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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Incontro con gli sfollati interni presso la Freedom Hall, 04.02.2023


Incontro con gli sfollati interni presso la Freedom Hall

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto alla Freedom Hall dove ha incontrato gli sfollati interni.

Dopo il canto d’apertura, la preghiera iniziale del Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, il Pastore Iain Greenshields, e la proiezione di un video, la Vice Rappresentante Speciale del Segretario Generale nella Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan, Coordinatrice Residente e Umanitaria per il Sud Sudan, Sara Beysolow Nyanti, ha presentato l’attuale situazione del Sud Sudan. Quindi un bambino del Campo Bentiu, un bambino del Campo Malakal e una bambina del Campo Giuba hanno portato le loro testimonianze. Poi, dopo la preghiera all’Arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Justin Welby, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine, dopo la benedizione dei tre leaders religiosi e l’esecuzione di una danza tradizionale, Papa Francesco si è trasferito in auto al Mausoleo “John Garang” per la Preghiera Ecumenica. Secondo le autorità locali erano presenti all’incontro oltre 2.500 persone.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’incontro con gli sfollati interni:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio!

Vi ringrazio per le preghiere, per le testimonianze e per il vostro canto! Ho pensato a voi a lungo, portando nel cuore il desiderio di incontrarvi, di guardarvi negli occhi, di stringervi le mani e di abbracciarvi: finalmente sono qui, insieme ai fratelli con cui condivido questo pellegrinaggio di pace, per dirvi tutta la mia vicinanza, tutto il mio affetto. Sono con voi, soffro per voi e con voi.

Joseph, hai posto una domanda decisiva: «Perché stiamo a soffrire nel campo per sfollati?». Perché… Perché tanti bambini e giovani come te stanno lì, anziché a scuola a studiare o in un bel posto all’aperto a giocare? Tu stesso ci hai dato la risposta, dicendo che è «a causa dei conflitti in corso nel Paese». È proprio a motivo delle devastazioni prodotte dalla violenza umana, oltre che per quelle causate dalle inondazioni, che milioni di nostri fratelli e sorelle come voi, tra cui tantissime mamme con i bambini, hanno dovuto lasciare le loro terre e abbandonare i loro villaggi, le loro case. Purtroppo in questo martoriato Paese essere sfollato o rifugiato è diventata un’esperienza consueta e collettiva.

Rinnovo perciò con tutte le forze il più accorato appello a far cessare ogni conflitto, a riprendere seriamente il processo di pace perché abbiano fine le violenze e la gente possa tornare a vivere in modo degno. Solo con la pace, la stabilità e la giustizia potranno esserci sviluppo e reintegrazione sociale. Ma non si può più attendere! Un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni.

Il futuro non può essere nei campi per sfollati. C’è bisogno, proprio come chiedevi tu, Johnson, che tutti i ragazzi come te abbiano la possibilità di andare a scuola e pure lo spazio per giocare a calcio! C’è bisogno di crescere come società aperta, mischiandosi, formando un unico popolo attraverso le sfide dell’integrazione, anche imparando le lingue parlate in tutto il Paese e non solo nella propria etnia. C’è bisogno di abbracciare il rischio stupendo di conoscere e accogliere chi è diverso, per ritrovare la bellezza di una fraternità riconciliata e sperimentare l’avventura impagabile di costruire liberamente il proprio avvenire insieme a quello dell’intera comunità. E c’è assoluto bisogno di evitare la marginalizzazione dei gruppi e la ghettizzazione degli esseri umani. Ma per tutti questi bisogni c’è bisogno di pace. E c’è bisogno dell’aiuto di tanti, dell’aiuto di tutti.

Perciò vorrei ringraziare la Vice Rappresentante speciale Sara Beysolow Nyanti per averci detto che oggi è l’occasione per tutti di vedere quello che da anni sta accadendo in questo Paese. Qui infatti perdura la più grande crisi di rifugiati del Continente, con almeno quattro milioni di figli di questa terra sfollati, con l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che colpiscono i due terzi della popolazione e con le previsioni che parlano di una tragedia umanitaria che può peggiorare ulteriormente nel corso dell’anno. Ma vorrei ringraziarla soprattutto perché lei e molti altri non sono rimasti fermi a studiare la situazione, ma si sono dati da fare. Lei, Signora, ha percorso il Paese, ha guardato negli occhi le madri assistendo al dolore che provano per la situazione dei figli; mi ha colpito quando ha affermato che, nonostante tutto quello che soffrono, non si sono mai spenti sui loro volti il sorriso e la speranza.

E condivido quanto ha detto su di loro: le madri, le donne sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso! Ma, vi prego, prego tutti gli abitanti di queste terre: la donna sia protetta, rispettata, valorizzata e onorata. Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro.

E ora, fratelli e sorelle, guardo ancora a voi, ai vostri occhi stanchi ma luminosi che non hanno smarrito la speranza, alle vostre labbra che non hanno perso la forza di pregare e di cantare; guardo a voi che avete le mani vuote ma il cuore pieno di fede, a voi che portate dentro un passato segnato dal dolore ma non smettete di sognare un avvenire migliore. Noi oggi, incontrandovi, vorremmo dare ali alla vostra speranza. Ci crediamo, crediamo che ora, anche nei campi per sfollati, dove la situazione del Paese vi costringe purtroppo a stare, può nascere, come dalla terra spoglia, un seme nuovo che porterà frutto.

Vorrei dirvi: siete voi il seme di un nuovo Sud Sudan, il seme per una crescita fertile e rigogliosa del Paese. Siete voi, di tutte le diverse etnie, voi che avete patito e state soffrendo, ma che non volete rispondere al male con altro male. Voi, che fin d’ora scegliete la fraternità e il perdono, state coltivando un domani migliore. Un domani che nasce oggi, lì dove siete, dalla capacità di collaborare, di tessere trame di comunione e percorsi di riconciliazione con chi, diverso da voi per etnia e provenienza, vi vive accanto. Fratelli e sorelle, siate semi di speranza, nei quali già s’intravede l’albero che un giorno, speriamo vicino, porterà frutto. Sì, sarete voi gli alberi che assorbiranno l’inquinamento di anni di violenze e restituiranno l’ossigeno della fraternità. È vero, ora siete “piantati” dove non volete, ma proprio in questa situazione di disagio e precarietà potete tendere la mano a chi vi è accanto e sperimentare che siete radicati nella stessa umanità: da qui bisogna ripartire per riscoprirsi fratelli e sorelle, figli in terra del Dio del cielo, Padre di tutti.

Carissimi, a ricordarci che una pianta nasce da un seme sono le radici. È bello che qui la gente tenga molto alle radici. Ho letto che in queste terre «le radici non vanno mai dimenticate», perché «gli antenati ci ricordano chi siamo e quale dev’essere la nostra strada... Senza di loro siamo perduti, impauriti e senza bussola. Non c’è futuro, senza passato» (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). In Sud Sudan i giovani crescono facendo tesoro dei racconti degli anziani e, se la narrativa di questi anni è stata caratterizzata dalla violenza, è possibile, anzi, è necessario inaugurarne, a partire da voi, una nuova: una nuova narrativa dell’incontro, dove quanto si è patito non sia dimenticato, ma venga abitato dalla luce della fraternità; una narrativa che metta al centro non solo la tragicità della cronaca, ma il desiderio ardente della pace. Siate voi, giovani di etnie diverse, le prime pagine di questa narrativa! Se i conflitti, le violenze e gli odi hanno strappato via dai buoni ricordi le prime pagine di vita di questa Repubblica, siate voi a riscriverne la storia di pace! Io vi ringrazio per la vostra forza d’animo e per tutti i vostri gesti di bene, che sono tanto graditi a Dio e rendono prezioso ogni giorno che vivete.

Vorrei rivolgere una parola grata anche a quanti vi aiutano, spesso in condizioni non solo difficili, ma emergenziali. Grazie alle comunità ecclesiali per le loro opere, che meritano di essere sostenute; grazie ai missionari, alle organizzazioni umanitarie e internazionali, in particolare alle Nazioni Unite per il grande lavoro che svolgono. Certo, un Paese non può sopravvivere di sostegni esterni, per lo più avendo un territorio tanto ricco di risorse! Ma ora sono estremamente necessari. Vorrei anche onorare i tanti operatori umanitari che hanno perso la vita, ed esortare al rispetto per chi aiuta e per le strutture di sostegno alla popolazione, che non possono diventare obiettivi di assalti e vandalismi. Accanto ai soccorsi urgenti, credo sia molto importante, in prospettiva futura, accompagnare la popolazione sulla via dello sviluppo, ad esempio aiutandola ad apprendere tecniche aggiornate per l’agricoltura e l’allevamento, così da facilitare una crescita più autonoma. A tutti chiedo con il cuore in mano: soccorriamo il Sud Sudan, non lasciamo sola la sua popolazione, che tanto ha sofferto e soffre!

In conclusione, desidero rivolgere un pensiero ai tanti rifugiati sud sudanesi che stanno fuori dal Paese e a quanti non possono rientrare perché il loro territorio è stato occupato. Sono loro vicino e auspico che possano tornare a essere protagonisti del futuro della loro terra, contribuendo al suo sviluppo in modo costruttivo e pacifico. Nyakuor Rebecca, mi hai chiesto una benedizione speciale per i bambini del Sud Sudan, proprio perché possiate crescere tutti insieme nella pace. Noi tre come fratelli daremo la benedizione: con mio fratello Justin e mio fratello Iain, insieme vi daremo la benedizione. Con essa, vi raggiunga la benedizione di tanti fratelli e sorelle cristiani nel mondo, che vi abbracciano e vi incoraggiano, sapendo che in voi, nella vostra fede, nella vostra forza interiore, nei vostri sogni di pace risplende tutta la bellezza dell’essere umano.

[00170-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs, bon après-midi!

Je vous remercie pour vos prières, pour vos témoignages et pour votre chant ! J'ai longtemps pensé à vous, portant dans mon cœur le désir de vous rencontrer, de vous regarder dans les yeux, de vous serrer les mains et de vous étreindre. Je suis enfin ici, avec les frères avec lesquels je partage ce pèlerinage de paix, pour vous dire toute ma proximité, toute mon affection. Je suis avec vous, je souffre pour vous et avec vous.

