Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore, 06.01.2023


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10 di questa mattina, Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Francesco ha presiedutoe la Santa Messa nella Basilica di San Pietro.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Come una stella che sorge (cfr Nm 24,17), Gesù viene a illuminare tutti i popoli e a rischiarare le notti dell’umanità. Con i Magi, alzando lo sguardo al cielo, anche noi oggi ci domandiamo: «Dov’è colui che è nato?» (Mt 2,2). Qual è, cioè, il luogo in cui possiamo trovare e incontrare il nostro Signore?

Dall’esperienza dei Magi, comprendiamo che il primo “luogo” in cui Egli ama essere cercato è l’inquietudine delle domande. L’affascinante avventura di questi sapienti d’Oriente ci insegna che la fede non nasce dai nostri meriti o da ragionamenti teorici, ma è dono di Dio. La sua grazia ci aiuta a destarci dall’apatia e a fare spazio alle domande importanti della vita, domande che ci fanno uscire dalla presunzione di essere a posto e ci aprono a ciò che ci supera. Nei Magi all’inizio c’è questo: l’inquietudine di chi si interroga. Abitati da una struggente nostalgia di infinito, essi scrutano il cielo e si lasciano stupire dal fulgore di una stella, rappresentando così la tensione al trascendente che anima il cammino delle civiltà e l’incessante ricerca del nostro cuore. Quella stella, infatti, lascia nel loro cuore proprio una domanda: Dov’è colui che è nato?

Fratelli e sorelle, il cammino della fede inizia quando, con la grazia di Dio, facciamo spazio all’inquietudine che ci tiene desti; quando ci lasciamo interrogare, quando non ci accontentiamo della tranquillità delle nostre abitudini, ma ci mettiamo in gioco nelle sfide di ogni giorno; quando smettiamo di conservarci in uno spazio neutrale e decidiamo di abitare gli spazi scomodi della vita, fatti di relazioni con gli altri, di sorprese, di imprevisti, di progetti da portare avanti, di sogni da realizzare, di paure da affrontare, di sofferenze che scavano nella carne. In questi momenti si levano dal nostro cuore quelle domande insopprimibili, che ci aprono alla ricerca di Dio: dov’è per me la felicità? Dov’è la vita piena a cui aspiro? Dov’è quell’amore che non passa, che non tramonta, che non si spezza neanche dinanzi alle fragilità, ai fallimenti e ai tradimenti? Quali sono le opportunità nascoste dentro le mie crisi e le mie sofferenze?

Ma succede che ogni giorno il clima che respiriamo offre dei “tranquillanti dell’anima”, dei surrogati per sedare, per sedare la nostra inquietudine e spegnere queste domande: dai prodotti del consumismo alle seduzioni del piacere, dai dibattiti spettacolarizzati fino all’idolatria del benessere; tutto sembra dirci: non pensare troppo, lascia fare, goditi la vita! Spesso cerchiamo di sistemare il cuore nella cassaforte della comodità – sistemare il cuore nella cassaforte della comodità –, ma se i Magi avessero fatto così non avrebbero mai incontrato il Signore. Sedare il cuore, sedare l’anima affinché non ci sia più l’inquietudine: questo è il pericolo. Dio, invece, abita le nostre domande inquiete; in esse noi «lo cerchiamo così come la notte cerca l’aurora… Egli è nel silenzio che ci turba davanti alla morte e alla fine di ogni grandezza umana; Egli è nel bisogno di giustizia e di amore che ci portiamo dentro; Egli è il Mistero santo che viene incontro alla nostalgia del Totalmente Altro, nostalgia di perfetta e consumata giustizia, di riconciliazione, di pace» (C.M. Martini, Incontro al Signore Risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo 2012, 66). Questo, dunque, è il primo luogo: l’inquietudine delle domande. Non avere paura di entrare in questa inquietudine delle domande: sono proprio le strade che ci portano a Gesù.

Il secondo luogo in cui possiamo incontrare il Signore è il rischio del cammino. Gli interrogativi, anche quelli spirituali, possono infatti indurre frustrazioni e desolazioni se non ci mettono in cammino, se non indirizzano il nostro movimento interiore verso il volto di Dio e la bellezza della sua Parola. Il peregrinare dei Magi, «il loro pellegrinaggio esteriore – ha detto Benedetto XVI – era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore» (Omelia per l’Epifania, 6 gennaio 2013). I Magi, infatti, non si fermano a guardare il cielo e a contemplare la luce della stella, ma si avventurano in un viaggio rischioso che non prevede in anticipo strade sicure e mappe definite. Vogliono scoprire chi è il Re dei Giudei, dov’è nato, dove possono trovarlo. Per questo chiedono a Erode, il quale a sua volta convoca i capi del popolo e gli scribi che interrogano le Scritture. I Magi sono in cammino: la maggior parte dei verbi che descrivono le loro azioni sono verbi di movimento.

Così è anche per la nostra fede: senza un cammino continuo e un dialogo costante con il Signore, senza ascolto della Parola, senza perseveranza, non può crescere. Non basta qualche idea su Dio e qualche preghiera che acquieta la coscienza; occorre farsi discepoli alla sequela di Gesù e del suo Vangelo, parlare con Lui di tutto nella preghiera, cercarlo nelle situazioni quotidiane e nel volto dei fratelli. Da Abramo che si mise in viaggio per una terra ignota fino ai Magi che si muovono dietro la stella, la fede è un cammino, la fede è un pellegrinaggio, la fede è una storia di partenze e di ripartenze. Non lo dimentichiamo mai: la fede è un cammino, un pellegrinaggio, una storia di partenze e ripartenze. Ricordiamoci questo: la fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli. Chiediamoci oggi: sto camminando verso il Signore della vita, perché diventi il Signore della mia vita? Gesù, chi sei per me? Dove mi chiami ad andare, cosa chiedi alla mia vita? Quali scelte mi inviti a fare per gli altri?

Infine, dopo l’inquietudine delle domande e il rischio del cammino, il terzo luogo in cui incontrare il Signore è lo stupore dell’adorazione. Al termine di un lungo percorso e di una faticosa ricerca, i Magi entrarono nella casa, «videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (v. 11). Questo è il punto decisivo: le nostre inquietudini, le nostre domande, i cammini spirituali e le pratiche della fede devono convergere nell’adorazione del Signore. Lì trovano il loro centro sorgivo perché tutto nasce da lì, perché è il Signore che suscita in noi il sentire, l’agire e l’operare. Tutto nasce e tutto culmina lì, perché il fine di ogni cosa non è raggiungere un traguardo personale e ricevere gloria per sé stessi, ma incontrare Dio e lasciarsi abbracciare dal suo amore, che dà fondamento alla nostra speranza, che ci libera dal male, che ci apre all’amore verso gli altri, che ci rende persone capaci di costruire un mondo più giusto e più fraterno. A nulla serve attivarci pastoralmente se non mettiamo Gesù al centro, adorandolo. Lo stupore dell’adorazione. Lì impariamo a stare davanti a Dio non tanto per chiedere o fare qualcosa, ma solo per sostare in silenzio e abbandonarci al suo amore, per lasciarci afferrare e rigenerare dalla sua misericordia. E noi preghiamo tante volte, chiediamo cose, riflettiamo… ma, di solito, ci manca la preghiera di adorazione. Abbiamo perso il senso di adorare, perché abbiamo perso l’inquietudine delle domande e abbiamo perso il coraggio di andare avanti nei rischi del cammino. Oggi il Signore ci invita a fare come i Magi: come i Magi, prostriamoci, arrendiamoci a Dio nello stupore dell’adorazione. Adoriamo Dio e non il nostro io; adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere, con il fascino delle false notizie; adoriamo Dio per non inchinarci davanti alle cose che passano e alle logiche seducenti ma vuote del male.

Fratelli, sorelle, apriamo il cuore all’inquietudine, chiediamo il coraggio per andare avanti nel cammino e finiamo nell’adorazione! Non abbiamo paura, è il percorso dei Magi, è il percorso di tutti i santi della storia: ricevere le inquietudini, mettersi in cammino e adorare. Fratelli e sorelle, non lasciamo che si spenga in noi l’inquietudine delle domande; non arrestiamo il nostro cammino cedendo all’apatia o alla comodità; e, incontrando il Signore, arrendiamoci allo stupore dell’adorazione. Allora scopriremo che una luce illumina anche le notti più scure: è Gesù, è la stella radiosa del mattino, il sole di giustizia, il fulgore misericordioso di Dio, che ama ogni uomo e ogni popolo della terra.

[00022-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Comme une étoile qui se lève (cf. Nb 24, 17), Jésus vient éclairer tous les peuples et illuminer les nuits de l’humanité. Avec les Mages, levant les yeux au ciel, nous nous demandons nous aussi aujourd’hui : « Où est le roi des Juifs qui vient de naître ? » (Mt 2, 2). Où se trouve donc le lieu où nous pouvons trouver et rencontrer notre Seigneur ?

