Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Alle ore 9.30 di questa mattina, III Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Basilica Vaticana in occasione della IV Giornata della Parola di Dio che quest’anno ha per tema: «Vi annunziamo ciò che abbiamo veduto» (1Gv 1, 3).
Nel corso della Celebrazione Eucaristica il Papa ha conferito a uomini e donne laici provenienti da diversi Paesi del mondo il ministero del Lettorato e il ministero del Catechista.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:
Omelia del Santo Padre
Gesù lascia la vita tranquilla e nascosta di Nazaret e si trasferisce a Cafarnao, una città situata lungo il mare di Galilea, un luogo di passaggio, un crocevia di popoli e culture diverse. L’urgenza che lo spinge è l’annuncio della Parola di Dio, che dev’essere portata a tutti. Vediamo infatti nel Vangelo che il Signore invita tutti alla conversione e chiama i primi discepoli perché trasmettano anche ad altri la luce della Parola (cfr Mt 4,12-23). Cogliamo questo dinamismo, che ci aiuta a vivere la Domenica della Parola di Dio: la Parola è per tutti, la Parola chiama alla conversione, la Parola rende annunciatori.
La Parola di Dio è per tutti. Il Vangelo ci presenta Gesù sempre in movimento, in cammino verso gli altri. In nessuna occasione della sua vita pubblica Egli ci dà l’idea di essere un maestro statico, un dottore seduto in cattedra; al contrario, lo vediamo itinerante, lo vediamo pellegrino, a percorrere città e villaggi, a incontrare volti e storie. I suoi piedi sono quelli del messaggero che annuncia la buona notizia dell’amore di Dio (cfr Is 52,7-8). Nella Galilea delle genti, sulla via del mare, oltre il Giordano, dove Gesù predica, c’era – annota il testo – un popolo immerso nelle tenebre: stranieri, pagani, donne e uomini di varie regioni e culture (cfr Mt 4,15-16). Ora anch’essi possono vedere la luce. E così Gesù “allarga i confini”: la Parola di Dio, che risana e rialza, non è destinata soltanto ai giusti di Israele, ma a tutti; vuole raggiungere i lontani, vuole guarire gli ammalati, vuole salvare i peccatori, vuole raccogliere le pecore perdute e sollevare quanti hanno il cuore affaticato e oppresso. Gesù, insomma, “sconfina” per dirci che la misericordia di Dio è per tutti. Non dimentichiamo questo: la misericordia di Dio è per tutti e per ognuno di noi. “La misericordia di Dio è per me”, ognuno può dire questo.
Questo aspetto è fondamentale anche per noi. Ci ricorda che la Parola è un dono rivolto a ciascuno e che perciò non possiamo mai restringerne il campo di azione perché essa, al di là di tutti i nostri calcoli, germoglia in modo spontaneo, imprevisto e imprevedibile (cfr Mc 4,26-28), nei modi e nei tempi che lo Spirito Santo conosce. E se la salvezza è destinata a tutti, anche ai più lontani e perduti, allora l’annuncio della Parola deve diventare la principale urgenza della comunità ecclesiale, come fu per Gesù. Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto – questa sarebbe, mi permetto di dire, una maledizione –; non ci succeda di predicare la salvezza per tutti e rendere impraticabile la strada per accoglierla; non ci succeda di saperci chiamati a portare l’annuncio del Regno e trascurare la Parola, disperdendoci in tante attività secondarie, o tante discussioni secondarie. Impariamo da Gesù a mettere la Parola al centro, ad allargare i confini, ad aprirci alla gente, a generare esperienze di incontro con il Signore, sapendo che la Parola di Dio «non è cristallizzata in formule astratte e statiche, ma conosce una storia dinamica fatta di persone e di eventi, di parole e di azioni, di sviluppi e tensioni»[1].
Veniamo ora al secondo aspetto: la Parola di Dio, che è rivolta a tutti, chiama alla conversione. Gesù, infatti, ripete nella sua predicazione: «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17). Ciò significa che la vicinanza di Dio non è neutra, la sua presenza non lascia le cose come stanno, non difende il quieto vivere. Al contrario, la sua Parola ci scuote, ci scomoda, ci provoca al cambiamento, alla conversione: ci mette in crisi perché «è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio […] e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). E così, come una spada la Parola penetra nella vita, facendoci discernere sentimenti e pensieri del cuore, facendoci cioè vedere qual è la luce del bene a cui dare spazio e dove si addensano invece le tenebre dei vizi e dei peccati da combattere. La Parola, quando entra in noi, trasforma il cuore e la mente; ci cambia, ci porta a orientare la vita al Signore.
Ecco l’invito di Gesù: Dio si è fatto vicino a te, perciò accorgiti della sua presenza, fai spazio alla sua Parola e cambierai lo sguardo sulla tua vita. Vorrei dirlo anche così: metti la tua vita sotto la Parola di Dio. Questa è la strada che ci indica la Chiesa: tutti, anche i Pastori della Chiesa, siamo sotto l’autorità della Parola di Dio. Non sotto i nostri gusti, le nostre tendenze o preferenze, ma sotto l’unica Parola di Dio che ci plasma, ci converte, ci chiede di essere uniti nell’unica Chiesa di Cristo.
Allora, fratelli e sorelle, possiamo chiederci: la mia vita, dove trova direzione, da dove attinge orientamento? Dalle tante parole che sento, dalle ideologie, o dalla Parola di Dio che mi guida e mi purifica? E quali sono in me gli aspetti che esigono cambiamento e conversione?
Infine – terzo passaggio –, la Parola di Dio, che si rivolge a tutti e chiama alla conversione, rende annunciatori. Gesù, infatti, passa sulle rive del lago di Galilea e chiama Simone e Andrea, due fratelli che erano pescatori. Li invita con la sua Parola a seguirlo, dicendo loro che li farà «pescatori di uomini» (Mt 4,19): non più solo esperti di barche, di reti e di pesci, ma esperti nel cercare gli altri. E come per la navigazione e la pesca avevano imparato a lasciare la riva e a gettare le reti al largo, allo stesso modo diventeranno apostoli capaci di navigare nel mare aperto del mondo, di andare incontro ai fratelli e di annunciare la gioia del Vangelo. Questo è il dinamismo della Parola: ci attira nella “rete” dell’amore del Padre e ci rende apostoli che avvertono il desiderio irrefrenabile di far salire sulla barca del Regno quanti incontrano. E questo non è proselitismo, perché quella che chiama è la Parola di Dio, non la nostra parola.
Sentiamo allora rivolto anche a noi oggi l’invito a essere pescatori di uomini: sentiamoci chiamati da Gesù in persona ad annunciare la sua Parola, a testimoniarla nelle situazioni di ogni giorno, a viverla nella giustizia e nella carità, chiamati a “darle carne” accarezzando la carne di chi soffre. Questa è la nostra missione: diventare cercatori di chi è perduto, di chi è oppresso e sfiduciato, per portare loro non noi stessi, ma la consolazione della Parola, l’annuncio dirompente di Dio che trasforma la vita, per portare la gioia di sapere che Egli è Padre e si rivolge a ciascuno, portare la bellezza di dire: “Fratello, sorella, Dio si è fatto vicino a te, ascoltalo e nella sua Parola troverai un dono stupendo!”
Fratelli e sorelle, vorrei concludere invitando semplicemente a ringraziare chi si dà da fare perché la Parola di Dio sia rimessa al centro, condivisa e annunciata. Grazie a chi la studia e ne approfondisce la ricchezza; grazie agli operatori pastorali e a tutti quei cristiani impegnati nell’ascolto e nella diffusione della Parola, specialmente ai lettori e ai catechisti: oggi conferisco il ministero ad alcuni di loro. Grazie a quanti hanno accolto i tanti inviti che ho fatto a portare il Vangelo con sé ovunque e a leggerlo ogni giorno. E infine un ringraziamento particolare ai diaconi e ai sacerdoti: grazie, cari fratelli, perché non fate mancare al Popolo santo il nutrimento della Parola; grazie perché vi impegnate a meditarla, viverla e annunciarla; grazie per il vostro servizio e i vostri sacrifici. Per tutti noi, sia consolazione e ricompensa la dolce gioia di annunciare la Parola di salvezza.
_________________________________
[1] La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Instrumentum laboris per la XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 2008, 10.
[00111-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Jésus quitte la vie tranquille et cachée de Nazareth et s’installe à Capharnaüm, une ville située sur la mer de Galilée, un lieu de passage, un carrefour de peuples et de cultures différentes. L’urgence qui le pousse est l’annonce de la Parole de Dieu qui doit être portée à tous. Nous voyons en effet dans l’Évangile que le Seigneur invite tout le monde à la conversion et appelle les premiers disciples à transmettre à d’autres la lumière de la Parole (cf. Mt 4, 12-23). Saisissons ce dynamisme qui nous aide à vivre ce Dimanche de la Parole de Dieu: la Parole est pour tous, la Parole appelle à la conversion, la Parole rend annonciateurs.