Joseph, tu as posé une question décisive : "Pourquoi sommes-nous là à souffrir dans ce camp de personnes déplacés ?". Pourquoi... Pourquoi tant d'enfants et de jeunes comme toi sont-ils là, au lieu d'aller à l'école pour étudier ou dans un bel endroit extérieur pour jouer ? Tu as toi -même donné la réponse en disant que c'est "à cause des conflits en cours dans le pays". C'est à cause des dévastations produites par la violence humaine, s’ajoutant à celles causées par les inondations, que des millions de nos frères et sœurs comme vous, dont de nombreuses mères avec leurs enfants, ont dû quitter leurs terres et abandonner leurs villages, leurs maisons. Malheureusement, dans ce pays martyrisé, être déplacé ou réfugié est devenu une expérience habituelle et collective.

Je renouvelle donc de toutes mes forces l'appel le plus pressant à mettre fin à tout conflit, à reprendre sérieusement le processus de paix afin que les violences prennent fin et que les gens puissent retrouver une vie digne. Ce n'est qu'avec la paix, la stabilité et la justice que développement et réintégration sociale pourront avoir lieu. Mais on ne peut plus attendre ! Un grand nombre d'enfants nés ces dernières années n'ont connu que la réalité des camps de personnes déplacées, oubliant l'air du pays, perdant le lien avec leur terre d’origine, leurs racines, leurs traditions.

L'avenir ne peut être dans les camps de personnes déplacées. Il est nécessaire, comme tu l'as demandé, Johnson, que tous les enfants comme toi aient la possibilité d'aller à l'école et aussi de l'espace pour jouer au football ! Il est nécessaire d'évoluer en tant que société ouverte, de se mélanger, de former un seul peuple à travers les défis de l'intégration, y compris en apprenant les langues parlées dans tout le pays, et pas seulement dans sa propre ethnie. Il est nécessaire de prendre le risque formidable de connaître et d'accueillir ceux qui sont différents, pour retrouver la beauté d'une fraternité réconciliée et pour faire l’expérience de l’aventure inestimable qui consiste à construire librement son avenir avec celui de toute la communauté. Et il est absolument nécessaire d'éviter la marginalisation des groupes et la ghettoïsation des êtres humains. Mais pour répondre à toutes ces attentes, il faut la paix. Et il faut l'aide de beaucoup, l’aide de tout le monde.

C'est pourquoi je voudrais remercier la Vice-Représentante spéciale, Sara Beysolow Nyanti, de nous avoir dit que c’est aujourd'hui une occasion pour chacun de voir ce qui se passe depuis des années dans ce pays. Ici, en effet, la plus grande crise de réfugiés du continent perdure, avec au moins quatre millions de fils de cette terre déplacés, avec l'insécurité alimentaire et la malnutrition qui touchent les deux tiers de la population, et des prévisions parlant d'une tragédie humanitaire qui pourrait encore s'aggraver en cours d’année. Mais je tiens surtout à vous remercier parce que vous, et beaucoup d'autres personnes, n’êtes pas restés sans rien faire à étudier la situation, mais vous avez agi. Vous, Madame, vous avez parcouru le pays, regardé dans les yeux les mères assistant à la douleur qu'elles ressentent devant la situation de leurs enfants. Vos paroles m’ont touché lorsque vous avez dit que, malgré tout ce dont elles souffrent, le sourire et l’espérance ne se sont jamais éteints de leurs visages.

Et je suis d'accord avec ce que vous avez dit à leur sujet : les mères, les femmes sont la clé pour transformer le pays : si on leur donne de bonnes opportunités, par leur assiduité et leur attitude d’aimer la vie, elles auront la capacité de changer le visage du Soudan du Sud, de lui donner un développement serein et cohérent ! Mais, s'il vous plaît, je supplie tous les habitants de ces terres : que la femme soit protégée, respectée, valorisée et honorée. S'il vous plaît : protéger, respecter, valoriser et honorer toute femme, enfant, fille, jeune personne, adulte, mère, grand-mère. Autrement, il n'y aura pas d'avenir.

Et maintenant, frères et sœurs, je vous regarde à nouveau ; vos yeux fatigués mais lumineux qui n'ont pas perdu l’espérance, vos lèvres qui n'ont pas perdu la force de prier et de chanter. Je vous vois, vous qui avez les mains vides mais le cœur plein de foi, vous qui portez intérieurement un passé marqué par la souffrance mais qui ne cessez pas de rêver d'un avenir meilleur. Nous voudrions, nous qui vous rencontrons aujourd'hui, donner des ailes à votre espérance. Nous y croyons, nous croyons que maintenant, même dans les camps de personnes déplacées - où la situation du pays vous oblige malheureusement à rester - peut germer, comme d’une terre dépouillée, la semence nouvelle qui portera du fruit.

Je voudrais vous dire : la graine d'un nouveau Soudan du Sud c’est vous ; la graine pour une croissance fertile et luxuriante du pays ; c'est vous, provenant de toute les ethnies différentes, vous qui avez souffert et qui souffrez encore, mais qui ne voulez pas répondre au mal par un autre mal ; vous qui, à partir de maintenant, faites le choix de la fraternité et du pardon, cultivez un avenir meilleur. Un demain qui naît aujourd'hui, là où vous êtes, de la capacité à collaborer, à tisser des réseaux de communion et des parcours de réconciliation avec ceux qui, différents de vous par leur ethnie et leur origine, vivent à côté de vous. Frères et sœurs, soyez des semences d’espérance, dans lesquelles on peut déjà entrevoir l'arbre qui, un jour - que nous espérons proche - portera des fruits. Oui, vous serez les arbres qui absorberont la pollution d'années de violences et qui restitueront l'oxygène de la fraternité. Certes, vous êtes maintenant "plantés" là où vous ne voudriez pas, mais c'est précisément dans cette situation d'épreuve et de précarité que vous pouvez tendre la main à ceux qui vous entourent et faire l'expérience que vous êtes enracinés dans la même humanité : c'est de là qu’il faut repartir pour vous redécouvrir frères et sœurs, enfants sur terre du Dieu du ciel, Père de tous.

Chers amis, ce sont les racines qui nous rappellent qu'une plante naît d'une semence. Il est beau que les gens, ici, tiennent beaucoup à leurs racines. J'ai lu que sur ces terres, "les racines ne doivent jamais être oubliées", car "les ancêtres nous rappellent qui nous sommes et quel doit être notre chemin... Sans eux, nous sommes perdus, effrayés et sans boussole. Il n'y a pas d’avenir sans passé" (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). Au Soudan du Sud, les jeunes grandissent en s’inspirant des histoires des anciens, et si le récit de ces années a été caractérisé par la violence, il est possible, voire nécessaire, d'en commencer un nouveau, en partant de vous : un nouveau récit de la rencontre, où ce qui a été enduré n'est pas oublié, mais habité par la lumière de la fraternité ; un récit qui se concentre non seulement sur le caractère tragique de l’actualité, mais aussi sur le désir ardent de paix. Vous, les jeunes d’ethnies différentes, soyez les premières pages de ce récit ! Si les conflits, les violences et les haines ont arraché les premières pages des bons souvenirs de la vie de cette République, c’est à vous d’en écrire l’histoire de paix ! Je vous remercie pour votre force d'âme et pour tout le bien que vous faites qui plait tant à Dieu et rend précieuse chaque journée que vous vivez.

Je voudrais également adresser un mot de gratitude à tous ceux qui vous aident, souvent dans des conditions non seulement difficiles, mais d'urgence. Merci aux communautés ecclésiales pour leurs œuvres qui méritent d'être soutenues ; merci aux missionnaires, aux organisations humanitaires et internationales, notamment les Nations unies, pour le grand travail qu'ils accomplissent. Bien sûr, un pays ne doit pas vivre que d’aides extérieures, surtout lorsque son territoire est si riche en ressources! Mais actuellement elles sont extrêmement nécessaires. Je voudrais également rendre hommage aux nombreux travailleurs humanitaires qui ont perdu la vie, et appeler au respect de ceux qui aident et des structures de soutien à la population, qui ne peuvent devenir des cibles d'agression et de vandalisme. Parallèlement aux aides d'urgence, je crois qu'il est très important, dans une perspective d'avenir, d'accompagner la population sur la voie du développement, par exemple en l'aidant à apprendre les techniques modernes d'agriculture et d'élevage, afin de favoriser une croissance plus autonome. Je demande à tous, du fond du cœur : aidons le Soudan du Sud, ne laissons pas seule sa population qui a souffert et qui souffre tant !

En conclusion, je voudrais adresser une pensée aux nombreux réfugiés sud-soudanais qui se trouvent hors du pays et à ceux qui ne peuvent pas rentrer parce que leur territoire a été occupé. Je suis proche d'eux et j'espère qu'ils pourront redevenir les protagonistes de l'avenir de leur terre, en contribuant à son développement de manière constructive et pacifique. Nyakuor Rebecca, tu m'as demandé une bénédiction spéciale pour les enfants du Soudan du Sud afin que vous puissiez tous grandir ensemble dans la paix. Nous allons donner la bénédiction à trois comme des frères : avec mon frère Justin et mon frère Iain, ensemble nous allons vous donner la bénédiction. Que par elle, la bénédiction de beaucoup de frères et sœurs chrétiens dans le monde entier vous parvienne, eux qui vous embrassent et vous encouragent, sachant qu'en vous, dans votre foi, dans votre force intérieure, dans vos rêves de paix, brille toute la beauté de l'être humain.

[00170-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters, good afternoon!

Thank you for your prayers, your testimonies and your singing! I have been thinking of you for a long time, with a growing desire to have this meeting, to see you face to face, to shake your hands and to embrace you. Now at last I am here, together with my brothers on this pilgrimage of peace, to express to you all my closeness, all my affection. I am with here you, and I suffer for you and with you.

