer Verwandlung, die in beiden Fällen ihr Vorbild in der Verklärung Jesu findet und durch die Gnade seines österlichen Geheimnisses bewirkt wird. Damit sich eine solche Verklärung in diesem Jahr in uns verwirklicht, möchte ich zwei „Pfade“ vorschlagen, die wir beschreiten können, um gemeinsam mit Jesus aufzusteigen und mit ihm das Ziel zu erreichen.
Der erste bezieht sich auf die Aufforderung, die Gottvater an die Jünger auf dem Tabor richtet, während sie den verklärten Jesus schauen. Die Stimme aus der Wolke sagt: »Auf ihn sollt ihr hören« (Mt 17,5). Der erste Hinweis ist also ganz klar: auf Jesus hören. Die Fastenzeit ist eine Zeit der Gnade in dem Maße, in dem wir auf ihn hören, der zu uns spricht. Und wie spricht er zu uns? Vor allem im Wort Gottes, das uns die Kirche in der Liturgie schenkt: Lassen wir es nicht ins Leere fallen; wenn wir nicht immer an der Messe teilnehmen können, so lasst uns doch Tag für Tag die biblischen Lesungen, auch mit Hilfe des Internets, lesen. Über die Heiligen Schriften hinaus spricht der Herr zu uns in unseren Brüdern und Schwestern, vor allem in den Gesichtern und Geschichten derer, die der Hilfe bedürfen. Aber ich möchte noch einen weiteren Aspekt hinzufügen, der im synodalen Prozess sehr wichtig ist: Das Hören auf Christus geschieht auch über das Hören auf unsere Brüder und Schwestern in der Kirche, jenes gegenseitige Zuhören, das in manchen Phasen das Hauptziel ist, das aber immer unverzichtbar bleibt in der Methode und im Stil einer synodalen Kirche.
Als sie die Stimme des Vaters hörten, warfen sich die Jünger »mit dem Gesicht zu Boden und fürchteten sich sehr. Da trat Jesus zu ihnen, fasste sie an und sagte: Steht auf und fürchtet euch nicht! Und als sie aufblickten, sahen sie niemanden außer Jesus allein« (Mt 17,6-8). Hier ist der zweite Hinweis für diese Fastenzeit, der darin besteht, nicht Zuflucht in einer Religiosität zu suchen, die nur aus außergewöhnlichen Ereignissen, aus eindrucksvollen Erfahrungen besteht, weil man Angst hat, sich der Realität mit ihren täglichen Mühen, Nöten und Widersprüchen zu stellen. Das Licht, das Jesus den Jüngern zeigt, ist ein Vorgeschmack auf die österliche Herrlichkeit, und auf diese geht man zu, indem man „ihm allein“ folgt. Die Fastenzeit ist auf Ostern ausgerichtet: Die „Exerzitien“ sind kein Selbstzweck, sondern bereiten uns darauf vor, das Leiden und das Kreuz mit Glaube, Hoffnung und Liebe zu leben, um zur Auferstehung zu gelangen. Auch der synodale Weg darf uns keine falschen Hoffnungen machen, wir seien angekommen, wenn Gott uns die Gnade einiger starker Gemeinschaftserfahrungen schenkt. Auch dort sagt uns der Herr: »Steht auf und fürchtet euch nicht«. Lasst uns in die Ebene hinabsteigen, und möge die Gnade, die wir erfahren haben, uns dabei helfen, an der Synodalität im Alltagsleben unserer Gemeinschaften zu arbeiten.
Liebe Brüder und Schwestern, der Heilige Geist möge uns in dieser Fastenzeit bei Aufstieg mit Jesus beseelen, damit wir seinen göttlichen Glanz erfahren und – solchermaßen im Glauben gestärkt – unseren Weg gemeinsam mit ihm fortsetzen können, der der Ruhm seines Volkes und das Licht aller Völker ist.
Rom, St. Johannes im Lateran, 25. Januar 2023, Fest der Bekehrung des heiligen Apostels Paulus.
FRANZISKUS
[00296-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Ascesis cuaresmal, un camino sinodal
Queridos hermanos y hermanas:
Los evangelios de Mateo, Marcos y Lucas concuerdan al relatar el episodio de la Transfiguración de Jesús. En este acontecimiento vemos la respuesta que el Señor dio a sus discípulos cuando estos manifestaron incomprensión hacia Él. De hecho, poco tiempo antes se había producido un auténtico enfrentamiento entre el Maestro y Simón Pedro, quien, tras profesar su fe en Jesús como el Cristo, el Hijo de Dios, rechazó su anuncio de la pasión y de la cruz. Jesús lo reprendió enérgicamente: «¡Retírate, ve detrás de mí, Satanás! Tú eres para mí un obstáculo, porque tus pensamientos no son los de Dios, sino los de los hombres» (Mt 16,23). Y «seis días después, Jesús tomó a Pedro, a Santiago y a su hermano Juan, y los llevó aparte a un monte elevado» (Mt 17,1).
