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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Santa Messa presso il complesso del Mausoleo “John Garang”, 05.02.2023


Santa Messa presso il complesso del Mausoleo “John Garang”

Omelia del Santo Padre

Saluto finale del Santo Padre al termine della Messa

Questa mattina, dopo essersi congedato dal personale e dai benefattori della Nunziatura Apostolica di Giuba, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto al Mausoleo “John Garang” per la Santa Messa.

Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio di vettura, il Santo Padre ha compiuto alcuni giri in papamobile tra i fedeli insieme a S.E. Mons. Stephen Ameyu Martin Mulla, Arcivescovo di Giuba. e, alle ore 8.30 locali (7.30 ora di Roma) ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in lingua inglese, nella V Domenica del tempo ordinario.

Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Al termine, dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo di Giuba e prima della benedizione finale, Papa Francesco ha rivolto agli oltre 100.000 fedeli e pellegrini presenti al Mausoleo per la Santa Messa un saluto finale e alcune parole di ringraziamento.

Quindi il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Giuba per il congedo dal Sud Sudan.

Pubblichiamo di seguito l’omelia e il saluto finale che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Le parole che l’Apostolo Paolo ha rivolto alla comunità di Corinto nella seconda Lettura, vorrei oggi farle mie e ripeterle davanti a voi: «Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1 Cor 2,1-2). Sì, la trepidazione di Paolo è anche la mia, nel trovarmi qui con voi nel nome di Gesù Cristo, il Dio dell’amore, il Dio che ha realizzato la pace attraverso la sua croce; Gesù, Dio crocifisso per tutti noi; Gesù, crocifisso in chi soffre; Gesù, crocifisso nella vita di tanti di voi, in molte persone di questo Paese; Gesù il Risorto, vincitore sul male e sulla morte. Vengo a voi a proclamarvi Lui, a confermarvi in Lui, perché l’annuncio di Cristo è annuncio di speranza: Egli, infatti, conosce le angosce e le attese che portate nel cuore, le gioie e le fatiche che segnano la vostra vita, le tenebre che vi opprimono e la fede che, come un canto nella notte, levate al Cielo. Gesù vi conosce e vi ama; se rimaniamo in Lui, non dobbiamo temere, perché anche per noi ogni croce si trasformerà in risurrezione, ogni tristezza in speranza, ogni lamento in danza.

Vorrei dunque soffermarmi sulle parole di vita che il nostro Signore Gesù ci ha rivolto oggi nel Vangelo: «Voi siete il sale della terra […]. Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14). Che cosa dicono queste immagini a noi, discepoli di Cristo?

Anzitutto, siamo sale della terra. Il sale serve a dare sapore al cibo. È l’ingrediente invisibile che dà gusto a tutto. Proprio per questo, fin dai tempi antichi, è stato visto come simbolo della sapienza, cioè di quella virtù che non si vede, ma che dà gusto al vivere e senza la quale l’esistenza diventa insipida, senza sapore. Ma di quale sapienza ci parla Gesù? Egli utilizza questa immagine del sale subito dopo aver proclamato ai suoi discepoli le Beatitudini: capiamo allora che sono esse il sale della vita del cristiano. Le Beatitudini, infatti, portano in terra la sapienza del Cielo: rivoluzionano i criteri del mondo e del modo comune di pensare. E che cosa dicono? In poche parole, affermano che per essere beati, cioè pienamente felici, non dobbiamo cercare di essere forti, ricchi e potenti, bensì umili, miti, misericordiosi; non fare del male a nessuno, ma essere operatori di pace per tutti. Questa – dice Gesù – è la sapienza del discepolo, è ciò che dà sapore alla terra che abitiamo. Ricordiamoci: se mettiamo in pratica le Beatitudini, se incarniamo la sapienza di Cristo, non diamo un buon sapore solo alla nostra vita, ma anche alla società, al Paese dove viviamo.

Ma il sale, oltre a dare sapore, ha un’altra funzione, essenziale ai tempi di Cristo: conservare i cibi perché non si corrompano, diventando avariati. La Bibbia, però, diceva che c’era un “cibo”, un bene essenziale che andava conservato prima di ogni altro: l’alleanza con Dio. Perciò a quei tempi, ogni volta che si faceva un’offerta al Signore, si metteva un po’ di sale. Ascoltiamo infatti che cosa dice la Scrittura in proposito: «Nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale» (Lv 2,13). Così il sale ricordava il bisogno primario di custodire il legame con Dio, perché Lui è fedele a noi, la sua alleanza con noi è incorruttibile, inviolabile e duratura (cfr Nm 18,19; 2 Cr 13,5). Perciò il discepolo di Gesù, in quanto sale della terra, è testimone dell’alleanza che Lui ha realizzato e che celebriamo in ogni Messa: un’alleanza nuova, eterna, infrangibile (cfr 1 Cor 11,25; Eb 9), un amore per noi che non può essere incrinato neanche dalle nostre infedeltà.

Fratelli, sorelle, siamo testimoni di questa meraviglia. Anticamente, quando delle persone o dei popoli stabilivano tra loro un’amicizia, spesso la stipulavano scambiandosi un po’ di sale; noi che siamo sale della terra, siamo chiamati a testimoniare l’alleanza con Dio nella gioia, con gratitudine, mostrando di essere persone capaci di creare legami di amicizia, di vivere la fraternità, di costruire buone relazioni umane, per impedire che prevalgano la corruzione del male, il morbo delle divisioni, la sporcizia degli affari iniqui, la piaga dell’ingiustizia.

Oggi vorrei ringraziarvi perché siete sale della terra in questo Paese. Eppure, dinanzi a tante ferite, alle violenze che alimentano il veleno dell’odio, all’iniquità che provoca miseria e povertà, potrebbe sembrarvi di essere piccoli e impotenti. Ma, quando vi assale la tentazione di sentirvi inadeguati, provate a guardare al sale e ai suoi granelli minuscoli: è un piccolo ingrediente e, una volta messo sopra un piatto, scompare, si scioglie, però è proprio così che dà sapore a tutto il contenuto. Così, noi cristiani, pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia. Gesù desidera che lo facciamo come il sale: ne basta un pizzico che si scioglie per dare un sapore diverso all’insieme. Allora non possiamo tirarci indietro, perché senza quel poco, senza il nostro poco, tutto perde gusto. Iniziamo proprio dal poco, dall’essenziale, da ciò che non compare sui libri di storia ma cambia la storia: nel nome di Gesù, delle sue Beatitudini, deponiamo le armi dell’odio e della vendetta per imbracciare la preghiera e la carità; superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie; impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro; accogliamoci e amiamoci con sincerità e generosità, come fa Dio con noi. Custodiamo il bene che siamo, non lasciamoci corrompere dal male!

Passiamo alla seconda immagine usata da Gesù, la luce: Voi siete la luce del mondo. Una famosa profezia diceva di Israele: «Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6). Ora la profezia si è compiuta, perché Dio Padre ha inviato il suo Figlio, ed è Lui la luce del mondo (cfr Gv 8,12), la luce vera che illumina ogni uomo e ogni popolo, la luce che splende nelle tenebre e dissipa le nubi di qualsiasi oscurità (cfr Gv 1,5.9). Ma lo stesso Gesù, luce del mondo, dice ai suoi discepoli che anche loro sono luce del mondo. Ciò vuol dire che noi, accogliendo la luce di Cristo, la luce che è Cristo, diventiamo luminosi, irradiamo la luce di Dio!

Gesù aggiunge: «Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,15). Si tratta anche in questo caso di immagini familiari a quei tempi: diversi villaggi in Galilea erano sulle colline, ben visibili da lontano; e le lampade, nelle case, erano poste in alto perché facessero luce in tutti gli angoli della stanza; poi, quando dovevano essere spente, si coprivano con un oggetto di terracotta chiamato “moggio”, che faceva mancare l’ossigeno alla fiamma fino a estinguerla.

Fratelli e sorelle, l’invito di Gesù ad essere luce del mondo è chiaro: noi, che siamo suoi discepoli, siamo chiamati a splendere come una città posta in alto, come un lucerniere la cui fiamma non deve essere mai spenta. In altre parole, prima di preoccuparci delle tenebre che ci circondano, prima di sperare che qualcosa attorno si rischiari, siamo tenuti a brillare, a illuminare con la nostra vita e con le nostre opere le città, i villaggi e i luoghi che abitiamo, le persone che frequentiamo, le attività che portiamo avanti. Il Signore ce ne dà la forza, la forza di essere luce in Lui, per tutti; perché tutti devono poter vedere le nostre opere buone e, vedendole – ci ricorda Gesù –, si apriranno con stupore a Dio e gli daranno gloria (cfr v. 16): se viviamo come figli e fratelli sulla terra la gente scoprirà di avere un Padre nei cieli. A noi è dunque chiesto di ardere d’amore: non accada che la nostra luce si spenga, che dalla nostra vita scompaia l’ossigeno della carità, che le opere del male tolgano aria pura alla nostra testimonianza. Questa terra, bellissima e martoriata, ha bisogno della luce che ciascuno di voi ha, o meglio, della luce che ognuno di voi è!

Carissimi, vi auguro di essere sale che si sparge e si scioglie con generosità per insaporire il Sud Sudan con il gusto fraterno del Vangelo; di essere comunità cristiane luminose che, come città poste in alto, gettino una luce di bene su tutti e mostrino che è bello e possibile vivere la gratuità, avere speranza, costruire tutti insieme un futuro riconciliato. Fratelli e sorelle, sono con voi e vi auguro di sperimentare la gioia del Vangelo, il sapore e la luce che il Signore, «il Dio della pace» (Fil 4,9), il «Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3), vuole effondere su ciascuno di voi.

[00172-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Les paroles que l’Apôtre Paul a adressées à la communauté de Corinthe dans la deuxième lecture, je voudrais aujourd’hui les faire miennes et les répéter devant vous : « Quand je suis venu chez vous, je ne suis pas venu vous annoncer le mystère de Dieu avec le prestige du langage ou de la sagesse. Parmi vous, je n’ai rien voulu connaître d’autre que Jésus Christ, le Messie crucifié » (1 Co 2, 1-2). Oui, l’inquiétude de Paul est aussi la mienne, en me trouvant ici avec vous au nom de Jésus Christ, le Dieu de l’amour, le Dieu qui a réalisé la paix par sa croix ; Jésus, Dieu crucifié pour nous tous ; Jésus, crucifié en ceux qui souffrent ; Jésus, crucifié dans la vie de beaucoup d’entre vous, de beaucoup de personnes de ce pays ; Jésus le ressuscité, vainqueur sur le mal et sur la mort. Je viens à vous pour le proclamer, pour vous confirmer en Lui, car l’annonce du Christ est une annonce d’espérance. Il connaît, en effet, les angoisses et les attentes que vous portez dans votre cœur, les joies et les peines qui marquent votre vie, les ténèbres qui vous oppriment et la foi que vous élevez au Ciel comme un chant dans la nuit. Jésus vous connaît et vous aime. Si nous demeurons en Lui, nous n’avons pas à craindre, car pour nous aussi toute croix se transformera en résurrection, toute tristesse en espérance, toute lamentation en danse.

Je voudrais donc m’arrêter sur les paroles de vie que notre Seigneur Jésus nous a adressées aujourd’hui dans l’Évangile : « Vous êtes le sel de la terre [...]. Vous êtes la lumière du monde » (Mt 5, 13.14). Que nous disent ces images, à nous, disciples du Christ ?

Tout d’abord, nous sommes le sel de la terre. Le sel sert à donner de la saveur à la nourriture. C’est l’ingrédient invisible qui donne du goût à tout. C’est pourquoi, depuis les temps anciens, il a été considéré comme le symbole de la sagesse, c’est-à-dire de cette vertu que l’on ne voit pas, mais qui donne goût à la vie et sans laquelle l’existence devient insipide, sans saveur. Mais de quelle sagesse nous parle Jésus ? Il utilise cette image du sel immédiatement après avoir proclamé à ses disciples les Béatitudes : nous comprenons alors que ce sont elles le sel de la vie du chrétien. Les Béatitudes, en effet, apportent sur terre la sagesse du Ciel : elles révolutionnent les critères du monde et de la manière ordinaire de penser. Et que nous disent-elles ? En peu de mots, elles affirment que pour être bienheureux, c’est-à-dire pleinement heureux, nous ne devons pas chercher à être forts, riches et puissants, mais humbles, doux et miséricordieux ; ne faire de mal à personne, mais être des artisans de paix pour tous. Cela – nous dit Jésus – est la sagesse du disciple, c’est cela qui donne de la saveur à la terre que nous habitons. Rappelons-nous : si nous mettons en pratique les Béatitudes, si nous incarnons la sagesse du Christ, nous ne donnons pas seulement une bonne saveur à notre vie, mais aussi à la société, au pays où nous vivons.

Mais le sel, en plus de donner de la saveur, a un autre rôle, essentiel à l’époque du Christ : conserver les aliments afin qu’ils ne se corrompent pas et deviennent avariés. La Bible, cependant, disait qu’il y avait une “nourriture”, un bien essentiel qui devait être conservé avant tout autre : l’alliance avec Dieu. C’est pourquoi, à cette époque, chaque fois que l’on faisait une offrande au Seigneur, l’on mettait un peu de sel. Écoutons ce que dit l’Écriture à ce sujet : « Tu ne laisseras pas ton offrande manquer du sel de l’alliance avec ton Dieu ; avec tout ce que tu réserveras, tu apporteras du sel » (Lv 2, 13). Ainsi, le sel rappelait le besoin fondamental de garder le lien avec Dieu, parce qu’Il nous est fidèle, son alliance avec nous est incorruptible, inviolable et durable (cf. Nb 18, 19 ; 2 Ch 13, 5). C’est pourquoi le disciple de Jésus, en tant que sel de la terre, est témoin de l’alliance qu’Il a réalisée et que nous célébrons à chaque Messe : une alliance nouvelle, éternelle, immuable (cf. 1 Co 11, 25 ; He 9), un amour pour nous qui ne peut être brisé pas même par nos infidélités.