À partir de l’expérience des Mages, nous comprenons que le premier “lieu” où Il aime être cherché est l’inquiétude du questionnement. L’aventure fascinante de ces sages venus d’Orient nous enseigne que la foi ne naît pas de nos mérites ni de raisonnements théoriques, mais elle est un don de Dieu. Sa grâce nous aide à nous réveiller de l’apathie et à faire place aux questions importantes de la vie, des questions qui nous font sortir de la présomption d’être comme il faut et qui nous ouvrent à ce qui nous dépasse. Chez les Mages, au début, il y a ceci : l’inquiétude de celui qui s’interroge. Habités par une nostalgie poignante d’infini, ils scrutent le ciel et se laissent émerveiller par l’éclat d’une étoile qui représente la tension vers le transcendant qui anime le voyage des civilisations et la recherche incessante de notre cœur. Cette étoile, en effet, laisse dans leur cœur précisément une question : Où est celui qui qui vient de naître ?

Frères et sœurs, le chemin de la foi commence lorsque, avec la grâce de Dieu, nous faisons place à l’inquiétude qui nous tient éveillés ; lorsque nous nous laissons interroger, lorsque nous ne nous contentons pas de la tranquillité de nos habitudes, mais que nous nous mettons en cause dans les défis de chaque jour ; lorsque nous cessons de rester dans un espace neutre et décidons d’habiter les espaces inconfortables de la vie, faits de relations avec les autres, de surprises, d’imprévus, de projets à accomplir, de rêves à réaliser, de peurs à affronter, de souffrances qui creusent notre chair. Dans ces moments, montent de nos cœurs ces questions irrépressibles qui nous ouvrent à la recherche de Dieu : où est le bonheur pour moi ? Où est la pleine vie à laquelle j’aspire ? Où est cet amour qui ne passe pas, qui ne faiblit pas, qui ne se brise pas, même devant la fragilité, les échecs et les trahisons ? Quelles sont les opportunités qui se cachent dans mes crises et mes souffrances ?

Mais il arrive que chaque jour, le climat que nous respirons nous offre des “tranquillisants de l'âme”, des substituts pour calmer, pour calmer nos inquiétudes et éteindre ces questions ; des produits de consommation aux séductions du plaisir, des débats spectaculaires à l’idolâtrie du bien-être ; tout semble nous dire : ne pense pas trop, laisse faire, profite de la vie ! Nous essayons souvent de mettre notre cœur dans le coffre-fort du confort – mettre notre cœur dans le coffre-fort du confort –, mais si les Mages avaient fait ainsi, ils n’auraient jamais rencontré le Seigneur. Calmer le cœur, calmer l’âme afin qu’il n’y ait plus d’inquiétude : c’est le danger. Dieu, en revanche, habite nos questions inquiètes ; en elles, nous « le cherchons comme la nuit cherche l’aurore... Il est dans le silence qui nous trouble devant la mort et la fin de toute grandeur humaine ; il est dans la soif de justice et d’amour que nous portons en nous ; il est le saint Mystère qui vient à la rencontre de la nostalgie du Tout Autre, nostalgie de la justice parfaite et consommée, de réconciliation et de paix » (C.M. Martini, Incontro al Signore Risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo 2012, 66). Voici donc le premier lieu : l’inquiétude du questionnement. N’aie pas peur d’entrer dans cette inquiétude des questions : ce sont précisément les chemins qui nous conduisent à Jésus.

Le deuxième lieu où nous pouvons rencontrer le Seigneur est le risque du cheminement. Les questions, y compris spirituelles, peuvent en effet induire frustrations et désolations si elles ne nous mettent pas en marche, si elles n’orientent pas notre mouvement intérieur vers le visage de Dieu et la beauté de sa Parole. Le pèlerinage des Mages, « Leur pèlerinage extérieur- a dit Benoît XVI - était une expression de leur cheminement intérieur, du pèlerinage intérieur de leur cœur » (Homélie pour l’Épiphanie, 6 janvier 2013). En effet, les Mages ne s’arrêtent pas pour regarder le ciel et contempler la lumière de l’étoile, mais ils s’aventurent dans un voyage risqué qui ne prévoit pas à l’avance de routes sûres ni de cartes définies. Ils veulent savoir qui est le Roi des Juifs, où il est né, où ils peuvent le trouver. Pour cela, ils demandent à Hérode qui, à son tour, convoque les chefs du peuple et les scribes qui interrogent les Écritures. Les Mages sont en marche : la plupart des verbes décrivant leurs actions sont des verbes de mouvement.

Il en va de même pour notre foi : sans un cheminement continu et un dialogue constant avec le Seigneur, sans l’écoute de la Parole, sans la persévérance, elle ne peut croître. Il ne suffit pas de quelques idées sur Dieu et de quelques prières qui apaisent la conscience ; il faut se faire disciples à la suite de Jésus et de son Évangile, Lui parler de tout dans la prière, le chercher dans les situations quotidiennes et dans le visage des frères. Depuis Abraham qui se met en route vers une terre inconnue jusqu’aux Mages qui se déplacent derrière l’étoile, la foi est une marche, la foi est un pèlerinage, la foi est une histoire de départs et de nouveaux départs. Nous ne l’oublions jamais : la foi est un chemin, un pèlerinage, une histoire de départs et de nouveaux départs. Rappelons-nous ceci : la foi ne croît pas si elle reste statique ; nous ne pouvons pas l’enfermer dans une dévotion personnelle ni la confiner entre les murs des églises, mais il faut la porter dehors, la vivre dans un cheminement constant vers Dieu et vers les frères. Demandons-nous aujourd’hui : suis-je en train de marcher vers le Seigneur de la vie, pour qu’Il devienne le Seigneur de ma vie ? Jésus, qui es-Tu pour moi ? Où m’appelles-Tu à aller, que demandes-Tu à ma vie ? Quels choix m’invites-Tu à faire pour les autres ?

Enfin, après l’inquiétude du questionnement et le risque du cheminement, le troisième lieu où rencontrer le Seigneur est l’émerveillement de l’adoration. Au terme d’un long parcours et d’une recherche laborieuse, les Mages entrèrent dans la maison, « ils virent l’enfant avec Marie sa mère ; et, tombant à ses pieds, ils se prosternèrent devant lui » (v. 11). C’est le point décisif : nos inquiétudes, nos questions, nos chemins spirituels et nos pratiques de foi doivent converger vers l’adoration du Seigneur. Là, ils trouvent leur centre de gravité, parce que tout naît de là, car c’est le Seigneur qui suscite en nous le sentiment, l’action et les œuvres. Tout naît de là et tout culmine là, parce que le but de toute chose n’est pas d’atteindre un objectif personnel ni de recevoir de la gloire pour soi-même, mais de rencontrer Dieu et de se laisser embrasser par son amour, qui fonde notre espérance, qui nous libère du mal, qui nous ouvre à l’amour des autres, qui fait de nous des personnes capables de construire un monde plus juste et plus fraternel. Il ne sert à rien de nous activer pastoralement si nous ne mettons pas Jésus au centre, en l’adorant. L’émerveillement de l’adoration. Là, nous apprenons à nous tenir devant Dieu non pas tant pour demander ou faire quelque chose, mais seulement pour nous arrêter en silence et nous abandonner à son amour, pour nous laisser saisir et régénérer par sa miséricorde. Et nous prions plusieurs fois, nous demandons des choses, nous réfléchissons... mais, d’habitude, la prière d’adoration nous manque. Nous avons perdu le sens de l’adoration, parce que nous avons perdu l’inquiétude des questions et nous avons perdu le courage d’avancer dans les risques du chemin. Aujourd’hui le Seigneur nous invite à faire comme les Mages : comme les Mages, prosternons-nous, abandonnons-nous à Dieu dans l’émerveillement de l’adoration. Adorons Dieu et non notre moi ; adorons Dieu et non les fausses idoles qui nous séduisent par le charme du prestige et du pouvoir ; avec le charme des informations erronées ; adorons Dieu pour ne pas nous incliner devant les choses qui passent et les logiques séduisantes mais vides du mal.

Frères, sœurs, ouvrons notre cœur à l’inquiétude, demandons le courage pour avancer sur le chemin et finissons dans l’adoration ! N’ayons pas peur, c’est le parcours des Mages, c’est le parcours de tous les saints de l’histoire : recevoir les inquiétudes, se mettre en chemin et adorer. Frères et sœurs, ne laissons pas s’éteindre en nous l’inquiétude du questionnement ; n’arrêtons pas notre marche en cédant à l’apathie ou au confort ; et, rencontrant le Seigneur, abandonnons-nous à l’émerveillement de l’adoration. Alors nous découvrirons qu’une lumière éclaire même les nuits les plus sombres : c’est Jésus, c’est l’étoile radieuse du matin, le soleil de justice, l’éclat miséricordieux de Dieu, qui aime tout homme et chaque peuple de la terre.

[00022-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Like a rising star (cf. Num 24:17), Jesus comes to enlighten all peoples and to brighten the nights of humanity. Today, with the Magi, let us lift our eyes to heaven and ask: “Where is the child who has been born?” (Mt 2:2). Where can we find and encounter our Lord?

From the experience of the Magi, we learn that the first “place” where he loves to be sought is in restless questioning. The exciting adventure of these Wise Men from the East teaches us that faith is not born of our own merits, thoughts and theories. Rather, it is God’s gift. His grace helps us to shake off our apathy and opens our minds to ask the important questions in life. Questions that challenge us to leave behind our presumption that everything is fine, questions that open us to what is beyond us. For the Magi, that was the beginning: the restlessness of those willing to ask questions. Filled with yearning for the infinite, they scan the heavens, find themselves marvelling at the brilliance of a star, and experience the quest for the transcendent that inspires the progress of civilizations and the tireless seeking of the human heart. The star left them with a question: Where is the child who has been born?

