Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Incontro con i Giovani e con i Catechisti presso lo Stadio dei Martiri di Kinshasa e Visita del Primo Ministro, 02.02.2023


Incontro con i Giovani e con i Catechisti presso lo Stadio dei Martiri di Kinshasa

Visita del Primo Ministro della Repubblica Democratica del Congo presso la Nunziatura Apostolica di Kinshasa

Incontro con i Giovani e con i Catechisti presso lo Stadio dei Martiri di Kinshasa

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua araba

Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto allo Stadio dei Martiri di Kinshasa per l’incontro con i Giovani e i Catechisti.

Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio di vettura e un giro in auto aperta tra i fedeli, alle ore 9.20 ha incontrato i Giovani e i Catechisti.

Dopo l’indirizzo di benvenuto del Presidente della Commissione Episcopale per i Laici a cui hanno fatto seguito le testimonianze di un giovane e di un catechista e l’esecuzione di un ballo tradizionale, il Papa ha pronunciato il discorso preparato per l’occasione e ha parlato a braccio con i partecipanti all’incontro invitando i presenti a prendersi per mano e a cantare insieme come comunità, una sola Chiesa. Sempre durante il discorso ha chiesto a tutti di osservare un minuto di silenzio per perdonare ognuno le offese ricevute.

Al termine, dopo la recita del Padre Nostro, la benedizione finale, la consegna di un dono al Santo Padre da parte dei giovani e il canto finale, Papa Francesco è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Kinshasa.

Pubblichiamo di seguito il discorso preparato dal Santo Padre per la circostanza:

Discorso del Santo Padre

Grazie per il vostro affetto, per la vostra danza e per le vostre parole! Sono felice di avervi guardato negli occhi, di avervi salutato e benedetto mentre le vostre mani levate al cielo facevano festa.

Ora vorrei chiedervi, per alcuni momenti, di non guardare me, ma proprio le vostre mani. Aprite i palmi delle mani, fissateli con gli occhi. Amici, Dio ha messo nelle vostre mani il dono della vita, l’avvenire della società e di questo grande Paese. Fratello, sorella, le tue mani ti sembrano piccole e deboli, vuote e inadatte per compiti così grandi? Vorrei farti notare una cosa: tutte le mani sono simili, ma nessuna è uguale all’altra; nessuno ha mani uguali alle tue, perciò tu sei una ricchezza unica, irripetibile e incomparabile. Nessuno nella storia può sostituirti. Chiediti allora: a che cosa servono queste mie mani? A costruire o a distruggere, a donare o ad accaparrare, ad amare o ad odiare? Vedi, puoi stringere la mano e chiuderla, diventa un pugno; oppure puoi aprirla e metterla a disposizione di Dio e degli altri. Sta qui la scelta fondamentale, fin dai tempi antichi, fin da Abele, che offrì con generosità i frutti del suo lavoro, mentre Caino «alzò la mano contro il fratello […] e lo uccise» (Gen 4,8). Giovane che sogni un futuro diverso, dalle tue mani nasce il domani, dalle tue mani può venire la pace che manca a questo Paese. Ma come fare concretamente? Vorrei suggerirvi alcuni “ingredienti per il futuro”: cinque, che potete associare proprio alle dita di una mano.

Al pollice, il dito più vicino al cuore, corrisponde la preghiera, che fa pulsare la vita. Può sembrare una realtà astratta, lontana dalla concretezza dei problemi. Invece la preghiera è il primo ingrediente, quello fondamentale, perché da soli non ce la facciamo. Non siamo onnipotenti e, quando qualcuno crede di esserlo, fallisce miseramente. È come un albero sradicato: anche se grande e robusto, non si regge in piedi da solo. Ecco perché bisogna radicarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, che ci permette di crescere ogni giorno in profondità, di portare frutto e di trasformare l’inquinamento che respiriamo in ossigeno vitale. Per farlo, ogni albero ha bisogno di un elemento semplice ed essenziale: l’acqua. Ecco, la preghiera è “l’acqua dell’anima”: è umile, non si vede, ma dà vita. Chi prega matura dentro e sa alzare lo sguardo verso l’alto, ricordandosi di essere fatto per il cielo.

Fratello, sorella, c’è bisogno di preghiera, di una preghiera viva. Non rivolgerti a Gesù come a un essere distante e lontano di cui avere paura, ma come al più grande amico, che ha dato la vita per te. Egli ti conosce, crede in te e ti ama, sempre. Guardandolo appeso in croce per salvarti, capisci quanto vali per Lui. E puoi affidargli, gettandole sulla sua croce, le tue croci, i tuoi timori, i tuoi affanni. Li abbraccerà. Lo ha già fatto 2.000 anni fa e quella croce, che oggi sopporti, era già parte della sua. Non temere allora di prendere tra le mani il Crocifisso e di stringerlo al petto, di piangere le tue lacrime su Gesù. E non dimenticarti di guardare il suo volto, il volto di un Dio giovane, vivo, risorto! Sì, Gesù ha vinto il male, ha fatto della croce il ponte verso la risurrezione. Allora, alza ogni giorno le mani a Lui per lodarlo e benedirlo; gridagli le speranze del tuo cuore, confidagli i segreti più intimi della vita: la persona che ami, le ferite che porti dentro, i sogni che hai nel cuore. Raccontagli del tuo quartiere, dei vicini, degli insegnanti, dei compagni, degli amici e dei colleghi; del tuo Paese. Dio ama questa preghiera viva, concreta, fatta col cuore. Gli permette di intervenire, di entrare nelle pieghe della vita in un modo speciale. Di venire con la sua “forza di pace”. Che ha un nome. Sapete chi è? È lo Spirito Santo, Colui che consola e dà vita. Lui è il motore della pace, è la vera forza di pace. Ecco perché la preghiera è l’arma più potente che ci sia. Ti trasmette il conforto e la speranza di Dio. Ti apre sempre nuove possibilità e ti aiuta a vincere le paure. Sì, chi prega supera la paura e prende in mano il proprio futuro. Credete questo? Volete scegliere la preghiera come vostro segreto, come acqua dell’anima, come unica arma da portare con voi, come compagna di viaggio ogni giorno?

Ora guardiamo al secondo dito, l’indice. Con esso indichiamo qualcosa agli altri. Gli altri, la comunità, ecco il secondo ingrediente. Amici, non lasciate che la vostra gioventù sia rovinata dalla solitudine e dalla chiusura. Pensatevi sempre insieme e sarete felici, perché la comunità è la via per stare bene con sé stessi, per essere fedeli alla propria chiamata. Invece, le scelte individualiste all’inizio sembrano allettanti, ma poi lasciano solo un grande vuoto dentro. Pensate alla droga: ti nascondi dagli altri, dalla vita vera, per sentirti onnipotente; e alla fine ti ritrovi privo di tutto. Ma pensate anche alla dipendenza dall’occultismo e dalla stregoneria, che rinchiudono nei morsi della paura, della vendetta e della rabbia. Non lasciatevi affascinare da falsi paradisi egoisti, costruiti sull’apparenza, su guadagni facili o su religiosità distorte.

E guardatevi dalla tentazione di puntare il dito contro qualcuno, di escludere qualcuno l’altro perché è di un’origine diversa dalla vostra, dal regionalismo, dal tribalismo, che sembrano rafforzarvi nel vostro gruppo e invece rappresentano la negazione della comunità. Sapete come succede: prima si crede ai pregiudizi sugli altri, poi si giustifica l’odio, quindi la violenza, alla fine ci si trova nel mezzo della guerra. Ma – mi domando – tu hai mai parlato con le persone degli altri gruppi o sei sempre stato chiuso nel tuo? Hai mai ascoltato le storie degli altri, ti sei avvicinato alle loro sofferenze? Certo, è più facile condannare qualcuno che capirlo; ma la via che Dio indica per costruire un mondo migliore passa dall’altro, dall’insieme, dalla comunità. È fare Chiesa, allargare gli orizzonti, vedere in ognuno il proprio prossimo, prendersi cura dell’altro. Vedi qualcuno solo, sofferente, trascurato? Avvicinalo. Non per fargli vedere quanto sei bravo, ma per donargli il tuo sorriso e offrirgli la tua amicizia.

David, hai detto che voi giovani volete giustamente essere connessi agli altri, ma che i social spesso vi confondono. È vero, la virtualità non basta, non possiamo accontentarci di interfacciarci con persone lontane o persino finte. La vita non si tocca con un dito sullo schermo. È triste vedere giovani che stanno ore davanti a un telefono: dopo che si sono specchiati, li guardi in faccia e vedi che non sorridono, lo sguardo è diventato stanco e annoiato. Niente e nessuno può sostituire la forza dell’insieme, la luce degli occhi, la gioia della condivisione! Parlare, ascoltarsi è essenziale: mentre sullo schermo ciascuno cerca quello che gli interessa, scoprite ogni giorno la bellezza di lasciarvi stupire dagli altri, dai loro racconti e dalle loro esperienze.

Proviamo ora a toccare con mano che cosa significa fare comunità: per qualche istante, per favore, prendete per mano chi vi sta vicino. Sentitevi un’unica Chiesa, un unico Popolo. Senti che il tuo bene dipende da quello dell’altro, che viene moltiplicato dall’insieme. Sentiti custodito dal fratello e dalla sorella, da qualcuno che ti accetta così come sei e vuole prendersi cura di te. E sentiti responsabile per gli altri, parte viva di una grande rete di fraternità dove ci si sostiene a vicenda e tu sei indispensabile. Sì, sei indispensabile e responsabile per la tua Chiesa e per il tuo Paese; appartieni a una storia più grande, che ti chiama a essere protagonista: creatore di comunione, campione di fraternità, indomito sognatore di un mondo più unito.

In questa avventura non siete soli: la Chiesa intera, sparsa in tutto il mondo, tifa per voi. È una sfida difficile? Sì, ma è una sfida possibile. Avete anche degli amici che dagli spalti del cielo vi sospingono verso questi traguardi. Sapete chi sono? I santi. Penso ad esempio al Beato Isidoro Bakanja, alla Beata Marie-Clementine Anuarite, a San Kizito e ai suoi compagni: testimoni della fede, martiri che non hanno mai ceduto alla logica della violenza, ma hanno confessato con la vita la forza dell’amore e del perdono. I loro nomi, scritti nei cieli, rimarranno nella storia, mentre la chiusura e la violenza sempre tornano a svantaggio di chi le commette. So che avete più volte dimostrato di sapervi alzare in piedi per difendere, anche a costo di grandi sacrifici, i diritti umani e la speranza di una vita migliore per tutti nel Paese. Vi ringrazio per questo e onoro la memoria di quanti – tanti – hanno perso la vita o la salute per queste nobili cause. E vi incoraggio, andate avanti insieme, senza paura, come comunità!

Preghiera, comunità; arriviamo al dito centrale, che si eleva al di sopra degli altri quasi a ricordarci qualcosa di imprescindibile. È l’ingrediente fondamentale per un futuro che sia all’altezza delle vostre aspettative. È l’onestà! Essere cristiani è testimoniare Cristo. Ora, il primo modo per farlo è vivere rettamente, come Lui vuole. Ciò significa non lasciarsi imbrigliare nei lacci della corruzione. Il cristiano non può che essere onesto, altrimenti tradisce la sua identità. Senza onestà non siamo discepoli e testimoni di Gesù; siamo pagani, idolatri che adorano il proprio io anziché Dio, che si servono degli altri anziché servire gli altri.

Ma – mi chiedo – come si sconfigge il cancro della corruzione, che sembra espandersi e non fermarsi mai? Ci aiuta San Paolo, con una frase semplice e geniale, che potete ripetere fino a ricordarla a memoria. Eccola: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21). Non lasciarti vincere dal male: non lasciatevi manipolare da individui o gruppi che cercano di servirsi di voi per mantenere il vostro Paese nella spirale della violenza e dell’instabilità, così da continuare a controllarlo senza riguardi per nessuno. Ma vinci il male con il bene: siate voi i trasformatori della società, i convertitori del male in bene, dell’odio in amore, della guerra in pace. Volete essere questo? Se volete, è possibile: sapete perché? Perché ciascuno di voi ha un tesoro che nessuno può rubarvi. Sono le vostre scelte. Sì, tu sei le scelte che compi e puoi sempre scegliere la cosa giusta da fare. Siamo liberi di scegliere: non permettete che la vostra vita sia trascinata dalla corrente inquinata, non lasciatevi portare come un tronco secco in un fiume sporco. Indignatevi, senza mai cedere alle lusinghe, suadenti ma avvelenate, della corruzione.

Mi viene in mente la testimonianza di un giovane come voi, Floribert Bwana Chui: quindici anni fa, a soli ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente. Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione. Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue. Se qualcuno ti allungherà una busta, ti prometterà favori e ricchezze, non cadere nella trappola, non farti ingannare, non lasciarti inghiottire dalla palude del male. Non lasciarti vincere dal male, non credere alle trame oscure del denaro, che fanno sprofondare nella notte. Essere onesti è brillare di giorno, è diffondere la luce di Dio, è vivere la beatitudine della giustizia: vinci il male con il bene!

Siamo al quarto dito, l’anulare. Lì si mettono le fedi nuziali. Ma, se ci pensate, l’anulare è anche il dito più debole, quello che fa più fatica ad alzarsi. Ci ricorda che i grandi traguardi della vita, l’amore anzitutto, passano attraverso fragilità, fatiche e difficoltà. Vanno abitate, affrontate con pazienza e fiducia, senza caricarsi di problemi inutili, come ad esempio trasformare il valore simbolico della dote in un valore quasi di mercato. Ma, nelle nostre fragilità, nelle crisi qual è la forza che ci fa andare avanti? Il perdono. Perché perdonare vuol dire saper ricominciare. Perdonare non significa dimenticare il passato, ma non rassegnarsi al fatto che si ripeta. È cambiare il corso della storia. È rialzare chi è caduto. È accettare l’idea che nessuno è perfetto e che non solo io, ma tutti quanti, hanno il diritto di poter ripartire.

Amici, per creare un futuro nuovo abbiamo bisogno di dare e ricevere perdono. Questo fa il cristiano: non ama solo quelli che lo amano, ma sa arrestare con il perdono la spirale delle vendette personali e tribali. Penso al beato Isidoro Bakanja, un vostro fratello che fu torturato a lungo perché non aveva rinunciato a testimoniare la sua pietà e aveva proposto il cristianesimo ad altri giovani. Non cedette mai a sentimenti di odio e nel dare la vita perdonò il suo carnefice. Chi perdona porta Gesù anche dove non viene accolto, immette amore dove l’amore è rifiutato. Chi perdona costruisce il futuro. Ma come diventare capaci di perdono? Lasciandoci perdonare da Dio. Ogni volta che ci confessiamo riceviamo in noi per primi quella forza che cambia la storia. Da Dio veniamo sempre perdonati, sempre e gratuitamente! E anche a noi viene detto, come nel Vangelo: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,37). Vai avanti senza più rancore, senza veleno, senza odio. Vai avanti facendo tuo lo stile di Dio, l’unico che rinnova la storia. Vai avanti e credi che con Dio si può sempre ricominciare, si può sempre ripartire, si può sempre perdonare!

Preghiera, comunità, onestà, perdono. Siamo all’ultimo dito, il più piccolo. Tu potresti dire: sono poca cosa e il bene che posso fare è una goccia nel mare. Ma è proprio la piccolezza, il farsi piccoli che attira Dio. C’è una parola chiave in questo senso: servizio. Chi serve si fa piccolo. Come un minuscolo seme, sembra sparire nella terra e invece porta frutto. Secondo Gesù il servizio è il potere che trasforma il mondo. Allora la piccola domanda che puoi legarti al dito ogni giorno è: Io, cosa posso fare per gli altri? Come posso, cioè, servire la Chiesa, la mia comunità, il mio Paese? Olivier, ci hai detto che in alcune regioni isolate siete voi catechisti a servire quotidianamente le comunità di fede e che questo nella Chiesa dev’essere “affare di tutti”. È vero, ed è bello servire gli altri, prendersene cura, fare qualcosa di gratuito, come fa Dio con noi. Io vorrei ringraziarvi, cari catechisti: voi per tante comunità siete vitali come l’acqua; fatele sempre crescere con la limpidezza della vostra preghiera e del vostro servizio. Servire non è restare con le mani in mano, è mobilitarsi. Tanti si mobilitano perché calamitati dai propri interessi; voi non abbiate paura a mobilitarvi nel bene, a investire nel bene, nell’annuncio del Vangelo, preparandovi in modo appassionato e adeguato, dando vita a progetti organizzati, di lungo respiro. E non abbiate paura di far sentire la vostra voce, perché non solo il futuro, ma anche l’oggi è nelle vostre mani: siate al centro del presente!

Amici, vi ho lasciato cinque consigli per individuare delle priorità tra le tante voci suadenti che circolano. Nella vita, come nella circolazione stradale, è spesso il disordine a creare ingorghi e blocchi inutili, che fanno sprecare tempo ed energie, e alimentano la rabbia. Ci fa bene, invece, anche nella confusione, dare al cuore e alla vita punti fermi, direzioni stabili, per avviare un futuro diverso, senza inseguire i venti dell’opportunismo. Cari amici, giovani e catechisti, vi ringrazio per quello che fate e per quello che siete: per il vostro entusiasmo, la vostra luce e la vostra speranza. Vorrei dirvi un’ultima cosa: non scoraggiatevi mai! Gesù crede in voi e non vi lascia mai soli. La gioia che avete oggi custoditela e non lasciate che si spenga. Come diceva Floribert ai suoi amici quando erano giù di morale: «Prendi il Vangelo e leggilo. Ti consolerà, ti darà gioia». Uscite insieme dal pessimismo che paralizza. La Repubblica Democratica del Congo attende dalle vostre mani un futuro diverso, perché il futuro è nelle vostre mani. Il vostro Paese torni a essere, grazie a voi, un giardino fraterno, il cuore di pace e di libertà dell’Africa! Grazie!

[00165-IT.01] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua francese

Je vous remercie pour votre affection, votre danse et vos paroles ! Je suis heureux de vous avoir regardés dans les yeux, de vous avoir salués et bénis alors que vos mains levées vers le ciel faisaient la fête.

Je voudrais maintenant vous demander, pendant quelques instants, de ne pas me regarder, mais vos mains. Ouvrez les paumes de vos mains, fixez-les des yeux. Mes amis, Dieu a mis entre vos mains le don de la vie, l'avenir de la société et de ce grand pays. Frère, sœur, tes mains te semblent petites et faibles, vides et inaptes à de si grandes tâches ? Je voudrais te faire remarquer une chose : toutes les mains se ressemblent, mais aucune n'est identique à l’autre. Personne n'a des mains semblables aux tiennes. Tu es donc une richesse unique, inégalable et incomparable. Personne dans l'histoire ne peut te remplacer. Tu te demandes alors : à quoi servent mes mains ? À construire ou à détruire, à donner ou à amasser, à aimer ou à haïr ? Tu le vois, tu peux serrer la main et la fermer, elle devient un poing ; ou bien tu peux l'ouvrir et la rendre disponible pour Dieu et les autres. C'est là que se situe le choix fondamental, depuis les temps anciens, depuis Abel qui offrit généreusement les fruits de son travail, alors que Caïn leva la main contre son frère et le tua (cf. Gn 4, 8). Jeune qui rêves d'un avenir différent, un lendemain naîtra de tes mains, de tes mains la paix qui manque à ce pays pourra advenir. Mais comment faire concrètement ? Je voudrais vous proposer quelques "ingrédients pour l'avenir" : cinq, que vous pouvez associer, chacun, aux doigts d'une main.

