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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Santa Messa per la pace e la giustizia all’Aeroporto di N’dolo, 01.02.2023


Santa Messa per la pace e la giustizia all’Aeroporto di N’dolo

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica di Kinshasa, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto all’Aeroporto di N’dolo per la Santa Messa per la pace e la giustizia.

Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio di vettura, ha compiuto alcuni giri in papamobile tra i fedeli e alle ore 9.30 ha presieduto la Celebrazione Eucaristica, secondo il Messale romano per le diocesi dello Zaire in francese e in lingala. Secondo le autorità locali erano presenti più di un milione di fedeli alla Santa Messa.

Nel corso della Celebrazione, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Santa Messa, dopo l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo Metropolita di Kinshasa, Em.mo Card. Fridolin Ambongo Besungu, O.F.M. Cap., il Papa è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica dove pranza in privato.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Bandeko, boboto [Fratelli e sorelle, pace] R/Bondeko [Fraternità]

Bondeko [Fraternità] R/ Esengo [Gioia]

Esengo, gioia: la gioia di vedervi e incontrarvi è grande: ho tanto desiderato questo momento – ci ha fatto aspettare un anno! –, grazie per essere qui!

Il Vangelo ci ha appena detto che anche la gioia dei discepoli era grande la sera di Pasqua, e che questa gioia scaturì «al vedere il Signore» (Gv 20,20). In quel clima di gioia e di stupore, il Risorto parla ai suoi. E che cosa dice loro? Anzitutto tre parole: «Pace a voi!» (v. 19). È un saluto, ma è più che un saluto: è una consegna. Perché la pace, quella pace annunciata dagli angeli nella notte di Betlemme (cfr Lc 2,14), quella pace che Gesù ha promesso di lasciare ai suoi (cfr Gv 14,27), ora, per la prima volta, viene consegnata solennemente ai discepoli. La pace di Gesù, che viene consegnata anche a noi in ogni Messa, è pasquale: arriva con la risurrezione, perché prima il Signore doveva sconfiggere i nostri nemici, il peccato e la morte, e riconciliare il mondo al Padre; doveva provare la nostra solitudine e il nostro abbandono, i nostri inferi, abbracciare e colmare le distanze che ci separavano dalla vita e dalla speranza. Ora, azzerate le distanze tra Cielo e terra, tra Dio e uomo, la pace di Gesù viene data ai discepoli.

Mettiamoci dunque dalla loro parte. Quel giorno erano completamente tramortiti dallo scandalo della croce, feriti dentro per aver abbandonato Gesù dandosi alla fuga, delusi per l’epilogo della sua vicenda, timorosi di fare la sua stessa fine. In loro c’erano sensi di colpa, frustrazione, tristezza, paura… Ebbene, Gesù proclama la pace mentre nel cuore dei discepoli ci sono le macerie, annuncia la vita mentre loro sentono dentro la morte. In altre parole, la pace di Gesù arriva nel momento in cui tutto per loro sembrava finito, nel momento più inatteso e insperato, quando non c’erano spiragli di pace. Così fa il Signore: ci stupisce, ci tende la mano quando stiamo per sprofondare, ci rialza quando tocchiamo il fondo. Fratelli, sorelle, con Gesù il male non ha mai la meglio, non ha mai l’ultima parola. «Egli infatti è la nostra pace» (Ef 2,14) e la sua pace vince sempre. Allora, noi che siamo di Gesù non possiamo lasciare che in noi prevalga la tristezza, non possiamo permettere che serpeggino rassegnazione e fatalismo. Se intorno a noi si respira questo clima, così non sia per noi: in un mondo scoraggiato per la violenza e la guerra, i cristiani fanno come Gesù. Lui, quasi insistendo, ha ripetuto ai discepoli: Pace, pace a voi! (cfr Gv 20,19.21); e noi siamo chiamati a fare nostro e dire al mondo questo annuncio insperato e profetico del Signore, annuncio di pace.

Ma, possiamo chiederci, come custodire e coltivare la pace di Gesù? Egli stesso ci indica tre sorgenti di pace, tre fonti per continuare ad alimentarla. Sono il perdono, la comunità e la missione.

Vediamo la prima sorgente: il perdono. Gesù dice ai suoi: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (v. 23). Ma prima di dare agli apostoli il potere di perdonare, li perdona; non a parole, ma con un gesto, il primo che il Risorto compie davanti a loro. Egli, dice il Vangelo, «mostrò loro le mani e il fianco» (v. 20). Mostra cioè le piaghe, le offre loro, perché il perdono nasce dalle ferite. Nasce quando le ferite subite non lasciano cicatrici d’odio, ma diventano il luogo in cui fare posto agli altri e accoglierne le debolezze. Allora le fragilità diventano opportunità e il perdono diventa la via della pace. Non si tratta di lasciarsi tutto alle spalle come se niente fosse, ma di aprire agli altri il proprio cuore con amore. Così fa Gesù: davanti alla miseria di chi lo ha rinnegato e abbandonato, mostra le ferite e apre la fonte della misericordia. Non usa tante parole, ma spalanca il suo cuore ferito, per dirci che Lui è sempre ferito d’amore per noi.

Fratelli, sorelle, quando la colpa e la tristezza ci opprimono, quando le cose non vanno, sappiamo dove guardare: alle piaghe di Gesù, pronto a perdonarci con il suo amore ferito e infinito. Lui conosce le tue ferite, conosce le ferite del tuo Paese, del tuo popolo, della tua terra! Sono ferite che bruciano, continuamente infettate dall’odio e dalla violenza, mentre la medicina della giustizia e il balsamo della speranza sembrano non arrivare mai. Fratello, sorella, Gesù soffre con te, vede le ferite che porti dentro e desidera consolarti e guarirti, porgendoti il suo Cuore ferito. Al tuo cuore Dio ripete le parole che ha detto oggi per mezzo del profeta Isaia: «Voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni» (Is 57,18).

Insieme oggi crediamo che con Gesù c’è sempre la possibilità di essere perdonati e ricominciare, e pure la forza di perdonare sé stessi, gli altri e la storia! Cristo questo desidera: ungerci con il suo perdono per darci la pace e il coraggio di perdonare a nostra volta, il coraggio di compiere una grande amnistia del cuore. Quanto bene ci fa ripulire il cuore dalla rabbia, dai rimorsi, da ogni rancore e livore! Carissimi, sia oggi il momento di grazia per accogliere e vivere il perdono di Gesù! Sia il momento giusto per te, che porti un fardello pesante sul cuore e hai bisogno che sia tolto per tornare a respirare. E sia il momento propizio per te, che in questo Paese ti dici cristiano ma commetti violenze; a te il Signore dice: “Deponi le armi, abbraccia la misericordia”. E a tutti i feriti e gli oppressi di questo popolo dice: “Non temete di mettere le vostre ferite nelle mie, le vostre piaghe nelle mie piaghe”. Facciamolo, fratelli e sorelle; non abbiate paura di togliere il Crocifisso dal collo e dalle tasche, di prenderlo tra le mani e di portarlo vicino al cuore per condividere le vostre ferite con quelle di Gesù. Tornati a casa, prendete pure il Crocifisso che avete e abbracciatelo. Diamo a Cristo la possibilità di risanarci il cuore, gettiamo in Lui il passato, ogni paura e affanno. Che bello aprire le porte del cuore e quelle di casa alla sua pace! E perché non scrivere nelle vostre stanze, sui vostri abiti, fuori dalle vostre case, le sue parole: Pace a voi? Mostratele, saranno una profezia per il Paese, la benedizione del Signore su chi incontrate. Pace a voi: lasciamoci perdonare da Dio e perdoniamoci tra di noi!

Guardiamo ora alla seconda sorgente della pace: la comunità. Gesù risorto non si rivolge ai singoli discepoli, ma li incontra insieme: parla loro al plurale e alla prima comunità consegna la sua pace. Non c’è cristianesimo senza comunità, come non c’è pace senza fraternità. Ma come comunità, verso dove camminare, dove andare per trovare la pace? Guardiamo ancora ai discepoli. Prima di Pasqua andavano dietro a Gesù, ma ragionavano ancora in modo troppo umano: speravano in un Messia conquistatore che avrebbe cacciato i nemici, compiuto prodigi e miracoli, aumentato il loro prestigio e il loro successo. Ma questi desideri mondani li hanno lasciati a mani vuote, anzi hanno tolto pace alla comunità, generando discussioni e opposizioni (cfr Lc 9,46; 22,24). Anche per noi c’è questo rischio: stare insieme ma andare avanti da soli, ricercando nella società, ma anche nella Chiesa, il potere, la carriera, le ambizioni... Così, però, si segue il proprio io anziché il vero Dio e si finisce come quei discepoli: chiusi in casa, vuoti di speranza e pieni di paura e delusione. Ma ecco che a Pasqua ritrovano la via della pace grazie a Gesù, che soffia su di loro e dice: «Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22). Grazie allo Spirito Santo non guarderanno più a ciò che li divide, ma a ciò che li unisce; andranno nel mondo non più per sé stessi, ma per gli altri; non per avere visibilità, ma per dare speranza; non a guadagnare consensi, ma a spendere la vita con gioia per il Signore e per gli altri.

Fratelli, sorelle, il nostro pericolo è seguire lo spirito del mondo anziché quello di Cristo. E qual è la via per non cadere nei trabocchetti del potere e del denaro, per non cedere alle divisioni, alle lusinghe del carrierismo che corrodono la comunità, alle false illusioni del piacere e della stregoneria che rinchiudono in sé stessi? Ce lo suggerisce il Signore ancora attraverso il profeta Isaia, dicendo: «Sono con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi» (Is 57,15). La via è condividere con i poveri: ecco l’antidoto migliore contro la tentazione di dividerci e mondanizzarci. Avere il coraggio di guardare i poveri e ascoltarli, perché sono membri della nostra comunità e non estranei da cancellare dalla vista e dalla coscienza. Aprire il cuore agli altri, invece di chiuderlo sui propri problemi o sulle proprie vanità. Ripartiamo dai poveri e scopriremo che tutti condividiamo la povertà interiore; che tutti abbiamo bisogno dello Spirito di Dio per liberarci dallo spirito del mondo; che l’umiltà è la grandezza del cristiano e la fraternità la sua vera ricchezza. Crediamo nella comunità e, con l’aiuto di Dio, edifichiamo una Chiesa vuota di spirito mondano e piena di Spirito Santo, libera da ricchezze per sé stessi e colma di amore fraterno!

Arriviamo infine alla terza sorgente della pace: la missione. Gesù dice ai discepoli: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Ci manda come il Padre ha mandato Lui. E come il Padre lo ha mandato nel mondo? Lo ha inviato a servire e a dare la vita per l’umanità (cfr Mc 10,45), a manifestare la sua misericordia per ciascuno (cfr Lc 15), a cercare i lontani (cfr Mt 9,13). In una parola, lo ha inviato per tutti: non solo per i giusti, ma per tutti. Risuonano ancora, in questo senso, le parole di Isaia: «Pace, pace ai lontani e ai vicini – dice il Signore» (Is 57,19). Ai lontani, anzitutto, e ai vicini: non solo ai “nostri”, ma a tutti.

Fratelli, sorelle, siamo chiamati a essere missionari di pace, e questo ci darà pace. È una scelta: è fare posto a tutti nel cuore, è credere che le differenze etniche, regionali, sociali, e religiose e culturali vengono dopo e non sono ostacoli; che gli altri sono fratelli e sorelle, membri della stessa comunità umana; che ognuno è destinatario della pace portata nel mondo da Gesù. È credere che noi cristiani siamo chiamati a collaborare con tutti, a spezzare il circolo della violenza, a smontare le trame dell’odio. Sì, i cristiani, mandati da Cristo, sono chiamati per definizione a essere coscienza di pace del mondo: non solo coscienze critiche, ma soprattutto testimoni di amore; non pretendenti dei propri diritti, ma di quelli del Vangelo, che sono la fraternità, l’amore e il perdono; non ricercatori dei propri interessi, ma missionari del folle amore che Dio ha per ciascun essere umano.

Pace a voi, dice Gesù oggi a ogni famiglia, comunità, etnia, quartiere e città di questo grande Paese. Pace a voi: lasciamo che risuonino nel cuore, in silenzio, queste parole del nostro Signore. Sentiamole rivolte a noi e scegliamo di essere testimoni di perdono, protagonisti nella comunità, gente in missione di pace nel mondo.

Moto azalí na matoi ma koyoka [Chi ha orecchi per intendere] R/Ayoka [Intenda]

Moto azalí na motema mwa kondima [Chi ha cuore per acconsentire] R/Andima [Acconsenta]

[00162-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Bandeko, Bobóto [Frères et sœurs, paix] R/ Bondeko [Fraternité]

Bondéko [Fraternité] R/ Esengo [Joie]

Esengo, joie : ma joie de vous voir et de vous rencontrer est grande : j'ai beaucoup désiré ce moment - cela fait un an que nous attendons ! -, merci d'être là !

