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Testo in lingua italiana
Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro:
strumenti per edificare una pace duratura
1. «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace» (Is 52,7).
Le parole del profeta Isaia esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte. Su di esso il profeta Baruc si interrogava: «Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi?» (3,10-11). Per questa gente, l’avvento del messaggero di pace significava la speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l’inizio di un futuro luminoso.
Ancora oggi, il cammino della pace, che San Paolo VI ha chiamato col nuovo nome di sviluppo integrale,[1] rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa. Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra[2] non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace.
In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona.[3] Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.
Vorrei qui proporre tre vie per la costruzione di una pace duratura. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per «dare vita ad un patto sociale»,[4] senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente.
2. Dialogare fra generazioni per edificare la pace
In un mondo ancora stretto dalla morsa della pandemia, che troppi problemi ha causato, «alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati e altri la affrontano con violenza distruttiva, ma tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni».[5]
Ogni dialogo sincero, pur non privo di una giusta e positiva dialettica, esige sempre una fiducia di base tra gli interlocutori. Di questa fiducia reciproca dobbiamo tornare a riappropriarci! L’attuale crisi sanitaria ha amplificato per tutti il senso della solitudine e il ripiegarsi su sé stessi. Alle solitudini degli anziani si accompagna nei giovani il senso di impotenza e la mancanza di un’idea condivisa di futuro. Tale crisi è certamente dolorosa. In essa, però, può esprimersi anche il meglio delle persone. Infatti, proprio durante la pandemia abbiamo riscontrato, in ogni parte del mondo, testimonianze generose di compassione, di condivisione, di solidarietà.
Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e dello scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa.
Mentre lo sviluppo tecnologico ed economico ha spesso diviso le generazioni, le crisi contemporanee rivelano l’urgenza della loro alleanza. Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani.
Le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra i custodi della memoria – gli anziani – e quelli che portano avanti la storia – i giovani –; e neanche della disponibilità di ognuno a fare spazio all’altro, a non pretendere di occupare tutta la scena perseguendo i propri interessi immediati come se non ci fossero passato e futuro. La crisi globale che stiamo vivendo ci indica nell’incontro e nel dialogo fra le generazioni la forza motrice di una politica sana, che non si accontenta di amministrare l’esistente «con rattoppi o soluzioni veloci»,[6] ma che si offre come forma eminente di amore per l’altro,[7] nella ricerca di progetti condivisi e sostenibili.
Se, nelle difficoltà, sapremo praticare questo dialogo intergenerazionale «potremo essere ben radicati nel presente e, da questa posizione, frequentare il passato e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla storia e per guarire le ferite che a volte ci condizionano; frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze. In questo modo, uniti, potremo imparare gli uni dagli altri».[8] Senza le radici, come potrebbero gli alberi crescere e produrre frutti?
Basti pensare al tema della cura della nostra casa comune. L’ambiente stesso, infatti, «è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva».[9] Vanno perciò apprezzati e incoraggiati i tanti giovani che si stanno impegnando per un mondo più giusto e attento a salvaguardare il creato, affidato alla nostra custodia. Lo fanno con inquietudine e con entusiasmo, soprattutto con senso di responsabilità di fronte all’urgente cambio di rotta,[10] che ci impongono le difficoltà emerse dall’odierna crisi etica e socio-ambientale[11].
D’altronde, l’opportunità di costruire assieme percorsi di pace non può prescindere dall’educazione e dal lavoro, luoghi e contesti privilegiati del dialogo intergenerazionale. È l’educazione a fornire la grammatica del dialogo tra le generazioni ed è nell’esperienza del lavoro che uomini e donne di generazioni diverse si ritrovano a collaborare, scambiando conoscenze, esperienze e competenze in vista del bene comune.
3. L’istruzione e l’educazione come motori della pace
Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. Eppure, esse costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la promozione della pace. In altri termini, istruzione ed educazione sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso.
Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda”, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante.[12]
È dunque opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti. D’altronde, il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare grandi benefici allo sviluppo di popoli e nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio e così via.
Auspico che all’investimento sull’educazione si accompagni un più consistente impegno per promuovere la cultura della cura.[13] Essa, di fronte alle fratture della società e all’inerzia delle istituzioni, può diventare il linguaggio comune che abbatte le barriere e costruisce ponti. «Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la cultura della famiglia, e la cultura dei media».[14] È dunque necessario forgiare un nuovo paradigma culturale, attraverso «un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature».[15] Un patto che promuova l’educazione all’ecologia integrale, secondo un modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente.[16]
Investire sull’istruzione e sull’educazione delle giovani generazioni è la strada maestra che le conduce, attraverso una specifica preparazione, a occupare con profitto un giusto posto nel mondo del lavoro.[17]
4. Promuovere e assicurare il lavoro costruisce la pace
Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello.
La pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione del mondo del lavoro, che stava già affrontando molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici. Inoltre, i giovani che si affacciano al mercato professionale e gli adulti caduti nella disoccupazione affrontano oggi prospettive drammatiche.
In particolare, l’impatto della crisi sull’economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante. Molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga. A ciò si aggiunga che attualmente solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate. In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, soffocando la libertà e la dignità delle persone, avvelenando l’economia e impedendo che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso.
Il lavoro infatti è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità. Per questo, «non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale».[18] Dobbiamo unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società.
È più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Occorre assicurare e sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere una rinnovata responsabilità sociale, perché il profitto non sia l’unico criterio-guida.
In questa prospettiva vanno stimolate, accolte e sostenute le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali. Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace. Su questo aspetto la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale. E tutti coloro che operano in questo campo, a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa.
Cari fratelli e sorelle! Mentre cerchiamo di unire gli sforzi per uscire dalla pandemia, vorrei rinnovare il mio ringraziamento a quanti si sono impegnati e continuano a dedicarsi con generosità e responsabilità per garantire l’istruzione, la sicurezza e la tutela dei diritti, per fornire le cure mediche, per agevolare l’incontro tra familiari e ammalati, per garantire sostegno economico alle persone indigenti o che hanno perso il lavoro. E assicuro il mio ricordo nella preghiera per tutte le vittime e le loro famiglie.
Ai governanti e a quanti hanno responsabilità politiche e sociali, ai pastori e agli animatori delle comunità ecclesiali, come pure a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, faccio appello affinché insieme camminiamo su queste tre strade: il dialogo tra le generazioni, l’educazione e il lavoro. Con coraggio e creatività. E che siano sempre più numerosi coloro che, senza far rumore, con umiltà e tenacia, si fanno giorno per giorno artigiani di pace. E che sempre li preceda e li accompagni la benedizione del Dio della pace!
Dal Vaticano, 8 dicembre 2021
FRANCESCO
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[1] Cfr Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 76ss.
[2] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 49.
[3] Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 231.
[4] Ibid., 218.
[5] Ibid., 199.
[6] Ibid., 179.
[7] Cfr ibid., 180.
[8] Esort. ap. postsin. Christus vivit (25 marzo 2019), 199.
[9] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 159.
[10] Cfr ibid., 163; 202.
[11] Cfr ibid., 139.
[12] Cfr Messaggio ai partecipanti al 4° Forum di Parigi sulla pace, 11-13 novembre 2021.
[13] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 231; Messaggio per la LIV Giornata Mondiale della Pace. La cultura della cura come percorso di pace (8 dicembre 2020).
[14] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 199.
[15] Videomessaggio per il Global Compact on Education. Together to Look Beyond (15 ottobre 2020).
[16] Cfr Videomessaggio per l’High Level Virtual Climate Ambition Summit (13 dicembre 2020).
[17] Cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), 18.
[18] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 128.
[01823-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Dialogue entre générations, éducation et travail :
des outils pour construire une paix durable
1. «Comme ils sont beaux, sur les montagnes, les pas du messager qui annonce la paix» (Is 52, 7)
Ces paroles du prophète Isaïe expriment la consolation, le soupir de soulagement d'un peuple exilé, épuisé par la violence et les sévices, exposé à l'indignité et à la mort. Le prophète Baruch s’interrogeait : « Pourquoi donc, Israël, pourquoi es-tu exilé chez tes ennemis, vieillissant sur une terre étrangère, souillé par le contact des cadavres, inscrit parmi les habitants du séjour des morts ?» (3, 10-11). Pour ces gens, l'avènement du messager de paix signifiait l’espérance d'une renaissance sur les décombres de l'histoire, le début d'un avenir radieux.
Aujourd'hui encore, le chemin de la paix, que saint Paul VI a appelé du nouveau nom de développement intégral,[1] reste malheureusement éloigné de la réalité de beaucoup d'hommes et de femmes et, par conséquent, de la famille humaine, désormais complètement interconnectée. Malgré les multiples efforts visant à un dialogue constructif entre les nations, le bruit assourdissant des guerres et des conflits s'amplifie, tandis que des maladies aux proportions pandémiques progressent, que les effets du changement climatique et de la dégradation de l'environnement augmentent, que le drame de la faim et de la soif s'aggrave et qu’un modèle économique basé sur l'individualisme plutôt que sur le partage solidaire continue de dominer. Aujourd'hui encore, comme au temps des anciens prophètes, la clameur des pauvres et de la terre[2] ne cesse de s'élever pour implorer justice et paix.
À chaque époque, la paix est à la fois un don du ciel et le fruit d'un engagement commun. Il y a, en effet, une “architecture” de la paix, dans laquelle interviennent les différentes institutions de la société, et il y a un “artisanat” de la paix qui implique chacun de nous personnellement.[3] Chacun peut collaborer à la construction d'un monde plus pacifique : à partir de son propre cœur et des relations au sein de la famille, dans la société et avec l'environnement, jusqu’aux relations entre les peuples et entre les États.
Je voudrais proposer ici trois voies pour construire une paix durable. Tout d'abord, le dialogue entre les générations comme base pour la réalisation de projets communs. Deuxièmement, l'éducation en tant que facteur de liberté, de responsabilité et de développement. Enfin, le travail pour une pleine réalisation de la dignité humaine. Ces trois éléments sont essentiels pour «l’élaboration d’un pacte social»,[4] sans lequel tout projet de paix est inconsistant.
2. Dialoguer entre les générations pour construire la paix
Dans un monde toujours en proie à la pandémie qui a causé tant de maux, «certains essaient de fuir la réalité en se réfugiant dans leurs mondes à eux, d’autres l’affrontent en se servant de la violence destructrice. Cependant, entre l’indifférence égoïste et la protestation violente, une option est toujours possible : le dialogue. Le dialogue entre les générations».[5]
Tout dialogue sincère, même s'il n'est pas dépourvu d'une dialectique juste et positive, requiert toujours une confiance fondamentale entre les interlocuteurs. Nous devons retrouver cette confiance mutuelle ! La crise sanitaire actuelle a accru pour tout le monde le sentiment de solitude et de repli sur soi. La solitude des personnes âgées s'accompagne chez les jeunes d'un sentiment d'impuissance et de l'absence d'une idée commune de l'avenir. Cette crise est certainement douloureuse. Mais c'est aussi une crise qui peut faire ressortir le meilleur des personnes. En effet, pendant la pandémie, nous avons vu de généreux témoignages de compassion, de partage et de solidarité dans le monde entier.