Au pouce, le doigt le plus proche du cœur, correspond la prière qui fait palpiter la vie. Elle peut apparaître comme une réalité abstraite, éloignée du caractère concret des problèmes. Au contraire, la prière est le premier ingrédient, celui qui est fondamental, parce que nous n’y arrivons pas pas tout seuls. Nous ne sommes pas tout-puissants, et lorsque quelqu'un croit l'être, il échoue lamentablement. C'est comme un arbre déraciné : même s'il est grand et vigoureux, il ne tient pas debout tout seul. C'est pourquoi nous devons nous enraciner dans la prière, dans l'écoute de la Parole de Dieu, qui nous permet de grandir chaque jour en profondeur, de porter du fruit et de transformer la pollution que nous respirons en oxygène vital. Pour ce faire, tout arbre a besoin d'un élément simple et essentiel : l'eau. Alors, la prière est comme " l'eau de l'âme " : elle est humble, on ne la voit pas mais elle donne la vie. Celui qui prie mûrit intérieurement et sait lever le regard vers le haut, se souvenant qu'il a été fait pour le ciel.

Frère, sœur, la prière est nécessaire, une prière vivante. Ne te tourne pas vers Jésus comme s’il était un être lointain et distant dont on a peur, mais plutôt l’ami le plus grand qui a donné sa vie pour toi. Il te connaît, il croit en toi et t’aime, toujours. En le regardant suspendu en croix pour te sauver, tu comprends à quel point tu vaux pour Lui. Et tu peux lui confier tes croix, tes peurs, tes angoisses, en les jetant sur sa croix. Il les embrassera. Il l'a déjà fait il y a 2000 ans et cette croix que tu portes aujourd'hui faisait déjà partie de la sienne. Alors n'aie pas peur de prendre le Crucifix dans tes mains et de le serrer sur ta poitrine, de verser tes larmes sur Jésus. Et n'oublie pas de regarder son visage, le visage d'un Dieu jeune, vivant, ressuscité ! Oui, Jésus a vaincu le mal, il a fait de la croix le pont vers la résurrection. Alors, chaque jour, lève les mains vers lui pour le louer et le bénir ; crie vers lui les espérances de ton cœur, confie-lui les secrets les plus intimes de ta vie : la personne que tu aimes, les blessures que tu portes en toi, les rêves que tu as dans le cœur. Parle-lui de ton quartier, de tes voisins, de tes professeurs, de tes compagnons, de tes amis et collègues ; de ton pays. Dieu aime cette prière vivante, concrète, faite avec le cœur. Elle lui permet d'intervenir, d'entrer dans les plis de la vie d'une manière particulière ; de venir avec sa "force de paix" ; qui a un nom. Savez-vous de qui il s’agit ? De l'Esprit Saint, Celui qui console et donne la vie. Il est le moteur de la paix, Il est la véritable force de la paix. C'est pourquoi la prière est l'arme la plus puissante qui soit. Elle te transmet le réconfort et l’espérance de Dieu. Elle t’ouvre toujours de nouvelles possibilités et t’aide à vaincre les peurs. Oui, celui qui prie surmonte la peur et prend son avenir en main. Croyez-vous cela ? Voulez-vous choisir la prière comme votre secret, comme l'eau de votre âme, comme la seule arme que vous devez porter sur vous, comme votre compagne quotidienne de voyage ?

Maintenant, regardons le deuxième doigt, l'index. Avec lui, nous montrons quelque chose aux autres. Les autres, la communauté, c'est le deuxième ingrédient. Mes amis, ne laissez pas votre jeunesse être gâchée par la solitude et la fermeture. Pensez toujours à vous ensemble et vous serez heureux, car la communauté est la voie pour vivre en harmonie avec soi-même, pour être fidèle à sa vocation. Au contraire, les choix individualistes semblent attrayants au début, mais ils ne laissent ensuite qu'un grand vide intérieur. Pensez à la drogue : tu te caches des autres, de la vie réelle, pour te sentir tout-puissant ; et à la fin, tu te retrouves privé de tout. Mais pensez aussi à la dépendance à l'occultisme et à la sorcellerie, qui enferment dans l'emprise de la peur, de la vengeance et de la colère. Ne vous laissez pas fasciner par de faux paradis égoïstes, construits sur les apparences, l'argent facile ou sur une religiosité déformée.

Et prenez garde à la tentation de désigner quelqu’un du doigt, d'exclure l’autre parce qu'il est d'une origine différente de la vôtre ; au régionalisme, au tribalisme qui semblent vous renforcer dans votre groupe mais qui sont au contraire la négation de la communauté. Vous savez comment cela se passe : d'abord on croit des préjugés sur les autres, puis l’on justifie la haine, puis la violence, et finalement on se retrouve en guerre. Mais - je me demande – as-tu déjà parlé à des personnes d'autres groupes, ou es-tu toujours resté enfermé dans le tien ? As-tu jamais écouté les histoires des autres, t’es-tu approché de leurs souffrances ? Bien sûr, il est plus facile de condamner quelqu'un que de le comprendre ; mais le chemin que Dieu indique pour construire un monde meilleur passe par l'autre, par l'ensemble, par la communauté. Cela c'est faire Église, élargir ses horizons, voir en chacun un prochain, prendre soin de l'autre. Si tu vois une personne seule, souffrante, abandonnée ? Approche-toi d’elle. Non pas pour lui montrer combien tu es bon, mais pour lui donner ton sourire et lui offrir ton amitié.

David, tu as dit que vous, les jeunes, vous vouliez à juste titre être reliés aux autres, mais que les réseaux sociaux vous déroutent souvent. C'est vrai, la virtualité ne suffit pas. Nous ne pouvons pas nous contenter d’interagir sur des réseaux sociaux avec des personnes distantes ou même fausses. La vie ne se touche pas avec un doigt sur l'écran. Il est triste de voir des jeunes rester pendant des heures devant un téléphone : après qu'ils se sont vus, tu regardes leurs visages et tu vois qu'ils ne sourient pas, leur regard est fatigué et ennuyé. Rien ni personne ne peut remplacer la force du fait d’être ensemble, la lumière des yeux, la joie du partage ! Parler, s'écouter est essentiel : alors que chacun cherche sur l'écran celui qui l'intéresse, découvrez chaque jour la beauté de vous laisser émerveiller par les autres, par leurs histoires et leurs expériences.

Essayons maintenant de toucher du doigt de ce que signifie être une communauté. Pendant un moment, prenez s’il vous plait par la main celui qui est à côté de vous. Sentez que vous êtes une seule Église, un seul Peuple. Sens que ton bien dépend de celui de l'autre, qu'il est multiplié par l'ensemble. Sens-toi protégé par ton frère et ta sœur, par quelqu'un qui t’accepte tel que tu es et qui veut prendre soin de toi. Et sens-toi responsable des autres, membre vivant d'un grand réseau de fraternité où l'on se soutient mutuellement et où tu es indispensable. Oui, tu es indispensable et responsable de ton Église et de ton pays. Tu appartiens à une histoire plus grande qui t’appelle à être acteur : créateur de communion, champion de la fraternité, rêveur indomptable d'un monde plus uni.

Vous n'êtes pas seuls dans cette aventure : toute l'Église, répandue dans le monde entier, vous soutient. Est-ce un défi difficile à relever ? Oui, mais c'est un défi possible. Vous avez aussi des amis qui, des tribunes du ciel, vous poussent vers ces objectifs. Savez-vous qui sont-ils ? Les saints. Je pense, par exemple, au bienheureux Isidore Bakanja, à la bienheureuse Marie-Clémentine Anuarite, à saint Kizito et à ses compagnons : des témoins de la foi, des martyrs qui n'ont jamais cédé à la logique de la violence mais qui ont confessé par leur vie la force de l'amour et du pardon. Leurs noms, inscrits dans les cieux, resteront dans l'histoire, tandis que la fermeture et la violence tournent toujours au détriment de ceux qui les commettent. Je sais que vous avez montré à maintes reprises que vous savez vous lever pour défendre, même au prix de grands sacrifices, les droits de l'homme et l'espoir d'une vie meilleure pour tous dans le pays. Je vous en remercie et j’honore la mémoire de ceux - si nombreux - qui ont perdu la vie ou la santé pour ces nobles causes. Et je vous encourage à avancer ensemble, sans crainte, en tant que communauté !

Prière, communauté ; nous arrivons au doigt central, qui s'élève au-dessus des autres comme pour nous rappeler une chose indispensable. C'est l'ingrédient fondamental pour un avenir à la hauteur de vos attentes. C'est l'honnêteté ! Être chrétien, c'est témoigner du Christ. La première façon de le faire est de vivre honnêtement, comme Il le veut. Cela signifie ne pas se laisser prendre aux pièges de la corruption. Le chrétien ne peut qu'être honnête, sinon il trahit son identité. Sans honnêteté, nous ne sommes pas disciples ni témoins de Jésus ; nous sommes des païens, des idolâtres qui adorent leur propre moi au lieu de Dieu, qui se servent des autres au lieu de servir les autres.

Mais - je me demande - comment vaincre le cancer de la corruption qui semble s'étendre et ne jamais s'arrêter ? Saint Paul nous aide avec une phrase simple et géniale que vous pouvez répéter jusqu'à ce que vous la reteniez par cœur. La voici : « Ne te laisse pas vaincre par le mal, mais sois vainqueur du mal par le bien » (Rm 12, 21). Ne te laisse pas vaincre par le mal : ne vous laissez pas manipuler par des individus ou des groupes qui cherchent à vous utiliser pour maintenir votre pays dans la spirale de la violence et de l'instabilité, afin de continuer à le contrôler sans égard pour personne. Mais sois vainqueur du mal par le bien : soyez les transformateurs de la société, les convertisseurs du mal en bien, de la haine en amour, de la guerre en paix. Voulez-vous être cela ? Si vous le voulez, c'est possible. Pourquoi ? Parce que chacun d'entre vous possède un trésor que personne ne peut lui voler. Celui de vos choix. Oui, tu es les choix que tu fais et tu peux toujours choisir la bonne chose à faire. Nous sommes libres de choisir : ne laissez pas votre vie se faire emporter par le courant pollué, ne vous laissez pas emporter comme un tronc sec dans une rivière sale. Indignez-vous, sans jamais céder aux flatteries, séductrices mais empoisonnées, de la corruption.

Je me souviens du témoignage d'un jeune homme comme vous, Floribert Bwana Chui. Il a été tué il y a quinze ans à Goma, alors qu'il n'avait que vingt-six ans, pour avoir bloqué le passage de denrées alimentaires avariées qui auraient porté atteinte à la santé des gens. Il aurait pu laisser faire, personne ne l'aurait découvert, et il aurait en plus gagné. Mais, en tant que chrétien, il a prié, pensé aux autres et choisi d'être honnête en disant non à la saleté de la corruption. Cela, c'est garder les mains propres alors que les mains qui trafiquent de l'argent sont ensanglantées. Si quelqu'un te tend une enveloppe, te promet des faveurs et des richesses, ne tombe pas dans le piège, ne te laisse pas tromper, ne te laisse pas engloutir dans le marais du mal. Ne te laisse pas vaincre par le mal, ne crois pas aux sombres complots de l'argent qui plongent dans la nuit. Être honnête, c'est briller de jour, c'est répandre la lumière de Dieu, c'est vivre la béatitude de la justice : sois vainqueur du mal par le bien !

Nous sommes au quatrième doigt, l'annulaire. C'est là que sont enfilées les alliances. Mais, si l'on y réfléchit, l'annulaire est aussi le doigt le plus faible, celui qui a le plus de mal à se lever. Il nous rappelle que les grands objectifs de la vie, l'amour avant tout, passent par des fragilités, des efforts et des difficultés. Il faut les habiter, les affronter avec patience et confiance, sans s'encombrer de problèmes inutiles, comme par exemple celui de transformer la valeur symbolique de la dot en une valeur quasi marchande. Mais, dans nos fragilités, dans les crises, quelle est la force qui nous fait avancer ? Le pardon. Parce que pardonner c’est savoir recommencer. Pardonner ne signifie pas oublier le passé, mais ne pas se résigner au fait qu’il se répètera. C’est changer le cours de l'histoire. C’est relever celui qui est tombé. C'est accepter l'idée que personne n'est parfait et que non seulement moi, mais tout le monde, a le droit de repartir.

Chers amis, pour créer un avenir nouveau, nous devons donner et recevoir le pardon. C'est ce que fait le chrétien : il n’aime pas seulement ceux qui l'aiment, mais il sait arrêter la spirale des vengeances personnelles et tribales par le pardon. Je pense au bienheureux Isidore Bakanja, un de vos frères qui a été longuement torturé parce qu'il n'avait pas renoncé à témoigner de sa piété et qu’il avait proposé le christianisme à d'autres jeunes. Il n'a jamais cédé aux sentiments de haine et, en donnant sa vie, il a pardonné à son bourreau. Celui qui pardonne apporte Jésus là même où il n'est pas accepté, il apporte l'amour là où l'amour est rejeté. Celui qui pardonne construit l'avenir. Mais comment devenir capable de pardon ? En nous laissant pardonner par Dieu. Chaque fois que nous nous confessons, nous recevons d'abord en nous-mêmes cette force qui change l'histoire. Par Dieu, nous sommes toujours pardonnés, toujours et gratuitement ! Et à nous aussi il est dit, comme dans l'Évangile : « Va et fais de même » (Lc 10, 37). Avance sans rancune, sans venin, sans haine. Progresse en faisant tien le style de Dieu, le seul qui renouvelle l'histoire. Avance et crois qu'avec Dieu, il est toujours possible de recommencer, il est toujours possible de repartir, il est toujours possible de pardonner !

Prière, communauté, honnêteté, pardon. Nous sommes au dernier doigt, le plus petit. Tu pourrais dire : je suis peu de chose et le bien que je peux faire n’est qu’une goutte dans la mer. Mais c'est précisément la petitesse, le fait de se faire petit, qui attire Dieu. Il y a un mot clé qui va dans ce sens : le service. Celui qui sert se fait petit ; comme une graine minuscule qui semble disparaître dans la terre mais qui, au contraire, porte du fruit. Selon Jésus, le service est le pouvoir qui transforme le monde. Ainsi, la petite question que tu peux t’attacher au doigt chaque jour est : Moi, que puis-je faire pour les autres ? C’est-à-dire, comment puis-je servir l'Église, ma communauté, mon pays? Olivier, tu nous as dit que dans certaines régions isolées, ce sont vous, les catéchistes, qui servez au quotidien les communautés de foi, et que cela doit être, dans l'Église, "l'affaire de tous". C'est vrai, et il est beau de servir les autres, de prendre soin d'eux, de faire quelque chose de gratuit, comme Dieu le fait avec nous. Je voudrais vous remercier, chers catéchistes : vous êtes vitaux comme l'eau pour beaucoup de communautés ; faites-les toujours grandir par la clarté de votre prière et de votre service. Servir, ce n'est pas rester les bras croisés, c'est se mobiliser. Beaucoup se mobilisent parce qu'ils sont attirés par leurs intérêts personnels. Vous, n'ayez pas peur de vous mobiliser pour le bien, d'investir dans le bien, dans l'annonce de l'Évangile, en vous préparant de manière passionnée et adéquate, en donnant vie à des projets organisés et à long terme. Et n'ayez pas peur de faire entendre votre voix, car non seulement l'avenir, mais aussi le présent sont entre vos mains : soyez au centre du présent !

Mes amis, je vous ai laissé cinq conseils pour établir des priorités parmi toutes les rumeurs attrayantes qui circulent. Dans la vie, comme dans la circulation routière, c'est souvent le désordre qui crée des embouteillages et des blocages inutiles, qui font perdre du temps et de l'énergie, et qui entretiennent la colère. Il est bon pour nous, au contraire, même dans l’agitation, de donner des points de référence au cœur et à la vie, des directions stables pour initier un avenir différent, sans suivre les vents de l'opportunisme. Chers amis, jeunes et catéchistes, je vous remercie pour ce que vous faites et pour ce que vous êtes : pour votre enthousiasme, votre lumière et votre espérance. Je voudrais vous dire une dernière chose : ne vous découragez jamais ! Jésus croit en vous et ne vous laisse jamais seuls. Gardez la joie que vous avez aujourd'hui et ne la laissez pas s'éteindre. Comme le disait Floribert à ses amis lorsqu'ils n’avaient pas bon moral: "Prends l'Évangile et lis-le. Il te consolera, il te donnera de la joie". Sortez ensemble du pessimisme qui paralyse. La République Démocratique du Congo attend de vos mains un avenir différent, car l'avenir est entre vos mains. Que votre pays redevienne, grâce à vous, un jardin fraternel, le cœur de paix et de liberté de l’Afrique ! Merci !

[00165-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Thank you for your show of affection, your dancing and your testimonies! I am delighted to meet you face to face, to greet you and to bless you as your hands were lifted up to heaven in celebration.

Now I would like to ask you, for a little while, not to look at me but to look at your hands. Open the palms of your hands. Look at them closely. Dear friends, God has placed the gift of life, the future of society and the future of this great country in those hands of yours. Dear brother, dear sister, do your hands not seem small and frail, empty and unsuited to so great a task? Let me tell you something: your hands all look alike, but none of them is exactly the same. No one has hands just like yours, and that is a sign that you are a unique, unrepeatable and incomparable treasure. No one in history can replace you. So ask yourself, what are my hands for? For building up or for tearing down, for giving or for grabbing, for loving or for hating? Notice how you can squeeze your hand, closing it to make a fist. Or you can open it, to offer it to God and to others. That has always been the fundamental choice we have to make, ever since ancient times, ever since the days when Abel generously offered the fruits of his labour, while Cain “raised his hand against his brother… and killed him” (Gen 4:8). Young people, you who dream of a different future: from your hands, tomorrow can be born; from your hands, peace so lacking in this world can at last come about. Yet what are we to do concretely? I would like to suggest some “ingredients for the future”: five of them, each corresponding to a finger on your hand.

The thumb, the finger closest to our heart, symbolizes prayer, which is the driving force in our life. Prayer may seem like something unreal and far from our concrete problems and issues. Yet prayer is the primary ingredient, the basic ingredient for the future, because by ourselves we cannot go very far. We are not all-powerful and, whenever we think we are, we end up failing miserably. Think of a tree, if we take away its roots. Even if that tree is large and robust, it cannot remain standing on its own. This is why we need to sink our roots in prayer and in listening to the word of God. Prayer is what allows us to grow deeply, day by day, to bear fruit, and to turn the tainted air we breathe into life-giving oxygen. Every tree needs one simple and basic element if it is to grow. That element is water. Prayer is “water for the soul”: it is hidden, unseen, yet it gives life. Those who pray grow inwardly; they are able to lift their gaze on high and to remember that we are made for heaven.