El evangelio de la Transfiguración se proclama cada año en el segundo domingo de Cuaresma. En efecto, en este tiempo litúrgico el Señor nos toma consigo y nos lleva a un lugar apartado. Aun cuando nuestros compromisos diarios nos obliguen a permanecer allí donde nos encontramos habitualmente, viviendo una cotidianidad a menudo repetitiva y a veces aburrida, en Cuaresma se nos invita a “subir a un monte elevado” junto con Jesús, para vivir con el Pueblo santo de Dios una experiencia particular de ascesis.
La ascesis cuaresmal es un compromiso, animado siempre por la gracia, para superar nuestras faltas de fe y nuestras resistencias a seguir a Jesús en el camino de la cruz. Era precisamente lo que necesitaban Pedro y los demás discípulos. Para profundizar nuestro conocimiento del Maestro, para comprender y acoger plenamente el misterio de la salvación divina, realizada en el don total de sí por amor, debemos dejarnos conducir por Él a un lugar desierto y elevado, distanciándonos de las mediocridades y de las vanidades. Es necesario ponerse en camino, un camino cuesta arriba, que requiere esfuerzo, sacrificio y concentración, como una excursión por la montaña. Estos requisitos también son importantes para el camino sinodal que, como Iglesia, nos hemos comprometido a realizar. Nos hará bien reflexionar sobre esta relación que existe entre la ascesis cuaresmal y la experiencia sinodal.
En el “retiro” en el monte Tabor, Jesús llevó consigo a tres discípulos, elegidos para ser testigos de un acontecimiento único. Quiso que esa experiencia de gracia no fuera solitaria, sino compartida, como lo es, al fin y al cabo, toda nuestra vida de fe. A Jesús hemos de seguirlo juntos. Y juntos, como Iglesia peregrina en el tiempo, vivimos el año litúrgico y, en él, la Cuaresma, caminando con los que el Señor ha puesto a nuestro lado como compañeros de viaje. Análogamente al ascenso de Jesús y sus discípulos al monte Tabor, podemos afirmar que nuestro camino cuaresmal es “sinodal”, porque lo hacemos juntos por la misma senda, discípulos del único Maestro. Sabemos, de hecho, que Él mismo es el Camino y, por eso, tanto en el itinerario litúrgico como en el del Sínodo, la Iglesia no hace sino entrar cada vez más plena y profundamente en el misterio de Cristo Salvador.
Y llegamos al momento culminante. Dice el Evangelio que Jesús «se transfiguró en presencia de ellos: su rostro resplandecía como el sol y sus vestiduras se volvieron blancas como la luz» (Mt 17,2). Aquí está la “cumbre”, la meta del camino. Al final de la subida, mientras estaban en lo alto del monte con Jesús, a los tres discípulos se les concedió la gracia de verle en su gloria, resplandeciente de luz sobrenatural. Una luz que no procedía del exterior, sino que se irradiaba de Él mismo. La belleza divina de esta visión fue incomparablemente mayor que cualquier esfuerzo que los discípulos hubieran podido hacer para subir al Tabor. Como en cualquier excursión exigente de montaña, a medida que se asciende es necesario mantener la mirada fija en el sendero; pero el maravilloso panorama que se revela al final, sorprende y hace que valga la pena. También el proceso sinodal parece a menudo un camino arduo, lo que a veces nos puede desalentar. Pero lo que nos espera al final es sin duda algo maravilloso y sorprendente, que nos ayudará a comprender mejor la voluntad de Dios y nuestra misión al servicio de su Reino.
La experiencia de los discípulos en el monte Tabor se enriqueció aún más cuando, junto a Jesús transfigurado, aparecieron Moisés y Elías, que personifican respectivamente la Ley y los Profetas (cf. Mt 17,3). La novedad de Cristo es el cumplimiento de la antigua Alianza y de las promesas; es inseparable de la historia de Dios con su pueblo y revela su sentido profundo. De manera similar, el camino sinodal está arraigado en la tradición de la Iglesia y, al mismo tiempo, abierto a la novedad. La tradición es fuente de inspiración para buscar nuevos caminos, evitando las tentaciones opuestas del inmovilismo y de la experimentación improvisada.
El camino ascético cuaresmal, al igual que el sinodal, tiene como meta una transfiguración personal y eclesial. Una transformación que, en ambos casos, halla su modelo en la de Jesús y se realiza mediante la gracia de su misterio pascual. Para que esta transfiguración pueda realizarse en nosotros este año, quisiera proponer dos “caminos” a seguir para ascender junto a Jesús y llegar con Él a la meta.
El primero se refiere al imperativo que Dios Padre dirigió a los discípulos en el Tabor, mientras contemplaban a Jesús transfigurado. La voz que se oyó desde la nube dijo: «Escúchenlo» (Mt 17,5). Por tanto, la primera indicación es muy clara: escuchar a Jesús. La Cuaresma es un tiempo de gracia en la medida en que escuchamos a Aquel que nos habla. ¿Y cómo nos habla? Ante todo, en la Palabra de Dios, que la Iglesia nos ofrece en la liturgia. No dejemos que caiga en saco roto. Si no podemos participar siempre en la Misa, meditemos las lecturas bíblicas de cada día, incluso con la ayuda de internet. Además de hablarnos en las Escrituras, el Señor lo hace a través de nuestros hermanos y hermanas, especialmente en los rostros y en las historias de quienes necesitan ayuda. Pero quisiera añadir también otro aspecto, muy importante en el proceso sinodal: el escuchar a Cristo pasa también por la escucha a nuestros hermanos y hermanas en la Iglesia; esa escucha recíproca que en algunas fases es el objetivo principal, y que, de todos modos, siempre es indispensable en el método y en el estilo de una Iglesia sinodal.