Frères et sœurs, nous sommes témoins de cette merveille. Autrefois, lorsque des personnes ou des peuples établissaient entre eux une amitié, ils la concluaient souvent en s’échangeant un peu de sel. Nous qui sommes le sel de la terre, nous sommes appelés à témoigner de l’alliance avec Dieu dans la joie, avec gratitude, en montrant que nous sommes des personnes capables de créer des liens d’amitié, de vivre la fraternité, de construire de bonnes relations humaines, pour empêcher que règnent la corruption du mal, la maladie des divisions, l’infamie des affaires illégales, la plaie de l’injustice.

Je voudrais aujourd’hui vous remercier car vous êtes le sel de la terre dans ce pays. Pourtant, face à tant de blessures, aux violences qui alimentent le poison de la haine, à l’injustice qui provoque misère et pauvreté, vous pourriez vous sentir petits et impuissants. Mais, quand la tentation de vous sentir incapables vous assaille, essayez de regarder le sel et ses minuscules grains : c’est un petit ingrédient et, une fois mis dans le plat, il disparaît, il se dissout, mais c’est justement de cette manière qu’il donne de la saveur à tout le contenu. De même, nous chrétiens, bien qu’étant fragiles et petits, même lorsque nos forces nous semblent peu de chose face à la grandeur des problèmes et à la furie aveugle de la violence, nous pouvons offrir une contribution décisive pour changer l’histoire. Jésus désire que nous le fassions comme le sel : il suffit d’une pincée qui fond pour donner un goût différent à l’ensemble. Alors nous ne pouvons pas reculer, parce que sans ce peu, sans notre peu, tout perd son goût. Commençons précisément par le peu, par l’essentiel, par ce qui n’apparaît pas dans les livres d’histoire mais qui change l’histoire : au nom de Jésus, de ses Béatitudes, déposons les armes de la haine et de la vengeance pour embrasser la prière et la charité ; surmontons ces antipathies et aversions qui, au fil du temps, sont devenues chroniques et qui risquent d’opposer les tribus et les ethnies ; apprenons à mettre sur les blessures le sel du pardon, qui brûle mais guérit. Et, même si le cœur saigne à cause des torts reçus, renonçons une fois pour toutes à répondre au mal par le mal, et nous serons bien intérieurement ; accueillons-nous et aimons-nous avec sincérité et générosité, comme le fait Dieu avec nous. Gardons le bien que nous sommes, ne nous laissons pas corrompre par le mal !

Passons à la deuxième image utilisée par Jésus, la lumière : Vous êtes la lumière du monde. Une célèbre prophétie disait d’Israël : « Je fais de toi la lumière des nations, pour que mon salut parvienne jusqu’aux extrémités de la terre » (Is 49, 6). À présent la prophétie s’est accomplie, parce que Dieu le Père a envoyé son Fils, et c’est Lui la lumière du monde (cf. Jn 8, 12), la vraie lumière qui éclaire chaque homme et chaque peuple, la lumière qui brille dans les ténèbres et dissipe les nuages de toute obscurité (cf. Jn 1, 5.9). Mais Jésus lui-même, lumière du monde, dit à ses disciples qu’eux aussi sont lumière du monde. Cela veut dire qu’en accueillant la lumière du Christ, la lumière qu’est le Christ, nous devenons lumineux, nous rayonnons de la lumière de Dieu !

Jésus ajoute : « Une ville située sur une montagne ne peut être cachée. Et l’on n’allume pas une lampe pour la mettre sous le boisseau ; on la met sur le lampadaire, et elle brille pour tous ceux qui sont dans la maison » (Mt 5, 14-15). Ce sont là aussi des images familières de cette époque : plusieurs villages en Galilée étaient situés sur les collines, bien visibles de loin ; et les lampes, dans les maisons, étaient placées en hauteur pour donner de la lumière dans tous les coins de la pièce ; puis, quand elles devaient être éteintes, on les couvrait avec objet en terre cuite appelé “boisseau”, qui asphyxiait la flamme jusqu’à l’éteindre.

Frères et sœurs, l’invitation de Jésus à être lumière du monde est claire : nous qui sommes ses disciples, nous sommes appelés à resplendir comme une ville située en altitude, comme un lampadaire dont la flamme ne doit jamais être éteinte. En d’autres termes, avant de nous préoccuper des ténèbres qui nous entourent, avant d’espérer que quelque chose autour s’éclaire, nous devons briller, éclairer par notre vie et par nos œuvres les villes, les villages et les lieux que nous habitons, les personnes que nous fréquentons, les activités que nous menons. Le Seigneur nous en donne la force, la force d’être lumière en Lui, pour tous ; parce que tous doivent pouvoir voir nos bonnes œuvres et, les voyant– nous rappelle Jésus –, s’ouvrir avec émerveillement à Dieu et lui rendre gloire (cf. v. 16). Si nous vivons comme des enfants et des frères sur la terre, les gens découvriront qu’ils ont un Père dans les cieux. Il nous est donc demandé de brûler d’amour : qu’il n’arrive pas que notre lumière s’éteigne, que l’oxygène de la charité disparaisse de notre vie, que les œuvres du mal enlèvent de l’air pur à notre témoignage. Cette terre, très belle et meurtrie, a besoin de la lumière que chacun de vous possède, ou mieux, de la lumière que chacun de vous est !

Chers amis, je vous souhaite d’être le sel qui se répand et se dissout avec générosité pour donner saveur au Soudan du Sud avec le goût fraternel de l’Évangile ; d’être des communautés chrétiennes rayonnantes qui, comme des villes situées en hauteur, irradient une lumière de bien sur tout le monde et montrent qu’il est beau et possible de vivre la gratuité, d’avoir l’espérance, de construire tous ensemble un avenir réconcilié. Frères et sœurs, je suis avec vous et je vous souhaite de faire l’expérience de la joie de l’Évangile, la saveur et la lumière que le Seigneur, « le Dieu de la paix » (Ph 4, 9), le « Dieu de qui vient tout réconfort » (2 Co 1, 3), veut répandre sur chacun de vous.

[00172-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Today I would like to make my own the words that the Apostle Paul addressed to the community of Corinth in the second reading and repeat them here before you: “When I came to you, brethren, I did not come proclaiming to you the testimony of God in lofty words or wisdom. For I decided to know nothing among you except Jesus Christ and him crucified” (1 Cor 2:1-2). Yes, Paul’s concern is also mine, as I gather here with you in the name of Jesus Christ, the God of love, the God who achieved peace through his cross; Jesus, the God crucified for us all; Jesus, crucified in those who suffer; Jesus, crucified in the lives of so many of you, in so many people in this country; Jesus, the risen Lord, the victor over evil and death. I have come here to proclaim him and to confirm you in him, for the message of Christ is a message of hope. Jesus knows your anguish and the hope you bear in your hearts, the joys and struggles that mark your lives, the darkness that assails you and the faith that, like a song in the night, you raise to heaven. Jesus knows you and loves you. If we remain in him, we must never fear, because for us too, every cross will turn into a resurrection, every sadness into hope, and every lament into dancing.

I would like to reflect, then, on the words of life that our Lord Jesus spoke to us in today’s Gospel: “You are the salt of the earth... You are the light of the world” (Mt 5:13-14). What do these images say to us, as disciples of Christ?

First of all, that we are the salt of the earth. Salt is used to season food. It is the unseen ingredient that gives flavour to everything. Precisely for this reason, since ancient times, salt has been a symbol of wisdom, a virtue that cannot be seen, but that adds zest to life, which without it becomes insipid, tasteless. Yet what kind of wisdom does Jesus mean? He uses the image of salt immediately after teaching his disciples the Beatitudes. We see, then, that the Beatitudes are the salt of the Christian life, because they bring the wisdom of heaven down to earth. They revolutionize the standards of this world and our usual way of thinking. And what do they say? In a word, they tell us that to be blessed, to be happy and fulfilled, we must not aim to be strong, rich and powerful, but humble, meek, merciful; to do no evil to anyone, but to be peacemakers for everyone. This, Jesus says, is the wisdom of a disciple; it is what gives flavour to the world around us. Let us remember this: if we put the Beatitudes into practice, if we embody the wisdom of Christ, we will give savour not only to our own lives, but also to the life of society and of the country in which we live.

Salt does not only bring out flavor; it also has another function, which was essential at the time of Christ: it preserves food so that it does not spoil and go bad. The Bible had said that there is one “food”, one essential good that is to be preserved above all others, and that is the covenant with God. So in those days, whenever an offering was made to the Lord, a little salt was added to it. Let us hear what Scripture says about this: “You shall not let the salt of the covenant with your God be lacking from your cereal offering; with all your offerings you shall offer salt” (Lev 2:13). Salt thus served as a reminder of our basic need to preserve our relationship with God, because he is faithful to us, and his covenant with us is incorruptible, inviolable and enduring (cf. Num 18:19; 2 Chr 13:5). It follows that every disciple of Jesus, as the salt of the earth, is a witness to the covenant that God has made and that we celebrate in every Mass: a new, eternal and unbreakable covenant (cf. 1 Cor 11:25; Heb 9), and a love for us that cannot be shaken even by our infidelity.

Brothers and sisters, we are witnesses to this wonder. In ancient times, when people or peoples established a pact of friendship with one another, they often sealed it by exchanging a little salt. As the salt of the earth, we are called to bear witness to the covenant with God with joy and gratitude, and thus show that we are people capable of creating bonds of friendship and fraternal living. People capable of building good human relationships as a way of curbing the corruption of evil, the disease of division, the filth of fraudulent business dealings and the plague of injustice.

Today I would like to thank you, because you are the salt of the earth in this country. Yet, when you consider its many wounds, the violence that increases the venom of hatred, and the injustice that causes misery and poverty, you may feel small and powerless. Whenever that temptation assails you, try looking at salt and its tiny grains. Salt is a tiny ingredient and, once placed on food, it disappears, it dissolves; yet precisely in that way it seasons the whole dish. In the same way, even though we are tiny and frail, even when our strength seems paltry before the magnitude of our problems and the blind fury of violence, we Christians are able to make a decisive contribution to changing history. Jesus wants us to be like salt: a mere pinch dissolves and gives a different flavour to everything. Consequently, we cannot step back, because without that little pinch, without our small contribution, everything becomes insipid. So let us start from the little things, the essential things, not from what may appear in the history books, but from what changes history. In the name of Jesus and of his Beatitudes, let us lay down the weapons of hatred and revenge, in order to take up those of prayer and charity. Let us overcome the dislikes and aversions that over time have become chronic and risk pitting tribes and ethnic groups against one another. Let us learn to apply the salt of forgiveness to our wounds; salt burns but it also heals. Even if our hearts bleed for the wrongs we have suffered, let us refuse, once and for all, to repay evil with evil, and we will grow healthy within. Let us accept one another and love one another with sincerity and generosity, as God loves us. Let us cherish the good that we are, and not allow ourselves to be corrupted by evil!

Let us now pass to the second image used by Jesus, which is light: You are the light of the world. A great prophecy was told of Israel: “I will give you as a light to the nations, that my salvation may reach to the end of the earth” (Is 49:6). Now that prophecy has been fulfilled, because God the Father has sent his Son, who is the light of the world (cf. Jn 8:12), the true light that enlightens every person and every people, the light that shines in the darkness and dispels every cloud of gloom (cf. Jn 1:5.9). Jesus, the light of the world, tells his disciples that they, too, are the light of the world. This means that, when we receive the light of Christ, the light that is Christ, we become “luminous”; we radiate the light of God!

Jesus goes on to say: “A city built on a hill cannot be hid. No one after lighting a lamp puts it under the bushel basket, but on the lampstand, and it gives light to all in the house” (Mt 5:15). Again, this was a familiar image in those days. Many villages in Galilee were built on hillsides and were visible from a great distance. Lamps in houses were placed high up, so that they could illumine all the corners of a room. When a lamp was extinguished, it was covered with a piece of terracotta called a “bushel”, which deprived the flame of oxygen and thus put out its light.

Brothers and sisters, it is clear what Jesus means by asking us to be the light of the world: we, who are his disciples, are called to shine forth like a city set on a hill, like a lamp whose flame may never be extinguished. In other words, before we worry about the darkness surrounding us, before we hope that the shadows around us will lighten, we are called to radiate light, to give brightness to our cities, our villages and homes, our acquaintances and all our daily activities by our lives and good works. The Lord will give us strength, the strength to be light in him, so that everyone will see our good works, and seeing them, as Jesus reminds us, they will rejoice in God and give him glory. If we live like sons and daughters, brothers and sisters on earth, people will come to know that all of us have a Father in heaven. We are being asked, then, to burn with love, never to let our light be extinguished, never to let the oxygen of charity fade from our lives so that the works of evil can take away the pure air of our witness. This country, so beautiful yet ravaged by violence, needs the light that each one of you has, or better, the light that each one of you is.