Joseph, you asked a crucial question: “Why do we have to suffer in a camp for displaced persons?” Why…? Why do so many children and young people like you end up here, rather than studying in school or playing in a nice open place? You answered your own question, when you said that it is “because of the ongoing conflicts in the country”. Due to the devastation caused by human violence, as well as that caused by the floods, millions of our brothers and sisters like you, including many mothers with children, have had to leave their lands and abandon their villages and their homes. Sadly, in this war-torn country, being a displaced person or a refugee has become a common and collective experience.

That is why I want to renew my forceful and heartfelt appeal to end all conflict and to resume the peace process in a serious way, so that violence can end and people can return to living in dignity. Only with peace, stability and justice can there be development and social reintegration. There is no room for further delay: great numbers of children born in recent years have known only the reality of camps for displaced persons. They have no memory of what it means to have a home; they are losing their connection with their native land, their roots and their traditions.

The future cannot lie in refugee camps. As you said, Johnson, there is a need for all children like yourself to have the opportunity to go to school – and to have a field to play football! There is a need for you to grow as an open society, for different groups to mingle and to form a single people by embracing the challenges of integration, even learning the languages spoken throughout the country and not just those in your particular ethnic group. This means embracing the marvellous risk of knowing and accepting those who are different, discovering the beauty of a reconciled fraternity and experiencing the thrilling challenge of freely shaping your own future along with that of the entire community. It is absolutely essential to avoid ostracizing groups and ghettoizing human beings. To meet all these challenges, however, there is a need for peace. And for the help of many, indeed of everyone.

I would like to thank Deputy Special Representative Sara Beysolow Nyanti for telling us that today represents an opportunity for people to realize what has been going on for years in this country. A country with the greatest enduring refugee crisis on the continent: at least four million children of this land are displaced; food insecurity and malnutrition affect two-thirds of the population, and forecasts predict a humanitarian tragedy that could further worsen in the course of this year. So I would like to thank you, above all because you and many others did not sit around analysing the situation, but went straight to work. You, Madam, have travelled throughout the country; you have looked into the eyes of mothers and witnessed the pain they feel for the situation of their children. I was moved when you said that, despite all that they are suffering, smiles and hope have never faded from their faces.

I also agree with what you said about them: mothers, women are the key to transforming the country. If they receive the proper opportunities, through their industriousness and their natural gift of protecting life, they will have the ability to change the face of South Sudan, to give it a peaceful and cohesive development! I ask you, I ask all the people of these lands, to ensure that women are protected, respected, valued and honoured. Please, protect, respect, appreciate and honour every woman, every girl, young woman, mother and grandmother. Otherwise, there will be no future.

Brothers and sisters, once more I look out at you. I see your eyes, weary but bright, eyes that have not lost hope. I see your mouths, which have not lost the strength to pray and to sing. I see you with empty hands but hearts full of faith. You bear the burden of a painful past, yet you never stop dreaming of a better future. In our meeting today, we would like to give wings to your hope. We hope and believe that now, even in the camps for displaced persons, where sadly you are forced to live due to the situation in your country, a new seed can sprout, as from the dry and barren soil: a new seed that will bear rich fruit.

That is what I want to tell you: that you are the seed of a new South Sudan, a seed for the fertile and lush growth of this country. You, from all your different ethnic groups, you who have suffered and are still suffering, you who do not want to respond to evil with more evil. You, who choose fraternity and forgiveness, are even now cultivating a better tomorrow. A tomorrow that is being born today, wherever you find yourselves, from your ability to cooperate, to weave webs of communion and paths of reconciliation with those who, while different from you in terms of ethnicity and origin, are your neighbours. Brothers and sisters, be seeds of hope, which make it possible for us already to glimpse the tree that one day, hopefully in the near future, will bear fruit. Yes, you will be the trees that absorb the pollution of years of violence and restore the oxygen of fraternity. True, right now you are “planted” where you don’t want to be, but precisely from this situation of hardship and uncertainty, you can reach out to those around you and experience that you all are rooted in the one human family. From here, you must make a new start, to realize that you are all brothers and sisters, children on earth of God in heaven, the Father of us all.

Dear friends, to speak of roots reminds us that every plant springs up from a seed. It is a beautiful thing that people here care deeply about their roots. I remember reading that in these lands “the roots must never be forgotten”, because “the ancestors remind us who we are and what our path should be... Without them we are lost, frightened and without a compass. There is no future without a past” (C. CARLASSARE, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). In South Sudan, young people grow up benefitting from the stories of the elderly and, although the chapter of recent years has been one of violence, it is possible, and indeed necessary, to launch a new chapter, starting with yourselves. A new chapter of encounter, which does not forget past sufferings, but radiates the joyful light of fraternity; a chapter that does not focus only on reports of tragedy, but on the ardent desire for peace. May you, young people of different ethnicities, write the first pages of this new chapter! Although conflict, violence and hatred have replaced good memories on the first pages of the life of this Republic, you must be the ones to rewrite its history as a history of peace! I thank you for your strength and perseverance, and for all the good you do, which is so pleasing to God and enriches each day of your lives.

In addition, I would like to address a word of gratitude to all those who help you, often in conditions of hardship, but also in emergency situations. I thank the ecclesial communities for their efforts, which deserve to be supported. I thank also the missionaries and the humanitarian and international organizations, in particular the United Nations, for the important work they do. To be sure, a country cannot survive on external means of support, especially if it possesses a territory so rich in resources! At the present time, however, those means of support are badly needed. I would also like to honour the many humanitarian workers who have lost their lives, and to plead for respect for those who offer help and for the structures that assist the population; they should not become targets of assaults and vandalism. Together with urgently needed aid, I believe that it is very important, in the future, to accompany the population on the path of development, for example by helping them to learn up-to-date practices in the areas of agriculture and livestock management, so as to facilitate a more independent growth. I plead with everyone from the heart: let us help South Sudan; let us not abandon its population. They have suffered and they continue to suffer so greatly!

In conclusion, I would like to mention the many South Sudanese refugees living outside the country and those who cannot return because their territories have been occupied. I am close to them and I trust that they can once again take an active role in shaping the future of their land and contribute to its development in a constructive and peaceful manner. Nyakuor Rebecca, you asked me for a special blessing upon the children of South Sudan, precisely so that all of you might grow up together in peace. The three of us, as brothers, will give the blessing: together with my brother Justin and my brother Iain, we will give all of you the blessing. With it comes the blessing of so many of our Christian brothers and sisters in the world, who embrace and encourage you, knowing that you, your faith, your inner strength and your dreams of peace, radiate all the beauty of our shared humanity.

[00170-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern, guten Tag!

Danke für die Gebete, für die Zeugnisse und für euer Singen! Ich habe schon lange an euch gedacht und in meinem Herzen den Wunsch getragen, euch zu treffen, euch in die Augen zu schauen, eure Hände zu drücken und euch zu umarmen: endlich bin ich hier, zusammen mit den Brüdern, mit denen ich diesen Pilgerweg des Friedens gemeinsam gehe, um euch meine ganze Nähe, meine ganze Zuneigung auszudrücken. Ich bin bei euch, ich leide für euch und mit euch.

Joseph, du hast eine entscheidende Frage gestellt: »Warum leiden wir in dem Lager für Vertriebene?« Warum... Warum sind so viele Kinder und Jugendliche wie du dort, statt in der Schule zu lernen oder an einem schönen Ort im Freien zu spielen? Du selbst hast uns die Antwort gegeben, indem du sagtest, es sei »wegen der anhaltenden Konflikte im Land«. Wegen der Verwüstungen, die durch menschliche Gewalt und die Überschwemmungen verursacht wurden, mussten Millionen unserer Brüder und Schwestern wie ihr, darunter viele Mütter mit Kindern, ihr Land verlassen und ihre Dörfer, ihre Häuser aufgeben. Leider ist in diesem leidgeprüften Land die Erfahrung, ein Vertriebener oder ein Flüchtling zu sein, zu einer normalen und kollektiven Erfahrung geworden.

Deshalb erneuere ich mit aller Kraft den eindringlichen Aufruf, alle Konflikte zu beenden und den Friedensprozess ernsthaft wiederaufzunehmen, damit die Gewalt ein Ende hat und die Menschen zu einem menschenwürdigen Leben zurückkehren können. Nur mit Frieden, Stabilität und Gerechtigkeit kann es Entwicklung und soziale Wiedereingliederung geben. Aber wir können nicht länger warten: Eine immense Anzahl von in den letzten Jahren geborenen Kindern haben nur die Wirklichkeit von Vertriebenenlagern kennengelernt und dabei den Geruch der Heimat vergessen, die Verbindung zu ihrem Herkunftsort, ihren Wurzeln und ihren Traditionen verloren.

Die Zukunft kann nicht in Vertriebenenlagern liegen. Alle Jugendlichen wie du, Johnson, müssen die Möglichkeit haben, zur Schule zu gehen und auch die Möglichkeit zum Fußballspielen haben, genau wie du es gefordert hast! Es ist notwendig, als offene Gesellschaft zu wachsen, sich zu vermischen, durch die Herausforderungen der Integration hindurch ein einziges Volk zu bilden und auch die Sprachen zu lernen, die im ganzen Land und nicht nur in der eigenen Ethnie gesprochen werden. Man muss das wunderbare Risiko eingehen, Personen kennenzulernen und anzunehmen, die anders sind, um die Schönheit einer versöhnten Geschwisterlichkeit wiederzufinden und das unbezahlbare Abenteuer zu erleben, in Freiheit die eigene Zukunft zusammen mit der der gesamten Gemeinschaft zu gestalten. Und es ist absolut notwendig, die Ausgrenzung von Gruppen und die Ghettoisierung von Menschen zu vermeiden. Aber für all diese Bedürfnisse braucht es Frieden. Und die Hilfe von vielen, die Hilfe von allen.