Al escuchar la voz del Padre, «los discípulos cayeron con el rostro en tierra, llenos de temor. Jesús se acercó a ellos y, tocándolos, les dijo: “Levántense, no tengan miedo”. Cuando alzaron los ojos, no vieron a nadie más que a Jesús solo» (Mt 17,6-8). He aquí la segunda indicación para esta Cuaresma: no refugiarse en una religiosidad hecha de acontecimientos extraordinarios, de experiencias sugestivas, por miedo a afrontar la realidad con sus fatigas cotidianas, sus dificultades y sus contradicciones. La luz que Jesús muestra a los discípulos es un adelanto de la gloria pascual y hacia ella debemos ir, siguiéndolo “a Él solo”. La Cuaresma está orientada a la Pascua. El “retiro” no es un fin en sí mismo, sino que nos prepara para vivir la pasión y la cruz con fe, esperanza y amor, para llegar a la resurrección. De igual modo, el camino sinodal no debe hacernos creer en la ilusión de que hemos llegado cuando Dios nos concede la gracia de algunas experiencias fuertes de comunión. También allí el Señor nos repite: «Levántense, no tengan miedo». Bajemos a la llanura y que la gracia que hemos experimentado nos sostenga para ser artesanos de la sinodalidad en la vida ordinaria de nuestras comunidades.
Queridos hermanos y hermanas, que el Espíritu Santo nos anime durante esta Cuaresma en nuestra escalada con Jesús, para que experimentemos su resplandor divino y así, fortalecidos en la fe, prosigamos juntos el camino con Él, gloria de su pueblo y luz de las naciones.
Roma, San Juan de Letrán, 25 de enero de 2023, Fiesta de la Conversión de san Pablo
FRANCISCO
[00296-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Ascese quaresmal, itinerário sinodal
Queridos irmãos e irmãs!
Os Evangelhos de Mateus, Marcos e Lucas coincidem em narrar o episódio da Transfiguração de Jesus. Neste acontecimento, vemos a resposta do Senhor a uma falta de compreensão manifestada pelos seus discípulos. De facto, pouco antes, registara-se uma verdadeira divergência entre o Mestre e Simão Pedro; este começara professando a sua fé em Jesus como Cristo, o Filho de Deus, mas em seguida rejeitara o seu anúncio da paixão e da cruz. E Jesus censurara-o asperamente: «Afasta-te, satanás! Tu és para Mim um estorvo, porque os teus pensamentos não são os de Deus, mas os dos homens» (Mt 16, 23). Por isso, «seis dias depois, Jesus tomou consigo Pedro, Tiago e seu irmão João, e levou-os, só a eles, a um alto monte» (Mt 17, 1).
O evangelho da Transfiguração é proclamado, cada ano, no II Domingo da Quaresma. Realmente, neste tempo litúrgico, o Senhor toma-nos consigo e conduz-nos à parte. Embora os nossos compromissos ordinários nos peçam para permanecer nos lugares habituais, transcorrendo uma vida quotidiana frequentemente repetitiva e por vezes enfadonha, na Quaresma somos convidados a subir «a um alto monte» juntamente com Jesus, para viver com o Povo santo de Deus uma particular experiência de ascese.
A ascese quaresmal é um empenho, sempre animado pela graça, no sentido de superar as nossas faltas de fé e as resistências em seguir Jesus pelo caminho da cruz. Aquilo precisamente de que Pedro e os outros discípulos tinham necessidade. Para aprofundar o nosso conhecimento do Mestre, para compreender e acolher profundamente o mistério da salvação divina, realizada no dom total de si mesmo por amor, é preciso deixar-se conduzir por Ele à parte e ao alto, rompendo com a mediocridade e as vaidades. É preciso pôr-se a caminho, um caminho em subida, que requer esforço, sacrifício e concentração, como uma excursão na montanha. Estes requisitos são importantes também para o caminho sinodal, que nos comprometemos, como Igreja, a realizar. Far-nos-á bem refletir sobre esta relação que existe entre a ascese quaresmal e a experiência sinodal.
Para o «retiro» no Monte Tabor, Jesus leva consigo três discípulos, escolhidos para serem testemunhas dum acontecimento singular; Ele deseja que aquela experiência de graça não seja vivida solitariamente, mas de forma compartilhada, como é aliás toda a nossa vida de fé. A Jesus, seguimo-Lo juntos; e juntos, como Igreja peregrina no tempo, vivemos o Ano Litúrgico e, nele, a Quaresma, caminhando com aqueles que o Senhor colocou ao nosso lado como companheiros de viagem. À semelhança da subida de Jesus e dos discípulos ao Monte Tabor, podemos dizer que o nosso caminho quaresmal é «sinodal», porque o percorremos juntos pelo mesmo caminho, discípulos do único Mestre. Mais ainda, sabemos que Ele próprio é o Caminho e, por conseguinte, tanto no itinerário litúrgico como no do Sínodo, a Igreja não faz outra coisa senão entrar cada vez mais profunda e plenamente no mistério de Cristo Salvador.