Dear brothers and sisters, I pray that you will be salt that spreads, dissolves and seasons South Sudan with the fraternal taste of the Gospel. May your Christian communities shine radiantly, so that, like cities built on a hill, they will shed the light of goodness on all and show that it is beautiful and possible to live with generosity and self-giving, to have hope, and together to build a reconciled future. Brothers and sisters, I am with you and I assure you of my prayer that you will experience the joy of the Gospel, the savour and the light that the Lord, “the God of peace” (Phil 4:9), the “God of all consolation” (2 Cor 1:3), desires to pour out upon every one of you.

[00172-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Die Worte, die der Apostel Paulus in der zweiten Lesung an die Gemeinde von Korinth richtet, möchte ich mir heute zu eigen machen und vor euch wiederholen: »Auch ich kam nicht zu euch, Brüder und Schwestern, um glänzende Reden oder gelehrte Weisheit vorzutragen, sondern um euch das Geheimnis Gottes zu verkünden. Denn ich hatte mich entschlossen, bei euch nichts zu wissen außer Jesus Christus, und zwar als den Gekreuzigten« (1 Kor 2,1-2). Ja, das Bangen des Paulus ist auch das meine, wenn ich mich hier bei befinde im Namen Jesu Christi, des Gottes der Liebe, des Gottes, der durch sein Kreuz Frieden gestiftet hat; Jesus, der für uns alle gekreuzigte Gott; Jesus, gekreuzigt in denen, die leiden; Jesus, gekreuzigt im Leben so vieler von euch, in so vielen Menschen in diesem Land; Jesus, der Auferstandene, der Sieger über das Böse und den Tod. Ich komme zu euch, um ihn zu verkünden und euch in ihm zu bestärken, denn die Verkündigung Christi ist eine Verkündigung der Hoffnung: Er kennt ja die Angst und die Erwartungen, die ihr in euren Herzen tragt, die Freuden und die Mühen, die euer Leben kennzeichnen, die Dunkelheit, die euch bedrückt, und den Glauben, den ihr wie ein Lied in der Nacht zum Himmel emporsteigen lasst. Jesus kennt euch und liebt euch. Wenn wir in ihm bleiben, brauchen wir uns nicht zu fürchten, denn auch für uns wird jedes Kreuz in Auferstehung, jede Traurigkeit in Hoffnung und jede Klage in Tanzen verwandelt.

Ich möchte daher bei den Worten des Lebens verweilen, die unser Herr Jesus heute im Evangelium an uns gerichtet hat: »Ihr seid das Salz der Erde [...]. Ihr seid das Licht der Welt« (Mt 5,13.14). Was sagen diese Bilder zu uns, den Jüngern Christi?

Zunächst einmal sind wir Salz der Erde. Salz wird verwendet, um Lebensmitteln Geschmack zu verleihen. Es ist die unsichtbare Zutat, die allem Geschmack verleiht. Gerade deshalb gilt es seit der Antike als Symbol der Weisheit, d. h. jener Tugend, die man nicht sehen kann, die aber dem Leben Geschmack verleiht und ohne die das Leben fad und geschmacklos wird. Aber von welcher Weisheit spricht Jesus zu uns? Er verwendet dieses Bild des Salzes, unmittelbar nachdem er seinen Jüngern die Seligpreisungen verkündet hat: Wir verstehen also, dass diese das Salz des Lebens eines Christen sind. Die Seligpreisungen bringen in der Tat die Weisheit des Himmels auf die Erde: Sie stellen die Kriterien der Welt und die allgemeine Denkweise auf den Kopf. Und was sagen sie? Mit wenigen Worten erklären sie, dass wir, um selig zu sein, also um vollkommen glücklich zu sein, nicht danach streben sollen, stark, reich und mächtig zu sein, sondern demütig, sanftmütig, barmherzig; wir dürfen niemandem Böses tun, sondern müssen für alle Frieden stiften. Dies – so sagt Jesus – ist die Weisheit des Jüngers, es ist das, was der Erde, die wir bewohnen, Geschmack verleiht. Denken wir daran: Wenn wir die Seligpreisungen in die Tat umsetzen, wenn wir der Weisheit Christi Gestalt verleihen, geben wir nicht nur unserem Leben, sondern auch der Gesellschaft und dem Land, in dem wir leben, einen guten Geschmack.

Aber Salz hat neben dem Geschmack noch eine andere Funktion, die zur Zeit Christi wesentlich war: es konserviert die Lebensmittel, damit sie nicht verkommen und verderben. In der Bibel heißt es jedoch, dass es eine „Nahrung“ gibt, ein wesentliches Gut, das vor allen anderen bewahrt werden muss: der Bund mit Gott. Deshalb wurde in jenen Tagen jedes Mal, wenn dem Herrn ein Opfer dargebracht wurde, ein wenig Salz hineingegeben. Denn hören wir, was die Heilige Schrift dazu sagt: » Jedes Speiseopfer sollst du salzen und deinem Speiseopfer sollst du das Salz des Bundes deines Gottes nicht fehlen lassen; jede deiner Opfergaben sollst du mit Salz darbringen« (Lev 2,13). So erinnerte das Salz an die vorrangige Notwendigkeit, die Bindung an Gott zu bewahren, denn er ist uns treu, sein Bund mit uns ist unzerstörbar, unverletzlich und beständig (vgl. Num 18,19; 2 Chr 13,5). Deshalb ist der Jünger Jesu als Salz der Erde ein Zeuge des Bundes, den er geschlossen hat und den wir in jeder Messe feiern: einen neuen, ewigen, unverbrüchlichen Bund (vgl. 1 Kor 11,25; Hebr 9), eine Liebe zu uns, die auch durch unsere Untreue nicht gebrochen werden kann.

Brüder, Schwestern, wir sind Zeugen dieses Wunders. Wenn im Altertum die Völker untereinander eine Freundschaft eingingen, schlossen sie diese oft, indem sie ein wenig Salz austauschten. Wir, die wir Salz der Erde sind, sind dazu berufen, den Bund mit Gott in Freude und Dankbarkeit zu bezeugen und zu zeigen, dass wir Menschen sind, die fähig sind, Freundschaftsbande zu knüpfen, Geschwisterlichkeit zu leben, gute menschliche Beziehungen aufzubauen, um zu verhindern, dass die Verderbnis des Bösen, die Krankheit der Spaltung, der Schmutz der ungerechten Geschäfte sowie die Plage der Ungerechtigkeit die Oberhand gewinnt.

Heute möchte ich euch dafür danken, dass ihr das Salz der Erde in diesem Land seid. Doch angesichts der vielen Wunden und der Gewalt, die das Gift des Hasses nähren, der Ungerechtigkeit, Elend und Armut verursacht, mag es euch vorkommen, dass ihr klein und machtlos seid. Aber wenn ihr in die Versuchung kommt, euch unzulänglich zu fühlen, schaut euch das Salz und seine winzigen Körnchen an: Es ist eine kleine Zutat, und sobald es auf dem Teller liegt, verschwindet es, es löst sich auf, aber gerade dadurch verleiht es dem gesamten Inhalt Geschmack. So können wir Christen, auch wenn wir schwach und klein sind, auch wenn unsere Kraft angesichts der Größe der Probleme und der blinden Wut der Gewalt gering erscheint, einen entscheidenden Beitrag zur Veränderung der Geschichte leisten. Jesus möchte, dass wir dies tun wie das Salz: Es genügt eine Prise, die sich auflöst, um dem Ganzen einen anderen Geschmack zu verleihen. Wir können uns also nicht zurückziehen, denn ohne dieses bisschen, ohne unser bisschen, verliert alles an Geschmack. Beginnen wir im Kleinen, im Wesentlichen, bei dem, was nicht in den Geschichtsbüchern steht, aber die Geschichte verändert: Legen wir im Namen Jesu und seiner Seligpreisungen die Waffen des Hasses und der Rache nieder, um zum Gebet und zur Nächstenliebe zu greifen; überwinden wir jene Antipathien und Abneigungen, die im Laufe der Zeit chronisch geworden sind und die Gefahr bergen, Stämme und ethnische Gruppen gegeneinander aufzubringen; lernen wir, das Salz der Vergebung, das brennt, aber heilt, auf unsere Wunden zu streuen.

Und auch wenn unser Herz aufgrund des erlittenen Unrechts blutet, lasst uns ein für alle Mal darauf verzichten, Böses mit Bösem zu beantworten, und es wird uns innerlich gut gehen; lasst uns einander aufrichtig und großzügig annehmen und lieben, wie Gott es mit uns tut. Lasst uns das Gute, das wir sind, bewahren, lassen wir uns nicht vom Bösen verderben!

Kommen wir zum zweiten von Jesus verwendeten Bild, dem Licht: Ihr seid das Licht der Welt. Eine berühmte Prophezeiung sagte über Israel: »Ich mache dich zum Licht der Nationen; damit mein Heil bis an das Ende der Erde reicht« (Jes 49,6). Nun hat sich die Prophezeiung erfüllt, denn Gott, der Vater, hat seinen Sohn gesandt, und er ist das Licht der Welt (vgl. Joh 8,12), das wahre Licht, das alle Menschen und alle Völker erleuchtet, das Licht, das in der Finsternis leuchtet und die Wolken aller Finsternis vertreibt (vgl. Joh 1,5.9). Aber Jesus selbst, das Licht der Welt, sagt seinen Jüngern, dass auch sie das Licht der Welt sind. Das bedeutet, dass wir, indem wir das Licht Christi annehmen, das Licht, das Christus ist, zu leuchten beginnen und das Licht Gottes ausstrahlen!

Jesus fügt hinzu: »Eine Stadt, die auf einem Berg liegt, kann nicht verborgen bleiben. Man zündet auch nicht eine Leuchte an und stellt sie unter den Scheffel, sondern auf den Leuchter; dann leuchtet sie allen im Haus« (Mt 5,14-15). Auch hier handelt es sich um ein vertrautes Bild aus jener Zeit: Mehrere Dörfer in Galiläa lagen weithin sichtbar auf Hügeln und die Lampen in den Häusern wurden hoch oben angebracht, so dass sie alle Ecken des Raumes ausleuchteten; wenn sie dann ausgelöscht werden mussten, wurden sie mit einem irdenen Gegenstand abgedeckt, der „Scheffel“ genannt wurde, der der Flamme den Sauerstoff entzog, bis sie erlosch.

Brüder und Schwestern, die Aufforderung Jesu, Licht der Welt zu sein, ist eindeutig: Wir, seine Jünger, sind aufgerufen, zu leuchten wie eine Stadt in der Höhe, wie ein Licht, dessen Flamme niemals ausgelöscht werden darf. Mit anderen Worten: Bevor wir uns über die Dunkelheit, die uns umgibt, Sorgen machen, bevor wir hoffen, dass sich etwas um uns herum erhellt, sollen wir leuchten und mit unserem Leben und unseren Werken die Städte, Dörfer und Orte, in denen wir leben, die Menschen, die wir besuchen, die Tätigkeiten, die wir ausüben, zu erhellen. Der Herr gibt uns die Kraft, in ihm ein Licht für alle zu sein; denn alle müssen unsere guten Werke sehen können, und wenn sie das sehen – daran erinnert uns Jesus – werden sie sich mit Staunen Gott öffnen und ihm die Ehre geben (vgl. V. 16): Wenn wir als Kinder und Geschwister auf Erden leben, werden die Menschen entdecken, dass sie einen Vater im Himmel haben. Es wird also von uns verlangt, dass wir voll Liebe brennen: Es darf nicht passieren, dass unser Licht erlischt, dass der Sauerstoff der Nächstenliebe aus unserem Leben verschwindet, dass die Werke des Bösen unserem Zeugnis die reine Luft entziehen. Dieses Land, wunderschön und leidgeprüft, braucht das Licht, das jeder von euch hat, oder besser gesagt, das Licht, das jeder von euch ist!

Ihr Lieben, ich wünsche euch, dass ihr Salz seid, das sich ausbreitet und großherzig löst, um dem Südsudan den geschwisterlichen Geschmack des Evangeliums zu verleihen; dass ihr leuchtende christliche Gemeinschaften seid, die als hoch gelegene Städte ein Licht des Guten auf alle werfen und zeigen können, dass es schön und möglich ist, großherzig zu leben, Hoffnung zu haben und gemeinsam eine versöhnte Zukunft aufzubauen. Brüder und Schwestern, ich bin bei euch und wünsche euch, dass ihr die Freude des Evangeliums, den Geschmack und das Licht erfahrt, das der Herr, »der Gott des Friedens« (Phil 4,9), der »Gott allen Trostes« (2 Kor 1,3), über einen jeden von euch ausgießen will.

[00172-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Las palabras que el apóstol Pablo dirigió a la comunidad de Corinto en la segunda Lectura, quisiera hoy hacerlas mías y repetirlas ante ustedes: «Cuando los visité para anunciarles el misterio de Dios, no llegué con el prestigio de la elocuencia o de la sabiduría. Al contrario, no quise saber nada, fuera de Jesucristo, y Jesucristo crucificado» (1 Co 2,1-2). Sí, la inquietud de Pablo es también la mía, al encontrarme aquí con ustedes en el nombre de Jesucristo, el Dios del amor, el Dios que realizó la paz por medio de su cruz; Jesús, Dios crucificado por todos nosotros; Jesús, crucificado en quien sufre; Jesús, crucificado en la vida de tantos de ustedes, en muchas personas de este país; Jesús resucitado, vencedor del mal y de la muerte. Vengo a ustedes para proclamarlo a Él, para confirmarlos en Él, porque el anuncio de Cristo es anuncio de esperanza. Él, en efecto, conoce las angustias y los anhelos que llevan en el corazón, las alegrías y las fatigas que marcan sus vidas, las tinieblas que los oprimen y la fe que, como un canto en la noche, elevan al cielo. Jesús los conoce y los ama; si permanecemos en Él, no debemos temer, porque también para nosotros cada cruz se transformará en resurrección, cada tristeza en esperanza, cada lamento en danza.