L'Évangile vient juste de nous dire que la joie des disciples aussi était grande le soir de Pâques, et que cette joie avait jailli «en voyant le Seigneur » (Jn 20, 20). Dans cette atmosphère de joie et de stupeur, le Ressuscité s'adresse aux siens. Et qu'est-ce qu'il leur dit? D'abord, trois mots : «La paix soit avec vous!» (v. 19). C'est une salutation, mais c'est plus qu'une salutation : c'est un don. Parce que la paix, cette paix annoncée par les anges la nuit de Bethléem (cf. Lc 2, 14), cette paix que Jésus a promise aux siens (cf. Jn 14, 27), elle est maintenant, pour la première fois, solennellement donnée aux disciples. La paix de Jésus, qui nous est également donnée en chaque Messe, est pascale : elle vient avec la résurrection parce que le Seigneur devait d'abord vaincre nos ennemis, le péché et la mort, et réconcilier le monde avec le Père ; il devait éprouver notre solitude et notre abandon, nos enfers, embrasser et combler les distances qui nous séparaient de la vie et de l'espérance. Maintenant, les distances entre le Ciel et la terre, entre Dieu et l'homme étant annulées, la paix de Jésus est donnée aux disciples.

Mettons-nous de leur côté. Ils étaient ce jour-là complètement abasourdis par le scandale de la croix, blessés intérieurement d’avoir abandonné Jésus en fuyant, déçus de l’issue de son histoire, craignant de finir comme lui. Il y avait en eux de la culpabilité, de la frustration, de la tristesse, de la peur... Eh bien, alors que dans le cœur des disciples ce sont des ruines, Jésus proclame la paix; alors qu'ils ressentent en eux la mort, il annonce la vie. En d'autres termes, la paix de Jésus survient au moment où tout semble fini pour eux, au moment le plus inattendu et inespéré, où il n'y a aucune lueur de paix. Ainsi fait le Seigneur : il nous étonne, il nous tend la main lorsque nous sommes sur le point de sombrer, il nous relève quand nous touchons le fond. Frères et sœurs, avec Jésus, le mal ne l'emporte jamais, il n'a jamais le dernier mot. «C’est lui, le Christ, qui est notre paix » (Ep 2, 14) et sa paix est toujours victorieuse. C’est pourquoi, nous qui appartenons à Jésus, nous ne pouvons pas laisser la tristesse l'emporter sur nous, nous ne pouvons pas laisser la résignation et le fatalisme s’installer. Si l’on respire cette atmosphère autour de nous, qu'il n'en soit pas ainsi pour nous : dans un monde découragé par la violence et la guerre, les chrétiens doivent faire comme Jésus. Il a répété, avec insistance, aux disciples: La paix, la paix soit avec vous ! (Cf. Jn 20, 19.21) ; et nous sommes appelés à faire nôtre et dire au monde cette annonce inespérée et prophétique du Seigneur, cette annonce de paix.

Mais, nous demandons nous, comment garder et cultiver la paix de Jésus ? Lui-même nous indique trois sources de paix, trois sources pour continuer à la cultiver. Elles sont le pardon, la communauté et la mission.

Voyons la première source : le pardon. Jésus dit aux siens : «À qui vous remettrez ses péchés, ils seront remis » (v. 23). Cependant, avant de donner aux apôtres le pouvoir de pardonner, il leur pardonne ; non pas avec des mots, mais avec un geste, le premier que le Ressuscité accomplit devant eux. L'Évangile dit: «Il leur montra ses mains et son côté» (v. 20). C’est-à-dire qu’il leur montre ses plaies, il les leur offre, parce que le pardon naît des blessures. Il naît lorsque les blessures subies ne laissent pas des cicatrices de haine, mais deviennent le lieu où faire de la place aux autres et accueillir leurs faiblesses. Les fragilités deviennent alors des opportunités, et le pardon devient le chemin de la paix. Il ne s'agit pas de tout laisser derrière soi comme si de rien n'était, mais d'ouvrir son cœur aux autres avec amour. C'est ce que fait Jésus : face à la misère de ceux qui l'ont renié et abandonné, il montre sesplaies et ouvre la source de la miséricorde. Il n'utilise pas beaucoup de mots, mais il ouvre grand son cœur blessé pour nous dire qu'il est toujours blessé d'amour pour nous.

Frères et sœurs, lorsque la culpabilité et la tristesse nous oppressent, lorsque les choses ne vont pas bien, nous savons où regarder : vers les plaies de Jésus, prêt à nous pardonner avec son amour blessé et infini. Il connaît tes blessures, il connaît les blessures de ton pays, de ton peuple, de ta terre ! Ce sont des blessures qui brûlent, continuellement infectées par la haine et la violence, alors que le remède de la justice et le baume de l’espérance ne semblent jamais arriver. Frère et sœur, Jésus souffre avec toi, il voit les blessures que tu portes en toi et désire te consoler et te guérir, en te présentant son Cœur blessé. Dieu répète à ton cœur les paroles qu'il a prononcées aujourd'hui par le prophète Isaïe : «Je le guérirai, je le conduirai, je le comblerai de consolations» (Is 57, 18).

Ensemble, aujourd'hui, nous croyons qu'il y a toujours avec Jésus la possibilité d'être pardonné et de recommencer, et aussi trouver la force de pardonner à soi-même, aux autres et à l'histoire ! C'est ce que le Christ veut : nous oindre de son pardon pour nous donner la paix et le courage de pardonner à notre tour, le courage d'accomplir une grande amnistie du cœur. Comme il nous est bon de purifier nos cœurs de la colère, des remords, de tout ressentiment et de toute rancœur ! Bien-aimés, que ce jour soit un temps de grâce pour accueillir et vivre le pardon de Jésus ! Qu’il soit l’occasion pour toi, qui portes un lourd fardeau dans ton cœur dont tu as besoin de te débarrasser, de recommencer à respirer. Et qu’il soit un moment propice pour toi, qui t’affirmes chrétien dans ce pays mais qui commets des violences. À toi le Seigneur dit : "Dépose tes armes, embrasse la miséricorde". Et à tous les blessés et opprimés de ce peuple, il dit : "N'ayez pas peur de mettre vos blessures dans les miennes, vos plaies dans mes plaies. Faisons-le, frères et sœurs; n'ayez pas peur de sortir le Crucifix de votre col et de vos poches, de le prendre dans les mains et de le porter sur le cœur pour partager vos blessures avec celles de Jésus. De retour à la maison, prenez le Crucifix que vous avez et embrassez-le. Donnons au Christ la possibilité de guérir nos cœurs, jetons en Lui le passé, toutes les peurs, toutes les angoisses. Comme c'est beau d'ouvrir les portes du cœur et celles de la maison à sa paix ! Et pourquoi ne pas écrire dans vos chambres, sur vos vêtements, à l'extérieur de vos maisons, cette parole : Paix à vous ! Exhibez-la, elle sera une prophétie pour le pays, une bénédiction du Seigneur sur ceux que vous rencontrez. Paix à vous: laissons-nous pardonner par Dieu et pardonnons-nous les uns les autres!

Voyons maintenant la deuxième source de paix : la communauté. Jésus ressuscité ne s'adresse pas à des disciples individuellement, mais il les rencontre ensemble. Il leur parle au pluriel et il donne sa paix à la première communauté. Il n'y a pas de christianisme sans communauté, tout comme il n'y a pas de paix sans fraternité. Mais en tant que communauté, où marcher, où aller pour trouver la paix ? Regardons à nouveau les disciples. Avant Pâques, ils suivaient Jésus mais ils raisonnaient encore de manière trop humaine. Ils espéraient un Messie conquérant qui aurait chassé les ennemis, qui aurait accompli des prodiges et des miracles, qui aurait augmenté leur prestige et leur succès. Mais ces désirs mondains les ont laissés les mains vides, pire, ils ont retiré à la communauté la paix en générant des discussions et des oppositions (cf. Lc 9, 46 ; 22, 24). Pour nous aussi, il y a ce risque : être ensemble mais avancer seul en cherchant dans la société - mais aussi dans l'Église - le pouvoir, la carrière, les ambitions... Or de cette manière, l’on suit son propre moi au lieu du vrai Dieu, et l’on finit comme les disciples : enfermé chez soi, vide d’espérance et rempli de peur et de désillusions. Mais voici qu'à Pâques ils retrouvent le chemin de la paix grâce à Jésus qui souffle sur eux et dit : «Recevez l’Esprit Saint» (Jn 20, 22). Grâce à l'Esprit Saint ils ne considèreront plus ce qui les divise mais ce qui les unit ; ils iront dans le monde non plus pour eux-mêmes, mais pour les autres ; non pas pour avoir de la visibilité mais pour donner de l’espérance; non pas pour gagner l'approbation mais pour dépenser leur vie avec joie pour le Seigneur et pour les autres.

Frères et sœurs, le danger pour nous est de suivre l'esprit du monde plutôt que celui du Christ. Et quel est le moyen de ne pas tomber dans les pièges du pouvoir et de l'argent, de ne pas céder aux divisions, aux flatteries du carriérisme qui rongent la communauté, aux fausses illusions du plaisir et de la sorcellerie qui renferment en soi-même ? Le Seigneur nous le suggère à nouveau par l'intermédiaire du prophète Isaïe, en disant: «Je suis avec qui est broyé, humilié dans son esprit, pour ranimer l’esprit des humiliés, pour ranimer le cœur de ceux qu’on a broyés» (Is 57, 15). Le moyen c’est de partager avec les pauvres : voilà le meilleur antidote contre la tentation de nous diviser et de devenir mondains. Avoir le courage de regarder les pauvres et de les écouter car ils sont des membres de notre communauté, et non pas des étrangers à ôter de notre vue et de notreconscience. Ouvrir notre cœur aux autres, au lieu de le fermer sur nos problèmes ou sur nos vanités. Repartons des pauvres et nous découvrirons que nous partageons tous une pauvreté intérieure; que nous avons tous besoin de l'Esprit de Dieu pour nous libérer de l'esprit du monde ; que l'humilité est la grandeur du chrétien et la fraternité sa vraie richesse. Croyons en la communauté et, avec l'aide de Dieu, édifions une Église vide d'esprit mondain mais remplie d'Esprit Saint, libre de toute richesse pour soi-même et pleine d'amour fraternel !

Enfin, nous en arrivons à la troisième source de la paix : la mission. Jésus dit aux disciples : «De même que le Père m’a envoyé, moi aussi, je vous envoie » (Jn 20, 21). Il nous envoie comme le Père l'a envoyé. Et comment le Père l'a-t-il envoyé dans le monde ? Il l'a envoyé pour servir et donner sa vie pour l'humanité (cf. Mc 10, 45), pour manifester sa miséricorde pour chacun (cf. Lc 15), pour chercher ceux qui sont loin (cf. Mt 9, 13). En un mot, il l'a envoyé pour tous : pas seulement pour les justes, mais pour tous. En ce sens, les paroles d'Isaïe résonnent à nouveau : «Paix! La paix à celui qui est loin, et à celui qui est proche! – dit le Seigneur» (Is 57, 19). À ceux qui sont loin d'abord, et aux proches : pas seulement aux "nôtres", mais à tous.

Frères et sœurs, nous sommes appelés à être des missionnaires de paix, et cela nous donnera la paix. C'est un choix: c'est faire de la place dans nos cœurs pour tous, c'est croire que les différences ethniques, régionales, sociales, religieuses et culturelles viennent après et ne sont pas des obstacles; croire que les autres sont des frères et des sœurs, membres de la même communauté humaine ; croire que tous sont destinataires de la paix apportée dans le monde par Jésus. C'est croire que nous, chrétiens, nous sommes appelés à collaborer avec tous, à briser le cercle de la violence, à démanteler les complots de la haine. Oui, les chrétiens, envoyés par le Christ, sont appelés par définition à être la conscience de paix du monde : non seulement des consciences critiques, mais surtout des témoins d’amour ; non pas ceux qui revendiquent leurs droits mais à ceux de l'Évangile que sont la fraternité, l'amour et le pardon ; non pas ceux qui cherchent leurs intérêts, mais des missionnaires de l'amour fou que Dieu a pour chaque être humain.

Jésus dit aujourd'hui à chaque famille, communauté, groupe ethnique, quartier et ville de ce grand pays: la Paix soit avec vous. La Paix soit avec vous : que ces paroles de notre Seigneur résonnent dans nos cœurs, en silence. Sentons qu’elles s’adressent à nous et choisissons d'être des témoins du pardon, des acteurs dans la communauté, des personnes en mission de paix dans le monde.

Moto azalí na matói ma koyóka [Celui qui a des oreilles pour entendre] R/Ayoka [Qu’il entende]

Moto azalí na motéma mwa kondima [Celui qui a le cœur pour consentir] R/An R/Andima [Qu’il consente]

[00162-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Bandeko, bobóto [Brothers and sisters, peace be with you] R/ Bondeko [Fraternity]

Bondéko [Fraternity] R/Esengo [Joy]

Esengo, joy: to see and encounter you is a great joy. I have very much looked forward to this moment; we had to wait for a new year! Thank you for being here!

The Gospel has just told us that the joy of the disciples on the evening of Easter was also great, and that this joy exploded “when they saw the Lord” (Jn 20:20). In this atmosphere of joy and wonder, the Risen Jesus speaks to them. What does he tell them? Above all, four simple words: “Peace be with you!” (v. 19). A greeting, but more than a greeting: it is a gift. Because the peace, the peace proclaimed by the angels on the night of his birth in Bethlehem (cf. Lk 2:14), the peace Jesus promised to leave his disciples (cf. Jn 14:27), is now, for the first time, solemnly given to them. The peace of Jesus, which is also given to us in every Mass, is an Easter peace: it comes from the resurrection, because the Lord first had to defeat our enemies, sin and death, and reconcile the world to the Father. He had to experience our solitude and abandonment, our hell, embracing and removing the distance that separates us from life and hope. Now, after removing the distance between heaven and earth, between God and man, Jesus gives his peace to his disciples.

