Incontro con i Rappresentanti di alcune Opere Caritative presso la Nunziatura Apostolica di Kinshasa
Discorso del Santo Padre
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Traduzione in lingua inglese
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Traduzione in lingua spagnola
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Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Questo pomeriggio, alle ore 18.30, il Santo Padre Francesco ha incontrato i Rappresentanti di alcune Opere Caritative presso la Nunziatura Apostolica di Kinshasa.
Hanno preso parte all’incontro Telema Ongenge, i Lebbrosi dell’ospedale del la Rive, l’Associazione Fasta, il Centro Dream, i Sordomuti del villaggio Bondeko, i ciechi delle Scuole di Petite Flamme del Movimento dei Focolari e le Monache Trappiste di Mvanda.
Dopo una breve presentazione delle associazioni caritative presenti, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.
Al termine, dopo la recita del Padre Nostro e la benedizione finale, Papa Francesco ha cenato in privato.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
vi saluto con affetto e vi ringrazio per i canti, le testimonianze e quanto mi avete raccontato, ma soprattutto per tutto quello che fate! In questo Paese, dove c’è tanta violenza, che rimbomba come il tonfo fragoroso di un albero abbattuto, voi siete la foresta che cresce ogni giorno in silenzio e rende l’aria migliore, respirabile. Certo, fa più rumore l’albero che cade, ma Dio ama e coltiva la generosità che silenziosamente germoglia e porta frutto, e posa lo sguardo con gioia su chi serve i bisognosi. Così cresce il bene, nella semplicità di mani e cuori protesi verso gli altri, nel coraggio dei piccoli passi per avvicinarsi ai più deboli nel nome di Gesù. È proprio vero quel proverbio che ha citato Cecilia: «Mille passi cominciano sempre da uno»!
Mi ha colpito una cosa: non mi avete semplicemente elencato i problemi sociali e non avete enumerato tanti dati sulla povertà, ma avete soprattutto parlato con affetto dei poveri. Avete raccontato di voi e di persone che prima non conoscevate e che ora vi sono diventate familiari: nomi e volti. Grazie per questo sguardo che sa riconoscere Gesù nei suoi fratelli più piccoli. Il Signore va cercato e amato nei poveri e, come cristiani, dobbiamo fare attenzione se ci allontaniamo da loro, perché c’è qualcosa che non va quando un credente tiene a distanza i prediletti di Cristo.
Mentre tanti oggi li scartano, voi li abbracciate; mentre il mondo li sfrutta, voi li promuovete. La promozione contro lo sfruttamento: ecco la foresta che cresce mentre imperversa violento il disboscamento dello scarto! Io vorrei dare voce a quello che fate, favorire la crescita e la speranza nella Repubblica Democratica del Congo e in questo Continente. Sono venuto qui animato dal desiderio di dare voce a chi non ha voce. Quanto vorrei che i media dessero più spazio a questo Paese e all’Africa intera! Che si conoscano i popoli, le culture, le sofferenze e le speranze di questo giovane Continente del futuro! Si scopriranno talenti immensi e storie di vera grandezza umana e cristiana, storie nate in un clima genuino, che ben conosce il rispetto per i più piccoli, per gli anziani e per il creato.
È bello darvi voce qui in Nunziatura, perché le Rappresentanze Pontificie, le “case del Papa” sparse nel mondo, sono e devono essere amplificatori di promozione umana, snodi di carità, in prima linea nella diplomazia della misericordia, nel favorire aiuti concreti e nel promuovere reti di cooperazione. Ciò già avviene, senza clamore, in tante parti del mondo e qui da molto tempo; questa casa è da decenni una presenza vicina: inaugurata novant’anni fa come Delegazione apostolica, celebrerà tra pochi giorni il sessantesimo anniversario dell’elevazione a Nunziatura.
Fratelli e sorelle che amate questo Paese e vi dedicate alla sua gente, quanto fate è meraviglioso, ma non è per nulla facile. Viene da piangere nel sentire storie come quelle che mi avete raccontato, di persone sofferenti consegnate dall’indifferenza generale a una vita randagia, che le porta a vivere per strada, esponendole al rischio di violenze fisiche e di abusi sessuali, e pure all’accusa di stregoneria, mentre sono solo bisognose di amore e di cure. Mi ha colpito quanto ci hai detto tu, Tekadio, che a motivo della lebbra ti senti ancora oggi, nel 2023, «discriminato, guardato con disprezzo ed umiliato», mentre la gente, con un misto di vergogna, d’incomprensione e di paura, si affretta a pulire là dove è passata anche solo la tua ombra. La povertà e il rifiuto offendono l’uomo, ne sfigurano la dignità: sono come cenere che spegne il fuoco che porta dentro. Sì, ogni persona, in quanto creata a immagine di Dio, risplende di un fuoco luminoso, ma solo l’amore toglie la cenere che lo ricopre: solo ridando dignità si restituisce umanità! Mi ha rattristato sentire che anche qui, come in molte parti del mondo, bambini e anziani vengono scartati. Oltre che scandaloso, questo è nocivo per l’intera società, che si costruisce proprio a partire dalla cura per gli anziani e per i bambini, per le radici e per l’avvenire. Ricordiamoci: uno sviluppo veramente umano non può essere privo di memoria e di futuro. Memoria, portata dagli anziani, futuro, portato dai giovani.
Fratelli, sorelle, oggi vorrei condividere con voi e, attraverso di voi, con i tanti operatori di bene in questo grande Paese, due interrogativi. Anzitutto: ne vale la pena? Vale la pena impegnarsi di fronte a un oceano di bisogno in costante e drammatico aumento? Non è un darsi da fare vano, oltre che spesso sconfortante? Ci aiuta quello che ha detto suor Maria Celeste: «Nonostante la nostra piccolezza, il Signore crocifisso desidera averci al suo fianco per sostenere il dramma del mondo». È vero, la carità sintonizza con Dio ed Egli ci sorprende con prodigi insperati che avvengono per mezzo di chi ama. Le vostre storie sono ricche di eventi stupendi, noti al cuore di Dio e impossibili alle sole forze umane. Penso a quanto ci hai raccontato tu, Pierre, dicendo che nel deserto dell’impotenza e dell’indifferenza, nel mare del dolore, insieme ai tuoi amici hai scoperto che Dio non vi aveva dimenticato, perché vi ha inviato persone che non si sono voltate dall’altra parte attraversando la strada dove eravate. Così, nel loro volto avete riscoperto quello di Gesù e adesso volete fare lo stesso per gli altri. Il bene è così, è diffusivo, non si lascia paralizzare dalla rassegnazione e dalle statistiche, ma invita a donare agli altri quanto si è ricevuto gratuitamente. Io ricevo e io do. C’è bisogno che soprattutto i giovani vedano questo: volti che superano l’indifferenza guardando le persone negli occhi, mani che non imbracciano armi e non maneggiano soldi, ma si protendono verso chi sta a terra e lo rialzano alla sua dignità, alla dignità di figlia e figlio di Dio. Soltanto in un caso è lecito guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a sollevarsi. Altrimenti non si può mai guardare una persona dall’alto in basso.
Ne vale la pena, dunque, ed è un bel segno che le Autorità, attraverso i recenti accordi con la Conferenza Episcopale, abbiano riconosciuto e valorizzato l’opera di quanti si impegnano in campo sociale e caritativo. Ciò certamente non significa che si possa delegare sistematicamente al volontariato la cura dei più fragili, così come l’impegno nella sanità e nell’istruzione. Sono compiti prioritari di chi governa, con l’attenzione di assicurare i servizi fondamentali anche alla popolazione che vive lontana dai grandi centri urbani. Al tempo stesso, i credenti in Cristo non devono mai infangare la testimonianza della carità, che è testimonianza di Dio, con la ricerca di privilegi, prestigio, visibilità e potere. Questa è una cosa brutta, da non fare mai! No, i mezzi, le risorse e i buoni risultati sono per i poveri, e chi si occupa di loro è sempre chiamato a ricordarsi che il potere è servizio e che la carità non porta a stare sugli allori, ma domanda urgenza e concretezza. In questo senso, tra le molte cose da fare vorrei sottolineare una sfida che riguarda tutti e non poco questo Paese. A causare la povertà non è tanto l’assenza di beni e di opportunità, ma la loro iniqua distribuzione. Chi è benestante, in particolare se cristiano, è interpellato a condividere quanto possiede con chi è privo del necessario, tanto più se appartiene allo stesso popolo. Non è questione di bontà, ma di giustizia. Non è filantropia, è fede; perché, come dice la Scrittura, «la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26).
Ecco allora un secondo interrogativo proprio sul dovere e sull’urgenza del bene: come farlo? Come fare la carità, quali criteri seguire? A questo proposito vorrei offrirvi tre semplici punti. Sono aspetti che le istituzioni caritative operanti qui già conoscono, ma che fa bene ricordare, perché servire Gesù nei poveri sia una testimonianza sempre più feconda.
Anzitutto la carità chiede esemplarità: infatti non è solo qualcosa che si fa, ma è espressione di ciò che si è. È uno stile di vita, è vivere il Vangelo. Occorrono perciò credibilità e trasparenza: penso alla gestione finanziaria e amministrativa dei progetti, ma anche all’impegno a offrire servizi adeguati e qualificati. È proprio questo lo spirito che caratterizza tante opere ecclesiali di cui beneficia questo Paese e che ne hanno segnato la storia. Ci sia sempre esemplarità!
Secondo punto: la lungimiranza, cioè il saper guardare avanti. È fondamentale che le iniziative e le opere di bene, oltre a rispondere alle esigenze immediate, siano sostenibili e durature. Non semplicemente assistenzialiste, ma realizzate sulla base di quanto realmente si può fare e con una prospettiva di lungo termine, perché perdurino nel tempo e non finiscano con chi le ha avviate. In questo Paese, ad esempio, c’è un suolo incredibilmente fecondo, una terra estremamente fertile; la generosità di chi aiuta non può non sposare questa caratteristica, favorendo lo sviluppo interno di quanti popolano questa terra, insegnando loro a coltivarla, dando vita a progetti di sviluppo che mettano il futuro nelle loro mani. Piuttosto che distribuire beni di cui ci sarà sempre bisogno, è meglio trasmettere conoscenze e strumenti che rendano lo sviluppo autonomo e sostenibile. In proposito, penso anche al grande contributo offerto dalla sanità cattolica, che in questo Paese, come in molti altri nel mondo, dà sollievo e speranza alla popolazione, venendo incontro a chi soffre con gratuità e con serietà, cercando sempre, proprio come dev’essere, di soccorrere attraverso strumenti moderni e adeguati.
Esemplarità, lungimiranza e infine – terzo elemento – connessione. Fratelli e sorelle, bisogna fare rete, non solo virtualmente ma concretamente, come avviene in questo Paese nella sinfonia di vita della grande foresta e della sua variegata vegetazione. Fare rete: lavorare sempre più insieme, essere in costante sinergia fra di voi, in comunione con le Chiese locali e con il territorio. Lavorare in rete: ciascuno con il proprio carisma ma insieme, collegati, condividendo le urgenze, le priorità, le necessità, senza chiusure e autoreferenzialità, pronti ad affiancarsi ad altre comunità cristiane e di altre religioni, e ai molti organismi umanitari presenti. Tutto per il bene dei poveri. Fare rete con tutti.
Cari fratelli e sorelle, vi lascio questi spunti e vi ringrazio per quanto avete lasciato oggi nel mio cuore. Sì, grazie tante perché mi avete toccato il cuore. Siete preziosi. Vi benedico e vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me, che ne ho bisogno. Grazie!