Brothers and sisters, the journey of faith begins whenever, by God’s grace, we make room for the restlessness that keeps us awake and alert. It begins when we are willing to ask questions, when we are dissatisfied with our daily routine and take seriously the challenges of each new day. When we step out of our comfort zone and decide to confront the uncomfortable aspects of life: our relationships with others, unexpected events, projects needing to be undertaken, dreams to be realized, fears to be faced, physical and mental sufferings. At such times, deep in our hearts, we find ourselves before the irrepressible questions that lead us to seek the Lord: Where do I find happiness? Where do I find that fullness of life to which I aspire? Where do I find a love that does not fade away, a love that endures even in the face of frailty, failure and betrayal? What hidden opportunities are present in the midst of my crises and my sufferings?

Yet each day the very air we breathe is full of “tranquilizers of the soul”, surrogates meant to sedate our inner restlessness and to suppress those very questions: new items to consume, empty promises of pleasure and non-stop media controversies, the idolatry of fitness. Everything seems to tell us: Don’t overthink things; let go and enjoy life! Often we try to soothe our hearts with creature comforts. If the Magi had done that, they would never have encountered the Lord. The danger is that we sedate our hearts, sedate our souls in order to quell our inner restlessness. God, however, is always there, there within our restless questioning. In that questioning, we “seek him as the night seeks the dawn… He is present in the silence that troubles us in the face of death and the end of all human grandeur. He is present in the longing for justice and love deep within our hearts. He is the holy mystery that responds to our yearning for the Totally Other; a yearning for perfect and consummate justice, reconciliation and peace” (C.M. MARTINI, Incontri al Signore Risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo, 2012, 66). That, then, is the first place where we can encounter the Lord: in restless questioning. Do not be afraid to enter into this restless questioning, for that is the path that lead us to Jesus.

The second place is in the risk of journeying. Questioning, including spiritual questioning, can lead to frustrations and desolations unless we embark upon a journey, unless we turn ourselves, in the depths of our being, to the face of God and the beauty of his word. Benedict XVI said of the Magi: “Their outward pilgrimage was the expression of their inward journey, the inner pilgrimage of their hearts” (Homily for Epiphany, 6 January 2013). The Magi in fact did not simply study the heavens and contemplate the light of the star; they set out on a journey full of risks, without safe roads and clear maps. They wanted to discover this King of the Jews, to learn where he was born, where they could find him. And so, they asked Herod, who in turn summoned the leaders of the people and the scribes who pore over the Scriptures. The Magi were on a journey; most of the verbs used to describe them are verbs of movement.

The same is true of our faith: without a continuous journey in constant dialogue with the Lord, without attentive listening to his word, without perseverance, faith cannot grow. It is not enough to entertain some vague idea about God, to say some prayer that salves our consciences. We need to become disciples, following Jesus and his Gospel, bringing everything to him in prayer, seeking him in the events of our daily lives and in the faces of our brothers and sisters. From Abraham, who set out for an unknown land, to the Magi, who set out behind the star, faith has always been a journey, a pilgrimage, a history of starts and restarts. Let us never forget that faith is a journey, a pilgrimage, a history of starts and restarts. Let us remind ourselves that a static faith does not grow; we cannot enclose faith in some personal devotion or confine it within the four walls of our churches; we need to bring it outside and to live it in a constant journey towards God and towards our brothers and sisters. Today, let us ask ourselves: Am I journeying towards the Lord of life, to make him the Lord of my life? Jesus, who are you for me? Where are you calling me to go, and what are you asking of my life? What decisions are you inviting me to make for the sake of others?

Finally, after restless questioning and the risk of journeying, the third place where we encounter the Lord is in the wonder of worship. At the end of their long journey and tiring quest, the Magi entered the house, where “they saw the child with Mary his mother; and they knelt down and paid him homage” (v. 11). This is what really matters: our restlessness, our questioning, our spiritual journeys and the practice of our faith must all converge in worship of the Lord. There they find their centre and source, for there everything begins, for the Lord himself enables us to feel and act. Everything starts and ends there, because the purpose of everything is not to achieve a personal goal or to receive glory for ourselves, but to encounter God. To let ourselves be enveloped by his love, which is the basis of our hope, which sets us free from evil, opens our hearts to love others, and makes us a people capable of building a more just and fraternal world. Our pastoral activities will be fruitless unless we put Jesus at their centre and fall down in worship before him. The wonder of worship. Then we will learn to stand before God, not to ask for something or to do something, but simply to halt in silence and abandon ourselves to his love, letting him take us by the hand and restoring us by his mercy. We pray often, asking for things or in reflection… but usually we forget the prayer of adoration. We have lost the sense of worship because we have lost our restless questioning and have lost the courage to continue on our journey with all its risks. Today, the Lord calls us to imitate the Magi. Like the Magi, let us fall down and entrust ourselves to God in the wonder of worship. Let us worship God, not ourselves; let us worship God and not the false idols that seduce by the allure of prestige or power, or the allure of false news; let us love God and not bow down before passing things and evil thoughts, seductive yet hollow and empty.

Brothers and sisters, let us open our hearts to restlessness, let us ask for the courage to continue our journey, and let us finish in worship! Let us not be afraid, for this is the path of the Magi, the path of all the saints throughout history: to welcome our restlessness, to set out and to worship. Brothers and sisters, may we never stop our restless questioning; may we never interrupt our journey by yielding to apathy or convenience; and in our encounter with the Lord, may we abandon ourselves to the wonder of worship. Then we will discover that a light shines even in the darkest nights: the light of Jesus, the radiant morning star, the sun of justice the merciful splendour of God, who loves every man and woman, and all the peoples of the earth.

[00022-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Wie ein aufgehender Stern (vgl. Num 24,17) kommt Jesus, um alle Völker zu erleuchten und die Nächte der Menschheit zu erhellen. Wie die Sterndeuter, die zum Himmel hinaufblickten, fragen auch wir uns heute: „Wo ist der Neugeborene?“ (Mt 2,2). Wo also ist der Ort, an dem wir unseren Herrn finden und ihm begegnen können?

Die Erfahrung der Sterndeuter zeigt uns, dass der erste „Ort“, wo er sich gerne suchen lässt, die Unruhe der Fragen ist. Das faszinierende Abenteuer dieser Weisen aus dem Osten lehrt uns, dass der Glaube nicht aus unseren Verdiensten oder theoretischen Überlegungen entsteht, sondern ein Geschenk Gottes ist. Seine Gnade hilft uns, aus der Apathie zu erwachen und den wichtigen Fragen des Lebens Raum zu geben, Fragen, die uns aus der Annahme, alles richtig zu machen, herausholen und uns für das öffnen, was uns übersteigt. Bei den Sterndeutern steht dies am Anfang: die Unruhe derer, die nachfragen. Von der Sehnsucht nach dem Unendlichen beseelt, suchen sie den Himmel ab und lassen sich von der Strahlkraft eines Sterns überraschen. So verkörpern sie die Sehnsucht nach dem Transzendenten, die den Weg der Kulturen und die unaufhörliche Suche unserer Herzen beseelt. Dieser Stern hinterlässt in ihren Herzen genau eine Frage: Wo ist er, der da geboren wurde?

Brüder und Schwestern, der Weg des Glaubens beginnt, wenn wir mit der Gnade Gottes der Unruhe, die uns wachhält, Raum geben; wenn wir uns selbst in Frage stellen lassen, wenn wir uns nicht mit der Ruhe unserer Gewohnheiten zufrieden geben, sondern uns den Herausforderungen eines jeden Tages stellen; wenn wir aufhören, uns in einem neutralen Raum schadlos zu halten, und uns dafür entscheiden, uns in die unangenehmen Räume des Lebens hineinzubegeben, die aus Beziehungen zu unseren Mitmenschen bestehen, aus Überraschungen, Unvorhersehbarem, Plänen, die verfolgt werden müssen, Träumen, die zu verwirklichen sind, Ängsten, denen man sich stellen muss, und Leiden, die einen nicht kalt lassen. In diesen Momenten tauchen in unseren Herzen jene unausweichlichen Fragen auf, die uns für die Suche nach Gott öffnen: Wo ist das Glück für mich? Wo ist das erfüllte Leben, nach dem ich strebe? Wo ist die Liebe, die nicht vergeht, die nicht schwindet, die auch angesichts von Schwäche, Versagen und Verrat nicht zerbricht? Welche Chancen sind in meinen Krisen und Leiden verborgen?