E chegamos ao momento culminante. O Evangelho narra que Jesus «Se transfigurou diante deles: o seu rosto resplandeceu como o sol, e as suas vestes tornaram-se brancas como a luz» (Mt 17, 2). Aqui aparece o «cimo», a meta do caminho. No final da subida e enquanto estão no alto do monte com Jesus, os três discípulos recebem a graça de O verem na sua glória, resplandecente de luz sobrenatural, que não vinha de fora, mas irradiava d’Ele mesmo. A beleza divina desta visão mostrou-se incomparavelmente superior a qualquer cansaço que os discípulos pudessem ter sentido quando subiam ao Tabor. Como toda a esforçada excursão de montanha, ao subir, é preciso manter os olhos bem fixos na vereda; mas o panorama que se deslumbra no final surpreende e compensa pela sua maravilha. Com frequência também o processo sinodal se apresenta árduo e por vezes podemos até desanimar; mas aquilo que nos espera no final é algo, sem dúvida, maravilhoso e surpreendente, que nos ajudará a compreender melhor a vontade de Deus e a nossa missão ao serviço do seu Reino.
A experiência dos discípulos no monte Tabor torna-se ainda mais enriquecedora quando, ao lado de Jesus transfigurado, aparecem Moisés e Elias, que personificam respetivamente a Lei e os Profetas (cf. Mt 17, 3). A novidade de Cristo é cumprimento da antiga Aliança e das promessas; é inseparável da história de Deus com o seu povo, e revela o seu sentido profundo. De forma análoga, o caminho sinodal está radicado na tradição da Igreja e, ao mesmo tempo, aberto para a novidade. A tradição é fonte de inspiração para procurar estradas novas, evitando as contrapostas tentações do imobilismo e da experimentação improvisada.
O caminho ascético quaresmal e, de modo semelhante, o sinodal, têm como meta uma transfiguração, pessoal e eclesial. Uma transformação que, em ambos os casos, encontra o seu modelo na de Jesus e realiza-se pela graça do seu mistério pascal. Para que, neste ano, se possa realizar em nós tal transfiguração, quero propor duas «veredas» que é necessário percorrer para subir juntamente com Jesus e chegar com Ele à meta.
A primeira diz respeito à ordem que Deus Pai dirige aos discípulos no Tabor, enquanto estão a contemplar Jesus transfigurado. A voz da nuvem diz: «Escutai-O» (Mt 17, 5). Assim a primeira indicação é muito clara: escutar Jesus. A Quaresma é tempo de graça na medida em que nos pusermos à escuta d’Ele, que nos fala. E como nos fala Ele? Antes de mais nada na Palavra de Deus, que a Igreja nos oferece na Liturgia: não a deixemos cair em saco roto; se não podermos participar sempre na Missa, ao menos leiamos as Leituras bíblicas de cada dia valendo-nos até da ajuda da internet. Além da Sagrada Escritura, o Senhor fala-nos nos irmãos, sobretudo nos rostos e vicissitudes daqueles que precisam de ajuda. Mas quero acrescentar ainda outro aspeto, muito importante no processo sinodal: a escuta de Cristo passa também através da escuta dos irmãos e irmãs na Igreja; nalgumas fases, esta escuta recíproca é o objetivo principal, mas permanece sempre indispensável no método e estilo duma Igreja sinodal.
Ao ouvir a voz do Pai, «os discípulos caíram com a face por terra, muito assustados. Aproximando-Se deles, Jesus tocou-lhes dizendo: “Levantai-vos e não tenhais medo”. Erguendo os olhos, os discípulos apenas viram Jesus e mais ninguém» (Mt 17, 6-8). E aqui temos a segunda indicação para esta Quaresma: não refugiar-se numa religiosidade feita de acontecimentos extraordinários, de sugestivas experiências, levados pelo medo de encarar a realidade com as suas fadigas diárias, as suas durezas e contradições. A luz que Jesus mostra aos seus discípulos é uma antecipação da glória pascal, e é rumo a esta que se torna necessário caminhar seguindo «apenas Jesus e mais ninguém». A Quaresma orienta-se para a Páscoa: o «retiro» não é um fim em si mesmo, mas prepara-nos para viver – com fé, esperança e amor – a paixão e a cruz, a fim de chegarmos à ressurreição. Também o percurso sinodal não nos deve iludir quanto ao termo de chegada, que não é quando Deus nos dá a graça de algumas experiências fortes de comunhão, pois aí o Senho também nos repete: «Levantai-vos e não tenhais medo». Desçamos à planície e que a graça experimentada nos sustente para sermos artesãos de sinodalidade na vida ordinária das nossas comunidades.
Queridos irmãos e irmãs, que o Espírito Santo nos anime nesta Quaresma na subida com Jesus, para fazermos experiência do seu esplendor divino e assim, fortalecidos na fé, prosseguirmos o caminho com Ele, glória do seu povo e luz das nações.