[00164-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers frères et sœurs,
je vous salue affectueusement et vous remercie pour les chants, pour les témoignages et pour ce que vous m'avez raconté, mais surtout pour tout ce que vous faites ! Dans ce pays où il y a beaucoup de violences qui résonnent comme le bruit sourd d'un arbre abattu, vous êtes la forêt qui pousse chaque jour en silence et qui rend l'air meilleur, respirable. Bien sûr, l'arbre qui tombe fait davantage de bruit, mais Dieu aime et cultive la générosité qui germe silencieusement et porte du fruit. Il pose son regard avec joie sur ceux qui servent les nécessiteux. C'est ainsi que le bien grandit, dans la simplicité des mains et des cœurs tendus vers les autres, dans le courage des petits pas pour s'approcher des plus faibles au nom de Jésus. Le proverbe cité par Cecilia est vrai : « Mille pas commencent toujours par un premier » !
Une chose m'a frappé : vous ne vous êtes pas contentés de me lister les problèmes sociaux, et vous n’avez pas énuméré beaucoup de données sur la pauvreté. Mais vous avez surtout parlé avec affection des pauvres. Vous avez parlé de vous-mêmes et de personnes que vous ne connaissiez pas auparavant et qui vous sont maintenant devenues familières : des noms et des visages. Merci pour ce regard qui sait reconnaître Jésus dans les plus petits de ses frères. Le Seigneur doit être cherché et aimé dans les pauvres et, en tant que chrétiens, nous devons faire attention lorsque nous nous détournons d'eux : car quelque chose ne va pas quand un croyant tient à distance les bien-aimés du Christ.
Alors que beaucoup de gens aujourd'hui les rejettent, vous, vous les embrassez ; alors que le monde les exploite, vous, vous les promouvez. La promotion contre l'exploitation : voilà la forêt qui pousse, alors que la déforestation du rejet fait rage ! Je voudrais donner de la voix à ce que vous faites, favoriser la croissance et l’espérance en République Démocratique du Congo, et sur ce continent. Je suis venu ici animé par le désir de donner de la voix à ceux qui n'en ont pas. Comme j'aimerais que les médias accordent davantage de place à ce pays et à l'Afrique dans son ensemble ! Que les peuples, les cultures, les souffrances et les espérances de ce jeune continent d’avenir soient connus ! On découvrira d'immenses talents, des histoires de véritable grandeur humaine et chrétienne, des histoires nées dans un climat authentique qui sait respecter les plus petits, les personnes âgées et la création.
Il est beau de vous donner la parole ici, à la Nonciature, parce que les Représentations Pontificales, les « maisons du Pape » disséminées dans le monde, sont et doivent être des amplificateurs de la promotion humaine, des pôles de charité à l'avant-garde de la diplomatie de la miséricorde, pour favoriser les aides concrètes et promouvoir les réseaux de coopération. Cela se fait déjà, sans bruit, dans de nombreuses parties du monde et ici depuis longtemps : cette maison est une présence proche depuis des décennies. Inaugurée il y a quatre-vingt-dix ans comme Délégation Apostolique, elle fêtera dans quelques jours le soixantième anniversaire de son élévation au rang de Nonciature.
Frères et sœurs qui aimez ce pays et vous consacrez à son peuple, ce que vous faites est merveilleux mais n'est en rien facile. On pleure lorsque l'on entend des histoires, comme celles que vous m'avez racontées, de personnes souffrantes condamnées par l'indifférence générale à une vie errante, qui les conduit à vivre dans la rue, les exposant aux risques de violences physiques et d'abus sexuels, et même à l'accusation de sorcellerie, alors qu'elles n'ont besoin que d'amour et de soins. Tekadio, j'ai été touché par ce que tu nous as dit : à cause de la lèpre, tu te sens, encore aujourd'hui en 2023, « discriminé, regardé avec mépris et humilié », lorsque les gens, avec un mélange de honte, d'incompréhension et de peur, se dépêchent de nettoyer là même où ta seule ombre est passée. La pauvreté et le rejet offensent l'homme, ils en défigurent la dignité : ce sont comme des cendres qui éteignent le feu qu'il porte en lui. Oui, toute personne, dans la mesure où elle est créée à l'image de Dieu, resplendit d'un feu lumineux, mais seul l'amour retire la cendre qui la recouvre. Ce n'est qu'en rendant la dignité que l'on restaure l’humanité ! J'ai été attristé d'entendre qu'ici aussi, comme dans de nombreuses régions du monde, les enfants et les personnes âgées sont mis au rebut. Plus que scandaleux cela porte préjudice à toute la société qui se construit, précisément, à partir de l'attention portée aux personnes âgées et aux enfants, aux racines et à l'avenir. Rappelons-nous : un développement véritablement humain ne peut se faire sans mémoire et sans avenir. Mémoire, apportée par les personnes âgées, avenir, apporté par les jeunes.
Frères et sœurs, aujourd'hui, avec vous et à travers vous, je voudrais partager avec les nombreux bienfaiteurs de ce grand pays deux interrogations. Tout d'abord, cela en vaut-il la peine ? Vaut-il la peine de s’engager face à un océan de besoins qui ne cesse d'augmenter de façon dramatique ? N'est-ce pas un effort vain, en plus d’être souvent décourageant ? Ce qu’a dit Sœur Maria Celeste nous aide : « Malgré notre petitesse, le Seigneur crucifié désire nous avoir à ses côtés pour soutenir le drame du monde ». C'est vrai, la charité nous met en harmonie avec Dieu, et Il nous surprend avec des prodiges inespérés qui se produisent à travers ceux qui aiment. Vos histoires sont riches d'événements merveilleux, connus du cœur de Dieu et impossibles aux seules forces humaines. Je pense à ce que tu nous as raconté, Pierre, quand tu as dit que dans le désert de l'impuissance et de l'indifférence, dans la mer de la souffrance, avec tes amis, tu as découvert que Dieu ne vous avait pas oublié, parce qu'il vous a envoyé des personnes qui ne se sont pas détournées en traversant la rue où vous étiez. Ainsi, sur leur visage, vous avez redécouvert celui de Jésus et vous voulez maintenant faire de même pour les autres. Le bien est ainsi, il se diffuse, il ne se laisse pas paralyser par la résignation et les statistiques, mais invite à donner aux autres ce que l’on a reçu gratuitement. Je reçois et je donne. Il faut que les jeunes en particulier voient cela : des visages qui surmontent l'indifférence en regardant les personnes dans les yeux ; des mains qui ne prennent pas les armes et ne manipulent pas d'argent, mais qui se tendent vers ceux qui sont à terre et les relèvent dans leur dignité, leur dignité de fille et de fils de Dieu. Il n'est permis de regarder une personne de haut que dans un seul cas : pour l'aider à se relever. Sinon, on ne peut jamais regarder une personne de haut.
Cela en vaut donc la peine, et c'est un beau signe que les Autorités, par le biais des récents accords avec la Conférence Épiscopale, aient reconnu et valorisé le travail de tous ceux qui s'engagent dans le domaine social et caritatif. Cela ne signifie sûrement pas que l’on puisse systématiquement déléguer à des volontaires le soin des plus fragiles, ou encore l'engagement pour la santé et pour l'instruction. Ce sont les tâches prioritaires de ceux qui gouvernent, avec l’attention d’assurer les services de base, y compris à la population qui vit loin des grands centres urbains. En même temps, ceux qui croient au Christ ne doivent jamais ternir le témoignage de la charité, qui est un témoignage de Dieu, par la poursuite de privilèges, de prestige, de visibilité et de pouvoir. C’est une mauvaise chose, à ne jamais faire ! Non, les moyens, les ressources et les bons résultats sont pour les pauvres, et ceux qui s'en occupent doivent toujours se rappeler que le pouvoir est un service, que la charité ne conduit pas à se reposer sur ses lauriers mais exige de la diligence et du concret. Dans cette perspective, parmi les nombreuses choses à faire, je voudrais souligner un défi qui concerne tout le monde et pas seulement ce pays. La cause la pauvreté n'est pas tant l'absence de biens et d'opportunités, mais leur inéquitable répartition. Les personnes aisées, surtout si elles sont chrétiennes, sont appelées à partager ce qu'elles possèdent avec ceux qui manquent du nécessaire, d'autant plus s'ils appartiennent au même peuple. Ce n'est pas une question de bonté, mais de justice. Ce n'est pas de la philanthropie, c'est de la foi ; car, comme le dit l'Écriture, « la foi sans les œuvres est morte » (Jc 2, 26).
Voilà donc une deuxième question portant précisément sur le devoir et sur l'urgence du bien : comment le faire ? Comment faire de la charité, quels critères suivre ? Je voudrais vous proposer à ce sujet trois points simples. Ce sont des choses que les institutions caritatives opérant ici connaissent déjà, mais il est bon de les rappeler afin que le fait de servir Jésus dans les pauvres devienne un témoignage toujours plus fécond.
Tout d'abord, la charité appelle l'exemplarité. La charité n'est pas en effet seulement une chose que l'on fait, mais une expression de ce que l'on est. Elle est un mode de vie, elle consiste à vivre l'Évangile. Crédibilité et transparence sont donc nécessaires. Je pense à la gestion financière et administrative des projets, mais aussi à l'engagement à offrir des services appropriés et qualifiés. C'est précisément l'esprit qui caractérise tant d'œuvres ecclésiales dont ce pays bénéficie et qui ont marqué son histoire. Qu’il y ait toujours de l’exemplarité !
Deuxième point : la prévoyance, c'est-à-dire le fait de savoir regarder en avant. Il est essentiel que les initiatives et les bonnes œuvres, en plus de répondre aux besoins immédiats, soient viables et durables ; pas simplement faites pour assister, mais mises en œuvre sur la base de ce qui peut réellement être fait et dans une perspective à long terme, afin qu'elles durent dans le temps et ne se terminent pas avec ceux qui les ont lancées. Dans ce pays, par exemple, le sol est incroyablement fécond, la terre extrêmement fertile. La générosité de ceux qui aident ne peut manquer d'épouser cette caractéristique en favorisant le développement de ceux qui peuplent cette terre, en leur apprenant à la cultiver, en donnant vie à des projets de développement qui mettent l'avenir entre leurs mains. Plutôt que de distribuer des biens dont il y aura toujours besoin, il est préférable de transmettre des connaissances et des outils qui rendent le développement autonome et durable. À ce sujet, je pense aussi à la grande contribution offerte par l’assistance sanitaire catholique qui, dans ce pays comme en de nombreux pays du monde, soulage et donne espérance à la population en allant à la rencontre de ceux qui souffrent, avec gratuité et sérieux, cherchant toujours, comme il se doit, à secourir avec des instruments modernes et appropriés.
Exemplarité, prévoyance et enfin - troisième élément – la connexion. Frères et sœurs, il est nécessaire de se mettre en réseau, non seulement virtuellement mais aussi concrètement, comme cela se passe dans ce pays avec la symphonie de la vie de la grande forêt et de sa végétation variée. Se mettre en réseau: travailler de plus en plus ensemble, être en synergie constante entre vous, en communion avec les Églises locales et avec le territoire. Travailler en réseau : chacun avec son propre charisme mais ensemble, reliés, en partageant les urgences, les priorités, les besoins, sans fermetures ni auto-référentialité, prêts à travailler avec d’autres communautés chrétiennes et d’autres religions, et avec les nombreuses organisations humanitaires présentes. Tout cela pour le bien des pauvres. Se mettre en réseau avec tous.
Chers frères et sœurs, je vous laisse sur ces points et je vous remercie pour ce que vous avez laissé dans mon cœur aujourd'hui. Oui, merci beaucoup parce que vous avez touché mon cœur. Vous êtes précieux. Je vous bénis et vous demande, s'il vous plaît, de continuer à prier pour moi qui en ai besoin. Merci !
[00164-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear brothers and sisters,
I greet you with affection and thank you for your songs, your testimonies and for everything that you have told me, but especially for everything that you are doing! In this country, where the sound of violence is heard like the loud crash of a felled tree, you are the forest that quietly grows each day and makes the air clean and breathable. Naturally, a falling tree makes more noise, but God loves and blesses the generosity that silently sprouts and bears fruit, and he looks with joy upon all those who serve the needy. That is how goodness grows: in the simplicity of hands and hearts stretched out to others and in the courage of small steps that approach the poor and vulnerable in the name of Jesus. The proverb Cecilia quoted is really true: “A journey of a thousand miles begins with a single step”.