Dear brother, dear sister, we need prayer, a living prayer. Do not speak to Jesus like some far-off being who inspires awe and fear, but rather as your best friend, someone who has given his life for you. Jesus knows you, he believes in you and he loves you, always. When you contemplate him hanging on the cross for your salvation, you will come to see how precious you are to him. You can entrust to him your crosses, your fears, your anxieties, casting them upon his cross. He will embrace them all. He did this two thousand years ago; the cross you are carrying today was already a part of his cross. Do not be afraid, then, to take a cross in your hands, to press it to your heart, and to hand over all your tears to Jesus. And do not forget to contemplate his face, the face of a God who is young, alive and risen! Yes, Jesus has triumphed over evil; he made of his cross the bridge to the resurrection. So, raise your hands to him daily, praise him and bless him. Tell him the hopes of your heart, share with him the deepest secrets of your life: the person you love, the hurts you carry within, the dreams that you hold in your heart. Tell him about your neighbours, your teachers, your friends and colleagues; tell him about your country. God loves this kind of living, concrete and heartfelt prayer. It allows him to intervene, to enter into your daily life in a special way, to come with his “power of peace”. That power has a name. Do you know who it is? It is the Holy Spirit, the Comforter, the Giver of life. The Holy Spirit is the driving force of peace, the true power of peace. That is why prayer is the most powerful weapon there is. It brings you the consolation and hope that come from God. It always opens up new possibilities and helps you overcome all your fears. Yes, prayer conquers fear and enables us to take our future into our hands. Do you believe this? Do you want to make prayer your secret, as refreshing water for the soul, as the one weapon you carry, as a travelling companion on each day’s journey?

Now let us look at the second finger, the forefinger. We use our index finger to point things out to others. Others, the community: this is the second ingredient. Dear friends, do not ruin your youth by becoming isolated and closed in on yourselves. Think about this often and you will find happiness, because community is the way to make us feel good about ourselves and to be faithful to our true calling. Going it alone may seem enticing, but it ends up leaving us only with great emptiness. Think about drugs: you end up hiding yourself from others, from an authentic life, for the sake of feeling all-powerful; but ultimately you find yourself deprived of everything. Think too about addiction to the occult and witchcraft. This form of dependency imprisons us in fear, vengeance and anger. Do not yield to illusions that promise happiness, sand castles built on appearances, easy money or distorted forms of religion.

Beware of the temptation to point a finger at someone, to exclude another person because he or she is different; beware of regionalism, tribalism, or anything that makes you feel secure in your own group, but at the same time is unconcerned with the life of the community. You know what happens: first, you believe in prejudices about others, then you justify hatred, then violence, and in the end, you find yourself in the middle of a war. But let me ask you something. Have you ever spoken with people from other groups or have you always kept to yourself? Have you ever heard other people’s stories or drawn near to their sufferings? Certainly, it is easier to condemn people than to understand them; but God’s method of building a better world is to embrace those we think of as “other”, to identify with them, to connect as a community. That is what it means to build up the Church: to broaden our horizons, to see others as our neighbours and to care about them. Do you see someone lonely, suffering or left out? Approach him or her. Not because you want that person to see what a nice person you are, but to share your smile and to offer your friendship.

David, you mentioned that young people want to be connected to others, but that social media often confuses you. It is true, virtual reality is not enough, we cannot be content just interfacing with people who are far away and sometimes not even real. Life is more than just tapping a screen with a finger. It is sad to see young people spending hours staring at a phone; then, if you look at their faces, you see that they are not smiling, that they look weary and bored. Nothing and no one can ever be a replacement for the energy that we get from being together, the sparkle in our eyes, the joy of exchanging ideas! Talking, listening to each other is essential: on the screen, everyone scrolls down for what they find interesting. So try to spend time together and experience the beauty of letting others amaze you with their stories and their experiences.

Let us now try to feel very concretely what it means to build community. Just for a few moments, hold hands with whoever is beside you. Imagine yourselves as one Church, a single people. Realize that your own welfare depends on the welfare of others, which is multiplied by the whole. Have a sense of what it means to be protected by your brother and sister, by someone who accepts you as you are and is concerned about you. And know that you are responsible for others, as a vital part of a great fraternal network in which everyone supports everyone else, and that you are indispensable. Yes, you are indispensable and responsible for your Church and your country. You are part of a greater history, one that calls you to take an active role as a builder of communion, a champion of fraternity, an indomitable dreamer of a more united world.

You are not alone in this adventure: the whole Church, throughout the world, is cheering for you. Is it a difficult challenge? Yes, but you can rise to it. You also have some friends in the stands who are encouraging you towards these goals. Do you know who they are? The saints in heaven. I think, for example, of Blessed Isidore Bakanja, of Blessed Marie-Clémentine Anuarite, and of Saint Kizito and his companions. They were witnesses of the faith, martyrs who never succumbed to the logic of violence, but proclaimed by their lives the power of love and forgiveness. Their names, written in heaven, will long endure in history, whereas narrow-mindedness and violence will always turn against those who practise them. I know you have repeatedly shown that, even at great sacrifice, you are ready to stand up to defend human rights and the hope of a better future for everyone in the country. I thank you for this and I honour the memory of all those – and they are many – who have lost their lives or their health for these noble causes. And I encourage you to go forward together, fearlessly, as a community!

Prayer and community; we come to the third finger, which is higher than the others, as if to remind us of something essential. It is the key ingredient for a future worthy of our great expectations. And that is: honesty! To be a Christian is to witness to Christ. The first way to do this is by living virtuously, as Christ desires. This means not getting entangled in the snares of corruption. Christians cannot fail to be honest; otherwise, they betray their identity. Without honesty, we are not disciples and witnesses of Jesus; we are pagans, idolaters who worship our own ego rather than God, people who use others rather than serving them.

I wonder, though – how do we stop the spread of corruption, that seems never to stop expanding? Saint Paul helps us with a simple and brilliant phrase that you can say to yourselves over and over, until you know it by heart. Here it is: “Do not be overcome by evil; but overcome evil with good” (Rom 12:21). Do not be overcome by evil. Do not let yourselves be manipulated by individuals or groups that try to use you to keep your country in the grip of violence and instability, so that they can continue to control it without answering to anyone. But overcome evil with good. May you be the ones who transform society, the ones who turn evil into good, hatred into love, war into peace. Do you want to be that kind of person? If you do, then it is possible. Do you know why? Because each one of you has a treasure that no one can steal from you. It is your power to make choices. In fact, you are the choices you make, and you can always choose to do the right thing. We have the freedom to choose. Do not let your life be dragged along by the current of corruption. Do not let yourselves be borne along like dead branches in a contaminated river. Be indignant, but never give in to the persuasive but poisonous temptations of corruption.

I think of the witness given by a young person like yourselves, Floribert Bwana Chui, who fifteen years ago, at only twenty-six years old, was killed in Goma for having blocked the passage of spoiled foodstuffs that would have been harmful for people’s health. He could easily have turned a blind eye; nobody would have found out, and he might even have gotten ahead as a result. But, since he was a Christian, he prayed. He thought of others and he chose to be honest, saying no to the filth of corruption. That is what it means to keep your hands clean, for hands that traffic in easy money get stained with blood. If someone offers you a bribe, or promises you favours and lots of money, do not fall into the trap. Do not be deceived; do not be sucked into the swamp of evil. Do not be overcome by evil! Do not trust shady financial schemes that plunge you into the darkness. To be honest is to shine like the day; it is to radiate the light of God. It is to live the beatitude of justice: overcome evil with good!

Now we have reached the fourth finger, the ring finger, on which wedding rings are worn. If you think about it, the ring finger is also the weakest finger, the one that is the hardest for us to raise. It reminds us that the goals that bring us the greatest fulfilment in life, above all love, involve weakness, weariness and hardship. These have to be accepted, confronted with patience and trust, without letting ourselves get weighed down by pettiness, as, for example, when the beautiful symbolism of a dowry is reduced purely to a financial arrangement. In our frailty and in our moments of crisis, what is the power that makes us go forward? Forgiveness. Because forgiving means being able to start over. To forgive does not mean forgetting the past; it means refusing to repeat it. To forgive is to change the course of history. It is to raise up those who have fallen. It is to accept the idea that no one is perfect and that everyone, not just myself, has the right to make a new start.

Dear friends, to create a new future we need to give and receive forgiveness. That is what Christians do: they do not merely love those who love them, but they choose to halt the spiral of personal and tribal vendettas with forgiveness. I think, for example, of Blessed Isidore Bakanja, your brother who was brutally tortured because he refused to conceal his piety and proposed Christianity to other young people. He never yielded to feelings of hatred and, as he gave up his life, he forgave his torturer. Those who forgive bring Jesus even to places where he is not welcomed; they bring love to places where love is rejected. Those who forgive build the future. But how do we become capable of forgiveness? By first allowing ourselves to be forgiven by God. Every time we confess our sins, we receive in our hearts the power that changes history. God always forgives us, always and freely! And we are then told, as the Gospel says: to “go and do likewise” (Lk 10:37). Go forth without resentment, without venom, without hatred. Go forth and make God’s ways your own, for he alone can renew history. Go forth and believe that we can always begin again with God. We can always start over, we can always forgive!

Prayer, community, honesty, forgiveness. We have now come to the last and smallest finger. You may be tempted to say: But I am so little, and whatever good I can do is but a drop in the ocean. But it is precisely littleness, our decision to become little, that attracts God. The key here is service. Those who serve make themselves little. Like a tiny seed, they seem to be swallowed up in the earth, and yet they bring forth fruit. Jesus tells us that service is the force that transforms the world. So the little question that you can tie on this finger each day is: What can I do for others? In other words, how can I serve the Church, my community, my country? Olivier, you told us that, in some isolated regions, you, the catechists, daily serve the faith communities and that, in the Church, this should be “everyone’s business”. It is true, and it is a beautiful thing to serve others, to care for them, to do something without expecting anything in return, as God does with us. I would like to thank you, dear catechists: for so many communities, you are as vital as water; always help them to grow by the integrity of your prayer and your service. To serve is not to sit idly by; it is to get up and go. Many get up and go because they want to pursue their own interests. Do not be afraid, yourselves, to pursue goodness, to invest in goodness and to proclaim the Gospel, preparing yourselves enthusiastically and suitably, and initiating long-term projects. And do not be afraid to make your voices heard, because in your hands is not only the future, but the present as well. Be at the centre of the present moment!

Dear friends, I have left you five words to help you to discern, amid all the many attractive messages you hear, what is really important in life. For in life, as in driving, disorder and confusion often create unnecessary traffic jams that waste our time and energy, and fuel anger. Rather, we do well, even amid confusion, to give our hearts and lives clarity, to make realistic plans and have stable points of reference, in order to set out for a different kind of future, refusing to heed the empty promises of opportunism. Dear friends, young people and catechists, I thank you for what you do and for who you are. Thank you for your enthusiasm, your light and your hope! Now I would like to tell you one last thing: never grow discouraged! Jesus believes in you and he will never leave you stranded. Hold fast to the joy that you feel today; never let it fade. As Floribert told his friends when they were feeling low: “Take the Gospel and read it. It will console you; it will give you joy”. All of you, together, leave behind the pessimism that paralyzes. The Democratic Republic of the Congo expects from your hands a different future, for that future is in your hands. May your country once more become, thanks to you, a garden of fraternity, the heart of peace and freedom in Africa! Thank you!

[00165-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Danke für eure Zuneigung, euren Tanz und eure Worte! Ich bin glücklich, euch in die Augen geschaut und euch gegrüßt und gesegnet zu haben, während eure Hände sich in Festesfreude gen Himmel erhoben.

Jetzt möchte ich euch bitten, für ein paar Momente nicht mich anzuschauen, sondern eure Hände. Öffnet eure Hände und betrachtet sie. Freunde, Gott hat in eure Hände das Geschenk des Lebens, die Zukunft der Gesellschaft und dieses großartigen Landes gelegt. Bruder, Schwester, erscheinen dir deine Hände klein und schwach, leer und ungeeignet für eine so große Aufgabe? Ich möchte dich auf eines hinweisen: Alle Hände sind ähnlich und doch ist keine wie die andere; niemand hat Hände wie deine, deshalb bist du ein einzigartiger, unwiederholbarer und unvergleichlicher Schatz. Keiner in der Geschichte kann dich ersetzen. Frag dich also: Wozu dienen diese meine Hände? Zum Aufbauen oder zum Zerstören, zum Geben oder zum Anhäufen, zum Lieben oder zum Hassen? Schau, du kannst die Hand schließen, dann wird sie zu einer Faust, oder du kannst sie öffnen und sie Gott und anderen zur Verfügung stellen. Darin liegt die grundlegende Entscheidung, seit der Antike, seit Abel, der die Früchte seiner Arbeit großzügig darbrachte, während Kain „seine Hand gegen […] seinen Bruder erhob und ihn tötete“ (vgl. Gen 4,8). Junger Mensch, der du von einer anderen Zukunft träumst, aus deinen Händen wird das Morgen geboren, aus deinen Händen kann der Frieden kommen, der diesem Land fehlt. Aber wie macht man das konkret? Ich möchte euch einige „Zutaten für die Zukunft“ vorschlagen, und zwar fünf, die ihr den Fingern einer Hand zuordnen könnt.

Dem Daumen, dem Finger, der dem Herzen am nächsten ist, entspricht das Gebet, das das Leben pulsieren lässt. Es mag wie etwas Abstraktes erscheinen, weit entfernt von der Konkretheit der Probleme. Aber das Gebet ist die erste Zutat, die grundlegende, denn alleine schaffen wir es nicht. Wir sind nicht allmächtig, und wenn jemand glaubt, er sei es, scheitert er kläglich. Er ist wie ein entwurzelter Baum: Auch wenn er groß und stark ist, kann er nicht von alleine aufrecht stehen. Deshalb müssen wir uns im Gebet verwurzeln, im Hören auf das Wort Gottes, das uns täglich ermöglicht, in die Tiefe zu wachsen, Frucht zu bringen und die Verschmutzung, die wir einatmen, in lebenswichtigen Sauerstoff umzuwandeln. Dazu braucht jeder Baum ein einfaches und wichtiges Element: das Wasser. Und das Gebet ist das „Wasser der Seele“: Es ist schlicht, es ist unsichtbar, aber es bringt Leben. Wer betet, reift innerlich und versteht es, den Blick nach oben zu richten und sich daran zu erinnern, dass er für den Himmel geschaffen ist.

Bruder, Schwester, wir brauchen das Gebet, ein lebendiges Gebet. Sprich Jesus nicht als ein fernes und unnahbares Wesen an, vor dem man Angst haben müsste, sondern als den besten Freund, der sein Leben für dich hingegeben hat. Er kennt dich, glaubt an dich und liebt dich, immer. Wenn du ihn siehst, wie er am Kreuz hängt, um dich zu retten, wird dir klar, wie viel du ihm wert bist. Und du kannst ihm deine Kreuze, deine Ängste, deine Sorgen anvertrauen, indem du sie auf seinem Kreuz ablegst. Er wird sie in seine Arme schließen. Er hat das schon vor 2.000 Jahren getan und das Kreuz, das du heute trägst, war schon Teil seines Kreuzes. Hab also keine Angst, das Kruzifix in die Hand zu nehmen und es an deine Brust zu halten, um deine Tränen auf Jesus zu vergießen. Und vergiss nicht, in sein Gesicht zu schauen, in das Gesicht eines jungen, lebendigen, auferstandenen Gottes! Ja, Jesus hat das Böse besiegt, er hat das Kreuz zu einer Brücke zur Auferstehung gemacht. Erheb also jeden Tag deine Hände zu ihm, um ihn zu loben und zu preisen; ruf ihm die Hoffnungen deines Herzens zu, vertrau ihm die innersten Geheimnisse deines Lebens an: den Menschen, den du liebst, die Verletzungen, die du in dir trägst, die Träume, die du im Herzen hast. Erzähl ihm von deinem Stadtviertel, deinen Nachbarn, Lehrern, Klassenkameraden, Freunden und Kollegen und von deinem Land. Gott liebt dieses lebendige, konkrete Gebet, das aus dem Herzen kommt. Es ermöglicht ihm, einzugreifen und sich auf besondere Weise in die Lebensumstände hineinzubegeben. Er kommt mit seiner „Kraft des Friedens“. Die hat einen Namen. Wisst ihr, um wen es geht? Es handelt sich um den Heiligen Geist, denjenigen, der tröstet und Leben schenkt. Er ist der Motor des Friedens, er ist die wahre Kraft des Friedens. Genau aus diesem Grund ist das Gebet die mächtigste Waffe, die es gibt. Sie vermittelt dir den Trost und die Hoffnung Gottes. Sie eröffnet dir immer neue Möglichkeiten und hilft dir, Ängste zu überwinden. Ja, wer betet, überwindet die Angst und nimmt die eigene Zukunft in die Hand. Glaubt ihr das? Wollt ihr euch für das Gebet als euer Geheimnis entscheiden, als das Wasser der Seele, als die einzige Waffe, die ihr bei euch tragt, als euren täglichen Wegbegleiter?

Schauen wir nun auf den zweiten Finger, den Zeigefinger. Damit zeigen wir anderen etwas. Die anderen, die Gemeinschaft, das ist die zweite Zutat. Freunde, lasst euch eure Jugend nicht durch Einsamkeit und Verschlossenheit verderben. Denkt euch stets als Gemeinschaft und ihr werdet glücklich sein, denn die Gemeinschaft ist der Weg, der dazu führt, dass es euch gut geht und dass ihr eurer Berufung treu bleibt. Individualistische Entscheidungen hingegen scheinen zunächst verlockend zu sein, hinterlassen dann aber nur eine große innere Leere. Denkt an den Drogenkonsum: Du versteckst dich vor anderen, vor dem wirklichen Leben, damit du dich allmächtig fühlen kannst; und am Ende stehst du ohne alles da. Denkt aber auch an die Abhängigkeit von Okkultismus und Hexerei, die in Angst, Rache und Wut gefangen halten. Lasst euch nicht von egoistischen, falschen Paradiesen verführen, die auf Äußerlichkeiten, schnellem Gewinn oder verzerrter Religiosität basieren.