Quisiera, por tanto, detenerme en las palabras de vida que nuestro Señor Jesús nos dirigió hoy en el Evangelio: «Ustedes son la sal de la tierra […]. Ustedes son la luz del mundo» (Mt 5,13.14). ¿Qué nos dicen estas imágenes a nosotros, discípulos de Cristo?

En primer lugar, somos sal de la tierra. La sal sirve para dar sabor a la comida. Es el ingrediente invisible que da gusto a todo. Precisamente por eso, es considerada, desde tiempos antiguos, como símbolo de la sabiduría, es decir, de esa virtud que no se ve, pero que da gusto a la vida y sin la cual la existencia se vuelve insípida, sin sabor. Pero, ¿de qué sabiduría nos habla Jesús? Él utiliza esta imagen de la sal inmediatamente después de haber proclamado las Bienaventuranzas a sus discípulos. Comprendemos entonces que las Bienaventuranzas son la sal de la vida del cristiano; en efecto, llevan a la tierra la sabiduría del cielo; revolucionan los criterios del mundo y del modo habitual de pensar. ¿Y qué dicen? En pocas palabras, afirman que, para ser bienaventurados —es decir, plenamente felices—, no tenemos que buscar ser fuertes, ricos y poderosos; más bien, humildes, mansos, misericordiosos. No hacer daño a nadie, sino ser constructores de paz para todos. Esta —nos dice Jesús— es la sabiduría del discípulo, es lo que da sabor a la tierra que habitamos. Recordemos que, si ponemos en práctica las Bienaventuranzas, si encarnamos la sabiduría de Cristo, no damos un buen sabor solamente a nuestra vida, sino también a la sociedad, al país donde vivimos.

Pero la sal, además de dar sabor, tiene otra función, esencial en los tiempos de Cristo, que es conservar los alimentos para que no se deterioren y se echen a perder. Pero la Biblia dice que había una “comida”, un bien esencial que debía conservarse antes que cualquier otro: la alianza con Dios. Por eso en aquellos tiempos, cada vez que se hacía una ofrenda al Señor, se ponía un poco de sal. Escuchemos lo que dice la Escritura a este respecto: «Nunca dejarás que falte a tu oblación la sal de la alianza de tu Dios: sobre todas tus oblaciones deberás ofrecer sal» (Lv 2,13). De ese modo, la sal recordaba la necesidad básica de cuidar la relación con Dios, porque Él es fiel a nosotros, su alianza con nosotros es incorruptible, inviolable y duradera (cf. Nm 18,19; 2 Cro 13,5). Por eso el discípulo de Jesús, en cuanto sal de la tierra, es testigo de la alianza que Él ha realizado y que celebramos en cada Misa; una alianza nueva, eterna, inquebrantable (cf. 1 Co 11,25; Hb 9), un amor por nosotros que ni siquiera nuestras infidelidades pueden dañar.

Hermanos, hermanas, somos testigos de esta maravilla. Antiguamente, cuando las personas y los pueblos establecían una amistad entre ellos, a menudo la estipulaban intercambiándose un poco de sal. Nosotros, que somos sal de la tierra, estamos llamados a testimoniar la alianza con Dios en la alegría, con gratitud, mostrando que somos personas capaces de crear lazos de amistad, de vivir la fraternidad, de construir buenas relaciones humanas, para impedir que la corrupción del mal, el morbo de las divisiones, la suciedad de los negocios ilícitos y la plaga de la injusticia prevalezcan.

Hoy quisiera agradecerles por ser sal de la tierra en este país. Sin embargo, frente a tantas heridas, a la violencia que alimenta el veneno del odio, a la iniquidad que provoca miseria y pobreza, podría parecerles que son pequeños e impotentes. Pero, cuando les asalte la tentación de sentirse insuficientes, hagan la prueba de mirar la sal y sus granitos minúsculos; es un pequeño ingrediente y, una vez puesto en un plato, desaparece, se disuelve, pero precisamente así es como da sabor a todo el contenido. Del mismo modo, nosotros cristianos, aun siendo frágiles y pequeños, aun cuando nuestras fuerzas nos parezcan pocas frente a la magnitud de los problemas y a la furia ciega de la violencia, podemos dar un aporte decisivo para cambiar la historia. Jesús desea que lo hagamos como la sal: una pizca que se disuelve es suficiente para dar un sabor diferente al conjunto. Entonces no podemos echarnos atrás, porque sin ese poco, sin nuestro poco, todo pierde gusto. Comencemos justamente por lo poco, por lo esencial, por aquello que no aparece en los libros de historia, pero cambia la historia. En el nombre de Jesús, de sus Bienaventuranzas, depongamos las armas del odio y de la venganza para empuñar la oración y la caridad; superemos las antipatías y aversiones que, con el tiempo, se han vuelto crónicas y amenazan con contraponer las tribus y las etnias; aprendamos a poner sobre las heridas la sal del perdón, que quema, pero sana. Y, aunque el corazón sangre por los golpes recibidos, renunciemos de una vez por todas a responder al mal con el mal, y nos sentiremos bien interiormente; acojámonos y amémonos con sinceridad y generosidad, como Dios hace con nosotros. Cuidemos el bien que tenemos, ¡no nos dejemos corromper por el mal!

Pasemos a la segunda imagen que usa Jesús, la luz: Ustedes son la luz del mundo. Una famosa profecía decía acerca de Israel: «Yo te destino a ser la luz de las naciones, para que llegue mi salvación hasta los confines de la tierra» (Is 49,6). La profecía ya se ha cumplido, porque Dios Padre ha enviado a su Hijo, y Él es la luz del mundo (cf. Jn 8,12), la luz verdadera que ilumina a cada hombre y a cada pueblo, la luz que brilla en las tinieblas y disipa las nubes de cualquier oscuridad (cf. Jn 1,5.9). Pero el mismo Jesús, luz del mundo, dice a sus discípulos que también ellos son luz del mundo. Eso significa que nosotros, acogiendo la luz de Cristo, la luz que es Cristo, nos volvemos luminosos, irradiamos la luz de Dios.

Jesús agrega: «No se puede ocultar una ciudad puesta en lo alto de un monte. Tampoco se enciende una lámpara para meterla debajo del celemín, sino para ponerla en el candelero y que alumbre a todos lo de casa» (Mt 5,14.15). También en este caso se trata de imágenes familiares en aquellos tiempos; varias aldeas de Galilea estaban en las colinas, se las podía ver bien desde lejos; y a las lámparas, en las casas, se las ponía en alto para que dieran luz en todos los rincones de la habitación; después, cuando había que apagarlas, se cubrían con un objeto de terracota llamado “celemín”, que quitaba el oxígeno a la llama hasta extinguirla.

Hermanos y hermanas, la invitación de Jesús a ser luz del mundo es clara. Nosotros, que somos sus discípulos, estamos llamados a brillar como una ciudad puesta en lo alto, como un candelero cuya llama nunca tiene que apagarse. En otras palabras, antes de preocuparnos por las tinieblas que nos rodean, antes de esperar que algo a nuestro alrededor se aclare, se nos exige brillar, iluminar, con nuestra vida y con nuestras obras, la ciudad, las aldeas y los lugares donde vivimos, las personas que tratamos, las actividades que llevamos adelante. El Señor nos da la fuerza para ello, la fuerza de ser luz en Él, para todos; porque todos tienen que poder ver nuestras obras buenas y, viéndolas —nos recuerda Jesús—, se abrirán con asombro a Dios y le darán gloria (cf. v. 16). Si vivimos como hijos y hermanos en la tierra, la gente descubrirá que tiene un Padre en los cielos. A nosotros, por tanto, se nos pide que ardamos de amor. No vaya a suceder que nuestra luz se apague, que desaparezca de nuestra vida el oxígeno de la caridad, que las obras del mal quiten aire puro a nuestro testimonio. Esta tierra, hermosísima y martirizada, necesita la luz que cada uno de ustedes tiene, o mejor, la luz que cada uno de ustedes es.

Queridos hermanos y hermanas, les deseo que sean sal que se esparce y se disuelve con generosidad para dar sabor a Sudán del Sur con el gusto fraterno del Evangelio; que sean comunidades cristianas luminosas que, como ciudades puestas en lo alto, irradien una luz de bien a todos y muestren que es hermoso y posible vivir la gratuidad, tener esperanza, construir todos juntos un futuro reconciliado. Hermanos y hermanas, estoy con ustedes y les deseo que experimenten la alegría del Evangelio, el sabor y la luz que el Señor, «el Dios de la paz» (Flp 4,9), el «Dios de todo consuelo» (2 Co 1,3), quiere infundir en cada uno de ustedes.

[00172-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

As palavras do Apóstolo Paulo dirigidas à comunidade de Corinto, que ouvimos na II Leitura, quero hoje fazê-las minhas e repeti-las diante de vós: «Eu mesmo, quando fui ter convosco, não me apresentei com o prestígio da linguagem ou da sabedoria, para vos anunciar o mistério de Deus. Julguei não dever saber outra coisa entre vós a não ser Jesus Cristo e, Este, crucificado» (1 Cor 2, 1-2). A trepidação de Paulo é também a minha, ao encontrar-me aqui convosco em nome de Jesus Cristo, o Deus do amor, o Deus que realizou a paz através da sua cruz; Jesus, Deus crucificado por todos nós; Jesus, crucificado em quem sofre; Jesus, crucificado na vida de tantos de vós, em muitas pessoas deste país; Jesus, o Ressuscitado, vencedor do mal e da morte. Venho para vo-Lo proclamar, para vos confirmar n’Ele, porque o anúncio de Cristo é anúncio de esperança: na verdade, Ele conhece as angústias e os anseios que trazeis no coração, as alegrias e as canseiras que marcam a vossa vida, as trevas que vos oprimem e a fé que elevais ao Céu como um cântico na noite. Jesus conhece-vos e ama-vos; se permanecemos n’Ele, não devemos temer, porque, também para nós, cada cruz se há de transformar em ressurreição, cada tristeza em esperança, cada lamento em dança.

Por isso quero deter-me nas palavras de vida que Jesus nosso Senhor nos dirigiu hoje no Evangelho: «Vós sois o sal da terra. (...) Vós sois a luz do mundo» (Mt 5, 13.14). Estas imagens, que nos dizem a nós, discípulos de Cristo?

Em primeiro lugar, somos sal da terra. O sal serve para dar sabor à comida. É o ingrediente invisível que dá gosto a tudo. Por isso mesmo, desde a antiguidade, foi visto como símbolo da sabedoria, uma virtude que não se vê, mas que dá gosto à vida e sem ela a existência torna-se insípida, sem sabor. Mas Jesus, de que sabedoria nos fala? Ele usa esta imagem do sal imediatamente depois de ter proclamado aos seus discípulos as Bem-aventuranças: compreendemos assim que são elas o sal da vida do cristão. De facto, as Bem-aventuranças trazem à terra a sabedoria do Céu: revolucionam os critérios do mundo e do modo comum de pensar. E que dizem elas? Em poucas palavras, afirmam que, para ser bem-aventurado, isto é, plenamente feliz, não devemos procurar ser fortes, ricos e poderosos, mas humildes, mansos, misericordiosos; não devemos fazer mal a ninguém, mas ser pacificadores para com todos. Esta – diz Jesus – é a sabedoria do discípulo; é aquilo que dá sabor à terra que habitamos. Tenhamo-lo bem presente: se pusermos em prática as Bem-aventuranças, se encarnarmos a sabedoria de Cristo, daremos bom gosto não apenas à nossa vida mas também à sociedade, ao país onde vivemos.

Além de dar sabor, o sal tem outra função, que era essencial no tempo de Cristo: conservar os alimentos para não se corromperem estragando-se. Mas a Bíblia diz que havia um «alimento», um bem essencial que se devia conservar antes de qualquer outro: a aliança com Deus. Por isso, naqueles tempos, sempre que se fazia uma oferta ao Senhor, colocava-se um pouco de sal. Ouçamos o que diz a propósito a Escritura: «Não permitirás que falte o sal da aliança do teu Deus sobre a tua oblação; a todas as tuas ofertas juntarás sal» (Lv 2, 13). Assim, o sal recordava a necessidade primária de guardar o vínculo com Deus: porque Ele é-nos fiel, a sua aliança connosco é incorruptível, inviolável e duradoura (cf. Nm 18, 19; 2 Cro 13, 5). Por conseguinte, o discípulo de Jesus, enquanto sal da terra, é testemunha da aliança que Ele realizou e nós celebramos em cada Missa: uma aliança nova, eterna, inquebrável (cf. 1 Cor 11, 25; Heb 9), um amor por nós que não pode ser infringido nem mesmo pelas nossas infidelidades.

Irmãos, irmãs, somos testemunhas desta maravilha. Na antiguidade, quando pessoas ou povos estabeleciam entre si uma amizade, frequentemente estipulavam-na intercambiando-se um pouco de sal; nós, que somos sal da terra, estamos chamados a testemunhar a aliança com Deus na alegria, com gratidão, mostrando que somos pessoas capazes de criar laços de amizade, viver em fraternidade, construir boas relações humanas, impedir que prevaleçam a corrupção do mal, a patologia das divisões, a sujeira dos negócios iníquos, a praga da injustiça.