One thing struck me: You did not simply list social problems or provide me with statistics on poverty, but more importantly you spoke with affection about the poor. You spoke about yourselves and about people you did not know before, but who have now become familiar to you; people with names and faces. I am grateful that you are able to see Jesus in the least of his brothers and sisters. The Lord is to be sought and loved in the poor and we, as Christians, must take care not to turn our backs on them. There is something wrong when a believer keeps Christ’s loved ones at a distance.
While so many today dismiss the poor, you embrace them; while the world exploits them, you encourage them. Encouragement versus exploitation: Here is a forest that is growing, even as deforestation and waste runs rampant! I would like to make better known what you are doing, to promote growth and hope in the Democratic Republic of the Congo and on this entire continent. I came here out of a desire to be a voice for the voiceless. How I wish the media would give more space to this country and to Africa as a whole! Would that the peoples, cultures, sufferings and hopes of this young continent of the future be better known! People would discover immense talents and tales of true human and Christian grandeur, emerging from a healthy environment marked by respect for children, the elderly and all creation.
I am happy to be this voice here at the Nunciature, because the Papal Representations, the “houses of the Pope” throughout the world, are and must be promoters of human development, centres of charity, at the forefront of the diplomacy of mercy by their efforts to facilitate effective aid and to favour networks of cooperation. This is now taking place without fanfare in many parts of the world, as it has for a long time here. This house has been a neighbourly presence for decades. Established ninety years ago as an Apostolic Delegation, in a few days it will celebrate the sixtieth anniversary of its elevation to the rank of Nunciature.
Brothers and sisters, you love this country and you devote yourselves to its people. What you do is wonderful, but by no means easy. We are brought to tears when we hear stories like those you have told me, of suffering men and women left homeless by general indifference. This leads them to live on the streets, exposing them to the risk of physical violence and sexual abuse and even to the accusation of witchcraft, whereas they are only in need of love and care. I was struck by what you told us, Tekadio. Due to leprosy, you still feel today, in 2023, “discriminated against, looked down upon and humiliated”, while people, with a mixture of shame, incomprehension and fear, rush to disinfect where even your shadow has passed. Poverty and rejection are an offence against human beings, robbing them of their dignity. They are like ashes that extinguish the fire he or she carries within. Yes, every person, created in the image of God, shines with a bright fire, but love alone removes the grime that conceals that image. Only by restoring dignity do we restore humanity! I was saddened to learn that here too, as in many parts of the world, children and the elderly are discarded. This is scandalous and even more so, detrimental to the entire society, whose soundness depends precisely on the care it provides to the elderly and children, for they are its roots and its future. Let us not forget: true human development cannot flourish where there is no memory or future. Memory is kept alive by the old while the future is carried forward by the young.
Brothers and sisters, today I would like to ask two questions of you, and through you, of the many who work for the good of this great country. First: Is it worth it? Is it worth the effort to battle this constantly increasing ocean of need? Isn’t it instead a useless and often discouraging endeavour? What Sister Marie Celeste said can help us to answer that question. She said: “Despite our insignificance, the crucified Lord wants us at his side to help him bear the tragedies of the world.” True, charity attunes us to God and he surprises us with unexpected wonders through those he loves. Your stories are full of stupendous happenings, known to the heart of God and impossible to attribute merely to human strength. I think of what you told us, Pierre, when you said that in the desert of powerlessness and indifference, in the sea of sorrow, you and your friends discovered that God had not forgotten you, because he sent you people who did not turn back as they were crossing the road where you stood. In their faces, you discovered the face of Jesus and now you want to help others do the same. Goodness is like that, it spreads; it is not paralyzed by resignation or statistics, but impels us to give others what we ourselves freely received. I receive and I give. Young people in particular need to see this: they need to see faces that overcome indifference by looking people in the eye, and hands that do not wield weapons or misuse money, but reach out to those who are down on the ground and raise them back up to their dignity, the dignity of a daughter and son of God. There is only one instance in which it is proper to look down on a person: to help lift up that person. Otherwise, we should never look down on a person.
So it is worth it! It is a good sign that the civil authorities, through recent agreements with the Episcopal Conference, have acknowledged and esteemed the efforts of those engaged in social and charitable work. This certainly does not mean that we can systematically delegate to volunteers care for the most frail and vulnerable, or for health and education. These are primary tasks for those who govern; they should be concerned to ensure that basic services are provided to those living far from large urban centres. At the same time, believers in Christ must never sully the witness of charity, which is a witness to God, by pursuing privilege, prestige, fame and power. It is a bad thing that we should never do. No, our means, resources and goals are to be used for the poor. Those who care for them are always called to remember that power is service, and that charity does not make us rest on our laurels, but demands urgency and concrete actions. In this regard, among the many things needing to be done, I would like to highlight a challenge that concerns everyone and not simply this country. What causes poverty is not so much the absence of goods and opportunities, but their unequal distribution. Those who are prosperous, especially if they are Christians, are challenged to share what they have with those who lack the bare necessities, and all the more so if they are members of the same people. This is not a matter of benevolence, but of justice. It is not philanthropy, but faith. For, as Scripture says, “faith without works is dead” (Jas 2:26).
This brings us to our second question, which has to do with the duty and urgency of doing good. How is it to be done? How is charity to be carried out? What criteria should be followed? Here I would offer you three simple thoughts. They are familiar to the charitable institutions working here, but they are helpful to recall, so that serving Jesus in the poor may become an ever more fruitful form of witness.
First of all, charity calls for setting an example. It is not simply something we do; it is an expression of who we are. It is a way of life, a way of living out the Gospel, and it requires credibility and transparency. I am thinking of the financial and administrative management of projects, but also of the need to provide appropriate services in a competent manner. This is precisely the spirit that marks many ecclesial works that benefit this country and have distinguished its history. May we always set a good example!
Secondly, being far-sighted, having foresight. It is vital that initiatives and good works not only respond to immediate needs, but also prove sustainable over time. They are not meant to be welfare-oriented, but to consider what will prove most effective in the long term; in this way, they can last and not end with those who started them. In this country, for example, the soil is incredibly fertile and extremely productive. The generosity of those who provide you with aid must appreciate this reality and foster the growth of the people who inhabit this land, teaching them how to cultivate it, and creating development projects that leave the future to their hands. Rather than distributing goods that will always be in short supply, it is better to transmit knowledge and the tools that make development autonomous and sustainable. Here, I would mention the great contribution made by Catholic health care services, which in this country, as in many others throughout the world, offer relief and hope to people, assisting the suffering in a spirit of generosity and competence, seeking always, as is right, to help others through the use of appropriate and up-to-date means.
Setting an example, being far-sighted and, now – the third element – being connected. Brothers and sisters, you must network, not only virtually but concretely. We see this illustrated in your country in the symphony of life found in the great forest and its diverse vegetation. Networking calls for ever greater cooperation, constant interaction with one another, always in communion with the local Churches and the region. Networking: each according to his or her charism, yet together, connected, sharing concerns, priorities, and needs, without remaining isolated or self-referential, prepared to work alongside other Christian communities and other religions, and the many humanitarian organizations present here – all for the good of the poor. Network with everyone.
Dear brothers and sisters, I leave you with these reflections and I thank you for what you in turn have given me today. Indeed, thank very much for you have touched my heart. You are a great treasure. I bless you and ask you, please, to continue to pray for me. I need your prayers. Thank you!
[00164-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern,
ich grüße euch herzlich und danke euch für die Lieder, die Zeugnisse und das, was ihr mir erzählt habt, aber vor allem für alles, was ihr tut! In diesem Land, in dem es viel Gewalt gibt, die wie der donnernde Schlag eines gefällten Baumes widerhallt, seid ihr der Wald, der jeden Tag in Stille wächst und die Luft besser macht, so dass man sie atmen kann. Natürlich macht der Baum, der fällt, mehr Lärm, aber Gott liebt und pflegt die Großherzigkeit, die im Stillen sprießt und Früchte trägt, und er schaut mit Freude auf diejenigen, die den Bedürftigen dienen. So wächst das Gute, in der Schlichtheit von Händen und Herzen, die sich auf die anderen zubewegen, mit dem Mut der kleinen Schritte, um im Namen Jesu auf den Schwächsten nahe zu sein. Das von Cecilia zitierte Sprichwort ist wirklich wahr: »Tausend Schritte beginnen immer mit einem«!
Eines hat mich besonders getroffen: Ihr habt mir nicht einfach nur soziale Probleme und viele Daten zur Armut aufgezählt, sondern habt vor allem mit Zuneigung über die Armen gesprochen. Ihr habt von euch selbst und von Menschen gesprochen, die ihr vorher nicht kanntet und die euch jetzt vertraut geworden sind: Namen und Gesichter. Danke für diesen Blick, der es versteht, Jesus in seinen kleinsten Brüdern und Schwestern zu erkennen. Den Herrn sucht und liebt man in den Armen, und als Christen müssen wir aufpassen, wenn wir uns von ihnen entfernen, denn es stimmt etwas nicht, wenn ein Gläubiger die von Christus besonders Geliebten auf Abstand hält.
Während viele sie heute ausschließen, nehmt umarmt ihr sie an; während die Welt sie ausbeutet, fördert ihr sie. Förderung gegen Ausbeutung: Dies ist der Wald, der wächst, während die Rodung der Ausgrenzung gewalttätig voranschreitet! Ich würde gern dem, was ihr tut, eine Stimme verleihen, um Wachstum und Hoffnung in der Demokratischen Republik Kongo und auf diesem Kontinent zu fördern. Ich bin hierhergekommen, weil ich denen eine Stimme verleihen möchte, die keine Stimme haben. Ich wünschte sehr, die Medien würden diesem Land und Afrika insgesamt mehr Platz einräumen! Dass die Völker, Kulturen, Leiden und Hoffnungen dieses jungen Kontinents der Zukunft bekannt werden! Man wird ungeheure Talente und Geschichten von wahrer menschlicher und christlicher Größe entdecken, Geschichten, die in einem lauteren Klima entstanden sind, dem die Achtung vor den Kleinen, den Alten und der Schöpfung vertraut ist.
Es ist schön, euch hier in der Nuntiatur eine Stimme zu verleihen, denn die Päpstlichen Vertretungen, die über die ganze Welt verstreuten „Häuser des Papstes“, sind und sollen Verstärker von menschlicher Förderung sein, Knotenpunkte der Nächstenliebe, in erster Linie durch eine Diplomatie der Barmherzigkeit, durch Begünstigung konkreter Hilfen und durch eine Förderung von Netzwerken der Zusammenarbeit. Dies geschieht bereits ohne großes Aufheben in vielen Teilen der Welt und hier seit langem; dieses Haus ist seit Jahrzehnten ein Ort der Nähe: Vor neunzig Jahren wurde es als Apostolische Delegation eröffnet, in wenigen Tagen wird es den sechzigsten Jahrestag seiner Erhebung zur Nuntiatur feiern.