Und hütet euch vor der Versuchung, mit dem Finger auf andere zu zeigen, jemanden auszuschließen, weil er oder sie eine andere Herkunft hat als ihr. Ein ausschließlich auf die eigene Region oder den eigenen Stamm bezogenes Denken, das euch in eurer Gruppe zu bestärken scheint, aber stattdessen eine Absage an die Gemeinschaft darstellt. Ihr wisst, wie das läuft: Erst glaubt man den Vorurteilen über andere, dann rechtfertigt man den Hass, dann die Gewalt und schließlich befindet man sich mitten im Krieg. Aber – so frage ich mich – hast du jemals mit Menschen aus den anderen Gruppen gesprochen oder hast du dich immer auf deine eigene Gruppe beschränkt? Hast du dir jemals die Geschichten anderer angehört, dich ihrem Leid genähert? Sicher ist es einfacher, jemanden zu verurteilen, als ihn zu verstehen; aber der Weg, den Gott zum Aufbau einer besseren Welt zeigt, geht über den anderen, über das Miteinander, über die Gemeinschaft. Es geht darum, eine Kirche zu bilden, den eigenen Horizont zu weiten, in einem jeden seinen Nächsten zu sehen und sich um den anderen zu kümmern. Siehst du jemanden, der einsam ist, der leidet oder vernachlässigt wird? Geh auf ihn zu. Nicht um ihm zu zeigen, wie gut du bist, sondern um ihm dein Lächeln zu schenken und ihm deine Freundschaft anzubieten.

David, du hast gesagt, dass ihr jungen Leute richtigerweise mit anderen verbunden sein wollt, aber dass die sozialen Medien euch oft verwirren. Es stimmt, Virtualität reicht nicht aus. Wir können uns nicht damit zufriedengeben, mit weit entfernten oder sogar künstlichen Personen in Verbindung zu stehen. Mit dem Leben kommt man nicht über einen Finger auf dem Bildschirm in Berührung. Es ist traurig, junge Menschen zu sehen, die stundenlang am Telefon hängen: Nachdem sie sich gespiegelt haben, schaust du in ihre Gesichter und siehst, dass sie nicht lächeln, ihr Blick wirkt müde und gelangweilt. Nichts und niemand kann die Kraft des Zusammenseins, das Leuchten in den Augen und die Freude sich mitzuteilen ersetzen! Miteinander reden, einander zuhören, das ist entscheidend: Während auf dem Bildschirm jeder nach dem sucht, was ihn interessiert, entdeckt ihr jeden Tag, wie schön es ist, sich von anderen, von ihren Geschichten und Erfahrungen überraschen zu lassen.

Versuchen wir nun mit unseren Händen zu fassen, was es heißt, eine Gemeinschaft zu sein. Bitte nehmt diejenigen, die neben euch stehen, für ein paar Augenblicke bei der Hand. Fühlt euch als eine einzige Kirche, als ein einziges Volk. Spüre, dass dein Wohl von dem des anderen abhängt, dass es vom Gesamtgefüge vervielfacht wird. Fühl dich von deinem Bruder und deiner Schwester behütet, von jemandem, der dich so akzeptiert, wie du bist und sich um dich kümmern will. Und fühl dich verantwortlich für die Anderen, als lebendiger Teil eines großen Netzwerks der Geschwisterlichkeit, in dem man sich gegenseitig Halt gibt und in dem du unverzichtbar bist. Ja, du bist unverzichtbar und verantwortlich für deine Kirche und für dein Land; du gehörst zu einer größeren Geschichte, die dich dazu aufruft, Protagonist zu sein: einer, der Gemeinschaft stiftet, ein Meister der Geschwisterlichkeit, ein unbeirrbarer Träumer von einer geeinteren Welt.

Ihr seid bei diesem Abenteuer nicht allein: Die ganze Kirche, überall auf der Welt, steht hinter euch. Ist das eine schwierige Herausforderung? Ja, aber es ist eine mögliche Herausforderung. Außerdem habt ihr Freunde, die euch von den Rängen des Himmels aus anspornen, diese Ziele zu erreichen. Wisst ihr, wer sie sind? Die Heiligen. Ich denke zum Beispiel an den seligen Isidoro Bakanja, die selige Marie-Clementine Anuarite, den heiligen Kizito und seine Gefährten: sie sind Glaubenszeugen, Märtyrer, die nie der Logik der Gewalt nachgegeben haben, sondern mit ihrem Leben die Macht der Liebe und der Vergebung bezeugt haben. Ihre Namen, die in den Himmel geschrieben sind, werden in der Geschichte fortbestehen, während Verschlossenheit und Gewalt immer nachteilig auf diejenigen zurückfallen, die sie begehen. Ich weiß, dass ihr mehrmals gezeigt habt, dass ihr fähig seid, euch zu erheben, um die Menschenrechte und die Hoffnung auf ein besseres Leben für alle Menschen in diesem Land zu verteidigen, auch wenn dies mit großen Opfern verbunden ist. Ich danke euch dafür und ehre das Andenken derer - so vieler -, die das Leben oder die Gesundheit für diese ehrenvollen Bestrebungen verloren haben. Und ich ermutige euch, macht gemeinsam weiter, ohne Angst, als eine Gemeinschaft!

Gebet, Gemeinschaft; wir kommen zum dritten Finger, der sich über die anderen erhebt, so als wolle er uns an etwas Unerlässliches erinnern. Es ist die wichtigste Zutat für eine Zukunft, die euren Ansprüchen gerecht wird. Das ist die Ehrlichkeit! Christ zu sein bedeutet, Christus zu bezeugen. Der erste Weg, das zu tun, ist, aufrichtig zu leben, so wie er es will. Das bedeutet, sich nicht in die Schlingen der Korruption verwickeln zu lassen. Der Christ kann nicht anders als ehrlich sein, sonst verrät er seine Identität. Ohne Ehrlichkeit sind wir keine Jünger und Zeugen Jesu; dann sind wir Heiden, Götzendiener, die das eigene Ich statt Gott anbeten, die sich anderer bedienen, anstatt anderen zu dienen.

Aber – so frage ich mich – wie besiegt man das Krebsgeschwür der Korruption, das sich scheinbar unaufhaltsam ausbreitet? Paulus hilft uns mit einem einfachen und genialen Satz, den ihr so lange wiederholen könnt, bis ihr ihn auswendig könnt. Er lautet: »Lass dich nicht vom Bösen besiegen, sondern besiege das Böse durch das Gute« (Röm 12,21). Lass dich nicht vom Bösen besiegen: Lasst euch nicht von Einzelpersonen oder Gruppen manipulieren, die versuchen, euch zu benutzen, um euer Land in der Spirale von Gewalt und Instabilität zu halten, um es weiterhin ohne Rücksicht auf irgendjemanden zu kontrollieren. Sondern besiege das Böse durch das Gute: Seid ihr diejenigen, die die Gesellschaft verwandeln, die Böses in Gutes verwandeln, Hass in Liebe, Krieg in Frieden. Wollt ihr das sein? Wenn ihr es wollt, ist es möglich: Wisst ihr warum? Weil jeder von euch einen Schatz besitzt, den euch niemand stehlen kann. Das sind eure Entscheidungen. Ja, du bist die Entscheidungen, die du triffst, und du kannst dich immer für das Richtige entscheiden. Wir können uns frei entscheiden: Lasst nicht zu, dass euer Leben von der verschmutzten Flut mitgerissen wird, lasst euch nicht wie ein trockener Baumstamm in einem schmutzigen Fluss treiben. Widersetzt euch und gebt niemals den verführerischen, aber vergifteten Verlockungen der Korruption nach.

Ich erinnere mich an das Zeugnis eines jungen Menschen wie ihr es seid, an Floribert Bwana Chui: Vor fünfzehn Jahren, als er gerade erst sechsundzwanzig Jahre alt war, wurde er in Goma getötet, weil er den Transport von verdorbenen Lebensmitteln blockierte, die der Gesundheit der Menschen geschadet hätten. Er hätte es einfach laufen lassen können, sie hätten es nicht herausgefunden, und er hätte daran sogar verdient. Aber als Christ betete er, dachte an die Anderen und entschied sich dafür, ehrlich zu sein und Nein zum Schmutz der Korruption zu sagen. So behält man seine Hände sauber, während die Hände, die mit Geld handeln, sich mit Blut beflecken. Wenn dir jemand einen Umschlag entgegenstreckt, dir Gefälligkeiten und Reichtum verspricht, dann tappe nicht in die Falle, lass dich nicht täuschen, lass dich nicht von dem Sumpf des Bösen verschlingen. Lass dich nicht vom Bösen besiegen, glaub nicht an die dunklen Machenschaften des Geldes, die dich ins Dunkel der Nacht stürzen lassen. Ehrlich zu sein bedeutet, bei Tag zu leuchten, das Licht Gottes zu verbreiten und das Glück der Gerechtigkeit zu leben: Besiege das Böse durch das Gute!

Wir sind beim vierten Finger, dem Ringfinger. Dort trägt man den Ehering. Aber wenn ihr es recht bedenkt, ist der Ringfinger auch der schwächste Finger, den man am schwersten ausstrecken kann. Er erinnert uns daran, dass man die großen Ziele des Lebens, vor allem die Liebe, durch Schwäche, Entbehrungen und Schwierigkeiten hindurch erreicht. Man muss sie annehmen und ihnen mit Geduld und Vertrauen begegnen, ohne sich mit unnötigen Problemen zu belasten, wie z.B. damit, dass man den symbolischen Wert der Mitgift zu einem fast kommerziellen Wert macht. Aber was ist die Kraft, die uns in unseren Schwächen und Krisen weiterkommen lässt? Die Vergebung. Denn Vergebung bedeutet neu anfangen zu können. Vergebung bedeutet nicht, die Vergangenheit zu vergessen, sondern sich nicht damit abzufinden, dass sie sich wiederholt. Es geht darum, den Lauf der Geschichte zu verändern. Es geht darum, diejenigen aufzurichten, die gefallen sind. Es geht darum, zu akzeptieren, dass niemand perfekt ist und dass nicht nur ich, sondern jeder das Recht hat, neu anzufangen.

Freunde, um eine neue Zukunft zu schaffen, müssen wir Vergebung gewähren und empfangen. Ein Christ tut genau das: Er liebt nicht nur diejenigen, die ihn lieben, sondern weiß auch, wie er die Spirale persönlicher und stammesbezogener Fehden durch Vergebung stoppen kann. Ich denke an den seligen Isidoro Bakanja, einen eurer Brüder, der lange Zeit gefoltert wurde, weil er nicht davon abließ, seine Frömmigkeit zu bezeugen und weil er anderen jungen Menschen den christlichen Glauben nahegebracht hatte. Er gab nie Hassgefühlen nach und vergab seinem Henker, als er sein Leben hingab. Derjenige, der vergibt, bringt Jesus auch dorthin, wo er nicht aufgenommen wird, er bringt Liebe dorthin, wo die Liebe abgelehnt wird. Wer vergibt, der schafft Zukunft. Aber wie werden wir fähig zu verzeihen? Indem wir uns von Gott vergeben lassen. Jedes Mal, wenn wir beichten, erhalten wir zuerst in uns selbst die Kraft, die die Geschichte verändert. Gott vergibt uns immer, immer und ohne unser Verdienst! Und auch an uns ergeht dieses Wort aus dem Evangelium: »Geh und handle du genauso« (Lk 10,37). Mach weiter ohne Groll, Bosheit und Hass. Geh weiter und mach dir Gottes Stil zu eigen, der allein die Geschichte erneuert. Geh weiter und glaube daran, dass man mit Gott immer wieder neu anfangen kann, dass man immer wieder neu beginnen kann, dass man immer verzeihen kann!

Gebet, Gemeinschaft, Ehrlichkeit, Vergebung. Wir sind beim letzten Finger, dem kleinsten. Du könntest sagen: Ich bin klein und das Gute, das ich tun kann, ist nur ein Tropfen im Ozean. Aber es ist gerade das Kleinsein, das Sich-Kleinmachen, das Gott anzieht. In diesem Zusammenhang gibt es ein Schlüsselwort, das lautet: Dienst. Wer dient, macht sich klein. Wie ein winziger Samen scheint er in der Erde zu verschwinden und doch bringt er Frucht. Jesus zufolge ist der Dienst die Kraft, die die Welt verändert. Die kleine Frage, die du jeden Tag mit diesem Finger verbinden kannst, lautet also: Was kann ich für die Anderen tun? Wie kann ich also der Kirche, meiner Gemeinschaft, meinem Land dienen? Olivier, du hast uns gesagt, dass ihr Katechetinnen und Katecheten in einigen abgelegenen Regionen die Glaubensgemeinschaften täglich betreut und dass dies in der Kirche „jedermanns Sache“ sein sollte. Das ist wahr und es ist gut, anderen zu dienen, sich um sie zu kümmern, etwas ohne Gegenleistung zu tun, so wie Gott es mit uns macht. Ich möchte euch danken, liebe Katechetinnen und Katecheten: Ihr seid für viele Gemeinden so lebenswichtig wie das Wasser; lasst sie immer durch die Reinheit eures Gebets und eures Dienstes wachsen. Dienen heißt nicht, die Hände zu verschränken, sondern sich in Bewegung zu setzen. So viele setzen sich in Bewegung für ihre eigenen Interessen. Habt keine Angst, euch für das Gute in Bewegung zu setzen, in das Gute zu investieren, in die Verkündigung des Evangeliums, indem ihr euch leidenschaftlich und angemessen vorbereitet und langfristig organisierte Projekte ins Leben ruft. Und habt keine Angst, euch zu Wort zu melden, denn nicht nur die Zukunft, sondern auch das Heute liegt in euren Händen: Seid mitten in der Gegenwart!

Freunde, ich habe euch fünf Hinweise gegeben, wie ihr angesichts der vielen verlockenden Möglichkeiten Prioritäten setzen könnt. Im Leben, wie auch im Straßenverkehr, ist es oft die Unordnung, die zu unnötigen Staus und Behinderungen führt, durch die man Zeit und Energie verschwendet und die zu Verärgerung führen. Es ist gut für uns, auch in der Verwirrung, dem Herzen und dem Leben stattdessen feste Punkte, eine stabile Richtung zu geben, um eine andere Zukunft zu beginnen, ohne den Winden des Opportunismus zu folgen. Liebe Freunde, liebe Jugendliche und Katecheten, ich danke euch für das, was ihr tut und für das, was ihr seid: für eure Begeisterung, euer Licht und eure Hoffnung. Ich möchte euch noch ein Letztes sagen: Lasst euch niemals entmutigen! Jesus glaubt an euch und lässt euch nie allein. Bewahrt euch die Freude, die ihr heute empfindet, und lasst sie nicht verblassen. Wie Floribert seinen Freunden sagte, als sie niedergeschlagen waren: »Nimm das Evangelium und lies es. Es wird dich trösten und dir Freude bereiten«. Überwindet gemeinsam den lähmenden Pessimismus. Die Demokratische Republik Kongo erwartet von euch eine andere Zukunft, denn die Zukunft liegt in euren Händen. Möge euer Land dank euch wieder ein geschwisterlicher Garten werden, das Zentrum des Friedens und der Freiheit Afrikas! Ich danke euch!

[00165-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Gracias por el cariño, por la danza y por sus palabras. Estoy feliz de haberlos mirado a los ojos, de haberlos saludado y bendecido mientras festejaban levantando sus manos al cielo.

Ahora quisiera pedirles, por unos instantes, no me miren a mí, sino miren sus manos. Abran las palmas de las manos, mírenlas atentamente. Amigos, Dios ha puesto en sus manos el don de la vida, el futuro de la sociedad y de este gran país. Hermano, hermana, ¿tus manos te parecen pequeñas y débiles, vacías e inadecuadas para tareas tan grandes? Quisiera llamar tu atención sobre un detalle: todas las manos son similares, pero ninguna es igual a la otra; nadie tiene unas manos iguales a las tuyas, por eso eres un tesoro único, irrepetible e incomparable. Nadie en la historia puede sustituirte. Pregúntate entonces, ¿para qué sirven mis manos?, ¿para construir o para destruir, para dar o para acaparar, para amar o para odiar? Ves, puedes apretar la mano y cerrarla, y se vuelve un puño; o puedes abrirla y ponerla a disposición de Dios y de los demás. Esta es la decisión fundamental, desde tiempos antiguos, desde Abel, que ofreció con generosidad los frutos de su trabajo, mientras Caín «se abalanzó sobre su hermano y lo mató» (Gn 4,8). Joven que sueñas con un futuro distinto, de tus manos nace el mañana, de tus manos puede llegar la paz que falta en este país. Pero, concretamente, ¿qué es lo que hay que hacer? Quisiera sugerirles algunos “ingredientes para el futuro”, cinco, que pueden asociar a los dedos de la mano.

Al pulgar, el dedo más cercano al corazón, corresponde la oración, que hace latir la vida. Puede parecer una realidad abstracta, lejana de los problemas tangibles. Sin embargo, la oración es el primer ingrediente, el más esencial, porque nosotros solos no somos capaces. No somos omnipotentes y, cuando alguien cree que es así, fracasa miserablemente. Es como un árbol arrancado que, aunque sea grande y robusto, no se mantiene en pie por sí mismo. Por eso, es necesario enraizarse en la oración, en la escucha de la Palabra de Dios, que nos permite crecer cada día en profundidad, dar fruto y transformar la contaminación que respiramos en oxígeno vital. Para conseguirlo, cada árbol necesita un elemento simple y esencial, el agua. Y es así, la oración es “el agua del alma”, es humilde, no se ve, pero da vida. Quien reza, madura interiormente y sabe levantar la mirada hacia lo alto, acordándose que fue hecho para el cielo.

Hermano, hermana, es necesaria la oración, una oración viva. No te dirijas a Jesús como a un ser lejano y distante al que hay que tenerle miedo, sino como al mejor de los amigos, que dio la vida por ti. Él te conoce, cree en ti y te ama, siempre. Mirándolo clavado en la cruz para salvarte, comprendes cuánto vales para Él. Y puedes confiarle tus propias cruces, tus temores, tus afanes, arrojándolas sobre su cruz. Los abrazará. Lo hizo ya hace dos mil años y aquella cruz, que hoy soportas, era ya parte de la suya. No tengas miedo de tomar entre las manos el crucifijo y apretarlo contra tu pecho, derramando tus lágrimas sobre Jesús. Y no te olvides mirar su rostro, el rostro de un Dios joven, vivo, resucitado. Sí, Jesús ha vencido el mal, hizo de la cruz un puente hacia la resurrección. Entonces, levanta cada día las manos hacia Él para alabarlo y bendecirlo; grítale las esperanzas de tu corazón, confíale los secretos más íntimos de la vida: la persona que amas, las heridas que llevas dentro, los sueños que tienes en el corazón. Cuéntale acerca de tu barrio, de tus vecinos, de tus maestros y compañeros, de tus amigos y coetáneos; cuéntale de tu país. Dios ama esta oración viva, concreta, hecha con el corazón. Le permite intervenir, entrar en los pliegues de la vida de un modo especial, llegar con su “fuerza de paz”, que tiene un nombre. ¿Saben cuál es? El Espíritu Santo, aquel que consuela y da la vida. Él es el motor de la paz, es la verdadera fuerza de la paz. Por eso la oración es el arma más potente que existe. Te trasmite el consuelo y la esperanza de Dios. Te abre siempre nuevas posibilidades y te ayuda a vencer los miedos. Sí, quien reza supera el miedo y se hace cargo de su propio futuro. ¿Creen esto? ¿Quieren elegir la oración como su secreto; como el agua del alma; como la única arma que llevarán con ustedes; como compañera de viaje cada día?