La Parole de Dieu est pour tous. L’Évangile nous présente Jésus toujours en mouvement, en chemin vers les autres. En aucune occasion de sa vie publique, Il ne donne l’impression d’être un maître statique, un docteur assis en chaire. Au contraire, nous le voyons itinérant, nous le voyons pèlerin, parcourant villes et villages, rencontrant visages et histoires. Ses pieds sont ceux du messager qui annonce la bonne nouvelle de l’amour de Dieu (cf. Is 52, 7-8). En Galilée des nations, sur la route de la mer, au-delà du Jourdain, où Jésus prêche, se trouvait – note le texte – un peuple plongé dans les ténèbres: étrangers, païens, femmes et hommes de diverses régions et cultures (cf. Mt 4, 15-16). Maintenant, ils peuvent aussi voir la lumière. Et ainsi, Jésus “élargit les frontières”: la Parole de Dieu, qui guérit et relève, n’est pas destinée seulement aux justes d’Israël, mais à tous; il veut atteindre ceux qui sont loin, il veut guérir les malades, il veut sauver les pécheurs, il veut rassembler les brebis perdues et soulager ceux qui ont le cœur fatigué et opprimé. Jésus, en somme, “franchit les limites” pour nous dire que la miséricorde de Dieu est pour tous. N’oublions pas cela: la miséricorde de Dieu est pour tous et pour chacun de nous. “La miséricorde de Dieu est pour moi”, chacun peut dire cela.
Cet aspect est fondamental pour nous aussi. Il nous rappelle que la Parole est un don adressé à chacun et que, par conséquent, nous ne pouvons jamais en restreindre le champ d’action puisqu’elle germe, au-delà de tous nos calculs, de manière spontanée, imprévue et imprévisible (cf. Mc 4, 26-28), selon les manières et aux moments que l’Esprit Saint connaît. Et si le salut est destiné à tous, même à ceux qui sont les plus éloignés et perdus, alors l’annonce de la Parole doit devenir la principale urgence de la communauté ecclésiale, comme ce fut le cas pour Jésus. Qu’il ne nous arrive pas de professer un Dieu au cœur large et d’être une Église au cœur étroit – cela serait, je me permets de le dire, une malédiction -; de prêcher le salut pour tous et de rendre impraticable le chemin pour l’accueillir. Qu’il ne nous arrive pas de savoir que nous sommes appelés à porter l’annonce du Royaume et de négliger la Parole, en nous dispersant dans des activités ou des discussions secondaires. Apprenons de Jésus à mettre la Parole au centre, à élargir les frontières, à nous ouvrir aux gens, à créer des expériences de rencontre avec le Seigneur, en sachant que la Parole de Dieu «n’est pas cristallisée en formules abstraites et statiques, mais connaît une histoire dynamique faite de personnes et d’événements, de paroles et d’actions, de développements et de tensions».[1]
Venons-en maintenant au deuxième aspect: la Parole de Dieu, qui est adressée à tous, appelle à la conversion. Jésus, en effet, répète dans sa prédication: «Convertissez-vous, car le royaume des Cieux est tout proche» (Mt 4, 17). Cela signifie que la proximité de Dieu n’est pas neutre, sa présence ne laisse pas les choses comme elles sont, ne rend pas la vie paisible. Au contraire, sa Parole nous secoue, nous dérange, nous provoque au changement, à la conversion: elle nous met en crise parce qu’«elle est vivante, énergique et plus coupante qu’une épée à deux tranchants […] elle juge des intentions et des pensées du cœur» (He 4, 12). Et ainsi, comme une épée, la Parole pénètre dans la vie, nous faisant discerner les sentiments et les pensées du cœur, c’est-à-dire nous faisant voir quelle est la lumière du bien auquel donner de l’espace, et où s’épaississent les ténèbres des vices et des péchés à combattre. La Parole, lorsqu’elle entre en nous, transforme le cœur et l’esprit; elle nous change, nous conduit à orienter notre vie vers le Seigneur.
C’est l’invitation de Jésus: Dieu s’est fait proche de toi. Donc prends conscience de sa présence, fais place à sa Parole et tu changeras le regard sur ta vie. Je voudrais le dire aussi de cette manière: mets ta vie sous la Parole de Dieu. C’est la voie que nous indique l’Église: tous, même les Pasteurs de l’Église, soyons sous l’autorité de la Parole de Dieu. Pas soumis à nos goûts, à nos tendances ou à nos préférences, mais à l’unique Parole de Dieu qui nous façonne, nous convertit, nous demande d’être unis dans l’unique Église du Christ. Alors, frères et sœurs, nous pouvons nous demander: ma vie, où trouve-t-elle sa direction, d’où puise-t-elle son orientation? Des paroles diverses que j’entends, des idéologies ou de la Parole de Dieu qui me guide et me purifie? Et quels sont en moi les domaines qui exigent changement et conversion?
Enfin – troisième passage –, la Parole de Dieu, qui s’adresse à tous et appelle à la conversion, rend annonciateurs. Jésus, en effet, passe sur les rives du lac de Galilée et appelle Simon et André, deux frères qui étaient pêcheurs. Il les invite par sa Parole à le suivre, en leur disant qu’il les fera «pêcheurs d’hommes» (Mt 4, 19): non plus seulement experts en barques, filets et poissons, mais experts dans la recherche des autres. Et, de même que pour la navigation et la pêche ils avaient appris à quitter le rivage et à jeter les filets au large, de même ils deviendront des apôtres capables de naviguer sur la mer ouverte du monde, d’aller à la rencontre des frères et d’annoncer la joie de l’Évangile. C’est le dynamisme de la Parole: elle nous attire dans le “filet” de l’amour du Père et nous rend apôtres qui ressentent le désir irrépressible de faire monter sur la barque du Royaume ceux qu’ils rencontrent. Et cela ce n’est pas du prosélytisme, car c’est la Parole de Dieu qui appelle, pas notre parole.
Sentons alors aujourd’hui que l’invitation à être des pêcheurs d’hommes nous est aussi adressée: sentons-nous appelés par Jésus en personne à annoncer sa Parole, à en témoigner dans les situations de chaque jour, à la vivre dans la justice et dans la charité, appelés à “lui donner chair” en caressant la chair de celui qui souffre. C’est notre mission: devenir des chercheurs de ceux qui sont perdus, de ceux qui sont opprimés et découragés, pour leur apporter non pas nous-mêmes, mais la consolation de la Parole, l’annonce dérangeante de Dieu qui transforme la vie, pour leur apporter la joie de savoir qu’Il est Père et qu’Il s’adresse à chacun, apporter la beauté de dire: “Frère, sœur, Dieu s’est fait proche de toi, écoute-le et tu trouveras un don merveilleux dans sa Parole!”
Frères et sœurs, je voudrais conclure en invitant simplement à remercier ceux qui se dépensent pour que la Parole de Dieu soit remise au centre, partagée et annoncée. Merci à ceux qui l’étudient et en approfondissent la richesse; merci aux agents pastoraux et à tous ces chrétiens engagés dans l’écoute et dans la diffusion de la Parole, en particulier aux lecteurs et aux catéchistes: aujourd’hui je confère le ministère à certains d’entre eux. Merci à tous ceux qui ont accueilli les nombreuses invitations que j’ai faites à porter partout l’Évangile avec soi et à le lire chaque jour. Et enfin, un remerciement particulier aux diacres et aux prêtres: merci, chers frères, de ne pas faire manquer au Peuple saint de Dieu la nourriture de la Parole; merci parce que vous vous engagez à la méditer, à la vivre et à l’annoncer; merci pour votre service et vos sacrifices. Que la douce joie d’annoncer la Parole de salut soit une consolation et une récompense pour nous tous.
__________________________
[1] La Parole de Dieu dans la vie et la mission de l’Église. Instrumentum laboris pour la 12ème Assemblée générale ordinaire du Synode des Évêques, 2008, n. 10.
[00111-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Jesus leaves the quiet and hidden life of Nazareth and moves to Capernaum, a port city located along the Sea of Galilee, at the crossroads of different peoples and cultures. The urgency that impels him is the proclamation of the Word of God, which must be brought to everyone. Indeed, we see in the Gospel that the Lord invites all to conversion and calls the first disciples so that they may also spread the light of the Word to others (cf. Mt 4:12-23). Let us appreciate this dynamism, which will help us live out the Sunday of the Word of God: the Word is for everyone, the Word calls everyone to conversion, the Word makes us heralds.