Brüder und Schwestern, die ihr dieses Land liebt und euch seinen Menschen widmet: Was ihr tut, ist wunderbar, aber es ist keineswegs einfach. Es treibt einem die Tränen in die Augen, wenn man Geschichten hört, wie die, die ihr mir erzählt habt, von leidenden Menschen, die durch die allgemeine Gleichgültigkeit zu einem Leben auf der Straße verdammt sind, was sie der Gefahr körperlicher Gewalt und sexuellen Missbrauchs aussetzt und sogar der Gefahr der Anklage wegen Hexerei, obwohl sie nur Liebe und Fürsorge brauchen. Ich war beeindruckt von dem, was du uns gesagt hast, Tekadio, dass du dich wegen der Lepra auch heute noch, im Jahr 2023, »diskriminiert, verachtet und gedemütigt« fühlst, während die Menschen mit einer Mischung aus Scham, Unverständnis und Angst sich beeilen, dort zu putzen, wo auch nur dein Schatten vorübergezogen ist. Die Armut und die Ablehnung beleidigen den Menschen, sie entstellen seine Würde: Sie sind wie Asche, die das Feuer auslöscht, das sie in ihrem inneren birgt. Ja, jeder Mensch strahlt als Ebenbild Gottes ein helles Feuer aus, aber nur die Liebe entfernt die Asche, die es bedeckt: Nur durch das Wiederherstellen der Würde gibt man Menschlichkeit zurück! Ich bin betrübt zu hören, dass, wie in vielen Teilen der Welt, auch hier Kinder und alte Menschen verstoßen werden. Das ist nicht nur skandalös, sondern schadet auch der gesamten Gesellschaft, die gerade auf der Fürsorge für Alte und für Kinder, für die Wurzeln und für die Zukunft aufgebaut ist. Denken wir daran: Eine wirklich menschliche Entwicklung kann nicht ohne Erinnerung und Zukunft stattfinden. Die Erinnerung, die von den Älteren eingebracht wird, die Zukunft, die die Jüngeren bringen.
Brüder und Schwestern, heute möchte ich mich mit euch und über euch mit den vielen, die in diesem großen Land Gutes bewirken, über zwei Fragen austauschen. Zunächst einmal: Lohnt sich das? Lohnt sich der Aufwand angesichts eines Ozeans der Not, der ständig dramatisch anwächst? Ist das nicht ein vergebliches und oft auch entmutigendes Unterfangen? Dabei hilft uns, was Schwester Maria Celeste sagte: »Trotz unserer Kleinheit möchte der gekreuzigte Herr uns an seiner Seite haben, um die Not der Welt zu tragen«. Es ist wahr, die Nächstenliebe bringt uns mit Gott in Einklang, und er überrascht uns mit unverhofften Wundern, die durch diejenigen geschehen, die lieben. Eure Geschichten sind voll von erstaunlichen Ereignissen, die dem Herzen Gottes bekannt und für menschliche Kräfte allein unmöglich sind. Ich denke an das, was du uns gesagt hast, Pierre, als du erzähltest, dass du in der Wüste der Ohnmacht und der Gleichgültigkeit, im Meer des Kummers, zusammen mit deinen Freunden entdeckt hast, dass Gott dich nicht vergessen hat, weil er dir Menschen geschickt hat, die sich nicht abwandten, als sie euren Weg kreuzten. So habt ihr in ihrem Gesicht das von Jesus wiederentdeckt und wollt nun dasselbe für andere tun. So ist das Gute: Es breitet sich aus, es lässt sich nicht durch Resignation und Statistiken lähmen, sondern lädt dazu ein, den Anderen das zu geben, was man selbst unentgeltlich erhalten hat. Ich empfange und ich gebe. Das sollten vor allem junge Menschen sehen: Gesichter, die die Gleichgültigkeit überwinden, indem sie den Menschen in die Augen schauen, Hände, die nicht zu den Waffen greifen und nicht mit Geld hantieren, sondern sich demjenigen zuwenden, der am Boden ist und ihn zu seiner Würde erheben, zur Würde einer Tochter und eines Sohnes Gottes. Nur in einem Fall ist es erlaubt, auf eine Person herabzusehen: um ihr zu helfen, sich aufzurichten. Andernfalls darf man niemals auf einen Menschen herabsehen.
Es lohnt sich also und es ist ein schönes Zeichen, dass die Behörden durch die jüngsten Vereinbarungen mit der Bischofskonferenz die Arbeit derjenigen, die sich im sozialen und karitativen Bereich engagieren, anerkannt und gewürdigt haben. Das bedeutet sicher nicht, dass man die Sorge um die Schwächsten systematisch an das Ehrenamt delegieren kann, genau so wenig wie den Einsatz im Gesundheits- und Bildungswesen. Dies sind vorrangig Aufgaben der Regierenden, wobei darauf zu achten ist, dass die Grundversorgung auch für die Bevölkerung gewährleistet ist, die weit entfernt von den großen urbanen Zentren lebt. Gleichzeitig dürfen diejenigen, die an Christus glauben, das Zeugnis der Nächstenliebe, das ein Zeugnis für Gott ist, niemals durch das Streben nach Privilegien, Prestige, Sichtbarkeit und Macht besudeln. Das ist schlecht und das darf man niemals tun! Nein, die Mittel, Ressourcen und guten Ergebnisse sind für die Armen da, und diejenigen, die sich um sie kümmern, dürfen nie vergessen, dass Macht ein Dienst ist und dass Nächstenliebe nicht dazu führt, sich auf den Lorbeeren auszuruhen, sondern Eile und konkretes Handeln verlangt. In diesem Sinne möchte ich unter den vielen Dingen, die zu tun sind, eine Herausforderung hervorheben, die alle betrifft und besonders auch dieses Land. Die Ursache für Armut ist nicht so sehr der Mangel an Gütern und Möglichkeiten, sondern deren ungleiche Verteilung. Die Wohlhabenden – vor allem, wenn sie Christen sind – sind aufgefordert das, was sie haben, mit denen zu teilen, denen es am Nötigen fehlt, und das umso mehr, wenn sie demselben Volk angehören. Das ist keine Frage von Güte, sondern von Gerechtigkeit. Das ist nicht Menschenfreundlichkeit, sondern Glaube, denn, wie die Schrift sagt, »der Glaube ohne Werke [ist] tot« (Jak 2,26).
Nun also eine zweite Frage, gerade hinsichtlich der Verpflichtung und der Dringlichkeit des Guten: Wie soll man es tun? Wie soll man Nächstenliebe üben, welche Kriterien sind zu befolgen? Hier möchte ich drei einfache Punkte anführen. Es handelt sich um Aspekte, die den hier tätigen karitativen Einrichtungen bereits bekannt sind, es ist aber gut, sie in Erinnerung zu rufen, auf dass der Dienst an Jesus in den Armen ein immer fruchtbareres Zeugnis sei.
Die Nächstenliebe erfordert zunächst einmal Vorbildlichkeit: Sie ist nämlich nicht nur etwas, was man tut, sondern ein Ausdruck dessen, was man ist. Es ist eine Lebensweise, es ist ein Leben nach dem Evangelium. Deshalb sind Glaubwürdigkeit und Transparenz nötig: Ich denke an das finanzielle und administrative Projektmanagement, aber auch an die Verpflichtung, angemessene und qualifizierte Dienstleistungen anzubieten. Eben dies ist der Geist, der viele kirchliche Werke kennzeichnet, die diesem Land zugutekommen und die seine Geschichte geprägt haben. Möge es stets vorbildlich zugehen!
Zweiter Punkt: die Weitsichtigkeit, das bedeutet, vorausschauen zu können. Es ist von grundlegender Bedeutung, dass Initiativen und gute Werke nicht nur auf unmittelbare Bedürfnisse reagieren, sondern nachhaltig und dauerhaft sind. Nicht bloße Wohlfahrt, sondern auf der Grundlage dessen, was wirklich getan werden kann, und mit einer langfristigen Perspektive, so dass sie auf Dauer Bestand haben und nicht mit denen enden, die sie begonnen haben. In diesem Land gibt es zum Beispiel einen unglaublich fruchtbaren Boden, eine äußerst ergiebige Erde; die Großherzigkeit der Hilfskräfte kann nicht umhin, an diese Eigenheit anzuknüpfen und somit die innere Entwicklung der Menschen, die dieses Land bevölkern, zu fördern, ihnen beizubringen es zu bewirtschaften und Entwicklungsprojekte ins Leben zu rufen, welche die Zukunft in ihre Hände legen. Statt Güter zu verteilen, derer es immer bedürfen wird, ist es besser, Kenntnisse und Instrumente zu vermitteln, die eine selbständige und nachhaltige Entwicklung ermöglichen. In diesem Zusammenhang denke ich auch an den großen Beitrag des katholischen Gesundheitswesens, das in diesem Land, wie in vielen anderen Ländern der Welt, der Bevölkerung Linderung und Hoffnung gibt, indem es den Leidenden unentgeltlich und seriös beisteht und dabei stets versucht, ihnen mit modernen und angemessenen Mitteln zu helfen, so wie es sich gehört.
Vorbildlichkeit, Weitsichtigkeit und schließlich – das dritte Element – Vernetzung: Brüder und Schwestern, es ist wichtig, sich zu vernetzen, nicht nur virtuell, sondern ganz konkret, wie es hierzulande in der Lebenssinfonie des großen Waldes und seiner vielfältigen Vegetation geschieht. Sich vernetzen: mehr und mehr zusammenarbeiten, in ständiger wechselseitiger Synergie, in Gemeinschaft mit den Ortskirchen und dem Land. Vernetzt arbeiten: jeder mit seinem eigenen Charisma, aber gemeinsam, verbunden; Dringlichkeiten, Prioritäten, Bedürfnisse teilend, ohne Verschlossenheit und Selbstbezogenheit, bereit, mit anderen christlichen Gemeinschaften, anderen Religionen und den vielen anwesenden humanitären Organisationen an einem Strang zu ziehen. Alles zum Wohl der Armen. Sich mit allen venetzen.
Liebe Brüder und Schwestern, ich überlasse euch diese Anregungen und danke euch für das, was ihr heute in meinem Herzen hinterlassen habt. Ja, vielen Dank, denn ihr habt mein Herz berührt. Ihr seid wertvoll. Ich segne euch und bitte euch, weiterhin für mich zu beten, ich kann es brauchen. Danke!
[00164-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos hermanos y hermanas:
Los saludo con afecto y les agradezco los cantos, los testimonios y las cosas que me han contado; pero, sobre todo, gracias por todo lo que hacen. En este país, donde hay tanta violencia, que retumba como el estruendo ensordecedor de un árbol que es derribado, ustedes son el bosque que crece todos los días en silencio y hace que la calidad del aire mejore, que se pueda respirar. Es verdad, hace más ruido el árbol que cae, pero Dios ama y cultiva la generosidad que germina en el silencio, dando fruto; y posa su mirada, con alegría, en quien se pone al servicio de los necesitados. Así crece el bien, en la sencillez de manos y corazones abiertos a los demás; en la valentía de los pasos pequeños que se dan para acercarse a los más débiles en el nombre de Jesús. Es muy cierto aquel proverbio que citó Cecilia: “Mil pasos comienzan siempre por el primero”.
Me sorprendió una cosa, y es que no me refirieron simplemente los problemas sociales ni enumeraron muchos datos sobre la pobreza, sino que sobre todo hablaron de los pobres con cariño. Hablaron de ustedes y de personas que no conocían antes, y que ahora son para ustedes familiares, con nombres y rostros. Gracias por esta mirada que sabe reconocer a Jesús en sus hermanos más pequeños. Hay que buscar y amar al Señor en los pobres y, como cristianos, tenemos que estar atentos si nos alejamos de ellos, porque hay algo que no está bien cuando un creyente mantiene a distancia a los predilectos de Cristo.
Hoy, mientras tantos los descartan, ustedes los abrazan; mientras que el mundo los explota, ustedes los promueven. La promoción contra la explotación, este es el bosque que crece mientras que la deforestación del descarte hace estragos violentamente. Yo quisiera darle voz a lo que ustedes hacen, favorecer el crecimiento y la esperanza en la República Democrática del Congo y en este continente. He venido aquí animado por el deseo de dar voz a quien no la tiene. Cuánto quisiera que los medios de comunicación social dieran más espacio a este país y a toda África; que se conozcan los pueblos, las culturas, los sufrimientos y las esperanzas de este joven continente del futuro. Se descubrirán inmensos talentos e historias de verdadera grandeza humana y cristiana; historias nacidas en un clima auténtico, que conoce bien el respeto por los más pequeños, por los ancianos y por la creación.