Hoje quero agradecer-vos por serdes sal da terra neste país. Entretanto, vendo tantas feridas, as violências que alimentam o veneno do ódio, a iniquidade que causa miséria e pobreza, poder-vos-ia parecer que sois pequenos e impotentes. Mas, quando vos assaltar a tentação de vos sentirdes inadequados, procurai olhar para o sal e seus grãos minúsculos: é um pequeno ingrediente que, uma vez espalhado sobre a iguaria, desaparece, derrete-se, mas é justamente assim que dá sabor a todo o conteúdo. De igual modo nós cristãos, apesar de ser frágeis e pequenos, mesmo quando nos parecem insignificantes as nossas forças se comparadas com a grandeza dos problemas e a fúria cega da violência, podemos oferecer uma contribuição decisiva para mudar a história. Jesus deseja que façamos como o sal: basta uma pitada que se derreta para dar um sabor diferente ao conjunto. E não podemos negar-nos, porque sem aquele pouco, sem o nosso pouco, tudo perde sabor. Comecemos precisamente do pouco, do essencial, daquilo que não aparece nos livros de história, mas muda a história: em nome de Jesus, das suas Bem-aventuranças, deponhamos as armas do ódio e da vingança para embraçar a oração e a caridade; superemos as antipatias e aversões que, com o passar do tempo, se tornaram crónicas e correm o risco de levar à contraposição de tribos e de etnias; aprendamos a colocar nas feridas o sal do perdão, que causa ardida mas cura. E, mesmo que o coração sangre pelas injustiças sofridas, renunciemos duma vez por todas a responder ao mal com o mal, e sentir-nos-emos bem cá dentro; acolhamo-nos e amemo-nos sincera e generosamente como Deus faz connosco. Salvaguardemos o bem que somos, não nos deixemos corromper pelo mal!

Passemos à luz, a segunda imagem usada por Jesus: Vós sois a luz do mundo. Uma conhecida profecia, em que Deus Se refere a Israel, diz: «Vou fazer de ti luz das nações, para que a minha salvação chegue até aos confins da terra» (Is 49, 6). Ora tal profecia cumpriu-se, quando Deus Pai enviou o seu Filho; é Ele a luz do mundo (cf. Jo 8, 12), a luz verdadeira que ilumina todo o homem e todos os povos, a luz que brilha nas trevas e dissipa as nuvens de qualquer escuridão (cf. Jo 1, 5.9). Mas o próprio Jesus, luz do mundo, diz aos seus discípulos que também eles são luz do mundo. Isto significa que nós, acolhendo a luz de Cristo, a luz que é Cristo, tornamo-nos luminosos, irradiamos a luz de Deus.

E Jesus acrescenta: «Não se pode esconder uma cidade situada sobre um monte; nem se acende a candeia para a colocar debaixo do alqueire, mas sim em cima do candelabro, e assim alumia a todos os que estão na casa» (Mt 5, 15). Trata-se também neste caso de imagens que então eram familiares: várias aldeias da Galileia estavam sobre as colinas, claramente visíveis de longe; e, nas casas, as candeias eram colocadas no alto, para iluminar os cantos todos; depois, quando deviam ser apagadas, cobriam-se com um objeto de argila chamado alqueire, que fazia faltar à chama o oxigénio apagando-a.

Irmãos e irmãs, o convite de Jesus para ser luz do mundo é claro: nós, seus discípulos, somos chamados a refulgir como uma cidade situada no alto, como um candelabro cuja chama nunca deve estar apagada. Por outras palavras, antes de nos preocupar com as trevas que nos rodeiam, antes de esperar que algo à nossa volta se clareie, somos obrigados a brilhar, a iluminar com a nossa vida e as nossas obras as cidades, as aldeias e os lugares que habitamos, as pessoas que frequentamos, as atividades que realizamos. É o Senhor que nos dá a força, a força de n’Ele sermos luz para todos; porque todos devem poder ver as nossas boas obras e, vendo-as – lembra-nos Jesus – abrir-se-ão com estupefação a Deus e dar-Lhe-ão glória (cf. Mt 5, 16): se vivermos como filhos e irmãos na terra, as pessoas descobrirão que têm um Pai nos céus. A nós, pois, é-nos pedido para arder de amor: não suceda que a nossa luz se apague, que desapareça da nossa vida o oxigénio da caridade, que as obras do mal tirem o ar puro ao nosso testemunho. Esta terra, tão bela e tão martirizada, precisa da luz que tem cada um de vós, ou melhor, da luz que cada um de vós é.

Queridos amigos, faço votos de serdes sal que se espalha e derrete generosamente para dar sabor ao Sudão do Sul com o gosto fraterno do Evangelho; de serdes comunidades cristãs luminosas que, como cidades situadas no alto, lancem uma luz benéfica sobre todos e mostrem que é belo e possível viver a gratuidade, ter esperança, construir todos juntos um futuro reconciliado. Irmãos e irmãs, estou convosco e desejo que experimenteis a alegria do Evangelho, o sabor e a luz que o Senhor, «o Deus da paz» (Flp 4, 9), o «Deus de toda a consolação» (2 Cor 1, 3), quer derramar sobre cada um de vós.

[00172-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Słowa z drugiego czytania, które apostoł Paweł skierował do wspólnoty w Koryncie, chciałbym dziś uczynić swoimi i powtórzyć je przed wami: „przyszedłszy do was, nie przybyłem, aby błyszcząc słowem i mądrością, głosić wam świadectwo Boże. Postanowiłem bowiem, będąc wśród was, nie znać niczego więcej, jak tylko Jezusa Chrystusa, i to ukrzyżowanego” (1 Kor 2, 1-2). Tak, trwoga Pawła jest również moją, będąc tutaj z wami w imię Jezusa Chrystusa, Boga miłości, Boga, który wprowadził pokój przez swój krzyż; Jezusa, Boga ukrzyżowanego za nas wszystkich; Jezusa, ukrzyżowanego w tych, którzy cierpią; Jezusa, ukrzyżowanego w życiu tak wielu z was, w życiu tak wielu ludzi w tym kraju; Jezusa Zmartwychwstałego, zwycięzcy nad złem i śmiercią. Przychodzę do was, aby Go głosić, aby was w Nim utwierdzić, ponieważ głoszenie Chrystusa jest głoszeniem nadziei: On bowiem zna udręki i oczekiwania, które nosicie w swoich sercach, radości i trudy, które naznaczają wasze życie, ciemności, które was gnębią i wiarę, którą jak wieczorną pieśń wznosicie do nieba. Jezus zna was i kocha; jeśli trwamy w Nim, nie musimy się lękać, bo i dla nas każdy krzyż przemieni się w zmartwychwstanie, każdy smutek w nadzieję, każdy lament w taniec.

Dlatego chciałbym zatrzymać się nad słowami życia, które nasz Pan Jezus skierował do nas dzisiaj w Ewangelii: „ Wy jesteście solą ziemi [...] Wy jesteście światłem świata” (Mt 5, 13, 14). Co te obrazy mówią nam, uczniom Chrystusa?

Przede wszystkim: jesteśmy solą ziemi. Sól jest używana do nadawania smaku potrawom. Jest to niewidoczny składnik, który nadaje smak wszystkiemu. Właśnie z tego powodu od czasów starożytnych postrzegano go jako symbol mądrości, czyli tej cnoty, której nie widać, ale która nadaje smak życiu i bez której egzystencja staje się mdła, pozbawiona smaku. Ale o jakiej mądrości mówi do nas Jezus? Używa tego obrazu soli zaraz po ogłoszeniu swoim uczniom Błogosławieństw: rozumiemy wtedy, że to one są solą życia chrześcijanina. Błogosławieństwa w istocie sprowadzają na ziemię mądrość nieba: rewolucjonizują kryteria świata i powszechny sposób myślenia. I co mówią? W dużym skrócie mówią one, że aby być błogosławionym, czyli w pełni szczęśliwym, nie wolno nam dążyć do tego, by być silnymi, bogatymi i zadufanymi, ale by być pokornymi, cichymi i miłosiernymi; by nikomu nie wyrządzać krzywdy, ale być wobec wszystkich budowniczymi pokoju. Taka – jak mówi nam Chrystus – jest mądrość ucznia, to nadaje smak ziemi, którą zamieszkujemy. Pamiętajmy: jeśli wprowadzamy w życie Błogosławieństwa, jeśli wcielamy w życie mądrość Jezusa, to nie tylko nadajemy dobry smak naszemu życiu, ale także społeczeństwu, krajowi, w którym żyjemy.

Ale sól, oprócz nadawania smaku, ma jeszcze jedną funkcję, która była niezbędna w czasach Chrystusa: konserwuje żywność, aby, gnijąc, nie uległa zepsuciu. Biblia mówiła jednak, że jest jeden „pokarm”, podstawowe dobro, które trzeba zachować ponad każde inne: przymierze z Bogiem. Dlatego w owych dniach, ilekroć składano ofiarę Panu, wkładano do niej odrobinę soli. Posłuchajmy zatem, co na ten temat mówi Pismo święte: „Niech nie brakuje soli przymierza Boga twego przy żadnej ofierze pokarmowej. Każdy dar posypiesz solą” (Kpł 2, 13). Sól przypominała więc o pierwotnej potrzebie zachowania więzi z Bogiem, ponieważ On jest nam wierny, Jego przymierze z nami jest niezłomne, nienaruszalne i trwałe (por. Lb 18, 19; 2 Krl 13, 5). Dlatego uczeń Jezusa, będący solą ziemi, jest świadkiem przymierza, które On zawarł i które celebrujemy w każdej Mszy świętej: nowego, wiecznego, niezniszczalnego przymierza (por. 1 Kor 11, 25; Hbr 9), miłości do nas, której nie mogą złamać nawet nasze niewierności.

Bracia, siostry, jesteśmy świadkami tego cudu. W starożytności, gdy ludzie lub narody nawiązywały ze sobą przyjaźń, często pieczętowały ją poprzez wymianę odrobiny soli; my, którzy jesteśmy solą ziemi, jesteśmy powołani do tego, by w radości, z wdzięcznością dawać świadectwo o przymierzu z Bogiem, pokazując, że jesteśmy ludźmi zdolnymi do tworzenia więzi przyjaźni, do życia w braterstwie, do budowania dobrych relacji międzyludzkich, by nie dopuścić do tego, by zapanowało zepsucie zła, choroba podziałów, brud nieuczciwych interesów, plaga niesprawiedliwości.

Dziś chciałbym wam podziękować, bo jesteście solą ziemi w tym kraju. Jednak w obliczu tak wielu ran, przemocy, która karmi się trucizną nienawiści, nieprawości, która powoduje nędzę i ubóstwo, może wam się zdawać, że jesteście mali i bezsilni. Kiedy więc nachodzi was pokusa, by czuć się nieodpowiednimi, spróbujcie spojrzeć na sól i jej drobne ziarenka: to mały składnik, który po umieszczeniu na talerzu znika, rozpływa się, ale właśnie w ten sposób nadaje smak całej zawartości. Tak samo my, chrześcijanie, choć delikatni i mali, nawet gdy nasza siła wydaje się niewielka w obliczu ogromu problemów i ślepej furii przemocy, możemy wnieść decydujący wkład w zmianę historii. Jezus pragnie, abyśmy byli, jak sól: wystarczy jej szczypta, aby się rozpuściła i nadała całości inny smak. Nie możemy zatem się wycofać, bo bez tego małego wkładu, bez naszego małego wkładu, wszystko traci smak. Zacznijmy właśnie od tego, co małe, od tego, co najważniejsze, od tego, co nie pojawia się w podręcznikach historii, ale co historię zmienia: w imię Jezusa, Jego Błogosławieństw, odłóżmy broń nienawiści i zemsty, aby uchwycić się modlitwy i miłości; przezwyciężmy antypatie i niechęci, które z czasem stały się chroniczne i grożą wzajemnym nastawieniem plemion i grup etnicznych przeciwko sobie; nauczmy się posypywać rany solą przebaczenia, która pali, ale leczy. I nawet, jeśli nasze serca krwawią z powodu otrzymanych krzywd, wyrzeknijmy się raz na zawsze odpowiadania złem na zło, a w naszym wnętrzu poczujemy się dobrze; przyjmijmy siebie nawzajem i kochajmy się ze szczerością i wielkodusznością, tak jak Bóg czyni to wobec nas. Pielęgnujmy dobro, którym jesteśmy, nie dajmy się zepsuć złu!

Przejdźmy do drugiego obrazu użytego przez Jezusa – światła: Wy jesteście światłością świata. Słynne proroctwo mówiło o Izraelu: „Ustanowię cię światłością dla narodów, aby moje zbawienie dotarło aż do krańców ziemi” (Iz 49, 6). Teraz proroctwo się wypełniło, ponieważ Bóg Ojciec posłał swojego Syna, a On jest światłością świata (por. J 8, 12), prawdziwą światłością, która oświeca każdego człowieka i każdy naród, światłością, która świeci w ciemności i rozprasza chmury wszelkiej ciemności (por. J 1, 5.9). Ale ten sam Jezus, światłość świata, mówi swoim uczniom, że oni też są światłością świata. Oznacza to, że i my, przyjmując światło Chrystusa, światło, które jest Chrystusem, stajemy się świetliści, promieniujemy światłem Boga!