The Word of God is for everyone. The Gospel presents us with Jesus always on the move, on his way to others. On no occasion in his public life does he give us the idea that he is a stationary teacher, a professor seated on a chair; on the contrary, we see him as an itinerant, we see him as a pilgrim, travelling through towns and villages, encountering faces and their stories. His feet are those of the messenger announcing the good news of God’s love (cf. Is 52:7-8). In Galilee of the Gentiles, on the sea route, beyond the Jordan, where Jesus preaches, there was – the text notes – a people plunged into darkness: foreigners, pagans, women and men from various regions and cultures (cf. Mt 4:15-16). Now they too can see the light. And so Jesus “enlarges the boundaries”: the Word of God, which heals and raises up, is not only destined for the righteous of Israel, but for all; he wants to reach those far away, he wants to heal the sick, he wants to save sinners, he wants to gather the lost sheep and lift up those whose hearts are weary and oppressed. In short, Jesus ‘reaches out’ to tell us that God’s mercy is for everyone. Let us not forget this: God’s mercy is for everyone, for each one of us. Each person can say, “God’s mercy is for me”.
This aspect is fundamental also for us. It reminds us that the Word is a gift addressed to everyone; therefore we can never restrict its field of action, for beyond all our calculations, it springs forth in a spontaneous, unforeseen and unpredictable way (cf. Mk 4:26-28), in the ways and times that the Holy Spirit knows. Moreover, if salvation is destined for all, even the most distant and lost, then the proclamation of the Word must become the main priority of the ecclesial community, as it was for Jesus. May it not happen that we profess a God with an expansive heart, yet become a Church with a closed heart – this, I dare say, would be a curse; may it not happen that we preach salvation for all, yet make the way to receive it impractical; may it not happen that we recognize we are called to proclaim the Kingdom, yet neglect the Word, losing ourselves in so many secondary activities or discussions. Let us learn from Jesus to put the Word at the centre, to enlarge our boundaries, to open ourselves up to people, and to foster experiences of encounter with the Lord, realizing that the Word of God “is not encased in abstract or static formulas, but has a dynamic power in history which is made up of persons and events, words and actions, developments and tensions”.[1]
Let us now come to the second aspect: the Word of God, which is addressed to all, calls everyone to conversion. In fact, Jesus repeats in his preaching: “Repent, for the kingdom of heaven is at hand” (Mt 4:17). This means that God’s nearness is not inconsequential, his presence does not leave things as they are, it does not advocate a quiet life. On the contrary, his Word shakes us, disturbs us, incites us to change, to conversion. It throws us into crisis because it “is living and active and sharper than any two-edged sword, piercing until it divides soul from spirit, joints from marrow; it is able to judge the thoughts and intentions of the heart” (Heb 4:12). Like a sword, the Word penetrates life, enabling us to discern the feelings and thoughts of the heart, that is, making us see where the light of goodness is to be afforded room and where, instead, the thick darkness of vices and sins is to be resisted. When it enters us, the Word transforms our hearts and minds; it changes us and leads us to direct our lives to the Lord.
Here is Jesus’ invitation: God has come close to you; recognize his presence, make room for his Word, and you will change your outlook on life. I can also put it like this: place your life under the Word of God. This is the path the Church shows us. All of us, even the pastors of the Church, are under the authority of the Word of God. Not under our own tastes, tendencies and preferences, but under the one Word of God that moulds us, converts us and calls us to be united in the one Church of Christ. So, brothers and sisters, we can ask ourselves: Where does my life find direction, from where does it draw its orientation? From the many “words” I hear, from ideologies, or from the Word of God that guides and purifies me? What are the aspects in me that require change and conversion?
Finally – the third step – the Word of God, which is addressed to everyone and calls us to conversion, makes us heralds. Indeed, Jesus walks along the shore of the Sea of Galilee and calls Simon and Andrew, two brothers who were fishermen. With his Word he invites them to follow him, telling them that he will make them “fishers of men” (Mt. 4,19): no longer just experts in boats, nets and fish, but experts in seeking others. And just as in sailing and fishing they had learned to leave the shore and cast their nets into the deep, in the same way they would become apostles capable of sailing upon the open seas of the world, of going out to meet their brothers and sisters and proclaiming the joy of the Gospel. This is the dynamism of the Word: it draws us into the “net” of the Father’s love and makes us apostles moved by an unquenchable desire to bring all those we encounter into the barque of the Kingdom. This is not proselytism because it is the Word of God that calls us, not our own word.
Today let us also hear the invitation to be fishers of men: let us feel that we are called by Jesus in person to proclaim his Word, to bear witness to it in everyday life, to live it in justice and charity, called to “give it flesh” by tenderly caring for those who suffer. This is our mission: to become seekers of the lost, oppressed and discouraged, not to bring them ourselves, but the consolation of the Word, the disruptive proclamation of God that transforms life, to bring the joy of knowing that He is our Father and addresses each one of us, to bring the beauty of saying, “Brother, sister, God has come close to you, listen and you will find in his Word an amazing gift!”
Brothers and sisters, I would like to conclude by simply thanking those who work to make sure that the Word of God is shared, proclaimed and put at the centre of our lives. Thank you to those who study and delve into the riches of the Word. Thank you to the pastoral workers and to all Christians engaged in the work of listening to and spreading the Word, especially lectors and catechists. Today I will confer these ministries on some of you. Thank you to those who have accepted the many invitations I have made to take the Gospel with them everywhere and to read it every day. And finally, I especially thank our deacons and priests. Thank you dear brothers, for you do not let God’s holy people be deprived of the nourishment of the Word. Thank you for committing yourselves to meditating on it, living it and proclaiming it. Thank you for your service and your sacrifices. May the sweet joy of proclaiming the Word of salvation be a consolation and reward for all of us.
___________________________
[1] The Word of God in the Life and Mission of the Church, Instrumentum laboris for the XII Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 2008, n. 10.
[00111-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Jesus verlässt das ruhige und verborgene Leben in Nazaret und zieht nach Kafarnaum, eine Stadt am See Gennesaret, einen Ort des Übergangs, einen Begegnungspunkt verschiedener Völker und Kulturen. Die Notwendigkeit, die ihn antreibt, ist die Verkündigung des Wortes Gottes, das alle erreichen soll. Tatsächlich sehen wir im Evangelium, dass der Herr alle zur Umkehr einlädt und die ersten Jünger beruft, damit auch sie das Licht des Wortes an andere weitergeben (vgl. Mt 4,12-23). Begreifen wir diese Dynamik, die uns hilft, den Sonntag des Wortes Gottes zu leben: Das Wort gilt allen, das Wort ruft zur Umkehr, das Wort macht uns zu Verkündigern.
Das Wort Gottes gilt allen. Das Evangelium zeigt uns Jesus immer in Bewegung, auf dem Weg zu den Anderen. Bei keiner Gelegenheit in seinem öffentlichen Leben vermittelt er uns den Eindruck, ein statischer Lehrmeister zu sein, ein Doktor auf einer Kathedra sitzend; im Gegenteil, wir sehen ihn als Wanderer, wir sehen ihn als Pilger, der durch Städte und Dörfer zieht, der Gesichtern und Geschichten begegnet. Seine Füße sind die des Boten, der die gute Nachricht von Gottes Liebe verkündet (vgl. Jes 52,7-8). Im heidnischen Galiläa, auf der Straße am Meer, jenseits des Jordans, wo Jesus predigt, gab es – so der Text – ein Volk, das im Dunkel versunken war: Fremde, Heiden, Frauen und Männer aus verschiedenen Regionen und Kulturen (vgl. Mt 4,15-16). Jetzt können auch sie das Licht sehen. Und so „weitet Jesus die Grenzen“: das Wort Gottes, das heilt und aufrichtet, ergeht nicht nur an die Gerechten Israels, sondern an alle; er will die Fernen erreichen, er will die Kranken heilen, er will die Sünder retten, er will die verlorenen Schafe sammeln und diejenigen aufrichten, deren Herzen müde und bedrückt sind. Kurz gesagt, Jesus „überschreitet Grenzen“, um uns zu sagen, dass Gottes Barmherzigkeit allen Menschen gilt. Vergessen wir das nicht: Gottes Barmherzigkeit gilt allen und einem jeden von uns. „Gott ist barmherzig zu mir“, das kann jeder sagen.