Deshalb möchte ich der stellvertretenden Sonderbeauftragten Sara Beysolow Nyanti dafür danken, dass sie uns gesagt hat, dass der heutige Tag allen die Gelegenheit gibt, sich ein Bild davon zu machen, was seit Jahren in diesem Land geschieht. Hier besteht weiterhin die größte Flüchtlingskrise des Kontinents, mit mindestens vier Millionen vertriebenen Söhnen und Töchtern dieses Landes, wo zwei Drittel der Bevölkerung von Nahrungsmittelunsicherheit und Unterernährung betroffen sind und wo Prognosen von einer humanitären Tragödie sprechen, die sich im Laufe des Jahres noch verschlimmern könnte. Aber ich möchte ihr vor allem dafür danken, dass sie und viele andere nicht dabei stehen geblieben sind, die Situation zu analysieren, sondern dass sie gehandelt haben. Sie, Frau Beysolow Nyanti, sind durch das Land gereist, haben den Müttern in die Augen geschaut und den Schmerz gesehen, den diese angesichts der Situation ihrer Kinder empfinden; es hat mich beeindruckt, als Sie sagten, dass trotz allem, was diese Frauen erleiden, das Lächeln und die Hoffnung nie aus ihren Gesichtern verschwunden sind.

Und ich stimme mit dem überein, was Sie über diese Frauen sagten: Die Mütter, die Frauen, sind der Schlüssel zur Umgestaltung des Landes: Wenn sie die richtigen Chancen erhalten, werden sie mit ihrem Fleiß und ihrer das Leben schützenden Haltung fähig sein, das Gesicht des Südsudan zu verändern, ihm eine unbeschwerte und beständige Entwicklung zu ermöglichen! Aber ich bitte euch, ich bitte alle Einwohner in diesen Gebieten: die Frau muss beschützt, geachtet, geschätzt und geehrt werden. Bitte: Schützt, achtet, schätzt und ehrt jede Frau, jedes Mädchen, jede Jugendliche, jede Erwachsene, jede Mutter, jede Großmutter. Ohne dies wird es keine Zukunft geben.

Und nun, Brüder und Schwestern, schaue ich wieder auf euch, auf eure müden, aber strahlenden Augen, die die Hoffnung nicht verloren haben, auf eure Lippen, die die Kraft zum Beten und Singen nicht verloren haben; ich schaue auf euch, die ihr leere Hände habt, aber ein Herz voller Glauben, auf euch, die ihr eine schmerzhafte Vergangenheit in euch tragt, aber nicht aufhört, von einer besseren Zukunft zu träumen. Wir möchten in dieser Begegnung heute eurer Hoffnung Flügel verleihen. Wir glauben daran, wir glauben, dass jetzt, auch in den Vertriebenenlagern, wo zu bleiben ihr aufgrund der Situation im Land weiter gezwungen seid, wie aus der nackten Erde ein neuer Same sprießen kann, der Früchte tragen wird.

Ich möchte euch sagen: Ihr seid der Same für einen neuen Südsudan, die Saat für ein fruchtbares und blühendes Wachstum des Landes. Ihr seid es, aus all den verschiedenen ethnischen Gruppen, die ihr gelitten habt und leidet, die ihr aber auf das Böse nicht mit anderem Bösem antworten wollt. Ihr, die ihr euch schon heute für Geschwisterlichkeit und Vergebung entscheidet, seid dabei, eine bessere Zukunft aufzubauen. Ein Morgen, das heute eben dort entsteht, wo ihr seid, aus der Fähigkeit zur Zusammenarbeit, zum Knüpfen von Banden der Gemeinschaft und zum Begehen von Wegen der Versöhnung mit den Menschen, die an eurer Seite leben und eine andere ethnische Zugehörigkeit bzw. Herkunft haben als ihr. Brüder und Schwestern, seid Samen der Hoffnung, in denen man bereits den Baum erahnen kann, der eines Tages, hoffentlich bald, Früchte tragen wird. Ja, ihr werdet die Bäume sein, die die Verschmutzung der jahrelangen Gewalt aufnehmen und den Sauerstoff der Geschwisterlichkeit wieder abgeben werden. Es stimmt, dass ihr jetzt dort „eingepflanzt“ seid, wo ihr nicht sein wollt, aber gerade in dieser Situation der Mühseligkeit und der Unsicherheit könnt ihr den Menschen um euch herum die Hand reichen und erfahren, dass ihr in demselben Menschsein wurzelt: Von hier aus müssen wir wieder anfangen, uns als Brüder und Schwestern neu zu entdecken, als Erdenkinder des Gottes im Himmel, der der Vater aller ist.

Liebe Freunde, die Wurzeln sind es, die uns daran erinnern, dass eine Pflanze aus einem Samen heranwächst. Es ist schön, dass die Menschen hier viel auf ihre Wurzeln geben. Ich habe gelesen, dass in diesen Ländern »die Wurzeln nie vergessen werden«, denn »die Vorfahren erinnern uns daran, wer wir sind und welches unser Weg sein soll.... Ohne sie sind wir verloren, verängstigt und ohne Kompass. Es gibt keine Zukunft ohne Vergangenheit« (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). Im Südsudan wachsen junge Menschen mit den Erzählungen der Älteren auf und beherzigen sie; und wenn das Narrativ dieser Jahre von Gewalt geprägt war, ist es möglich, ja sogar notwendig, dass mit euch eine neue Geschichte beginnt: eine neues Narrativ der Begegnung, in der das Erlittene nicht vergessen wird, sondern vom Licht der Geschwisterlichkeit erfüllt wird; ein Narrativ, das nicht nur den tragischen Charakter des Geschehens in den Mittelpunkt stellt, sondern den brennenden Wunsch nach Frieden. Mögt ihr junge Menschen unterschiedlicher Ethnien die ersten Seiten dieser Erzählung bilden! Wenn Konflikt, Gewalt und Hass die ersten Seiten des Lebens dieser Republik aus den schönen Erinnerungen herausgerissen haben, dann mögt ihr die Geschichte des Friedens neu schreiben! Ich danke euch für eure Seelenstärke und für all eure guten Taten, die Gott sehr wohlgefällig sind und jeden Tag eures Lebens wertvoll machen.

Ich möchte auch ein Wort des Dankes an diejenigen richten, die euch helfen, unter Bedingungen, die oft nicht nur schwierig sind, sondern eine echte Notlage darstellen. Danke den kirchlichen Gemeinschaften für ihre Arbeit, die Unterstützung verdient; danke den Missionaren, den humanitären und internationalen Organisationen, insbesondere den Vereinten Nationen, für die großartige Arbeit, die sie leisten. Natürlich kann ein Land nicht durch Unterstützungsleistungen von außen überleben, noch dazu, wenn es über ein an Ressourcen so reiches Gebiet verfügt! Aber momentan werden sie sehr dringend gebraucht. Ich möchte auch die vielen humanitären Helfer ehren, die ihr Leben verloren haben, und zum Respekt aufrufen sowohl für diejenigen, die helfen, als auch für die Strukturen, die der Bevölkerung nützen und die nicht zur Zielscheibe von Angriffen und Vandalismus werden dürfen. Neben der Nothilfe halte ich es mit Blick auf die Zukunft für sehr wichtig, die Bevölkerung auf dem Weg der Entwicklung zu begleiten, zum Beispiel durch das Erlernen moderner Techniken in Landwirtschaft und Viehzucht, um ein eigenständigeres Wachstum zu ermöglichen. Ich bitte alle von ganzem Herzen: Helfen wir dem Südsudan, lassen wir seine Bevölkerung nicht allein, die so sehr gelitten hat und leidet!

Abschließend möchte ich mich an die vielen südsudanesischen Flüchtlinge richten, die sich außerhalb des Landes befinden, und an diejenigen, die nicht zurückkehren können, weil ihr Gebiet besetzt wurde. Ich bin ihnen nahe und hoffe, dass sie wieder zu Protagonisten der Zukunft ihres Landes werden und auf konstruktive und friedliche Weise zu dessen Entwicklung beitragen können. Nyakuor Rebecca, du hast mich um einen besonderen Segen für die Kinder im Südsudan gebeten, damit ihr alle gemeinsam in Frieden aufwachsen könnt. Wir drei werden als Brüder den Segen geben: mit meinem Brüder Justin und meinem Bruder Iain werden wir euch gemeinsam den Segen geben. Möge euch damit der Segen vieler christlicher Brüder und Schwestern auf der ganzen Welt erreichen, die euch umarmen und ermutigen, in dem Wissen, dass in euch, in eurem Glauben, in eurer inneren Stärke, in euren Träumen vom Frieden, die ganze Schönheit des Menschseins aufleuchtet.

[00170-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas: ¡buenas tardes!

Les agradezco sus oraciones, sus testimonios y sus cantos. He pensado mucho en ustedes, llevando en el corazón el deseo de encontrarlos, de mirarlos a los ojos, de darles la mano y abrazarlos. Finalmente estoy aquí, junto a los hermanos con los que comparto esta peregrinación de paz, para expresarles toda mi cercanía, todo mi afecto. Estoy con ustedes, sufro por ustedes y con ustedes.

Joseph, has hecho una pregunta decisiva: «¿Por qué estamos sufriendo en un campo para desplazados?». ¿Por qué? ¿Por qué tantos niños y jóvenes como tú están allí, en vez de ir a la escuela a estudiar o a un hermoso lugar al aire libre a jugar? Tú mismo nos has dado la respuesta, diciendo que es «por los conflictos que atraviesa actualmente el país». Es precisamente a causa de las devastaciones que produce la violencia humana, además de las que producen las inundaciones, que millones de hermanas y hermanos nuestros, como ustedes, entre los cuales muchísimas madres con sus hijos, tuvieron que dejar sus tierras y abandonar sus aldeas, sus casas. Lamentablemente en este país martirizado ser desplazado o refugiado se ha convertido en una experiencia normal y colectiva.

Renuevo, por tanto, con todas las fuerzas, el más apremiante llamamiento a que cese todo conflicto, a retomar seriamente el proceso de paz para que finalicen las agresiones y la gente pueda volver a vivir de manera digna. Sólo con la paz, la estabilidad y la justicia podrá haber desarrollo y reintegración social. Pero no podemos esperar más. Un gran número de niños nacidos en estos años sólo ha conocido la realidad de los campos para desplazados, olvidando el ambiente del hogar, perdiendo el vínculo con la propia tierra de origen, con las raíces, con las tradiciones.