Jezus dodaje: „Nie może się ukryć miasto położone na górze. Nie zapala się też lampy i nie umieszcza pod korcem, ale na świeczniku, aby świeciła wszystkim, którzy są w domu” (Mt 5, 15). I znów jest to obraz znany z tamtych czasów: kilka wiosek w Galilei znajdowało się na wzgórzach, dobrze widocznych z daleka; a lampy w domach umieszczano wysoko, tak aby oświetlały wszystkie zakątki pomieszczenia; następnie, gdy trzeba było je zgasić, przykrywano je przedmiotem glinianym zwanym „busolą”, który powodował, że płomień nie miał dostępu tlenu i ostatecznie gasł.

Bracia i siostry, zaproszenie Jezusa, by być światłem świata, jest jasne: my, którzy jesteśmy Jego uczniami, jesteśmy powołani, by świecić, niczym miasto wzniesione wysoko, świecić jak latarnia, której płomień nie może nigdy zgasnąć. Innymi słowy, zanim zaczniemy martwić się z powodu ciemności, które nas otaczają, zanim zaczniemy mieć nadzieję, że coś wokół nas się rozjaśni, jesteśmy zobowiązani do tego, by świecić, zobowiązani do rozświetlania swoim życiem i swoimi działaniami miast, wsi i miejsc, które zamieszkujemy, ludzi, których odwiedzamy, czynności, które wykonujemy. Pan da nam tę siłę, siłę, abyśmy byli w Nim światłem dla wszystkich; ponieważ wszyscy muszą widzieć nasze dobre uczynki, a widząc je – przypomina nam Jezus – otworzą się ze zdumieniem na Boga i oddadzą Mu chwałę (por. w. 16): jeśli będziemy żyć na ziemi jako synowie i bracia, ludzie odkryją, że mają Ojca w niebie. Jesteśmy zatem zaproszeni, by płonąć miłością: niech się nie zdarzy, że nasze światło zgaśnie, że tlen miłości zniknie z naszego życia, że dzieła zła pochłoną czyste powietrze naszego świadectwa. Ta ziemia, piękna i udręczona, potrzebuje światła, które każdy z was posiada, a raczej światła, którym każdy z was jest!

Moi drodzy, życzę wam, abyście byli solą, która rozprzestrzenia się i rozpuszcza z hojnością, aby nadać Sudanowi Południowemu braterski smak Ewangelii; abyście byli świetlistymi wspólnotami chrześcijańskimi, które, jak miasta wzniesione wysoko, rzucą światło dobra na wszystkich i pokażą, że piękne i możliwe jest życie bezinteresowne, posiadanie nadziei, wspólne budowanie pojednanej przyszłości. Bracia i Siostry, jestem z wami i życzę wam, abyście doświadczyli radości Ewangelii, smaku i światła, które Pan, „Bóg pokoju” (Flp 4, 9), „Bóg wszelkiej pociechy” (2 Kor 1, 3), chce wylać na każdego z was.

[00172-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى جنوب السّودان

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

ضريح جون قرنق في جوبا

الأحد 5 شباط/فبراير 2023

أودُّ اليومَ أن أتبنَّى الكلمات التي وجّهها بولس الرّسول إلى جماعة قورنتس في القراءة الثّانية، وأن أردّدها أمامكم: "لَمَّا أَتَيتُكُم، أَيُّها الإِخوَة، لم آتِكُم لأُبَلِّغَكُم سِرَّ اللهِ بِسِحْرِ البَيانِ أَوِ الحِكمَة، فإِنِّي لم أَشَأْ أَن أَعرِفَ شَيئًا، وأَنا بَينَكُم، غَيرَ يسوعَ المسيح، بل يسوعَ المسيحَ المَصْلوب" (1 قورنتس 2، 1-2). نَعَم، خوف بولس هو خَوفي أيضًا، في وجودي هنا معكم باسم يسوع المسيح، إله المحبّة، والإله الذي حقّق السّلام بصليبه، يسوع، الإله المصلوب من أجلنا جميعًا، ويسوع، المصلوب في المتألّمين، ويسوع، المصلوب في حياة الكثيرين منكم، وفي أشخاصٍ كثيرين في هذا البلد، ويسوع القائم من بين الأموات، المنتصر على الشّرّ والموت. أتيتُ إليكم لأُعلنه لكم، ولُأثَبِّتكم فيه، لأنّ بِشارة المسيح هي بِشارة رجاء: إنّه يعرف القلق والتّطلّعات التي تحملونها في قلوبكم، والأفراح والصِّعاب التي تُميِّز حياتكم، والظّلمات التي تضغط عليكم، والإيمان الذي ترفعونه إلى السّماء، مثل نشيد في الليل. يسوع يعرفكم ويحبّكم، إن بقينا فيه، يجب ألّا نخاف، لأنّه لنا أيضًا، سيتحوّل كلّ صليب إلى قيامة، وكلّ حزن إلى رجاء، وكلّ شَكوَى إلى رقص.

لذلك، أودّ أن أتوقّف عند كلمات الحياة التي وجّهها إلينا ربّنا يسوع اليوم في الإنجيل، وهي: "أَنتُم مِلحُ الأَرض [...]. أَنتُم نورُ العالَم" (متّى 5، 13. 14). ماذا تقول هذه الصُّوَر لنا، نحن تلاميذ المسيح؟

أوّلًا، نحن ملح الأرض. يُستخدم الملح لِيُعطي نكهة للطّعام. إنّه المُكَوِّن غير المرئي الذي يُعطي مذاقًا لكلّ شيء. لهذا السّبب بالتّحديد، منذُ العصور القديمة، كان يُنظرُ إليه على أنّه رمزٌ للحكمة، أيْ تلك الفضيلة التي لا تُرَى، لكنّها تعطي طعمًا للحياة ومن دونها تصبح الحياة بلا طعم، وبلا ذوق. ولكن، على أيِّ حكمة يكلّمنا يسوع؟ استخدم صورة الملح هذه، مباشرة بعد أن أعلن التّطويبات لتلاميذه: إذن، يمكننا أن نفهم أنّ هذه التّطويبات هي الملح في حياة المسيحيّ. في الواقع، تحمل التّطويبات الحكمة السّماويّة إلى الأرض: فهي تُحدث ثورة في معايير العالم وطريقة التّفكير العامّة. وماذا تقول هذه التّطويبات؟ باختصار، تؤكّد أنّه لنكون طوباويّين، أيْ سُعداء تمامَ السّعادة، يجب ألّا نحاول أن نكون أقوياء وأغنياء وأصحاب سلطان، بل نكون متواضعين وودعاء ورحماء، ولا نصنع الشّرّ لأحَد، بل نكون صانعي سلام للجميع. هذه هي حكمة التّلميذ - قال لنا يسوع -، وهي التي تُعطي نكهة للأرض التي نعيش فيها. لنتذكّر: إن مارسنا التّطويبات، وإن جسَّدنا حكمة المسيح، لا نعطي مذاقًا جيّدًا لحياتنا فحسب، بل أيضًا للمجتمع، وللبلد الذي نعيش فيه.

والملح، بالإضافة إلى أنّه يُعطي نكهة، لهُ وظيفة أخرى، ضروريّة في زمن المسيح، هي: حفظ الطّعام حتّى لا يتلف ولا يفسد. وقال الكتاب المقدّس أيضًا إنّه كان هناك ”طعام“، وهو خير أساسيّ، كان يجب الحفاظ عليه قبل كلّ شيء آخر، وهو العهد مع الله. لذلك في تلك الأوقات، كلَّ مرّةٍ كان يُقدَّم فيها قُربانٌ لله، كان يُوضع قليلٌ من الملح. لنُصغِ إلى ما يقوله الكتاب المقدّس في هذا الموضوع: "لا تُخْلِ تَقدِمَتَكَ مِن مِلْحِ عَهْدِ إِلٰهِكَ. مع جَميعِ قَرابينِكَ تُقَرِّبُ مِلْحًا" (الأحبار 2، 13). هكذا، ذكّرنا الملح بالحاجة الأساسيّة للحفاظ على الرّابط مع الله، لأنّه أمين لنا، وعهده معنا غير قابل للفساد، ولا يُقطَعُ، وهو دائم (راجع العدد 18، 19؛ الأخبار الثّاني 13، 5). لذلك، فإنّ تلميذ يسوع، لكونه ملح الأرض، هو شاهد على العهد الذي قطعه الله، والذي نحتفل به في كلّ قدّاس إلهيّ: عهد جديد وأبديّ ولا ينقطع (راجع 1 قورنتس 11، 25؛ العبرانيّين 9)، ومحبّة لنا لا يمكن أن تَتَضَعضَع ولا حتّى بسبب عدم أمانتنا.

أيّها الإخوة والأخوات، نحن شهود على هذا العهد العجيب. في القديم، عندما كان النّاس أو الشّعوب يُقيمون صداقات في ما بينهم، كانوا مرارًا يؤكّدونها بتبادل القليل من الملح. ونحن لأنّنا ملح الأرض، نحن مدعوّون إلى أن نشهد للعهد مع الله بفرح، وشُكر، ونُظهر أنّنا أشخاصٌ قادرون على أن نخلق روابط صداقة، ونعيش الأخوّة، ونبني علاقات إنسانيّة جيّدة، لكي نمنع أن يسود فساد الشّرّ، ووباء الانقسامات، وقذارة الأعمال الأثيمة، ومأساة الظلم.

أودّ اليوم أن أشكركم لأنّكم ملح الأرض في هذا البلد. ومع ذلك، أمام الكثير من الجراح، وأعمال العنف التي تغذّي سمّ الكراهية، وأمام الإجرام الذي يسبّب الشّقاء والفقر، يمكن أن يبدو لكم أنّكم صِغَار وعاجزون. ولكن، عندما تُسيطر عليكم تجربة الشّعور بأنّكم غير قادرين، حاولوا أن تنظروا إلى الملح وإلى حُبَيبَاتِه الصّغيرة: إنّه مُكَوِّن صغير، وما أن نضعه على طبق الطّعام، حتّى يختفي ويذوب، ولكن بهذه الطّريقة بالتّحديد يعطي نكهة للطعام كلّه. وهكذا، نحن المسيحيّين، على الرّغم من ضَعفنا وصِغَرِنَا، حتّى عندما يبدو لنا أن قوّتنا لا أهميّة لها أمام كِبَرِ المشاكل وهَوَجِ العنف الأعمى، يمكننا أن نقدّم مساهمة حاسمة لتغيير التّاريخ. يسوع يريد أن نصنع ذلك مثل الملح: يكفي ذرّة من الملح التي تذوب لكي تعطي نكهة مختلفة للأمور مُجتمِعَة. لذلك، لا يمكننا أن نتراجع، لأنّه من دون ذلك القليل، ومن دون القليل من مِلحِنَا، يفقدُ كلّ شيء مذاقه. لنبدأ بالتّحديد من القليل، ومن الأساسيّ، ومن الذي لا يَظهر في كتب التّاريخ، ولكنّه يغيّر التّاريخ: وباسم يسوع، وتطويباته، لِنَضَعْ جانبًا أسلحة الكراهية والانتقام لكي نحمل الصّلاة وأعمال المحبّة، ولْنَتَغَلَّبْ على تلك الكراهية والبُغض اللتين أصبحتا، مع مرور الوقت، مُزمنتَين وتوشكان أن تضع القبائل والجماعات العرقيّة في معارضة بعضها لبعض، ولْنَتَعَلَّمْ أن نضع على الجراح ملح المغفرة، الذي يُحرِق لكنّه يشفي. وحتّى إن نَزَف قلبنا بسبب الإساءات التي تلقّيناها، لنترك مرّة واحدة وإلى الأبد الردّ على الشّرّ بالشّرّ، وسنكون بخير في داخل أنفسنا، لِنستقبل ولْنحبّ بعضنا بعضًا بصدق وسخاء كما يعمل الله معنا. لِنحافظ على الخير الذي نحن عليه، ولا ندع الشّرّ يفسدنا!

لِننتقل إلى الصّورة الثّانية التي استخدمها يسوع، وهي النّور: أنتم نور العالم. قالت نبوءة شهيرة عن إسرائيل: "إِنِّي قد جَعَلتُكَ نورًا لِلأُمَم، لِيَبلُغَ خَلاصي إِلى أَقاصي الأَرض" (أشعيا 49، 6). الآن تحقّقت النّبوءة، لأنّ الله الآب أرسل ابنه، وهو نور العالم (راجع يوحنّا 8، 12)، والنّور الحقيقيّ الذي ينير كلّ إنسان وكلّ شعب، والنّور الذي يضيء في الظّلمة ويبدّد سُحُبَ كلّ ظلام (راجع يوحنّا 1، 5. 9). ويسوع نفسه، نور العالم، قال لتلاميذه إنّهم هُم أيضًا نور العالم. هذا يعني أنّه إن قبلنا نور المسيح، والنّور الذي هو المسيح، سنصير منيرين، ونشعّ نور الله!

أضاف يسوع قائلًا: "لا تَخْفى مَدينَةٌ قائمةٌ عَلى جَبَل، ولا يُوقَدُ سِراجٌ وَيُوضَعُ تَحْتَ المِكيال، بَل عَلى المَنارَة، فَيُضِيءُ لِجَميعِ الَّذينَ في البَيْت" (متّى 5، 14-15). استخدم يسوع هنا أيضًا صورًا مألوفة في تلك الأوقات: كانت قرىً مختلفة في الجليل قائمة على التّلال، وكان يمكن رؤيتها بوضوح من بعيد، وكانت المصابيح في البيوت توضع في مكان مرتفع حتّى تضيء كلّ زوايا الغرفة. ثمّ، عندما كانوا يريدون إطفاءها، كانت تُغطّى بقطعة من القرميد تسمّى ”مكيال“، الذي كان يحجب الأكسجين عن اللّهب حتّى ينطفئ.