Le dialogue consiste à s'écouter, discuter, se mettre d'accord et cheminer ensemble. Favoriser tout cela entre les générations signifie labourer le sol dur et stérile du conflit et du rejet pour cultiver les semences d'une paix durable et partagée.
Alors que le développement technologique et économique a souvent divisé les générations, les crises contemporaines révèlent l'urgence de leur alliance. D'une part les jeunes ont besoin de l'expérience existentielle, sapientielle et spirituelle des personnes âgées ; d'autre part les personnes âgées ont besoin du soutien, de l'affection, de la créativité et du dynamisme des jeunes.
Les grands défis sociaux et les processus de pacification ne peuvent se passer du dialogue entre les gardiens de la mémoire - les personnes âgées - et ceux qui font avancer l'histoire - les jeunes - ; pas plus que de la disponibilité de chacun pour faire place à l'autre, pour ne pas prétendre occuper toute la scène en poursuivant des intérêts immédiats comme s'il n'y avait ni passé ni avenir. La crise mondiale que nous vivons nous montre que la rencontre et le dialogue entre les générations sont le moteur d'une politique saine qui ne se contente pas de gérer le présent «avec des rapiècements ou des solutions rapides»[6], mais qui se propose comme une forme éminente d'amour de l'autre,[7] dans la recherche de projets communs et durables.
Si, face aux difficultés, nous savons pratiquer ce dialogue intergénérationnel, « nous pourrons être bien enracinés dans le présent, et, de là, fréquenter le passé et l’avenir : fréquenter le passé, pour apprendre de l’histoire et pour guérir les blessures qui parfois nous conditionnent ; fréquenter l’avenir pour nourrir l’enthousiasme, faire germer des rêves, susciter des prophéties, faire fleurir des espérances. De cette manière, nous pourrons, unis, apprendre les uns des autres».[8] Sans racines, comment les arbres pourraient-ils pousser et porter des fruits ?
Il suffit de penser à la question du soin de notre maison commune. L'environnement, en effet,est «un prêt que chaque génération reçoit et doit transmettre à la génération suivante».[9] Nous devons donc apprécier et encourager les nombreux jeunes qui s’engagent pour un monde plus juste et attentif à la sauvegarde de la création confiée à nos soins. Ils le font avec préoccupation et enthousiasme, et surtout avec un sens des responsabilités face à l'urgent changement de direction[10] que nous imposent les difficultés nées de la crise éthique et socio-environnementale actuelle.[11]
Par ailleurs, la possibilité de construire ensemble des chemins de paix ne peut être séparée de l'éducation et du travail qui sont des lieux et des contextes privilégiés pour le dialogue intergénérationnel. C’est l’éducation qui fournit la grammaire du dialogue entre les générations, et c'est dans l'expérience du travail que des hommes et des femmes de différentes générations se retrouvent à collaborer, à échanger des connaissances, des expériences et des compétences en vue du bien commun.
3. L’instruction et l'éducation comme moteurs de la paix
Ces dernières années, le budget consacré à l'éducation et à l'instruction, considérées comme des dépenses au lieu d’investissements, a été sensiblement réduit dans le monde entier. Et pourtant, elles sont les premiers vecteurs d’un développement humain intégral : elles rendent la personne plus libre et responsable et sont indispensables pour la défense et la promotion de la paix. En d’autres termes, instruction et éducation sont les fondements d’une société unie, civilisée, capable de créer l’espérance, la richesse et le progrès.
Les dépenses militaires, en revanche, ont augmenté, dépassant le niveau enregistré à la fin de la “guerre froide”, et elles semblent devoir croître de manière exorbitante.[12]
Il est donc opportun et urgent que tous ceux qui ont une responsabilité de gouvernement élaborent des politiques économiques qui prévoient une inversion du rapport entre les investissements publics dans l’éducation et les fonds destinés aux armements. D’ailleurs, la poursuite d’un réel processus de désarmement international ne peut qu’entraîner de grands bénéfices pour le développement des peuples et des nations en libérant des ressources financières à employer de manière plus appropriée pour la santé, l’école, les infrastructures, le soin du territoire, et ainsi de suite.
J’ai l’espoir que l’investissement dans l’éducation s’accompagne d’un engagement plus grand pour promouvoir la culture du soin.[13] Celle-ci, face aux fractures de la société et à l’inertie des institutions peut devenir le langage commun qui abatte les barrières et construise des ponts. «Un pays grandit quand dialoguent de façon constructive ses diverses richesses culturelles : la culture populaire, la culture universitaire, la culture des jeunes, la culture artistique et technologique, la culture économique et la culture de la famille, et la culture des médias».[14] Il est donc nécessaire de forger un nouveau paradigme culturel à travers «un pacte éducatif global pour et avec les jeunes générations, qui engage les familles, les communautés, les écoles et les universités, les institutions, les religions, les gouvernants, l’humanité entière, dans la formation de personnes matures».[15] Un pacte qui promeuve l’éducation à l’écologie intégrale selon un modèle culturel de paix, de développement et de durabilité, axé sur la fraternité et sur l’alliance entre l’être humain et l’environnement.[16]
Investir dans l’instruction et l’éducation des jeunes générations est la route principale qui les conduit, à travers une préparation spécifique, à occuper avec profit une juste place dans le monde du travail.[17]
4. Promouvoir et garantir le travail construit la paix
Le travail est un facteur indispensable pour construire et préserver la paix. Il est expression de soi et de ses propres dons, mais aussi effort, fatigue, collaboration avec les autres, puisqu’on travaille toujours avec ou pour quelqu’un. Dans cette perspective fortement sociale, le travail est le lieu où nous apprenons à donner notre contribution pour un monde plus vivable et plus beau.
La pandémie de Covid-19 a aggravé la situation du monde du travail, qui affrontait déjà de multiples défis. Des millions d’activités économiques ont fait faillite; les travailleurs précaires sont de plus en plus exposés; beaucoup de ceux qui assurent des services essentiels sont davantage ignorés de la conscience publique et politique; l’instruction à distance a causé, dans de nombreux cas, une régression de l’apprentissage et des parcours scolaires. Les jeunes qui entrent sur le marché du travail et les adultes victimes du chômage font face aujourd’hui à des perspectives dramatiques.
En particulier, l’impact de la crise sur l’économie informelle, qui souvent concerne des travailleurs migrants, a été dévastateur. Beaucoup d’entre eux ne sont pas reconnus par les lois nationales, comme s’ils n’existaient pas. Ils vivent dans des conditions très précaires, eux et leurs familles, exposés à diverses formes de servitudes et sans système de welfare qui les couvre. S’y ajoute le fait qu’actuellement seul un tiers de la population mondiale en âge de travailler jouit d’un système de protection sociale, ou peut en profiter de manière limitée. Dans de nombreux pays la violence et la criminalité organisée progressent, étouffant la liberté et la dignité des personnes, empoisonnant l’économie et empêchant au bien commun de se développer. La réponse à ces situations ne peut passer qu’à travers un élargissement des possibilités de travail digne.
Le travail, en effet, est la base sur laquelle se construisent la justice et la solidarité dans toute communauté. C’est pourquoi «on ne doit pas chercher à ce que le progrès technologique remplace de plus en plus le travail humain, car l’humanité se dégraderait elle-même. Le travail est une nécessité, il fait partie du sens de la vie sur cette terre, chemin de maturation, de développement humain et de réalisation personnelle ».[18] Nous devons rassembler les idées et les efforts pour créer les conditions et trouver des solutions afin que tout être humain en âge de travailler ait la possibilité, par son travail, de contribuer à la vie de sa famille et de la société.
Il est plus que jamais urgent de promouvoir dans le monde entier des conditions de travail décentes et dignes, orientées vers le bien commun et la sauvegarde de la création. Il faut assurer et soutenir la liberté d’initiative des entreprises et, en même temps, développer une responsabilité sociale renouvelée pour que le profit ne soit pas l’unique critère-guide.
Dans cette perspective, doivent être stimulées, accueillies et soutenues les initiatives qui, à tous les niveaux, motivent les entreprises au respect des droits humains fondamentaux des travailleuses et des travailleurs, en sensibilisant non seulement les institutions mais aussi les consommateurs, la société civile et les entreprises. Plus ces dernières sont conscientes de leur rôle social, plus elles deviennent des lieux où s’exerce la dignité humaine, participant ainsi à la construction de la paix. Sur ce sujet, la politique est appelée à jouer un rôle actif en promouvant un juste équilibre entre liberté économique et justice sociale. Tous ceux qui œuvrent en ce domaine, en commençant par les travailleurs et les entrepreneurs catholiques, peuvent trouver des orientations sûres dans la Doctrine sociale de l’Église.
Chers frères et sœurs, alors que nous cherchons à unir nos efforts pour sortir de la pandémie, je voudrais renouveler ma gratitude à tous ceux qui sont engagés, et qui continuent à se dévouer avec générosité et responsabilité, pour garantir l’instruction, la sécurité et la protection des droits, pour donner les soins médicaux, pour faciliter la rencontre entre familles et malades, pour garantir un soutien économique aux personnes pauvres ou qui ont perdu leur travail. Et j’assure de ma prière toutes les victimes et de leurs familles.
Aux gouvernants et à tous ceux qui ont des responsabilités politiques et sociales, aux pasteurs et aux animateurs des communautés ecclésiales, ainsi qu’à tous les hommes et femmes de bonne volonté, je lance un appel pour que nous marchions ensemble dans ces trois voies: le dialogue entre les générations, l’éducation et le travail; avec courage et créativité. Et que soient de plus en plus nombreux ceux qui, sans faire de bruit, avec humilité et ténacité, se font jour après jour des artisans de paix. Et que la Bénédiction du Dieu de la paix les précède et les accompagne toujours.
Du Vatican, le 8 décembre 2021
FRANÇOIS
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[1] Cf. Lett. enc. Populorum progressio (26 mars 1967), n. 76ss.
[2] Cf. Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 49.
[3] Cf. Lett. enc. Fratelli tutti (3 ocotbre 2020), n. 231.
[4] Ibid., n. 218.
[5] Ibid., n. 199.
[6] Ibid., n. 179.
[7] Cf. Ibid., n. 180.