Aber es geschieht, dass jeden Tag das Klima, in dem wir leben, „Beruhigungsmittel für die Seele“ anbietet, Surrogate, um uns zu beruhigen, um unsere Unruhe zu unterdrücken und diese Fragen auszulöschen: von den Konsumgütern bis zu den Verlockungen des Vergnügens, von effektvollen Debatten bis zur Vergötterung des Wohlbefindens; alles scheint uns zu sagen: Denkt nicht zu viel nach, lasst es sein, genießt das Leben! Wir versuchen oft, unser Herz in die Sicherheit der Bequemlichkeit zu bringen, - unser Herz in die Sicherheit der Bequemlichkeit bringen -, aber wenn die Heiligen Drei Könige das getan hätten, wären sie dem Herrn nie begegnet. Das Herz beruhigen, die Seele beruhigen, damit die Unruhe nicht mehr da ist: Das ist die Gefahr. Gott hingegen ist in unseren ruhelosen Fragen zu Hause; in ihnen »suchen wir ihn wie die Nacht die Morgenröte ... Er ist in der Stille, die uns angesichts des Todes und des Endes aller menschlichen Größe beunruhigt; er ist in dem Bedürfnis nach Gerechtigkeit und Liebe, das wir in uns tragen; er ist das heilige Geheimnis, das der Sehnsucht nach dem ganz Anderen entspricht, einer Sehnsucht nach vollkommener und endgültiger Gerechtigkeit, Versöhnung und Frieden« (C.M. MARTINI, Incontro al Signore Risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo 2012, 66). Dies also ist der erste Ort: die Unruhe der Fragen. Keine Angst davor haben, in diese Unruhe der Fragen einzutreten: sie sind gerade die Wege, die uns zu Jesus führen.

Der zweite Ort, wo man dem Herrn begegnen kann, ist das Risiko des Unterwegsseins. Fragen, auch die geistlichen, können in der Tat zu Frustration und Trostlosigkeit führen, wenn sie uns nicht in Bewegung versetzen, wenn sie nicht unsere innere Bewegung auf das Antlitz Gottes und die Schönheit seines Wortes hin lenken. Das Pilgern der Weisen »ihre äußere Pilgerreise«, so sagte Benedikt XVI., »war ein Ausdruck ihrer inneren Reise, der inneren Pilgerreise ihres Herzens« (Homilie am Hochfest der Erscheinung des Herrn, 6. Januar 2013). Die Sterndeuter halten nicht inne, um in den Himmel zu schauen und das Licht des Sterns zu betrachten, sondern begeben sich auf eine riskante Reise, die nicht von vornherein sichere Wege und genaue Landkarten kennt. Sie wollen herausfinden, wer der König der Juden ist, wo er geboren wurde und wo sie ihn finden können. Deshalb bitten sie Herodes, der wiederum die Anführer des Volkes und die Schriftgelehrten zusammenruft, die die Heilige Schrift befragen. Die Sterndeuter sind auf dem Weg: Die meisten Verben, die ihre Handlungen beschreiben, sind Verben der Bewegung.

Das gilt auch für unseren Glauben: ohne ein beständiges Unterwegssein und einen ständigen Dialog mit dem Herrn, ohne das Hören auf das Wort, ohne Beharrlichkeit kann er nicht wachsen. Es reicht nicht aus, ein paar Ideen über Gott zu haben und ein paar Gebete zu sprechen, die das Gewissen beruhigen. Es ist notwendig, zu Jüngern zu werden, die Jesus und seinem Evangelium folgen, mit ihm über alles im Gebet zu sprechen, ihn in alltäglichen Situationen und in den Gesichtern unserer Brüder und Schwestern zu suchen. Von Abraham, der sich in ein unbekanntes Land aufmachte, bis zu den Heiligen Drei Königen, die dem Stern folgten, ist der Glaube ein Weg, der Glaube ist eine Pilgerschaft, der Glaube ist eine Geschichte von Aufbrüchen und erneuten Aufbrüchen. Vergessen wir nie: Der Glaube ist ein Weg, eine Pilgerschaft, eine Geschichte von Aufbrüchen und erneuten Aufbrüchen. Denken wir daran: Der Glaube wächst nicht, wenn er statisch bleibt. Wir können ihn nicht auf eine persönliche Andacht beschränken oder ihn innerhalb der Kirchenmauern einschließen, sondern wir müssen ihn nach draußen tragen, ihn in einem ständigen Unterwegssein zu Gott und zu unseren Brüdern und Schwestern leben. Fragen wir uns heute: Gehe ich auf den Herrn des Lebens zu, so dass er der Herr meines Lebens wird? Jesus, wer bist du für mich? Wohin rufst du mich, was erwartest du von meinem Leben? Welche Entscheidungen soll ich zugunsten anderer treffen?

Und schließlich, nach der Unruhe der Fragen und dem Wagnis des Unterwegsseins, ist der dritte Ort, wo man dem Herrn begegnen kann, das Staunen der Anbetung. Am Ende einer langen Reise und einer mühsamen Suche betraten die Sterndeuter das Haus, »sie sahen das Kind mit Maria, seiner Mutter, und sie warfen sich nieder und beteten es an« (V. 11). Das ist der entscheidende Punkt: unsere Unruhe, unsere Fragen, spirituellen Wege und Glaubenspraktiken müssen in die Anbetung des Herrn münden. Dort finden sie das Quellzentrum, denn alles entspringt dort, weil es der Herr ist, der das Fühlen, Handeln und Tun in uns weckt. Alles wird dort geboren und alles findet dort seinen Höhepunkt, denn das Ziel von allem ist nicht, persönlich etwas zu erreichen und Ruhm für sich selbst zu erlangen, sondern Gott zu begegnen und sich von seiner Liebe umarmen zu lassen, die unsere Hoffnung begründet, die uns vom Bösen befreit, die uns für die Liebe zu den Mitmenschen öffnet, die uns zu Menschen macht, die fähig sind, eine gerechtere und geschwisterlichere Welt aufzubauen. Es hat keinen Sinn, seelsorgerisch tätig zu sein, wenn wir nicht Jesus in den Mittelpunkt stellen und ihn anbeten. Das Staunen der Anbetung. Dort lernen wir, vor Gott zu stehen, nicht so sehr, um etwas zu erbitten oder etwas zu tun, sondern um einfach in der Stille innezuhalten und uns seiner Liebe anzuvertrauen, um uns von seiner Barmherzigkeit ergreifen und erneuern zu lassen. Und wir beten oftmals, bitten um Dinge, denken nach … Aber gewöhnlich fehlt uns das Gebet der Anbetung. Wir haben den Sinn für das Anbeten verloren, weil wir die Unruhe der Fragen verloren haben und den Mut verloren haben, in den Risiken des Weges weiterzugehen. Heute lädt uns der Herr dazu sein, es den Sterndeutern gleichzutun: wie die Sterndeuter wollen wir uns niederwerfen, wollen wir uns Gott im Wunder der Anbetung ergeben. Beten wir Gott an und nicht unser eigenes Ich; beten wir Gott an und nicht die falschen Götzen, die uns mit der Verlockung von Ansehen und Macht verführen, mit der Verlockung falscher Nachrichten; beten wir Gott an, damit wir uns nicht vor den Dingen, die vergehen, und der verführerischen, aber leeren Logik des Bösen in die Knie gehen.

Brüder und Schwestern, öffnen wir das Herz für die Unruhe, bitten wir um den Mut, voranzuschreiten auf dem Weg und gelangen wir zur Anbetung! Haben wir keine Angst, es ist der Weg der Sterndeuter, es ist der Weg aller Heiligen der Geschichte: die Unruhe annehmen, sich auf den Weg machen und anbeten. Brüder und Schwestern, lassen wir nicht zu, dass die Unruhe der Fragen in uns schwindet; hören wir nicht auf, unseren Weg zu gehen, und geben wir nicht der Apathie oder der Bequemlichkeit nach; und geben wir uns dem Staunen der Anbetung hin, wenn wir dem Herrn begegnen. Dann werden wir entdecken, dass ein Licht selbst die dunkelsten Nächte erhellt: Es ist Jesus, es ist der strahlende Morgenstern, die Sonne der Gerechtigkeit, der barmherzige Schein Gottes, der jeden Menschen und jedes Volk auf Erden liebt.

[00022-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Jesús, como una estrella que se eleva (cf. Nm 24,17), viene a iluminar a todos los pueblos y a alumbrar las noches de la humanidad. Junto con los Magos, hoy también nosotros, alzando la mirada al cielo, nos preguntamos: «¿Dónde está el […] que acaba de nacer?» (Mt 2,2). Es decir, ¿cuál es el lugar en el que podemos encontrar a nuestro Señor?

De la experiencia de los Magos, comprendemos que el primer “lugar” donde Él quiere ser buscado es en la inquietud de las preguntas. La fascinante aventura de estos sabios de Oriente nos enseña que la fe no nace de nuestros méritos o de razonamientos teóricos, sino que es don de Dios. Su gracia nos ayuda a despertarnos de la apatía y a hacer espacio a las preguntas importantes de la vida, preguntas que nos hacen salir de la presunción de estar bien y nos abren a aquello que nos supera. Lo que vemos en los Magos, al comienzo, es esto: la inquietud de quien se interroga. Llenos de una ardiente nostalgia de infinito, escrutan el cielo y se dejan asombrar por el fulgor de una estrella, representando así la tensión hacia lo trascendente, que anima el camino de la civilización y la búsqueda incesante de nuestro corazón. De hecho, aquella estrella deja en sus corazones precisamente una pregunta: ¿Dónde está el que acaba de nacer? 