أيّها الإخوة والأخوات، دعوة يسوع لكي نكون نور العالم واضحة: نحن، تلاميذه، مدعوّون إلى أن نشعّ مثل مدينة موضوعة في الأعلى، ومثل مصباح يجب ألّا تنطفئ شعلته أبدًا. بعبارة أخرى، قبل أن نقلق من الظّلام الذي يحيط بنا، وقبل أن نتمنّى أن يضيء شيء من حولنا، مطلوبٌ منّا أن نشِعَّ، وأن نضيء بحياتنا وبأعمالنا المدن والقرى والأماكن التي نسكنها، والأشخاص الذين نعيش معهم، والنشاطات التي نقوم بها. الرّبّ يسوع يعطينا القوّة، القوّة لأن نكون نورًا فيه، من أجل الجميع. لأنّ الجميع يجب أن يكونوا قادرين على أن يروا أعمالنا الصّالحة، وإن رأوها - يذكّرنا يسوع -، سينفتحون على الله بدهشة وسيمجّدونه (راجع الآية 16): إن عشنا أبناءً وإخوةً على الأرض، سيكتشف الناس أنّ لهم أبًا في السّماء. لذلك، يُطلَبُ منّا أن نكون متَّقدِين بالحبّ: فلا يحدُثْ أن ينطفئ نورنا، ولا أن يختفي أكسجين أعمال المحبّة من حياتنا، ولا أن تنزع أعمال الشّرّ الهواء النّقي من شهادتنا. هذه الأرض الجميلة والمعذّبة تحتاج إلى النّور الذي يحمله كلّ واحدٍ منكم، أو بالأحرى، إلى النّور الذي هو كلّ واحدٍ منكم!

أيّها الأعزّاء، أتمنّى أن تكونوا ملحًا ينتشر ويذوب بسخاء لكي تُضفوا نكهة على جنوب السّودان مع مذاق الإنجيل الأخويّ، وأن تكونوا جماعات مسيحيّة منيرة، وأن تُرسلوا نور الخير على الجميع، مثل المدن المرتفعة، وأن تُظهروا أنّه جميل وممكن أن نعيش المجّانيّة، وأن يكون فينا رجاء، وأن نبني معًا مستقبلًا متصالحًا. إخوتي وأخواتي، أنا معكم وأتمنّى أن تختبروا فرح الإنجيل، وطَعمَه ونورَه، الذي يريد الرّبّ يسوع، "إِلٰهُ السَّلامِ" (فيلبي 4، 9)، "إِلٰهُ كُلِّ عَزاء" (2 قورنتس 1، 3)، أن يفيضه على كلّ واحدٍ منكم.

[00172-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Saluto finale del Santo Padre al termine della Messa

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Grazie, caro Fratello Stephen, per queste parole. Saluto il Signor Presidente della Repubblica insieme a tutte le Autorità civili e religiose presenti. Sono ormai giunto alla conclusione di questo pellegrinaggio in mezzo a voi e desidero esprimere riconoscenza per l’accoglienza ricevuta e per tutto il lavoro svolto per preparare questa visita, che era una visita fraterna in tre.

Sono grato a tutti voi, fratelli e sorelle che siete accorsi qui numerosi da diverse parti, molti facendo tante ore se non giorni di strada! Oltre che per l’affetto che mi avete manifestato, vi ringrazio per la vostra fede, per la vostra pazienza, per tutto il bene che fate e per le fatiche che offrite a Dio senza scoraggiarvi, sapendo andare avanti. In Sud Sudan c’è una Chiesa coraggiosa, imparentata con quella del Sudan, come ci ricordava l’Arcivescovo, il quale ha menzionato la figura di santa Giuseppina Bakhita: una grande donna, che con la grazia di Dio ha trasformato in speranza la sofferenza patita. «La speranza, che era nata per lei e l’aveva “redenta”, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti», ha scritto Benedetto XVI (Lett. enc. Spe salvi, 3). Speranza è la parola che vorrei lasciare a ciascuno di voi, come un dono da condividere, come un seme che porti frutto. Come ci ricorda la figura di santa Giuseppina, la speranza, qui specialmente, è nel segno della donna e vorrei ringraziare e benedire in modo speciale tutte le donne del Paese.

Alla speranza vorrei associare un’altra parola, la parola di questi giorni: pace. Con i miei Fratelli Justin e Iain, che ringrazio di cuore, siamo venuti qui e continueremo ad accompagnare i vostri passi, tutti e tre insieme, facendo tutto quello che possiamo perché siano passi di pace, passi verso la pace. Vorrei affidare questo cammino di tutto il popolo con noi tre, questo cammino della riconciliazione e della pace a un’altra donna. È la nostra tenerissima Madre Maria, la Regina della pace. Ci ha accompagnato con la sua presenza premurosa e silenziosa. A lei, che ora preghiamo, affidiamo la causa della pace in Sud Sudan e nell’intero Continente africano. Alla Madonna affidiamo anche la pace nel mondo, in particolare i numerosi Paesi che si trovano in guerra, come la martoriata Ucraina.

Carissimi fratelli e sorelle, torniamo, ognuno di noi tre, alla propria sede, portandovi ancora di più nel cuore. Lo ripeto: siete nel nostro cuore, siete nei nostri cuori, siete nei cuori dei cristiani di tutto il mondo! Non perdete mai la speranza. E non si perda l’occasione di costruire la pace. La speranza e la pace dimorino in voi, la speranza e la pace dimorino in Sud Sudan!

[00173-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Merci, cher Frère Stephen, pour ces paroles. Je salue Monsieur le Président de la République avec toutes les Autorités civiles et religieuses présentes. Je suis désormais parvenu à la fin de ce pèlerinage parmi vous et je désire exprimer ma reconnaissance pour l’accueil reçu et pour tout le travail accompli pour préparer cette visite, qui a été une visite fraternelle à trois.

Je vous suis tous reconnaissant, frères et sœurs qui êtes venus nombreux de différents lieux, beaucoup d’entre vous ont dû faire plusieurs heures, et même journées, de route! En plus de l’affection que vous m’avez manifestée, je vous remercie pour votre foi, pour votre patience, pour tout le bien que vous faites et pour les efforts que vous offrez à Dieu sans vous décourager, sachant aller de l’avant. Au Soudan du Sud il y a une Église courageuse, apparentée avec celle du Soudan, comme nous le rappelait l’Archevêque qui a mentionné la figure de sainte Joséphine Bakhita: une grande femme qui, avec la grâce de Dieu, a transformé en espérance la souffrance endurée. Benoît XVI a écrit: «L’espérance, qui était née pour elle et qui l’avait “rachetée”, elle ne pouvait pas la garder pour elle; cette espérance devait rejoindre beaucoup de personnes, elle devait rejoindre tout le monde» (Lett. enc. Spe salvi, n. 3). Espérance est la parole que je voudrais laisser à chacun de vous, comme un don à partager, comme une semence qui porte du fruit. Comme nous le rappelle la figure de sainte Joséphine, l’espérance, ici en particulier, est sous le signe de la femme et je voudrais remercier et bénir de façon spéciale toutes les femmes du pays.

Je voudrais associer à l’espérance une autre parole, la parole de ces jours-ci : paix. Avec mes Frères Justin et Iain, que je remercie de tout cœur, nous sommes venus ici et nous continuerons à accompagner vos pas, tous les trois ensembles, en faisant tout notre possible pour qu’ils soient des pas de paix, des pas vers la paix. Je voudrais confier ce cheminement de tout le peuple avec nous trois, ce cheminement de réconciliation et de la paix à une autre femme, notre très tendre Mère Marie, la Reine de la paix. Elle nous a accompagnés de sa présence attentive et silencieuse. Nous la prions maintenant et lui confions la cause de la paix au Soudan du Sud et sur tout le Continent africain. Confions également la paix dans le monde à la Vierge, en particulier les nombreux pays qui se trouvent en guerre, comme l’Ukraine meurtrie.

Très chers frères et sœurs, nous retournons, chacun de nous trois à son office, en vous portant encore plus dans le cœur. Je le répète: vous êtes dans nos cœurs, vous êtes dans nos cœurs, vous êtes dans le cœur des chrétiens du monde entier! Ne perdez jamais l’espérance. Et que l’on ne perde pas l’occasion de construire la paix. Que l’espérance et la paix demeurent en vous, que l’espérance et la paix demeurent au Soudan du Sud!

[00173-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Thank you, dear brother Stephen, for your kind words. I greet the President of the Republic, as well as the civil and religious authorities present.

I have now come to the end of this pilgrimage among you, and I want to express my gratitude for the warm welcome given me and for all the work done to prepare for this visit, which was a fraternal visit of three.

I am grateful to all of you, brothers and sisters, who have come here in great numbers from various places, spending many hours, if not days, on the road! I thank you for the affection you have shown me, but also for your faith and your patience, for the good you do and the hardships that you willingly offer to God without growing discouraged but continuing to move forward. South Sudan possesses a courageous Church, with close ties to the Church in Sudan, as the Archbishop noted in referring to Saint Josephine Bakhita, a great woman who by God’s grace transformed into hope all the sufferings that she endured. As Pope Benedict observed: “The hope born in her which had ‘redeemed’ her she could not keep to herself; this hope had to reach many, to reach everybody” (Spe Salvi, 3). Hope is the word I would leave with each of you, as a gift to share, a seed to bear fruit. As Saint Josephine reminds us, women, especially here, are a sign of hope, and in a special way I thank and bless all the women of the country.

To hope, I would associate another word, the word that has echoed in these days: peace. I came here with my brothers Justin and Iain, whom I sincerely thank; the three of us jointly will continue to accompany your steps and do all we can to make them steps of peace, steps to peace. I would like to entrust this path of the entire people together with the three of us, this path of reconciliation and peace, to another woman. She is our most loving Mother Mary, Queen of Peace. She has accompanied us with her caring and quiet presence. We pray to her now, and we entrust to her the cause of peace in South Sudan and in the entire African continent. To Our Lady we also entrust peace in our world, especially in the many countries at war, like Ukraine, which suffers so greatly.

Dear brothers and sisters, the three of us are returning to our own homes, with you even closer to our hearts. Let me repeat: you are in our hearts, you are in our hearts, you are in the hearts of Christians worldwide! Never lose hope. And lose no opportunity to build peace. May hope and peace dwell among you. May hope and peace dwell in South Sudan!

[00173-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Danke, lieber Bruder Stephen, für diese Worte. Ich grüße den Präsidenten der Republik sowie alle anwesenden zivilen und religiösen Autoritäten. Ich bin nun am Ende dieser Pilgerreise mit euch angelangt und möchte euch meinen Dank für die Aufnahme, die ich erfahren habe, und für all die Arbeit, die zur Vorbereitung dieses Besuchs, der ein brüderlicher Besuch zu dritt war, geleistet worden ist, zum Ausdruck bringen.

Ich bin euch allen, Brüder und Schwester, dankbar, die ihr in großer Zahl aus verschiedenen Orten hierhergekommen seid, viele von euch haben eine stundenlange, wenn nicht gar tagelange Reise hinter sich! Neben der Zuneigung, die ihr mir entgegengebracht habt, danke ich euch für euren Glauben, für eure Geduld, für all das Gute, das ihr tut, und für all die Mühen, die ihr Gott aufopfert, ohne euch entmutigen zu lassen, da ihr im Stande seid, weiterzugehen. Im Südsudan gibt es eine mutige Kirche, die mit der des Sudan verwandt ist, woran der Erzbischof erinnerte, der die Gestalt der heiligen Josephine Bakhita erwähnte: einer großen Frau, die mit Gottes Gnade das erlittene Leid, in Hoffnung verwandelte. »Die Hoffnung, die ihr geworden war und sie „erlöst“ hatte, durfte sie nicht für sich behalten; sie sollte zu vielen, zu allen kommen«, schrieb Benedikt XVI. (Enzyklika Spe Salvi, 3). Hoffnung ist das Wort, das ich jedem von euch hinterlassen möchte, als ein Geschenk zum Weitergeben, als ein Same, der Früchte trägt. Die Gestalt der heiligen Josephine erinnert uns daran, dass die Hoffnung, insbesondere hier, im Zeichen der Frau steht, und ich möchte allen Frauen des Landes in besonderer Weise danken und sie segnen.

Der Hoffnung möchte ich ein anderes Wort beigesellen, das Wort dieser Tage: Frieden. Mit meinen Brüdern Justin und Iain, denen ich von Herzen danke, sind wir hierhergekommen und werden eure Schritte weiter begleiten, alle drei zusammen, indem wir alles tun, was wir können, um sie zu Schritten des Friedens zu machen, Schritte zum Frieden. Ich möchte diesen Weg des ganzen Volkes mit uns drei, diesen Weg der Versöhnung und des Friedens einer anderen Frau anvertrauen. Es ist unsere so liebevolle Mutter Maria, die Königin des Friedens. Sie hat uns mit ihrer fürsorglichen und stillen Anwesenheit begleitet. Ihr, zu der wir jetzt beten, vertrauen wir das Anliegen des Friedens im Südsudan und auf dem gesamten afrikanischen Kontinent an. Der Gottesmutter vertrauen wir auch den Frieden in der Welt an, insbesondere die zahlreichen Länder, die sich wie die schwer leidende Ukraine im Krieg befinden.