Roma – São João de Latrão, na Festa da Conversão de São Paulo, 25 de janeiro de 2023.
FRANCISCO
[00296-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Asceza wielkopostna, itinerarium synodalne
Drodzy bracia i siostry!
Ewangelie Mateusza, Marka i Łukasza zgodnie opisują wydarzenie przemienienia Jezusa. Widzimy w nim odpowiedź Pana na niezrozumienie, jakie okazali mu jego uczniowie. Nieco wcześniej bowiem doszło do poważnej kontrowersji między Nauczycielem a Szymonem Piotrem, który po wyznaniu wiary w Jezusa jako Chrystusa, Syna Bożego, odrzucił Jego zapowiedź męki i krzyża. Jezus stanowczo go upomniał: „Zejdź Mi z oczu, szatanie! Jesteś Mi zawadą, bo myślisz nie na sposób Boży, lecz na ludzki!” (Mt 16, 23). A „po sześciu dniach Jezus wziął z sobą Piotra, Jakuba i brata jego Jana i zaprowadził ich na górę wysoką, osobno” (Mt 17, 1).
Ewangelia o Przemienieniu Pańskim jest głoszona co roku w drugą niedzielę Wielkiego Postu. Rzeczywiście w tym okresie liturgicznym Pan bierze nas ze sobą i prowadzi na miejsce odosobnione. Nawet jeśli nasze normalne obowiązki wymagają od nas pozostania w naszych zwykłych miejscach, przeżywając powszedniość często powtarzaną, a niekiedy nudną, to w okresie Wielkiego Postu jesteśmy zaproszeni do „wejścia na wysoką górę” razem z Jezusem, aby przeżyć wraz ze świętym ludem Bożym szczególne doświadczenie ascezy.
Asceza wielkopostna to usiłowanie, zawsze ożywiane łaską, do przezwyciężenia naszego braku wiary i oporów, żeby pójść za Jezusem drogą krzyżową. Tego właśnie, czego potrzebowali Piotr i inni uczniowie. Aby pogłębić naszą znajomość Nauczyciela, by w pełni zrozumieć i przyjąć tajemnicę boskiego zbawienia, realizowanego w całkowitym darze z siebie z miłości, musimy dać się Jemu prowadzić na miejsca odosobnione i w górę, odrywając się od przeciętności i próżności. Trzeba wyruszyć w drogę, drogę wiodącą pod górę, wymagającą wysiłku, ofiarności i koncentracji, jak wyprawa w góry. Te wymagania są ważne także dla procesu synodalnego, w realizację którego zaangażowaliśmy się jako Kościół. Warto, abyśmy podjęli refleksję nad tym powiązaniem, jakie istnieje między ascezą wielkopostną a doświadczeniem synodalnym.
Na „rekolekcje” na górze Tabor Jezus zabiera ze sobą trzech uczniów, wybranych by byli świadkami wyjątkowego wydarzenia. Chce, aby to doświadczenie łaski nie było indywidualne, lecz wspólne, jak zresztą całe nasze życie wiary. Za Jezusem idzie się razem. I razem, jako Kościół pielgrzymujący w czasie przeżywamy rok liturgiczny, a w nim Wielki Post, idąc z tymi, których Pan postawił obok nas jako współtowarzyszy podróży. Podobnie jak w przypadku wejścia Jezusa i uczniów na górę Tabor, możemy powiedzieć, że nasza wielkopostna droga jest „synodalna”, ponieważ odbywamy ją razem na tej samej drodze będąc uczniami jedynego Nauczyciela. Wiemy bowiem, że On sam jest Drogą, a zatem – zarówno w drodze liturgicznej jak i synodalnej – Kościół nie czyni nic innego, jak tylko coraz głębiej i pełniej wchodzi w tajemnicę Chrystusa Zbawiciela.
I dochodzimy do punktu kulminacyjnego. Ewangelia opowiada, że Jezus „przemienił się wobec nich: twarz Jego zajaśniała jak słońce, odzienie zaś stało się białe jak światło” (Mt 17, 2). Tu jest „szczyt”, cel podróży. Po wejściu, przebywając z Jezusem na wysokiej górze trzem uczniom zostaje dana łaska ujrzenia Go w Jego chwale, jaśniejącego nadprzyrodzonym światłem, które nie pochodziło z zewnątrz, ale promieniowało z Niego samego. Boskie piękno tej wizji było nieporównywalnie większe niż jakikolwiek trud, jaki uczniowie mogliby podjąć, wchodząc na Tabor. Podobnie jak w każdej trudnej górskiej wyprawie: w miarę wchodzenia trzeba skoncentrować spojrzenie na ścieżce, ale panorama, która otwiera się na końcu, zaskakuje i odpłaca swoim cudem. Także proces synodalny często wydaje się żmudny i chwilami możemy się zniechęcić. Ale to, co czeka nas na końcu, to niewątpliwie coś wspaniałego i zaskakującego, co pomoże nam lepiej zrozumieć wolę Boga i naszą misję w służbie Jego królestwa.