Hermanos y hermanas, el camino de la fe comienza cuando, con la gracia de Dios, damos espacio a la inquietud que nos mantiene despiertos; cuando nos dejamos interrogar, cuando no nos conformamos con la tranquilidad de nuestros hábitos, sino que nos la jugamos, nos arriesgamos en los desafíos de cada día; cuando dejamos de mantenernos en un espacio neutral y nos decidimos a vivir en los espacios incómodos de la vida, hechos de relaciones con los demás, de sorpresas, de imprevistos, de proyectos que sacar adelante, de sueños que realizar, de miedos que afrontar, de sufrimientos que hieren la carne. Es en estos momentos que surgen de nuestro corazón las preguntas irreprimibles, que nos abren a la búsqueda de Dios: ¿Dónde está la felicidad para mí? ¿Dónde está la vida plena a la que aspiro? ¿Dónde se encuentra ese amor que no pasa, que no tiene ocaso, que no se rompe ni siquiera ante la fragilidad, los fracasos o las traiciones? ¿Cuáles son las oportunidades escondidas dentro de mis crisis y mis sufrimientos?

Pero sucede que el clima que respiramos cada día ofrece “tranquilizantes del alma”, sustitutos para sedar, para sedar nuestra inquietud y apagar esas preguntas, desde los productos del consumismo a las seducciones del placer, desde los debates sensacionalistas hasta la idolatría del bienestar; todo parece decirnos: no pienses mucho, deja que pasen, disfruta la vida. Frecuentemente buscamos acomodar el corazón en la caja fuerte de la comodidad —acomodar el corazón en la caja fuerte de la comodidad—, pero si los Magos hubiesen hecho esto no habrían encontrado nunca al Señor. Este es el peligro, sedar el corazón, sedar el alma para que ya no haya inquietud. Dios, sin embargo, vive en nuestras preguntas inquietas; en ellas nosotros «lo buscamos como la noche busca a la aurora […]. Él está en el silencio que nos turba ante la muerte y al final de toda grandeza humana; está en la necesidad de justicia y de amor que llevamos dentro; es el Misterio santo del Totalmente Otro, nostalgia de justicia perfecta y consumada, de reconciliación, de paz» (C.M. Martini, El jardín interior. Un camino para creyentes y no creyentes, Santander 2017, 26). Por tanto, este es el primer lugar: la inquietud de las preguntas. No tengamos miedo de entrar en esta inquietud de las preguntas, son precisamente los caminos que nos llevan a Jesús.

El segundo lugar donde podemos encontrar al Señor es el riesgo del camino. Los interrogantes, incluso espirituales, si no nos ponemos en camino, si no dirigimos nuestro movimiento interior hacia el rostro de Dios y la belleza de su Palabra, pueden inducirnos a la frustración y a la desolación. El peregrinar de los Magos. «Su peregrinación exterior —ha dicho Benedicto XVI— era expresión de su estar interiormente en camino, de la peregrinación interior de sus corazones» (Homilía en la Epifanía del Señor, 6 enero 2013). Los Magos, en realidad, no se detuvieron a mirar el cielo o a contemplar la luz de la estrella, sino que se aventuraron en un viaje arriesgado, que no preveía caminos seguros ni mapas definidos con antelación. Querían descubrir quién era el Rey de los Judíos, dónde había nacido, dónde podían encontrarlo. Por esto preguntaron a Herodes, quien a su vez convocó a los jefes del pueblo y a los escribas que examinaban las Escrituras. Los Magos estaban en camino; la mayor parte de los verbos que describen sus acciones son verbos de movimiento.

Lo mismo sucede con nuestra fe, sin un camino continuo y un diálogo constante con el Señor, sin la escucha de la Palabra, sin la perseverancia, no se puede crecer. Una mera noción de Dios y alguna oración que calma la conciencia no son suficientes; es necesario hacerse discípulos que siguen a Jesús y su Evangelio, hablarlo todo con Él en la oración, buscarlo en las situaciones cotidianas y en el rostro de los hermanos. Desde Abrahán —que se puso en camino hacia una tierra desconocida— hasta los Magos —que siguieron una estrella—, la fe es un camino, la fe es una peregrinación, la fe es una historia en la que hay que comenzar siempre de nuevo. No lo olvidemos nunca, la fe es un camino, una peregrinación, una historia que comienza y recomienza siempre. Recordemos esto: la fe, si permanece estática, no crece; no podemos reducirla a una mera devoción personal o confinarla entre los muros de los templos, sino que es necesario manifestarla, vivirla marchando de forma constante hacia Dios y hacia los hermanos. Preguntémonos hoy: ¿Estoy en camino hacia el Señor de la vida, para que sea el Señor de mi vida? ¿Jesús, quién eres para mí? ¿Dónde quieres que vaya, qué es lo que me pides? ¿Cuáles son las decisiones que me estás invitando a tomar en favor de los demás?

Finalmente, después de la inquietud de las preguntas y el riesgo del camino, el tercer lugar donde hallamos al Señor es el asombro de la adoración. Al final de un largo viaje y de una fatigosa búsqueda, los Magos entraron en la casa, «encontraron al niño con María, su madre, y cayendo de rodillas lo adoraron» (Mt 2,11). Este es el punto decisivo. Nuestras inquietudes, nuestras preguntas, los caminos espirituales y las prácticas de la fe deben converger en la adoración del Señor. Allí encuentran la fuente esencial de la que todo nace, porque es el Señor quien suscita en nosotros el sentir, el actuar y el obrar. Todo nace y todo culmina allí, porque el final de cada cosa no es alcanzar una meta personal y recibir gloria para nosotros mismos, sino encontrar a Dios y dejarnos abrazar por su amor, que es lo que da fundamento a nuestra esperanza, nos libra del mal, nos abre al amor a los demás y nos hace personas capaces de construir un mundo más justo y más fraterno. De nada sirve activarnos pastoralmente si no ponemos a Jesús en el centro y lo adoramos. El asombro de la adoración. Allí aprendemos a estar delante de Dios no tanto para pedir o para hacer algo, sino sólo para permanecer en silencio y abandonarnos a su amor, para dejarnos aferrar y regenerar por su misericordia. Nosotros muchas veces rezamos, pedimos cosas, reflexionamos, pero por lo general nos falta la oración de adoración. Hemos perdido el sentido de adorar, porque hemos perdido la inquietud de las preguntas y la valentía de avanzar en los riesgos del camino. Hoy el Señor nos invita a hacer como los Magos. Como los Magos, postrémonos, rindámonos ante Dios en el asombro de la adoración. Adoremos a Dios y no a nuestro yo; adoremos a Dios y no a los falsos ídolos que nos seducen con la fascinación del prestigio y del poder, con la fascinación de las falsas noticias; adoremos a Dios para no inclinarnos ante las cosas que pasan ni ante las lógicas seductoras y vacías del mal.

Hermanos, hermanas, ¡abramos el corazón a la inquietud, pidamos el valor para avanzar en el camino y finalicemos en la adoración! No tengamos miedo, es el recorrido de los Magos, es el recorrido de todos los santos de la historia: recibir las inquietudes, ponerse en camino y adorar. Hermanos y hermanas, no dejemos que se apague en nosotros la inquietud de las preguntas, no detengamos nuestro caminar cediendo a la apatía o a la comodidad; y rindámonos, encontrándonos con el Señor, al asombro de la adoración. Entonces descubriremos que una luz ilumina también las noches más oscuras, es Jesús, es la estrella radiante de la mañana, el sol de justicia, el fulgor misericordioso de Dios, que ama a todos los hombres y a todos los pueblos de la tierra.

[00022-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Como uma estrela que se levanta (cf. Nm 24, 17), Jesus vem iluminar todos os povos e clarear as noites da humanidade. Com os Magos, erguendo o olhar para o céu, hoje também nós nos perguntamos: «Onde está aquele que acaba de nascer?» (Mt 2, 2). Por outras palavras, qual é o lugar onde podemos procurar e encontrar o Senhor de todos nós?

Pela experiência dos Magos, compreendemos que o primeiro «lugar» onde Ele gosta de ser procurado é a inquietação que se interroga. A aventura fascinante destes sábios do Oriente ensina-nos que a fé não nasce dos nossos méritos nem de raciocínios teóricos, mas é dom de Deus. A sua graça ajuda-nos a despertar da apatia e a dar espaço às perguntas importantes da vida, perguntas que nos fazem sair da presunção de ter tudo em ordem, abrindo-nos para aquilo que nos supera. A primeira coisa que vemos nos Magos é esta: a inquietação de quem se interroga. Habitados por uma profunda nostalgia do infinito, perscrutam o céu e deixam-se maravilhar pelo fulgor duma estrela, representando assim a tensão para o transcendente que anima o caminho das civilizações e a busca incessante do nosso coração. De facto, aquela estrela deixa no coração deles precisamente uma pergunta: Onde está aquele que acaba de nascer?

Irmãos e irmãs, o caminho da fé tem início quando damos espaço, com a graça de Deus, à inquietude que nos mantém acordados; quando nos deixamos interrogar, quando não nos contentamos com a tranquilidade dos nossos hábitos, mas envolvemo-nos nos desafios de cada dia; quando deixamos de nos manter num espaço neutral e decidimos habitar os espaços incómodos da vida, feitos de relações com os outros, surpresas, imprevistos, projetos a levar por diante, sonhos a realizar, medos a enfrentar, sofrimentos que escavam na carne. Nesses momentos, levantam-se do nosso coração as perguntas irreprimíveis que nos abrem à busca de Deus: Para mim, onde está a felicidade? Onde está a vida plena a que aspiro? Onde está aquele amor que não passa, não conhece ocaso, não se rompe nem mesmo diante de fragilidades, fracassos e traições? Quais são as oportunidades escondidas dentro das minhas crises e tribulações?