Miremos ahora el segundo dedo, el índice. Con este indicamos algo a los demás. Los otros, la comunidad, este es el segundo ingrediente. Amigos, no dejen que su juventud se estropee por la soledad y el aislamiento. Piénsense siempre juntos y serán felices, porque la comunidad es el camino para estar bien consigo mismo, para ser fieles a la propia llamada. Las decisiones individualistas, en cambio, al principio parecen atrayentes, pero después sólo dejan un gran vacío interior. Piensen en la droga; te esconde de los demás, de la verdadera vida, para hacerte sentir omnipotente, pero al final te encuentras despojado de todo. Piensen también en la dependencia del ocultismo y de la brujería, que te atrapan en las garras del miedo, de la venganza y de la rabia. No se dejen encantar por esos falsos paraísos egoístas, construidos en base a la apariencia, los beneficios fáciles o unas religiosidades desviadas.

Y cuídense de la tentación de señalar a alguien con el dedo, de excluir a otro porque tenga un origen distinto al de ustedes, del regionalismo, del tribalismo, que parecen fortalecerlos en su grupo y, en cambio, representan la negación de la comunidad. ¿Saben cómo sucede esto? Primero se cree en los prejuicios sobre los demás, después se justifica el odio y, por tanto, la violencia, y al final nos encontramos en medio de la guerra. Pero —me pregunto— ¿has hablado alguna vez con las personas de los otros grupos o has estado siempre encerrado en el tuyo? ¿Has escuchado alguna vez las historias de los otros?, ¿te has acercado a sus sufrimientos? Cierto, es más fácil condenar a alguien que entenderlo; pero el camino que Dios nos indica para construir un mundo mejor pasa por el otro, por el conjunto, por la comunidad. Es hacer Iglesia, ampliar horizontes, ver en cada uno el propio prójimo, hacerse cargo del otro. ¿Ves alguien solo, sufriendo, olvidado? Acércate. No para hacerle ver lo bueno que eres, sino para darle tu sonrisa y ofrecerle tu amistad.

David, dijiste que los jóvenes quieren justamente estar conectados con los demás, pero que las redes sociales a veces los confunden. Es verdad, la virtualidad no basta. No podemos conformarnos con el mero interactuar con personas lejanas e incluso falsas. La vida no se escoge tocando la pantalla con el dedo. Es triste ver jóvenes que están horas frente a un teléfono. Después de que contemplaran tanto tiempo la pantalla, los miras a la cara y ves que no sonríen, la mirada está cansada y aburrida. Nada ni nadie puede sustituir la fuerza del grupo, la luz de los ojos, la alegría de compartir. Hablar, escucharse es esencial; mientras que en la pantalla cada uno busca sólo lo que le interesa, ustedes descubran cada día la belleza de dejarse sorprender por los demás, por sus historias y sus experiencias.

Intentemos ahora hacer una prueba de lo que significa formar comunidad. Por unos instantes, por favor, tomen la mano del que está a su lado. Siéntanse una única Iglesia, un único Pueblo. Siente que tu bien depende del bien del otro, que es multiplicado por la comunidad. Siéntete custodiado por el hermano y por la hermana, por alguien que te acepta tal como eres y que quiere cuidar de ti. Y siéntete responsable de los demás, parte viva de una gran red de fraternidad donde nos sostenemos mutuamente y en la que tú eres indispensable. Sí, eres indispensable y responsable para tu Iglesia y tu país; perteneces a una historia más grande, que te llama a ser protagonista, creador de comunión, defensor de fraternidad, indómito soñador de un mundo más unido.

En esta aventura no están solos, toda la Iglesia, esparcida por el mundo, los apoya. ¿Es un desafío difícil? Sí, pero es posible. Tienen también amigos que desde las tribunas del cielo los alientan hacia estas metas. ¿Saben quiénes son? Los santos. Pienso por ejemplo en el beato Isidoro Bakanja, en la beata María Clementina Anuarite, en san Kisito y sus compañeros, testigos de la fe, mártires que no cedieron a la lógica de la violencia, sino que confesaron con la vida la fuerza del amor y del perdón. Sus nombres, escritos en el cielo, permanecerán en la historia, mientras que la cerrazón y la violencia se vuelven siempre en contra de quienes las comenten. Sé que muchas veces han demostrado que saben levantarse para defender, incluso a costa de grandes sacrificios, los derechos humanos y la esperanza en una vida mejor para todos en el país. Les agradezco por esto y honro la memoria de cuantos —tantos— han perdido la vida o la salud en favor de estas nobles causas. Y los animo a que sigan adelante juntos, sin miedo, como comunidad.

Oración, comunidad, llegamos al dedo central, que se eleva por encima de los otros casi para recordarnos algo imprescindible. Es el ingrediente fundamental para un futuro que esté a la altura de sus expectativas. Es la honestidad. Ser cristianos es testimoniar a Cristo. Por tanto, el primer modo para hacerlo es vivir rectamente, como Él quiere. Eso significa no dejarnos enredar en los lazos de la corrupción. El cristiano no puede más que ser honesto, de lo contrario traiciona su identidad. Sin honestidad no somos discípulos ni testigos de Jesús; somos paganos, idólatras que adoran su propio yo en vez de adorar a Dios, que usan a los demás en lugar de servirlos.

Pero —me pregunto— ¿cómo vencer el cáncer de la corrupción, que parece difundirse sin parar? Nos ayuda san Pablo, con una frase sencilla y genial, que pueden repetir hasta aprenderla de memoria. Es esta: «No te dejes vencer por el mal. Por el contrario, vence al mal, haciendo el bien» (Rm 12,21). No te dejes vencer por el mal, no se dejen manipular por los individuos o los grupos que buscan usarlos para mantener vuestro país en la espiral de la violencia y la inestabilidad, para poder así seguir controlándolo sin tener consideración por nadie. Por el contrario, vence al mal, haciendo el bien, sean ustedes los que transformen la sociedad, los que conviertan el mal en bien, el odio en amor, la guerra en paz. ¿Quieren serlo? Si lo quieren, es posible. ¿Saben por qué? Porque cada uno de ustedes tiene un tesoro que nadie puede robarles. Es vuestra capacidad de decidir. Sí, tú eres las decisiones que tomas y siempre puedes elegir hacer lo correcto. Somos libres para elegir. No permitan que sus vidas sean arrastradas por la corriente contaminada; no se dejen llevar como un tronco seco en un río de lodo. Siéntanse indignados, sin caer nunca en los halagos de la corrupción, que son persuasivos pero envenenados.

Recuerdo el testimonio de un joven como ustedes, Floribert Bwana Chui: hace 15 años, con tan solo veintiséis años de edad, fue asesinado en Goma por haber obstruido el paso de productos alimenticios en mal estado, que habrían dañado la salud de la gente. Podía haberlo ignorado, no lo habrían descubierto e incluso se habría beneficiado. Pero, como cristiano, rezó, pensó en los demás y eligió ser honesto, diciendo “no” a la suciedad de la corrupción. Esto significa mantener las manos limpias, mientras que las manos que trafican con dinero se manchan de sangre. Si alguno te intentara sobornar, te prometiera favores y riquezas, no caigas en la trampa, no dejes que te engañen, no permitas que te engulla la ciénaga del mal. No te dejes vencer por el mal, no creas en las tramas oscuras del dinero, que te hundirán en las tinieblas. Ser honestos es resplandecer en el día, es difundir la luz de Dios, es vivir la bienaventuranza de la justicia: vence al mal, haciendo el bien.

Hemos llegado al cuarto dedo, el anular. En él se ponen los anillos nupciales. Pero, si lo piensan, el anular es también el dedo más débil, el que cuesta más trabajo levantar. Nos recuerda que las grandes metas de la vida, el amor en primer lugar, pasan a través de la fragilidad, el esfuerzo y las dificultades. Estos deben vivirse, afrontarse con paciencia y confianza, sin abrumarse por problemas inútiles, como por ejemplo transformar el valor simbólico de la dote en un precio casi de mercado. Pero, en nuestra fragilidad, en las crisis, ¿cuál es la fuerza que nos permite seguir adelante? El perdón. Porque perdonar quiere decir saber empezar de nuevo. Perdonar no significa olvidar el pasado, sino no resignarse a que se repita. Es cambiar el curso de la historia. Es levantar al que ha caído. Es aceptar la idea de que nadie es perfecto y que no sólo yo, sino que todos tienen el derecho de empezar de nuevo.

Amigos, para crear un futuro nuevo necesitamos dar y recibir perdón. Esto es lo que hace el cristiano: no ama sólo a aquellos que lo aman, sino que sabe detener con el perdón la espiral de las venganzas personales y tribales. Pienso en el beato Isidoro Bakanja, vuestro hermano, que fue torturado durante mucho tiempo porque no había renunciado a dar testimonio de su piedad y había propuesto el cristianismo a otros jóvenes. No cedió nunca a sentimientos de odio y al dar la vida, perdonó a su verdugo. El que perdona lleva a Jesús también allí donde no lo acogen, introduce el amor donde el amor es rechazado. El que perdona construye el futuro. Pero, ¿cómo conseguir esta capacidad de perdonar? Dejándonos perdonar por Dios. Cada vez que nos confesamos somos nosotros los primeros en recibir esa fuerza que cambia la historia. Dios nos perdona siempre, siempre y de forma gratuita. Y también a nosotros se nos dice, como está escrito en el Evangelio: «Ve, y procede tú de la misma manera» (Lc 10,37). Sigue adelante dejando el rencor, sin veneno ni odio. Sigue adelante haciendo tuyo el estilo de Dios, el único que renueva la historia. Sigue adelante y cree que con Dios siempre se puede empezar de nuevo, siempre se puede perdonar.

Oración, comunidad, honestidad, perdón. Hemos llegado al último dedo, el más pequeño. Tú podrías decir, soy poca cosa y el bien que puedo hacer es una gota en el mar. Pero es precisamente la pequeñez, el hacerse pequeño, lo que atrae a Dios. La palabra clave en este sentido es servicio. El que sirve se hace pequeño. Como una semilla minúscula, parece que desaparece en la tierra y, sin embargo, da fruto. Según nos dice Jesús, el servicio es el poder que transforma el mundo. Por eso, la pequeña pregunta que puedes atarte al dedo cada día es: ¿qué puedo hacer yo por los demás? Es decir, ¿cómo puedo servir a la Iglesia, a mi comunidad, a mi país? Olivier nos dijo que en algunas regiones aisladas son los catequistas los que sirven cotidianamente a las comunidades de fe y que esto en la Iglesia deber ser “una tarea de todos”. Es verdad, y es hermoso servir a los demás, hacerse cargo, hacer algo gratuitamente, como lo hace Dios con nosotros. Yo quisiera agradecerles, queridos catequistas, porque para muchas comunidades ustedes son vitales como el agua; háganlas crecer siempre con la limpidez de su oración y de su servicio. Servir no es permanecer con los brazos cruzados; es ponerse en movimiento. Muchos se movilizan porque son atraídos por su propio interés; ustedes no tengan miedo de movilizarse por el bien, de invertir en el bien, en el anuncio del Evangelio, preparándose de manera apasionada y adecuada, dando vida a proyectos organizados, de largo alcance. Y no tengan miedo de hacer oír sus voces, porque no sólo el futuro, sino también el presente está en sus manos. Sitúense en el centro del presente.

Amigos, les he dejado cinco consejos para distinguir las prioridades entre todas esas voces persuasivas que circulan. En la vida, como en el tránsito urbano, frecuentemente el desorden crea atascos y bloqueos inútiles, que hacen perder tiempo y energías, y alimentan la rabia. Nos hace bien, en cambio, aun en la confusión, tener en el corazón y en la vida puntos fijos, direcciones estables, para dar comienzo a un futuro distinto, sin perseguir los vientos del oportunismo. Queridos amigos, jóvenes y catequistas, les agradezco lo que hacen y lo que son, su entusiasmo, su luz y su esperanza. Quisiera decirles una última cosa: no se desanimen nunca. Jesús cree en ustedes y no los dejará solos. La alegría que tienen hoy cuídenla y no dejen que se apague. Como decía Floribert a sus amigos cuando tenían baja la moral: “Toma el Evangelio y léelo. Te consolará, te dará alegría”. Salgan juntos del pesimismo que paraliza. La República Democrática del Congo espera de sus manos un futuro distinto, porque el futuro está en sus manos. Que su país vuelva a ser, gracias a ustedes, un jardín fraterno, el corazón de paz y de libertad de África. Gracias.

[00165-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Obrigado pela vossa amizade, a vossa dança e as vossas palavras! Estou feliz por ter podido fixar-vos nos olhos, saudar-vos e abençoar-vos, enquanto as vossas mãos levantadas para o céu faziam festa.

Agora quero pedir-vos para durante alguns momentos olhardes, não para mim, mas concretamente para as vossas mãos: abri as palmas das mãos e fixai nelas os olhos. Amigos, Deus colocou nas vossas mãos o dom da vida, o futuro da sociedade e deste grande país. Irmão, irmã, as tuas mãos parecem-te pequenas e frágeis, vazias e inaptas para tarefas tão grandes? Quero, porém, fazer-te notar uma coisa: todas as mãos são semelhantes, mas não há nenhuma igual a outra; ninguém tem mãos iguais às tuas. Por isso, tu és uma riqueza única, irrepetível e incomparável. Ninguém, na história, te pode substituir. Pergunta-te então: Para que servem estas minhas mãos? Para construir ou destruir, dar ou reter, amar ou odiar? Vê! Podes apertar a mão e fechá-la, torna-se um punho; ou podes abri-la e colocá-la à disposição de Deus e dos outros. Aqui está a opção fundamental, desde os tempos antigos, desde Abel que ofereceu com generosidade os frutos do seu trabalho, enquanto Caim levantou a mão contra o irmão e o matou (cf. Gn 4, 8). Jovem que sonhas com um futuro diferente, é das tuas mãos que nasce o amanhã; das tuas mãos, pode vir a paz que falta a este país. Mas, concretamente, como fazer? Quero sugerir-vos alguns «ingredientes para construir o futuro»: justamente cinco, que podeis associar aos dedos duma mão.

Ao polegar, o dedo mais próximo do coração, corresponde a oração, que faz pulsar a vida. Pode parecer uma coisa abstrata, distante da realidade concreta dos problemas. Mas a oração é o primeiro ingrediente, e o fundamental, porque sozinhos nada conseguimos fazer. Não somos omnipotentes e, quando alguém julga que o é, acaba por falhar miseravelmente. É como uma árvore desenraizada: mesmo que seja grande e robusta, sozinha não se aguenta de pé. Por isso mesmo, é preciso radicar-se na oração, na escuta da Palavra de Deus, que nos permite crescer cada dia em profundidade, dar fruto e transformar o ar poluído que respiramos em oxigénio vivificante. Para o conseguir, cada árvore precisa dum elemento simples e essencial: a água. Pois bem! A oração é «a água da alma»: é humilde, não se vê, mas dá vida. Quem reza, amadurece interiormente e sabe erguer o olhar para o Alto, lembrando-se de que foi feito para o Céu.

Irmão, irmã, há necessidade de oração, duma oração viva. Não te dirijas a Jesus como a um ser distante e estranho de quem se tem medo, mas como ao maior amigo, que deu a vida por ti. Conhece-te, confia em ti e ama-te, sempre. Se O contemplas suspenso na cruz para te salvar, compreendes quanto vales para Ele. E podes confiar-Lhe, colocando sobre a sua cruz as tuas cruzes, os teus medos, as tuas preocupações. Abraçá-los-á; já o fez há dois mil anos, e aquela cruz, que hoje suportas, já fazia parte da d’Ele. Portanto, não tenhas medo de tomar o crucifixo nas mãos e apertá-lo ao peito, de derramar as tuas lágrimas por Jesus. E não te esqueças de fixar o seu rosto, o rosto dum Deus jovem, vivo, ressuscitado! Sim, Jesus venceu o mal; fez, da cruz, a ponte para a ressurreição. Por isso, cada dia levanta as mãos para Ele a fim de O louvar e bendizer; grita-Lhe as esperanças do teu coração, confia-Lhe os segredos mais íntimos da vida: a pessoa que amas, as feridas que guardas dentro, os sonhos que tens no coração. Fala-Lhe do teu bairro, dos vizinhos, dos professores, dos companheiros, dos amigos e colegas; do teu país. Deus gosta desta oração viva, concreta, feita com o coração. Permite-Lhe intervir, entrar nos sulcos da vida dum modo especial, ou seja, com a sua «força de paz». Esta tem um nome; sabeis quem é? É o Espírito Santo, Aquele que consola e dá vida. É o motor da paz, é a verdadeira força de paz. Por isso mesmo, a oração é a arma mais poderosa que existe. Transmite-te o conforto e a esperança de Deus. Abre-te sempre novas possibilidades e ajuda-te a superar os medos. É verdade! Quem reza vence o medo e assume o próprio futuro. Acreditais nisto? Quereis escolher a oração como vosso segredo, como água da alma, como única arma a trazer convosco, como companheira de viagem todos os dias?

Agora fixemos o segundo dedo, o indicador. Com ele, indicamos algo aos outros. Os outros, a comunidade: aqui está o segundo ingrediente. Amigos, não deixeis que a vossa juventude seja arruinada pela solidão e o isolamento. Imaginai-vos sempre juntos, e sereis felizes, porque a comunidade é o caminho para estar bem connosco mesmos, para ser fiéis à própria vocação. As escolhas individualistas, pelo contrário, no início parecem aliciadoras, mas depois deixam dentro apenas um grande vazio. Pensai nas drogas: escondes-te dos outros, da vida verdadeira, para te sentires omnipotente; e, no fim, encontras-te privado de tudo. Mas pensai também na dependência do ocultismo e da feitiçaria, que enredam nas grinfas do medo, da vingança e da raiva. Não vos deixeis fascinar por falsos paraísos egoístas, construídos sobre aparências, ganhos fáceis ou religiosidades distortas.

E guardai-vos da tentação de apontar o dedo contra alguém, de excluir o outro por ser de origem diferente da vossa; guardai-vos do regionalismo, do tribalismo, que parecem reforçar-vos no vosso grupo quando, pelo contrário, representam a negação da comunidade. Sabeis como acontece: primeiro, crê-se nos preconceitos sobre os outros, depois justifica-se o ódio e em seguida a violência, no fim encontramo-nos no meio da guerra. Mas tu – pergunto – já terias falado com pessoas dos outros grupos ou sempre estiveste fechado no teu? Terias já escutado as histórias dos outros, debruçando-te sobre as suas tribulações? Claro, é mais fácil condenar alguém do que compreendê-lo; mas o caminho que Deus indica para construir um mundo melhor passa pelo outro, pelo conjunto, pela comunidade. É fazer Igreja, alargar os horizontes, ver em cada um o meu próximo, cuidar do outro. Vês alguém sozinho, atribulado, negligenciado? Aproxima-te dele, não para lhe fazeres ver como és bom, mas para lhe dar o teu sorriso e oferecer-lhe a tua amizade.