Doświadczenie uczniów na górze Tabor zostaje dodatkowo ubogacone, gdy obok przemienionego Jezusa pojawiają się Mojżesz i Eliasz, uosabiając odpowiednio Prawo i Proroków (por. Mt 17, 3). Nowość Chrystusa jest wypełnieniem Starego Przymierza i obietnic: jest nierozerwalnie związana z dziejami relacji Boga ze swoim ludem i odsłania jej głęboki sens. Podobnie proces synodalny jest zakorzeniony w tradycji Kościoła, a jednocześnie otwarty na nowość. Tradycja jest źródłem inspiracji do poszukiwania nowych dróg, unikania przeciwstawnych pokus stagnacji i improwizowanego eksperymentowania.
Zarówno ascetyczna droga wielkopostna, jak i ta synodalna, mają za cel przemianę, tak osobistą, jak i eklezjalną. Przemianę, która w obu przypadkach znajduje swój wzór w przemienieniu Jezusa i dokonuje się dzięki łasce Jego paschalnego misterium. Aby takie przemienienie mogło się w nas w tym roku dokonać, chciałbym zaproponować dwie „ścieżki”, którymi można pójść, by wejść razem z Jezusem i razem z Nim osiągnąć cel.
Pierwsza odnosi się do nakazu, jaki Bóg Ojciec kieruje do uczniów na górze Taborze, gdy ci kontemplują przemienionego Jezusa. Głos z obłoku mówi: „Jego słuchajcie” (Mt 17, 5). Pierwsza wskazówka jest więc bardzo wyraźna: słuchać Jezusa. Wielki Post jest czasem łaski na ile słuchamy Tego, który do nas mówi. A jak do nas przemawia? Przede wszystkim w Słowie Bożym, które Kościół ofiarowuje nam w liturgii: nie pozwólmy, by padło ono w pustkę. Jeśli nie zawsze możemy uczestniczyć we Mszy Świętej, czytajmy czytania biblijne dzień po dniu, także z pomocą internetu. Oprócz Pisma Świętego, Pan przemawia do nas w braciach i siostrach, zwłaszcza w obliczach i historiach tych, którzy potrzebują pomocy. Ale chciałbym też dodać inny aspekt, bardzo ważny w procesie synodalnym: słuchanie Chrystusa dokonuje się także przez słuchanie naszych braci i sióstr w Kościele, przez to wzajemne słuchanie, które w niektórych fazach jest głównym celem, ale które zawsze pozostaje niezbędne w metodzie i stylu Kościoła synodalnego.
Słysząc głos Ojca, „uczniowie, upadli na twarz i bardzo się zlękli. A Jezus zbliżył się do nich, dotknął ich i rzekł: «Wstańcie, nie lękajcie się!» Gdy podnieśli oczy, nikogo nie widzieli, tylko samego Jezusa” (Mt 17, 6-8). Oto drugie wskazanie na ten Wielki Post: nie chronić się w religijności składającej się z nadzwyczajnych wydarzeń, z sugestywnych doświadczeń, w obawie przed stawieniem czoła rzeczywistości z jej codziennymi zmaganiami, jej trudnościami i sprzecznościami. Światło, które Jezus ukazuje uczniom, jest przedsmakiem chwały paschalnej i ku niej trzeba zmierzać, idąc za „Nim samym”. Wielki Post jest ukierunkowany na Paschę: „rekolekcje” nie są celem samym w sobie, ale przygotowują nas do przeżywania męki i krzyża z wiarą, nadzieją i miłością, aby dotrzeć do zmartwychwstania. Także proces synodalny nie powinien nas łudzić, że dotarliśmy do celu, gdy Bóg daje nam łaskę niektórych mocnych doświadczeń komunii. Także i tam Pan powtarza nam: „Wstańcie i nie lękajcie się”. Zejdźmy na równinę i niech łaska, której doświadczyliśmy, podtrzymuje nas w byciu budowniczymi synodalności w zwyczajnym życiu naszych wspólnot.
Drodzy bracia i siostry, niech Duch Święty ożywia nas w tym Wielkim Poście w naszym wchodzeniu na górę z Jezusem, by doświadczyć Jego Boskiego blasku i w ten sposób, umocnieni w wierze, abyśmy mogli podążać drogą razem z nim, który jest chwałą swego ludu i światłem pogan.
Rzym, u św. Jana na Lateranie, 25 stycznia 2023 r., w święto Nawrócenia św. Pawła Apostoła.
FRANCISZEK
[00296-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
رسالة قداسة البابا فرنسيس
في مناسبة الزّمن الأربعيني 2023
زُهْدُ الصَّوم، مسيرة سينوديّة
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
تتّفق أناجيل متّى ومرقس ولوقا في روايتها لحادثة تجلّي يسوع. نَرَى في هذه الحادثة جواب الرّبّ يسوع على عدم الفهم الذي أظهره تلاميذه تُجاهه. في الواقع، قبل أيام، كان صِدامٌ حقيقيّ بين المعلّم وسمعان بطرس، الذي رفض أن يقبل إعلانه عن آلامه وصلبه، بعد أن اعترف بإيمانه بيسوع بأنّه المسيح، ابن الله. وبَّخَهُ يسوع بشدّة، قائلًا: "انسَحِبْ! وَرائي! يا شَيطان، فأَنتَ لي حَجَرُ عَثْرَة، لأَنَّ أَفكارَكَ لَيسَت أَفكارَ الله، بل أَفكارُ البَشَر" (متّى 16، 23). ثمَّ "بَعدَ سِتَّةِ أَيَّام مَضى يسوعُ بِبُطرسَ ويَعقوبَ وأَخيه يوحَنَّا، فٱنفَردَ بِهِم عَلى جَبَلٍ عالٍ" (متّى 17، 1).