[8] Exhort. ap. Christus vivit (25 mars 2019), n. 199.
[9] Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 159.
[10] Cf. Ibid., nn. 163; 202.
[11] Cf. Ibid., n. 139.
[12] Cf. Message aux participants au 4ème Forum de Paris sur la paix, 11-13 novembre 2021.
[13] Cf. Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 231; Message pour la 54ème Journée Mondiale de la Paix. La culture du soin comme parcours de paix (8 décembre 2020).
[14] Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 199.
[15] Vidéomessage pour le Global Compact on Education. Together to look Beyond (15 octobre 2020).
[16] Cf. Vidéomessage pour le High Level Virtual Climate Ambition Summit (13 décembre 2020), n. 18.
[17] Cf. S. Jean-Paul II, Lett. enc. Laborem exercens (14 septembre 1981), n. 18.
[18] Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 128.
[01823-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dialogue between generations, education and work:
tools for building lasting peace
1. “How beautiful upon the mountains are the feet of the messenger who announces peace” (Is 52:7).
The words of the prophet Isaiah speak of consolation; they voice the sigh of relief of a people in exile, weary of violence and oppression, exposed to indignity and death. The prophet Baruch had wondered: “Why is it, O Israel, why is it that you are in the land of your enemies, that you are growing old in a foreign country, that you are defiled with the dead, that you are counted among those in Hades?” (3:10-11). For the people of Israel, the coming of the messenger of peace meant the promise of a rebirth from the rubble of history, the beginning of a bright future.
Today the path of peace, which Saint Paul VI called by the new name of integral development,[1] remains sadly distant from the real lives of many men and women and thus from our human family, which is now entirely interconnected. Despite numerous efforts aimed at constructive dialogue between nations, the deafening noise of war and conflict is intensifying. While diseases of pandemic proportions are spreading, the effects of climate change and environmental degradation are worsening, the tragedy of hunger and thirst is increasing, and an economic model based on individualism rather than on solidary sharing continues to prevail. As in the days of the prophets of old, so in our own day the cry of the poor and the cry of the earth[2] constantly make themselves heard, pleading for justice and peace.
In every age, peace is both a gift from on high and the fruit of a shared commitment. Indeed, we can speak of an “architecture” of peace, to which different institutions of society contribute, and an “art” of peace that directly involves each one of us.[3] All can work together to build a more peaceful world, starting from the hearts of individuals and relationships in the family, then within society and with the environment, and all the way up to relationships between peoples and nations.
Here I wish to propose three paths for building a lasting peace. First, dialogue between generations as the basis for the realization of shared projects. Second, education as a factor of freedom, responsibility and development. Finally, labour as a means for the full realization of human dignity. These are three indispensable elements for “making possible the creation of a social covenant”,[4] without which every project of peace turns out to be insubstantial.
2. Dialogue between generations to build peace
In a world still gripped by the pandemic that has created untold problems, “some people attempt to flee from reality, taking refuge in their own little world; others react to it with destructive violence. Yet between selfish indifference and violent protest there is always another possible option: that of dialogue. Dialogue between generations”.[5]
All honest dialogue, in addition to a correct and positive exchange of views, demands basic trust between the participants. We need to learn how to regain this mutual trust. The current health crisis has increased our sense of isolation and a tendency to self-absorption. The loneliness of the elderly is matched in the young by a sense of helplessness and a lack of a shared vision about the future. The crisis has indeed been painful, but it has also helped to bring out the best in people. Indeed, during the pandemic we encountered generous examples of compassion, sharing and solidarity in every part of the world.
Dialogue entails listening to one another, sharing different views, coming to agreement and walking together. Promoting such dialogue between generations involves breaking up the hard and barren soil of conflict and indifference in order to sow the seeds of a lasting and shared peace.
Although technological and economic development has tended to create a divide between generations, our current crises show the urgent need for an intergenerational partnership. Young people need the wisdom and experience of the elderly, while those who are older need the support, affection, creativity and dynamism of the young.
Great social challenges and peace processes necessarily call for dialogue between the keepers of memory – the elderly – and those who move history forward – the young. Each must be willing to make room for others and not to insist on monopolizing the entire scene by pursuing their own immediate interests, as if there were no past and future. The global crisis we are experiencing makes it clear that encounter and dialogue between generations should be the driving force behind a healthy politics, that is not content to manage the present “with piecemeal solutions or quick fixes”,[6] but views itself as an outstanding form of love for others,[7] in the search for shared and sustainable projects for the future.
If, amid difficulties, we can practise this kind of intergenerational dialogue, “we can be firmly rooted in the present, and from here, revisit the past and look to the future. To revisit the past in order to learn from history and heal old wounds that at times still trouble us. To look to the future in order to nourish our enthusiasm, cause dreams to emerge, awaken prophecies and enable hope to blossom. Together, we can learn from one another”.[8] For without roots, how can trees grow and bear fruit?
We need only think of care for our common home. The environment, in fact, “is on loan to each generation, which must then hand it on to the next”.[9] We ought to esteem and encourage all those young people who work for a more just world, one that is careful to safeguard the creation entrusted to our stewardship. They go about this with restlessness, enthusiasm and most of all a sense of responsibility before the urgent change of direction[10] required by the challenges emerging from the present ethical and socio-environmental crisis.[11]
On the other hand, the opportunity to build paths of peace together cannot ignore education and labour, which are privileged settings and contexts for intergenerational dialogue. Education provides the grammar for dialogue between generations, and in the experience of labour men and women of different generations find themselves able to cooperate and to share expertise, experiences and skills in view of the common good.
3. Teaching and education as drivers of peace
In recent years, there has been a significant reduction worldwide in funding for education and training; these have been seen more as expenditures than investments. Yet they are the primary means of promoting integral human development; they make individuals more free and responsible, and they are essential for the defence and promotion of peace. In a word, teaching and education are the foundations of a cohesive civil society capable of generating hope, prosperity and progress.
Military expenditures, on the other hand, have increased beyond the levels at the end of the Cold War and they seem certain to grow exorbitantly.[12]
It is high time, then, that governments develop economic policies aimed at inverting the proportion of public funds spent on education and on weaponry. The pursuit of a genuine process of international disarmament can only prove beneficial for the development of peoples and nations, freeing up financial resources better used for health care, schools, infrastructure, care of the land and so forth.
It is my hope that investment in education will also be accompanied by greater efforts to promote the culture of care,[13] which, in the face of social divisions and unresponsive institutions, could become a common language working to break down barriers and build bridges. “A country flourishes when constructive dialogue occurs between its many rich cultural components: popular culture, university culture, youth culture, artistic culture, technological culture, economic culture, family culture and media culture”.[14] It is essential, then, to forge a new cultural paradigm through “a global pact on education for and with future generations, one that commits families, communities, schools, universities, institutions, religions, governments and the entire human family to the training of mature men and women”.[15] A compact that can promote education in integral ecology, according to a cultural model of peace, development and sustainability centred on fraternity and the covenant between human beings and the environment.[16]
By investing in the education and training of younger generations, we can help them – through a focused programme of formation – to take their rightful place in the labour market.[17]
4. Creating and ensuring labour builds peace
Labour is an indispensable factor in building and keeping peace. It is an expression of ourselves and our gifts, but also of our commitment, self-investment and cooperation with others, since we always work with or for someone. Seen in this clearly social perspective, the workplace enables us to learn to make our contribution towards a more habitable and beautiful world.
The Covid-19 pandemic has negatively affected the labour market, which was already facing multiple challenges. Millions of economic and productive activities have failed; short-term workers are increasingly vulnerable; many of those who provide essential services have an even lower public and political profile; and in many cases, distance teaching has led to a deficit in learning and delays in completing programmes of study. Furthermore, young people entering the job market and recently unemployed adults presently face bleak prospects.
In a particular way, the impact of the crisis on the informal economy, which often involves migrant workers, has been devastating. Many of the latter are not even recognized by national legislation; it is as though they did not exist. They and their families live in highly precarious conditions, prey to various forms of slavery and with no system of welfare to protect them. Currently only one third of the world’s population of working age enjoys a system of social protection, or benefit from it only in limited ways. Violence and organized crime are on the increase in many countries, impinging on people’s freedom and dignity, poisoning the economy and hampering the development of the common good. The only answer to this is an expansion of dignified employment opportunities.
Labour, in fact, is the foundation on which to build justice and solidarity in every community. For this reason, our aim should not be “that technological progress increasingly replace human work, for this would be detrimental to humanity. Work is a necessity, part of the meaning of life on this earth, a path to growth, human development and personal fulfilment”.[18] We need to combine our ideas and efforts in order to create the solutions and conditions that can provide everyone of working age with the opportunity, through their work, to contribute to the lives of their families and of society as a whole.
It is more urgent than ever to promote, throughout our world, decent and dignified working conditions, oriented to the common good and to the safeguarding of creation. The freedom of entrepreneurial initiatives needs to be ensured and supported; at the same time, efforts must be made to encourage a renewed sense of social responsibility, so that profit will not be the sole guiding criterion.
In light of this, there is a need to promote, welcome and support initiatives that, on all levels, urge companies to respect the fundamental human rights of workers, raising awareness not only on the part of institutions, but also among consumers, civil society and entrepreneurial entities. As the latter become more and more conscious of their role in society, the more they will become places where human dignity is respected. In this way, they will contribute to building peace. Here, politics is called to play an active role by promoting a fair balance between economic freedom and social justice. All who work in this field, starting with Catholic workers and entrepreneurs, can find sure guidelines in the Church’s social doctrine.
Dear brothers and sisters, as we seek to combine our efforts in order to emerge from the pandemic, I renew my thanks to all those who continue to work with generosity and responsibility in the areas of education, safety and protection of rights, in supplying medical care, in facilitating meetings between family members and the sick, and in providing economic support to the needy and those who have lost their jobs. I continue to remember the victims and their families in my prayers.
To government leaders and to all those charged with political and social responsibilities, to priests and pastoral workers, and to all men and women of good will, I make this appeal: let us walk together with courage and creativity on the path of intergenerational dialogue, education, and work. May more and more men and women strive daily, with quiet humility and courage, to be artisans of peace. And may they be ever inspired and accompanied by the blessings of the God of peace!
From the Vatican, 8 December 2021
FRANCIS
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[1] Cf. Encyclical Letter Populorum Progressio (26 March 1967), 76ff.
[2] Cf. Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), 49.
[3] Cf. Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), 231.
[4] Ibid., 218.
[5] Ibid., 199.
[6] Ibid., 179.
[7] Cf. ibid., 180.
[8] Post-Synodal Apostolic Exhortation Christus Vivit (25 March 2019), 199.
[9] Encyclical Letter Laudato Si’, 159.