Es bueno darles voz aquí en la Nunciatura, porque las Representaciones Pontificias, las “casas del Papa” diseminadas por el mundo, son y deben ser amplificadores de promoción humana, centros de caridad, en primera línea en la diplomacia de la misericordia, favoreciendo ayudas concretas y promoviendo redes de cooperación. Esto ya se hace, discretamente, en tantas partes del mundo, y aquí desde hace mucho tiempo. Esta casa es una presencia cercana desde hace décadas. Inaugurada hace noventa años como Delegación Apostólica, está por celebrar, dentro de pocos días, el sexagésimo aniversario de haber sido elevada a Nunciatura.
Hermanos y hermanas que aman este país y se dedican a su gente, todo lo que hacen es maravilloso, aunque no es para nada sencillo. Dan ganas de llorar al escuchar historias como las que me han contado, sobre personas que sufren por la indiferencia generalizada que las entregó a una vida errante, que las llevó a vivir en las calles, exponiéndose al riesgo de violencia física y de abusos sexuales, y también a ser acusadas de brujería, cuando sólo necesitan amor y cuidados. Me conmovió lo que me dijiste tú, Tekadio, que a causa de la lepra te sientes aún hoy, en el 2023, “discriminado, observado con desprecio y humillado”, mientras que la gente, con una mezcla de vergüenza, de incomprensión y de miedo, se apura a limpiar incluso ahí por donde pasó simplemente tu sombra. La pobreza y el rechazo ofenden al hombre, desfiguran su dignidad; son como ceniza que apaga el fuego que se lleva por dentro. Sí, cada persona, en cuanto creada a imagen de Dios, resplandece con un fuego luminoso, pero sólo el amor quita la ceniza que lo cubre. Sólo devolviendo la dignidad se restituye la humanidad. Me ha entristecido escuchar que también aquí, como en muchas partes del mundo, niños y ancianos son descartados. Además de escandaloso, esto es nocivo para la sociedad entera, que se construye precisamente a partir del cuidado de los ancianos y de los niños, de las raíces y del futuro. Recordemos que un desarrollo verdaderamente humano no puede estar privado de memoria y de futuro. La memoria, llevada por los ancianos; el futuro, llevado por los jóvenes.
Hermanos, hermanas, hoy quisiera compartir con ustedes y, por medio de ustedes, con los numerosos operadores de bien en este gran país, dos preguntas. En primer lugar, ¿vale la pena? ¿Vale la pena comprometerse frente a un océano de necesidades en constante y dramático aumento? ¿No sería trabajar en vano, además de ser muchas veces desalentador? Nos ayuda lo que dijo sor María Celeste: “A pesar de nuestra pequeñez, el Señor crucificado desea tenernos a su lado para sostener el drama del mundo”. Es verdad, la caridad sintoniza con Dios y Él nos sorprende con prodigios inesperados que se realizan por medio de quien ama. Sus historias son ricas de acontecimientos impresionantes, conocidos por el corazón de Dios e imposibles para las solas fuerzas humanas. Pienso en lo que nos contaste tú, Pierre, al decir que en el desierto de la impotencia y de la indiferencia, en el mar del dolor, junto con tus amigos, descubriste que Dios no los había olvidado, porque les envió personas que no se dieron la vuelta cruzando la calle donde estaban. Así, en sus rostros ustedes descubrieron el de Jesús y ahora quieren hacer lo mismo por los demás. El bien es así, es difusivo, no se deja paralizar por la resignación ni por las estadísticas, sino que invita a donar a los demás cuanto se ha recibido gratuitamente. Recibo y doy. Se necesita que principalmente los jóvenes vean esto: rostros que superan la indiferencia mirando a las personas a los ojos; manos que no empuñan armas ni manipulan dinero, sino que se extienden hacia quien está en el suelo y lo levantan a su dignidad, a la dignidad de hija e hijo de Dios. Sólo en un caso es lícito mirar a una persona desde arriba hacia abajo: para ayudarla a levantarse. De otra manera, no se puede mirar nunca a una persona desde arriba hacia abajo.
Por tanto, vale la pena, y es un buen signo que las autoridades, por medio de los recientes acuerdos con la Conferencia Episcopal, hayan reconocido y valorado la obra de quienes se comprometen en el campo social y caritativo. Ciertamente, eso no significa que se pueda delegar sistemáticamente al voluntariado el cuidado de los más frágiles, ni el esfuerzo en la asistencia sanitaria y en la educación. Son tareas prioritarias de quien gobierna, con la atención puesta en garantizar los servicios básicos también a la población que vive lejos de los grandes núcleos urbanos. Al mismo tiempo, los creyentes en Cristo nunca deben mancillar el testimonio de la caridad, que es testimonio de Dios, buscando privilegios, prestigio, visibilidad o poder. Esto es una cosa fea, que no se debe hacer nunca. No, los medios, los recursos y los buenos resultados son para los pobres, y quien se ocupa de ellos siempre está llamado a recordar que el poder es servicio y que la caridad no lleva a dormirse en los laureles, sino que requiere urgencia y concreción. En este sentido, entre las muchas cosas por hacer, quisiera subrayar un reto que compete a todos y en gran medida a este país. Lo que causa la pobreza no es tanto la ausencia de bienes o de oportunidades, sino su distribución no equitativa. El que pertenece a una clase acomodada, en particular si es cristiano, está llamado a compartir lo que posee con quien está privado de lo necesario, más aún si pertenece al mismo pueblo. No se trata de una cuestión de bondad, sino de justicia. No es filantropía, es fe. Porque, como dice la Escritura, «la fe sin obras está muerta» (St 2,26).
Un segundo interrogante, justamente sobre el deber y sobre la urgencia del bien, es ¿cómo realizarlo? ¿Cómo hacer caridad, qué criterios seguir? A este respecto, quisiera ofrecerles tres ideas sencillas. Son aspectos que las instituciones caritativas aquí operantes ya conocen, pero hace bien recordarlos, para que el servicio a Jesús en los pobres sea un testimonio cada vez más fecundo.
Antes que nada, la caridad requiere ejemplaridad. De hecho, no es sólo una cosa que se hace, sino que es expresión de aquello que se es. Se trata de un estilo de vida, de vivir el Evangelio. Por tanto, se necesita credibilidad y transparencia. Pienso en la gestión financiera y administrativa de los proyectos, pero también en el compromiso por ofrecer servicios adecuados y cualificados. Justamente este es el espíritu que caracteriza tantas obras eclesiales de las que este país se ve beneficiado y que han marcado su historia. ¡Que siempre haya ejemplaridad!
En segundo lugar, la amplitud de miras, es decir, el saber mirar hacia adelante. Es fundamental que las iniciativas y las obras de bien, además de que respondan a las exigencias inmediatas, sean sostenibles y duraderas; no simplemente asistencialistas, sino realizadas sobre la base de lo que realmente se puede hacer y con una perspectiva a largo plazo, para que perduren en el tiempo y no terminen con quien las comenzó. En este país, por ejemplo, hay un suelo increíblemente fecundo, una tierra extremadamente fértil. La generosidad de quien ayuda no puede dejar de abrazar esta característica, para favorecer el desarrollo interno de quienes habitan esta tierra, para enseñarles a cultivarla, dando vida a proyectos de desarrollo que pongan el futuro en sus manos. Más que distribuir bienes, lo cual será siempre necesario, es mejor transmitir conocimientos y herramientas que hagan el desarrollo autónomo y sostenible. A este respecto, pienso también en el gran aporte que ha ofrecido la asistencia sanitaria católica, que, en este país, como en muchos otros del mundo, da alivio y esperanza a la población, saliendo al encuentro de los que sufren, con gratuidad y con seriedad, buscando siempre —tal como debe ser— socorrer con instrumentos modernos y adecuados.
Ejemplaridad, amplitud de miras y, finalmente, el tercer elemento: conexión. Hermanos y hermanas, es necesario crear una red, no sólo virtualmente, sino concretamente, tal como sucede en este país en la sinfonía de vida del gran bosque y de su variada vegetación. Crear una red, es decir, trabajar cada vez más juntos, estar en constante sinergia entre ustedes, en comunión con las Iglesias locales y con el territorio. Trabajar en red, cada uno, con su propio carisma, pero juntos, relacionados, compartiendo los asuntos urgentes, las prioridades, las necesidades, sin cerrazones ni autorreferencialidad, prontos para apoyar a otras comunidades cristianas y a otras religiones, así como a muchos organismos humanitarios presentes. Todo por el bien de los pobres. Crear una red con todos.
Queridos hermanos y hermanas, les dejo estos puntos y les agradezco lo que han depositado el día de hoy en mi corazón. Sí, muchas gracias porque me han conmovido el corazón. Ustedes valen mucho. Los bendigo y les pido, por favor, que sigan rezando por mí, porque lo necesito. Gracias.
[00164-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Queridos irmãos e irmãs!
Saúdo-vos cordialmente e agradeço os cânticos, os testemunhos e quanto me contastes, mas principalmente tudo o que fazeis! Neste país, onde há tanta violência que ribomba como o estrondo duma árvore derrubada, vós sois a floresta que cresce dia a dia em silêncio e torna o ar melhor, respirável. Claro, faz mais barulho a árvore que cai, mas Deus ama e cultiva a generosidade que silenciosamente germina e dá fruto, e pousa o olhar com alegria sobre quem serve os necessitados. Assim cresce o bem, na simplicidade de mãos e corações estendidos para os outros, com a coragem dos pequenos passos para se aproximar dos mais frágeis em nome de Jesus. É mesmo verdadeiro, o provérbio que Cecília citou: «Mil passos começam sempre com o primeiro»!
Houve uma coisa que me impressionou! É que não vos limitastes a elencar os problemas sociais nem a enumerar dados sem conta sobre a pobreza, mas sobretudo falastes com carinho dos pobres. Referistes a vossa relação com pessoas que, antes, não conhecíeis e agora se vos tornaram familiares: nomes e rostos. Obrigado por este olhar que sabe reconhecer Jesus nos seus irmãos mais pequeninos. O Senhor deve ser procurado e amado nos pobres e, como cristãos, devemos ter cuidado com nos distanciar deles, porque há algo errado quando um crente se mantém à distância dos prediletos de Cristo.
Hoje, enquanto muitos os descartam, vós abraçai-los; enquanto o mundo os explora, vós promovei-los. A promoção contra a exploração: esta é a floresta que cresce enquanto avança, violenta, a desflorestação do descarte! Quero dar voz àquilo que fazeis, favorecer o crescimento e a esperança na República Democrática do Congo e neste continente. Vim aqui animado pelo desejo de dar voz a quem a não tem. Como gostaria que os meios de comunicação dessem mais espaço a este país e à África inteira! Oxalá se conheçam os povos, as culturas, os sofrimentos e as esperanças deste jovem continente do futuro! Descobrir-se-ão imensos talentos e histórias de verdadeira grandeza humana e cristã, histórias nascidas num clima genuíno, que conhece bem o respeito pelos mais pequeninos, os idosos e a criação.
É bom poder dar-vos voz aqui na Nunciatura, porque as Representações Pontifícias, as «casas do Papa» espalhadas pelo mundo, são e devem ser amplificadores de promoção humana, cruzamentos de caridade, na vanguarda da diplomacia da misericórdia favorecendo ajudas concretas e promovendo redes de cooperação. Isto já acontece, sem alarde e há muito tempo, aqui e em muitas partes do mundo. Há decénios que esta casa é uma presença vizinha: inaugurada há noventa anos como Delegação Apostólica, celebrará dentro de poucos dias o sexagésimo aniversário da sua elevação a Nunciatura.