Let us put ourselves in their place. That day they were completely mortified by the scandal of the cross, interiorly wounded from having fled and abandoned Jesus, dismayed by the way his life had ended and fearful that their lives would end in the same way. They were feeling guilty, frustrated, sorrowful and afraid… However, Jesus comes and proclaims peace, even as his disciples’ hearts were downcast. He announces life, even as they felt surrounded by death. In other words, the peace of Jesus arrived at the very moment when, suddenly and to their surprise, everything seemed to be over for them, without even a glimmer of peace. That is what the Lord does: he surprises us; he takes us by the hand when we are falling; he lifts us up when we are hitting rock bottom. Brothers and sisters, with Jesus, evil never wins, evil never has the last word. “For he is our peace” (Eph 2:14), and his peace is always triumphant. Consequently, we who belong to Jesus must never yield to sorrow; we must not permit resignation and fatalism to take hold of us. Even though that atmosphere reigns all around us, it must not be so for us. In a world disheartened by violence and war, Christians must be like Jesus. As if to insist on the point, Jesus told the disciples once more: Peace be with you! (cf. Jn 20:19, 21). We are called to make our own the Lord’s unexpected and prophetic message of peace and proclaim it before the world.

At the same time, we can ask ourselves: how can we safeguard and cultivate the peace of Jesus? He himself points to three wellsprings of peace, three sources from which we can draw as we continue to nurture peace. They are forgiveness, community and mission.

Let us look at the first source: forgiveness. Jesus says to his disciples: “If you forgive the sins of any, they are forgiven them” (v. 23). Yet before giving the apostles the power to forgive, he forgives them, not with words but with an act, the first act of the Risen Lord. The Gospel tells us that, “he showed them his hands and his side” (v. 20). Jesus showed them his wounds. He showed them his wounds, because forgiveness is born from wounds. It is born when our wounds do not leave scars of hatred, but become the means by which we make room for others and accept their weaknesses. Our weakness becomes an opportunity, and forgiveness becomes the path to peace. This does not mean that we turn around and act as if nothing is changed; instead, we open our hearts in love to others. That is what Jesus does: faced with the sadness and shame of those who had denied him and fled, he shows his wounds and opens up the wellspring of mercy. He does not multiply words, but opens wide his wounded heart, in order to tell us that he is always wounded with love for us.

Brothers, sisters, when guilt and sadness overwhelm us, when things do not go well, we know where to look: to the wounds of Jesus, who is ever ready to forgive us with his infinite, wounded love. He knows your wounds; he knows the wounds of your country, your people, your land! They are wounds that ache, continually infected by hatred and violence, while the medicine of justice and the balm of hope never seem to arrive. My brother, my sister, Jesus suffers with you. He sees the wounds you carry within, and he desires to console and heal you; he offers you his wounded heart. To your heart, God repeats the words he spoke today through the prophet Isaiah: “I will heal them; I will lead them and repay them with comfort” (Is 57:18).

Together, we believe that Jesus always gives us the possibility of being forgiven and starting over, but also the strength to forgive ourselves, others and history! That is what Christ wants. He wants to anoint us with his forgiveness, to give us peace and the courage to forgive others in turn, the courage to grant others a great amnesty of the heart. What great good it does us to cleanse our hearts of anger and remorse, of every trace of resentment and hostility! Dear brothers and sisters, may today be a time of grace for you to accept and experience Jesus’ forgiveness! May it be the right time for those of you who bear heavy burdens in your heart and long for them to be lifted so that you can breathe freely once again. And may it be a good time for all of you in this country who call yourselves Christians but engage in violence. The Lord is telling you: “Lay down your arms, embrace mercy”. To all the wounded and oppressed of this people, he is saying: “Do not be afraid to bury your wounds in mine”. Let us do this, brothers and sisters. Do not be afraid to take the crucifix from your neck and out of your pockets, to take it between your hands and hold it close to your heart, in order to share your wounds with the wounds of Jesus. Then, when you return home, take the crucifix from the wall and embrace it. Give Christ the chance to heal your heart, hand your past over to him, along with all your fears and troubles. What a beautiful thing it is to open the doors of your heart and your home to his peace! And why not write those words of his on your walls, wear them on your clothing, and put them as a sign on your houses: Peace be with you! Displaying these words will be a prophetic statement to your country, and a blessing of the Lord upon all whom you meet. Peace be with you: let us receive forgiveness from God and in turn forgive one another!

Let us look now at the second source of peace: community. The Risen Jesus does not speak just to one of his disciples; he appears to them as a group. Upon this, the first Christian community, he bestows his peace. There is no Christianity without community, just as there is no peace without fraternity. But as a community, where are we headed, where are we going to find peace? Let us look again at the disciples. Before Easter, they walked behind Jesus, but continued to think in human terms: they were hoping for a victorious Messiah who would vanquish his enemies, work wonders and miracles, and make them rich and famous. Yet those worldly desires left them empty-handed and robbed their community of peace, generating arguments and opposition (cf. Lk 9:46; 22:24). We face the same danger: to be with others, but to go our own way; in society, and even in the Church, we seek power, a career, our own ambitions… We go our own way instead of God’s, and we end up like the disciples: behind locked doors, without hope, and filled with fear and disappointment. Yet at Easter they once more find the path to peace, thanks to Jesus, who breathes on them and says: “Receive the Holy Spirit” (Jn 20:22). Thanks to the Holy Spirit, they will no longer look at what divides them, but at what unites them. They will go out into the world no longer for themselves, but for others; not to gain attention, but to offer hope; not to earn approval, but to spend their lives joyfully for the Lord and for others.

Brothers and sisters, there is always the danger that we can follow the spirit of the world instead of the Spirit of Christ. How can we resist the lure of power and money and not give in to divisiveness, to the temptations of careerism that corrode the community, and to the false illusions of pleasure and witchcraft that make us become selfish and self-centred? Once more, through the prophet Isaiah, the Lord shows us the way. He tells us: “I dwell… with those who are contrite and humble in spirit, to revive the spirit of the humble, and to revive the heart of the contrite” (Is 57:15). His way is to share with the poor: that is the best antidote against the temptations of divisiveness and worldliness. To have the courage to look to the poor and listen to them, because they are members of our community and not strangers to be kept far from our sight and our conscience. Let us open our hearts to others, instead of closing in upon our own problems or superficial concerns. Let us start from the poor and we will discover that we all share an interior poverty, that all of us need the Spirit of God to free us from the spirit of the world, and that humility is the grandeur and fraternity the true wealth of every Christian. Let us believe in community and, with God’s help, build a Church free of the worldly spirit and full of the Holy Spirit, unconcerned with hoarding riches and filled with brotherly love!

Finally, we come to the third source of peace: mission. Jesus says to his disciples: “As the Father has sent me, so I send you” (Jn 20:21). He sends us, even as the Father sent him. Yet how did the Father send him into the world? He sent him to serve and to give his life for humanity (cf. Mk 10:45), to show his mercy to each person (cf. Lk 15) and to seek out those who are far away (cf. Mt 9:13). In a word, the Father sent him for everyone: not just for the righteous, but for everyone. In this regard, the words of Isaiah resound once more: “Peace, peace, to the far and the near, says the Lord,” (Is 57:19). First to the far, and then to the near: not only to “our own”, but to all.

Brothers and sisters, we are called to be missionaries of peace, and this will bring us peace. It is a decision we have to make. We need to find room in our hearts for everyone; to believe that ethnic, regional, social, religious and cultural differences are secondary and not obstacles; that others are our brothers and sisters, members of the same human community; and that the peace brought into the world by Jesus is meant for everyone. We need to believe that we Christians are called to cooperate with everyone, to break the cycle of violence, to dismantle the machinations of hatred. Yes, Christians, sent by Christ, are called by definition to be a conscience of peace in our world. Not merely critical consciences, but primarily witnesses of love. Not concerned with their own rights, but with those of the Gospel, which are fraternity, love and forgiveness. Not concerned with their own affairs, but missionaries of the “mad love” of God for each human being.

Peace be with you, Jesus says today to every family, community, ethnic group, neighbourhood and city in this great country. Peace be with you! May these words of our Lord resound in the silence of our hearts. Let us hear them addressed to us and let us choose to be witnesses of forgiveness, builders of community, people charged with a mission of peace in our world.

Moto azalí na matóyi ma koyóka [Let those who have ears hear] R/ Ayoka [Listen]

Moto azalí na motéma mwa kondima [Let those who heartly consent] R/Andima [Consent]

[00162-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Bandeko, bobóto [Schwestern und Brüder, Friede]  A/Bondeko [Geschwisterlichkeit]

Bondéko [Geschwisterlichkeit]   A/ Esengo [Freude]

Esengo, Freude: die Freude, euch zu sehen und zu treffen, ist groß: Ich habe mich nach diesem Moment gesehnt – ein Jahr lang haben wir darauf gewartet! – danke, dass ihr hier seid!

Das Evangelium hat uns gerade erzählt, dass auch die Freude der Jünger am Osterabend groß war, und dass diese Freude ausbrach, »als sie den Herrn sahen« (Joh 20,20). In jener Atmosphäre der Freude und des Staunens spricht der Auferstandene zu den Seinen. Und was sagt er zu ihnen? Zunächst einmal diese Worte: »Friede sei mit euch!« (V. 19). Das ist eine Begrüßung, aber es ist mehr als eine Begrüßung: Es ist eine Übergabe. Denn der Friede, jener Friede, den die Engel in der Nacht von Betlehem angekündigt haben (vgl. Lk 2,14), jener Friede, den Jesus den Seinen zu hinterlassen versprochen hat (vgl. Joh 14,27), wird den Jüngern jetzt zum ersten Mal feierlich zugesprochen. Der Friede Jesu, der auch uns in jeder Messe geschenkt wird, ist österlich: Er kommt mit der Auferstehung, denn zuerst musste der Herr unsere Feinde, die Sünde und den Tod, besiegen und die Welt mit dem Vater versöhnen; er musste unsere Einsamkeit und unsere Verlassenheit erleben, in unsere Höllen herabsteigen und die Entfernung auf sich nehmen und überbrücken, die uns von Leben und Hoffnung trennte. Nun, da die Entfernung zwischen Himmel und Erde, zwischen Gott und Mensch aufgehoben ist, wird den Jüngern der Friede Jesu geschenkt.

Begeben wir uns also an ihre Seite. An jenem Tag waren sie völlig benommen wegen des Skandals des Kreuzes, innerlich verwundet, weil sie Jesus durch ihre Flucht im Stich gelassen hatten, enttäuscht über den Ausgang seiner Geschichte und voller Angst, so zu enden wie er. In ihnen herrschten Schuldgefühle, Frustration, Traurigkeit, Angst… Also, Jesus verkündet den Frieden, während in den Herzen der Jünger vieles zerbrochen ist, er verkündet das Leben, während sie den Tod in sich spüren. Mit anderen Worten: Der Friede Jesu kommt in dem Moment, in dem für sie alles zu Ende schien, in einem gänzlich unerwarteten und unverhofften Moment, als es keine Anzeichen von Frieden gab. So handelt der Herr: Er überrascht uns, er hält uns die Hand hin, wenn wir kurz davor sind unterzugehen, er richtet uns auf, wenn wir am Boden zerstört sind. Brüder und Schwestern, mit Jesus gewinnt das Böse nie die Oberhand, hat es nie das letzte Wort. »Denn er ist unser Friede« (Eph 2,14) und sein Friede siegt immer. Daher dürfen wir, die wir zu Jesus gehören, nicht zulassen, dass die Traurigkeit in uns obsiegt, wir dürfen nicht zulassen, dass sich Resignation und Fatalismus einschleichen. Auch wenn dieses Klima um uns herum vorherrscht, soll es für uns nicht so sein: In einer Welt, die von Gewalt und Krieg entmutigt ist, verhalten sich Christen wie Jesus. Er wiederholte den Jüngern fast eindringlich: Friede, Friese sei mit euch! (vgl. Joh 20,19.21); und wir sind aufgerufen, uns diese unverhoffte und prophetische Verkündigung des Herrn, die eine Verkündigung des Friedens ist, zu eigen zu machen und der Welt mitzuteilen.

Wir können uns jedoch fragen: Wie bewahrt und pflegt man den Frieden Jesu? Er selbst weist uns auf drei Quellen des Friedens hin, drei Quellen, um ihn weiter zu nähren. Diese sind die Vergebung, die Gemeinschaft und die Sendung.

Sehen wir uns die erste Quelle an: die Vergebung. Jesus sagt zu den Seinen: »Denen ihr die Sünden erlasst, denen sind sie erlassen« (V. 23). Doch bevor er den Aposteln die Vollmacht zur Vergebung erteilt, vergibt er ihnen; nicht mit Worten, sondern mit einer Geste, der ersten, die der Auferstandene ihnen gegenüber vollzieht. „Er zeigte ihnen seine Hände und seine Seite“ (vgl. V. 20), heißt es im Evangelium. Er zeigt ihnen also die Wunden, er bietet sie ihnen dar, denn die Vergebung wird aus Wunden geboren. Sie entsteht, wenn die erlittenen Wunden keine Narben des Hasses hinterlassen, sondern zu einem Ort werden, an dem wir für andere Platz machen und ihre Schwächen annehmen. Dann werden Schwächen zu Chancen und Vergebung wird der Weg zum Frieden. Es geht nicht darum, alles hinter sich zu lassen, als ob nichts geschehen wäre, sondern darum, mit Liebe das eigene Herz für die anderen zu öffnen. So macht es Jesus: Angesichts des Elends derer, die ihn verleugnet und verlassen haben, zeigt er die Wunden und öffnet die Quelle der Barmherzigkeit. Er gebraucht nicht viele Worte, sondern öffnet sein verwundetes Herz, um uns zu sagen, dass er immer aus Liebe zu uns verwundet ist.