Sucede, porém, que o clima que respiramos diariamente oferece «tranquilizantes da alma», paliativos para a insensibilizar, para insensibilizar a nossa inquietude e apagar tais perguntas. Desde os produtos do consumismo até às seduções do prazer, desde os debates elevados a espetáculo até à idolatria do bem-estar… tudo parece dizer-nos: não penses demais, deixa correr, goza a vida! Muitas vezes procuramos sistematizar o coração no cofre da comodidade – sim, sistematizar o coração no cofre da comodidade – mas, se os Magos tivessem feito assim, nunca teriam encontrado o Senhor. Insensibilizar o coração, insensibilizar a alma para pôr termo à inquietação: este é o perigo. Com efeito, Deus habita nas nossas perguntas inquietas; com elas, «procuramo-Lo como a noite procura a aurora (...). Ele está no silêncio que nos turba diante da morte e do fim de todas as grandezas humanas; está na necessidade de justiça e amor que trazemos dentro de nós. Ele é o Mistério santo que vem ao encontro da nostalgia do Totalmente Outro, nostalgia de justiça perfeita e consumada, de reconciliação, de paz» (C. M. Martini, Ao Encontro do Senhor Ressuscitado: o âmago do espírito cristão, Cinisello Balsamo 2012, 66). Concluindo, o primeiro lugar é este: a inquietação que se interroga. Não tenhamos medo de entrar nesta inquietude que gera perguntas: são estas precisamente as estradas que nos levam a Jesus.

O segundo lugar onde podemos encontrar o Senhor é o risco do caminho. De facto, os interrogativos, mesmo espirituais, podem induzir à frustração e desolação, se não nos puserem a caminho, se não dirigirem o nosso movimento interior para o rosto de Deus e a beleza da sua Palavra. O peregrinar dos Magos, «o seu peregrinar exterior – disse Bento XVI – era expressão deste estar interiormente a caminho, da peregrinação interior do seu coração» (Homilia na Missa da Epifania, 06/I/2013). Na realidade, os Magos não se detêm a olhar o céu e contemplar a luz da estrela, mas aventuram-se numa viagem arriscada que não prevê, à partida, estradas seguras nem roteiro definido. Pretendem descobrir quem é o Rei dos Judeus, onde nasceu, onde podem encontrá-Lo. Para isso interpelam Herodes; e este, por sua vez, convoca os sumos sacerdotes e os escribas do povo que esquadrinham as Escrituras. Os Magos estão a caminho: a maior parte dos verbos que descrevem as suas ações são verbos de movimento.

O mesmo vale para a nossa fé: sem um contínuo caminhar e um diálogo constante com o Senhor, sem escuta da Palavra, nem perseverança, aquela não pode crescer. Não basta ter algumas ideias sobre Deus nem qualquer oração que acalma a consciência; é preciso fazer-se discípulo seguindo Jesus e o seu Evangelho, falar de tudo com Ele na oração, procurá-Lo nas situações do dia a dia e no rosto dos irmãos. Desde Abraão que se pôs a caminho para uma terra desconhecida até aos Magos que se movem seguindo a estrela, a fé é um caminho, a fé é uma peregrinação, a fé é uma história de partidas sucessivas. Nunca o esqueçamos: a fé é um caminho, uma peregrinação, uma história de partidas sucessivas. Recordemo-nos disto: a fé não cresce, se permanecer estática; não podemos encerrá-la em qualquer devoçãozinha pessoal, nem fechá-la dentro das paredes das igrejas, mas é preciso trazê-la para fora, vivê-la em caminho constante rumo a Deus e aos irmãos. Perguntemo-nos hoje: Estou a caminhar para o Senhor da vida, para que Se torne o Senhor da minha vida? Jesus, quem sois Vós para mim? Para onde me chamais, que pedis à minha vida? Que opções me convidais a fazer em prol dos outros?

Após a inquietação que se interroga e o risco do caminho, o terceiro lugar onde se pode encontrar o Senhor é a maravilha da adoração. No termo de um longo percurso e uma busca fadigosa, os Magos entraram na casa, «viram o menino com Maria, sua mãe. Prostrando-se, adoraram-No» (Mt 2, 11). Este é o ponto decisivo: as nossas inquietudes, as nossas perguntas, os caminhos espirituais e as práticas da fé devem convergir para a adoração do Senhor. Aí encontram o seu centro fontal, porque tudo nasce daqui, pois é o Senhor que suscita em nós o sentir, o agir e o operar. Tudo nasce e tudo culmina aqui, porque o fim de cada coisa não é alcançar uma meta pessoal e receber glória para si mesmo, mas encontrar Deus e deixar-se abraçar pelo seu amor, que dá fundamento à nossa esperança, liberta-nos do mal, abre-nos ao amor pelos outros, torna-nos pessoas capazes de construir um mundo mais justo e mais fraterno. De nada adianta agitar-nos pastoralmente, se não colocamos Jesus no centro, adorando-O. A maravilha da adoração. Aqui aprendemos a estar diante de Deus, não tanto para pedir ou fazer qualquer coisa, mas apenas para nos determos em silêncio abandonando-nos ao seu amor, para nos deixarmos conquistar e regenerar pela sua misericórdia. De facto, rezamos muitas vezes, pedimos coisas, refletimos... mas habitualmente falta-nos a oração de adoração. Perdemos o sentido de adorar, porque perdemos a inquietação que se interroga e perdemos a coragem de avançar por entre os riscos do caminho. Hoje o Senhor convida-nos a fazer como os Magos: como os Magos, prostremo-nos, rendamo-nos a Deus na maravilha da adoração. Adoremos a Deus e não o nosso eu; adoremos a Deus e não os falsos ídolos que nos seduzem com o fascínio do prestígio e do poder, com o fascínio das falsas notícias; adoremos a Deus para não nos prostrarmos diante das coisas que passam e das lógicas sedutoras, mas vazias, do mal.

Irmãos, irmãs, abramos o coração à inquietude, peçamos a coragem para avançar no caminho e terminemos na adoração. Não tenhamos medo! É o percurso dos Magos; é o percurso de todos os santos da história: acolher as inquietudes, pôr-se a caminho e adorar.

Irmãos, irmãs, não deixemos que se apague em nós a inquietação que se interroga; não interrompamos o nosso caminho cedendo à apatia ou à comodidade; e, encontrando o Senhor, rendamo-nos à maravilha da adoração. Então descobriremos a existência duma luz que ilumina mesmo as noites mais escuras: é Jesus. Ele é a estrela resplandecente da manhã, o sol de justiça, o fulgor misericordioso de Deus, que ama todo o homem nos vários povos da terra.

[00022-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Jezus przychodzi jak gwiazda wschodząca (por. Lb 24, 17), aby oświecić wszystkie narody i rozjaśnić noce ludzkości. Wraz z Mędrcami, spoglądając na niebo, również my zadajemy sobie dzisiaj pytanie: „Gdzie jest nowo narodzony?” (Mt 2, 2). To znaczy jakie jest miejsce, w którym możemy znaleźć i spotkać naszego Pana?

Z doświadczenia Mędrców rozumiemy, że pierwszym „miejscem”, gdzie pragnie być poszukiwany, jest niepokój pytań. Fascynująca przygoda tych Mędrców ze Wschodu uczy nas, że wiara nie bierze się z naszych zasług ani z wywodów teoretycznych, lecz jest darem Boga. Jego łaska pomaga nam obudzić się z apatii i zostawić miejsce na ważne pytania życia, pytania, które wyprowadzają nas z mniemania, że jesteśmy w porządku, i otwierają na to, co nas przerasta. Na początku w Mędrcach jest to: niepokój tego, który stawia sobie pytania. Trawieni przejmującą tęsknotą za nieskończonością, badają niebo i dają się zadziwić blaskiem jakiejś gwiazdy, przedstawiając w ten sposób dążenie do transcendencji, które ożywia drogę cywilizacji i nieustanne poszukiwanie naszego serca. Ta gwiazda pozostawia w ich sercu właśnie pytanie: Gdzie jest nowo narodzony?

Bracia i siostry, droga wiary zaczyna się wtedy, gdy z łaską Bożą, czynimy miejsce dla niepokoju, który nie pozwala nam zasnąć; gdy pozwalamy stawiać sobie pytania, gdy nie zadowalamy się spokojem naszych przyzwyczajeń, ale narażamy się na ryzyko w wyzwaniach każdego dnia; gdy przestajemy zabezpieczać się w przestrzeni neutralnej i postanawiamy zamieszkać w niewygodnych przestrzeniach życia, na które składają się relacje z innymi, niespodzianki, nieprzewidziane wydarzenia, projekty, które trzeba dalej realizować, marzenia, które trzeba spełnić, lęki, z którymi trzeba się zmierzyć, cierpienia, które wbijają się w ciało. W takich chwilach z naszych serc wznoszą się te pytania nie do odparcia, które otwierają nas na poszukiwanie Boga: gdzie jest dla mnie szczęście? Gdzie jest pełnia życia, do której dążę? Gdzie jest ta miłość, która nie przemija, która nie kończy się, nawet w obliczu słabości, porażki i zdrady? Jakie szanse kryją się w moich kryzysach i cierpieniach?