Irmãos e irmãs que amais este país e vos dedicais ao seu povo, aquilo que fazeis é maravilhoso, mas nada fácil. Apetece chorar ao ouvir histórias, como as que me contastes, de pessoas que sofrem condenadas pela indiferença geral a uma vida errante que as leva a viver na rua, expondo-as ao risco de violências físicas e abusos sexuais e até à acusação de bruxaria, quando estão apenas carentes de amor e de cuidados. Impressionou-me aquilo que nos disseste tu, Tekadio: por causa da lepra, ainda hoje – em 2023 – te sentes «discriminado, visto com desprezo e humilhado», enquanto as pessoas, levadas por um misto de vergonha, incompreensão e medo, se apressam a limpar o próprio trilho onde passou a tua sombra. A pobreza e a rejeição ofendem o homem, desfiguram a sua dignidade: são como cinzas que apagam o fogo que se traz dentro. Na verdade em cada pessoa, enquanto criada à imagem de Deus, resplandece um fogo luminoso, mas só o amor remove as cinzas que o cobrem: só devolvendo dignidade é que se restitui humanidade! Entristeceu-me ouvir que também aqui, como em muitas partes do mundo, crianças e idosos são descartados. Além de escandaloso, isso é nocivo para a sociedade inteira, que se constrói precisamente a partir do cuidado pelos idosos e as crianças, pelas raízes e o futuro. Lembremo-nos de que um progresso verdadeiramente humano não pode prescindir de memória e de futuro: a memória proporcionada pelos idosos, o futuro pelos jovens.
Irmãos, irmãs, hoje quero partilhar convosco e, por vosso intermédio, com os inúmeros obreiros do bem neste grande país, duas perguntas. A primeira: isto vale a pena? Vale a pena comprometer-se à vista de um oceano de carências em constante e dramático aumento? Não será trabalhar em vão, para além de se mostrar muitas vezes desanimador? Ajuda-nos o que disse a Irmã Maria Celeste: «Apesar da nossa pequenez, o Senhor crucificado deseja ter-nos ao seu lado para suportar o drama do mundo». É verdade! A caridade sintoniza com Deus, e Ele surpreende-nos com prodígios inesperados que acontecem através de quem ama. As vossas histórias estão cheias de acontecimentos estupendos, conhecidos pelo coração de Deus e impossíveis para as simples forças humanas. Penso naquilo que nos contaste tu, Pierre, dizendo que, no deserto da impotência e da indiferença, no mar da tribulação, descobriste, juntamente com os teus amigos, que Deus não vos esquecera, tendo enviado pessoas que não passaram ao largo na estrada onde estáveis. Assim, no rosto delas, descobristes o de Jesus e agora quereis fazer o mesmo pelos outros. O bem é assim: é difusivo, não se deixa paralisar pela resignação e pelas estatísticas, mas convida a dar aos outros aquilo que gratuitamente recebemos: eu recebi e, por minha vez, dou. É preciso que sobretudo os jovens vejam isto: rostos que superam a indiferença fixando as pessoas nos olhos, mãos que não pegam em armas e não manuseiam dinheiro, mas estendem-se a quem está caído por terra e o levantam para a sua dignidade, a dignidade de filha e filho de Deus. Trata-se do único caso em que é lícito olhar de cima para abaixo uma pessoa: para ajudá-la a levantar-se. Fora disso, nunca se pode olhar uma pessoa de cima para baixo.
Concluindo, vale a pena! E é um bom sinal que as Autoridades, através dos acordos recentes com a Conferência Episcopal, tenham reconhecido e valorizado a obra de quantos se empenham em campo sociocaritativo. Com certeza, isto não significa que se possa delegar sistematicamente ao voluntariado o cuidado dos mais frágeis, bem como o empenho na saúde e na instrução. São tarefas prioritárias de quem governa, com o cuidado de assegurar os serviços fundamentais também à população que vive longe dos grandes centros urbanos. Ao mesmo tempo, os crentes em Cristo nunca devem manchar o testemunho da caridade, que é testemunho de Deus, com a busca de privilégios, prestígio, visibilidade e poder. Esta é um coisa má, que nunca se deve fazer. Nunca! Os meios, os recursos e os bons resultados são para os pobres, e quem se ocupa deles é chamado a recordar-se sempre de que o poder é serviço e que a caridade não permite repousar sobre os triunfos, mas exige urgência e concretismo. Neste sentido, entre as muitas coisas que se hão de fazer, quero sublinhar um desafio que diz respeito a todos, e não pouco a este país: o que causa a pobreza não é tanto a ausência de bens e de oportunidades, mas a sua iníqua distribuição. Quem é abastado, particularmente se cristão, sinta-se interpelado a repartir o que possui com quem carece do necessário, sobretudo se pertence ao mesmo povo. Não é uma questão de bondade, mas de justiça. Não é filantropia, mas fé; pois, como diz a Escritura, «a fé sem obras está morta» (Tg 2, 26).
E aqui surge a segunda pergunta precisamente acerca da obrigação e urgência do bem: como fazê-lo? Como praticar a caridade e que critérios seguir? A propósito, gostava de vos oferecer três pontos simples; são aspetos que as instituições sociocaritativas aqui operantes já conhecem, mas é bom recordá-los para que o serviço a Jesus nos pobres seja um testemunho cada vez mais fecundo.
Antes de mais nada, a caridade requer exemplaridade: de facto, não é apenas algo que se faz, mas expressão daquilo que se é. É um estilo de vida; é viver o Evangelho. Por isso, são necessárias credibilidade e transparência: penso na gestão financeira e administrativa dos projetos, mas também no empenho por oferecer serviços condignos e qualificados. Este é precisamente o espírito que carateriza tantas obras eclesiais de que beneficia este país e que marcaram a sua história. Haja sempre exemplaridade!
O segundo ponto: clarividência, isto é, saber olhar ao longe. É fundamental que as iniciativas e as boas obras, além de responder às necessidades imediatas, sejam sustentáveis e duradouras. Não simplesmente assistencialistas, mas realizadas com base naquilo que realmente se pode fazer e com uma perspetiva de longo prazo, para que perdurem no tempo e não acabem com quem as iniciou. Neste país, por exemplo, existe um solo incrivelmente fecundo, uma terra extremamente fértil; a generosidade de quem ajuda não pode deixar de atender a esta caraterística, favorecendo o desenvolvimento interno de quantos povoam esta terra, ensinando-lhes a cultivá-la, dando vida a projetos de desenvolvimento que ponham o futuro nas suas mãos. Mais do que distribuir bens, que aliás serão necessários sempre, é preferível transmitir conhecimentos e dar instrumentos que tornem o progresso autónomo e sustentável. A propósito, penso inclusivamente no grande contributo oferecido pelos Serviços de Saúde católicos que neste país, como em tantos outros no mundo, dão alívio e esperança à população, indo gratuita e seriamente ao encontro de quem sofre, procurando sempre socorrer – como justamente deve ser – através de instrumentos modernos e adequados.
Exemplaridade, clarividência e finalmente – terceiro elemento – conexão. Irmãos e irmãs, é preciso construir rede, não apenas de forma virtual, mas concretamente, como sucede na sinfonia de vida da grande floresta deste país e sua variegada vegetação. Fazer rede: trabalhar cada vez mais juntos, estar em constante sinergia entre vós, em comunhão com as Igrejas locais e com o território. Trabalhar em rede: cada qual com o seu carisma, mas juntos, interligados, partilhando as urgências, as prioridades, as necessidades, sem fechamentos nem autorreferencialidades, prontos a juntar-se a outras comunidades cristãs e outras religiões e aos inúmeros organismos humanitários presentes. Tudo, para benefício dos pobres. Fareis rede com todos.
Queridos irmãos e irmãs, deixo-vos estas ideias e agradeço-vos tudo o que depusestes hoje no meu coração. Sim, muito obrigado porque me tocastes o coração. Sois preciosos. Abençoo-vos e peço-vos, por favor: continuai a rezar por mim, que preciso. Obrigado!
[00164-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy bracia i siostry,
Serdecznie was pozdrawiam i dziękuję za śpiewy, świadectwa i to, co mi opowiedzieliście, ale przede wszystkim za wszystko, co czynicie! W tym kraju, w którym jest tak wiele przemocy, która huczy niczym przeraźliwy upadek ściętego drzewa, jesteście niczym las, który rośnie każdego dnia w milczeniu i sprawia, że powietrze jest lepsze, że można nim oddychać. Oczywiście padające drzewo, robi więcej hałasu, ale Bóg kocha i pielęgnuje szczodrość, która po cichu kiełkuje i przynosi owoce, i z radością spogląda na tych, którzy służą potrzebującym. Tak rośnie dobro, w prostocie rąk i serc wyciągniętych ku innym, w odwadze małych kroków, by w imię Jezusa zbliżyć się do najsłabszych. Przysłowie, które przytoczyła Cecilia rzeczywiście jest prawdziwe: „Tysiąc kroków zawsze zaczyna się od jednego”!
Uderzyło mnie jedno: nie wyliczaliście jedynie problemów społecznych i nie przytaczaliście wielu danych na temat ubóstwa, ale przede wszystkim mówiliście z miłością o ubogich. Opowiadaliście o sobie i o osobach, których wcześniej nie znaliście, a które teraz stały się wam bliskie: które mają nazwiska i oblicza. Dziękuję za to spojrzenie, które potrafi rozpoznać Jezusa w najmniejszych braciach i siostrach. Pana należy szukać i miłować w ubogich, a jako chrześcijanie musimy uważać, abyśmy się od nich nie odwracali, bo jest czymś złym, kiedy człowiek wierzący dystansuje się od umiłowanych przez Chrystusa.
W czasie, gdy tak wielu jest dzisiaj odrzucanych, wy bierzecie ich w ramiona; gdy świat ich wykorzystuje, wy ich rozwijacie. To promocja przeciwko wyzyskowi: oto las, który rośnie, podczas gdy nadal szaleje wylesianie odpadów! Chciałbym nagłośnić to, co robicie, promując rozwój i nadzieję w Demokratycznej Republice Konga i na tym kontynencie. Przybyłem tutaj motywowany chęcią udzielenia głosu tym, którzy go nie mają. Jakże chciałbym, aby media poświęciły więcej miejsca temu krajowi i całej Afryce! Aby poznano ludy, kultury, cierpienia i nadzieje tego młodego kontynentu przyszłości! Aby odkryto ogromne talenty i historie prawdziwej wielkości ludzkiej i chrześcijańskiej, historie zrodzone w autentycznym klimacie, który dobrze wie, czym jest szacunek dla maluczkich, dla osób starszych i dla stworzenia.
Wspaniale, że wypowiadacie się tutaj, w Nuncjaturze, ponieważ przedstawicielstwa papieskie, „domy Papieża” rozsiane po całym świecie, są i powinny nagłaśniać promocję człowieka, stawać się ośrodkami dobroczynności, przodującymi w dyplomacji miłosierdzia, w rozwijaniu konkretnej pomocy i promowaniu sieci współpracy. To już się dzieje, bez rozgłosu, w wielu częściach świata i od dawna także tutaj; ten dom jest od dziesiątek lat miejscem bliskiej obecności: zainaugurowany dziewięćdziesiąt lat temu jako Delegatura apostolska, za kilka dni będzie obchodził sześćdziesiątą rocznicę wyniesienia do rangi Nuncjatury.
Bracia i siostry, którzy miłujecie ten kraj i poświęcacie się dla jego mieszkańców, to, co robicie jest wspaniałe, ale w najmniejszym stopniu nie jest łatwe. Łzy cisną się do oczu, kiedy słyszy się takie historie, jak te, które mi opowiedzieliście, o ludziach cierpiących, skazanych przez powszechną obojętność na życie bezdomne, co doprowadza do tego, że żyją na ulicy, narażając się na przemoc fizyczną i wykorzystywanie seksualne, a nawet na oskarżenie o czary, podczas gdy potrzebują jedynie miłości i troski. Uderzyło mnie to, co powiedziałeś nam, Tekadio, że z powodu trądu czujesz się jeszcze dzisiaj, w 2023 roku, „dyskryminowany, postrzegany z pogardą i poniżany”, kiedy ludzie, z mieszaniną wstydu, niezrozumienia i strachu, spieszą się, by oczyścić każde miejsce, na które padł choćby tylko twój cień. Ubóstwo i odrzucenie obrażają człowieka, oszpecają jego godność: są jak popiół, który gasi ogień, który człowiek nosi w sobie. Tak, każda osoba, będąc stworzoną na obraz Boga, jaśnieje jasnym ogniem, ale tylko miłość może usunąć pokrywający go popiół: tylko przywracając godność, przywraca się człowieczeństwo! Ze smutkiem dowiedziałem się, że również tutaj, tak jak w wielu częściach świata, dzieci i osoby starsze są odrzucane. Jest to nie tylko skandaliczne, ale szkodzi całemu społeczeństwu, które buduje się właśnie rozpoczynając od troski o osoby starsze i dzieci, o korzenie i o przyszłość. Pamiętajmy: rozwój prawdziwie ludzki nie może obyć się bez pamięci ani przyszłości. Pamięci niesionej przez osoby starsze, przyszłość, przynoszona przez młodzież.