[10] Cf. ibid., 163; 202.
[11] Cf. ibid., 139.
[12] Cf. Message to the Participants in the 4th Paris Peace Forum, 11-13 November 2021.
[13] Cf. Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), 231; Message for the 2021 World Day of Peace: A Culture of Care as a Path to Peace (8 December 2020).
[14] Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), 199.
[15] Cf. Video Message for the Global Compact on Education: Together to Look Beyond (15 October 2020).
[16] Cf. Video Message for the High Level Virtual Climate Ambition Summit (13 December 2020).
[17] Cf. JOHN PAUL II, Encyclical Letter Laborem Exercens (14 September 1981), 18.
[18] Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), 128.
[01823-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Dialog zwischen den Generationen, Erziehung und Arbeit:
Werkzeuge, um einen dauerhaften Frieden aufzubauen
1. »Wie willkommen sind auf den Bergen die Schritte des Freudenboten, der Frieden ankündigt« (Jes52,7)
Die Worte des Propheten Jesaja bringen den Trost zum Ausdruck, das Aufatmen eines verbannten Volkes, das durch Gewalt und Übergriffe am Ende seiner Kräfte und der Würdelosigkeit und dem Tod ausgeliefert war. Über dieses Volk fragte sich der Prophet Baruch: »Warum, Israel, warum lebst du im Gebiet der Feinde, wirst alt in einem fremden Land, bist unrein geworden, den Toten gleich, wurdest gezählt zu denen, die in die Unterwelt hinabsteigen« (3,10-11). Für dieses Volk bedeutete die Ankunft desFriedensbotendie Hoffnung auf eine Neugeburt aus den Trümmern der Geschichte, der Beginn einer strahlenden Zukunft.
Auch heute noch bleibt derWeg des Friedens, den der heilige Paul VI. mit dem neuen Namen einerumfassenden Entwicklung[1]bezeichnet hat, leider weit entfernt vom wirklichen Leben vieler Männer und Frauen und folglich von der Menschheitsfamilie, die mittlerweile weltweit vernetzt ist. Trotz der vielfachen Anstrengungen, die auf einen konstruktiven Dialog zwischen den Nationen hinzielen, verstärkt sich der ohrenbetäubende Lärm der Kriege und Konflikte, während sich Krankheiten im Ausmaß von Pandemien verbreiten, sich die Auswirkungen des Klimawandels und der Umweltschäden verschlimmern, sich das Drama des Hungers und des Durstes verschärft. Zugleich herrscht weiterhin ein Wirtschaftssystem vor, das mehr auf dem Individualismus als auf einer solidarischen Teilhabe beruht. Wie zu den Zeiten der antiken Propheten, hört auch heute dieKlage der Armen wie die der Erde[2]nicht auf, sich zu erheben, um Gerechtigkeit und Frieden zu erflehen.
In jedem Zeitalter war der Frieden zugleich Gabe aus der Höhe und Ergebnis einer gemeinsamen Anstrengung. Es gibt in der Tat eine „Architektur“ des Friedens, in der verschiedene gesellschaftliche Einrichtungen einen Beitrag leisten, und es gibt ein „Handwerk“ des Friedens, das jeden von uns in erster Person miteinbezieht.[3]Alle können zusammenarbeiten, um eine friedvollere Welt aufzubauen: angefangen vom eigenen Herzen und von den Beziehungen in der Familie, in der Gesellschaft und mit der Umwelt, bis zu den Beziehungen unter den Völkern und zwischen den Staaten.
Ich möchte hierdrei Wegefür den Aufbau eines dauerhaften Friedens vorschlagen. Zunächst einmalden Dialog zwischen den Generationenals Grundlage für die Verwirklichung gemeinsamer Pläne. In zweiter LiniedieBildung, als Basis für Freiheit, Verantwortung und Entwicklung. Schließlichdie Arbeitfür eine vollständige Verwirklichung der Menschenwürde. Es handelt sich um drei unabdingbare Elemente, um »einen Sozialpakt entstehen« zu lassen,[4]ohne den sich jedes Friedensprojekt als ungenügend erweist.
2. Dialog führen unter den Generationen, um den Frieden aufzubauen
In einer Welt, die immer noch von der allzu problemreichen Pandemie in die Zange genommen wird, »versuchen [einige], der Realität zu entfliehen, indem sie sich in die Privatsphäre zurückziehen, andere begegnen ihr mit zerstörerischer Gewalt. Aber zwischen der egoistischen Gleichgültigkeit und dem gewaltsamen Protest gibt es eine Option, die immer möglich ist: den Dialog. Der Dialog zwischen den Generationen«.[5]
Jeder ehrliche Dialog erfordert, auch wenn er von einer angemessenen und positiven Dialektik nicht frei ist, immer ein Grundvertrauen zwischen den Gesprächspartnern. Zu diesem gegenseitigen Vertrauen müssen wir zurückfinden, um es uns wieder anzueignen! Die gegenwärtige Gesundheitskrise hat bei allen das Bewusstsein für die Einsamkeit und für das In-sich-Kehren verstärkt. Zur Einsamkeit der älteren Menschen gesellt sich bei den Jugendlichen das Bewusstsein der Ohnmacht und des Fehlens einer gemeinsamen Zukunftsperspektive. Eine solche Krise ist gewiss schmerzlich. In ihr kann sich aber auch das Beste im Menschen zeigen. In der Tat haben wir während der Pandemie überall auf der Welt großartige Zeugnisse des Mitgefühls, des Teilens und der Solidarität festgestellt.
Dialog führen bedeutet anhören, sich auseinandersetzen, übereinkommen und miteinander vorangehen. Dies alles unter den Generationen zu fördern heißt, das harte und unfruchtbare Erdreich des Konflikts aufzulockern, um die Samen eines dauerhaften und gemeinsam vertretenen Friedens zu kultivieren.
Während der technische und wirtschaftliche Fortschritt die Generationen oft einander entfremdet hat, zeigen die gegenwärtigen Krisen die Notwendigkeit ihres Zusammenspiels. Einerseits brauchen die jungen Menschen die Lebens-, die Weisheits- und die geistliche Erfahrung der Älteren; andererseits haben die Älteren die Unterstützung, die Zuneigung, die Kreativität und die Dynamik der Jungen nötig.
Die großen gesellschaftlichen Herausforderungen und die Prozesse der Befriedung kommen nicht ohne den Dialog zwischen den Hütern des Gedächtnisses – den älteren Menschen – und denjenigen, die die Geschichte voranbringen, – der Jugend – aus. Ebenso braucht es die Bereitschaft eines jeden, dem anderen Raum zu geben. Keiner darf sich anmaßen, die gesamte Szenerie abzudecken, indem man die eigenen unmittelbaren Interessen verfolgt, als ob es weder Vergangenheit noch Zukunft gäbe. Die globale Krise, die wir erleben, zeigt uns in der Begegnung und im Dialog zwischen den Generationen die treibende Kraft einer gesunden Politik, die sich nicht damit zufrieden gibt, das Vorhandene »durch Zusammenflicken oder bloße schnelle Gelegenheitslösungen«[6]zu meistern, sondern sich bei der Erarbeitung von gemeinsamen und nachhaltigen Projekten als eine wertvolle Form der Nächstenliebe[7]äußert.
Wenn wir es schaffen, bei den anstehenden Problemen diesen generationsübergreifenden Dialog auszuführen, »werden wir gut in der Gegenwart verwurzelt sein können. Aus dieser Position heraus werden wir in der Lage sein, mit der Vergangenheit und der Zukunft im Austausch zu stehen: mit der Vergangenheit, um von der Geschichte zu lernen und die Wunden zu heilen, die uns zuweilen beeinträchtigen; mit der Zukunft, um den Enthusiasmus zu nähren, die Träume aufsprießen zu lassen, prophetische Visionen zu erwecken, Hoffnungen blühen zu lassen. Auf diese Weise werden wir vereint voneinander lernen«.[8]Wie könnten sonst die Bäume ohne die Wurzeln wachsen und Früchte tragen?
Es genügt, an das Thema der Sorge um unser gemeinsames Haus zu denken. In der Tat ist die Umwelt selbst »eine Leihgabe, die jede Generation empfängt und an die nächste Generation weitergeben muss«.[9]Deshalb müssen die vielen jungen Menschen gewürdigt und ermutigt werden, die sich für eine gerechtere Welt einsetzen; eine Welt, die auf die Bewahrung der Schöpfung, die unserer Obhut anvertraut ist, achtet. Sie tun dies mit Unruhe und Begeisterung sowie vor allem mit einem Sinn für Verantwortung im Hinblick auf einen dringenden Kurswechsel,[10]den die Schwierigkeiten verlangen, die aus der heutigen ethischen und sozio-ökologischen Krise[11]entstanden sind.
Im Übrigen kann die Möglichkeit, gemeinsam Wege des Friedens aufzubauen, nicht von der Erziehung und der Arbeit absehen. Diese sind bevorzugte Orte und Begegnungsstätten des generationenübergreifenden Dialogs. Die Erziehung liefert die Grammatik des Dialogs zwischen den Generationen, und die Arbeitswelt führt Männer und Frauen verschiedener Generationen zusammen, wo sie zusammenarbeiten und ihr Wissen, ihre Erfahrungen wie auch ihre Befähigungen für das Gemeinwohl weitergeben.
3. Bildung und Erziehung als Motor des Friedens
In den letzten Jahren sind die Haushaltsmittel für Bildung und Erziehung, die eher als Ausgaben denn als Investitionen betrachtet werden, weltweit erheblich zurückgegangen. Sie sind jedoch die Hauptträger der ganzheitlichen menschlichen Entwicklung: Sie machen den Menschen freier und verantwortungsbewusster und sind für die Verteidigung und Förderung des Friedens unverzichtbar. Mit anderen Worten: Bildung und Erziehung sind die Grundlagen einer eng zusammenstehenden, zivilisierten Gesellschaft, die in der Lage ist, Hoffnung, Wohlstand und Fortschritt zu schaffen.
Die Militärausgaben hingegen sind über das Niveau zum Ende des „Kalten Krieges“ gestiegen und werden voraussichtlich weiter exorbitant zunehmen.[12]
Es ist daher dringend notwendig, dass die Verantwortlichen in der Regierung eine Wirtschaftspolitik entwickeln, die das Verhältnis zwischen öffentlichen Investitionen in die Bildung und den für die Rüstung bereitgestellten Mitteln umkehrt. Darüber hinaus kann die Fortsetzung eines echten internationalen Abrüstungsprozesses für die Entwicklung der Völker und Nationen nur von großem Nutzen sein, da dadurch finanzielle Ressourcen frei werden, die in geeigneterer Weise für das Gesundheitswesen, die Schulen, die Infrastruktur, den Umweltschutz usw. eingesetzt werden können.