David, disseste que vós jovens quereis, e justamente, estar conectados com os outros, mas que as redes sociais frequentemente vos confundem. É verdade! O mundo virtual não é suficiente, não nos podemos contentar em interagir com pessoas distantes ou mesmo falsas. A vida real não se toca com um dedo no ecrã. É triste ver jovens que passam horas diante dum telemóvel: depois de largarem aquele espelho, se olhares para o seu rosto, verás que não sorri, o olhar tornou-se cansado e enjoado. Nada e ninguém pode substitui a força de estar juntos, a luz dos olhos, a alegria da partilha! É essencial falar e ouvirmo-nos: não vos contenteis com o ecrã onde cada um procura o que lhe interessa; em vez disso descobri cada dia a beleza de vos deixardes maravilhar pelos outros, as suas histórias e as suas experiências.

Tentemos agora experimentar o que significa fazer comunidade. Durante alguns momentos, por favor, dai a mão a quem está ao vosso lado. Senti-vos uma única Igreja, um único Povo. Sente que o teu bem depende do bem do outro, que é multiplicado se for posto em conjunto. Sente-te guardado pelo irmão e pela irmã, por alguém que te aceita assim como és e quer cuidar de ti. E sente-te responsável pelos outros, parte viva duma grande rede de fraternidade, onde nos apoiamos reciprocamente e tu és indispensável. Sim! És indispensável e responsável pela tua Igreja e pelo teu país; fazes parte duma história maior, que te chama a ser protagonista: criador de comunhão, campeão de fraternidade, corajoso sonhador dum mundo mais unido.

Nesta aventura, não estais sozinhos; apoia-vos a Igreja inteira, espalhada por todo o mundo. Trata-se dum desafio difícil, mas possível. E tendes também amigos que, das bancadas do Céu, vos impelem para estas metas. Sabeis quem são? Os santos. Penso, por exemplo, no Beato Isidoro Bakanja, na Beata Maria Clementina Anuarita, em São Kizito e nos seus companheiros: testemunhas da fé, mártires que nunca cederam à lógica da violência, mas confessaram, com a vida, a força do amor e do perdão. Os seus nomes, escritos no Céu, ficarão na história, enquanto o fechamento e a violência sempre revertem em detrimento de quem os comete. Sei que já várias vezes demonstrastes saber erguer-vos para defender, mesmo à custa de grandes sacrifícios, os direitos humanos e a esperança duma vida melhor para todos no país. Agradeço-vos por isso e honro a memória de tantos que perderam a vida ou a saúde por estas nobres causas. E encorajo-vos: avançai juntos, sem medo, como comunidade!

Oração, comunidade… E chegamos ao dedo central, que se alonga um pouco mais além dos outros para de certo modo nos lembrar uma coisa imprescindível. É o ingrediente fundamental para um futuro que esteja à altura das vossas expectativas. É a honestidade! Ser cristão é testemunhar Cristo. Ora o primeiro modo de o fazer é viver retamente, como Ele quer. Isto significa não se deixar enredar nos laços da corrupção. O cristão só pode ser honesto, senão trai a sua identidade. Sem honestidade, não somos discípulos e testemunhas de Jesus; somos pagãos, idólatras que se adoram a si próprios em vez de Deus, que se servem dos outros em vez de servir os outros.

Mas – pergunto – como se vence o câncer da corrupção, que parece expandir-se sem nunca parar? São Paulo ajuda-nos, com uma frase simples e genial, que podeis repetir até a recordar de cor. É esta: «Não te deixes vencer pelo mal, mas vence o mal com o bem» (Rm 12, 21). Não te deixes vencer pelo mal: não vos deixeis manipular por indivíduos ou grupos que procuram servir-se de vós para manter o vosso país na espiral da violência e da instabilidade, para continuarem a controlá-lo sem consideração por ninguém. Mas vence o mal com o bem: sede vós os transformadores da sociedade, os conversores do mal em bem, do ódio em amor, da guerra em paz. Quereis sê-lo? Se quiserdes, é possível… E sabeis porquê? Porque cada um de vós tem um tesouro que ninguém vos pode roubar: são as vossas opções. Sim! Tu és o resultado das opções que realizas, e sempre podes escolher a coisa certa a fazer. Somos livres para escolher: não permitais que a vossa vida seja arrastada pela torrente poluída, não vos deixeis levar como tronco seco num rio sujo. Indignai-vos, sem nunca ceder aos aliciamentos persuasivos, mas envenenados, da corrupção.

Vem-me à mente o testemunho dum jovem como vós, Floribert Bwana Chui: há quinze anos – contava ele apenas 26 – foi morto em Goma por ter bloqueado a passagem de alimentos estragados, que teriam danificado a saúde das pessoas. Poderia deixar correr, não o teriam descoberto e ainda ganharia qualquer coisa naquilo. Mas, como cristão, rezou, pensou nos outros e escolheu ser honesto, dizendo não à imundície da corrupção. Isto é conservar as mãos limpas, enquanto as mãos, que ganham em tráficos ilícitos, ficam ensanguentadas. Se alguém te entregar um envelope prometendo favores e riquezas, não caias na armadilha, não te deixes enganar, não te deixes engolir pelo pântano do mal. Não te deixes vencer pelo mal, não acredites nas tramoias obscuras do dinheiro, que te fazem precipitar na noite. Ser honesto é brilhar como de dia, é espalhar a luz de Deus, é viver a bem-aventurança da justiça: vence o mal com o bem!

Passamos ao quarto dedo: o anular. Nele se colocam as alianças nupciais. Mas, se pensarmos bem, o anular é também o dedo mais frágil, aquele que tem mais dificuldade para se levantar. Lembra-nos que as grandes metas da vida, a começar pelo amor, passam por fragilidades, canseiras e dificuldades. Devem ser vividas, enfrentadas com paciência e confiança, sem nos sobrecarregarmos com problemas inúteis, como, por exemplo, transformar o valor simbólico do dote num valor quase de mercado. Mas nas nossas fragilidades, nas crises, qual é a força que nos faz continuar? O perdão. Pois perdoar quer dizer saber recomeçar. Perdoar não significa esquecer o passado, mas não se resignar com o facto de poder repetir-se. É mudar o curso da história. É levantar quem caiu. É aceitar a ideia de que ninguém é perfeito e que todos – e não só eu – têm o direito de recomeçar.

Amigos, para criar um futuro novo, precisamos de dar e receber o perdão. É o que faz o cristão: não se limita a amar aqueles que o amam, mas sabe interromper, com o perdão, a espiral das vinganças pessoais e tribais. Penso no Beato Isidoro Bakanja, um irmão vosso que foi torturado longamente porque não renunciara a testemunhar a sua piedade e propusera o cristianismo a outros jovens. Nunca cedeu a sentimentos de ódio e, ao dar a vida, perdoou ao seu carrasco. Quem perdoa leva Jesus mesmo aonde não é acolhido, introduz amor onde o amor é rejeitado. Quem perdoa constrói o futuro. Mas como tornar-se capaz de perdão? Deixando-se perdoar por Deus. Sempre que nos confessamos, somos os primeiros a receber em nós aquela força que muda a história. Da parte de Deus, somos perdoados sempre e gratuitamente; quanto a nós, é-nos dito – como se lê no Evangelho – «vai e faz tu também o mesmo» (Lc 10, 37). Caminha, pondo fim ao rancor, sem veneno, sem ódio. Caminha, assumindo o estilo de Deus, o único que renova a história. Caminha e acredita que, com Deus, sempre se pode recomeçar, sempre se pode voltar a partir, sempre se pode perdoar!

Oração, comunidade, honestidade, perdão. Chegamos ao último dedo: o mindinho. Tu poderias dizer: sou pequeno, e o bem que possa fazer não passa duma gota no oceano. Mas é precisamente a pequenez, o fazer-se pequenino que atrai Deus. Há uma palavra-chave neste sentido: serviço. Quem serve, faz-se pequenino. Como uma semente minúscula que parece desaparecer na terra e, em vez disso, dá fruto. Segundo Jesus, o serviço é o poder que transforma o mundo. Deste modo, a simples pergunta que poderias até atar ao dedo, para não te esqueceres de a fazer cada dia, é esta: Eu, que posso fazer pelos outros? Ou seja: como posso servir a Igreja, a minha comunidade, o meu país? Olivier, disseste-nos que nalgumas regiões isoladas sois vós, os catequistas, que servis diariamente a comunidade dos fiéis e que isto, na Igreja, deve ser «tarefa de todos». É verdade! E é belo servir os outros, cuidar deles, fazer algo gratuitamente, como Deus faz connosco. Quero agradecer-vos, queridos catequistas: para muitas comunidades, sois vitais como a água! Fazei-as crescer sempre com a clareza da vossa oração e do vosso serviço. Servir não é ficar de braços cruzados, é mobilizar-se. Muitos movem-se, porque seduzidos pelos próprios interesses; vós não tendes medo de vos mobilizar em prol do bem, investir no bem, no anúncio do Evangelho, preparando-vos com paixão e adequadamente, dando vida a projetos organizados e de longo prazo. E não tendes medo de fazer ouvir a vossa voz, porque, nas vossas mãos, está o futuro e também o presente. Vós estais mesmo no ponto central do presente!

Amigos, deixei-vos cinco conselhos para identificar prioridades no meio das inúmeras e persuasivas vozes que circulam. Muitas vezes na vida, como na circulação estradal, é a desordem que cria engarrafamentos e inúteis bloqueios, que fazem perder tempo e energias e alimentam a cólera. Ao contrário, faz-nos bem, mesmo na confusão, dar ao coração e à vida pontos firmes, direções estáveis, para iniciar um futuro diferente, sem se deixar levar pelos ventos do oportunismo. Queridos amigos, jovens e catequistas, agradeço-vos pelo que sois e fazeis: pelo vosso entusiasmo, a vossa luz e a vossa esperança. Quero dizer-vos uma última coisa: nunca desanimeis! Jesus confia em vós e nunca vos deixa sozinhos. A alegria que hoje tendes, guardai-a e não deixeis que se apague. Como dizia Floribert aos seus amigos, quando estavam deprimidos: «Pega no Evangelho e lê-o! Consolar-te-á, dar-te-á alegria». Juntos, saí do pessimismo, que paralisa. A República Democrática do Congo espera, das vossas mãos, um futuro diverso, porque o futuro está nas vossas mãos. O vosso país voltará a ser, graças a vós, um jardim fraterno, o coração de paz e liberdade da África! Obrigado!

[00165-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dziękuję za waszą życzliwość, za wasz taniec i wasze słowa! Cieszę się, że mogłem spojrzeć wam w oczy, pozdrowić was i pobłogosławić, gdy wasze ręce, wzniesione do nieba, wyrażały radość.

Teraz chciałbym was prosić, abyście przez kilka chwil nie patrzyli na mnie, ale właśnie na wasze ręce. Otwórzcie dłonie, skierujcie na nie swoje oczy. Przyjaciele, Bóg złożył w waszych rękach dar życia, przyszłość społeczeństwa i tego wielkiego kraju. Bracie, siostro, czy twoje ręce wydają ci się małe i słabe, puste i niezdolne do tak wielkich zadań? Chciałbym zwrócić ci na coś uwagę: wszystkie ręce są do siebie podobne, ale nie ma dwóch takich samych. Nikt nie ma rąk takich jak twoje, dlatego jesteś wyjątkowym, niepowtarzalnym i niezrównanym skarbem. Nikt w historii nie może cię zastąpić. Zadaj sobie zatem pytanie: do czego służą te moje ręce? Do budowania czy niszczenia, do dawania czy gromadzenia, do miłowania czy nienawidzenia? Widzisz, możesz zacisnąć dłoń i zamknąć ją, staje się pięścią; albo możesz ją otworzyć i oddać do dyspozycji Boga oraz innych ludzi. Na tym polega podstawowy wybór, istniejący od najdawniejszych czasów, od Abla, który hojnie ofiarował owoce swojej pracy, podczas gdy Kain „rzucił się na swego brata […] i zabił go” (Rdz 4, 8). Młody człowieku, który marzysz o innej przyszłości, to z twoich rąk rodzi się jutro, z twoich rąk może wyjść pokój, którego brakuje temu krajowi. Ale jak to konkretnie uczynić? Chciałbym przedstawić wam kilka „składników przyszłości” – pięć, które możecie skojarzyć właśnie z palcami jednej ręki.

Kciukowi, palcowi najbliższemu sercu, odpowiada modlitwa, która sprawia, że życie tętni. Może się wydawać, że jest ona czymś abstrakcyjnym, dalekim od konkretnych problemów. Tymczasem modlitwa jest pierwszym, tym podstawowym elementem, ponieważ sami nie dajemy rady. Nie jesteśmy wszechmocni, a jeśli ktoś uważa, że jest, ponosi sromotną porażkę. Staje się niczym drzewo oderwane od korzeni: nawet jeśli jest duże i silne, nie może stać o własnych siłach. Dlatego musimy zakorzenić się w modlitwie, w słuchaniu Słowa Bożego, które pozwala nam codziennie rozrastać się w głąb, przynosić owoce i przemieniać zanieczyszczenia, którymi oddychamy, w życiodajny tlen. Aby to zrobić, każde drzewo potrzebuje prostego i niezbędnego elementu: wody. Modlitwa jest właśnie „wodą duszy”: jest skromna, nie widać jej, ale daje życie. Ten, kto się modli, dojrzewa wewnętrznie i potrafi podnieść wzrok w górę, przypominając sobie, że został stworzony dla nieba.

Bracie, siostro, potrzebujemy modlitwy, modlitwy żywej. Nie zwracaj się do Jezusa jak do istoty zdystansowanej i dalekiej, której należy się bać, ale jak do największego przyjaciela, który oddał za ciebie życie. On cię zna, wierzy w ciebie i miłuje cię, zawsze. Patrząc na Niego, wiszącego na krzyżu, aby cię zbawić, rozumiesz, jak bardzo jesteś dla Niego cenny. I możesz powierzyć Mu swoje krzyże, swoje lęki, swoje niepokoje, składając je na Jego krzyżu. On je przyjmie. Już to uczynił dwa tysiące lat temu, a ten krzyż, który ty dzisiaj dźwigasz, był już częścią Jego krzyża. Nie bój się zatem wziąć do rąk krzyża i przytulić go do piersi, płakać swoimi łzami nad Jezusem. I nie zapomnij patrzeć na Jego oblicze, na oblicze młodego, żywego, zmartwychwstałego Boga! Tak, Jezus pokonał zło, uczynił z krzyża pomost do zmartwychwstania. Podnoś więc codziennie do Niego ręce, aby Go chwalić i błogosławić; mów Mu głośno o nadziejach swojego serca, powierzaj Mu najskrytsze tajemnice życia: osobę, którą kochasz, rany, które nosisz w sobie, marzenia, które masz w sercu. Opowiadaj Mu o swojej okolicy, o bliskich ci osobach, o nauczycielach, towarzyszach, przyjaciołach i kolegach; o swoim kraju. Bóg kocha taką żywą, konkretną modlitwę, płynącą z serca. Pozwala Mu ona interweniować, wchodzić w wyjątkowy sposób w zakamarki życia. Wchodzić ze swoją „mocą pokoju”. Ta moc ma swoje imię. Czy wiecie, kto nią jest? To Duch Święty, Ten, który pociesza i daje życie. On jest siłą napędową pokoju, jest prawdziwą siłą pokoju. Dlatego modlitwa jest najpotężniejszą bronią, jaka istnieje. Przekazuje ci Boże pokrzepienie i nadzieję. Zawsze otwiera przed tobą nowe możliwości i pomaga ci pokonać lęki. Tak, ten kto się modli, pokonuje strach i bierze w ręce swoją przyszłość. Czy w to wierzycie? Czy chcecie wybrać modlitwę jako swój sekret, jako wodę duszy, jako jedyną broń, którą będziecie nosić ze sobą, jako swojego towarzysza podróży na co dzień?

Teraz przyjrzyjmy się drugiemu palcowi – palcowi wskazującemu. Wskazujemy nim coś innym. Inni, wspólnota, to właśnie jest drugi element. Przyjaciele, nie pozwólcie, aby wasza młodość została zrujnowana przez samotność i zamknięcie. Myślcie zawsze o sobie w liczbie mnogiej, a będziecie szczęśliwi, bo wspólnota jest drogą do tego, by czuć się dobrze z samym sobą, by być wiernym własnemu powołaniu. Natomiast wybory indywidualistyczne wydają się na początku atrakcyjne, ale potem pozostawiają we wnętrzu jedynie wielką pustkę. Pomyślcie o narkotykach: przez nie ukrywasz się przed innymi, przed prawdziwym życiem, aby poczuć się wszechmocnym; a na koniec okazuje się, że jesteś pozbawiony wszystkiego. A pomyślcie też o uzależnieniu od okultyzmu i czarów, które zamykają w objęciach lęku, zemsty i gniewu. Nie dajcie się uwieść egoistycznym, fałszywym rajom, zbudowanym na pozorach, na łatwych zarobkach czy wypaczonej religijności.

Wystrzegajcie się też pokusy wytykania kogoś palcem, wykluczania drugiego człowieka z powodu innego pochodzenia niż wasze, z powodu regionalizmu czy trybalizmu, które wydają się umacniać was w waszej grupie, a tymczasem stanowią zaprzeczenie wspólnoty. Wiecie, jak to się dzieje: najpierw wierzymy w uprzedzenia dotyczące innych, potem usprawiedliwiamy nienawiść, następnie przemoc, aż w końcu znajdujemy się w środku wojny. Pytam zatem: czy kiedykolwiek rozmawiałeś z osobami z innych grup, czy zawsze byłeś zamknięty w swojej? Czy kiedykolwiek słuchałeś historii innych osób, czy zbliżyłeś się do ich cierpienia? Oczywiście, łatwiej jest kogoś potępić niż zrozumieć. Ale droga, którą wskazuje Bóg, aby budować lepszy świat, prowadzi przez drugiego, całość, wspólnotę. Jest to tworzenie Kościoła, to poszerzanie horyzontów, dostrzeganie w każdym bliźniego, troska o drugiego człowieka. Widzisz kogoś samotnego, cierpiącego, zaniedbanego? Podejdź do niego. Nie po to, żeby mu pokazać, jaki jesteś dobry, ale by obdarzyć go swoim uśmiechem i ofiarować swoją przyjaźń.

Davidzie, powiedziałeś, że wy, ludzie młodzi, słusznie chcecie być połączeni z innymi, ale media społecznościowe często was zwodzą. To prawda, świat wirtualny nie wystarczy, nie możemy zadowolić się połączeniami z odległymi lub nawet fikcyjnymi osobami. Życia nie da się dotknąć, przesuwając palcem po ekranie. Smutny jest widok młodych ludzi, wpatrujących się godzinami w telefony: po tym, jak przeglądali się w nich, jak w lustrze, patrzysz na nich i widzisz, że się nie uśmiechają, a ich spojrzenie stało się zmęczone i znudzone. Nic i nikt nie zastąpi siły wspólnoty, światła w oczach, radości z dzielenia się. Rozmowa i słuchanie siebie nawzajem to podstawa: podczas gdy na ekranie każdy szuka tego, co go interesuje, to w codzienności odkrywacie piękno bycia zaskakiwanym przez innych, przez ich opowiadania i doświadczenia.