Bracia, siostry, dziś chciałbym podzielić się z wami, a za waszym pośrednictwem, z wieloma osobami czyniącymi dobro w tym wielkim kraju, dwoma pytaniami. Przede wszystkim: czy warto? Czy warto podejmować ten wysiłek w obliczu oceanu potrzeb, który stale i dramatycznie się powiększa? Czy nie jest to próba daremna, a także często przygnębiająca? Pomaga nam to, co powiedziała siostra Maria Celeste: „Pomimo naszej małości, ukrzyżowany Pan pragnie mieć nas u swego boku, aby wspierać świat przeżywający dramat”. To prawda, że dobroczynność zbliża nas do Boga, a On zaskakuje nas niespodziewanymi cudami, które dzieją się za pośrednictwem tych, którzy miłują. Wasze historie są pełne zadziwiających wydarzeń, znanych sercu Boga i niemożliwych do oparcia jedynie na siłach ludzkich. Myślę o tym, co nam opowiedziałeś, Pierre, mówiąc, że na pustyni niemocy i obojętności, w morzu cierpienia, wraz z przyjaciółmi odkryłeś, iż Bóg o tobie nie zapomniał, ponieważ posłał ci ludzi, którzy nie odwrócili się plecami, przechodząc drogą, na której się znajdowaliście. W ten sposób w ich twarzy odkryłeś na nowo oblicze Jezusa i teraz chcesz czynić to samo dla innych. Takie jest dobro, udziela się, nie pozwala byśmy ulegli paraliżowi z powodu rezygnacji i statystyk, ale zaprasza do dawania innym tego, co sami otrzymaliśmy bezinteresownie. Otrzymuję i daję. Trzeba, aby dostrzegli to szczególnie ludzie młodzi: twarze, które przezwyciężają obojętność, patrząc ludziom w oczy, na ręce, które nie podnoszą broni ani nie manipulują pieniędzmi, ale pochylają się nad tym, który jest na ziemi, i podnoszą jego godność, do godności córki i syna Bożego. Tylko w jednym przypadku dozwolone jest patrzenie na drugą osobę z góry: aby pomóc jej się podnieść. W przeciwnym razie nigdy nie można patrzeć na człowieka z góry.
Dobrze zatem, i jest to piękny znak, iż władze, poprzez ostatnie porozumienia z Konferencją Episkopatu, uznały i doceniły pracę osób angażujących się w działalność społeczną i charytatywną. Nie oznacza to oczywiście, że możemy systematycznie zlecać wolontariuszom opiekę nad najsłabszymi, czy też zaangażowanie w służbę zdrowia i edukację. Są to priorytetowe zadania rządzących, ze szczególnym uwzględnieniem zapewnienia podstawowych usług także dla ludności mieszkającej z dala od dużych ośrodków miejskich. Jednocześnie wierzący w Chrystusa nigdy nie powinni plamić świadectwa miłości, będącego też świadectwem o Bogu, dążeniem do przywilejów, prestiżu, bycia dostrzeganym i do władzy. To coś okropnego, czego nigdy nie wolno czynić! Nie, środki, zasoby i dobre rezultaty są dla ubogich, a ten, który się nimi opiekuje, jest nieustannie wezwany, by pamiętać, że władza jest służbą, i że działalność charytatywna nie prowadzi do osiadania na laurach, lecz wymaga pilności i konkretności. Dlatego, wśród wielu rzeczy do zrobienia, chciałbym podkreślić wyzwanie, które dotyczy wszystkich, nie tylko tego kraju. Tym, co powoduje ubóstwo, jest nie tyle brak dóbr i możliwości, ile ich nierówna dystrybucja. Ci, którzy są dobrze sytuowani, zwłaszcza jeśli są chrześcijanami, są wezwani do dzielenia się tym, co posiadają, z tym, któremu brakuje koniecznych środków do życia, tym bardziej jeśli należą do tego samego narodu. To nie jest kwestia dobroci, ale sprawiedliwości. To nie filantropia, to wiara; bo jak mówi Pismo święte: „wiara bez uczynków jest martwa” (Jk 2, 26).
Oto zatem drugie pytanie dotyczące właśnie obowiązku i naglącej potrzeby czynienia dobra: w jaki sposób je czynić? Jak prowadzić działalność charytatywną, jakimi kryteriami się kierować? W tym miejscu chciałbym zaproponować trzy proste punkty. Są to aspekty, które działające tutaj instytucje charytatywne już znają, ale które dobrze przypomnieć, aby służba Jezusowi w ubogich była coraz bardziej owocnym świadectwem.
Po pierwsze, działalność charytatywna wymaga przykładu: nie jest ona bowiem tylko czymś, co się czyni, ale jest wyrazem tego, kim się jest. Jest to sposób życia, jest to życie Ewangelią. Wymaga ona wiarygodności i przejrzystości: mam na myśli zarządzanie finansowe i administracyjne projektami, ale także trud zaoferowania odpowiednich i profesjonalnych usług. To właśnie ten duch charakteryzuje bardzo wiele dzieł kościelnych, przynoszących korzyść temu krajowi, a które naznaczyły jego historię. Obyśmy zawsze byli przykładni!
Punkt drugi: dalekowzroczność, czyli umiejętność patrzenia w przyszłość. Istotne jest, aby inicjatywy i dobre dzieła, oprócz tego, że odpowiadają na najpilniejsze potrzeby, były zrównoważone i trwałe. Nie tylko stosowane jako doraźna pomoc, ale wdrażane w oparciu o to, co naprawdę można zrobić i z perspektywą długoterminową, tak aby trwały w czasie i nie kończyły się na tych, którzy je rozpoczęli. W tym kraju, na przykład, występuje niezwykle żyzna gleba, gleba bardzo płodna; wspaniałomyślność tych, którzy pomagają, nie może obejść się bez tej cechy, wspierając wewnętrzny rozwój tych, którzy zamieszkują tę ziemię, ucząc ich, jak ją uprawiać, tworząc projekty rozwojowe, które oddają przyszłość w ich ręce. Zamiast rozdawać dobra, które zawsze będą potrzebne, lepiej przekazywać wiedzę i narzędzia, dzięki którym rozwój jest autonomiczny i zrównoważony. Przy tej okazji, myślę również o wielkim wkładzie katolickiej opieki zdrowotnej, która w tym kraju, podobnie jak w wielu innych na całym świecie, przynosi ludności ulgę i nadzieję. Wychodzi ona naprzeciw cierpiącym z bezinteresownością i powagą, starając się zawsze, właśnie jak należy, pomagać za pomocą nowoczesnych i odpowiednich środków.
Przykład, dalekowzroczność i wreszcie – trzeci element – powiązanie: Bracia i siostry, potrzeba tworzyć sieć, nie tylko wirtualną, ale konkretną, jak w tym kraju, w którym widzimy symfonię życia wielkiego lasu i jego zróżnicowanej roślinności. Tworzyć sieć: pracować coraz bardziej razem, być w stałej kooperacji ze sobą nawzajem, w komunii z Kościołami lokalnymi i z terytorium. Pracować w sieci: każdy z własnym charyzmatem, ale razem, połączeni, dzielący się pilnymi sprawami, priorytetami, potrzebami, bez zamykania się i obracania się wokół siebie, gotowi połączyć się z innymi wspólnotami chrześcijańskimi i innymi religiami, a także z licznie obecnymi organizacjami humanitarnymi. Wszystko dla dobra ubogich. Tworzyć sieć ze wszystkimi.
Drodzy bracia i siostry, zostawiam was z tymi spostrzeżeniami i dziękuję za to, co pozostawiliście dziś w moim sercu. Tak, bardzo dziękuję, bo poruszyliście moje serce. Jesteście cenni. Błogosławię Was i proszę, abyście nadal modlili się za mnie, a czego potrzebuję.
[00164-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرسوليّة إلى جمهوريّة الكونغو الديمقراطيّة
كلمة قداسة البابا فرنسيس
في اللقاء مع ممثلّي بعض الأعمال الخيرية
في السّفارة البابويّة في كينشاسا
الأربعاء 1 شباط/فبراير 2023
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
أحيّيكم بمودّة وأشكركم على الأناشيد وشهادات الحياة وما قلتموه لي، ولا سيّما على كل ما تصنعونه! في هذا البلد، حيث العنف كثير، ويُدَوِّي مثل ضجيج الشّجرة التي تُقطع وتقع، أنتم الغابة التي تنمو كلّ يوم في صمت وتجعل الهواء أفضل وصالحًا للتنفس. بالتأكيد، الشّجرة التي تسقط تُحدث ضجيجًا أكثر منكم، لكن الله يحب ويُنمِي السّخاء الذي ينبت بصمت ويؤتي ثمرًا، وينظر بفرح إلى الذين يخدمون المحتاجين. هكذا ينمو الخير، في بساطة الأيدي والقلوب الممتدة إلى الآخرين، وفي شجاعة الخطوات الصّغيرة للاقتراب من أضعف الناس باسم يسوع. المثل الذي ذكرته سيسيليا صحيح حقًّا: "ألف خطوةٍ تبدأ دائمًا بخطوةٍ واحدة"!
تأثّرت بشيء واحد: لم تعرضوا عليَّ ببساطة اللوائح بالمشاكل الاجتماعيّة، ولم تقوموا بتعداد البيانات العديدة حول الفقر، ولكن قبل كلّ شيء تكلّمتم بمودّة على الفقراء. تكلّمتم على أنفسكم وعلى أشخاص لم تكونوا تعرفونهم من قبل والذين صاروا الآن مألوفين لكم: بالأسماء والوجوه. شكرًا لكم على هذه النظرة التي تعرِف كيف تتعرَّف على يسوع في أصغر إخوته. يجب البحث عن الرّبّ يسوع ومحبّته في الفقراء، وبكوننا مسيحيّين، يجب أن نتوخى الحذر إن ابتعدنا عنهم، لأن هناك خطأ ما عندما يقيم المؤمن المسافات بينه وبين أحبّاء المسيح.
بينما الكثيرون اليوم يتجاهلونهم، أنتم تعانقونهم. وبينما العالم يستغلّهم، أنتم تدعمونهم وتعززونهم. الدّعم والتّعزيز ضد الاستغلال: هذه هي الغابة التي تنمو بينما يحتدم العنف بفساده، وتُزال الغابات والإنسان! أودّ أن أعطي صوتًا لما تقومون به، لتعزيز النّمو والأمل في جمهوريّة الكونغو الدّيمقراطيّة وفي هذه القارة. جئت إلى هنا تدفعني الرّغبة في أن أعطي صوتًا لمن لا صوت لهم. كم أتمنّى لو أعطت وسائل الإعلام مساحة أكبر لهذا البلد ولكلّ إفريقيا! حتّى تُعرَفَ شعوب هذه القارة الفتية، قارة المستقبل، وحتّى تُعرَف ثقافاتها وآلامها وآمالها! سيكتشفون مواهب هائلة وقصص عظمة إنسانيّة ومسيحيّة حقيقيّة، قصصًا ولدت في بيئة عفوية أصليّة، تعرِف جيّدًا احترام الصّغار، والكبار المتقدّمين في السّن، والخليقة.