Dieser Aspekt ist auch für uns grundlegend. Er erinnert uns daran, dass das Wort ein Geschenk ist, das sich an alle Menschen richtet, und dass wir deshalb seinen Wirkungskreis niemals einschränken können, weil es jenseits all unserer Berechnungen auf plötzliche, unvorhergesehene und unvorhersehbare Weise aufkeimt (vgl. Mk 4,26-28), auf Wegen und zu Zeiten, die der Heilige Geist kennt. Und wenn das Heil für alle bestimmt ist, selbst für die Fernsten und ganz Verlorenen, dann muss die Verkündigung des Wortes zum vordringlichen Anliegen der kirchlichen Gemeinschaft werden, so wie es bei Jesus war. Es darf uns nicht passieren, dass wir einen Gott mit weitem Herzen bekennen und eine Kirche mit engem Herzen sind – dies wäre, erlaube ich mir zu sagen, ein Fluch; es darf uns nicht passieren, dass wir das Heil für alle predigen und den Weg, es zu empfangen, unzugänglich machen; es darf uns nicht passieren, dass wir uns berufen fühlen, das Reich Gottes zu verkünden, und dann das Wort vernachlässigen, indem wir uns in vielen Nebentätigkeiten oder vielen zweitrangigen Diskussionen verzetteln. Lernen wir von Jesus, das Wort in den Mittelpunkt zu stellen, unsere Grenzen zu weiten, uns für die Menschen zu öffnen und Erfahrungen der Begegnung mit dem Herrn zu machen, in dem Wissen, dass das Wort Gottes »nicht in abstrakten und statischen Formeln kristallisiert ist, sondern eine dynamische Geschichte hat, zu der […] Personen und Ereignisse, Worte und Taten, Entwicklungen und Spannungen gehören«.[1]
Kommen wir nun zum zweiten Aspekt: Das Wort Gottes, das an alle gerichtet ist, ruft zur Umkehr auf. Jesus sagt nämlich mehrmals in seiner Verkündigung: »Kehrt um! Denn das Himmelreich ist nahe« (Mt 4,17). Das bedeutet, dass Gottes Nähe nicht neutral ist, seine Gegenwart lässt die Dinge nicht so, wie sie sind, sie verteidigt nicht das ruhige Leben. Im Gegenteil, sein Wort erschüttert uns, stört uns, fordert uns zur Veränderung, zur Umkehr heraus: Es versetzt uns in eine Krise, »denn lebendig ist das Wort Gottes, wirksam und schärfer als jedes zweischneidige Schwert [...]; es richtet über die Regungen und Gedanken des Herzens« (Hebr 4,12). So ist es, wie ein Schwert durchdringt das Wort das Leben und lässt uns die Gefühle und Gedanken des Herzens erkennen, das heißt, es lässt uns das Licht des Guten erkennen, dem wir Raum geben sollen, aber auch, wo sich stattdessen die Schatten der Laster und Sünden verdichten, die bekämpft werden müssen. Das Wort verwandelt, wenn es in uns eindringt, unsere Herzen und unseren Verstand; es verändert uns und bringt uns dazu, unser Leben auf den Herrn auszurichten.
Das ist Jesu Einladung: Gott ist dir nahegekommen, werde dir also seiner Gegenwart bewusst, schaffe Platz für sein Wort und du wirst eine andere Sicht auf dein Leben bekommen. Ich möchte es auch so sagen: Stelle dein Leben unter das Wort Gottes. Das ist der Weg, den uns die Kirche weist: Wir alle, auch die Hirten der Kirche, stehen unter der Autorität des Wortes Gottes. Nicht unter unserem eigenen Geschmack, unseren Neigungen oder Vorlieben, sondern unter dem einen Wort Gottes, das uns formt, uns bekehrt und dazu einlädt, in der einen Kirche Christi vereint zu sein. Also, Brüder und Schwestern, können wir uns fragen: Was bestimmt die Richtung meines Lebens, woran orientiert es sich? An den vielen Worten, die ich höre, an den Ideologien, oder am Wort Gottes, das mich leitet und reinigt? Und welche Aspekte in mir erfordern Veränderung und Umkehr?
Schließlich – der dritte Abschnitt – macht uns das Wort Gottes, das sich an alle wendet und zur Umkehr aufruft, zu Verkündigern. Jesus geht am Ufer des Sees Gennesaret entlang und beruft Simon und Andreas, zwei Brüder, die Fischer waren. Er lädt sie mit seinem Wort ein, ihm zu folgen, und sagt ihnen, dass er sie zu »Menschenfischern« machen wird (Mt 4,19): nicht mehr nur zu Experten für Boote, Netze und Fische, sondern zu Experten in der Suche nach den Anderen. Und so wie sie beim Bootfahren und Fischen gelernt hatten, sich von der Küste zu entfernen und ihre Netze weit draußen auszuwerfen, so werden sie nun zu Aposteln, die fähig sind, auf das offene Meer der Welt hinauszufahren, um ihren Brüdern und Schwestern zu begegnen und die Freude des Evangeliums zu verkünden. Das ist die Dynamik des Wortes: Es zieht uns in das „Netz“ der Liebe des Vaters und macht uns zu Aposteln, die den unbändigen Wunsch verspüren, jeden, dem sie begegnen, in das Boot des Reiches Gottes zu holen. Und das ist kein Proselytismus, da es das Wort Gottes ist, das ruft, nicht unser Wort.
So wollen wir die Einladung, Menschenfischer zu sein, auch auf uns heute beziehen: fühlen wir uns von Jesus persönlich gerufen, sein Wort zu verkünden, es in den verschiedenen Alltagssituationen zu bezeugen, es in Gerechtigkeit und Frieden zu leben und es konkret werden zu lassen, indem wir uns liebevoll um jene kümmern, die leiden. Das ist unser Auftrag: uns auf die Suche zu machen nach den Verlorenen, den Bedrängten und Entmutigten und ihnen dabei nicht uns selbst zu bringen, sondern den Trost des Wortes, die aufrüttelnde Verkündigung Gottes, der das Leben verwandelt; ihnen die Freude zu bringen, die in dem Wissen besteht, dass er Vater ist und sich jedem einzelnen zuwendet, ihnen die Schönheit zu bringen, wenn wir sagen: „Bruder, Schwester, Gott ist dir nahegekommen, höre auf ihn und in seinem Wort wirst du ein wunderbares Geschenk finden!“
Brüder und Schwestern, zum Schluss möchte ich einfach dazu einladen, allen „Danke“ zu sagen, die sich dafür einsetzen, dass das Wort Gottes wieder in den Mittelpunkt gestellt, geteilt und verkündet wird. Danke an diejenigen, die es studieren und seinen Reichtum tiefer erschließen; danke an die pastoralen Mitarbeiter und an alle Christen, die sich dafür einsetzen, dass das Wort gehört und verbreitet wird, besonders an die Lektoren und Katecheten. Heute beauftrage ich einige von ihnen mit diesem Dienst. Danke an alle, die meine vielen Einladungen angenommen haben, das Evangelium überallhin mitzunehmen und es jeden Tag zu lesen. Und schließlich ergeht ein besonderer Dank an die Diakone und Priester: Danke, liebe Brüder, dass ihr es dem heiligen Volk Gottes nicht an der Nahrung des Wortes fehlen lasst; danke, dass ihr euch bemüht, es zu betrachten, es zu leben und zu verkünden; danke für euren Dienst und eure Opfer. Möge die süße Freude, das Wort des Heils zu verkünden, uns allen Trost und Belohnung sein.
____________________________
[1] Das Wort Gottes im Leben und in der Sendung der Kirche. Instrumentum laboris für die XII. Ordentliche Generalversammlung der Bischofssynode, 2008, 10.
[00111-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Jesús abandona la vida tranquila y oculta de Nazaret y se traslada a Cafarnaún, ciudad situada a orillas del mar de Galilea, lugar de paso, encrucijada de pueblos y culturas diferentes. La urgencia que lo impulsa es el anuncio de la Palabra de Dios, que debe ser llevada a todos. De hecho, vemos en el Evangelio que el Señor invita a todos a la conversión y llama a los primeros discípulos para que transmitan también a los demás la luz de la Palabra (cf. Mt 4,12-23). Captemos este dinamismo, que nos ayuda a vivir el Domingo de la Palabra de Dios: la Palabra es para todos, la Palabra llama a la conversión, la Palabra hace anunciadores.
La Palabra de Dios es para todos. El Evangelio nos presenta a Jesús siempre en movimiento, en camino hacia los demás. En ninguna ocasión de su vida pública nos da la idea de que sea un maestro estático, un doctor sentado en una cátedra; al contrario, lo vemos como itinerante, lo vemos peregrino, recorriendo pueblos y aldeas, encontrando rostros e historias. Sus pies son los del mensajero que anuncia la buena nueva del amor de Dios (cf. Is 52,7-8). En la Galilea de las naciones, en el camino del mar, más allá del Jordán, donde Jesús fue a predicar, se hallaba —señala el texto— un pueblo sumido en las tinieblas: extranjeros, paganos, mujeres y hombres de diversas regiones y culturas (cf. Mt 4,15-16). Ahora ellos también pueden ver la luz. Y así Jesús “ensancha las fronteras”: la Palabra de Dios, que sana y levanta, no está destinada sólo a los justos de Israel, sino a todos; quiere llegar a los lejanos, quiere sanar a los enfermos, quiere salvar a los pecadores, quiere reunir a las ovejas perdidas y levantar a los que tienen el corazón cansado y agobiado. Jesús, en definitiva, “va más allá” para decirnos que la misericordia de Dios es para todos. No nos olvidemos de esto: la misericordia de Dios es para todos y cada uno de nosotros. “La misericordia de Dios es para mí”, esto puede decírselo cada uno cada uno a sí mismo.