Brüder und Schwestern, wenn uns Schuld und Traurigkeit bedrücken, wenn die Dinge nicht gut laufen, dann wissen wir, wohin wir schauen müssen: auf die Wunden Jesu, der bereit ist, uns mit seiner verwundeten und unendlichen Liebe zu vergeben. Er kennt deine Wunden, er kennt die Wunden deines Landes, deines Volkes, deiner Erde! Es sind brennende Wunden, die ständig von Hass und Gewalt infiziert werden, während die Medizin der Gerechtigkeit und der Balsam der Hoffnung nie einzutreffen scheinen. Bruder, Schwester, Jesus leidet mit dir, er sieht die Wunden, die du in dir trägst und möchte dich trösten und heilen, indem er dir sein verwundetes Herz darbietet. Zu deinem Herzen spricht Gott erneut die Worte, die er heute durch den Propheten Jesaja gesprochen hat: Ich »will es heilen und führen, ihm […] wieder Trost schenken« (Jes 57,18).

Gemeinsam glauben wir heute, dass es mit Jesus immer die Möglichkeit gibt, Vergebung zu erfahren und neu zu beginnen, und auch die Kraft, uns selbst, anderen und der Geschichte zu verzeihen! Das wünscht Christus: uns mit seiner Vergebung zu salben, um uns den Frieden und den Mut zu geben, unsererseits zu vergeben, den Mut, eine große Amnestie des Herzens zu vollbringen. Wie gut tut es uns, unser Herz von Zorn, von Gewissensbissen, von allem Groll und aller Missgunst zu befreien! Liebe Freunde, möge heute der Augenblick der Gnade sein, um die Vergebung Jesu zu empfangen und zu leben! Möge es der rechte Augenblick für dich sein, der du eine schwere Last auf deinem Herzen trägst und es nötig hast, dass sie dir abgenommen wird, damit du wieder durchatmen kannst. Und es möge ein günstiger Augenblick für dich sein, der du dich in diesem Land Christ nennst, aber Gewalttaten begehst; zu dir sagt der Herr: „Leg die Waffen nieder, und nimm Erbarmen an“. Und zu allen Verwundeten und Unterdrückten dieses Volkes sagt er: „Habt keine Angst, eure Verletzungen in meine zu legen, eure Wunden in meine Wunden.“ Lasst uns das tun, Brüder und Schwestern. Habt keine Angst, das Kreuz von eurem Hals und aus euren Taschen zu nehmen, es in eure Hände zu legen und es nah an euer Herz zu bringen, um eure Wunden mit denen Jesu zu teilen. Wenn ihr wieder zu Hause seid, nehmt ruhig das Kruzifix, das ihr besitzt, und umarmt es. Geben wir Christus die Chance, unsere Herzen wieder zu heilen, werfen wir die Vergangenheit, jede Angst und Sorge auf Ihn. Wie schön ist es, die Türen des Herzens und des Hauses für seinen Frieden zu öffnen! Und warum nicht in euren Zimmern, auf eurer Kleidung und außerhalb eurer Häuser seine Worte Friede sei mit euch anbringen? Lasst sie sehen, sie werden eine Prophezeiung für das Land sein, der Segen des Herrn für diejenigen, die ihr trefft. Friede sei mit euch: Lassen wir uns von Gott vergeben und vergeben wir einander!

Sehen wir uns nun die zweite Quelle des Friedens an: die Gemeinschaft. Der auferstandene Jesus wendet sich nicht an die einzelnen Jünger, sondern begegnet ihnen gemeinsam: Er spricht zu ihnen im Plural, und übergibt seinen Frieden der ersten Gemeinschaft. Es gibt kein Christentum ohne Gemeinschaft, genauso wie es keinen Frieden ohne Geschwisterlichkeit gibt. Aber wohin soll man als Gemeinschaft unterwegs sein, wohin gehen, um Frieden zu finden? Blicken wir noch einmal auf die Jünger. Vor Ostern folgten sie Jesus nach, aber dachten immer noch auf zu menschliche Weise: Sie hofften auf einen Messias nach Art eines Eroberers, der die Feinde vertreiben, Wunder vollbringen und ihr Ansehen und ihren Erfolg vergrößern würde. Aber diese weltlichen Wünsche wurden nicht erfüllt, sie haben der Gemeinschaft sogar den Frieden genommen und Diskussionen und Konflikte verursacht (vgl. Lk 9,46; 22,24). Auch für uns besteht dieses Risiko: zusammen zu sein und doch allein weiter zu gehen, in der Gesellschaft aber auch in der Kirche Macht, Karriere, ehrgeizige Ziele zu verfolgen... Auf diese Weise folgt man jedoch seinem eigenen Ich statt dem wahren Gott und endet wie jene Jünger: zu Hause eingeschlossen, ohne Hoffnung und voller Angst und Enttäuschung. Doch an Ostern finden sie den Weg zum Frieden wieder, dank Jesus, der sie anhaucht und sagt: »Empfangt den Heiligen Geist!« (Joh 20,22). Dank des Heiligen Geistes werden sie nicht mehr auf das schauen, was sie trennt, sondern auf das, was sie eint; sie werden nicht mehr für sich selbst in die Welt hinausgehen, sondern für die anderen; nicht, um gesehen zu werden, sondern um Hoffnung zu geben; nicht, um Zustimmung zu finden, sondern um ihr Leben freudig für den Herrn und für andere hinzugeben.

Brüder und Schwestern, unsere Gefahr besteht darin, dem Geist der Welt zu folgen, statt dem Geist Christi. Und welches ist der Weg, um nicht in die Fallen von Macht und Geld zu tappen, um nicht den Spaltungstendenzen nachzugeben, den Verlockungen des Karrierismus, die die Gemeinschaft zersetzen, den falschen Illusionen des Vergnügens und der Hexerei, die einen in sich selbst verschließen? Der Herr deutet es uns noch einmal durch den Propheten Jesaja an, indem er sagt: »Ich bin auch bei dem Zerschlagenen und dem im Geist Niedrigen, um den Geist der Niedrigen wieder aufleben zu lassen und das Herz der Zerschlagenen neu zu beleben.« (Jes 57,15). Der Weg besteht darin, mit den Armen zu teilen: Das ist das beste Gegenmittel gegen die Versuchung, uns zu spalten und zu verweltlichen. Den Mut zu haben, die Armen anzusehen und ihnen zuzuhören, weil sie Mitglieder unserer Gemeinschaft sind und keine Fremden, die man aus den Augen und dem Bewusstsein verliert. Das Herz für andere zu öffnen, statt es angesichts unserer eigenen Probleme oder unserer eigenen Eitelkeit zu verschließen. Beginnen wir unseren Neuanfang bei den Armen und wir werden entdecken, dass wir alle eine innere Armut gemeinsam haben; dass wir alle des Geistes Gottes bedürfen, um uns vom Geist der Welt zu befreien; dass die Demut die Größe des Christen ausmacht und die Geschwisterlichkeit sein wahrer Reichtum ist. Glauben wir an die Gemeinschaft und bauen wir mit Gottes Hilfe an einer Kirche, die ohne weltlichen Geist und voll von Heiligem Geist ist, die frei ist von Reichtum für sich selbst und erfüllt von geschwisterlicher Liebe!

Kommen wir schließlich zur dritten Quelle des Friedens: unserer Sendung. Jesus sagt zu den Jüngern: »Wie mich der Vater gesandt hat, so sende ich euch.« (Joh 20,21). Er sendet uns, wie der Vater ihn gesandt hat. Und wie hat der Vater ihn in die Welt gesandt? Er hat ihn gesandt, um zu dienen und sein Leben für die Menschen hinzugeben (vgl. Mk 10,45), um seine Barmherzigkeit zu offenbaren, die einem jedem gilt (vgl. Lk 15); um die Fernstehenden zu suchen (vgl. Mt 9,13). Mit einem Wort, er hat ihn für alle gesandt: nicht nur für die Gerechten, sondern für alle. In diesem Sinne klingen die Worte Jesajas nach: »Friede, Friede dem Fernen und dem Nahen, spricht der Herr« (Jes 57,19). Den Fernen, vor allem, und den Nahen: nicht nur den „Unsrigen“, sondern allen.

Brüder und Schwestern, wir sind dazu berufen, Missionare des Friedens zu sein, und dies wird uns Frieden geben. Das ist eine Entscheidung: Es bedeutet, in unseren Herzen Platz für alle zu schaffen, es bedeutet zu glauben, dass ethnische, regionale, soziale, religiöse und kulturelle Unterschiede nachgeordnet sind und kein Hindernis darstellen, dass die anderen Brüder und Schwestern sind, Mitglieder derselben menschlichen Gemeinschaft; dass ein jeder Adressat des Friedens ist, den Jesus in die Welt gebracht hat. Es bedeutet, daran zu glauben, dass wir Christen dazu aufgerufen sind, mit allen zusammenzuarbeiten, den Kreislauf der Gewalt zu durchbrechen und die Ränke des Hasses zu zerschlagen. Ja, die Christen, die von Christus gesandt sind, sind definitionsgemäß dazu aufgerufen, ein Friedensgewissen für die Welt zu sein: nicht nur kritische Gewissen, sondern vor allem Zeugen der Liebe; nicht Verfechter der eigenen Rechte, sondern derjenigen des Evangeliums: der Geschwisterlichkeit, der Liebe und der Vergebung; nicht Verfolger der eigenen Interessen, sondern Missionare der verrückten Liebe, die Gott für einen jeden Menschen hat.

Friede sei mit euch, sagt Jesus heute zu jeder Familie, Gemeinschaft und Ethnie, zu jedem Wohnviertel und zu jeder Stadt in diesem großen Land. Friede sei mit euch: Lassen wir diese Worte unseres Herrn in unseren Herzen, in der Stille widerhallen. Hören wir sie als an uns gerichtet und entscheiden wir uns dafür, Zeugen der Vergebung, aktive Glieder der Gemeinschaft, Menschen auf einer Mission für den Frieden in der Welt zu sein.

Moto azalí na matói ma koyoka [Wer Ohren hat zum Hören]   A/Ayoka [der höre]

Moto azalí na motéma mwa kondima [Wer ein Herz hat zum Zustimmen] A/Andima [der stimme zu]

[00162-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Bandeko, bobóto [Hermanos y hermanas, paz] R/Bondeko [Fraternidad]

Bondéko [Fraternidad] R/ Esengo [Alegría]

Esengo, alegría: la alegría de verlos y encontrarlos es grande; he anhelado mucho este momento —¡nos ha hecho esperar un año!—, ¡gracias por estar aquí!

El Evangelio acaba de decirnos que también la alegría de los discípulos era grande la noche de Pascua, y que esta alegría surgió «cuando vieron al Señor» (Jn 20,20). En ese clima de alegría y asombro, el Resucitado habla a los suyos. ¿Y qué les dice? Ante todo, estas palabras: «¡La paz esté con ustedes!» (v. 19). Es un saludo, pero es más que un saludo: es un envío. Porque la paz, esa paz anunciada por los ángeles en la noche de Belén (cf. Lc 2,14), esa paz que Jesús prometió dejar a los suyos (cf. Jn 14,27), ahora, por primera vez, es entregada solemnemente a los discípulos. La paz de Jesús, que también se nos entrega en cada Misa, es pascual; llega con la resurrección, porque antes el Señor tenía que vencer a nuestros enemigos, el pecado y la muerte, y reconciliar al mundo con el Padre; tenía que experimentar nuestra soledad y nuestro abandono, nuestros infiernos, abrazar y salvar las distancias que nos separaban de la vida y de la esperanza. Ahora, terminadas las distancias entre el cielo y la tierra, entre Dios y el hombre, la paz de Jesús se da a los discípulos.

Pongámonos, pues, en su lugar. Aquel día estaban completamente aturdidos por el escándalo de la cruz, heridos interiormente por haber abandonado a Jesús, escapando; decepcionados por el desenlace de su historia, temerosos de acabar como él. En ellos había sentimientos de culpa, frustración, tristeza, miedo. Sin embargo, Jesús anuncia la paz mientras el corazón de los discípulos está lleno de escombros; anuncia la vida mientras ellos sienten dentro la muerte. En otras palabras, la paz de Jesús llega en el momento en que todo parecía haber terminado para ellos, en el momento más imprevisto e inesperado, cuando no había atisbos de paz. Así actúa el Señor: nos asombra, nos tiende la mano cuando estamos a punto de hundirnos, nos levanta cuando tocamos fondo. Hermanos, hermanas, con Jesús el mal nunca prevalece, nunca tiene la última palabra. «Porque Cristo es nuestra paz» (Ef 2,14) y su paz triunfa siempre. Por eso, los que pertenecemos a Jesús no podemos dejar que prevalezca en nosotros la tristeza, no podemos permitir que crezca la resignación y el fatalismo. Si a nuestro alrededor se respira este clima, que no sea así para nosotros. En un mundo abatido por la violencia y la guerra, los cristianos hacen como Jesús. Él, casi insistiendo, repitió a los discípulos: ¡La paz, la paz esté con ustedes! (cf. Jn 20,19.21); y nosotros estamos llamados a hacer nuestro y proclamar al mundo este anuncio profético e inesperado del Señor, anuncio de la paz.