Spróbujmy teraz w namacalny sposób zrozumieć, co znaczy tworzyć wspólnotę: przez kilka chwil, proszę, weźcie za rękę tego, kto jest obok was. Poczujcie, że jesteście jednym Kościołem, jednym Ludem. Poczuj, że twoje dobro zależy od dobra drugiego, że jest pomnażane przez bycie razem. Poczuj, że troszczy się o ciebie brat i siostra, ktoś, kto akceptuje cię takim, jaki jesteś, i kto chce zatroszczyć się o ciebie. I poczuj się odpowiedzialny za innych, poczuj, że jesteś żywą częścią wielkiej sieci braterstwa, w której wspieramy się nawzajem i w której jesteś niezbędny. Tak, jesteś niezbędny i odpowiedzialny za twój Kościół i twój kraj. Jesteś częścią większej historii, która wzywa cię do czynnego działania: do bycia twórcą komunii, mistrzem braterstwa, nieposkromionym marzycielem, pragnącym świata bardziej zjednoczonego.

W tej przygodzie nie jesteście sami – wspiera was cały Kościół, rozproszony po całym świecie. Czy jest to trudne wyzwanie? Tak, ale jest to wyzwanie możliwe. Macie również przyjaciół, którzy z wyżyn nieba popychają was ku realizacji tych celów. Czy wiecie, kto to taki? To święci. Myślę na przykład o bł. Izydorze Bakanji, bł. Marii Klementynie Anuaricie, św. Kizito i jego towarzyszach – o świadkach wiary, męczennikach, którzy nigdy nie poddali się logice przemocy, lecz zaświadczyli swoim życiem o mocy miłości i przebaczenia. Ich imiona, zapisane w niebie, pozostaną na kartach historii. Natomiast zamknięcie i przemoc zawsze obracają się przeciwko tym, którzy się tego dopuszczają. Wiem, że wielokrotnie pokazywaliście – nawet za cenę wielkiego poświęcenia – że umiecie stanąć w obronie praw człowieka i nadziei na lepsze życie dla wszystkich w tym kraju. Dziękuję wam za to i oddaję cześć pamięci tych – jakże wielu – którzy stracili życie lub zdrowie dla tych szlachetnych celów. I zachęcam was: idźcie naprzód razem, nieustraszenie, jako wspólnota!

Modlitwa, wspólnota; dochodzimy do palca środkowego, który jest dłuższy od pozostałych, jakby chciał nam przypomnieć o czymś szczególnie ważnym. Chodzi o kluczowy element dla przyszłości odpowiadającej waszym oczekiwaniom: o uczciwość! Być chrześcijaninem to dawać świadectwo o Chrystusie. Otóż, pierwszym sposobem, aby to czynić, jest życie w sposób prawy, tak jak On tego chce. Oznacza to, że nie można dać się wciągnąć w sidła korupcji. Chrześcijanin musi być uczciwy, w przeciwnym razie sprzeniewierza się swojej tożsamości. Bez uczciwości nie jesteśmy uczniami i świadkami Jezusa, jesteśmy poganami, bałwochwalcami, którzy zamiast Boga czczą własne „ja”, którzy posługują się innymi, zamiast służyć innym.

Ale – zadaję sobie pytanie – jak pokonać raka korupcji, który zdaje się rozrastać i nigdy nie zatrzymywać? Pomaga nam św. Paweł, za pomocą prostego i genialnego zdania, które możecie powtarzać, aż je zapamiętacie na dobre. Oto ono: „Nie daj się zwyciężyć złu, ale zło dobrem zwyciężaj!” (Rz 12, 21). Nie daj się zwyciężyć złu: nie pozwólcie, aby manipulowały wami jednostki lub grupy, które chcą się wami posłużyć do trzymania waszego kraju w spirali przemocy i niestabilności, po to, by mieć nad nim kontrolę, nie mając względu na kogokolwiek. Ale zło dobrem zwyciężaj: to wy bądźcie tymi, którzy przekształcają społeczeństwo, którzy przemieniają zło w dobro, nienawiść w miłość, wojnę w pokój. Czy chcecie nimi być? Jeśli chcecie, jest to możliwe: wiecie dlaczego? Ponieważ każdy z was ma skarb, którego nikt nie może wam ukraść. Tym skarbem są wasze wybory. Tak, jesteś wyborami, których dokonujesz, i zawsze możesz wybrać to, co jest słuszne. Mamy wolność wyboru – nie pozwólcie, aby wasze życie było unoszone przez zanieczyszczony nurt, nie dajcie się ponieść jak sucha kłoda w brudnej rzece. Oburzajcie się i nigdy nie ulegajcie przekonującym, lecz zatrutym pokusom korupcji.

Przychodzi mi na myśl świadectwo młodego człowieka, takiego jak wy, Floriberta Bwany Chui. Piętnaście lat temu, kiedy miał zaledwie dwadzieścia sześć lat, został zabity w Gomie za blokowanie transportu zepsutych produktów spożywczych, które mogły zaszkodzić zdrowiu ludzi. Mógł odpuścić, nikt nie dowiedziałby się o tym, a on nawet by na tym zyskał. Ale jako chrześcijanin pomodlił się, pomyślał o innych i wybrał uczciwość, odrzucając brud korupcji. To właśnie jest zachowanie czystych rąk, podczas gdy ręce, które manipulują pieniędzmi, są splamione krwią. Jeśli ktoś wręczy ci kopertę, obieca przysługi i bogactwa, nie wpadaj w pułapkę, nie daj się zwieść, nie daj się pochłonąć przez bagno zła. Nie daj się zwyciężyć złu, nie wierz w mroczne intrygi pieniądza, które pogrążają cię w ciemności nocy. Być uczciwym to jaśnieć dniem, to szerzyć światło Boga, to żyć błogosławieństwem sprawiedliwości: zło dobrem zwyciężaj!

Jesteśmy przy czwartym palcu, palcu serdecznym. Na niego wkłada się obrączki ślubne. Ale, jeśli się zastanowić, palec serdeczny jest również najsłabszym palcem, tym, który najtrudniej się podnosi. Przypomina nam, że wielkie cele życiowe, przede wszystkim miłość, osiąga się przez słabości, znoje i trudności. Trzeba je przeżywać, mierzyć się z nimi z cierpliwością i zaufaniem, nie obciążając się niepotrzebnymi problemami, takimi jak na przykład przekształcanie symbolicznej wartości posagu w wartość niemal rynkową. Ale w naszych słabościach, w naszych kryzysach, co jest siłą, która trzyma nas przy życiu? Przebaczenie. Bo przebaczenie oznacza umiejętność rozpoczęcia od nowa. Przebaczenie nie oznacza zapomnienia o przeszłości, ale oznacza brak zgody na to, aby się powtórzyła. Jest zmianą biegu historii. Jest podnoszeniem tych, którzy upadli. Jest pogodzeniem się z myślą, że nikt nie jest doskonały i że nie tylko ja, ale każdy ma prawo zacząć od nowa.

Przyjaciele, aby stworzyć nową przyszłość, musimy przebaczać i otrzymać przebaczenie. Tak właśnie postępuje chrześcijanin: miłuje nie tylko tych, którzy go miłują, ale dzięki przebaczeniu potrafi powstrzymać spiralę zemsty osobistej i plemiennej. Myślę o bł. Izydorze Bakanji, waszym bracie, który przez długi czas był torturowany, ponieważ nie wyrzekł się świadczenia o swojej pobożności i proponował chrześcijaństwo innym młodym ludziom. Nigdy nie uległ uczuciom nienawiści, a oddając życie, wybaczył swojemu oprawcy. Ten, kto przebacza, przynosi Jezusa nawet tam, gdzie nie jest On przyjmowany, wnosi miłość tam, gdzie miłość jest odrzucana. Ten, kto przebacza, buduje przyszłość. Ale jak stać się zdolnym do przebaczenia? Pozwalając, aby przebaczył nam Bóg. Za każdym razem, gdy się spowiadamy, jako pierwsi przyjmujemy w sobie tę moc, która zmienia historię. Bóg nam zawsze przebacza, zawsze i bezinteresownie! I także do nas kierowane są słowa z Ewangelii: „Idź, i ty czyń podobnie!” (Łk 10, 37). Idź naprzód bez żalu, bez jadu, bez nienawiści. Idź naprzód, czyniąc Boży styl swoim własnym, jedynym, który odnawia historię. Idź naprzód i uwierz, że z Bogiem zawsze można zacząć od nowa, zawsze można przebaczać!

Modlitwa, wspólnota, uczciwość, przebaczenie. Jesteśmy przy ostatnim palcu, najmniejszym. Mógłbyś powiedzieć: jestem mały, a dobro, które mogę uczynić, jest kroplą w morzu. Ale to właśnie małość, czynienie siebie małym przyciąga Boga. Pod tym względem kluczowe znaczenie ma słowo służba. Ten, kto służy, czyni siebie małym. Wydaje się, że zniknie w ziemi, jak maleńkie ziarno, a tymczasem przynosi owoce. Według Jezusa służba jest siłą, która przemienia świat. Dlatego małe pytanie, które możesz skojarzyć sobie z tym palcem i stawiać każdego dnia, brzmi: co ja mogę uczynić dla innych? Jak mogę służyć Kościołowi, mojej wspólnocie, mojej ojczyźnie? Olivier, powiedziałeś nam, że w niektórych odizolowanych regionach to wy, katecheci, codziennie służycie wspólnotom wiary, i że w Kościele to musi być „sprawą wszystkich”. To prawda, i dobrze jest służyć innym, troszczyć się o nich, robić coś bezinteresownie, tak jak czyni to w stosunku do nas Bóg. Pragnę wam podziękować, drodzy katecheci: dla bardzo wielu wspólnot jesteście tak samo niezbędni do życia, jak woda. Sprawiajcie, aby zawsze się rozwijały dzięki blaskowi waszej modlitwy i waszej służby. Służyć to nie znaczy siedzieć z założonymi rękami, to znaczy mobilizować się. Bardzo wielu mobilizuje się, ponieważ przyciągają ich własne interesy. Nie bójcie się mobilizować dla dobra, inwestować w dobro, w głoszenie Ewangelii, przygotowując się z pasją i w odpowiedni sposób, tworząc projekty zorganizowane, długofalowe. I nie bójcie się tego, by czynić słyszalnym wasz głos, bo nie tylko przyszłość, ale i dzień dzisiejszy jest w waszych rękach: bądźcie w centrum dnia dzisiejszego!

Przyjaciele, zostawiłem wam pięć rad, pozwalających ustalić priorytety pośród wielu krążących głosów, pełnych perswazji. W życiu, podobnie jak w ruchu drogowym, to często nieład tworzy niepotrzebne korki i zatory, przez co marnuje się czas i energię oraz przez które wzrasta złość. Dobrze jest natomiast, także w zamieszaniu, abyśmy nadali sercu i życiu pewne niezmienne punkty, stałe kierunki działań, aby rozpocząć inną przyszłość, nie goniąc za wiatrami oportunizmu. Drodzy przyjaciele, młodzi i katecheci, dziękuję wam za to, co robicie, i za to, kim jesteście: za wasz entuzjazm, wasze światło i waszą nadzieję. Chciałbym powiedzieć wam jeszcze jedną, ostatnią rzecz: nigdy się nie zniechęcajcie! Jezus w was wierzy i nigdy nie zostawia was samych. Strzeżcie radości, którą macie dzisiaj, i nie pozwólcie jej zgasnąć. Jak mówił do swoich przyjaciół Floribert, kiedy byli przygnębieni: „Weź Ewangelię i przeczytaj ją. To cię pocieszy, da ci radość”. Wychodźcie razem z pesymizmu, który paraliżuje. Demokratyczna Republika Konga czeka na inną przyszłość z waszych rąk, ponieważ przyszłość jest w waszych rękach. Oby wasz kraj znów stał się, dzięki wam, braterskim ogrodem, centrum pokoju i wolności w Afryce! Dziękuję!

[00165-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

الزيارة الرسوليّة إلى جمهوريّة الكونغو الديمقراطيّة

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع الشّباب ومعلّمي التّعليم المسيحيّ

في مدرج الشّهداء في كينشاسا

الخميس 2 شباط/فبراير 2023

شكرًا على مودّتكم وعلى رقصكم وعلى كلماتكم! أنا سعيد لأنّي نظرتكم في عيونكم، ولأنّي سلَّمْت عليكم وباركتكم، بينما كانت أيديكم مرفوعة إلى السّماء لتحتفلوا.

الآن أريد أن أسألكم، للحظات قليلة، ألّا تنظروا إليّ، بل إلى أيديكم. افتحوا راحة أيديكم، وحدّقوا فيها بعيونكم. أيّها الأصدقاء، وضع الله بين أيديكم عطيّة الحياة ومستقبل المجتمع وهذا الوطن الكبير. أيّها الأخ والأخت، هل تبدو أيديكم صغيرة وضعيفة، وفارغة وغير صالحة لمثل هذه المهام الكبيرة؟ أودّ أن أوضح شيئًا واحدًا: كلّ الأيدي متشابهة، لكن، ليست واحدة مثل الأخرى. لا أحد له يدَان مثل يدَيك، لذلك فأنت غِنَى فريد لا يتكرّر ولا مثيل له. لا أحد في التاريخ يمكنه أن يحلّ محلك. اسأل نفسك إذن: ما الغرض من يدَي هاتَين؟ للبناء أم للتّدمير، للعطاء أم للاحتكار، للحبّ أم للكراهية؟ كما ترى، يمكنك أن تشُدَّ يدِك وتغلقها، فتصير قبضة للضرب، أو يمكنك أن تفتحها وتجعلها في خدمة الله والآخرين. هنا يكمن الخيار الأساسيّ، منذ العصور القدّيمة، منذ هابيل الذي قدّم ثمار عمله بسخاء، بينما "رفع قايِنُ يده على أَخيه فقَتَلَه" (تكوين 4، 8). أنت الشّاب الذي تحلم بمستقبل مختلف، من يديك يُولَدُ الغد، ومن يديك يمكن أن يأتي السّلام الذي يفتقر إليه هذا البلد. لكن كيف نفعل ذلك بصورة عمليّة؟ أودّ أن أقترح عليكم بعض ”المكوِّنات للمستقبل“: خمسة، يمكنكم أن تعدُّوها على أصابع اليد.

الإبهام، الإصبع الأقرب إلى القلب، تقابله الصّلاة، التي تجعل الحياة تنبض. قد يبدو وكأنّها حقيقة تجريديّة، بعيدة كلّ البعد عن واقعيّة المشاكل. لكن الصّلاة هي المكوّن الأوّل والأساسيّ، لأنّنا وحدنا لا نستطيع أن نعمل شيئًا. لسنا قادرين على كلّ شيء، وإذا اعتقد أحدٌ أنّه كذلك، فهو مخطئ خطأً فادحًا. إنّه مثل شجرة اقتلعت: حتّى لو كانت كبيرة وقويّة، لا يمكنها أن تقوم وتنمو وحدها. لهذا نحتاج إلى أن نتجذّر في الصّلاة، وأن نصغي إلى كلمة الله، التي تسمح لنا بأن ننمو في العمق كلّ يوم، ونؤتي ثمرًا، ونحوّل التلوّث الذي نتنفسه إلى أكسجين مُحيِي. للقيام بذلك، كلّ شجرة تحتاج إلى عنصر بسيط وأساسيّ، وهو: الماء. إذن، الصّلاة هي ”الماء للنّفس“: الصّلاة متواضِعة، لا تُرَى، لكنّها تعطي الحياة. الذين يصلّون ينضجون في داخلهم ويعرفون كيف يرفعون نظرهم نحو السّماء، ويتذكّرون أنّهم خُلِقُوا من أجل السّماء.

أخي، أختي، هناك حاجة للصّلاة، لصلاة حيّة. لا تتوجّهوا إلى يسوع: كأنّه كائن بعيد تخافون منه، بل توجّهوا إليه كأكبر صديق قدّم حياته من أجلك. هو يعرفك ويثق بك ويحبّك، دائمًا. وأنت انظر إليه معلّقًا على الصّليب ليخلصك، فتفهم ما هي قيمتك له. يمكنك أن تثق به، وتعانق صليبه، وتلقي عليه صلبان حياتك، ومخاوفك، وهمومك. وسيعانقها. فعَلَ ذلك قبل 2000 سنة، وهذا الصّليب، الذي تحمله اليوم، كان منذ ذلك الوقت جزءًا من صليبه. فلا تخَفْ أن تأخذ المصلوب بين يديك وتَشُدَّه إلى صدرك، وتسكب دموعك على يسوع. ولا تنسَ أن تنظر إلى وجهه، وجه إله شاب حيّ وقائم من بين الأموات! نَعَم، انتصر يسوع على الشّرّ، وجعل الصّليب جسرًا إلى القيامة. إذن، ارفع يديك إليه كلّ يوم لتسبّحه وتباركه. واصرخ إليه آمال قلبك، وأَوكِل إليه أعمق وأحَرَّ أسرار حياتك: الشّخص الذي تحبّه، والجراح التي تحملها في داخلك، والأحلام التي تُدمِي قلبك. حدِّثه عما يجري في حيِّك، عن جيرانك ومعلّميك ورفاقك وأصدقائك وزملائك، وعن بلدك. الله يحبّ هذه الصّلاة الحيّة العمليّة النابعة من القلب. اسمح له بأن يتدّخل، بأن يدخل في ثنايا حياتك بطريقة خاصّة. وأن يأتي إليك ”بقوّة سلامه“. له اسم. هل تعرفون من هو؟ إنّه الرّوح القدس الذي يعزّي ويحيِي. إنّه محرّك السّلام، وهو قوّة السّلام الحقيقيّة. هذا هو السبب في أنّ الصّلاة هي أقوى سلاح موجود. فهي تنقل إليك طمأنينة الله ورجاءه، وتفتح أمامك دائمًا فرصًا جديدة، وتساعدك على التّغلّب على مخاوفك. نَعَم، الذي يُصَلّي يتغلَّب على الخوف ويأخذ مستقبله بيده. هل تصدِّقون هذا؟ هل تريدون أن تختاروا الصّلاة سرًّا لكم، وماءً للنّفس، وسلاحًا وحيدًا تحملونه معكم، ورفيق سَفَرٍ لكم كلّ يوم؟

الآن لننظر إلى الإصبع الثاني، السّبابة. به نشير إلى شيء ما للآخرين. الآخرون، الجماعة، هذا هو المكوّن الثاني. أيّها الأصدقاء، لا تدعوا شبابكم يفسده الشّعور بالعزلة والخذلان والانغلاق. فكّروا دائمًا معًا فتكونوا سعداء، لأنّ الجماعة هي الطّريق التي تجد نفسك فيها راضيًا مطمئنًّا أمينًا لدعوتك الخاصّة. أمَّا الخيّارات الفرديّة، فإنّها تبدو في البداية مغريّة، لكنّها تترك بعد ذلك فراغًا كبيرًا في داخلك. فكّروا في المخدرات: بسببها تختبئ عن الآخرين، من الحياة الواقعيّة، لتحسب نفسك أنّك قادر على كلّ شيء. وفي النّهاية تجد نفسك محرومًا من كلّ شيء. وفكّروا أيضًا في إدمان السّحر والتّنجيم، اللذين يغلقانكم في لسعات الخوف والانتقام والغضب. لا تسمحوا لأنفسكم بأن تنخدعوا بجنَّات من النّعيم الأناني الزائف، المبني على المظاهر، وعلى المكاسب السّهلة أو على التّدين المشوّه.