Liebe Brüder und Schwestern, jeder von uns drei kehrt an seinen Sitz zurück und wir tragen euch noch mehr im Herzen. Ich wiederhole: Ihr seid in unserem Herzen, ihr seid in unseren Herzen, ihr seid in den Herzen der Christen in der ganzen Welt! Verliert nie die Hoffnung. Und verpasst nicht die Gelegenheit, Frieden zu stiften. Mögen Hoffnung und Frieden in euch einkehren, mögen Hoffnung und Frieden im Südsudan einkehren!

[00173-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Gracias, querido Hermano Stephen, por estas palabras. Saludo al Señor Presidente de la República, así como a todas las Autoridades civiles y religiosas presentes. He llegado ya a la conclusión de esta peregrinación en medio de ustedes y deseo expresar mi agradecimiento por la acogida recibida y por todo el trabajo que han realizado para preparar esta visita, que fue una visita fraterna de tres.

Les agradezco a todos ustedes, hermanos y hermanas, que han venido en gran número desde diferentes lugares, haciendo muchas horas —incluso días— de camino. Además del afecto que me han manifestado, les agradezco su fe, su paciencia, todo el bien que hacen y todas las fatigas que ofrecen a Dios sin desanimarse, para seguir adelante. En Sudán del Sur hay una Iglesia valiente, emparentada con la de Sudán, como nos recordaba el Arzobispo, el cual mencionó la figura de santa Josefina Bakhita, una gran mujer, que con la gracia de Dios transformó en esperanza su sufrimiento. «La esperanza que en ella había nacido y la había “redimido” no podía guardársela para sí sola; esta esperanza debía llegar a muchos, llegar a todos», escribió Benedicto XVI (Carta enc. Spe salvi, 3). Esperanza es la palabra que quisiera dejarle a cada uno de ustedes, como un don para compartir, como una semilla que dé fruto. Tal como nos recuerda la figura de santa Josefina, la esperanza, especialmente aquí, se encuentra en el signo de la mujer y por eso quisiera agradecer y bendecir de modo especial a todas las mujeres del país.

A la esperanza quisiera asociar otra palabra. Ha sido la palabra que nos acompañó estos días: paz. Con mis hermanos Justin e Iain, a quienes agradezco de corazón, hemos venido aquí y seguiremos acompañando sus pasos, los tres juntos, haciendo todo lo posible para que sean pasos de paz, pasos hacia la paz. Quisiera confiar este camino de todo el pueblo con nosotros tres, este camino de la reconciliación y de la paz a otra mujer. Me refiero a nuestra tierna Madre María, la Reina de la paz. Nos acompañó con su presencia solícita y silenciosa. A ella, a quien ahora rezamos, le encomendamos la causa de la paz en Sudán del Sur y en todo el continente africano. A la Virgen encomendamos también la paz en el mundo, en particular los numerosos países que se encuentran en guerra, como la martirizada Ucrania.

Queridos hermanos y hermanas, volvemos, cada uno de nosotros tres a nuestra sede, llevándolos aún más presentes en el corazón. Lo repito, ¡están en nuestro corazón, están en nuestros corazones, están en los corazones de los cristianos de todo el mundo! No pierdan nunca la esperanza. Y que no se pierda la ocasión de construir la paz. Que la esperanza y la paz habiten en ustedes. Que la esperanza y la paz habiten en Sudán del Sur.

[00173-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Obrigado, querido Irmão Stephen, por estas palavras. Saúdo o Senhor Presidente da República, juntamente com todas as autoridades civis e religiosas presentes. Chego agora ao termo desta peregrinação no meio de vós e desejo exprimir a minha gratidão pelo acolhimento recebido e por todo o trabalho realizado na preparação desta visita, que foi uma visita fraterna, feita a três.

Agradeço a todos vós, irmãos e irmãs, que em grande número vos deslocastes aqui de diferentes partes, fazendo muitas horas, se não mesmo dias, de estrada! Além da estima que me manifestastes, agradeço a vossa fé, a vossa paciência, todo o bem que fazeis e as canseiras que ofereceis a Deus sem desanimar, procurando seguir em frente. No Sudão do Sul, há uma Igreja corajosa, emparentada com a do Sudão, como nos recordava o Arcebispo, que mencionou a figura de Santa Josefina Bakhita: uma grande mulher que, com a graça de Deus, transformou o sofrimento suportado em esperança: «a esperança, que nascera para ela e a “redimira”, não podia guardá-la para si; esta esperança devia chegar a muitos, chegar a todos» – escreveu Bento XVI (Carta enc. Spe salvi, 3). Esperança é a palavra que quero deixar a cada um de vós, como um dom a compartilhar, como uma semente que dá fruto. Como nos lembra a figura de Santa Josefina, aqui a esperança está particularmente sob o signo da mulher e quero agradecer e abençoar, de maneira especial, todas as mulheres do país.

À esperança quero associar outra palavra, a palavra destes dias: paz. Com os meus Irmãos Justin e Iain, cuja presença agradeço de coração, viemos até aqui e continuaremos, os três juntos, a acompanhar os vossos passos, fazendo tudo o que pudermos para que sejam passos de paz, passos rumo à paz. Quero confiar este caminho de todo o povo connosco os três, este caminho da reconciliação e da paz a outra mulher: é a nossa mui terna Mãe, Maria, a Rainha da Paz. Acompanhou-nos com a sua presença solícita e silenciosa. A Ela, que agora invocamos, confiamos a causa da paz no Sudão do Sul e em todo o continente africano. A Nossa Senhora, confiamos também a paz no mundo, em particular nos numerosos países que se encontram em guerra, como a martirizada Ucrânia.

Queridos irmãos e irmãs, voltamos cada um de nós, os três, à própria sede, levando-vos ainda mais estreitos ao coração. Repito: estais no nosso coração, estais nos nossos corações, estais nos corações dos cristãos de todo o mundo. Nunca percais a esperança. E não se perca ocasião de construir a paz. Que a esperança e a paz habitem em vós, que a esperança e a paz habitem no Sudão do Sul!

[00173-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dziękuję Ci, drogi Bracie Stephenie za te słowa. Pozdrawiam Prezydenta Republiki wraz z wszystkimi obecnymi tutaj przedstawicielami władz cywilnych i religijnych. Moja pielgrzymka pośród was dobiega końca i pragnę wyrazić wdzięczność za zgotowane mi przyjęcie i za całą pracę, jaką wykonano by przygotować tę wizytę, która była wizytą braterską we trzech.

Jestem wdzięczny wam wszystkim, bracia i siostry, którzy przybyliście tu licznie z różnych stron, wielu przebywszy wielogodzinną, a może i wielodniową drogę! Oprócz uczucia, które okazaliście mi, dziękuję wam za waszą wiarę, za waszą cierpliwość, za całe dobro, które czynicie i za trudy, które ofiarujecie Bogu bez zniechęcania się, wiedząc jak iść naprzód. Kościół w Sudanie Południowym jest odważny, związany z tym w Sudanie, o czym przypomniał arcybiskup, przywołując postać św. Józefiny Bakhity: wspaniałej kobiety, która z pomocą Bożej łaski przemieniła doznane cierpienie w nadzieję. „Nadziei, która się w niej zrodziła i ją «odkupiła», nie mogła zachować dla siebie samej. Musiała dotrzeć do wielu, dotrzeć do wszystkich” – napisał Benedykt XVI (Enc. Spe salvi, 3). Nadzieja to słowo, które chciałbym pozostawić każdemu z was, jako dar, którym można się dzielić, jako ziarno przynoszące owoc. Jak przypomina nam postać św. Józefiny, nadzieja ma charakter kobiecy, i chciałbym podziękować oraz pobłogosławić w szczególny sposób wszystkie kobiety tego kraju.

Z nadzieją chciałbym skojarzyć inne słowo, słowo tych dni: pokój. Wraz z moimi braćmi Justinem i Iainem, którym dziękuję z całego serca, przybyliśmy tutaj i będziemy nadal towarzyszyć waszym krokom, wszyscy trzej razem, czyniąc wszystko co możemy, aby były krokami pokoju, krokami w kierunku pokoju. Chciałbym zawierzyć tę drogę całego ludu z nami trzema, tę drogę pojednania i pokoju innej kobiecie. Jest Nią nasza miłująca Matka Maryja, Królowa Pokoju. Towarzyszyła nam Ona swoją opiekuńczą i milczącą obecnością. Jej, do której teraz się modlimy, zawierzamy sprawę pokoju w Sudanie Południowym i na całym kontynencie afrykańskim. Matce Bożej zawierzamy również sprawę pokoju w świecie, zwłaszcza w licznych krajach, które znajdują się w stanie wojny, jak udręczona Ukraina.

Najmilsi bracia i siostry, powracamy, każdy z nas trzech do swoich siedzib, niosąc was jeszcze bardziej w sercu. Powtarzam: jesteście w naszym sercu, jesteście w naszych sercach, jesteście w sercach chrześcijan całego świata! Nigdy nie traćcie nadziei. I niech się nie zmarnuje okazja do budowania pokoju. Niech pozostaną w was nadzieja i pokój, niech nadzieja i pokój zamieszkają w Sudanie Południowym!

[00173-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى جنوب السّودان

كلمة قداسة البابا فرنسيس الختاميّة

في جوبا

الأحد 5 شباط/فبراير 2023

شكرًا أيّها الأخ العزيز ستيفن (Stephen) على هذه الكلمات. أحيّي السّيّد رئيس الجمهوريّة وجميع السُّلطات المدنيّة والدينيّة الحاضرين. وصلتُ الآن إلى خِتامِ رحلة الحجِّ هذه بينكم، وأريد أن أعبّر عن شُكري للاستقبال الذي استقبلتموني به ولكلّ الجهود التي بذلتموها لتحضير هذه الزيارة.

أشكركم جميعًا، أنتم الإخوة والأخوات، الذين أتيتم إلى هنا بأعداد كبيرة ومن مناطق مختلفة، والكثيرون منكم قَضَيتُم ساعاتٍ طويلة إن لم يكن أيامًا على الطّريق! بالإضافة إلى المودّة التي أظهرتموها لِي، أشكركم على إيمانكم، وعلى صبركم، وعلى كلّ الخير الذي تصنعونه، وعلى الجُهود التي تقدّمونها إلى الله دون أن تَهبِط عزيمتكم، وتعرفون كيف تمضون قُدُمًا. يوجد في جنوب السّودان كنيسة شجاعة مرتبطة بكنيسة السّودان، كما ذكّرنا رئيس الأساقفة، الذي ذَكَرَ شخصيّة القدّيسة جوزفينا بخيتا (Giuseppina Bakhita): امرأة فاضلة، حوَّلَت، بنعمة الله، آلامها إلى رجاء. كَتَبَ بندكتس السّادس عشر: "الرّجاء الذي وُلِدَ من أجلها و”فَدَاها“، لم تَستَطِع أن تحتفِظ به لِنَفسِهَا، هذا الرّجاء كان يجب أن يَصِل إلى كثيرين، أن يَصِل إلى الجميع" (رسالة بابويّة عامّة، بالرجاء مخلَّصون، 3). الرّجاء هي الكلمة التي أودّ أن أتركها لكلّ واحدٍ منكم، عطيّة تتقاسمونها، وبِذرَة تؤتي ثمرها. كما تُذكّرنا شخصيّة القدّيسة جوزفينا، الرّجاء، هنا خصوصًا، هو علامة في النّساء، وأودّ أن أشكر وأبارك بشكلٍ خاص كلّ نساء هذا البلد.

أودّ أن أربط كلمة الرّجاء بكلمة أخرى، التي هي كلمة هذه الأيّام، وهي: السّلام. مع أَخَوَيَّ جاستن وإيان (Justin e Iain)، اللذَين أشكرهما من كلّ قلبي، أتينا إلى هنا وسنواصل مرافقة خطواتكم، نحن الثلاثة معًا، وسنعمل كلّ ما في وِسعِنَا حتّى تكون خطواتكم خطوات سلام، وخطوات نحو السّلام. أودّ أن أُوكِل مسيرة كلّ الشّعب هذه ومعنا نحن الثلاثة، مسيرة المصالحة والسّلام إلى امرأة أخرى. إنّها أُمّنا مريم الحنونة جدًّا، وملكة السّلام. رافقتنا بحضورها الرّؤوف والصّامت. نصلّي إليها الآن ونُوكِل إليها، قضيّة السّلام في جنوب السّودان وفي القارّة الأفريقيّة بأكملها. لِنُوكِل إلى سيّدتنا مريم العذراء السّلام في العالم أيضًا، ولا سيّما في البلدان الكثيرة التي هي في حالة حرب، مثل أوكرانيا المُعذّبة.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، سيعود كلّ واحد منّا الثلاثة إلى مقره، ونحملكم في قلبنا، وقد زادت مودّتنا لكم. أكرّر ذلك: أنتم في قلبنا، وفي قلوبنا، وفي قلوب المسيحيّين في كلّ العالم! لا تفقدوا الرّجاء أبدًا. ولا تفوّتوا فرصة بناء السّلام. لِيَسكُنِ الرّجاء والسّلام فيكم، وَلْيَسكُنِ الرّجاء والسّلام في جنوب السّودان!

[00173-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0109-XX.02]