No puede haber futuro en los campos para desplazados. Se necesita, precisamente como pedías tú, Johnson, que todos los jóvenes como tú tengan la posibilidad de ir a la escuela y también el espacio para jugar al fútbol. Es necesario crecer como sociedad abierta, mezclándose, formando un único pueblo atravesando los desafíos de la integración, también aprendiendo las lenguas habladas en todo el país y no sólo en la propia etnia. Es necesario abrazar el maravilloso riesgo de conocer y acoger a quienes son diferentes, para volver a encontrar la belleza de una fraternidad reconciliada y experimentar la aventura impagable de construir libremente el propio futuro junto al de toda la comunidad. Es absolutamente necesario evitar la marginalización de grupos y la segregación de seres humanos. Pero para satisfacer todas estas necesidades se necesita paz. Y se necesita la ayuda de muchos, la ayuda de todos.

Por eso quisiera agradecer a la vicerrepresentante especial Sara Beysolow Nyanti el habernos dicho que hoy es la ocasión para que todos vean lo que está sucediendo en este país desde hace años. Aquí, en efecto, perdura la mayor crisis de refugiados del continente, con al menos cuatro millones de hijos de esta tierra que han sido desplazados; con inseguridad alimentaria y malnutrición que afectan a dos tercios de la población; y con las previsiones que hablan de una tragedia humanitaria que puede empeorar aún más en el transcurso del año. Pero, sobre todo, quisiera agradecerle porque, tanto usted como muchas otras personas, no se detuvieron a estudiar la situación, sino que se pusieron manos a la obra. Usted, señora, recorrió el país, miró a los ojos a las madres siendo testigo del dolor que experimentan por la situación de sus hijos. Me impresionó cuando afirmó que, a pesar de todo lo que sufren, la sonrisa y la esperanza nunca se apagaron en sus rostros.

Y comparto cuanto ha dicho sobre ellas: las madres, las mujeres son la clave para transformar el país. Si reciben las oportunidades adecuadas, por medio de su laboriosidad y su actitud de proteger la vida, tendrán la capacidad de cambiar el rostro de Sudán del Sur y de proporcionarle un desarrollo sereno y cohesionado. Pero, les ruego, ruego a todos los habitantes de estas tierras: que la mujer sea protegida, respetada, valorada y honrada. Por favor, protejan, respeten, valoren y honren a cada mujer, niña, adolescente, joven, adulta, madre, abuela. Si no, no habrá futuro.

Y ahora, hermanos y hermanas, los sigo mirando, veo sus ojos cansados pero luminosos, que no han perdido la esperanza; sus labios que no han perdido la fuerza de rezar y de cantar; los veo a ustedes que tienen las manos vacías pero el corazón lleno de fe; a ustedes que llevan dentro un pasado marcado por el dolor, pero no dejan de soñar con un futuro mejor. Nosotros hoy, encontrándonos con ustedes, quisiéramos dar alas a vuestra esperanza. Lo creemos, creemos que ahora, también en los campos para desplazados, donde, lamentablemente, la situación del país los obliga a estar, puede nacer, como de la tierra desnuda, una semilla nueva que dará fruto.

Quisiera decirles que ustedes son la semilla de un nuevo Sudán del Sur, la semilla para un crecimiento fértil y lozano del país; ustedes, de las distintas etnias, ustedes que han sufrido y están sufriendo, pero que no quieren responder al mal con otro mal. Ustedes, que eligen desde ahora la fraternidad y el perdón, están cultivando un mañana mejor. Un mañana que nace hoy, allí donde están, de la capacidad de colaborar, de tejer tramas de comunión e itinerarios de reconciliación con quienes, aun siendo de diferentes etnias y procedencias, viven junto a ustedes. Hermanos y hermanas, sean ustedes semillas de esperanza, en las que ya se percibe el árbol que un día, esperemos cercano, dará fruto. Sí, ustedes serán los árboles que absorberán la contaminación de años de violencia y restituirán el oxígeno de la fraternidad. Es verdad, ahora están “plantados” donde no quieren, pero precisamente en esta situación de sufrimiento y precariedad pueden tender la mano al que está a su lado y experimentar que están enraizados en la misma humanidad; de ahí es necesario recomenzar para redescubrirse hermanos y hermanas, hijos en la tierra del Dios del cielo, Padre de todos.

Queridos hermanos y hermanas, lo que nos recuerda que una planta nace de una semilla son las raíces. Es hermoso que aquí la gente les dé tanta importancia a sus raíces. He leído que en estas tierras “las raíces nunca se olvidan”, porque “los antepasados nos recuerdan quiénes somos y cuál debe ser nuestro camino. Sin ellos estamos perdidos, temerosos y sin brújula. Sin pasado no hay futuro” (cf. C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). En Sudán del Sur los jóvenes crecen atesorando los relatos de los ancianos y, si bien la narrativa de estos años estuvo caracterizada por la violencia, es posible, más aún, es necesario inaugurar una nueva a partir de ustedes: una nueva narrativa del encuentro, donde lo que se ha sufrido no se olvide, sino que esté habitado por la luz de la fraternidad; una narrativa que ponga en el centro no sólo el dramatismo de la crónica, sino el deseo ardiente de la paz. Sean ustedes, jóvenes de etnias diferentes, las primeras páginas de esta narrativa. Aunque los conflictos, la violencia y los odios hayan arrancado los buenos recuerdos de las primeras páginas de la vida de esta República, sean ustedes los que vuelvan a escribir la historia de paz. Yo les agradezco su fortaleza de ánimo y todos sus gestos de bien, que son tan agradables a Dios y hacen valioso cada día que viven.

También quisiera dirigir una palabra agradecida a quienes los ayudan, a menudo en condiciones no sólo difíciles, sino de emergencia. Gracias a las comunidades eclesiales por sus obras, las cuales merecen ser sostenidas; gracias a los misioneros, a las organizaciones humanitarias e internacionales, en particular a las Naciones Unidas por el gran trabajo que realizan. Ciertamente, un país no puede sobrevivir con ayudas externas, sobre todo teniendo un territorio tan rico de recursos; pero ahora dichas ayudas son extremadamente necesarias. Quisiera también honrar a los numerosos trabajadores humanitarios que han perdido la vida, así como exhortar a que se respeten las personas que ayudan y las estructuras de apoyo a la población, que no pueden ser objeto de asaltos y vandalismo. Junto a las ayudas urgentes, creo que es muy importante, en perspectiva de futuro, acompañar a la población en la vía del desarrollo, por ejemplo, ayudándola a adquirir técnicas actualizadas para la agricultura y la ganadería, de manera que se facilite un crecimiento más autónomo. Les pido a todos, con el corazón en la mano: ayudemos a Sudán del Sur, no dejemos sola su población, que tanto ha sufrido y sigue sufriendo.

Por último, deseo dirigir un recuerdo a los numerosos refugiados sursudaneses que están fuera del país y a cuantos no pueden regresar porque su territorio está ocupado. Estoy cerca de ellos y espero que puedan volver a ser protagonistas del futuro de su tierra, contribuyendo a su desarrollo de manera constructiva y pacífica. Nyakuor Rebecca, me has pedido una bendición especial para los niños de Sudán del Sur precisamente para que puedan crecer todos juntos en la paz. Nosotros tres como hermanos daremos la bendición: con mi hermano Justin y mi hermano Iain, juntos les daremos la bendición. Que, con ella, les llegue la bendición de tantos hermanos y hermanas cristianos en el mundo, que los abrazan y alientan sabiendo que en ustedes, en su fe, en su fuerza interior, en sus sueños de paz resplandece toda la belleza del ser humano.

[00170-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs, boa tarde!

Agradeço-vos pelas orações, os testemunhos e o vosso cântico! Há muito tempo que penso em vós, alimentando no coração o desejo de vos encontrar, fixar-vos nos olhos, cumprimentar-vos e abraçar-vos. Eis-me aqui finalmente, na companhia dos irmãos com quem partilho esta peregrinação de paz, para vos testemunhar a minha proximidade, o meu amor. Estou convosco, sofro por vós e convosco.

Joseph, fizeste uma pergunta decisiva: «Porque é que estamos a sofrer no campo de desalojados?» Porquê? Porquê tantas crianças e jovens como tu se encontram nele, em vez de estar na escola a estudar ou num lugar agradável ao ar livre a brincar? A resposta deste-no-la tu próprio dizendo que é «por causa dos conflitos em curso no país». Na verdade, é devido às devastações provocadas pela violência humana e também pelas inundações que milhões de nossos irmãos e irmãs como vós, incluindo tantas mães com os filhos, tiveram que deixar as suas terras e abandonar as suas aldeias, as suas casas. Infelizmente, neste martirizado país, ser desalojado ou refugiado tornou-se uma experiência habitual e coletiva.

Por isso, renovo com todas as forças o mais sentido apelo para que se faça cessar todo o conflito, se retome seriamente o processo de paz, para que acabem as violências e o povo possa voltar a viver dignamente. Só com a paz, a estabilidade e a justiça poderá haver desenvolvimento e reintegração social. Mas não se pode esperar mais! Um número enorme de crianças nascidas nos últimos anos só conheceu a realidade dos campos de desalojados, esquecendo-se do ambiente de casa, perdendo a ligação com a própria terra de origem, com as raízes, com as tradições.

O futuro não pode ser nos campos de desalojados. É preciso – justamente como pedias tu, Johnson – que todos os rapazes como tu tenham a possibilidade de ir à escola e também o espaço para jogar futebol! Há necessidade de crescer como sociedade aberta, misturando-se, formando um único povo através dos desafios da integração, inclusivamente aprendendo as línguas faladas em todo o país e não apenas na própria etnia. É preciso assumir o risco estupendo de conhecer e acolher quem é diferente, para encontrar a beleza duma fraternidade reconciliada e experimentar a aventura inestimável de construir livremente o próprio futuro juntamente com o da comunidade inteira. E é absolutamente necessário evitar a marginalização de grupos e o levantamento de guetos dos seres humanos. Mas, para todas estas carências, há necessidade de paz. E há necessidade da ajuda de muitos, da ajuda de todos.