Este aspecto también es fundamental para nosotros. Nos recuerda que la Palabra es un don dirigido a cada uno y que, por tanto, nunca podemos restringirle el campo de acción, porque ella, más allá de todos nuestros cálculos, brota de manera espontánea, inesperada e imprevisible (cf. Mc 4,26-28), en los modos y tiempos que el Espíritu Santo conoce. Y si la salvación está destinada a todos, incluso a los más lejanos y perdidos, entonces el anuncio de la Palabra debe convertirse en la principal urgencia de la comunidad eclesial, como lo fue para Jesús. Que no nos suceda profesar la fe en un Dios de corazón ancho y ser una Iglesia de corazón estrecho ―me atrevo a decir que ésta sería una maldición―; predicar la salvación para todos y hacer impracticable el camino para recibirla; que no nos pase sabernos llamados a llevar el anuncio del Reino y descuidar la Palabra, distrayéndonos en tantas actividades secundarias, o tantas discusiones secundarias. Aprendamos de Jesús a poner la Palabra en el centro, a ensanchar nuestras fronteras, a abrirnos a las personas, a generar experiencias de encuentro con el Señor, sabiendo que la Palabra de Dios «no se cristaliza en fórmulas abstractas y estáticas, sino que conoce una historia dinámica hecha de personas y de acontecimientos, de palabras y de acciones, de progresos y tensiones»[1].
Pasemos ahora al segundo aspecto. La Palabra de Dios, que se dirige a todos, llama a la conversión. Jesús, en efecto, repite en su predicación: «Conviértanse, porque el Reino de los Cielos está cerca» (Mt 4,17). Esto significa que la cercanía de Dios no es neutra, su presencia no deja las cosas como están, no preserva la vida tranquila. Al contrario, su Palabra nos sacude, nos inquieta, nos apremia al cambio, a la conversión; nos pone en crisis porque «es viva y eficaz, y más cortante que cualquier espada de doble filo […] y discierne los pensamientos y las intenciones del corazón» (Hb 4,12). Y así, como una espada, la Palabra penetra en la vida, haciéndonos discernir los sentimientos y pensamientos del corazón, es decir, haciéndonos ver cuál es la luz del bien a la que hay que dar cabida y dónde en cambio se adensan las tinieblas de los vicios y pecados que hay que combatir. La Palabra, cuando entra en nosotros, transforma nuestro corazón y nuestra mente; nos cambia, nos lleva a orientar nuestra vida hacia el Señor.
Esta es la invitación de Jesús: Dios se ha hecho cercano a ti, así que toma conciencia de su presencia, hazle lugar a su Palabra y cambiarás la perspectiva de tu vida. Quisiera decirlo también de este modo: pon tu vida bajo la Palabra de Dios. Este es el camino que nos muestra la Iglesia; todos, incluso los pastores de la Iglesia, estamos bajo la autoridad de la Palabra de Dios. No bajo nuestros propios gustos, tendencias y preferencias, sino bajo la única Palabra de Dios que nos moldea, nos convierte y nos pide estar unidos en la única Iglesia de Cristo. Así pues, hermanos y hermanas, podemos preguntarnos: ¿dónde encuentra dirección mi vida, de dónde saca su orientación?, ¿de las muchas palabras que oigo, de las ideologías, o de la Palabra de Dios que me guía y purifica? Y, ¿cuáles son los aspectos en mí que requieren cambio y conversión?
Por último —el tercer pasaje—, la Palabra de Dios, que se dirige a todos y llama a la conversión, hace anunciadores. En efecto, Jesús pasó por la orilla del mar de Galilea y llamó a Simón y Andrés, dos hermanos que eran pescadores. Los invitó con su Palabra a seguirlo, diciéndoles que los haría «pescadores de hombres» (Mt 4,19). Ya no sólo expertos en barcas, redes y peces, sino expertos en buscar a los demás. Y así como para la navegación y la pesca habían aprendido a alejarse de la orilla y a echar las redes mar adentro, del mismo modo se convertirán en apóstoles capaces de navegar por el mar abierto del mundo, de salir al encuentro de sus hermanos y de proclamar la alegría del Evangelio. Este es el dinamismo de la Palabra: nos atrae hacia la “red” del amor del Padre y nos convierte en apóstoles que sienten el deseo irreprimible de hacer subir a la barca del Reino a todos los que encuentran. Y esto no es proselitismo, porque quien llama es la Palabra de Dios, no nuestra palabra.
Por eso, consideremos que también hoy a nosotros se dirige la invitación a ser pescadores de hombres; sintámonos llamados por Jesús mismo a anunciar su Palabra, a testimoniarla en las situaciones de cada día, a vivirla en la justicia y la caridad, llamados a “darle carne” acariciando la carne de los que sufren. Esta es nuestra misión: convertirnos en buscadores del que está perdido, de quien se siente oprimido y desanimado, no para llevarles a nosotros mismos, sino el consuelo de la Palabra, el anuncio impetuoso de Dios que transforma la vida, para llevar la alegría de saber que Él es Padre y se dirige a cada uno, llevar la belleza de decir: “¡Hermano, hermana, Dios se ha hecho cercano a ti, escúchalo y en su Palabra encontrarás un don maravilloso!”.
Hermano y hermana, quisiera concluir invitando simplemente a agradecer a quienes dedican sus esfuerzos para que la Palabra de Dios vuelva a estar en el centro, sea compartida y proclamada. Gracias a quienes la estudian y profundizan en su riqueza; gracias a los agentes pastorales y a todos los cristianos comprometidos en la escucha y difusión de la Palabra, especialmente a los lectores y catequistas: hoy confiero estos ministerios a algunos de ellos. Gracias a quienes han aceptado las numerosas invitaciones que he hecho para que lleven el Evangelio consigo a todas partes, para leerlo cada día. Y, por último, un agradecimiento especial a los diáconos y a los presbíteros: gracias, queridos hermanos, por no dejar que al Pueblo santo de Dios le falte el alimento de la Palabra; gracias por comprometerse a meditarla, vivirla y anunciarla; gracias por vuestro servicio y vuestros sacrificios. Que para todos nosotros sea consuelo y recompensa la dulce alegría de anunciar la Palabra de salvación.
__________________________
[1] La Palabra de Dios en la vida y en la misión de la Iglesia. Instrumentum laboris para la XII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 2008, 10.
[00111-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Jesus deixa a vida tranquila e incógnita de Nazaré, mudando para Cafarnaum, cidade situada junto do mar da Galileia, lugar de passagem, encruzilhada de povos e culturas diferentes. A instância que O impele é o anúncio da Palavra de Deus, que deve ser levada a todos. Vemos realmente no Evangelho que o Senhor a todos convida à conversão, e chama também os primeiros discípulos para transmitirem aos outros a luz da Palavra (cf. Mt 4, 12-23). Assumamos este dinamismo, que nos ajuda a viver o Domingo da Palavra de Deus: a Palavra é para todos, a Palavra chama à conversão, a Palavra torna-nos anunciadores.
Em primeiro lugar, a Palavra de Deus é para todos. O Evangelho apresenta-nos Jesus sempre em movimento, saindo ao encontro dos outros. Em nenhuma ocasião da sua vida pública, nos dá a ideia de ser um mestre estático, um professor sentado na sua cátedra; pelo contrário, vemo-Lo, itinerante e peregrino, a percorrer cidades e aldeias ao encontro de rostos e casos. Os seus pés são os do mensageiro que anuncia a boa-nova do amor de Deus (cf. Is 52, 7-8). Como observa o texto, lá onde Jesus prega, na Galileia dos gentios, ao longo da via do mar, na região de além do Jordão, jazia um povo mergulhado nas trevas: estrangeiros, pagãos, mulheres e homens de variadas regiões e culturas (cf. Mt 4, 15-16). E agora também eles podem ver a luz. Assim Jesus «amplia as fronteiras»: a Palavra de Deus, que sara e levanta, não se destina apenas aos justos de Israel, mas a todos; quer alcançar os que estão longe, curar os doentes, salvar os pecadores, reunir as ovelhas perdidas e encorajar a quantos têm o coração cansado e oprimido. Em suma, Jesus ultrapassa os confins para nos dizer que a misericórdia de Deus é para todos.