Ich hoffe, dass die Investitionen in die Bildung mit einem stärkeren Engagement für die Förderung der Kultur der Achtsamkeit einhergehen werden.[13]Sie kann angesichts der Brüche in der Gesellschaft und der Untätigkeit der Institutionen zu einer gemeinsamen Sprache werden, die Barrieren niederreißt und Brücken baut. »Ein Land wächst, wenn seine verschiedenen kulturellen Reichtümer konstruktiv in Dialog miteinander stehen: die Volkskultur, die Universitätskultur, die Jugendkultur, die Kultur der Kunst und die Kultur der Technik, die Wirtschaftskultur und die Familienkultur sowie die Medienkultur«.[14]Es ist daher notwendig, ein neues kulturelles Paradigma zu schmieden, und zwar durch »einen globalen Bildungspakt für und mit den jüngeren Generationen […], der Familien, Gemeinschaften, Schulen und Universitäten, Institutionen, Religionen, Regierende, ja, die gesamte Menschheit dazu verpflichtet, reife Menschen heranzubilden«.[15]Ein Pakt, der die Erziehung zur ganzheitlichen Ökologie nach einem kulturellen Modell des Friedens, der Entwicklung und der Nachhaltigkeit fördern soll, in dessen Mittelpunkt die Geschwisterlichkeit und das Miteinander zwischen Mensch und Umwelt stehen.[16]
Die Investition in die Bildung und Erziehung der jüngeren Generationen ist der Hauptweg, um sie durch eine gezielte Ausbildung dazu zu befähigen, einen angemessenen Platz in der Arbeitswelt einzunehmen.[17]
4. Schaffung und Sicherung von Arbeit ist friedensstiftend
Arbeit ist ein unverzichtbarer Faktor für den Aufbau und die Erhaltung des Friedens. Sie ist Ausdruck der eigenen Person und der eigenen Fähigkeiten, aber auch Einsatz, Mühe, Zusammenarbeit mit anderen, denn man arbeitet immer mit oder für jemand anderen. In dieser eindeutig sozialen Perspektive ist die Arbeit der Ort, an dem wir lernen, unseren Beitrag zu einer lebenswerteren und schöneren Welt zu leisten.
Die Covid-19-Pandemie hat die Situation in der Arbeitswelt noch erschwert, die bereits mit zahlreichen Herausforderungen konfrontiert war. Millionen von wirtschaftlichen und produktiven Unternehmen sind in Konkurs gegangen; die Zeitarbeiter sind zunehmend gefährdet; viele derjenigen, die wesentliche Dienstleistungen erbringen, sind noch mehr aus dem öffentlichen und politischen Bewusstsein verschwunden; Fernunterricht hat in vielen Fällen zu einem Rückschritt beim Lernen und in der Schullaufbahn geführt. Darüber hinaus sind heute die Aussichten für junge Menschen, die in den Arbeitsmarkt eintreten, und für Erwachsene, die in die Arbeitslosigkeit geraten sind, dramatisch.
Die Auswirkungen der Krise auf die informelle Wirtschaft, die oftmals Migranten als Arbeiter beschäftigt, waren besonders verheerend. Viele von ihnen werden von den nationalen Gesetzen nicht anerkannt, so als ob es sie nicht gäbe; sie leben unter sehr prekären Bedingungen für sich und ihre Familien, sind verschiedenen Formen der Sklaverei ausgesetzt und haben kein Sozialsystem, das sie schützt. Hinzu kommt, dass derzeit nur ein Drittel der Weltbevölkerung im erwerbsfähigen Alter über ein Sozialschutzsystem verfügt oder nur in begrenztem Umfang davon Gebrauch machen kann. In vielen Ländern sind Gewalt und organisierte Kriminalität auf dem Vormarsch und schränken die Freiheit und Würde der Menschen ein, vergiften die Wirtschaft und verhindern die Entwicklung des Gemeinwohls. Die Antwort auf diese Situation kann nur in einer Ausweitung der Möglichkeiten für menschenwürdige Arbeit liegen.
Arbeit ist in der Tat die Grundlage, auf der Gerechtigkeit und Solidarität in jeder Gemeinschaft aufgebaut werden können. Aus diesem Grund darf man »nicht danach trachten, dass der technologische Fortschritt immer mehr die menschliche Arbeit verdränge, womit die Menschheit sich selbst schädigen würde. Die Arbeit ist eine Notwendigkeit, sie ist Teil des Sinns des Lebens auf dieser Erde, Weg der Reifung, der menschlichen Entwicklung und der persönlichen Verwirklichung«.[18]Wir müssen unsere Ideen und Bemühungen bündeln, um die Bedingungen zu schaffen und Lösungen zu finden, damit jeder Mensch im erwerbsfähigen Alter die Möglichkeit hat, durch seine Arbeit zum Leben der Familie und der Gesellschaft beizutragen.
Es ist dringender denn je, weltweit annehmbare und menschenwürdige Arbeitsbedingungen zu fördern, die sich am Gemeinwohl und an der Bewahrung der Schöpfung orientieren. Es ist notwendig, die Freiheit der unternehmerischen Initiativen zu gewährleisten und zu unterstützen und gleichzeitig einen erneuerten sozialen Verantwortungssinn zu fördern, damit der Gewinn nicht das einzige Leitkriterium sei.
In dieser Hinsicht sollten Initiativen angeregt, begrüßt und unterstützt werden, die auf allen Ebenen die Unternehmen zur Achtung der grundlegenden Menschenrechte der Arbeitnehmerinnen und Arbeitnehmer drängen und dafür nicht nur die Institutionen, sondern auch die Verbraucher, die Zivilgesellschaft und die Betriebswelt sensibilisieren. Je bewusster diese Unternehmen sich ihrer sozialen Rolle sind, desto mehr werden sie zu Orten, an denen die Menschenwürde gelebt wird, und tragen so ihrerseits zum Aufbau des Friedens bei. Diesbezüglich ist die Politik gefordert, eine aktive Rolle zu spielen und ein ausgewogenes Verhältnis zwischen wirtschaftlicher Freiheit und sozialer Gerechtigkeit zu fördern. Und alle, die sich in diesem Bereich engagieren, angefangen bei den katholischen Arbeitnehmern und Unternehmern, können in derSoziallehre der Kirchesichere Orientierungspunkte finden.
Liebe Brüder und Schwestern! Während wir bestrebt sind, unsere Anstrengungen zur Überwindung der Pandemie zu bündeln, möchte ich meinen Dank an all diejenigen erneuern, die sich mit Großzügigkeit und Verantwortungsbewusstsein für Bildung, Sicherheit und den Schutz der Rechte eingesetzt haben und weiterhin einsetzen, um die medizinische Versorgung zu gewährleisten, die Zusammenführung von Familienmitgliedern und Kranken zu erleichtern und die wirtschaftliche Unterstützung der Bedürftigen oder derjenigen, die ihren Arbeitsplatz verloren haben, sicherzustellen. Und ich versichere mein Gebetsgedenken für alle Opfer und ihre Familien.
Ich appelliere an die Regierenden und die Verantwortungsträger in Politik und Gesellschaft, an die Hirten und die Mitarbeiter der kirchlichen Gemeinschaften sowie an alle Männer und Frauen guten Willens, gemeinsam diese drei Wege zu beschreiten: Dialog zwischen den Generationen, Bildung und Arbeit. Mit Mut und Kreativität. Und möge es immer mehr Menschen geben, die in aller Stille, Demut und Beharrlichkeit Tag für Tag zu Handwerkern des Friedens werden. Und möge der Segen des Gottes des Friedens ihnen stets vorangehen und sie begleiten!
Aus dem Vatikan, am 8. Dezember 2021, Hochfest der ohne Erbsünde empfangenen Jungfrau Maria.
FRANZISKUS
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[1]Vgl. EnzyklikaPopulorum progressio(26. März 1967), 76 ff.
[2]Vgl. EnzyklikaLaudato si’(24. Mai 2015), 49.
[3]Vgl. EnzyklikaFratelli tutti(3. Oktober 2020), 231.
[4]Ebd., 218
[5]Ebd., 199.
[6]Ebd., 179.
[7]Vgl.ebd., 180.
[8]Nachsyn. Apost. SchreibenChristus vivit(25.März 2019), 199.
[9]EnzyklikaLaudato si’(24. Mai 2015), 159.
[10]Ebd., 163; 202.
[11]Ebd., 139.
[12]Vgl.Botschaftan die Teilnehmer des 4. Pariser Friedensforums, 11. - 13. November 2021.
[13]Vgl.Laudato si'(24. Mai 2015), 231;Botschaft zum 54. Weltfriedenstag.Die Kultur der Achtsamkeit als Weg zum Frieden(8. Dezember 2020).
[14]EnzyklikaFratelli tutti(3. Oktober 2020), 199.
[15]Videobotschaftfür den Global Compact on Education.Together to Look Beyond (15. Oktober 2020).
[16]Vgl.Videobotschaftfür denHigh Level Virtual Climate Ambition Summit(13. Dezember 2020).
[17]Vgl.Hl.Johannes Paul II, EnzyklikaLaborem Exercens(14. September 1981), 18.
[18]. EnzyklikaLaudato si'(24. Mai 2015), 128.
[01823-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Diálogo entre generaciones, educación y trabajo:
instrumentos para construir una paz duradera
1. «¡Qué hermosos son sobre las montañas los pasos del mensajero que proclama la paz!» (Is 52,7).
Las palabras del profeta Isaías expresan el consuelo, el suspiro de alivio de un pueblo exiliado, agotado por la violencia y los abusos, expuesto a la indignidad y la muerte. El profeta Baruc se preguntaba al respecto: «¿Por qué, Israel, estás en una tierra de enemigos y envejeciste en un país extranjero? ¿Por qué te manchaste con cadáveres y te cuentas entre los que bajan a la fosa?» (3,10-11). Para este pueblo, la llegada delmensajero de la pazsignificaba la esperanza de un renacimiento de los escombros de la historia, el comienzo de un futuro prometedor.
Todavía hoy, elcamino de la paz, que san Pablo VI denominó con el nuevo nombre dedesarrollointegral,[1]permanece desafortunadamente alejado de la vida real de muchos hombres y mujeres y, por tanto, de la familia humana, que está totalmente interconectada. A pesar de los numerosos esfuerzos encaminados a un diálogo constructivo entre las naciones, el ruido ensordecedor de las guerras y los conflictos se amplifica, mientras se propagan enfermedades de proporciones pandémicas, se agravan los efectos del cambio climático y de la degradación del medioambiente, empeora la tragedia del hambre y la sed, y sigue dominando un modelo económico que se basa más en el individualismo que en el compartir solidario. Como en el tiempo de los antiguos profetas,el clamor de los pobres y de la tierra[2]sigue elevándose hoy, implorando justicia y paz.