Por isso, quero agradecer à Representante Especial Adjunta Sara Beysolow Nyanti por nos dizer que hoje é a ocasião para todos verem aquilo que, há anos, está a acontecer neste país. De facto aqui perdura a maior crise de refugiados do continente, pelo menos com quatro milhões de filhos desta terra desalojados, com a insegurança alimentar e desnutrição que afetam dois terços da população e com previsões que falam duma tragédia humanitária que se pode agravar ainda mais no decurso do ano. Mas quero agradecer sobretudo porque a senhora e muitos outros não ficaram parados a estudar a situação, mas desceram em campo. A senhora percorreu o país, fixou nos olhos as mães, presenciando a tristeza que sentem pela situação dos filhos; fiquei impressionado quando afirmou que, apesar de tudo o que sofrem, nos seus rostos nunca se apagaram o sorriso e a esperança.

E subscrevo aquilo que disse sobre as mães: as mulheres são a chave para transformar o país. Se lhes forem concedidas as justas oportunidades, elas, com a sua laboriosidade e destreza para guardar a vida, terão a capacidade de mudar a fisionomia do Sudão do Sul, de lhe dar um desenvolvimento sereno e coeso. Mas peço, por favor, a todos os habitantes destas terras: que a mulher seja protegida, respeitada, valorizada e honrada. Por favor, protegei, respeitai, valorizai e honrai toda a mulher, menina, adolescente, jovem, adulta, mãe, avó. Sem isso, não haverá futuro.

E agora, irmãos e irmãs, volto a olhar para vós, para os vossos olhos cansados mas luminosos que não perderam a esperança, para os vossos lábios que não perderam a força de rezar e cantar; olho para vós que tendes as mãos vazias mas o coração cheio de fé, para vós que dentro carregais um passado doloroso mas não parais de sonhar com um futuro melhor. Encontrando-vos hoje, queremos dar asas à vossa esperança. Temos fé, acreditamos que agora mesmo nos campos de desalojados, onde a situação do país infelizmente vos obriga a permanecer, pode nascer, como da terra nua, uma semente nova que dará fruto.

Quero dizer-vos: sois vós a semente dum novo Sudão do Sul, a semente para o crescimento fértil e exuberante do país. Sois vós, de todas as etnias, vós que sofrestes e continuais a sofrer, mas não quereis responder ao mal com o mal. Vós, que desde agora escolhestes a fraternidade e o perdão, estais a cultivar um amanhã melhor. Um amanhã que nasce hoje, no lugar onde estais, da capacidade de colaborar, de tecer teias de comunhão e percursos de reconciliação com quem, diferente de vós por etnia e proveniência, vive ao vosso lado. Irmãos e irmãs, sede sementes de esperança, nas quais já se vislumbra a árvore que um dia – esperemos próximo – dará frutos. Sim, sereis vós as árvores que absorverão a poluição de anos de violência e restituirão o oxigénio da fraternidade. É verdade que agora estais «plantados» onde não quereis, mas precisamente nesta situação de desconforto e precariedade podeis estender a mão a quem está junto de vós e experimentar que estais radicados na mesma humanidade: daqui é preciso voltar a partir para se descobrir como irmãos e irmãs, filhos na terra do Deus do céu, Pai de todos.

Queridos amigos, quem nos recorda que a planta nasce de uma semente, são as raízes. É estupendo que, aqui, as pessoas tenham muito a peito as raízes. Li que, nestas terras, «as raízes nunca devem ser esquecidas», porque «os antepassados lembram-nos quem somos e qual deve ser a nossa estrada (...). Sem eles, estamos perdidos, temerosos e sem bússola. Não há futuro, sem passado» (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). No Sudão do Sul os jovens crescem aprendendo com as histórias dos idosos e, se a narrativa dos últimos anos aparece caraterizada pela violência, é possível – aliás, é necessário – inaugurar, a partir de vós, uma nova: uma nova narrativa do encontro, onde aquilo que se sofreu não fique esquecido, mas seja habitado pela luz da fraternidade; uma narrativa que, no centro, coloque não só a dimensão trágica que vemos nos noticiários, mas também o desejo ardente da paz. Sede vós, jovens de diferentes etnias, as primeiras páginas desta narrativa! Se os conflitos, as violências e os ódios arrancaram das primeiras páginas de vida desta República as memórias boas, sede vós a escrever de novo a sua história de paz! Agradeço a vossa força de ânimo e todos os vossos gestos de bem, que são tão agradáveis a Deus e tornam precioso cada dia que viveis.

Quero dirigir uma palavra de agradecimento também a quantos vos ajudam, em condições muitas vezes difíceis se não mesmo de emergência. Obrigado às comunidades eclesiais pelas suas obras, que merecem ser apoiadas; obrigado aos missionários, às organizações humanitárias e internacionais, em particular às Nações Unidas pelo grande trabalho que realizam. Claro que um país não pode viver longamente de apoios externos, sobretudo tendo um território tão rico de recursos! Mas agora aqueles são extremamente necessários. Quero também prestar homenagem aos numerosos agentes humanitários que perderam a vida, e exortar ao respeito por quem ajuda e pelas estruturas de apoio à população, que não podem ser alvo de assaltos e vandalismo. A par das ajudas urgentes, considero que seja muito importante, numa perspetiva futura, acompanhar a população na via do desenvolvimento, por exemplo ajudando-a a aprender técnicas atualizadas de agricultura e pecuária, de modo a facilitar um crescimento mais autónomo. A todos peço, com o coração nas mãos: ajudemos o Sudão do Sul, não deixemos sozinha a sua população, que tanto sofreu e continua a sofrer!

Para terminar, desejo dirigir um pensamento a tantos refugiados sul-sudaneses que se encontram fora do país e a quantos não conseguem reentrar porque o seu território foi ocupado. Estou solidário com eles e espero que possam voltar a ser protagonistas do futuro da sua terra, contribuindo para o seu desenvolvimento de modo construtivo e pacífico. Nyakuor Rebecca, pediste-me uma bênção especial para as crianças do Sudão do Sul, precisamente para poderdes crescer todos juntos na paz. Daremos a bênção, nós os três como irmãos: eu com o meu irmão Justin e o meu irmão Iain, juntos, dar-vos-emos a bênção. Com ela, chegue até vós a bênção de tantos irmãos e irmãs cristãos no mundo, que vos abraçam e encorajam, sabendo que em vós, na vossa fé, na vossa força interior, nos vossos sonhos de paz, resplandece toda a beleza do ser humano.

[00170-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry, dzień dobry!

Dziękuję wam za modlitwy, za świadectwa i śpiew! Długo myślałem o was, nosząc w sercu pragnienie spotkania was, spojrzenia wam w oczy, uściśnięcia waszych rąk i wzięcia was w ramiona. Wreszcie tutaj jestem, razem z braćmi, z którymi wspólnie odbywam tę pielgrzymkę pokoju, aby okazać wam całą moją bliskość, całą moją miłość. Jestem z wami, cierpię dla was i z wami.

Josephie, zadałeś zasadnicze pytanie: „Dlaczego cierpimy w obozie dla przesiedleńców?”. Dlaczego... Dlaczego tak wiele dzieci i młodych ludzi, takich jak ty, przebywa w nich, zamiast w szkole, żeby się uczyć lub w ładnym miejscu na świeżym powietrzu, żeby się bawić? Sam udzieliłeś nam odpowiedzi, mówiąc, że to „z powodu trwających w kraju konfliktów”. To właśnie z powodu zniszczeń spowodowanych ludzką przemocą, jak również z powodu powodzi, miliony naszych braci i sióstr, takich jak wy, w tym wiele matek z dziećmi, musiało opuścić swoje ziemie i porzucić swoje wioski, swoje domy. Niestety, w tym udręczonym kraju bycie wysiedlonym lub uchodźcą stało się doświadczeniem powszechnym i zbiorowym.

Dlatego ze wszystkich sił ponawiam najserdeczniejsze wezwanie do zakończenia wszystkich konfliktów, do poważnego wznowienia procesu pokojowego, aby zakończyła się przemoc, a ludzie mogli powrócić do godnego życia. Tylko w warunkach pokoju, stabilności i sprawiedliwości możliwy jest rozwój i reintegracja społeczna. Ale nie można dłużej czekać! Ogromna liczba dzieci urodzonych w ostatnich latach poznała jedynie rzeczywistość obozów dla przesiedleńców, zapominając o atmosferze domowej, tracąc więź z ziemią swego pochodzenia, z korzeniami, z tradycjami.

Przyszłość nie może znajdować się w obozach dla przesiedleńców. Trzeba, tak jak prosiłeś, Johnsonie, aby wszyscy chłopcy tacy jak ty mieli możliwość chodzenia do szkoły, i również przestrzeń do gry w piłkę nożną! Trzeba rozwijać się jako społeczeństwo otwarte, mieszając się między sobą, tworząc jeden naród za sprawą wyzwania, jakim jest integracja, a także ucząc się języków używanych w całym kraju, a nie tylko we własnej grupie etnicznej. Trzeba podjąć ogromne ryzyko poznania i przyjęcia tych, którzy są odmienni, odkryć na nowo piękno pojednanego braterstwa i doświadczyć bezcennej przygody swobodnego budowania własnej przyszłości wraz z przyszłością całej wspólnoty. Niezaprzeczalnie potrzeba też unikać marginalizacji grup i tworzenia ludzkich gett. A dla realizacji wszystkich tych potrzeb konieczny jest pokój. I potrzebna jest pomoc wielu, pomoc wszystkich.

Dlatego chciałabym podziękować zastępcy specjalnego przedstawiciela, pani Sarze Beysolow Nyanti, za to, że powiedziała nam, iż dzisiejszy dzień jest okazją dla wszystkich, aby zobaczyć to, co od lat dzieje się w tym kraju. Tu naprawdę trwa największy kryzys uchodźczy na kontynencie, gdzie co najmniej cztery miliony dzieci tej ziemi zostało wysiedlonych, gdzie brak bezpieczeństwa żywnościowego i niedożywienie dotykają dwie trzecie ludności, a prognozy mówią o tragedii humanitarnej, która może się jeszcze bardziej pogłębić w trakcie bieżącego roku. Ale chciałbym przede wszystkim pani podziękować, bo pani i wiele innych osób nie staliście bezczynnie i nie analizowaliście sytuacji, lecz podjęliście działania. Podróżowała pani po kraju, patrzyła w oczy matek, widząc ból, jaki odczuwają z powodu losu swoich dzieci. Uderzyło mnie to, co pani powiedziała: że pomimo wszystkiego, co znoszą, uśmiech ani nadzieja nigdy nie zniknęły z ich twarzy.