Este aspeto é fundamental também para nós. Recorda-nos que a Palavra é um dom dirigido a cada um e, por isso, não podemos jamais limitar o seu campo de ação, porque aquela, ultrapassando todos os nossos cálculos, germina de forma espontânea, imprevista e imprevisível (cf. Mc 4, 26-28), segundo modalidades e tempos que o Espírito conhece. E se a salvação é destinada a todos, incluindo os mais distantes e os extraviados, então o anúncio da Palavra deve tornar-se a principal urgência da comunidade eclesial, tal como o foi para Jesus. Não nos aconteça professar um Deus de coração largo e ser uma Igreja de coração estreito; pregar a salvação para todos e tornar intransitável o caminho para a acolher; saber que somos chamados a levar o anúncio do Reino e transcurar a Palavra, dispersando-nos em tantas atividades secundárias. Aprendamos com Jesus a colocar a Palavra no centro, a alargar as fronteiras, abrir-nos às pessoas, gerar experiências de encontro com o Senhor, sabendo que a Palavra de Deus «não está cristalizada em fórmulas abstratas e estáticas, mas tem uma história dinâmica, feita de pessoas e acontecimentos, de palavras e ações, de evoluções e tensões» (XII Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, Instrumentum laboris «A palavra de Deus na vida e na missão da Igreja», 2008, 10).
Passemos agora ao segundo aspeto: a Palavra de Deus, que se dirige a todos, chama à conversão. De facto, na sua pregação, Jesus repete: «Convertei-vos, porque está próximo o Reino do Céu» (Mt 4, 17). Isto significa que a proximidade de Deus não é neutral, a sua presença não deixa as coisas como estão, não defende o «não te rales». Pelo contrário, a sua Palavra mexe connosco, desinquieta-nos, incentiva-nos à mudança, à conversão: põe-nos em crise, porque «é viva, eficaz e mais afiada que uma espada de dois gumes (...) e discerne os sentimentos e intenções do coração» (Heb 4, 12). É verdade! À semelhança duma espada, a Palavra penetra na vida, fazendo-nos discernir sentimentos e intenções do coração, ou seja, fazendo-nos ver qual é a luz do bem a que havemos de dar espaço e onde, ao contrário, se adensam as trevas dos vícios e pecados que temos de combater. A Palavra, quando penetra em nós, transforma o coração e a mente; muda-nos, levando a orientar a vida para o Senhor.
Este é o convite de Jesus: Deus aproximou-Se de ti, por isso dá-te conta da sua presença, dá espaço à sua Palavra e mudarás a perspetiva da tua vida. Por outras palavras: coloca a tua vida sob a Palavra de Deus. Este é o caminho que nos apontou o Concílio: todos, mesmo os Pastores da Igreja, estamos sob a autoridade da Palavra de Deus; não sob os nossos gostos, as nossas tendências e preferências, mas unicamente sob a Palavra de Deus que nos molda, converte e pede para permanecermos unidos na única Igreja de Cristo. Então, irmãos e irmãs, podemos perguntar-nos: A minha vida, que direção toma; donde tira a orientação? Das numerosas palavras que escuto ou da Palavra de Deus que me guia e purifica? E em mim, quais são os aspetos que exigem mudança e conversão?
Finalmente – terceiro aspeto – a Palavra de Deus, que se dirige a todos e chama à conversão, torna-nos anunciadores. Com efeito, Jesus passa pelas margens do lago da Galileia e chama Simão e André, dois irmãos que eram pescadores. Convida-os, com a sua Palavra, a segui-Lo, dizendo que fará deles «pescadores de homens» (Mt 4, 19): já não peritos só em barcos, redes e peixes, mas peritos na busca dos outros. E como, na navegação e na pesca, aprenderam a deixar a margem para lançar as redes ao largo, de igual modo tornar-se-ão apóstolos capazes de navegar no mar aberto do mundo, indo ao encontro dos irmãos e anunciando-lhes a alegria do Evangelho. Este é o dinamismo da Palavra: atrai-nos para a «rede» do amor do Pai e torna-nos apóstolos que sentem o desejo irreprimível de fazer subir para a barca do Reino todos os que encontram.
Assim, sintamos dirigido também a nós o convite para ser pescadores de homens: sintamo-nos chamados por Jesus pessoalmente para anunciar a sua Palavra, testemunhá-la nas situações de cada dia, vivê-la na justiça e na caridade, «encarná-la» acarinhando a carne de quem sofre. Esta é a nossa missão: sair à procura de quem está perdido, de quem está oprimido e desanimado, para lhes levar, não nós mesmos, mas a consolação da Palavra, o anúncio desinquietador de Deus que transforma a vida, a alegria de saber que Ele é Pai e fala a cada um, a beleza de dizer: «Irmão, irmã, Deus aproximou-Se de ti, escuta-O e, na sua Palavra, encontrarás um dom estupendo!»
Irmãos, irmãs, quero concluir dizendo simplesmente «obrigado» a quem se esforça por que a Palavra de Deus volte a ser colocada no centro, partilhada e anunciada. Obrigado a quem a estuda e aprofunda a sua riqueza; obrigado aos agentes pastorais e a todos os cristãos empenhados na escuta e difusão da Palavra, especialmente os leitores e catequistas: hoje vou conferir o ministério a alguns deles. Obrigado a quantos acolheram os inúmeros convites que fiz para trazer sempre connosco o Evangelho e lê-lo todos os dias. E, por fim, um agradecimento particular aos diáconos e aos sacerdotes: Obrigado, queridos irmãos, porque não deixais faltar ao Povo santo de Deus o alimento da Palavra; obrigado por vos empenhardes a meditá-la, vivê-la e anunciá-la; obrigado pelo vosso serviço e os vossos sacrifícios. A todos, sirva de consolação e recompensa a doce alegria de anunciar a Palavra da salvação.
[00111-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Jezus opuszcza ciche i ukryte życie w Nazarecie i przenosi się do Kafarnaum, miasta położonego nad Jeziorem Galilejskim, miejsca popularnego, skrzyżowania różnych ludów i kultur. Pobudza go pilną potrzeba - głoszenie Słowa Bożego, które trzeba zanieść do wszystkich. Rzeczywiście, w Ewangelii widzimy, że Pan zachęca wszystkich do nawrócenia i powołuje pierwszych uczniów, aby i oni przekazywali innym światło Słowa (por. Mt 4, 12-23). Zrozummy ten dynamizm, który pomaga nam przeżywać niedzielę Słowa Bożego: Słowo jest dla wszystkich, Słowo wzywa do nawrócenia, Słowo czyni głosicielami.
Słowo Boże jest dla wszystkich. Ewangelia przedstawia nam Jezusa stale w ruchu, zmierzającego do innych. W żadnym momencie swojego życia publicznego nie daje nam do zrozumienia, że jest statycznym nauczycielem, doktorem zasiadającym na katedrze. Przeciwnie, widzimy go jako wędrowca, widzimy go jako pielgrzyma, przemierzającego miasta i wsie, spotykającego oblicza i historie. Jego stopy są stopami posłańca głoszącego dobrą nowinę o miłości Boga (por. Iz 52, 7-8). W Galilei pogan, na drodze ku morzu, za Jordanem, gdzie Jezus przepowiada, był, jak zauważa tekst, lud pogrążony w ciemnościach: cudzoziemcy, poganie, kobiety i mężczyźni różnych regionów i kultur (por. Mt 4,15-16). Teraz także i oni mogą zobaczyć światło. W ten sposób Jezus „poszerza granice”: Słowo Boże, które uzdrawia i podnosi, nie jest przeznaczone jedynie dla sprawiedliwych Izraela, lecz dla wszystkich; pragnie dotrzeć do dalekich, chce uzdrowić chorych, chce zbawić grzeszników, chce zgromadzić zagubione owce i podnieść tych, których serca są znużone i uciśnione. Jezus, krótko mówiąc, „przekracza granice”, by powiedzieć nam, że Boże miłosierdzie jest dla wszystkich. Nie zapominajmy o tym: Boże miłosierdzie jest dla wszystkich i dla każdego z nas. "Miłosierdzie Boże jest dla mnie", każdy może to powiedzieć.