Zdarza się, że każdego dnia klimat, którym oddychamy, oferuje „środki uspokajające duszę”, namiastki mające uspokoić, by uspokoić nasz niepokój i zgasić te pytania: od produktów konsumpcji po uwodzenie przyjemności, od spektakularnych debat po bałwochwalstwo dobrobytu; wszystko zdaje się nam mówić: nie myśl za dużo, daj spokój, ciesz się życiem! Często staramy się umieścić nasze serca w sejfie komfortu – umieścić nasze serca w sejfie komfortu, ale gdyby uczynili tak Mędrcy, nigdy nie spotkaliby Pana. Uspokoić serce, uspokoić duszę, ażeby nie było już niepokoju: to jest niebezpieczeństwo. Bóg natomiast mieszka w naszych niespokojnych pytaniach; w nich „szukamy Go jak noc szuka jutrzenki... Jest On w ciszy, która nas niepokoi przed śmiercią, i końcem wszelkiej ludzkiej wielkości; On jest w potrzebie sprawiedliwości i miłości, którą nosimy w sobie; On jest Świętą Tajemnicą, która wychodzi naprzeciw tęsknocie za Zupełnie Innym, nostalgii za doskonałą i spełnioną sprawiedliwością, pojednaniem i pokojem” (C.M. Martini, Incontro al Signore Risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo 2012, 66). To jest zatem pierwsze miejsce: niepokój pytań. Nie bójcie się wejść w ten niepokój pytań: to są właśnie drogi, które prowadzą nas do Jezusa.

Drugim miejscem, w którym możemy spotkać Pana jest ryzyko drogi. Pytania, nawet duchowe, mogą w istocie wywołać frustrację i przygnębienie, jeśli nie kierują nas na drogę, jeśli nie naprowadzą naszego ruchu wewnętrznego w kierunku oblicza Boga i piękna Jego Słowa. Pielgrzymować z Mędrcami, „ich pielgrzymka zewnętrzna – mówił Benedykt XVI – była wyrazem ich duchowej drogi, wewnętrznej pielgrzymki ich serc” (Homilia na uroczystość Objawienia Pańskiego, 6 stycznia 2013 r.). Mędrcy, istotnie, nie zatrzymują się, aby patrzeć na niebo i kontemplować światło gwiazdy, ale wyruszają w ryzykowną podróż, która nie zapewnia z góry bezpiecznych dróg i określonych map. Pragną odkryć, kim jest Król Żydowski, gdzie się urodził, gdzie mogą Go znaleźć. O to proszą Heroda, który z kolei zwołuje przywódców ludu i uczonych, którzy badają Pisma. Mędrcy są w drodze: większość czasowników opisujących ich działania to czasowniki ruchu.

Tak jest również z naszą wiarą: bez ciągłej drogi i stałego dialogu z Panem, bez słuchania Słowa, bez wytrwałości nie może ona wzrastać. Nie wystarczy jakaś idea o Bogu i jakaś modlitwa kojąca sumienie; trzeba stać się uczniami idącymi za Jezusem i Jego Ewangelią, rozmawiać z Nim o wszystkim na modlitwie, szukać Go w sytuacjach codziennych i w obliczach braci. Od Abrahama, który wyruszył w podróż do ziemi nieznanej, po Mędrców, którzy wyruszają za gwiazdą, wiara jest podróżą, wiara jest pielgrzymką, wiara jest historią wyruszania i wyruszania na nowo. Nie zapominajmy nigdy: wiara jest podróżą, pielgrzymką, historią wyruszania i wyruszania na nowo.Pamiętajmy o tym: wiara nie wzrasta, jeśli pozostaje statyczna; nie możemy jej zamknąć w jakiejś osobistej pobożności ani uwięzić w murach kościołów, ale musimy ją ponieść, żyć nią w nieustannej drodze ku Bogu i ku braciom. Zadajmy sobie dzisiaj pytanie: czy idę w kierunku Pana życia, aby On stał się Panem mojego życia? Jezu, kim jesteś dla mnie? Gdzie każesz mi pójść, czego żądasz od mojego życia? Do podjęcia jakich wyborów, z uwagi na innych, mnie zapraszasz?

Wreszcie, po niepokoju pytań i ryzyku drogi, trzecim miejscem, w którym możemy spotkać Pana jest zadziwienie adoracji. Po zakończeniu długiej podróży i mozolnych poszukiwań Mędrcy weszli do domu, „zobaczyli Dziecię z Matką Jego, Maryją; padli na twarz i oddali Mu pokłon” (Mt 2, 11). Jest to punkt decydujący: nasze niepokoje, nasze pytania, drogi duchowe i praktyki wiary muszą się zbiec w adoracji Pana. Tam znajdują swoje źródło, bo stamtąd wszystko się wywodzi, bo to Pan wzbudza w nas uczucie, działanie i czyn. Wszystko tam się rodzi i wszystko tam ma swój szczyt, bo celem wszystkiego nie jest osiągnięcie osobistego celu i zdobycie dla siebie chwały, ale spotkanie z Bogiem i pozwolenie, by ogarnęła nas Jego miłość, która stanowi podstawę naszej nadziei, która wyzwala nas od zła, która otwiera nas na miłość wobec innych, która czyni nas ludźmi zdolnymi do budowania świata bardziej sprawiedliwego i bardziej braterskiego. Nie ma sensu aktywność duszpasterska, jeśli nie stawiamy Jezusa w centrum, adorując Go. Zadziwienie adoracji. Tam uczymy się stać przed Bogiem nie tyle po to, by o coś prosić czy coś zrobić, ale po to, by zatrzymać się w milczeniu i powierzyć się Jego miłości, dać się ogarnąć i odrodzić Jego miłosierdziu.

I modlimy się wiele razy, pytamy o różne rzeczy, rozważamy... lecz zazwyczaj, brakuje nam modlitwy adoracji. Straciliśmy sens adoracji, ponieważ straciliśmy niepokój pytań i straciliśmy odwagę, by iść naprzód pomimo ryzyka drogi. Dziś Pan zaprasza nas, abyśmy uczynili tak, jak uczynili to Mędrcy: jak Mędrcy, złóżmy pokłon, poddajmy się Bogu w zadziwieniu adoracji. Adorujmy Boga, a nie nasze ja; adorujmy Boga, a nie fałszywe bożki, które uwodzą nas powabem prestiżu i władzy; fascynacją fałszywymi wiadomościami; adorujmy Boga, aby nie kłaniać się przed rzeczami, które przemijają i przed uwodzicielskimi, ale pustymi logikami zła.

Bracia, siostry otwórzmy nasze serca na niepokój, prośmy o odwagę, by iść dalej w drogę i zakończmy adoracją! Nie bójmy się, to jest szlak Mędrców, to jest szlak wszystkich świętych w historii: przyjąć niepokój, wyruszyć w drogę i adorować. Bracia, siostry, nie pozwólmy, aby wygasł w nas niepokój pytań; nie zatrzymujmy naszej drogi, ulegając apatii lub wygodzie; a spotykając Pana, poddajmy się zadziwieniu adoracji. Wtedy odkryjemy, że światło rozświetla nawet najciemniejsze noce: jest Jezus, promienna gwiazda poranna, słońce sprawiedliwości, miłosierny blask Boga, który miłuje każdego człowieka i każdy naród na ziemi.

[00022-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في مناسبة عيد ظهور الرّبّ يسوع

يوم الجمعة 6 كانون الثّاني/يناير 2023

بازيليكا القدّيس بطرس

مثل النجم الطّالع (راجع العدد 24، 17)، جاء يسوع لينير كلّ الشّعوب ويضيء ليالي البشريّة. مع المجوس، لنرفع نظرنا إلى السّماء، ولنسأل أنفسنا نحن أيضًا اليوم: "أَينَ الَّذي وُلِد؟" (متّى 2، 2). أيْ، ما هو المكان الذي فيه يمكننا أن نجد إلهنا ونلتقي به؟

مِن خبرة المجوس، نفهم أنّ ”المكان“ الأوّل الذي يحبّ هو أن نبحث عنه فيه هو قلق الأسئلة. مغامرة هؤلاء الحكماء الكبيرة القادمين من المَشرق تعلّمنا أنّ الإيمان لا ينشأ مِن استحقاقاتنا أو من تفكيرنا النّظري، بل هو عطية من الله. نعمته تساعدنا على أن نستيقظ من اللامبالاة وأن نُفسِحَ مجالًا للأسئلة المهمّة في الحياة، الأسئلة التي تخرجنا من ادعائنا أنّنا على ما يرام، وتجعلنا ننفتح على ما يتجاوزنا. نجد في المجوس في البداية ما يلي: أناسًا يتساؤلون بقلق. سَكَنَهُم حنين شديد إلى اللامحدود، وتفحّصوا السّماء واندهشوا أمام النجم السّاطع، فمثّلوا بذلك النّزعة إلى المُتعالي التي تحيي مسيرة الحضارات وبحث قلبنا المستمر. هذا النّجم، في الواقع، ترك في قلبهم سؤالًا: أين الذي وُلِد؟