I zgadzam się z tym, co pani o nich powiedziała: matki, kobiety są kluczem do przekształcenia kraju: jeśli otrzymają odpowiednie szanse, to poprzez swoją pracowitość i zdolność chronienia życia, będą mogły zmienić oblicze Sudanu Południowego, aby dać mu pokojowy i spójny rozwój! Ale proszę was, błagam wszystkich mieszkańców tych ziem: niech kobieta będzie chroniona, szanowana, ceniona i otaczana czcią. Proszę was: chrońcie, szanujcie, doceniajcie i oddawajcie cześć każdej kobiecie, dziecku, dziewczynie, młodej, dorosłej, matce, babci. Bez tego nie będzie przyszłości.

A teraz, bracia i siostry, raz jeszcze patrzę na was, na wasze zmęczone, ale jasne oczy, które nie straciły nadziei, na wasze usta, które nie straciły siły, by się modlić i śpiewać; patrzę na was, którzy macie puste ręce, ale serce pełne wiary, na was, którzy nosicie w sobie przeszłość naznaczoną cierpieniem, ale nie przestajecie marzyć o lepszej przyszłości. Spotykając się dziś z wami, chcielibyśmy dodać skrzydeł waszej nadziei. Wierzymy w to, wierzymy, że teraz, nawet w obozach dla przesiedleńców, do pozostania w których zmusza was niestety sytuacja kraju, może, niczym z gołej ziemi, narodzić się nowe ziarno, które przyniesie owoce.

Chciałbym wam powiedzieć: jesteście zalążkiem nowego Sudanu Południowego, ziarnem dla żyznego i bujnego rozwoju tego kraju. Jesteście nim wy, pochodzący z różnych grup etnicznych, wy, którzy cierpieliście i cierpicie, ale nie chcecie odpowiadać na zło większym złem. Wy, którzy wybieracie braterstwo i przebaczenie, którzy pielęgnujecie lepsze jutro. Jutro, które rodzi się dziś, tam gdzie się znajdujecie, które rodzi się ze zdolności do współpracy, do budowania więzów komunii i dróg pojednania z tymi, którzy różniąc się od was, ze względu na pochodzenie etniczne, mieszkają obok was. Bracia i siostry, bądźcie ziarnami nadziei, w których już teraz można dojrzeć drzewo, które pewnego dnia, miejmy nadzieję że już niedługo, wyda owoce. Tak, będziecie drzewami, które wchłoną zanieczyszczenia lat przemocy i przywrócą tlen braterstwa. To prawda, że jesteście teraz „posadzeni” tam, gdzie nie chcecie być, ale właśnie w tej sytuacji, pełnej trudności i niepewności, możecie wyciągnąć rękę do tych, którzy są wokół was i doświadczyć, że jesteście zakorzenieni w tym samym człowieczeństwie: to stąd trzeba zacząć na nowo odkrywać siebie jako braci i siostry, jako dzieci na ziemi Niebieskiego Boga, Ojca wszystkich.

Najmilsi, o tym że roślina wyrasta z ziarna przypominają nam korzenie. To wspaniale, że tutejsza ludność przywiązuje dużą wagę do swych korzeni. Czytałem, że na tych ziemiach „korzenie nigdy nie zostaną zapomniane”, bowiem „przodkowie przypominają nam kim jesteśmy i jaka powinna być nasza droga.... Bez nich jesteśmy zagubieni, zalęknieni i pozbawieni busoli. Nie ma przyszłości bez przeszłości” (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). W Sudanie Południowym młodzi ludzie dorastają, ceniąc sobie opowieści starszych, a jeśli opowieści o tych latach były przepojone przemocą, możliwe jest, co więcej, konieczne jest ponowne rozpoczęcie tych opowieści właśnie od was, od nowej narracji o spotkaniu, w której przeżyte cierpienie nie ulegnie zapomnieniu, ale zostanie przeniknięte światłem braterstwa. To opowieść, która umieszcza w centrum nie tylko tragedię zdarzeń, lecz żarliwe pragnienie pokoju. Wy, młodzi różnego pochodzenia etnicznego, stawajcie się pierwszymi stronnicami tej opowieści! Jeśli konflikty, przemoc i nienawiść wymazały z pamięci pierwsze karty życia tej Republiki, bądźcie tymi, którzy napiszą na nowo jej historię pokoju! Dziękuję wam za waszą siłę ducha i za wszystkie wasze dobre czyny, które są tak miłe Bogu i sprawiają, że każdy dzień waszego życia jest cenny.

Chciałbym również skierować słowa wdzięczności do tych, którzy wam pomagają, często w warunkach nie tylko trudnych, ale i kryzysowych. Dziękuję wspólnotom kościelnym za ich dzieła, które zasługują na wsparcie; dziękuję misjonarzom, organizacjom humanitarnym i międzynarodowym, zwłaszcza Organizacji Narodów Zjednoczonych, za wielką pracę, jaką tu wykonują. Oczywiście, kraj nie może opierać przetrwania na wsparciu zewnętrznym, zwłaszcza, kiedy sam jest tak bogaty w zasoby! Jednak wsparcie to jest teraz niezwykle potrzebne. Chciałabym również oddać hołd wielu pracownikom organizacji humanitarnych, którzy stracili życie, a także wezwać do poszanowania tych, którzy pomagają, oraz do szacunku dla struktur wspierających ludność, które nie mogą stać się celem ataków i wandalizmu. Uważam, że oprócz pomocy doraźnej, bardzo ważne jest aby z myślą o przyszłości, towarzyszyć ludności na drodze rozwoju, na przykład pomagając jej w nauce nowoczesnych technik rolnictwa i hodowli zwierząt, aby ułatwić bardziej samodzielny rozwój. Wszystkich proszę z sercem na dłoni: pomóżmy Sudanowi Południowemu, nie pozostawiajmy samej jego ludności, która tak bardzo cierpiała i cierpi!

Na zakończenie chciałbym skierować myśl do wielu uchodźców z Sudanu Południowego, którzy znajdują się poza granicami kraju oraz do tych, którzy nie mogą powrócić, ponieważ ich terytorium zostało zajęte. Jestem blisko nich i mam nadzieję, że będą mogli na nowo stać się aktywnymi budowniczymi przyszłości swojej ziemi, przyczyniając się do jej rozwoju w sposób konstruktywny i pokojowy. Nyakuor Rebeka, poprosiłaś mnie o specjalne błogosławieństwo dla dzieci z Sudanu Południowego, abyście wszyscy mogli wzrastać razem w pokoju. My trzej jako bracia udzielimy błogosławieństwa: z moim bratem Justinem i moim bratem Iainem, razem udzielimy wam błogosławieństwa. Wraz z nim, niech dotrze do was błogosławieństwo tak wielu braci i sióstr chrześcijan na całym świecie, którzy was obejmują i dodają wam otuchy, wiedząc, że w was, w waszej wierze, w waszej wewnętrznej sile, w waszych marzeniach o pokoju, jaśnieje całe piękno bycia człowiekiem.

[00170-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى جنوب السّودان

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع النازحين داخل البلاد

في قاعة الحرّيّة في جوبا

الجمعة 4 شباط/فبراير 2023

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، مساء الخير!

أشكركم على صلواتكم وشهاداتكم وأناشيدكم! فكّرت فيكم كثيرًا، وحملت في قلبي الرّغبة في أن ألتقي بكم، وأن أنظر في عيُونِكُم، وأن أُصافحكم وأُعانقكم: أنا هنا أخيرًا، مع إخوتي الذين أشاركهم في حجّ السّلام هذا، لكي أؤكّد لكم قُربي، وكلّ مودّتي. أنا معكم، أتألّم من أجلكم ومعكم.

وجّهت إلينا، يا جوزيف، سؤالًا حاسمًا: ”لماذا نحن نتألّم في مخيّم النّازحين؟“ لماذا... لماذا الأطفال والشّباب الكثيرون مِثلُك هُم هناك، بدل أن يكونوا في المدرسة ليدرسوا أو في مكان جميل في الفضاء ليلعبوا؟ أعطيتَنَا أنت نفسك الإجابة، وقُلت إنّ ذلك ”بسبب الصّراعات الدّائرة في البلد“. وبالتّحديد بسبب الدّمار النّاجم عن العنف البشريّ، بالإضافة إلى الدّمار النّاجم عن الفيضانات، التي اضطرت الملايين من إخوتنا وأخواتنا مثلكم، بمن فيهم الكثير من الأمّهات مع أطفالهن، إلى مغادرة أراضيهم وترك قُرَاهم وبيوتهم. للأسف، في هذا البلد المعذّب، أن تكون نازحًا أو لاجئًا أصبحت خبرة اعتياديّة وجماعيّة.

لذلك، أجدّد بكلّ قوّتي وبكلّ قلبي ندائي لوقف كلّ صراع، وأن يعود الجميع بجديَّة إلى عمليّة السّلام، حتّى ينتهي العنف ويستطيع النّاس أن يعودوا ليعيشوا بكرامة. بالسّلام والاستقرار والعدل فقط، يمكن أن تبدأ أعمال التّنمية والاندماج الاجتماعيّ. لا يمكننا أن ننتظر أكثر من ذلك: إذ إنّ عددًا هائلًا من الأطفال وُلدوا في السّنوات الأخيرة، لم يعرفوا سِوى واقع مخيّمات النّازحين، ونَسَوا أجواء البيت، وفقدوا ارتباطهم بوطنهم الأصلي، وبجذورهم، وبتقاليدهم.