Pero, podemos preguntarnos, ¿cómo conservar y cultivar la paz de Jesús? Él mismo nos señala tres fuentes de paz, tres manantiales para seguir alimentándola. Son el perdón, la comunidad y la misión.

Veamos la primera fuente: el perdón. Jesús dice a los suyos: «Los pecados serán perdonados a los que ustedes se los perdonen» (v. 23). Pero antes de dar a los apóstoles el poder de perdonar, los perdona; no con palabras, sino con un gesto, el primero que el Resucitado realiza ante ellos. Dice el Evangelio que Él, «les mostró sus manos y su costado» (v. 20). Es decir, les muestra las llagas, se las ofrece, porque el perdón nace de las heridas. Nace cuando las heridas sufridas no dejan cicatrices de odio, sino que se convierten en un lugar para hacer sitio a los demás y acoger sus debilidades. Entonces las fragilidades se convierten en oportunidades y el perdón en el camino hacia la paz. No se trata de dejarlo todo atrás como si nada hubiera sucedido, sino de abrir a los demás con amor el corazón. Esto es lo que hace Jesús. Ante la miseria de quien lo negó y abandonó, muestra las heridas y abre la fuente de la misericordia. No usa muchas palabras, sino que abre de par en par su corazón herido, para decirnos que Él está siempre herido de amor por nosotros.

Hermanos, hermanas, cuando la culpa y la tristeza nos oprimen, cuando las cosas no van bien, sabemos dónde mirar: a las llagas de Jesús, dispuesto a perdonarnos con su amor herido e infinito. Él conoce tus heridas, conoce las heridas de tu país, de tu gente, de tu tierra. Son heridas que queman, continuamente infectadas por el odio y la violencia, mientras que la medicina de la justicia y el bálsamo de la esperanza parecen no llegar nunca. Hermano, hermana, Jesús sufre contigo, ve las heridas que llevas dentro y desea consolarte y sanarte, ofreciéndote su Corazón herido. Dios repite a tu corazón las palabras que pronunció hoy por medio del profeta Isaías: «Lo sanaré, lo guiaré y lo colmaré de consuelos» (Is 57,18).

Juntos, hoy creemos que con Jesús siempre tenemos la posibilidad de ser perdonados y volver a empezar, y también la fuerza para perdonarnos a nosotros mismos, a los demás y a la historia. Esto es lo que Cristo desea: ungirnos con su perdón para darnos la paz y el valor de poder también nosotros perdonar; el valor de realizar una gran amnistía del corazón. ¡Cuánto bien nos hace limpiar nuestros corazones de la ira, de los remordimientos, de todo resentimiento y envidia! Queridos amigos y amigas, ¡que hoy sea el momento de gracia para acoger y experimentar el perdón de Jesús! Que sea el momento adecuado para ti, que llevas una pesada carga en el corazón y necesitas que te la quiten para poder volver a respirar. Que sea el momento oportuno para ti, que en este país te dices cristiano, pero cometes actos de violencia; a ti el Señor te dice: “Deja las armas, abraza la misericordia”. Y a todos los lastimados y oprimidos de este pueblo les dice: “No teman poner sus heridas en las mías, sus llagas en mis llagas”. Hagámoslo, hermanos y hermanas. No tengan miedo de quitarse el Crucifijo del cuello y de los bolsillos, de tomarlo entre las manos y llevarlo junto al corazón para compartir sus llagas con las de Jesús. Cuando regresen a casa, tomen el Crucifijo que tienen y abrácenlo. Démosle a Cristo la oportunidad de sanar nuestros corazones; pongamos en Él el pasado, todos los miedos y ansiedades. ¡Qué hermoso es abrir las puertas del corazón y del hogar a su paz! ¿Y si escribieran en sus habitaciones, en sus ropas, fuera de sus casas, esas palabras: La paz esté con ustedes? Muéstrenlas, serán una profecía para el país, serán la bendición del Señor sobre aquellos que encuentren. La paz esté con ustedes, dejémonos perdonar por Dios y perdonémonos unos a otros.

Veamos ahora la segunda fuente de paz: la comunidad. Jesús resucitado no se dirige a los discípulos individualmente, sino que se reúne con ellos; les habla en plural, y a la primera comunidad le entrega su paz. No hay cristianismo sin comunidad, como no hay paz sin fraternidad. Pero, como comunidad, ¿hacia dónde hemos de caminar, hacia dónde hemos de ir para encontrar la paz? Volvamos a mirar a los discípulos. Antes de la Pascua, seguían a Jesús, pero pensaban de forma demasiado humana: esperaban un Mesías conquistador que expulsara a sus enemigos, que hiciera prodigios y milagros, que aumentara su prestigio y su éxito. Pero estos deseos mundanos los dejaron con las manos vacías; es más, le quitaron paz a la comunidad, suscitando discusiones y oposición (cf. Lc 9,46; 22,24). Para nosotros también existe este riesgo; estar juntos, pero caminar por cuenta propia, buscando en la sociedad, y también en la Iglesia, el poder, la carrera, las ambiciones. Sin embargo, de ese modo, en vez de seguir al Dios verdadero, seguimos al propio yo, y terminamos como aquellos discípulos: encerrados en casa, vacíos de esperanza y llenos de miedo y decepción. Pero he aquí que en la Pascua encuentran el camino de la paz gracias a Jesús, que sopla sobre ellos y les dice: «Reciban el Espíritu Santo» (Jn 20,22). Gracias al Espíritu Santo, ya no mirarán lo que les separa, sino lo que los une; ya no irán por el mundo para sí mismos, sino para los demás; no para ganar visibilidad, sino para dar esperanza; no para obtener aprobación, sino para gastar su vida con alegría por el Señor y por los demás.

Hermanos, hermanas, el peligro que tenemos es seguir el espíritu del mundo en lugar del espíritu de Cristo. ¿Y cuál es el camino para no caer en las trampas del poder y del dinero, para no ceder a las divisiones, a las seducciones del carrerismo que corroen a la comunidad; a las falsas ilusiones del placer y de la brujería que llevan a encerrarse en sí mismos? El Señor nos lo sugiere de nuevo a través del profeta Isaías, diciendo «estoy con el contrito y humillado, para reavivar los espíritus humillados, para reavivar los corazones contritos» (Is 57,15). El camino es compartir con los pobres. Este es el mejor antídoto contra la tentación de dividirnos y mundanizarnos. Tener el valor de mirar a los pobres y escucharlos, porque son miembros de nuestra comunidad y no extraños a los que hay que eliminar de la vista y de la conciencia. Abrir el corazón a los demás, en lugar de concentrarlo en los propios problemas o vanidades personales. Recomencemos desde los pobres y descubriremos que todos compartimos la pobreza interior; que todos necesitamos el Espíritu de Dios para liberarnos del espíritu del mundo; que la humildad es la grandeza del cristiano y la fraternidad su verdadera riqueza. Creamos en la comunidad y, con la ayuda de Dios, construyamos una Iglesia vacía de espíritu mundano y llena del Espíritu Santo, libre de riquezas para sí misma y llena de amor fraterno.

Llegamos, en fin, a la tercera fuente de paz: la misión. Jesús dice a los discípulos: «Como el Padre me envió a mí, yo también los envío a ustedes» (Jn 20,21). Nos envía como el Padre lo ha enviado a Él. ¿Y cómo lo envió el Padre al mundo? Lo envió a servir y a dar su vida por la humanidad (cf. Mc 10,45), a manifestar su misericordia por cada uno (cf. Lc 15), a buscar a los que están lejos (cf. Mt 9,13). En una palabra, lo envió para todos; no sólo para los justos, sino para todos. En este sentido, resuenan todavía las palabras de Isaías: «¡Paz al que está lejos, paz al que está cerca! […], dice el Señor» (Is 57,19). A los que están lejos, en primer lugar, y a los que están cerca; no sólo a los “nuestros”, sino a todos.

Hermanos, hermanas, estamos llamados a ser misioneros de paz, y esto nos dará paz. Es una decisión; es hacer sitio en nuestros corazones para todos, es creer que las diferencias étnicas, regionales, sociales, religiosas y culturales vienen después y no son obstáculos; que los demás son hermanos y hermanas, miembros de la misma comunidad humana; que cada uno es destinatario de la paz que Jesús ha traído al mundo. Es creer que los cristianos estamos llamados a colaborar con todos, a romper el ciclo de la violencia, a desmantelar las tramas del odio. Sí, los cristianos, enviados por Cristo, están llamados, por definición, a ser conciencia de paz en el mundo; no sólo conciencias críticas, sino sobre todo testigos del amor; no pretendientes de sus propios derechos, sino de los del Evangelio, que son la fraternidad, el amor y el perdón; no buscadores de sus propios intereses, sino misioneros del amor apasionado que Dios tiene por cada ser humano.

La paz esté con ustedes, dice Jesús hoy a cada familia, comunidad, grupo étnico, barrio y ciudad de este gran país. La paz esté con ustedes. Dejemos que estas palabras de nuestro Señor resuenen, en silencio, en nuestros corazones. Escuchémoslas dirigidas a nosotros y decidamos ser testigos de perdón, protagonistas en la comunidad, personas en misión de paz en el mundo.

Moto azalí na matói ma koyoka [El que tenga oídos para oír] R/Ayoka [Que oiga]

Moto azalí na motema mwa kondima [El que tenga corazón para aceptar] R/Andima [Que acepte]

[00162-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Bandeko, boboto [irmãos e irmãs, paz] R/ Bondeko [fraternidade].

Bondeko [fraternidade] R/ Esengo [alegria].

Esengo – alegria! A alegria de vos ver e encontrar é grande; muito desejei este momento (fez-nos esperar um ano!). Obrigado por terdes vindo aqui!

O Evangelho acaba de nos dizer que também a alegria dos discípulos era grande na tarde de Páscoa, e que esta alegria brotou ao «verem o Senhor» (Jo 20, 20). Naquele clima de alegria e maravilha, o Ressuscitado fala aos seus. E que lhes diz? Começa por quatro palavras: «A paz esteja convosco!» (20, 19). Trata-se de uma saudação, mas é mais do que uma saudação: é um dom. Porque a paz, aquela paz anunciada pelos anjos na noite de Belém (cf. Lc 2, 14), aquela paz que Jesus prometeu deixar aos seus (cf. Jo 14, 27), é agora, pela primeira vez, entregue solenemente aos discípulos. A paz de Jesus, que também nos é dada em cada Missa, é pascal: chega com a ressurreição, porque antes o Senhor devia derrotar os nossos inimigos, o pecado e a morte, e reconciliar o mundo com o Pai; devia experimentar a nossa solidão e o nosso abandono, os nossos infernos, abraçar e preencher as distâncias que nos separavam da vida e da esperança. Agora, superadas as distâncias entre Céu e terra, entre Deus e homem, a paz de Jesus é dada aos discípulos.

Metamo-nos, pois, na pele deles. Naquele dia, estavam completamente atordoados pelo escândalo da cruz, feridos interiormente por terem abandonado Jesus pondo-se em fuga, dececionados com o epílogo do seu caso, temerosos de acabar como Ele. Havia neles sentimentos de culpa, frustração, tristeza, medo... Pois bem! Jesus proclama a paz enquanto no coração dos discípulos existem os escombros, anuncia a vida enquanto eles sentem dentro a morte. Por outras palavras, a paz de Jesus chega no momento em que, para eles, tudo parecia acabado, no momento menos aguardado e mais inesperado, quando não havia vislumbres de paz. Assim faz o Senhor: surpreende-nos, estende-nos a mão quando estamos prestes a afundar, levanta-nos quando tocamos o fundo. Irmãos, irmãs, com Jesus o mal nunca triunfa, nunca tem a última palavra. «Com efeito, Ele é a nossa paz» (Ef 2, 14), e a sua paz vence sempre. Por isso nós que pertencemos a Jesus, não podemos deixar prevalecer em nós a tristeza, não podemos permitir que se insinuem resignação e fatalismo. Se ao nosso redor se respira este clima, que não seja por nossa causa: num mundo desanimado com a violência e a guerra, os cristãos fazem como Jesus. Ele, como que insistindo, repetiu para os discípulos: Paz! A paz esteja convosco! (cf. Jo 20, 19.21); e nós somos chamados a assumir e proclamar ao mundo este inesperado e profético anúncio do Senhor, anúncio de paz.

Mas, podemos perguntar-nos: Como guardar e cultivar a paz de Jesus? Ele próprio nos indica três nascentes de paz, três fontes para continuar a alimentá-la. São o perdão, a comunidade e a missão.