En cada época, la paz es tanto un don de lo alto como el fruto de un compromiso compartido. Existe, en efecto, una “arquitectura” de la paz, en la que intervienen las distintas instituciones de la sociedad, y existe un “artesanado” de la paz que nos involucra a cada uno de nosotros personalmente.[3]Todos pueden colaborar en la construcción de un mundo más pacífico: partiendo del propio corazón y de las relaciones en la familia, en la sociedad y con el medioambiente, hasta las relaciones entre los pueblos y entre los Estados.
Aquí me gustaría proponertres caminospara construir una paz duradera. En primer lugar,el diálogo entre las generaciones, como base para la realización de proyectos compartidos. En segundo lugar,la educación, como factor de libertad, responsabilidad y desarrollo. Y, por último,el trabajopara una plena realización de la dignidad humana. Estos tres elementos son esenciales para «la gestación de un pacto social»,[4]sin el cual todo proyecto de paz es insustancial.
2. Diálogo entre generaciones para construir la paz
En un mundo todavía atenazado por las garras de la pandemia, que ha causado demasiados problemas, «algunos tratan de huir de la realidad refugiándose en mundos privados, y otros la enfrentan con violencia destructiva, pero entre la indiferencia egoísta y la protesta violenta, siempre hay una opción posible: el diálogo. El diálogo entre las generaciones».[5]
Todo diálogo sincero, aunque no esté exento de una dialéctica justa y positiva, requiere siempre una confianza básica entre los interlocutores. Debemos recuperar esta confianza mutua. La actual crisis sanitaria ha aumentado en todos la sensación de soledad y el repliegue sobre uno mismo. La soledad de los mayores va acompañada en los jóvenes de un sentimiento de impotencia y de la falta de una idea común de futuro. Esta crisis es ciertamente dolorosa. Pero también puede hacer emerger lo mejor de las personas. De hecho, durante la pandemia hemos visto generosos ejemplos de compasión, colaboración y solidaridad en todo el mundo.
Dialogar significa escucharse, confrontarse, ponerse de acuerdo y caminar juntos. Fomentar todo esto entre las generaciones significa labrar la dura y estéril tierra del conflicto y la exclusión para cultivar allí las semillas de una paz duradera y compartida.
Aunque el desarrollo tecnológico y económico haya dividido a menudo a las generaciones, las crisis contemporáneas revelan la urgencia de que se alíen. Por un lado, los jóvenes necesitan la experiencia existencial, sapiencial y espiritual de los mayores; por el otro, los mayores necesitan el apoyo, el afecto, la creatividad y el dinamismo de los jóvenes.
Los grandes retos sociales y los procesos de construcción de la paz no pueden prescindir del diálogo entre los depositarios de la memoria ―los mayores― y los continuadores de la historia ―los jóvenes―; tampoco pueden prescindir de la voluntad de cada uno de nosotros de dar cabida al otro, de no pretender ocupar todo el escenario persiguiendo los propios intereses inmediatos como si no hubiera pasado ni futuro. La crisis global que vivimos nos muestra que el encuentro y el diálogo entre generaciones es la fuerza propulsora de una política sana, que no se contenta con administrar la situación existente «con parches o soluciones rápidas»,[6]sino que se ofrece como forma eminente de amor al otro,[7]en la búsqueda de proyectos compartidos y sostenibles.
Si sabemos practicar este diálogo intergeneracional en medio de las dificultades, «podremos estar bien arraigados en el presente, y desde aquí frecuentar el pasado y el futuro: frecuentar el pasado, para aprender de la historia y para sanar las heridas que a veces nos condicionan; frecuentar el futuro, para alimentar el entusiasmo, hacer germinar sueños, suscitar profecías, hacer floreceresperanzas. De ese modo, unidos, podremos aprender unos de otros».[8]Sinraíces, ¿cómo podrían los árboles crecer y dar fruto?
Sólo hay que pensar en la cuestión del cuidado de nuestra casa común. De hecho, el propio medioambiente «es un préstamo que cada generación recibe y debe transmitir a la generación siguiente».[9]Por ello, tenemos que apreciar y alentar a los numerosos jóvenes que se esfuerzan por un mundo más justo y atento a la salvaguarda de la creación, confiada a nuestro cuidado. Lo hacen con preocupación y entusiasmo y, sobre todo, con sentido de responsabilidad ante el urgente cambio de rumbo[10]que nos imponen las dificultades derivadas de la crisis ética y socio-ambiental actual.[11]
Por otra parte, la oportunidad de construir juntos caminos hacia la paz no puede prescindir de la educación y el trabajo, lugares y contextos privilegiados para el diálogo intergeneracional. Es la educación la que proporciona la gramática para el diálogo entre las generaciones, y es en la experiencia del trabajo donde hombres y mujeres de diferentes generaciones se encuentran ayudándose mutuamente, intercambiando conocimientos, experiencias y habilidades para el bien común.
3. La instrucción y la educación como motores de la paz
El presupuesto para la instrucción y la educación, consideradas como un gasto más que como una inversión, ha disminuido significativamente a nivel mundial en los últimos años. Sin embargo, estas constituyen los principales vectores de un desarrollo humano integral: hacen a la persona más libre y responsable, y son indispensables para la defensa y la promoción de la paz. En otras palabras, la instrucción y la educación son las bases de una sociedad cohesionada, civil, capaz de generar esperanza, riqueza y progreso.
Los gastos militares, en cambio, han aumentado, superando el nivel registrado al final de la “guerra fría”, y parecen destinados a crecer de modo exorbitante.[12]
Por tanto, es oportuno y urgente que cuantos tienen responsabilidades de gobierno elaboren políticas económicas que prevean un cambio en la relación entre las inversiones públicas destinadas a la educación y los fondos reservados a los armamentos. Por otra parte, la búsqueda de un proceso real de desarme internacional no puede sino causar grandes beneficios al desarrollo de pueblos y naciones, liberando recursos financieros que se empleen de manera más apropiada para la salud, la escuela, las infraestructuras y el cuidado del territorio, entre otros.
Me gustaría que la inversión en la educación estuviera acompañada por un compromiso más consistente orientado a promover la cultura del cuidado.[13]Esta cultura, frente a las fracturas de la sociedad y a la inercia de las instituciones, puede convertirse en el lenguaje común que rompa las barreras y construya puentes. «Un país crece cuando sus diversas riquezas culturales dialogan de manera constructiva: la cultura popular, la universitaria, la juvenil, la artística, la tecnológica, la cultura económica, la cultura de la familia y de los medios de comunicación».[14]Por consiguiente, es necesario forjar un nuevo paradigma cultural a través de«un pacto educativo global para y con las generaciones más jóvenes, que involucre en la formación de personas maduras a las familias, comunidades, escuelas y universidades, instituciones, religiones, gobernantes, a toda la humanidad».[15]Un pacto que promueva la educación a la ecología integral según un modelo cultural de paz, de desarrollo y de sostenibilidad, centrado en la fraternidad y en la alianza entre el ser humano y su entorno.[16]
Invertir en la instrucción y en la educación de las jóvenes generaciones es el camino principal que las conduce, por medio de una preparación específica, a ocupar de manera provechosa un lugar adecuado en el mundo del trabajo.[17]
4. Promover y asegurar el trabajo construye la paz
El trabajo es un factor indispensable para construir y mantener la paz; es expresión de uno mismo y de los propios dones, pero también es compromiso, esfuerzo, colaboración con otros, porque se trabaja siempre con o por alguien. En esta perspectiva marcadamente social, el trabajo es el lugar donde aprendemos a ofrecer nuestra contribución por un mundo más habitable y hermoso.
La situación del mundo del trabajo, que ya estaba afrontando múltiples desafíos, se ha visto agravada por la pandemia de Covid-19. Millones de actividades económicas y productivas han quebrado; los trabajadores precarios son cada vez más vulnerables; muchos de aquellos que desarrollan servicios esenciales permanecen aún más ocultos a la conciencia pública y política; la instrucción a distancia ha provocado en muchos casos una regresión en el aprendizaje y en los programas educativos. Asimismo, los jóvenes que se asoman al mercado profesional y los adultos que han caído en la desocupación afrontan actualmente perspectivas dramáticas.
El impacto de la crisis sobre la economía informal, que a menudo afecta a los trabajadores migrantes, ha sido particularmente devastador. A muchos de ellos las leyes nacionales no los reconocen, es como si no existieran. Tanto ellos como sus familias viven en condiciones muy precarias, expuestos a diversas formas de esclavitud y privados de un sistema de asistencia social que los proteja. A eso se agrega que actualmente sólo un tercio de la población mundial en edad laboral goza de un sistema de seguridad social, o puede beneficiarse de él sólo de manera restringida. La violencia y la criminalidad organizada aumentan en muchos países, sofocando la libertad y la dignidad de las personas, envenenando la economía e impidiendo que se fomente el bien común. La respuesta a esta situación sólo puede venir a través de una mayor oferta de las oportunidades de trabajo digno.
El trabajo, en efecto, es la base sobre la cual se construyen en toda comunidad la justicia y la solidaridad. Por eso, «no debe buscarse que el progreso tecnológico reemplace cada vez más el trabajo humano, con lo cual la humanidad se dañaría a sí misma. El trabajo es una necesidad, parte del sentido de la vida en esta tierra, camino de maduración, de desarrollo humano y de realización personal».[18]Tenemos que unir las ideas y los esfuerzos para crear las condiciones e inventar soluciones, para que todo ser humano en edad de trabajar tenga la oportunidad de contribuir con su propio trabajo a la vida de la familia y de la sociedad.
Es más urgente que nunca que se promuevan en todo el mundo condiciones laborales decentes y dignas, orientadas al bien común y al cuidado de la creación. Es necesario asegurar y sostener la libertad de las iniciativas empresariales y, al mismo tiempo, impulsar una responsabilidad social renovada, para que el beneficio no sea el único principio rector.
En esta perspectiva hay que estimular, acoger y sostener las iniciativas que instan a las empresas al respeto de los derechos humanos fundamentales de las trabajadoras y los trabajadores, sensibilizando en ese sentido no sólo a las instituciones, sino también a los consumidores, a la sociedad civil y a las realidades empresariales. Estas últimas, cuanto más conscientes son de su función social, más se convierten en lugares en los que se ejercita la dignidad humana, participando así a su vez en la construcción de la paz. En este aspecto la política está llamada a desempeñar un rol activo, promoviendo un justo equilibrio entre la libertad económica y la justicia social. Y todos aquellos que actúan en este campo, comenzando por los trabajadores y los empresarios católicos, pueden encontrar orientaciones seguras en ladoctrina social de la Iglesia.