لا يمكن أن يكون المستقبل في مخيّمات النّازحين. نحن بحاجة، كما طلبتَ أنت، يا جونسون، أن يكون لكلّ الشّبان مثلك الإمكانيّة لأن يذهبوا إلى المدرسة، وأيضًا أن يلعبوا كرة القدم! هناك حاجة للنمُوّ في مجتمع مُنفتح، الكلّ يختلط معًا، ويُكوِّنُ شعبًا واحدًا من خلال تحدّيات الاندماج، وأن يتعلّم الجميع أيضًا اللغات المحكيّة في جميع أنحاء البلد، وليس فقط في مجموعته العرقيّة. هنا حاجة للدخول في المغامرة المدهشة في أن يَعرِفَ الكلّ، وأن يستقبل الكلّ كلّ المختلفين عنهم، لكي يكتشفوا من جديد جمال الأخوّة المُتصالحة ويختبروا المغامرة التي لا تُقدَّر بثمن، أي بناء المستقبل بحرّيّة، مستقبلنا ومستقبل الجماعة بأكملها. ونحن بحاجة، بكلّ تأكيد، لأن نتجنّب تهميش الجماعات ووضع الإنسان في معازل. ومن أجل كلّ هذه الاحتياجات، الحاجة الأولى هي إلى السّلام. وإلى مساعدة الكثيرين، ومساعدة الجميع.

لذلك، أودّ أن أشكر نائبة الممثّلة الخاصّة سارة بييسولوف نيانتي (Sara Beysolow Nyanti) لأنّها قالت لنا إنّ اليوم هو فرصة للجميع ليروا ما كان يحدث في هذا البلد منذ سنوات. هنا، في الواقع، تستمرّ أكبر أزمة لاجئين في القارّة، مع ما لا يقل عن أربعة ملايين نازح من أبناء هذه الأرض، ومع انعدام الأمن الغذائي وسوء التّغذية اللذَين أثّرا على ثُلثي السّكان. وتكلّمت أيضًا عن توقّعات لحدوث مأساة إنسانيّة يمكنها أن تتفاقم هذه السّنة. أودّ أن أشكرها، أوّلًا، لأنّها هي وآخرين كثيرين لم يبقوا واقفين لكي يدرسوا الموقف، بل عملوا. أنتِ، أيّتها السّيّدة، تجوَّلتِ في البلد، ونظرتِ في عيون الأمّهات، وشاركتهنَّ الألَم الذي يشعرنَ به بسبب حالة أبنائهنَّ، وأثَّرَ فيَّ ما أكّدتِه: أنّه على الرّغم من كلّ ما يعانونه، لم تنطفئ قطّ في وجوههنَّ الابتسامة والرّجاء.

وأنا أشاركها فيما قالته عنهنَّ: الأمّهات والنّساء هنَّ المفتاح لتغيير هذا البلد: إن أُتيحت لهن الفُرص المناسبة. بجهودهنّ واستعدادهنّ لحماية الحياة، سيكون لهنّ القدرة على تغيير وجه جنوب السّودان، وسيعطينه تنمية هادئة ومتماسكة! ولكن، أسألكم، أسأل كلّ سُكَّان هذه الأراضي: لتكن المرأة محميّة ومحترمة ومُقدّرة ومُكرّمة. من فضلكم: احموا واحترموا وقدّروا وكرّموا كلّ امرأة وطفلة وفتاة وشابّة وبالغة وأمّ وجَدَّة. من دون ذلك لن يكون مستقبل.

والآن، أيّها الإخوة والأخوات، أنظر إليكم مرّة أخرى، وإلى عيونكم المتعبة ولكن المُضيئة، التي لم تفقد الرّجاء، وإلى شفاهكم التي لم تفقد القوّة للصّلاة وللإنشاد، وأنظر إليكم أنتم، أيديكم فارغة، ولكن قلوبكم مليئة بالإيمان، وأنتم الذين تحملون في داخلكم ماضيًّا يعصره الألَم، ومع ذلك لم تتوقّفوا قط عن أن تحلموا بمستقبلٍ أفضل. نحن اليوم، في لقائنا معكم، نريد أن نعطي أجنحة لآمالكم. نحن نؤمن بذلك، ونؤمن أنّه الآن، حتّى في مخيّمات النّازحين، وحيث للأسف يجبركم الوضع في البلد أن تبقوا، يمكن أن تولد بذرة جديدة، كما تولد من الأرض الجرداء، وستؤتي ثمرها.

أودّ أن أقول لكم: أنتم البذرة لجنوب السّودان الجديد، أنتم البذرة من أجل نموٍّ خصيب ونَضِرٍ للبلد. أنتم، من كلّ المجموعات العرقيّة المختلفة، الذين عانيتم وتعانون، ولكنّكم لا تريدون أن تردّوا على الشّرّ بِشَرٍّ آخر. أنتم، الذين اخترتم منذ الآن الأخوّة والمغفرة، أنتم تزرعون غدًا أفضل. الغَدْ الذي يولد اليوم، هنا حيث أنتم، من قدرتكم على التّعاون، ونسج شبكات الشّركة ومسارات المُصالحة مع الذين يعيشون بقربكم، ويختلفون عنكم من حيث العِرْق والأصل. إخوتي وأخواتي، كونوا بذارَ رجاء، فيها نلمح بالفعل الشّجرة التي ستؤتي ثمرها في يومٍ من الأيّام، ونتمنّى أن يكون قريبًا. نَعَم، ستكونون أنتم الأشجار التي ستمتصّ تلوّث سنواتٍ من العنف وتُعيد أكسجين الأخوّة. هذا صحيح، أنتم الآن ”مزروعون“ حيث لا تريدون، ولكن، في حالة الضّيق وعدم الاستقرار هذه بالتّحديد، يمكنكم أن تمدّوا يد المساعدة إلى الذين بجانبكم وتختبروا أنّكم متجذّرون في الإنسانيّة نفسها: من هنا يجب أن تبدأوا من جديد، لتكتشفوا أنّكم أخوة وأخوات، وأبناء على الأرض لإله السّماء، أبي الجميع.

أيّها الأعزّاء، الجذور هي التي تذكّرنا أنّ النّبتة تولد من بذرة. جميلٌ أنّ النّاس هنا يهتمّون كثيرًا بجذورهم. قرأت "أنّ الجذور في هذه الأراضي لا تُنسى أبدًا"، لأنّ "الأجداد يذكّروننا من نحن وماذا يجب أن يكون طريقنا... من دونهم نحن ضائعون، وخائفون، ومن دون بوصلة. لا يوجد مستقبل من دون ماضٍ" (C. Carlassare, La capanna di Padre Carlo. Comboniano tra i Nuer, 2020, 65). ينشأ الشّباب في جنوب السّودان بحفظ روايات الأقدمين، وإن اتّسمت رواية السّنوات الأخيرة بالعنف، فمن الممكن، لا، بل من الضّروريّ أن نبدأ رواية جديدة، بدءًا منكم: رواية لقاء جديدة، حيث لا ننسى ما عانينا، بل نضع فيه نور الأخوّة، ورواية تركّز ليس فقط على مأساة الأحداث، بل على الرّغبة المتقّدة في السّلام. كونوا أنتم، أيّها الشّباب من مجموعات عرقيّة مختلفة، الصّفحات الأولى لهذه الرّواية! إن كانت الصّراعات وأعمال العنف والكراهية مزَّقَت الصّفحات الأولى من حياة هذه الجمهوريّة وأزالت عنها الذكريات الجميلة، كونوا أنتم من يعيد كتابة تاريخ السّلام! أشكركم على قوّة ثباتكم وعلى كلّ أعمالكم الصّالحة، التي تُرضي الله كثيرًا وتجعل كلّ يوم تعيشونه ثمينًا.

أودّ أيضًا أن أوجّه كلمة شكر إلى الذين يساعدونكم، غالبًا في ظروف ليست فقط صعبة، بل في حالة طوارئ. شكرًا للجماعات الكنسيّة على أعمالها التي تستحق الدّعم، وشكرًا للمرسلين والمنظّمات الإنسانيّة والدوليّة، ولا سيّما الأمم المتّحدة، على العمل الكبير الذي يقومون به. طبعًا، لا يمكن لبلد أن يعيش على المساعدات الخارجيّة، خصوصًا مثل هذه الأرض الغنيّة جدًّا بالموارد! ولكن الآن هذه المساعدات ضروريّة جدًّا. أودّ أيضًا أن أكرّم الكثيرين من العاملين في المجال الإنسانيّ الذين فقدوا حياتهم، وأحثّ على احترام الذين يساعدون، وهيكليّات المساعدة للسّكان، التي لا يمكن أن تصير أهدافًا للاعتداءات والتّخريب. إلى جانب الإغاثة الطّارئة، أعتقد أنّه من المهمّ جدًّا، في المستقبل، مرافقة السّكان على طريق التّنمية، مثلًا، بمساعدتهم لأن يتعلّموا تقنيّات مطوَّرة في الزّراعة وتربية المواشي، لتسهيل نموٍّ فيه مزيد من الاستقلال. أطلب من الجميع وأضع قلبي على يدي: لنساعد جنوب السّودان، ولا نترك سكانه وحدهم، إنّهم تألّموا كثيرًا وما زالوا يتألّمون!

في الختام، أريد أن أوجّه كلمة إلى اللاجئين الكثيرين من جنوب السّودان، الموجودين خارج البلد، وإلى الذين لا يستطيعون أن يعودوا لأنّ أراضيهم محتلّة. أنا قريب منهم، وأتمنّى أن يتمكّنوا من أن يعودوا وأن يكونوا هم صانعي مستقبل أرضهم، وأن يساهموا في تنميتها بطريقة بنَّاءة وسِلميَّة. نياكور ريبيكّا (Nyakuor Rebecca)، طلبت منّي بركة خاصّة من أجل أطفال جنوب السّودان، حتّى تستطيعوا أن تنموا كلّكم معًا في السّلام. البركة ستكون حقًّا خاصّة، لأنّني سأمنحها مع إخوتي جاستن وإيان (Justin e Iain). ومع هذه البركة، لِتَصِلْ إليكم بركة الكثيرين من الإخوة والأخوات المسيحيّين في العالم، الذين يعانقونكم ويشجّعونكم، وهم يعرفون أنّ فيكم، وفي إيمانكم، وفي قوّتكم الدّاخليّة، وفي أحلامكم بالسّلام، يُضيء جمال الإنسان كلّه.

[00170-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0106-XX.02]