Ten aspekt ma fundamentalne znaczenie również dla nas. Przypomina nam, że Słowo jest darem skierowanym do wszystkich i że dlatego nigdy nie możemy ograniczyć jego pola działania, ponieważ, poza wszelkimi naszymi kalkulacjami, wzrasta ono spontanicznie, w sposób nieprzewidziany i nie możliwy do przewidzenia (por. Mk 4, 26-28), na sposób i w czasie, który zna Duch Święty. A jeśli zbawienie jest przeznaczone dla wszystkich, nawet najbardziej oddalonych i zagubionych, to głoszenie Słowa musi stać się główną pilną sprawą wspólnoty Kościoła, tak jak nią było dla Jezusa. Niech nam się nie zdarza wyznawanie Boga o szerokim sercu, a bycie Kościołem o ciasnym sercu - to byłoby, ośmielę się powiedzieć, klątwą; niech nam się nie zdarzy głoszenie zbawienie dla wszystkich, a drogę, by je przyjąć czyniąc niemożliwą do przebycia; niech nam się nie zdarzy byśmy wiedzieli, iż jesteśmy powołani do głoszenia Królestwa, a zaniedbując Słowo, byśmy rozpraszali się w wielu działaniach drugorzędnych. Uczmy się od Jezusa stawiać Słowo w centrum, poszerzać granice, otwierać się na ludzi, rodzić doświadczenia spotkania z Panem, wiedząc, że Słowo Boże „nie ukonkretniło się w abstrakcyjnych i statycznych formułach, lecz ma dynamiczną historię, którą tworzą osoby i wydarzenia, słowa i czyny, postępy i napięcia”[1].
Przejdźmy teraz do drugiego aspektu: Słowo Boże, które jest skierowane do wszystkich, wzywa do nawrócenia. Jezus zresztą powtarza w swoim przepowiadaniu: „Nawracajcie się, albowiem bliskie jest królestwo niebieskie” (Mt 4,17). Oznacza to, że bliskość Boga nie jest neutralna, Jego obecność nie pozostawia rzeczy takimi, jakimi są, nie broni spokojnego życia. Przeciwnie, Jego Słowo wstrząsa nami, niepokoi nas, pobudza do zmiany, do nawrócenia: budzi niepokój, ponieważ „jest żywe, skuteczne i ostrzejsze niż wszelki miecz obosieczny [...] zdolne osądzić pragnienia i myśli serca” (Hbr 4, 12). I tak, jak miecz, Słowo przenika życie, sprawiając, że rozeznajemy uczucia i myśli serca, to znaczy, że widzimy, jakie jest światło dobroci, któremu trzeba dać miejsce, a gdzie są natomiast mroki wad i grzechów, z którymi należy walczyć. Słowo, wkraczając w nas przemienia nasze serca i umysły; zmienia nas, skłania do ukierunkowania naszego życia ku Panu.
Oto zaproszenie Jezusa: Bóg stał się tobie bliski, więc uświadom sobie Jego obecność, uczyń miejsce na Jego Słowo, a zmienisz spojrzenie na swoje życie. Chciałbym to powiedzieć także tak: podporządkuj swoje życie Słowu Bożemu. To jest droga, którą wskazał nam Kościół: wszyscy, także pasterze Kościoła jesteśmy pod władzą Słowa Bożego. Nie podporządkowani naszym własnym upodobaniom, skłonnościom i upodobaniom, ale jedynemu Słowu Bożemu, które nas kształtuje, nawraca i wymaga zjednoczenia w jednym Kościele Chrystusa. Możemy więc, bracia i siostry, zadać sobie pytanie: gdzie moje życie znajduje ukierunkowanie, skąd czerpie orientację? Czy z wielu słów, które słyszę, z ideologii, czy ze Słowa Bożego, które mnie prowadzi i oczyszcza? I które aspekty we mnie wymagają zmiany i nawrócenia?
Wreszcie - trzeci fragment - Słowo Boże, które jest skierowane do wszystkich i wzywa do nawrócenia, stwarza głosicieli. Jezus przechodzi bowiem nad brzegiem Jeziora Galilejskiego i powołuje Szymona i Andrzeja, dwóch braci, którzy byli rybakami. Zaprasza ich swoim Słowem, aby poszli za Nim, mówiąc im, że uczyni ich „rybakami ludzi” (Mt 4, 19). Już nie tylko specjalistami od łodzi, sieci i ryb, ale specjalistami od poszukiwania innych. I tak jak w żeglarstwie i rybołówstwie nauczyli się opuszczać brzeg i zarzucać sieci w morze, tak samo staną się apostołami zdolnymi do żeglowania po otwartym morzu świata, do wychodzenia na spotkanie braci i sióstr i głoszenia radości Ewangelii. Na tym polega dynamizm Słowa: wciąga nas w „sieć” miłości Ojca i czyni nas apostołami, którzy odczuwają nieposkromione pragnienie, by wszystkich, których spotykają, wciągnąć do łodzi Królestwa. I to nie jest prozelityzm, bo powołującym jest Słowo Boże, a nie nasze słowo.
Zatem i my dzisiaj usłyszmy zaproszenie, abyśmy byli rybakami ludzi: poczujmy się powołani przez samego Jezusa do głoszenia Jego Słowa, do dawania o Nim świadectwa w sytuacjach dnia powszedniego, do życia nim w sprawiedliwości i miłości, powołani do „ucieleśniania go” poprzez okazywanie czułości ciałom cierpiących. To jest nasza misja: stać się poszukiwaczami tych, którzy się zagubili, którzy są uciskani i zniechęceni, aby im nieść nie siebie samych, lecz pocieszenie Słowa, przełomowe głoszenie Boga, które przemienia życie, by nieść radość będąc świadomym, że On jest Ojcem i zwraca się do każdego, nieść piękno mówienia: „Bracie, siostro, Bóg stał się bliskim wobec ciebie, posłuchaj Go, a w Jego Słowie znajdziesz wspaniały dar!”.
Bracia, siostry, chciałbym zakończyć zapraszając po prostu by podziękować tym, którzy pracują nad tym, aby Słowo Boże znów znalazło się w centrum, było dzielone z innymi i głoszone. Dziękuję tym, którzy je studiują i pogłębiają jego bogactwo. Dziękuję duszpasterzom i wszystkim chrześcijanom zaangażowanym w słuchanie i rozpowszechnianie Słowa, zwłaszcza lektorom i katechetom. Dziś powierzam posługę niektórym z nich. Dziękuję tym, którzy przyjęli liczne moje zaproszenia do zabierania ze sobą wszędzie Ewangelii i do codziennego jej czytania. I wreszcie szczególne podziękowanie kieruję do diakonów i kapłanów: dziękuję wam, drodzy bracia, za to, że nie pozwalacie, aby świętemu ludowi Bożemu brakowało pokarmu Słowa. Dziękuję, że podejmujecie jego rozważanie, przeżywanie i głoszenie. Dziękuję za waszą posługę i za wasze poświęcenie. Niech dla nas wszystkich słodka radość głoszenia Słowa zbawienia będzie pociechą i nagrodą.
____________________________
[1] Słowo Boże w życiu i misji Kościoła, Instrumentum laboris na XII Zwyczajne Zgromadzenie Ogólne Synodu Biskupów, 2008, 10.
[00111-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
عظة قداسة البابا فرنسيس
في القدّاس الإلهيّ
في مناسبة أحد كلمة الله
22 كانون الثاني/يناير 2023
بازيليكا القدّيس بطرس
ترك يسوع حياة النّاصرة الهّادئة والخفية وانتقل إلى كفرناحوم، مدينة تقع على شاطئ بحر الجليل، وهي مكان عبور، ومفترق طرق لشعوب وثقافات مختلفة. الحاجة الملحّة التي دفعته هي إعلان كلمة الله، التي يجب أن تبلغ الجميع. في الواقع، نرى في الإنجيل أنّ الرّبّ يسوع دعا الجميع إلى التوّبة، ودعا التّلاميذ الأوائل لكي ينقلوا هم أيضًا نور الكلمة إلى الآخرين (راجع متّى 4، 12-23). لنَسِرْ مع هذه الديناميّة، التي تساعدنا لعيش أحد كلمة الله: الكلمة للجميع، والكلمة تدعو إلى التّوبة، والكلمة تجعلنا مبُشِّرين.
كلمة الله للجميع. الإنجيل يقدّم لنا يسوع في حركة دائمة، يسير نحو الآخرين. لم يظهر لنا في أيّ مناسبة في حياته العلنيّة أنّه معلّمٌ ثابت في مكانه، معلّمٌ جالسٌ على كرسيه. بل العكس، نراه متجوِّلًا ونراه حاجًّا، يطوف المدن والقرى، ويلتقي الوجوه والقصص. قدَماه قدَمَا الرّسول الذي يبشّر بخبر محبّة الله السّارّ (راجع أشعيا 52، 7-8). في جليل الأمَم، على طريق البحر، عبر نهر الأردن، حيث كان يسوع يعظ، كان هناك - كما يشير النّص - شعبٌ كبير مغمور في الظّلمة: غرباء ووثنيّون ونساء ورجال من مناطق وثقافات مختلفة (راجع متّى 4، 15-16). الآن يمكنهم هم أيضًا أن يرَوا النّور. وهكذا يسوع ”وسّع الحدود“: كلمة الله، التي تشفي وتقيم من العثرات، ليست موجّهة فقط إلى الأبرار في إسرائيل، بل إلى الجميع. يريد أن تصل كلمة الله إلى البعيدين، ويريد أن يشفي المرضى، ويريد أن يخلّص الخطأة، ويريد أن يجمع الخراف الضّالة، وأن يريح كلّ القلوب المتعبة والمظلومة. باختصار، ”أزال يسوع الحدود“ ليقول لنا إنّ رحمة الله للجميع. لا ننسَ هذا: رحمة الله للجميع ولكلّ واحدٍ منّا. ”رحمة الله لِي“، وكلُّ واحدٍ يمكنه أن يقول ذلك.