إنجيل التّجلّي يُعْلَنُ كلّ سنة في الأحد الثّاني من الزّمن الأربعيني. في هذا الزّمن الليتورجيّ، يأخذنا الرّبّ يسوع معه ويَنفَرِد بنا، حتّى ولو طَلَبَت منّا التزاماتنا العاديّة أن نبقى في أماكننا المُعتادة، وأن نعيش حياة يوميّة، فيها غالبًا تكرار وأحيانًا ملل، نحن مدعوّون في الزّمن الأربعيني إلى أن ”نَصعَد إلى جبلٍ عالٍ“ مع يسوع، لكي نعيش مع شعب الله المقدّس خبرة زُهدٍ خاصّة.
زُهدُ الصَّوم هو التزام، تُحرّكُه النّعمة دائمًا، لكي نتغلّب على نَقصِ إيماننا وعلى مقاومتنا لاتّباع يسوع في مسيرة الصّليب، تمامًا مثل حاجة بطرس والتّلاميذ الآخرين. لكي نعمّق معرفتنا بالمعلّم، ونفهم ونقبل سرّ الخلاص الإلهيّ كلّه، الذي تحقّق في بَذْلِهِ الكامل لذاتِهِ بدافع الحبّ، علينا أن نتركه يقودنا وأن ينفرد بنا في مكان عالٍ، ونتجرّد عن الفتور والزهو. علينا أن نضع أنفسنا في مسيرة، في مسيرة صعود، تتطلّب جُهدًا وتضحيةً وتركيزًا، مثل رحلة في الجبال. هذه المتطلَّبات مهمّة أيضًا من أجل المسيرة السّينوديّة، التي التزمنا أن نحقّقها ككنيسة. حسنٌ لنا أن نفكّر في هذه العلاقة القائمة بين زُهد الصّوم والخبرة السّينوديّة.
في ”الخَلْوَة“ على جبل طابور، أخذ يسوع معه ثلاثة تلاميذ، اختارهم ليكونوا شهودًا على حدث فريد. أراد ألّا تكون خبرة النّعمة تلك وحيدة، بل مشتركة، كما هو الحال مع حياتنا الإيمانيّة كلّها. إنّنا نَتبَعُ يسوع معًا. ومعًا، مثل كنيسة حاجّة في الزّمن، نعيش السّنة الليتورجيّة، وفيها نعيش الزّمن الأربعيني، ونسير مع الذين وضعهم الرّبّ يسوع إلى جانبنا رفقاءَ دربٍ في مسيرتنا. على مثال صعود يسوع والتّلاميذ إلى جبل طابور، يمكننا أن نقول إنّ مسيرة صومنا هي ”سينوديّة“، لأنّنا نقوم بها معًا على الطّريق نفسه، وتلاميذَ للمعلّم الواحد. نحن نعلَم أنّه هو الطّريق، وبالتّالي، في المسار الليتورجيّ وفي مسار السّينودس، لا تصنع الكنيسة شيئًا سوى أن تدخل في سرّ المسيح المخلّص بشكل أعمق وأكمل.
ونصل هنا إلى قِمّة الحديث. روى الإنجيل أنّ يسوع "تَجَلَّى بِمَرأًى مِنهُم، فأَشَعَّ وَجهُه كالشَّمس، وتَلألأَت ثِيابُه كالنُّور" (متّى 17، 2). هذه هي ”القمّة“، وهدف المسيرة. في نهاية الصّعود: بينما هُم في أعلى الجبل مع يسوع، أُعطي للتّلاميذ الثّلاثة النّعمة لأن يَرَوه في مجده، مُشعًّا بنورٍ فائقٍ الطّبيعة، لم يأتِ من الخارج، بل كان يشعّ منه هو نفسه. هذا الجمال الإلهيّ لهذه الرّؤية كان يسمو بشكل لا يُضاهى أيّ جُهدٍ يمكن أن يكون الرّسل قد بذلوه في الصّعود إلى جبل طابور. كما في كلّ رحلة جبليّة شاقّة: عند الصّعود علينا أن نُبقي عيوننا ثابتة في المسار، لكن في النّهاية، المشهد الذي يظهر أمامنا يفاجئنا ويعوّضنا بروعته. العمليّة السينوديّة تبدو أيضًا غالبًا شاقّة وأحيانًا يمكن أن تَحُطَّ من عزيمتنا. لكن ما ينتظرنا في النّهاية هو بالتّأكيد أمرٌ رائع ومدهش، وسيساعدنا على فهم أفضل لإرادة الله ورسالتنا في خدمة ملكوته.