Queridos hermanos y hermanas: Mientras intentamos unir los esfuerzos para salir de la pandemia, quisiera renovar mi agradecimiento a cuantos se han comprometido y continúan dedicándose con generosidad y responsabilidad a garantizar la instrucción, la seguridad y la tutela de los derechos, para ofrecer la atención médica, para facilitar el encuentro entre familiares y enfermos, para brindar ayuda económica a las personas indigentes o que han perdido el trabajo. Aseguro mi recuerdo en la oración por todas las víctimas y sus familias.
A los gobernantes y a cuantos tienen responsabilidades políticas y sociales, a los pastores y a los animadores de las comunidades eclesiales, como también a todos los hombres y mujeres de buena voluntad, hago un llamamiento para que sigamos avanzando juntos con valentía y creatividad por estos tres caminos: el diálogo entre las generaciones, la educación y el trabajo. Que sean cada vez más numerosos quienes, sin hacer ruido, con humildad y perseverancia, se conviertan cada día en artesanos de paz. Y que siempre los preceda y acompañe la bendición del Dios de la paz.
Vaticano, 8 de diciembre de 2021
FRANCISCO
____________________
[1]Cf. Cartaenc.Populorum progressio(26 marzo 1967), 76ss.
[2]Cf. Cartaenc.Laudato si’(24 mayo 2015), 49.
[3]Cf. Cartaenc.Fratelli tutti(3 octubre 2020), 231.
[4]Ibíd., 218.
[5]Ibíd., 199.
[6]Ibíd., 179.
[7]Cf.ibíd., 180.
[8]Exhort. ap. postsin.Christus vivit(25 marzo 2019), 199.
[9]Cartaenc.Laudato si’(24 mayo 2015), 159.
[10]Cf.ibíd., 163; 202.
[11]Cf.ibíd., 139.
[12]Cf.Mensaje a los participantes en el 4º Foro de París sobre la paz, 11-13 noviembre 2021.
[13]Cf. Carta enc.Laudato si’(24 mayo 2015), 231;Mensaje para la LIV Jornada Mundial de la Paz.La cultura del cuidado como camino de paz(8 diciembre 2020).
[14]Carta enc.Fratelli tutti(3 octubre 2020), 199.
[15]Videomensaje con ocasión del Encuentro “Global Compact on Education. Together to Look Beyond”(15 octubre 2020).
[16]Cf.Videomensaje con ocasión de la Cumbre virtual de alto nivel sobre retos climáticos(12 diciembre 2020).
[17]Cf.S. Juan Pablo II, Carta enc.Laborem exercens(14 septiembre 1981), 18.
[18] Carta enc.Laudato si’(24 mayo 2015), 128.
[01823-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Diálogo entre gerações, educação e trabalho:
instrumentos para construir uma paz duradoura
1. «Que formosos são sobre os montes os pés do mensageiro que anuncia a paz» (Is52, 7)!
Estas palavras do profeta Isaías manifestam a consolação, o suspiro de alívio dum povo exilado, extenuado pelas violências e os abusos, exposto à infâmia e à morte. Sobre esse povo, assim se interrogava o profeta Baruc: «Por que estás tu em terra inimiga, envelhecendo num país estrangeiro? Contaminaste-te com os mortos, foste contado com os que descem ao Hades» (3,10-11). Para aquela gente, a chegada domensageiro de pazsignificava a esperança dum renascimento dos escombros da história, o início dum futuro luminoso.
Ainda hoje ocaminho da paz– o novo nome desta, segundo São Paulo VI, édesenvolvimento integral[1]– permanece, infelizmente, arredio da vida real de tantos homens e mulheres e consequentemente da família humana, que nos aparece agora totalmente interligada. Apesar dos múltiplos esforços visando um diálogo construtivo entre as nações, aumenta o ruído ensurdecedor de guerras e conflitos, ao mesmo tempo que ganham espaço doenças de proporções pandémicas, pioram os efeitos das alterações climáticas e da degradação ambiental, agrava-se o drama da fome e da sede e continua a predominar um modelo económico mais baseado no individualismo do que na partilha solidária. Como nos tempos dos antigos profetas, continua também hoje a elevar-seo clamor dos pobres e da terra[2]para implorar justiça e paz.
Em cada época, a paz é conjuntamente dádiva do Alto e fruto dum empenho compartilhado. De facto, há uma «arquitetura» da paz, onde intervêm as várias instituições da sociedade, e existe um «artesanato» da paz, que nos envolve pessoalmente a cada um de nós.[3]Todos podem colaborar para construir um mundo mais pacífico partindo do próprio coração e das relações em família, passando pela sociedade e o meio ambiente, até chegar às relações entre os povos e entre os Estados.
Quero propor, aqui,três caminhospara a construção duma paz duradoura. Primeiro, odiálogo entre as gerações, como base para a realização de projetos compartilhados. Depois,a educação, como fator de liberdade, responsabilidade e desenvolvimento. E, por fim,o trabalho, para uma plena realização da dignidade humana. São três elementos imprescindíveis para tornar «possível a criação dum pacto social»,[4]sem o qual se revela inconsistente todo o projeto de paz.
2. Dialogar entre gerações para construir a paz
Num mundo ainda fustigado pela pandemia, que tem causado tantos problemas, «alguns tentam fugir da realidade, refugiando-se em mundos privados, enquanto outros a enfrentam com violência destrutiva, mas, entre a indiferença egoísta e o protesto violento há uma opção sempre possível: o diálogo, [concretamente] o diálogo entre as gerações».[5]
Todo o diálogo sincero, mesmo sem excluir uma justa e positiva dialética, exige sempre uma confiança de base entre os interlocutores. Devemos voltar a recuperar esta confiança recíproca. A crise sanitária atual fez crescer, em todos, o sentido da solidão e o isolar-se em si mesmos. Às solidões dos idosos veio juntar-se, nos jovens, o sentido de impotência e a falta duma noção compartilhada de futuro. Esta crise é sem dúvida aflitiva, mas nela é possível expressar-se também o melhor das pessoas. De facto, precisamente durante a pandemia, constatamos nos quatro cantos do mundo generosos testemunhos de compaixão, partilha, solidariedade.
Dialogar significa ouvir-se um ao outro, confrontar posições, pôr-se de acordo e caminhar juntos. Favorecer tudo isto entre as gerações significa amanhar o terreno duro e estéril do conflito e do descarte para nele se cultivar as sementes duma paz duradoura e compartilhada.
Enquanto o progresso tecnológico e económico frequentemente dividiu as gerações, as crises contemporâneas revelam a urgência da sua aliança. Se os jovens precisam da experiência existencial, sapiencial e espiritual dos idosos, também estes precisam do apoio, carinho, criatividade e dinamismo dos jovens.
Os grandes desafios sociais e os processos de pacificação não podem prescindir do diálogo entre os guardiões da memória – os idosos – e aqueles que fazem avançar a história – os jovens –; tal como não é possível prescindir da disponibilidade de cada um dar espaço ao outro, nem pretender ocupar inteiramente a cena preocupando-se com os seus interesses imediatos como se não houvesse passado nem futuro. A crise global que vivemos mostra-nos, no encontro e no diálogo entre as gerações, a força motora duma política sã, que não se contenta em administrar o existente «com remendos ou soluções rápidas»,[6]mas presta-se, como forma eminente de amor pelo outro,[7]à busca de projetos compartilhados e sustentáveis.
Se soubermos, nas dificuldades, praticar este diálogo intergeracional, «poderemos estar bem enraizados no presente e, daqui, visitar o passado e o futuro: visitar o passado, para aprender da história e curar as feridas que às vezes nos condicionam; visitar o futuro, para alimentar o entusiasmo, fazer germinar os sonhos, suscitar profecias, fazer florescer as esperanças. Assim unidos, poderemos aprender uns com os outros».[8]Sem as raízes, como poderiam as árvores crescer e dar fruto?
É suficiente pensar no cuidado da nossa casa comum, já que o próprio meio ambiente «é um empréstimo que cada geração recebe e deve transmitir à geração seguinte».[9]Por isso, devem ser apreciados e encorajados os numerosos jovens que se empenham por um mundo mais justo e atento à tutela da criação, confiada à nossa custódia. Fazem-no num misto de inquietude e entusiasmo, mas sobretudo com sentido de responsabilidade perante a urgente mudança de rumo,[10]que nos é imposta pelas dificuldades surgidas da atual crise ética e sócio-ambiental.[11]
Por outro lado, a oportunidade de construir, juntos, percursos de paz não pode prescindir da educação e do trabalho, lugares e contextos privilegiados do diálogo intergeracional: enquanto a educação fornece a gramática do diálogo entre as gerações, na experiência do trabalho encontram-se a colaborar homens e mulheres de diferentes gerações, trocando entre si conhecimentos, experiências e competências em vista do bem comum.
3. A instrução e a educação como motores da paz
Nos últimos anos, diminuiu sensivelmente a nível mundial o orçamento para a instrução e a educação, vistas mais como despesas do que como investimentos; e, todavia, constituem os vetores primários dum desenvolvimento humano integral: tornam a pessoa mais livre e responsável, sendo indispensáveis para a defesa e promoção da paz. Por outras palavras, instrução e educação são os alicerces duma sociedade coesa, civil, capaz de gerar esperança, riqueza e progresso.
Ao contrário, aumentaram as despesas militares, ultrapassando o nível registado no termo da «guerra fria», e parecem destinadas a crescer de maneira exorbitante.[12]
Por conseguinte é oportuno e urgente que os detentores das responsabilidades governamentais elaborem políticas económicas que prevejam uma inversão na correlação entre os investimentos públicos na educação e os fundos para armamentos. Aliás a busca dum real processo de desarmamento internacional só pode trazer grandes benefícios ao desenvolvimento dos povos e nações, libertando recursos financeiros para ser utilizados de forma mais apropriada na saúde, na escola, nas infraestruturas, no cuidado do território, etc.