Vejamos a primeira fonte: o perdão. Jesus diz aos seus: «Àqueles a quem perdoardes os pecados, ficarão perdoados» (20, 23). Mas Ele, antes de dar aos apóstolos o poder de perdoar, perdoa-os; não com palavras, mas com um gesto, o primeiro que o Ressuscitado realiza diante deles. Como diz o Evangelho, «mostrou-lhes as mãos e o peito» (20, 20). Ou seja, mostra as chagas, oferece-lhas, porque o perdão nasce das feridas. Nasce quando as feridas sofridas não deixam cicatrizes de ódio, mas tornam-se o lugar onde se dá espaço aos outros acolhendo as suas debilidades. Então as fragilidades tornam-se oportunidades, e o perdão torna-se o caminho da paz. Não se trata de esquecer tudo como se nada fosse, mas de abrir aos outros o próprio coração com amor. É assim que faz Jesus: diante da miséria de quem O renegou e abandonou, mostra as feridas e abre a fonte da misericórdia. Não usa muitas palavras, mas abre de par em par o seu coração ferido, para nos dizer que Ele está sempre ferido de amor por nós.

Irmãos, irmãs, quando a culpa e a tristeza nos oprimem, quando as coisas não correm bem, sabemos para onde olhar: para as chagas de Jesus, pronto a perdoar-nos com o seu amor ferido e infinito. Ele conhece as tuas feridas, conhece as feridas do teu país, do teu povo, da tua terra! São feridas que ardem, continuamente infetadas pelo ódio e a violência, enquanto o remédio da justiça e o bálsamo da esperança parecem nunca mais chegar. Irmão, irmã, Jesus sofre contigo, vê as feridas que carregas dentro e deseja consolar-te e curar-te, oferecendo-te o seu Coração ferido. Ao teu coração, Deus repete as palavras que disse hoje por meio do profeta Isaías: «Hei de curá-lo e guiá-lo, prodigando-lhe reconforto» (Is 57, 18).

Hoje, juntos, acreditamos que, com Jesus, sempre temos a possibilidade de ser perdoados e de recomeçar, bem como a força de nos perdoarmos a nós mesmos, aos outros e à história! É isto que Cristo deseja: ungir-nos com o seu perdão, para nos dar a paz e a coragem de por nossa vez perdoar, a coragem de realizar uma grande amnistia do coração. Faz-nos tão bem limpar o coração da ira, dos remorsos, de todo o rancor e ódio! Queridos amigos, que hoje seja o momento de graça para acolher e viver o perdão de Jesus! Seja o momento certo para ti, que carregas um fardo pesado no coração e precisas que seja tirado para voltar a respirar. E que seja o momento propício para ti, que, neste país, te dizes cristão e todavia praticas a violência; a ti diz o Senhor: «Depõe as armas, abraça a misericórdia». E a todos os feridos e oprimidos deste povo, diz: «Não tenhais medo de colocar as vossas feridas nas minhas, as vossas chagas nas minhas chagas»! Façamo-lo, irmãos e irmãs! Não tenhais medo de retirar o Crucifixo do pescoço e dos bolsos, pegar nele na mão e estreitá-lo ao coração para partilhar as vossas feridas com as de Jesus. Ao regressar a casa, tomai também o Crucifixo que tendes e abraçai-o. Demos a Cristo a possibilidade de nos sarar o coração, entreguemos-Lhe o passado, todo o medo e aflição. Como é bom abrir à sua paz as portas do coração e as de casa! E por que não escrever no vosso quarto, na vossa roupa, no exterior da vossa casa as suas palavras: A paz esteja convosco? Mostrai-as; serão uma profecia para o país, a bênção do Senhor sobre quem encontrais. A paz esteja convosco: deixemo-nos perdoar por Deus e perdoemo-nos entre nós!

Vejamos agora a segunda fonte da paz: a comunidade. Jesus ressuscitado não Se dirige a cada um dos discípulos, mas encontra-os juntos: fala-lhes no plural, e confia a sua paz à primeira comunidade. Não há cristianismo sem comunidade, tal como não há paz sem fraternidade. Mas como comunidade, para onde caminhar? Aonde ir para encontrar a paz? Voltemos a fixar os discípulos. Antes da Páscoa, seguiam Jesus, mas raciocinavam ainda de forma demasiado humana: tinham as suas esperanças num Messias conquistador que expulsaria os inimigos, realizaria prodígios e milagres, aumentaria o prestígio e o sucesso deles. Mas estes desejos mundanos deixaram-nos de mãos vazias; pior, tiraram a paz à comunidade, gerando discussões e oposições (cf. Lc 9, 46; 22, 24). E o mesmo risco existe também para nós: estar juntos, mas caminhar sozinhos, procurando na sociedade, mas também na Igreja, o poder, a carreira, as ambições... Assim, porém, segue-se o próprio eu em vez do verdadeiro Deus e acaba-se como aqueles discípulos: fechados em casa, vazios de esperança e cheios de medo e desilusão. Mas na Páscoa voltam a encontrar o caminho da paz graças a Jesus, que sopra sobre eles dizendo: «Recebei o Espírito Santo» (Jo 20, 22). Graças ao Espírito Santo, deixarão de olhar para aquilo que os divide, mas fixar-se-ão no que os une; irão pelo mundo não a pensar em si mesmos, mas nos outros; não para ter visibilidade, mas para dar esperança; não para ganhar apoiantes, mas para gastar jubilosamente a vida pelo Senhor e pelos outros.

Irmãos, irmãs, o nosso perigo é seguir o espírito do mundo, e não o de Cristo. E qual é o caminho para não cair nas ciladas do poder e do dinheiro, para não ceder às divisões, às lisonjas do carreirismo que corroem a comunidade, às falsas ilusões do prazer e da feitiçaria que nos encerram em nós mesmos? O Senhor no-lo sugere, mais uma vez através do profeta Isaías, dizendo: «Estou com as pessoas acabrunhadas e humilhadas, para reanimar os humildes, para reanimar o coração dos deprimidos» (57, 15). O caminho é partilhar com os pobres: tal é o melhor antídoto contra a tentação de nos dividir e mundanizar. Ter a coragem de olhar para os pobres e escutá-los, porque são membros da nossa comunidade, e não estranhos que devem ser abolidos da vista e da consciência. Abrir o coração aos outros, em vez de o fechar nos próprios problemas ou nas próprias vaidades. Recomecemos dos pobres e descobriremos que todos compartilhamos a pobreza interior; que todos precisamos do Espírito de Deus para nos libertar do espírito do mundo; que a humildade é a grandeza do cristão, e a fraternidade a sua verdadeira riqueza. Acreditemos na comunidade e, com a ajuda de Deus, edifiquemos uma Igreja vazia de espírito mundano e cheia de Espírito Santo, livre de riquezas para nós mesmos e repleta de amor fraterno!

Chegamos, enfim, à terceira fonte da paz: a missão. Jesus diz aos discípulos: «Assim como o Pai Me enviou, também Eu vos envio a vós» (Jo 20, 21). Envia-nos como o Pai O enviou a Ele. E como foi que o Pai O enviou ao mundo? Enviou-O para servir e dar a vida em resgate pela humanidade (cf. Mc 10, 45), para manifestar a sua misericórdia por cada um (cf. Lc 15), para procurar os que andam longe (cf. Mt 9, 13). Numa palavra, enviou-O para todos: não só para os justos, mas para todos. Ressoam neste sentido ainda as palavras de Isaías: «Paz para os de longe e os de perto – diz o Senhor» (57, 19). Em primeiro lugar, aos distantes e também aos vizinhos; não só aos «nossos», mas a todos.

Irmãos, irmãs, somos chamados a ser missionários de paz, e isto nos encherá de paz. Trata-se duma opção: é dar espaço a todos no coração, é acreditar que as diferenças étnicas, regionais, sociais, religiosas e culturais vêm em segundo lugar e não são obstáculo; que os outros são irmãos e irmãs, membros da mesma comunidade humana; que cada um é destinatário da paz trazida ao mundo por Jesus. É acreditar que nós, cristãos, somos chamados a colaborar com todos, a romper a espiral da violência, a desmantelar os enredos do ódio. É verdade! Enviados por Cristo, os cristãos são chamados, por definição, a ser consciência de paz no mundo: não só consciências críticas, mas sobretudo testemunhas de amor; não pretendentes dos próprios direitos, mas dos do Evangelho, que são a fraternidade, o amor e o perdão; não indivíduos à procura dos próprios interesses, mas missionários daquele amor louco que Deus tem por cada um dos seres humanos.

A paz esteja convosco: diz Jesus hoje a cada família, comunidade, etnia, bairro e cidade deste grande país. A paz esteja convosco: deixemos que ressoem no coração, em silêncio, estas palavras de nosso Senhor. Ouçamo-las dirigidas a nós e escolhamos ser testemunhas de perdão, protagonistas na comunidade, pessoas em missão de paz no mundo.

Moto azalí na matoi ma koyoka [Quem tem ouvidos para ouvir] R/ Ayoka [ouça]

Moto azalí na motema mwa kondima [Quem tem coração para aderir] R/Andima [adira].

[00162-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Bandeko, bobóto [Bracia i siostry, pokój] R/Bondeko [Braterstwo]

Bondéko [Braterstwo] R/ Esengo [Radość]

Esengo, radość: radość z zobaczenia was i spotkania z wami jest wielka: długo czekałem na tę chwilę – kazała nam oczekiwać na nią przez rok – dziękuję, że tu jesteście!

Ewangelia powiedziała nam przed chwilą, że także radość uczniów była wielka w wieczór paschalny, a zrodziła się ona „gdy ujrzeli Pana” (J 20, 20). W tej atmosferze radości i zadziwienia, Zmartwychwstały rozmawia ze swoimi uczniami. A co im mówi? Przede wszystkim dwa słowa: „Pokój wam!” (w. 19). Jest to pozdrowienie, ale jest to też coś więcej niż pozdrowienie: jest to przekaz. Bo pokój, ten pokój zapowiedziany przez aniołów w noc betlejemską (por. Łk 2, 14), ten, który Jezus obiecał zostawić swoim uczniom (por. J 14, 27), zostaje teraz, po raz pierwszy, uroczyście im przekazany. Pokój Jezusa, który jest nam przekazywany także w każdej Mszy św. jest paschalny: przychodzi wraz ze zmartwychwstaniem, ponieważ Pan musiał najpierw pokonać naszych nieprzyjaciół, grzech i śmierć, i pojednać świat z Ojcem; musiał doświadczyć naszej samotności i naszego opuszczenia, doświadczyć naszych piekieł, ogarnąć i pokonać odległości, które oddzielały nas od życia i nadziei. Teraz, po zniwelowaniu dystansu między niebem a ziemią, między Bogiem a człowiekiem, pokój Jezusa zostaje udzielony uczniom.

Postawmy się zatem po ich stronie. W tym dniu byli całkowicie oniemiali skandalem krzyża, zranieni wewnętrznie tym, że opuścili Jezusa uciekając, rozczarowani epilogiem Jego losów, zalęknieni, że skończą tak, jak On. Było w nich poczucie winy, frustracja, smutek, lęk... Tymczasem Jezus głosił pokój, podczas gdy to, co nosili w sercach uczniowie, obróciło się w ruinę; głosił życie, podczas gdy oni odczuwali w swym wnętrzu śmierć. Innymi słowy, pokój Jezusa przychodzi w chwili, kiedy wszystko wydaje się dla nich skończone, w najbardziej nieoczekiwanym i pozbawionym nadziei momencie, kiedy brak jakichkolwiek przebłysków pokoju. Tak właśnie czyni Pan: zadziwia nas, wyciąga rękę, gdy jesteśmy bliscy zatonięcia, podnosi nas, gdy sięgamy dna. Bracia, siostry, z Jezusem zło nigdy nie zwycięża, nigdy nie ma ostatniego słowa. „Bo On jest naszym pokojem” (Ef 2, 14), a Jego pokój zawsze zwycięża. Zatem my, którzy należymy do Jezusa, nie możemy pozwolić, by zapanował w nas smutek, nie możemy pozwolić, by wkradła się rezygnacja i fatalizm. Jeśli wokół nas panuje taki klimat, niech on nas nie obejmuje: w świecie zniechęconym przemocą i wojną, chrześcijanie postępują tak jak Jezus. On, niemal nalegając, powtórzył uczniom: Pokój, pokój wam! (por. J 20, 19.21); a my także jesteśmy wezwani, aby czynić to, co do nas należy i głosić światu to nieoczekiwane i prorocze orędzie Pana, orędzie pokoju.

Możemy jednak zadać sobie pytanie, jak zachowywać i pielęgnować Jezusowy pokój? On sam wskazuje nam trzy źródła pokoju, trzy źródła, służące jego umacnianiu. Są nimi przebaczenie, wspólnota i misja.

Przyjrzyjmy się pierwszemu źródłu: przebaczeniu. Jezus mówi do swoich uczniów: „Którym odpuścicie grzechy, są im odpuszczone” (w. 23). Zanim jednak udzieli apostołom władzy przebaczania, sam im przebacza; nie słowami, lecz gestem, pierwszym, jaki Zmartwychwstały wykonuje wobec nich. Jak mówi Ewangelia, „pokazał im ręce i bok” (w. 20). To znaczy, że odsłania przed nimi rany, ofiaruje je za nich, bo przebaczenie rodzi się z ran. Rodzi się wtedy, gdy odniesione rany nie pozostawiają blizn nienawiści, lecz stają się przestrzenią czynienia miejsca dla innych i przyjmowania ich słabości. Wówczas słabości te stają się szansami, a przebaczenie staje się drogą do pokoju. Nie chodzi o to, by zostawić wszystko za sobą, jakby nic się nie stało, ale aby z miłością otworzyć swoje serce na innych. Tak właśnie czyni Jezus: w obliczu nędzy tych, którzy się Go zaparli i opuścili, odsłania rany i otwiera źródło miłosierdzia. Nie używa wielu słów, ale otwiera szeroko swoje zranione serce, by powiedzieć nam, że zawsze jest zraniony miłością do nas.