ازدادت خبرة التّلاميذ غِنًى على جبل طابور عندما ظهر موسى وإيليا، إلى جانب يسوع المتجلّي، وكلّ واحد منهما يشخِّص الشّريعة أو الأنبياء (راجع متّى 17، 3). الجديد في المسيح هو أنّه إتمامٌ للعهد القديم وللوعود، وهو لا ينفصل عن تاريخ الله مع شعبه ويكشف عن معناه العميق. وبِالمِثِل، المسيرة السّينوديّة متجذّرة في تقليد الكنيسة ومُنفتحة في الوقت نفسه على كلّ ما هو جديد. التّقليد هو مصدرُ إلهامٍ للبحث عن طُرقٍ جديدة، وتجنّب التّجارب المُعاكسة والداعية إلى الرّكود والاختبارات العفوية.
هَدَفُ المسيرة في زُهد الصّوم، وكذلك المسيرة السّينوديّة، هو التّجلّي، الشّخصيّ والكنسيّ. وهو في كِلتا الحالتَين على مثال تجلّي يسوع، ويتمّ بنعمة سِرِّهِ الفصحيّ. حتّى يتحقّق هذا التّجلّي فينا في هذه السّنة، أودّ أن أقترح ”مسارَين“ نتبعهما لكي نصعد معًا مع يسوع ونَصِلَ معه إلى الهدف.
الأوّل، يُشير إلى فعل الأمر الذي وجّهه الله الآب إلى التّلاميذ على جبل طابور، وهم يشاهدون يسوع متجلّيًا. قال الصّوت من الغمام: "لَهُ ٱسمَعوا" (متّى 17، 5). إذن، الإشارة الأولى واضحة جدًّا: أن نستمع إلى يسوع. الزّمن الأربعيني هو زمن نعمة بالمقياس الذي فيه نستمع إليه، هو الذي يكلّمنا. وكيف يكلّمنا؟ أوّلًا في كلمة الله، التي تقدّمها لنا الكنيسة في الليتورجيّا: لا ندعها تقع في الفراغ. إن لم نستطع أن نشارك دائمًا في القدّاس الإلهيّ، لنقرأ قراءات الكتاب المقدّس اليوميّة، حتّى بمساعدة الإنترنت. بالإضافة إلى الكتاب المقدّس، يكلّمنا الرّبّ يسوع في الإخوة، لا سيّما في وجوه وقِصَص الذين يحتاجون إلى المساعدة. لكن، أودّ أن أُضيف أيضًا جانبًا آخر، مهمًّا جدًّا في العمليّة السّينوديّة: استماعنا إلى المسيح يمرّ أيضًا من خلال استماعنا إلى الإخوة والأخوات في الكنيسة، ذلك الاستماع المتبادل الذي هو الهدف الرّئيسي في بعض المراحل، ولكنّه مع ذلك يبقى دائمًا أمرًا لا غِنَى عنه في طريقة وأسلوب الكنيسة السّينوديّة.
لمّا سمعوا صوت الآب، "سَقَط التّلاميذ على وُجوهِهِم، وقدِ استَولى علَيهِم خَوفٌ شديد. فدنا يسوعُ ولمَسَهم وقالَ لَهم: «قوموا، لا تَخافوا». فَرفَعوا أَنظارَهم، فلَم يَرَوا إِلّا يسوعَ وحدَه" (متّى 17، 6-8). هذه هي الإشارة الثّانية لهذا الزّمن الأربعيني: لا نلجأ إلى تديّن قائم على أحداث غير عاديّة، وخبرات لها دلالات وإيحاءات خاصّة، خوفًا من أن نواجه الواقع بصعابه اليوميّة وقساوته وتناقضاته. النّور الذي أظهره يسوع لتلاميذه هو استباق لمجد عيد الفصح. ونحو هذا المجد يجب أن نذهب، ونتبعه ”هو وحده“. الزّمن الأربعيني مُتّجه نحو الفصح: ”الخَلْوَة“ ليست غايةً في حدِّ ذاتها، بل إنّها تهيّئنا لكي نعيش الآلام والصّليب بإيمان ورجاء ومحبّة، حتّى نصل إلى القيامة. المسيرة السّينوديّة أيضًا، يجب ألّا توهمنا أنّنا وصلنا عندما يعطينا الله نعمة بعض الخبرات القويّة في الشّركة والوَحدة. هناك أيضًا الرّبّ يسوع يكرّر ويقول لنا: "قوموا، لا تَخافوا". لِننزل إلى السّهل، ولْتسندنا النّعمة التي اختبرناها لنكون صانعي سينوديّة في حياة جماعاتنا العاديّة.
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، لِيملَأْنا الرّوح القدس في هذا الزّمن الأربعيني في صعودنا مع يسوع، لكي نختبر بهاءه الإلهيّ، فنتقوّى في الإيمان، ونواصل معًا مسيرتنا معه، هو مجد شعبه ونور الأمم.
روما، بازيليكا القدّيس يوحنّا في اللاتران، يوم 25 كانون الثّاني/يناير 2023، عيد اهتداء القدّيس بولس.
فرنسيس
[00296-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0137-XX.02]