واحذروا من تجربة توجيه أصبع الاتهام إلى أحد ما، وإقصاء أحد آخر لأنّه من أصل مختلف عن أصولكم، واحذروا روح الإقليميّة، والقبليّة، تظنون بها أنّكم أقوياء في مجموعتكم، ولكنّها إنكار للجماعة. تعرِفون كيف يحدث ذلك: أوّلًا نصدّق الأحكام المسبقة عن الآخرين، ثم نبرّر الكراهية، ثمّ العنف، وأخيرًا تجد نفسك في وسط الحرب. لكن - أتساءل - هل تكلّمت يومًا إلى أشخاص من مجموعات أخرى أم أنّك كنت دائمًا منغلقًا في مجموعتك؟ هل سبق لك أن استمعت إلى قصص الآخرين، وهل اقتربت من آلامهم؟ بالتّأكيد، الحكم على شخص أسهل من فهمه. لكن الطّريق التي يشير إليها الله لبناء عالم أفضل، تمرّ بالآخر، الكلّ معًا، وبالجماعة. هكذا نكون كنيسة، بتوسيع الآفاق، وبأن ترى في كلّ واحد قريبك، وتعتني بالآخر. هل ترى شخصًا وحيدًا ويتألّم مهملًا؟ اقترب منه. ليس لتُظهر له كم أنت قويّ، بل لتمنحه ابتسامتك وتعرِض عليه صداقتك.

ديفيد، قلت إنّكم أنتم الشّباب تريدون حقًّا أن تكونوا على اتصال مع الآخرين، لكن وسائل التّواصل الاجتماعيّ غالبًا ما تربككم. هذا صحيح، الافتراضيّة لا تكفي، ولا يمكنّنا أن نكتفي بأن نتفاعل مع أشخاص بعيدين أو حتّى مُصطَنِعِين. لا يمكن لمس الحياة بإصبع على الشّاشة. إنّه لأمر محزن أن ترى شبابًا يقضون ساعات أمام الهاتف المحمول: بعد أن ينظروا إلى أنفسهم في المرآة، تنظر إلى وجوههم وتراهم لا يبتسمون، ونظرتهم صارت متعبة ومثقلة بالملل. لا شيء ولا أحد يستطيع أن يحلّ محل قوّة الكلّ معًا، ومحلّ نور العينَين، وفرح المشاركة! أن نتكلّم ونصغي بعضنا إلى بعض هو أمرٌ ضروريّ: بينما على الشّاشة، كلّ واحد يبحث عن نفسه، عما يثير اهتمامه، اكتشفوا أنتم كلّ يوم جمال الاندهاش مع الآخرين، مع قصصهم وخبراتهم.

لنحاول الآن أن نَلمِسَ لَمسَ اليد ما معنى أن نصنع جماعة: للحظات قليلة، من فضلكم، امسكوا بيدكم من هو قريب منكم. اشعروا أنّكم كنيسة واحدة وشعب واحد. اُشعُر بأنّ خيرك يعتمد على خير الآخر، وسيتضاعف مع الكلّ معًا. اُشعُر بأنّ أخاك، أختك، يحرسك، وأنّه يقبلك كما أنت ويريد أن يعتني بك. وَاشعُرْ بالمسؤوليّة تجاه الآخرين، كلُّهم جزء حيّ من شبكة كبيرة من الأخوّة حيث نسند فيها بعضنا بعضًا، وفيها أنت ضروريّ ولا غِنَى عنك. نَعَم، أنت لا غِنَى عنك ومسؤولٌ عن كنيستك وبلدك. أنت تنتمي إلى قصة أكبر، تدعوك إلى أن تقوم بدور رئيسيّ: أن تكون خالق شركة ووَحدة، وبطل الأخوّة، وحالِمًا لا يُقهر لعالم يطلب المزيد من الاتّحاد.

لستم وحدكم في هذه المغامرة: الكنيسة كلّها، المنتشرة في جميع أنحاء العالم، تهتف معكم. هل هو تحدٍّ صعب؟ نَعَم، لكنّه تحدٍّ مُمكن. لديكم أيضًا أصدقاء، من السّماء، يدفعونكم نحو هذه الأهداف. تعرفون من هُم؟ إنّهم القدّيسون. أفكّر، مثلًا، في الطّوباويّ إيزيدور باكانجا، والطّوباويّة ماري كليمنتين أنواريت، والقدّيس كيزيتو ورفاقه: إنّهم شهود الإيمان، والشّهداء الذين لم يستسلموا قط لمنطق العنف، لكنّهم شهدوا بحياتهم لقوّة الحبّ والمغفرة. ستبقى أسماؤهم، المكتوبة في السّماء، خالدة في التّاريخ، بينما الانغلاق والعنف يعود دائمًا بالخسارة على الذين يرتكبونه. أعلَم أنّكم أظهرتم مرّاتٍ عديدة أنّكم تعرفون كيف تقفون للدّفاع عن حقوق الإنسان والرّجاء في حياة أفضل للجميع في البلد، حتّى على حساب تضحيّات كبيرة. أشكركم على ذلك، وأكرِّم ذكرى - الكثيرين - الذين فقدوا حياتهم أو صحّتهم من أجل هذه القضايا النّبيلة. وأنا أشجّعكم، امضوا قدمًا معًا، ومن دون خوف، كجماعة!

الصّلاة، والجماعة، ونصل إلى الإصبع المركزيّ، الذي يرتفع فوق الآخرين وكأنّه يذكّرنا بأمرٍ أساسيّ. إنّه المكوّن الرّئيسي للمستقبل الذي سيكون على مستوى توقّعاتكم. إنّه الصِّدق! أن نكون مسيحيّين هو أن نشهد للمسيح. الآن، الطّريقة الأولى لفعل ذلك هي أن نعيش باستقامة، كما أراد هو. هذا يعني ألّا نترك أنفسنا نَقَع في أشراك الفساد. لا يمكن للمسيحيّ إلّا أن يكون صادقًا، وإلّا فهو يخون هويّته. من دون صِدق نحن لا نكون تلاميذ وشهود ليسوع، بل نكون وثنيّين، وعَبَدَةَ أوثان يسجدون للـ ”أنا“ بدل أن يسجدوا لله، ويستخدمون الآخرين بدل أن يخدموا الآخرين.

لكن - أتساءل - كيف نهزم سرطان الفساد، الذي يبدو أنّه يتوسّع ولا يتوقّف أبدًا؟ يساعدنا في هذا القدّيس بولس، بجملة بسيطة وعبقرية، التي يمكنكم أن تردّدوها حتّى تتذكّروها غيبًا. هذه هي الجملة: "لا تَدَعِ الشَّرَّ يَغلِبُكَ، بلِ اغلِبِ الشَّرَّ بِالخير" (رومة 12، 21). لا تَدَعِ الشَّرَّ يَغلِبُكَ: لا تدعوا الأفراد أو الجماعات يتلاعبوا بكم، الذين يحاولون أن يستخدموكم لكي يُبقُوا بلدكم في دوّامة العنف وعدم الاستقرار، وبذلك يستمرّون في السّيطرة عليه دون أيّ اعتبارٍ لأحد. بلِ اغلِبِ الشَّرَّ بِالخير: كونوا أنتم المحوّلين للمجتمع، والمُغيّرين الشّرّ إلى الخير، والكراهية إلى حبّ، والحرب إلى سلام. هل تريدون أن تكونوا ذلك؟ إن أردتم، فهذا ممكن: وهل تعرفون لماذا؟ لأنّ كلّ واحدٍ منكم عنده كنز لا يستطيع أحد أن يسرقه منكم. إنّها اختياراتكم. نَعَم، خياراتك التي تختارها هي أنت. ويمكنك دائمًا أن تختار الأمر الصّحيح لتفعله. ونحن أحرار في خياراتنا: لا تسمحوا للسّيل الملوّث أن يجرف حياتكم، ولا تنقادوا مثل جَذعِ شجرةٍ جافّ في نهرٍ مُلَوّث. أظهروا استياءكم، ولا تستسلموا أبدًا لمغريات الفساد، المقنعة، ولكنّها سامّة.

يخطر ببالي شهادة شابٍّ مثلكم، هو فلوريبيرت بوانا كوي: منذ خمسة عشر سنة، وفي سنّ السّادسة والعشرين فقط، قُتل في غوما لأنّه مَنَعَ مرور مواد غذائيّة فاسدة، التي كانت ستضُرّ بصحّة النّاس. كان باستطاعته أن يتركها تمرّ، من غير أن يكتشفه أحد، وكان سيكسب مالًا أيضًا. لكنّه، لكونه مسيحيًّا، صَلَّى، وفكّر في الآخرين واختار أن يكون صادقًا، وقال لا لقذارة الفساد. هذا هو أن نحافظ على أيدينا نظيفة، بينما الأيدي التي تتاجر بالمال تتلطّخ بالدّماء. إن قدّم لك شخصٌ ما ظرفًا، ووعدك بإنعامات وثروات، لا تقع في الفخّ، ولا تنخدع، ولا تدع مُستنقع الشّرّ يبتلعك. لا تدع الشّرّ يتغلّب عليك، ولا تؤمن بمؤامرات المال الظلامية، التي تُغرقك في اللّيل. أن نكون صادقين هو أن نسطع في النّهار، وأن ننشر نور الله، وأن نعيش تطويبة العدل، وهي: اغلِبِ الشَّرَّ بِالخير!

وصلنا إلى الإصبع الرّابع، وهو البِنْصَر. فيه يوضع خاتم الزّواج. ولكن، إن فكّرتم في الأمر، البِنْصَر هو أيضًا الإصبع الأضعف، والذي يواجه صعوبة أكثر في أن يقف. يذكّرنا أنّ أهداف الحياة الكبيرة، وقبل كلّ شيء المحبّة، تمرّ عبْر الضّعف، والمتاعب والصّعوبات. علينا أن نعيشها، ونواجهها بصبرٍ وثقة، ودون أن نحمّل أنفسنا مشاكل لا فائدة منها، مثلًا بتحويل القيمة الرّمزيّة للمهر إلى شبه قيمة تجاريّة. لكن، في ضعفنا، وفي أزماتنا، ما هي القوّة التي تجعلنا نمضي قدمًا؟ إنّها المغفرة. لأنّ المغفرة تعني أن نعرف كيف نبدأ من جديد. المغفرة لا تعني أن ننسى الماضي، بل تعني ألّا نستسلم لتكراره. إنّها تغيير مجرى التّاريخ. وهي إقامة الذين وقعوا. إنّها قبول الفكرة أنّ لا أحد كامل، وليس أنا فقط، بل الكلّ جميعًا، ولهم الحقّ في أن ينطلقوا من جديد.

أيّها الأصدقاء، لكي نخلق مستقبلًا جديدًا، علينا أن نمنح المغفرة وأن نطلب المغفرة. هذا ما يصنعه المسيحيّ: لا يحبّ فقط من يحبّونه، بل يعرف كيف يوقف دوّامة الانتقام الشّخصيّ والقبلي بالمغفرة. أفكّر في الطّوباويّ إيسيدور باكانجا، أحد إخوتكم، الذي تعرّض للتّعذيب طويلًا، لأنّه لم يتخلَّ عن شهادته لتقواه، وظلَّ يدعو إلى الدّيانة المسيحيّة شبابًا آخرين. لم يستسلم قط لمشاعر الكراهية، ولمّا بذل حياته غَفَرَ لجلّاده. من يغفر يحمل يسوع معه حتّى إلى المكان الذي لا يقبلونه فيه، ويُدخل الحبّ حيث يُرفَضُ الحبّ. من يغفر يبني المستقبل. ولكن، كيف نصبح قادرين على أن نغفر؟ أن ندع الله يغفر لنا. كلّ مرّة فيها نعترف بخطايانا، نستقبل أوّلًا في داخلنا تلك القوّة التي تغيّر التّاريخ. الله يغفر لنا دائمًا، ودائمًا مجّانًا! ويقول لنا نحن أيضًا، كما في الإنجيل: "إِذْهَبْ فٱعمَلْ أَنتَ أَيضًا مِثْلَ ذلك" (لوقا 10، 37). امضِ قدمًا من دون حقد، ومن دون سمّ، ومن دون كراهية. امضِ قدمًا واجعل من أسلوب الله أسلوبك، فهو الوحيد الذي يجدّد التّاريخ. امضِ قدمًا وآمن أنّه مع الله يمكنك دائمًا أن تبدأ من جديد، ويمكنك دائمًا أن تنطلق من جديد، ويمكنك دائمًا أن تغفر!

الصّلاة، والجماعة، والصّدق، والمغفرة. وصلنا إلى الإصبع الأخير، وهو الأصغر. يمكنك أن تقول: أنا أمرٌ صغير والخير الذي يمكنني أن أعمله هو قطرة ماء في البحر. لكن، الصِّغَر بالتّحديد، وأن نكون صغارًا هو الذي يجذب الله. هناك كلمة مفتاح في هذا المعنى، وهي: الخدمة. من يخدم يجعل نفسه صغيرًا. مثل بذرة صغيرة، التي تبدو أنّها تختفي في الأرض، لكنّها تؤتي ثمارًا. بحسب يسوع، الخدمة هي القوّة التي تحوّل العالم. إذن، السّؤال الصّغير الذي يمكنك أن تربطه بإصبعك كلّ يوم هو: أنا، ماذا يمكنني أن أفعل من أجل الآخرين؟ أيْ، كيف يمكنني أن أخدم الكنيسة، وجماعتي، وبلدي؟ قال لنا أوليفييه، إنّه في بعض المناطق المعزولة، أنتم معلّمي التّعليم المسيحيّ عليكم أن تخدموا جماعات المؤمنين يوميًّا، وأنّ هذا الأمر يجب أن يكون ”شأن الجميع“ في الكنيسة. هذا صحيح، وجميل أن نخدم الآخرين، وأن نعتني بهم، وأن نعمل شيئًا مجّانًا، كما يفعل الله معنا. أودّ أن أشكركم أيّها المعلّمون، أنتم معلّمي التّعليم المسيحيّ الأعزّاء: أنتم ضروريّون للحياة مثل الماء، بالنّسبة لجماعات كثيرة، واجعلوها تنمو دائمًا بصفاء صلاتكم وخدمتكم. الخدمة لا تعني أن نجلس مكتوفي الأيدي، بل تعني الحركة. يتحرّك الكثيرون لأنّ المصيبة حلّت بهم في مصالحهم الخاصّة، وأنتم لا تخافوا أن تتحرّكوا من أجل الخير، وأن تستثمروا في الخير، وفي إعلان الإنجيل، وأن تستعدّوا بشغف واندفاع وكفاءة، أَحيُوا مشاريع منظّمة، وطويلة الأمد. ولا تخافوا أن تُسمِعُوا صوتكم، لأنّه لا المستقبل فقط بين أيديكم، بل اليوم أيضًا: كونوا في وسط الحاضر!

أيّها الأصدقاء، تركت لكم خمس نصائح لتحديد الأولويّات من بين الشّائعات الكثيرة المنتشرة والتي تحاول إقناعكم. في الحياة، كما في حركة المرور على الطّرق، غالبًا، الفوضى هي التي تسبّب اختناقات وعوائق مروريّة لا فائدة منها، التي تؤدّي إلى هدر الوقت والطّاقة، وتزيد الغضب. بدل ذلك، حسنٌ لنا، حتّى في حالة الاضطراب، أن نحدِّد في القلب وفي الحياة نقاطًا ثابتة، واتّجاهات مستقّرة، لكي نُطلق مستقبلًا مختلفًا، حتّى لا نسير وراء رياح الانتهازيّة. أيّها الأصدقاء الأعزّاء، أيّها الشّباب ومعلّمو التّعليم المسيحيّ، أشكركم على ما تفعلونه وعلى ما أنتم: أشكركم على حماسكم ونوركم ورجائكم. أودّ أن أقول لكم أمرًا أخيرًا: لا تيأسوا أبدًا! يسوع يؤمن بكم ولن يترككم وحدكم أبدًا. فرحكم اليوم حافظوا عليه ولا تدعوه ينطفئ. كما قال فلوريبرت لأصدقائه لما هبطت معنوياتهم: "خذ الإنجيل واقرأْه. سوف يعزّيك، ويمنحك الفرح". اخرجوا معًا من التّشاؤم الذي يشلّ. جمهوريّة الكونغو الديمقراطيّة تنتظر مستقبلًا مختلفًا بصُنع أيديكم، لأنّ المستقبل بين أيديكم. لِيَعُد بلدكم ولْيَكُنْ حديقة أخويّة، وقلب السّلام والحرّيّة في أفريقيا! شكرًا!

[00165-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Visita del Primo Ministro della Repubblica Democratica del Congo presso la Nunziatura Apostolica di Kinshasa

Alle ore 11.00 di questa mattina, nel salone di rappresentanza della Nunziatura Apostolica di Kinshasa, il Santo Padre Francesco ha ricevuto la visita del Primo Ministro della Repubblica Democratica del Congo, S.E. il Sig. Jean-Michel Sama Lukonde Kyenge, con i familiari.

Al termine, il Papa ha incontrato 38 studenti delle Università Cattoliche congolesi accompagnati dal P. Toussaint Kafarhire Murhula, S.I.

I giovani, provenienti da varie parti del Paese, erano una rappresentanza di coloro che avevano potuto conversare con il Papa il 1° novembre scorso in occasione dell’incontro sinodale “Building Bridges across Africa” svoltosi online. I giovani hanno poi intonato un canto composto dal Padre Provinciale dei Gesuiti, anche lui presente all’incontro. Quindi il Santo Padre ha rivolto alcune parole ai giovani e ha indicato loro la sfida che si trovano a vivere in questo tempo della vita, quella della “decisione per l’amore”.

È poi proseguita la conversazione anche sul tema della violenza nell’Est del Paese e il Papa ha ricordato il toccante incontro avuto ieri pomeriggio in Nunziatura.

Al termine, prima di congedarsi, Papa Francesco ha salutato individualmente i partecipanti.

Quindi ha pranzato in privato.

[00216-IT.01]

 

[B0096-XX.02]