جميلٌ أن أعطي لكم صوتًا هنا في السّفارة، لأنّ الممثليات البابويّة، ”بيوت البابا“ المنتشرة في العالم، هي ويجب أن تكون مكبّر صوت لدعم وتعزيز الإنسان، ومراكز للمحبّة، وفي الخطوط الأولى في دبلوماسيّة الرّحمّة، وفي دعم المساعدات العمليّة وتأييد شبكات التّعاون. كان هذا يتِمُّ من قبل، دون ضجة، في أنحاء كثيرة من العالم وهنا منذ فترة طويلة: كان هذا البيت حاضرًا وقريبًا منكم منذ عشرات السّنين. تمّ تدشينه قبل تسعين سنة بصفة قصادة رسوليّة، وسيحتفل في غضون أيام قليلة بالذكرى السنويّة السّتين لارتقائه إلى سفارة.
أيّها الإخوة والأخوات، أنتم الذين تحبّون هذا البلد وتكرّسون أنفسكم لأهله، إنّكم تصنعون أمورًا رائعة، وليس الأمر سهلًا في أيّ حال من الأحوال. يثير فينا البكاء سماعُ القصص التي قلتموها لي، عن المتألّمين الذين دفعتهم اللامبالاة العامّة إلى العيش في الشّوارع، فصاروا عرضة لمخاطر العنف الجسديّ والاعتداء الجنسيّ، وكذلك لاتهامهم بالسّحر، بينما هم يحتاجون فقط إلى الحبّ والعنايّة. تأثّرت بما قلتَه لنا، تيكاديو، أنّه بسبب مرض الجذام ما زلت تشعر اليوم، في سنة 2023، "بالتّمييز، وبالإذلال، ويُنظَر إليك بازدراء، وإهانة"، والناس، بمزيج من الخجل وسوء الفهم والخوف، يسارعون إلى أن ينظّفوا حيث مرّ حتّى ظلك. الفقر والرّفض يُسيئان للإنسان ويضران بكرامته، ويقسوان عليه: إنّهما مثل الرّماد الذي يُطفئ النّار التي يحملها في داخله. نَعَم، كلّ شخص، بكونه مخلوقًا على صورة الله، يضيء بنار ساطعة، لكن الحبّ وحده يزيل الرّماد الذي يغطيه: فقط باستعادة الكرّامة يمكن استعادة إنسانيته! وحزنت عندما سمعت أنّه هنا أيضًا، كما هو الحال في أنحاء كثيرة من العالم، الأطفال والكبار المتقدّمون في السّن يُهملون. هذا أمرٌ لا يليق بالإنسان، وبالإضافة إلى أنّه مشكك، فهذا مضِرٌّ بالمجتمع بأسره، الذي يبني نفسه بدءًا برعاية الكبار المتقدّمين في السّن والأطفال، رعاية الجذور والمستقبل. لنتذكّر: التنميّة البشريّة الحقيقيّة لا يمكن أن تكون بدون ذاكرة ومستقبل. ذاكرة يحملها المتقدّمون في السّن، ومستقبل يحمله الشّباب.
أيّها الإخوة والأخوات، اليوم، ومن خلالكم، ومع العاملين الخيّرين الكثيرين في هذا البلد العظيم، أودّ أن أشارككم بسؤالين. أوّلًا: هل يستحقّ الأمر؟ هل يستحقّ أن نلتزم أمام محيط من الاحتياجات التي تتزايد باستمرار وبشكل مأساويّ؟ أليس هذا جهدًا عقيمًا، بالإضافة إلى أنّه مُحبط غالبًا؟ يساعدنا في الجواب ما قالته الرّاهبة ماريّا تشيليستي: "على الرّغم من صِغَرِنَا، يريد الرّبّ يسوع المصلوب أن نكون بجانبه، لكي نسند مأساة العالم". هذا صحيح، عمل المحبّة يتناغم مع الله وهو يفاجئنا بالعجائب غير المتوقّعة التي تحدث بأيدي الذين يحبّون. قصصكم مليئة بالأحداث المدهشة، والمعروفة في قلب الله والمستحيلة على القوّة البشريّة وحدها. أفكّر في ما كلّمتنا عليه يا بيير، عندما قلت إنّه في صحراء العجْزِ واللامبالاة، وفي بحر الألم، اكتشفت مع أصدقائك أنّ الله لم ينسَكم، لأنّه أرسل إليكم أشخاصًا لم يلتفتوا إلى الجانب الآخر وهم يعبرون الطّريق حيث كنتم. هكذا، اكتشفتم في وجوههم من جديد وجه يسوع، والآن تريدون أن تفعلوا الأمر نفسه مع الآخرين. هذا هو الخير، إنّه يَنتشر، ولا يدع الاستسلام والاحصائيّات تشلّه، بل يدعونا إلى أن نُعطي الآخرين ما حصلنا عليه مجّانًا. نحن بحاجة لأن يرى الشّباب، خصوصًا، هذا الأمر: وجوهٌ تتجاوز اللامبالاة وتنظر إلى الأشخاص في عيونهم، وأيدٍ لا تحمل السّلاح ولا تتعامل مع المال، بل تمتدّ إلى من هم على الأرض فتقيمهم وترفعهم إلى مستوى كرامتهم، كرامة ابنة الله وابن الله. في حالة واحدة فقط يجوز أن ننظر إلى الإنسان من أعلى إلى أسفل: من أجل مساعدته على القيام. خلاف ذلك لا يمكننا أبدًا أن ننظر إليه من أعلى إلى أسفل.
لذلك، يستحقّ الأمر، وهي علامة جيّدة أنّ السّلطات، من خلال الاتّفاقيّات الأخيرة مع مجلس الأساقفة، اعترفت وقيّمت عمل الذين يلتزمون في المجال الاجتماعيّ والخيريّ. بالتّأكيد، هذا لا يعني أنّ رعاية الأضعفين، وكذلك الالتزام بالصّحّة والتّعلِيم، يمكن تفويضه، بصورة منهجيّة، إلى العمل التّطوّعي. إنّها مهام من مسؤوليّة الذين يحكمون، ومن أولوياتهم، وكذلك الاهتمام بضمان الخدمات الأساسيّة للسّكّان الذين يعيشون بعيدًا عن مراكز المُدُن الكبيرة. في الوقت نفسه، على المؤمنين بالمسيح ألّا يُغرِقوا شهادة المحبّة، التي هي شهادة الله، في البحث عن الامتيازات، والمكانة، والظّهور والسُّلطة. هذا شيء سيء، يجب ألّا نعمل ذلك أبدًا. لا، الوسائل، والموارد والنّتائج الجيّدة هي من أجل الفقراء، ومن يعتني بهم مدعو دائمًا إلى أن يتذكّر أنّ السُّلطة هي خدمة وأنّ عمل المحبّة لا يحملنا لأن نطلب الأمجاد، بل يتطلّب استعدادًا للطّوارئ وواقعيّة. بهذا المعنى، ومن بين الأمور الكثيرة التي يجب القيام بها، أودّ أن أؤكّد على التّحدّي الذي يهمّ الجميع، وهذا البلد أيضًا كثيرًا. ما يسبّب الفقر، ليس النّقص في الخيرات والفُرص، بل هو توزيعها غير العادل. الغني، وخاصّةً إن كان مسيحيًّا، مدعوٌ إلى أن يشارك ما يمتلكه مع المحروم من الأمور الضروريّة، وبالأخصّ إن كان ينتمي إلى الشّعب نفسه. المسألة ليست مسألة إحسان، بل مسألة عدل. وليس عملًا خيّريًّا، بل هو إيمان، لأنّه، كما يقول الكتاب المقدّس، "الإِيمانُ بِلا أَعمالٍ مَيْت" (يعقوب 2، 26).
وأشارككم سؤالًا ثانيًّا، عن واجب عمل الخير ومتى يكون مُلِحًّا: كيف نعمل ذلك؟ كيف نقوم بأعمال المحبّة، وما هي المعايير التي يجب أن نتبعها؟ في هذا الصّدد، أودّ أن أقدّم لكم ثلاث نقاط بسيطة. هي جوانب تعرفها المؤسّسات الخيريّة التي تعمل هنا، ولكن من الجيّد أن نتذكّرها، حتّى تكون خدمة يسوع في الفقراء شهادة، تأتي دائمًا بثمر أكثر.
أوّلًا، عمل الخير يتطلّب مثال الحياة: لأنّه في الواقع، ليس فقط أمرًا نعمله، بل هو تعبير عمّا نحن، عن ذاتنا. إنّه أسلوب حياة، وهو عيش الإنجيل. ومن ثَمَّ الحاجة إلى المصداقيّة والشّفافيّة: أفكّر في الإدارة الماليّة والإداريّة للمشاريع، ولكن أيضًا في الالتزام بتقديم خدمات مناسبة وجيّدة. هذا هو بالتّحديد الرّوح الذي يميّز الأعمال الكنسيّة الكثيرة التي يستفيد منها هذا البلد والتي تركت وسمًا في تاريخه. ليكن دائمًا مثال الحياة مع عمل الخير.
النّقطة الثّانية هي: بُعدُ النّظر، أيْ أن نعرف كيف ننظر إلى الأمام. إنّه أمرٌ أساسيّ أن تكون المبادرات والأعمال الخيريّة، بالإضافة إلى الإجابة على الاحتياجات الفوريّة، مُستدَامة ومُستمرّة. لا أن تكون مساعدات تخلق الاتكالية فقط، بل تكون مبنيّة على أساس ما يمكن عمله وبالنظر إلى مدى بعيد، حتّى تستمرّ مع مرور الوقت ولا تنتهي مع من بدأها. في هذا البلد، على سبيل المثال، توجد تربة خصبة بشكل فريد، إنّها أرض خصبة بصورة خارقة. وكَرَم الذين يساعدون لا يمكنهم ألّا يتبنوا هذه الميزة، فيعزّزوا التّنمية الداخليّة لجميع سكان هذه الأرض، ويعلّموهم كيف يزرعونها، ويُحيُوا فيها مشاريع تنمية تضع المستقبل بين أيديهم. بدل توزيع الخيرات التي سيكون الناس دائمًا بحاجة إليها، من الأفضل أن ننقل إليهم المعرفة والأدوات التي تجعل التّنمية مستقلّة ومُستدامة. في هذا الصدد، أفكر أيضًا في المساهمة الكبرى التي تقدّمها الرّعاية الصّحيّة الكاثوليكيّة، والتي في هذا البلد، كما هو الحال في بلدان أخرى عديدة في العالم، تمنح الرّاحة والرّجاء للسكان، وتساعد الذين يتألّمون بسخاء وجدية، وتبحث دائمًا، كما ينبغي، للمساعدة من خلال أدوات حديثة ومناسبة.
مثال الحياة، وبُعدُ النّظر وأخيرًا التّواصل، هذا هو العنصر الثّالث. أيّها الإخوة والأخوات، يجب خلق شبكة، ليس فقط افتراضيّة، بل عمليّة، كما يحدث في هذا البلد في سيمفونيّة الحياة في الغابة الكبيرة ونباتاتها المتنوّعة. أن تصنعوا شبكة: أن تعملوا معًا دائمًا بصورة متزايدة، وأن تكونوا في تعاون مستمّر فيما بينكم، وفي شركة مع الكنائس المحلّيّة ومع المنطقة. العمل في شبكة: كلّ واحد بمواهبه الخاصّة ولكن معًا، متّصلين، متشاركين في الطّوارئ، والأولويّات، والضّروريات، من دون انغلاق ومرجعيّة ذاتيّة، ومستعدّين للتعاون مع جماعات مسيحيّة أخرى وديانات أخرى، ومنظّمات إنسانيّة كثيرة موجودة هنا. كلّ ذلك من أجل خير الفقراء. أن تصنعوا شبكة مع الجميع.
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، أترك لكم هذه الأفكار وأشكركم على ما تركتموه في قلبي اليوم. نعم، شكرًا جزيلًا لكم لأنّكم لمستم قلبي. أنتم عزيزون. أبارككم وأطلب منكم، من فضلكم، أن تستمرّوا في الصّلاة من أجلي، التي أنا بحاجة إليها. شكرًا.
[00164-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0095-XX.02]