Bracia, siostry, kiedy gnębi nas poczucie winy i smutek, kiedy sprawy nie układają się dobrze, wiemy gdzie spoglądać: na rany Jezusa, gotowego przebaczyć nam swoją zranioną i nieskończoną miłością. On zna twoje rany, zna rany twojego kraju, twojego narodu, twojej ziemi! Są to palące rany, nieustannie zarażane nienawiścią i przemocą, podczas gdy lekarstwo sprawiedliwości i balsam nadziei wydają się nigdy nie nadchodzić. Bracie, siostro, Jezus cierpi wraz z tobą, widzi rany, które nosisz w sobie i pragnie cię pocieszyć i uzdrowić, ofiarując ci swoje zranione Serce. Twemu sercu Bóg powtarza słowa, które wypowiedział dzisiaj przez proroka Izajasza: „Ja go uleczę i pokieruję nim, i udzielę pociechy jemu samemu” (Iz 57, 18).

Wszyscy razem wierzymy dziś, że z Jezusem zawsze istnieje szansa przebaczenia i rozpoczęcia od nowa, a także siła, by przebaczyć sobie, innym i historii! Tego właśnie pragnie Chrystus: namaścić nas swoim przebaczeniem, by dać nam pokój i odwagę, byśmy i my przebaczali, odwagę, by dokonać wielkiej amnestii serca. Jak dobrze robi nam oczyszczenie naszych serc z gniewu, z wyrzutów sumienia, z wszelkich urazów i goryczy! Najmilsi, niech dzisiejszy dzień będzie czasem łaski by przyjąć i doświadczyć przebaczenia Jezusa! Niech to będzie właściwy czas dla ciebie, który nosisz na sercu ciężkie brzemię i potrzebujesz, by zostało ono zdjęte, abyś mógł znowu oddychać. I niech to będzie właściwy czas dla was, którzy w tym kraju nazywacie się chrześcijanami, ale dopuszczacie się przemocy; to do was Pan mówi: „Złóżcie broń, przyjmijcie miłosierdzie”. A do wszystkich zranionych i uciśnionych z tego ludu kieruje On słowa: „Nie lękajcie się złożyć wasze zranienia w moich, wasze rany w moich ranach”. Uczyńmy to, bracia i siostry; nie bójmy się zdjąć krzyża z szyi i wyjąć go z kieszeni, wziąć go do rąk i nosić blisko serca, aby łączyć swoje rany z ranami Jezusa. Gdy wrócicie do domu, weźcie krzyż, który macie i obejmijcie go. Dajmy Chrystusowi szansę uzdrowienia naszych serc, złóżmy w Nim naszą przeszłość, wszystkie lęki i obawy. Jakże wspaniale otworzyć drzwi swojego serca i domu na Jego pokój! A dlaczego nie napisać w waszych pokojach, na waszych ubraniach, na zewnątrz waszych domów, Jego słów: Pokój wam? Pokażcie je, niech będą proroctwem dla kraju, błogosławieństwem Pana dla tych, których spotkacie. Pokój wam: pozwólmy, by przebaczył nam Bóg, i przebaczajmy sobie nawzajem!

Spójrzmy teraz na drugie źródło pokoju: na wspólnotę. Zmartwychwstały Jezus nie zwraca się do poszczególnych uczniów, ale spotyka ich wszystkich razem: mówi do nich w liczbie mnogiej i pierwszej wspólnocie przekazuje swój pokój. Nie ma chrześcijaństwa bez wspólnoty, tak jak nie ma pokoju bez braterstwa. Ale jako wspólnota, gdzie podążać, gdzie iść, aby znaleźć pokój? Spójrzmy jeszcze raz na uczniów. Przed Paschą poszli za Jezusem, ale wciąż myśleli zbytnio po ludzku: liczyli na zwycięskiego Mesjasza, który wypędzi ich wrogów, który będzie czynił niezwykłe rzeczy i cuda, zwiększy ich prestiż i sukces. Jednak te światowe pragnienia pozostawiły ich z pustymi rękami, wręcz odebrały wspólnocie pokój, rodząc kłótnie i niezgodę (por. Łk 9, 46; 22, 24). Grozi to także i nam: że będąc razem, zaczniemy działać w pojedynkę, poszukując w społeczeństwie, ale i w Kościele, władzy, kariery, ambicji... W ten sposób jednak człowiek podąża za własnym „ja”, zamiast za prawdziwym Bogiem, i kończy jak tamci uczniowie: zamknięci w domu, pozbawieni nadziei oraz pełni lęku i rozczarowania. Ale oto w dzień Paschy odnajdują drogę do pokoju dzięki Jezusowi, który tchnie na nich i mówi: „Weźmijcie Ducha Świętego!” (J 20, 22). Dzięki Duchowi Świętemu nie będą już patrzeć na to, co ich dzieli, ale na to, co ich łączy; pójdą w świat już nie dla siebie samych, lecz dla innych; nie po to, by się pokazać, ale po to, by dawać nadzieję; nie po to, by zyskać aprobatę, lecz po to, aby radośnie poświęcić życie dla Pana i dla innych ludzi.

Bracia, siostry, naszym zagrożeniem jest podążanie za duchem świata zamiast za duchem Chrystusa. A jaki jest sposób, by nie wpaść w pułapki władzy i pieniędzy, by nie ulec podziałom, pokusie karierowiczostwa, które podkopują wspólnotę, ani fałszywym złudzeniom przyjemności i uprawiania czarów, które zamykają człowieka w sobie? Pan proponuje nam to ponownie przez proroka Izajasza, mówiąc: „jestem z człowiekiem skruszonym i pokornym, aby ożywić ducha pokornych” (Iz 57, 15). Drogą jest dzielenie się z ubogimi: jest to najlepsze antidotum na pokusę podziałów i światowości. Trzeba mieć odwagę patrzeć na ubogich i słuchać ich, bo są członkami naszej wspólnoty, a nie obcymi, których należy usunąć z pola widzenia i wymazać z sumienia. Trzeba otworzyć nasze serca na innych, zamiast zamykać je we własnych problemach czy próżności. Zacznijmy od ubogich a odkryjemy, że wszyscy dzielimy ubóstwo wewnętrzne; że wszyscy potrzebujemy Ducha Bożego, aby nas uwolnił od ducha świata; że pokora jest wielkością chrześcijanina, a braterstwo jego prawdziwym bogactwem. Uwierzmy we wspólnotę i z Bożą pomocą budujmy Kościół wolny od ducha światowego a pełen Ducha Świętego, wolny od bogactwa dla siebie a napełniony braterską miłością!

Wreszcie dochodzimy do trzeciego źródła pokoju: misji. Jezus mówi do uczniów: „Jak Ojciec Mnie posłał, tak i Ja was posyłam” (J 20, 21). Posyła nas tak, jak Ojciec posłał Jego. A w jakim celu Ojciec posłał Go na świat? Posłał Go, aby służył i oddał życie za ludzkość (por. Mk 10, 45), aby objawił swoje miłosierdzie wobec każdego (por. Łk 15), aby szukał oddalonych (por. Mt 9, 13). Jednym słowem, posłał Go do wszystkich: nie tylko do sprawiedliwych, ale do wszystkich. W tym sensie ponownie rozbrzmiewają słowa Izajasza: „Pokój! Pokój dalekim i bliskim! – mówi Pan” (Iz 57, 19). Dalekim, przede wszystkim, a bliskim: to znaczy nie tylko „naszym”, ale wszystkim.

Bracia, siostry, naszym powołaniem jest bycie misjonarzami pokoju, i to właśnie da nam pokój. Jest to kwestia wyboru: uczynienie miejsca w naszych sercach dla wszystkich, to przekonanie, że różnice etniczne, regionalne, społeczne, religijne i kulturowe mają charakter drugorzędny i nie są przeszkodami; że inni są braćmi i siostrami, członkami tej samej wspólnoty ludzkiej; że każdy jest adresatem pokoju przyniesionego na świat przez Jezusa. To jest przekonanie, że my, chrześcijanie, jesteśmy wezwani do współpracy ze wszystkimi, do przerwania łańcucha przemocy, do rozmontowania spisku nienawiści. Tak, chrześcijanie, posłani przez Chrystusa, są z definicji powołani do tego, by być w świecie sumieniami pokoju: nie tylko sumieniami krytycznymi, ale przede wszystkim świadkami miłości; starającymi się nie o wypełnienie przysługujących im praw, ale praw Ewangelii, którymi są braterstwo, miłość i przebaczenie; nie dążącymi do realizacji własnych interesów, lecz misjonarzami szalonej miłości, jaką Bóg darzy każdego człowieka.

Pokój wam, mówi dziś Jezus do każdej rodziny, wspólnoty, grupy etnicznej, dzielnicy i miasta w tym wielkim kraju. Pokój wam: pozwólmy, aby te słowa naszego Pana rozbrzmiewały w ciszy naszych serc. Usłyszmy je, skierowane do nas i wybierzmy bycie świadkami przebaczenia, obrońcami we wspólnocie, ludźmi w misji pokoju w świecie.

Moto azalí na matói ma koyóka [Kto ma uszy do słuchania] R/Ayoka [niechaj słucha]

Moto azalí na motéma ya mwa kondima. [Kto ma serce, by się godzić] R/Andima [Niech się godzi]

[00162-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى جمهوريّة الكونغو الديمقراطيّة

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القداس الإلهيّ

في مطار ”ندولو“ في كينشاسا

الأربعاء 1 شباط/فبراير 2023

البابا: بانديكو، بوبوتو (أيّها الإخوة والأخوات، سلام).

الجماعة: بونديكو (أخُوّة).

البابا: بونديكو (أخُوّة).

الجماعة: إسينجو (فرح)

Esengo، فرح: فرح كبير برؤيتكم ولقائكم: لقد اشتقت إلى هذه اللحظة كثيرًا - جعلتنا ننتظر مدة سنة!-، شكرًا لوجودنا هنا!

قال لنا الإنجيل قبل قليل إنّ فرح التّلاميذ كان كبيرًا أيضًا في ليلة الفصح، وأنّ هذا الفرح تدفّق فيهم "لِمُشاهَدَتِهمِ الرَّبّ" (يوحنّا 20، 20). في هذا الجو المليء بالفرح والاندهاش، تكلّم الرّبّ القائم من بين الأموات إلى تلاميذه. وماذا قال لهم؟ قال لهم أوّلًا كلمتَين: "السَّلامُ علَيكم!" (الآية 19). إنّها تحيّة، لكنّها أكثر من مجرّد تحيّة: إنّها وصيّة. لأنّ السّلام، ذلك السّلام الذي بشّر به الملائكة في ليلة بيت لحم (راجع لوقا 2، 14)، والسّلام الذي وعد يسوع بأن يتركه لتلاميذه (راجع يوحنّا ​​14، 27)، الآن، ولأوّل مرّة، أعطاه يسوع رسميًّا للتّلاميذ. سلام يسوع، الذي يُعطى لنا أيضًا في كلّ قداس، هو سلامٌ فصحيّ: سلامٌ جاء مع القيامة، لأنّه كان على الرّبّ يسوع أوّلًا أن يهزم أعداءنا، الخطيئة والموت، وأن يصالح العالم مع الآب. كان عليه أن يختبر وحدتنا وأن يتركه الجميع مثلنا، وأن يمر بكلّ أنواع الجحيم في حياتنا، وأن يعانق ويزيل المسافات التي تفصلنا عن الحياة وعن الرّجاء. الآن، بمجرد أن ألغَى المسافات بين السّماء والأرض، وبين الله والإنسان، أُعطي سلام يسوع إلى التّلاميذ.

لذلك لنضع أنفسنا إلى جانبهم. في ذلك اليوم كانوا في غاية الألم بسبب معثرة وشكّ الصّليب، كانوا مجروحين في داخلهم لأنهم تركوا يسوع وهربوا، ومحبطين من خاتمة الأحداث، وخائفين من أن ينتهي بهم الأمر مثله. كان فيهم شعور بالذنب والإحباط والحزن والخوف... إذن، أعطى يسوع التّلاميذ السّلام، وفي قلوبهم حطام، أعطاهم الحياة وهم يشعرون بالموت في داخلهم. بكلمات أخرى، جاء سلام يسوع في اللحظة التي بدا لهم فيها أنّ كلّ شيء قد انتهى، وفي اللحظات غير المنتظرة وغير المتوقعة، عندما لم يكن هناك بصيص أمل في السّلام. هذا ما يصنعه الرّبّ يسوع: إنّه يدهشنا، ويمدّ يده إلينا عندما نكون على وشك الغرق، وينتشلنا عندما نصل إلى القاع. أيّها الإخوة والأخوات، مع يسوع، الشّرّ لا ينتصر أبدًا، ولا تكون له الكلمة الأخيرة أبدًا. "إِنَّه سَلامُنا" (أفسس 2، 14) وسلامه ينتصر دائمًا. لذلك، نحن الذين ننتمي إلى يسوع لا يمكننا أن نسمح للحزن بأن يتغلَّب علينا، ولا يمكننا أن نسمح لقوى الاستسلام والقدر أن تتسرب إلينا. لو تنفَّس الجميع حولنا بمثل هذا، ينبغي ألّا يكون الأمر كذلك بالنسبة لنا: في عالم مصاب بالإحباط بسبب العنف والحرب، يصنع المسيحيّون ما صنع يسوع. هو كرّر لتلاميذه وألحّ: السَّلامُ علَيكم!" (راجع يوحنّا 20، 19. 21)؛ ونحن مدعوّون إلى أن نجعل هذا النّداء نداءَنا، ونعلن إلى العالم هذه البشرى نفسها، بشرى الرّبّ يسوع غير المتوقعة والنبويّة، بشرى السّلام.