أيّها الإخوة والأخوات، تبدأ مسيرة الإيمان عندما بفضل الله نُفسِحُ مجالًا للقلق الذي يُبقينا مستيقظين، وعندما نستجوب أنفسنا، وعندما لا نكتفي بهدوء عاداتنا، بل نشارك في تحدّيات كلّ يوم، وعندما نتوقّف عن البقاء في مكان محايد ونقرّر أن نسكن في مساحات الحياة المُزعجة، المكوّنة من علاقات مع الآخرين، ومفاجآت، وأحداث غير متوقّعة، ومشاريع يجب المضيّ بها قُدُمًا، وأحلام يجب تحقيقها، ومخاوف يجب أن نواجهها، وعذابات تنهش لحمنا. في هذه اللّحظات، تَثور في قلبنا الأسئلة التي لا يمكن كَبْتَها، التي توجِّهنا إلى البحث عن الله: أين هي السّعادة بالنّسبة لِي؟ أين هي الحياة الكاملة التي أطمح إليها؟ أين هو هذا الحبّ الذي لا يمرّ، والذي لا يَغْرُبُ، والذي لا ينكسر حتّى في وجه أنواع الضّعف والفشل والخيانة؟ ما هي الفُرص المخفيّة داخل أزماتي وآلامي؟

لكن يحدث أنّ الجوّ الذي نتنفّسه يقدّم لنا كلّ يوم ”مهدّئات للرّوح“، وبدائل لتهدئة قلقنا وإسكات هذه الأسئلة:  منتجات الاستهلاك وإغراءات المتعة، والمُناظرات الاستعراضيّة، وصنم الرّفاهية، يبدو وكأنّ كلّ شيء يقول لنا: لا تفكّر كثيرًا، واترك الأمور تسير، واستمتع بالحياة! نحاول كثيرًا أن نضع قلبنا في ”خَزْنَة“ الرّاحة، لكن، لو فعل المجوس هذا، لما كانوا التقوا قط بالرّبّ يسوع. الله يسكن أسئلتنا القلقة، وفيها "نبحث عنه كما يبحث الليل عن الفجر... إنّه في الصّمت الذي يزعجنا أمام الموت وفي نهاية كلّ عظمة بشريّة. إنّه في الحاجة إلى العدل والمحبّة التي نحملها في داخلنا، إنّه السّرّ المقدّس الذي يلتقي بالحنين في الآخر المختلف اختلافًا كُلِّيًّا، وفي الحنين إلى العدل المثالي والكامل، والمصالحة، والسّلام" (كارلو ماريّا مارتيني، لقاء مع الرّبّ يسوع القائم من بين الأموات. قلب الرّوح المسيحيّة، Cinisello Balsamo  2012، 66). هذا هو، إذن، المكان الأوّل: قلق الأسئلة. لا نخف من أن ندخل في قلق الأسئلة هذا: إنّها الطريق التي تقودنا إلى يسوع.

المكان الثّاني الذي فيه يمكننا أن نلتقي بالرّبّ يسوع هو المخاطرة في المسيرة. في الواقع، الأسئلة، حتّى الرّوحيّة منها، يمكنها أن تؤدّي إلى الإحباط والكآبة إن لم تضعنا على الطّريق، وإن لم توجِّه حركتنا الدّاخليّة نحو وجه الله وجمال كلمته. قال بندكتس السّادس عشر: "كان حجُّهُم الخارجيّ (حجّ المجوس) تعبيرًا عن مسيرتهم الدّاخليّة، وعن حجِّ قلبهم الدّاخليّ" (عظة في مناسبة عيد ظهور الرّبّ يسوع، 6 كانون الثّاني/يناير 2013). في الواقع، لم يتوقّف المجوس عند النّظر إلى السّماء والتّأمّل في نور النّجم، بل غامروا في رحلة محفوفة بالمخاطر، لا تعرف مسبقًا طرقًا آمنة وخرائط محدّدة. أرادوا أن يكتشفوا من هو ملك اليهود، وأين وُلِد، وأين يمكنهم أن يجدوه. لهذا سألوا هيرودس، الذي استدعى بدوره رؤساء الشّعب والكَتَبَة الذين يفحصون الكتاب المقدّس. كان المجوس في مسيرة: معظم الأفعال التي تصف أعمالهم هي أفعال حركة.

الأمر نفسه أيضًا بالنّسبة لإيماننا: من دون مسيرة مستمرّة وحوار دائم مع الرّبّ يسوع، ومن دون الإصغاء إلى الكلمة، ومن دون مثابرة، لا يمكن للإيمان أن ينمو. لا يكفِي أن يكون عندنا بعض الأفكار عن الله وأن نصلّي بعض الصّلوات لتهدئة ضميرنا، بل علينا أن نُصبح تلاميذ تابعين ليسوع ولإنجيله، ونتكلّم معه عن كلّ شيء في الصّلاة، ونبحث عنه في مواقف الحياة اليوميّة وفي وجوه الإخوة. من إبراهيم الذي انطلق في مسيرة نحو أرض مجهولة، إلى المجوس الذين ساروا وراء النّجم، الإيمان هو مسيرة، وحجٌّ، وتاريخ أسفار، وأسفار من جديد. لنتذكّر هذا الأمر: لا ينمو الإيمان إن بقي جامدًا، ولا يمكننا أن نُغلق عليه في تقوانا الشّخصيّة أو نحصره داخل جُدران الكنائس، بل علينا أن نحمله إلى الخارج، ونعيشه في مسيرة مستمرّة نحو الله ونحو الإخوة. لنسأل أنفسنا اليوم: هل أنا أسير نحو إله الحياة، حتّى يصير إله حياتي؟ يسوع، من أنت بالنّسبة لِي؟ أين تدعوني لكي أذهب، وماذا تطلب من حياتي؟ ما هي الخيارات التي تدعوني لأختارها من أجل الآخرين؟

أخيرًا، بعد قلق الأسئلة وخطر المسيرة، المكان الثّالث الذي فيه نلتقي بالرّبّ يسوع هو دهشة السّجود. في نهاية طريق طويل وبحث مُتعب، دخل المجوس إلى البيت، "فرأَوا الطِّفلَ مع أُمِّه مَريم. فجَثَوا له ساجدين" (الآية 11). هذا هو الحدث الحاسم: قلقنا، وتساؤلاتنا، ومسيراتنا الرّوحيّة وممارساتنا الإيمانيّة يجب أن تجتمع معًا في السّجود للرّبّ يسوع. هنا تجد كلّها منبعها، لأنّ كلّ شيء وُلِد هنا، ولأنّ الرّبّ يسوع هو الذي يحرّك فينا الشّعور والعمل والنّشاط. هنا، وُلِد كلّ شيء وبلغ ذروته، لأنّ الهدف من كلّ شيء ليس الوصول إلى هدف شخصيّ والحصول على المجد لأنفسنا، بل ملاقاة الله وأن نتركه يعانقنا بحبّه، الذي هو أساس رجائنا، ويحرّرنا من الشّرّ، ويجعلنا ننفتح على محبّة الآخرين، ويجعلنا أشخاصًا قادرين على بناء عالم أكثر عدلًا وأخوّة. لا فائدة من أن نَنْشَطَ رعويًّا إن لم نضع يسوع في المركز، ونسجد له. هناك، نتعلّم أن نقف أمام الله لا لنطلب أو نفعل شيئًا، بل فقط أن نقف في صمت ونسلِّم أنفسنا لمحبّته، وندع رحمته تُمسكنا وتجدّدنا. مرات عديدة، ونحن نصلّي، نطلب أشياء، ونتأمّل... لكن عادة ما نفتقر إلى صلاة السّجود. فقدنا الإحساس بالسّجود، لأنّنا فقدنا قلق الأسئلة وفقدنا الشّجاعة في المضي قدمًا في خطر المسيرة. اليوم الرّبّ يسوع يدعونا إلى أن نفعل مثل المجوس: مثل المجوس، لنسجد ولنستسلم لله في دهشة السّجود. لنسجد لله، لا لأنفسنا، ولنسجد لله، لا لأصنام كاذبة، تُغرينا بِسِحْرِ المكانة والقوّة، ولنسجد لله حتّى لا ننحني أمام الأمور التي تمرّ وأمام منطق الشّرّ المغري والفارغ.

أيّها الإخوة والأخوات، لنفتح قلوبنا لقلق الأسئلة، ولنطلب الشّجاعة للمضي قدمًا في المسيرة، ولنسجد! لا نخاف، إنّه طريق المجوس، وطريق جميع قدّيسي التاريخ: لنقبل قلق الأسئلة، ولنسر في مسيرة، ولنسجد. أيّها الإخوة والأخوات، لا ندع قلق الأسئلة ينطفئ فينا، ولا نُوقف مسيرتنا ونستسلم للامبالاة أو للرّاحة، وعندما نلتقي بالرّبّ يسوع، لنستسلم لدهشة السّجود. حينئذ نكتشف أنّ نورًا يُضيء حتّى أحلك اللّيالي: إنّه يسوع، نجم الصّبح السّاطع، وشمس العدل، وبريق الله الرّحيم، الذي يحبّ كلّ إنسان وكلّ شعب على الأرض.

[00022-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0010-XX.02]