هذا الجانب أساسيّ لنا أيضًا. يذكّرنا بأنّ الكلمة عطيّة موجّهة إلى كلّ واحد منّا، وبالتالي لا يمكننا أبدًا تقييد مجال عملها لأنّها، بخلاف كلّ حساباتنا، تنبت تلقائيًا وبصورة مفاجئة وغير متوقّعة (راجع مرقس 4، 26-28)، في الطّرق والأوقات التي يعرفها الرّوح القدس. وإن كان الخلاص موجَّهًا للجميع، حتّى للبعيدين والضّائعين، فإنّ إعلان الكلمة يجب أن يصير من المتطلّبات الملحَّة الرّئيسيّة للجماعة الكنسيّة، كما كان الحال بالنسبة ليسوع. لا يحدُثْ لنا أن نعترف بإله قلبه كبير، ويكون قلب الكنيسة ضيّقًا – أسمح لنفسي بأن أقول إنّ هذا تجديف -؛ أن نبشّر بالخلاص للجميع ونجعل الطّريق لقبوله وعرًا ولا يمكن الوصول إليه، وأن نعرِف أنّنا مدعوّون إلى أن نعلن الملكوت، ونهمل الكلمة، ونشتِّت قوانا في الأنشطة الثانوية الكثيرة أو في النّقاشات الثّانويّة الكثيرة. لنتعلَّمْ من يسوع أن نضع الكلمة في المركز، وأن نوسّع الحدود، ونفتح أنفسنا على الناس، ونخلق خبرات لقاء مع الرّبّ يسوع، ونحن نعلم أنّ كلمة الله "غير مبلورة ومحصورة في صيغ تجريديّة وثابتة، بل هي تاريخ مندفع يصنعه أشخاص وأحداث وأقوال وأفعال وتطوّرات وتوترات"[1].
لننتقل الآن إلى الجانب الثاني: كلمة الله، الموجّهة إلى الجميع، تدعو إلى التّوبة. في الواقع، كرّر يسوع في كرازته: "تُوبوا، قدِ ٱقتَرَبَ مَلكوتُ السَّمَوات" (متّى 4، 17). هذا يعني أنَّ قُربَ الله ليس أمرًا حياديًّا، وحضوره لا يترك الأشياء كما هي، ولا يدافع عن الحياة الهادئة. بل العكس، كلمته تهزّنا، وتزعجنا، وتحثّنا على التّغيير وعلى التّوبة: كلام الله يضعنا في أزمة لأنّه كلامٌ "حَيٌّ ناجِع، أَمْضى مِن كُلِّ سَيفٍ ذي حَدَّين [...] وبِوُسْعِه أَن يَحكُمَ على خَواطِرِ القَلْبِ وأَفكارِه" (عبرانيين 4، 12). وهكذا، مثل السّيف، الكلمة تخترق الحياة، وتجعلنا نحكم على خواطر القلب وأفكاره، أي تجعلنا نرى ما هو نور الخير فنجعل له مكانًا، وأين نرى بدلًا من ذلك ظلمة الرّذائل والخطايا التي يجب مقاومتها. الكلمة، عندما تدخل فينا، تبدّل قلبنا وعقلنا. إنّها تغيّرنا وتقودنا إلى أن نوجّه حياتنا نحو الرّبّ يسوع.
هذه هي دعوة يسوع: اقترب الله منك، لهذا تنبّه لحضوره، واجعَلْ مكانًا لكلمته وستغيّر نظرتك إلى حياتك. أودّ أيضًا أن أقول ذلك على هذا النحو: ضع حياتك تحت كلمة الله. هذا هو الطّريق الذي تبيّنه لنا الكنيسة: جميعنا، حتّى رعاة الكنيسة، نخضع لسلطة كلمة الله، لا لأذواقنا وميولنا وأولوياتنا، بل نخضع لكلمة الله الواحدة التي تكوّننا وتهدينا وتطلب منّا أن نكون موحّدين في كنيسة المسيح الواحدة. لهذا، أيّها الإخوة والأخوات، يمكن أن نسأل أنفسنا: ما الذي يُوجِّه حياتي، ومن أين آخذ توجيهاتي؟ من الكلام الكثير الذي أسمعه، ومن الإيديولوجيّات، أم من كلام الله الذي يرشدني ويطهرني؟ وما هي الجوانب التي تتطلّب التّغيير والتّوبة في داخلي؟
أخيرًا - القسم الثالث - كلمة الله، التي تتوجّه إلى الجميع وتدعو إلى التّوبة، تجعلنا مُبشِّرين. في الواقع، مَرَّ يسوع على ضفاف بحر الجليل، ودعا سمعان وأندراوس، أخوَيْن كانا صيَّادَين. بكلمته دعاهما إلى أن يتبعاه، وقال لهما إنّه سيجعلهما "صَيَّادَيْ بَشر" (متّى 4، 19): لن يكونا بعد الآن خبراء فقط في القوارب والشّباك والأسماك، بل خبراء في البحث عن الآخرين. وكما تعلَّما في البحر وفي صيد السّمك، أن يغادرا الشّاطئ وأن يلقيا الشّباك في عرض البحر، كذلك، سيصبحان رسُلًا قادرين على الإبحار في بحر العالم المفتوح، وعلى الذهاب للقاء إخوتهم وإعلان فرح الإنجيل. هذه هي ديناميّة الكلمة: فهي تجذبنا إلى ”شبكة“ حبّ الآب، وتجعلنا رسلًا نشعر برغبة جامحة لنأخذ معنا في قارب الملكوت، كلّ الذين نلتقي بهم. وهذا ليس بحثًا عن أتباعٍ لنا، لأنّ كلمة الله هي التي تدعو، وليس كلمتنا.
لذلك لنسمع اليوم أيضًا الدعوة الموجّهة إلينا لنكون صيّادي بشر: لنعلَمْ أنّ يسوع نفسه يدعونا إلى أن نعلن كلمته، ونشهد لها في المواقف اليوميّة، ونعيشها في العدل والمحبّة، و”نجعلها ظاهرة ملموسة“ بالعناية بجسد المتألّمين. هذه هي رسالتنا: أن نصير باحثين عن الضّالين، وعن المضطهدين والمُحبطين، لنقدّم لهم لا أنفسنا، بل تعزيَة الكلمة، وإعلانَ الله المدوّي الذي يبدّل الحياة، وَلْنَحمِل فرحَ المعرفة أنّه أبٌ يتوجّه إلى كلّ واحد منّا، وجمالَ القول: ”أخي، أختي، صار الله قريبًا منك، أصغِ إليه وستجد في كلمته عطيّة مدهشة!“.
أيّها الإخوة والأخوات، أودّ أن أختتم وأدعو ببساطة إلى أن نَشْكُرَ الذين يجتهدون لكي تكون كلمة الله هي المركز، ويشاركونها مع الآخرين ويعلنونها. شكرًا للذين يدرسونها ويعمقوا غناها. شكرًا للعاملين الرّعويّين وجميع المسيحيّين الملتزمين بالإصغاء إلى الكلمة ونشرها، وخاصّة القرّاء ومعلّمي التّعليم المسيحي: اليوم أمنح رسامة هذه الرّتبة للبعض منهم. شكرًا لجميع الذين قبلوا النداءات العديدة التي وجّهتها لكي يحملوا الإنجيل معهم في كلّ مكان وليقرأوه كلّ يوم. وأخيرًا، شكر خاص للشمامسة والكهنة: شكرًا أيّها الإخوة الأعزّاء، لأنّكم لا تكفُّون عن أن تعطوا الشّعب المقدّس غذاء الكلمة. شكرًا لأنّكم تلتزمون بها وتتأمّلون فيها، وتعيشونها وتبشّرون بها. شكرًا على خدمتكم وتضحيّاتكم. ليكن فرح إعلان كلمة الخلاص تعزيةً ومكافأةً لنا جميعًا.
[00111-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0061-XX.02]
[1] كلمة الله في حياة الكنيسة ورسالتها. أداة العمل للجمعية العامّة العاديّة الثانية عشرة لسينودس الأساقفة، 2008، 10.