وقد نتساءل، كيف نحافظ على سلام يسوع وننميه؟ هو نفسه يبيّن لنا ثلاثة ينابيع للسّلام، ثلاثة ينابيع لمواصلة تغذيته. هي المغفرة والجماعة والرّسالة.

لِنَرَ الينبوع الأوّل: المغفرة. قال يسوع لخاصّته: "مَن غَفَرتُم لَهم خَطاياهم تُغفَرُ لَهم" (الآية 23). ولكن قبل أن يعطي الرّسل سلطان المغفرة، غَفَرَ لهم. ليس بالكلمات، بل بعلامة، وهو أوّل ما أتمّه الرّبّ القائم من بين الأموات أمامهم. يقول الإنجيل: "أَراهم يَدَيْهِ وجَنبَه" (الآية 20). أي بيّن لهم الجراح، وقدّمها لهم، لأنّ المغفرة تُولَدُ من الجراح. تُولَدُ عندما لا تترك الجراح أثرًا للكراهية، بل تصير مكانًا فيه يتمّ إعطاء المجال للآخرين وقبول ضعفهم. ثمّ يصير الضّعف فرصة والمغفرة تصير طريق السّلام. لا يتمّ السّلام بترك كلّ شيء خلفنا وكأن شيئًا لم يحدث، بل بفتح القلب للآخرين بالحبّ. هذا ما صنعه يسوع: أمام بؤس الذين أنكروه وتخلّوا عنه، أراهم جراحه وفتح لهم ينبوع الرّحمة. لم يستخدم كلمات كثيرة، بل فتح قلبه المجروح ليقول لنا إنّه دائمًا مجروح بالحبّ من أجلنا.

أيّها الإخوة والأخوات، عندما يثقل علينا الشّعور بالذنب والحزن، وعندما لا تسير الأمور، نعرف أين ننظر: ننظر إلى جراح يسوع، المستّعد أن يغفر لنا بحبّه المجروح واللامتناهي. هو يعرف جراحكم ويعرف جراح بلادكم وشعبكم وأرضكم! جراحٌ تتلظَّى، تُسَمِّمُها باستمرار الكراهية والعنف، بينما يبدو أنّ دواء العدل وبلسم الرّجاء لا ينجحان أبدًا. أخي وأختي، يسوع يتألّم معك، ويرى الجراح التي تحملها في داخلك ويريد أن يعزيك ويشفيك، وأن يقدّم لك قلبه المجروح. الله يكرّر لقلبك الكلمات التي قالها اليوم على لسان النبيّ أشعيا: "سأَشْفيه وأَهْديه، وأَرُدُّ العَزاءَ لَه" (أشعيا 57، 18).

معًا نؤمن اليوم أنّه مع يسوع توجد دائمًا الإمكانيّة لأن يغفر الله لنا وأن نبدأ من جديد، وتوجد أيضًا القوّة لنغفر نحن أيضًا، لأنفسنا وللآخرين وللتاريخ! المسيح يريد هذا: أن يمسحنا بمغفرته ليعطينا السّلام والشّجاعة لنغفر بدورنا، والشّجاعة لنتمّم صلحًا كبيرًا من القلب. كم يفيدنا أن نطّهر قلوبنا من الغضب، والنّدم، ومن كلّ ضغينة وحقد! أيّها الأعزّاء، لتكن اليوم لحظة النّعمة لقبول وعيش مغفرة يسوع! لتكن اللحظة المناسبة لك، أنت الذي تحمل عبئًا ثقيلًا على قلبك وتحتاج إلى أن يُرفع عنك لتعود تتنفّس من جديد. ولتكن اللحظة المناسبة لك، أنت في هذا البلد الذي تقول إنك مسيحيّ، وترتكب العنف؛ لك، يقول الرّبّ يسوع: ”ضع أسلحتك، وعانق الرّحمة“. ولجميع الجرحى والمظلومين في هذا الشّعب يقول: ”لا تخافوا أن تضعوا جراحكم في جروحي، وألمكم في ألمي“. لنفعل ذلك أيّها الإخوة والأخوات. لا تخافوا من أخذ المصلوب من أعناقكم ومن جيوبكم، وأن تمسكوه بين أيديكم وأن تضعوه بالقرب من قلبكم لتشاركوا بجراحكم في جراح يسوع. ومتى عدتم إلى بيوتكم، خذوا المصلوب الذي لديكم إياه وعانقوه. لنعطِ المسيح فرصة ليشفِي قلوبنا، ولنلقِ عليه الماضي، لنلقِ كلّ خوف وضيق. ما أجمل أن نفتح أبواب قلبنا وأبواب البيت لسلامه! ولماذا لا تكتبون كلماته في غرفكم، وعلى ملابسكم، وخارج بيوتكم: السَّلامُ علَيكم! أظهروا هذه الكلمات، ستكون نبوءة للوطن، وبركة الرّبّ يسوع على كلّ من تلتقون به. السَّلامُ علَيكم!: لنسمح لأنفسنا بأن يغفر الله لنا وبأن نغفر نحن بعضنا لبعض!

لننظر الآن إلى الينبوع الثّاني للسّلام، وهو: الجماعة. يسوع القائم من بين الأموات لم يوجّه كلامه إلى التّلاميذ كلّ على حِدَة، بل التقى بهم معًا: وتكلّم معهم بصيغة الجمع، وأعطى سلامه إلى الجماعة الأولى. لا توجد مسيحيّة من دون جماعة، كما لا يوجد سلام من دون أخوّة. لكن الجماعة، إلى أين يجب أن تسير، وإلى أين تذهب لتجد السّلام؟ لننظر مرّة أخرى إلى التّلاميذ. قبل الفصح، كانوا يتبعون يسوع، لكنّهم كانوا ما زالوا يفكّرون بطريقة إنسانيّة زائدة: كانوا يتمنّون مسيحًا منتصرًا يطرد أعداءهم، ويصنع العجائب والمعجزات، ويزيد من اعتبارهم ونجاحهم. لكن هذه الرّغبات الدنيويّة تركتهم بأيدٍ فارغة، بل نزعت السّلام من الجماعة، وخلقت مناقشات ومعارضات (راجع لوقا 9، 46؛ 22، 24). بالنّسبة لنا أيضًا، يوجد هذا الخطر، وهو: أن نكون معًا ولكن نتقدّم وَحدَنا، ونبحث في المجتمع، وفي الكنيسة أيضًا، عن السُّلطة، والمناصب، والطّموحات... بهذه الطّريقة، نتبع الأنا الخاصّة بنا، بدل أن نتبع الإله الحقيقي، وينتهي بنا الأمر مثل هؤلاء التّلاميذ: مُنغلقين على أنفسنا في البيت، وخالين من الرّجاء وممتلئين من الخوف وخيبة الأمل. لكنّهم في الفصح وجدوا من جديد طريق السّلام مع يسوع، الذي نفخ فيهم وقال: "خُذوا الرُّوحَ القُدُس" (يوحنّا 20، 22). ومع الرّوح القدس لن ينظروا بعد الآن إلى ما يفرّق بينهم، بل إلى ما يوحّدهم، سيذهبون إلى العالم لا من أجل أنفسهم، بل من أجل الآخرين، وليس من أجل أن يَظهَرُوا، بل من أجل أن يُعطوا الرّجاء، وليس لتحقيق الإجماع لصالحهم، بل ليبذلوا حياتهم بفرح من أجل الرّبّ يسوع والآخرين.

أيّها الإخوة والأخوات، الخطر هو أن نتبع روح العالم بدل أن نتبع روح المسيح. وما هو الطّريق كي لا نقع في فِخاخ السُّلطة والمال، وكي لا نستسلم للانقسامات، ولإغراءات روح التّسلّط الوظيفيّ التي تُفسِد الجماعة، ولأوهام المُتعة والشّعوذة الزّائفة التي تَضمنها؟ يقترح علينا الرّبّ يسوع مرّة أخرى على لسان أشعيا النّبي الذي قال: "أنا مع المُنسَحِقِ والمُتَواضِعِ الرُّوح، لأُحيي أَرْواحَ المتواضِعين، وأُحيِيَ قُلوبَ المُنسَحِقين" (أشعيا 57، 15). الطّريق هو المشاركة مع الفقراء: هذا هو المُضادّ الحيويّ الأفضل ضدّ التّجربة لتقسيمنا، وامتلائنا بروح العالم. علينا أن نتشجّع لكي ننظر إلى الفقراء ونستمع إليهم، لأنّهم أعضاء في جماعتنا، لا غُرباء، فلا يمكن أن نزيلهم من نظرنا ومن ضميرنا. علينا أن نفتح قلبنا للآخرين، بدل أن نغلقه على مشاكلنا الخاصّة أو على غرورنا الخاصّ. لننطلق من جديد مع الفقراء وسنكتشف أنّنا كلّنا نتشارك الفقر الدّاخلي، وأنّنا كلّنا بحاجة إلى روح الله لكي نتحرّر من روح العالم، ونعرف أنّ التّواضع هو عظمة المسيحيّ والأخوّة هي الغِنَى الحقيقيّ. لنؤمن بالجماعة، وبمعونة الله، لِنَبْنِ كنيسة خالية من روح العالم، مليئة بالرّوح القدس، ومتحرّرة من الغِنَى من أجل نفسها وممتلئة بالمحبّة الأخويّة!

نأتي أخيرًا إلى الينبوع الثّالث للسّلام، وهو: الرّسالة. قال يسوع لتلاميذه: "كما أَرسَلَني الآب أُرسِلُكم أَنا أَيضًا" (يوحنّا 20، 21). إنّه يرسلنا كما أرسله الآب. وكيف أرسله الآب إلى العالم؟ أرسله ليخدم ولكي يبذل حياته من أجل البشريّة (راجع مرقس 10، 45)، ولكي يُظهر رحمته لكلّ واحد (راجع لوقا 15)، ولكي يبحث عن البعيدين (راجع متّى 9، 13). بكلمة واحدة، أرسله من أجل الجميع: ليس فقط من أجل الأبرار، بل من أجل الجميع. بهذا المعنى، يتردّد صَدى كلمات أشعيا، الذي قال: "السَّلامَ السَّلامَ لِلبَعيدِ ولِلقَريب - قالَ الرَّبُّ" (أشعيا 57، 19). للبعيد، أوّلًا وقبل كلّ شيء، وللقريب: ليس فقط للذين ”يَخُصّوننا“، بل للجميع.

أيّها الإخوة والأخوات، نحن مدعوّون إلى أن نكون مُرسَلِي سلام، هذا ما يمنحنا السّلام. إنّه خيار نتخذه، وهو: أن نفسح مكانًا للجميع في قلبنا، وأن نؤمن بأنّ الاختلافات العرقيّة والإقليميّة والاجتماعيّة والدّينيّة والثّقافيّة تأتي لاحقًا وهي ليست عوائق، وأنّ الآخرين هم إخوة وأخوات، وأعضاء في الجماعة البشريّة نفسها، وأنّ كلّ واحدٍ هو هدف السّلام الذي أتى به يسوع للعالم. نحن نؤمن أنّنا نحن المسيحيّين مدعوّون إلى أن نتعاون مع الجميع، وأن نكسر دائرة العنف، وأن نفكّك مؤامرات الكراهية. نعم، المسيحيّون الذين أرسلهم المسيح، هُم مدعوّون، بحكم اسمهم وتعريفهم، إلى أن يكونوا ضميرَ سلامِ العالم: ليس فقط ضمائر تنتقد، بل ليكونوا شهود محبّة، ولا للمطالبة بالحقوق الخاصّة، بل بحقوق الإنجيل، وهي الأخوّة، والمحبّة والمغفرة، ولا ليكونوا باحثين عن المصالح الخاصّة، بل ليكونوا مُرسلِين للمحبّة الجنونيّة التي يحبّنا بها، ويحبّ كلّ إنسان.

السَّلامُ علَيكم!، يقول يسوع اليوم لكلّ عائلة، وجماعة، ومجموعة عرقيّة، وحَي ومدينة في هذا البلد الكبير. السَّلامُ علَيكم!: لِنَدَعْ كلمات ربّنا يسوع يتردّد صداها في قلوبنا، بصمت. ولْنَشْعُرْ بها موجَّهةً إلينا، ولْنَخْتَرْ أن نكون شهودًا للمغفرة، نصنع نحن جماعتنا، ونكون مُرسَلي سلام في العالم.

Moto azalí na matói ma koyóka - R/Ayoka

مَن كانَ له أُذُنانِ تَسْمَعانِ - (الجماعة:) فَلْيَسمَع

Moto azalí na motéma mwa kondima - R/Andima

مَن كانَ له قَلبٌ يُوَافِق - (الجماعة:) فَلْيُوَافِق

[00162-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0092-XX.02]