Faço votos de que o investimento na educação seja acompanhado por um empenho mais consistente na promoção da cultura do cuidado.[13]Perante a fragmentação da sociedade e a inércia das instituições, esta cultura do cuidado pode-se tornar a linguagem comum que abate as barreiras e constrói pontes. «Um país cresce quando dialogam de modo construtivo as suas diversas riquezas culturais: a cultura popular, a cultura universitária, a cultura juvenil, a cultura artística e a cultura tecnológica, a cultura económica e a cultura da família, e a cultura dos meios de comunicação».[14]É necessário, portanto, forjar um novo paradigma cultural, através de «um pacto educativo global para e com as gerações jovens, que empenhe as famílias, as comunidades, as escolas e universidades, as instituições, as religiões, os governantes, a humanidade inteira na formação de pessoas maduras».[15]Um pacto que promova a educação para a ecologia integral, segundo um modelo cultural de paz, desenvolvimento e sustentabilidade, centrado na fraternidade e na aliança entre os seres humanos e o meio ambiente.[16]
Investir na instrução e educação das novas gerações é a estrada mestra que as leva, mediante uma específica preparação, a ocupar com proveito um justo lugar no mundo do trabalho.[17]
4. Promover e assegurar o trabalho constrói a paz
O trabalho é um fator indispensável para construir e preservar a paz. Aquele constitui expressão da pessoa e dos seus dotes, mas também compromisso, esforço, colaboração com outros, porque se trabalha sempre com ou para alguém. Nesta perspetiva acentuadamente social, o trabalho é o lugar onde aprendemos a dar a nossa contribuição para um mundo mais habitável e belo.
A pandemia Covid-19 agravou a situação do mundo do trabalho, que já antes se defrontava com variados desafios. Faliram milhões de atividades económicas e produtivas; os trabalhadores precários estão cada vez mais vulneráveis; muitos daqueles que desempenham serviços essenciais são ainda menos visíveis à consciência pública e política; a instrução à distância gerou, em muitos casos, um retrocesso na aprendizagem e nos percursos escolásticos. Além disso, os jovens que assomam ao mercado profissional e os adultos precipitados no desemprego enfrentam hoje perspetivas dramáticas.
Particularmente devastador foi o impacto da crise na economia informal, que muitas vezes envolve os trabalhadores migrantes. Muitos deles – como se não existissem – não são reconhecidos pelas leis nacionais; vivem em condições muito precárias para eles mesmos e suas famílias, expostos a várias formas de escravidão e desprovidos dum sistema de previdência que os proteja. Mais, atualmente apenas um terço da população mundial em idade laboral goza dum sistema de proteção social ou usufrui dele apenas de forma limitada. Em muitos países, crescem a violência e a criminalidade organizada, sufocando a liberdade e a dignidade das pessoas, envenenando a economia e impedindo que se desenvolva o bem comum. A resposta a esta situação só pode passar por uma ampliação das oportunidades de trabalho digno.
Com efeito o trabalho é a base sobre a qual se há de construir a justiça e a solidariedade em cada comunidade. Por isso, «não se deve procurar que o progresso tecnológico substitua cada vez mais o trabalho humano: procedendo assim, a humanidade prejudicar-se-ia a si mesma. O trabalho é uma necessidade, faz parte do sentido da vida nesta terra, é caminho de maturação, desenvolvimento humano e realização pessoal».[18]Temos de unir as ideias e os esforços para criar as condições e inventar soluções a fim de que cada ser humano em idade produtiva tenha a possibilidade, com o seu trabalho, de contribuir para a vida da família e da sociedade.
Como é urgente promover em todo o mundo condições laborais decentes e dignas, orientadas para o bem comum e a salvaguarda da criação! É necessário garantir e apoiar a liberdade das iniciativas empresariais e, ao mesmo tempo, fazer crescer uma renovada responsabilidade social para que o lucro não seja o único critério-guia.
Nesta perspetiva, devem ser estimuladas, acolhidas e sustentadas as iniciativas, a todos os níveis, que solicitam as empresas a respeitar os direitos humanos fundamentais de trabalhadoras e trabalhadores, sensibilizando nesse sentido não só as instituições, mas também os consumidores, a sociedade civil e as realidades empresariais. Estas, quanto mais cientes estão da sua função social, tanto mais se tornam lugares onde se cultiva a dignidade humana, participando por sua vez na construção da paz. Sobre este aspeto, é chamada a desempenhar um papel ativo a política, promovendo um justo equilíbrio entre a liberdade económica e a justiça social. E todos aqueles que intervêm neste campo, a começar pelos trabalhadores e empresários católicos, podem encontrar orientações seguras nadoutrina social da Igreja.
Queridos irmãos e irmãs! Enquanto procuramos unir os esforços para sair da pandemia, quero renovar os meus agradecimentos a quantos se empenharam e continuam a dedicar-se, com generosidade e responsabilidade, para garantir a instrução, a segurança e tutela dos direitos, fornecer os cuidados médicos, facilitar o encontro entre familiares e doentes, garantir apoio económico às pessoas necessitadas ou desempregadas. E asseguro, na minha oração, a lembrança de todas as vítimas e suas famílias.
Aos governantes e a quantos têm responsabilidades políticas e sociais, aos pastores e aos animadores das comunidades eclesiais, bem como a todos os homens e mulheres de boa vontade, faço apelo para caminharmos, juntos, por estas três estradas: o diálogo entre as gerações, a educação e o trabalho. Com coragem e criatividade. Oxalá sejam cada vez mais numerosas as pessoas que, sem fazer rumor, com humildade e tenacidade, se tornam dia a dia artesãs de paz. E que sempre as preceda e acompanhe a bênção do Deus da paz!
Vaticano, 8 de dezembro de 2021.
FRANCISCO
___________________
[1]Cf. Carta enc.Populorum progressio(26/III/1967), 76-80.
[2]Cf.Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24/V/2015), 49.
[3]Cf.Francisco, Carta enc.Fratelli tutti(03/X/2020), 231.
[4]Ibid., 218.
[5]Ibid., 199.
[6]Ibid., 179.
[7]Cf.ibid., 180.
[8]Francisco, Exort. ap. pós-sinodalChristus vivit(25/III/2019), 199.
[9]Francisco, Carta enc.Laudato si’(24/V/2015), 159.
[10]Cf.ibid., 163; 202.
[11]Cf.ibid., 139.
[12]Cf.Francisco,Mensagem aos participantes no IV Fórum de Paris sobre a Paz(11-13/XI/2021).
[13]Cf. Carta enc.Laudato si’(24/V/2015), 231;Francisco,Mensagem para o LIV Dia Mundial da Paz. A cultura do cuidado como percurso de paz(08/XII/2020).
[14]Carta enc.Fratelli tutti(03/X/2020), 199.
[15]Francisco,Mensagem-vídeo por ocasião do Encontro «Global Compact on Education.Together to look Beyond» (15/X/2020).
[16]Cf.Francisco,Mensagem-vídeo por ocasião do«High Level Virtual Climate Ambition Summit» (13/XII/2020).
[17]Cf.São João Paulo II, Carta enc.Laborem exercens(14/IX/1981), 18.
[18] Carta enc.Laudato si’(24/V/2015), 128.
[01823-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua russa
диалог между поколениями, воспитание и труд –
инструменты для созидания прочного мира
1. «Как прекрасны на горах ноги благовестника, возвещающего мир» (Ис 52,7).
Слова пророка Исаии выражают утешение, вздох облегчения народа, пережившего изгнание, измученного насилием и жестокостью, познавшего унижения и смерть. Пророк Варух размышлял о нем: «Что это значит, Израиль, что ты находишься в земле врагов? Состарился ты в чужой земле, осквернился вместе с мертвыми, причислен к находящимся в аде?» (3,10-11). Для этого народа пришествие благовестника, возвещающего мир, означало надежду на возрождение из руин истории, начало светлого будущего.
Однако даже сегодня путь к миру, которому святой Павел VI дал новое название целостного развития,[1] к сожалению, остается далеким от реальной жизни многих людей, а значит, и всего человечества, которое теперь уже во всем взаимосвязано. Несмотря на многочисленные усилия, направленные на установление конструктивного диалога между народами, усиливается оглушающий грохот войн и конфликтов, прогрессируют болезни в пандемических масштабах, усугубляются последствия изменения климата и деградации окружающей среды, обостряется трагедия, вызванная нехваткой продовольствия и питьевой воды, продолжает доминировать экономическая модель, основанная на индивидуализме, а не на солидарном общении. Как во времена древних пророков, так и сегодня не перестают возноситься крики бедных и стоны земли,[2] взывая к справедливости и миру.
В любую эпоху мир является как даром свыше, так и плодом совместных усилий. Существует «архитектура» мира, в которую вносят свой вклад различные институты общества, но есть и «ремесло» созидания мира, в котором участвуем все мы.[3] Каждый может участвовать в строительстве более мирного общества, начиная со своего сердца и с отношений в семье, в обществе и с окружающей средой, вплоть до отношений между народами и государствами.
Я хотел бы предложить здесь три пути для созидания прочного мира. Прежде всего это диалог между поколениями как основа для осуществления совместных проектов. Во-вторых – воспитание как фактор свободы, ответственности и развития. И в-третьих – труд, необходимый для полной реализации человеческого достоинства. Эти три элемента необходимы для «создания общественного альянса»,[4] без которого любой мирный проект не имеет смысла.
2. Вести диалог между поколениями ради созидания мира
В мире, все еще зажатом в тиски пандемии, ставшей причиной многих проблем, «некоторые пытаются убежать от реальности, укрывшись в своем маленьком мирке; другие реагируют на нее разрушительным насилием. Однако между эгоистичным безразличием и насильственным протестом всегда есть другой возможный вариант: диалог. Диалог между поколениями».[5]
Любой искренний диалог, даже несущий в себе элементы честного и позитивного спора, требует элементарного доверия между собеседниками. Мы должны вернуть себе это взаимное доверие! Нынешний кризис здравоохранения усилил чувство одиночества и ухода в себя. Одиночество пожилых людей сопровождается чувством бессилия и отсутствием общего представления о будущем у молодежи. Этот кризис, безусловно, болезненный. Но он также может пробудить в людях лучшие качества. На самом деле, именно во время пандемии мы видели во всех уголках мира щедрые свидетельства сострадания, сопереживания и солидарности.
Вести диалог – это значит слушать друг друга, обмениваться мнениями, придти к общему знаменателю и пойти вместе. Способствовать всему этому между поколениями означает возделывать твердую и бесплодную почву конфликтов и «сортировки» людей, дабы взрастить на ней семена прочного и общего мира.
В то время как техническое и экономическое развитие часто разделяло поколения, современные кризисы выявляют насущную потребность в их союзе. С одной стороны, молодые нуждаются в жизненном и духовном опыте пожилых людей, в их мудрости; с другой стороны, пожилым людям нужны поддержка и любовь молодых людей, их креативность и динамизм.
Большие социальные вызовы и процессы миротворчества не могут обойтись без диалога между хранителями памяти – пожилыми людьми – и теми, кто продолжает историю, – молодыми; не могут они обойтись и без готовности каждого из них уступить место для другого, не претендуя на то, чтобы занять всю сцену, преследуя собственные сиюминутные интересы, как будто нет ни прошлого, ни будущего. Глобальный кризис, который мы переживаем, показывает, что встреча и диалог между поколениями является движущей силой здравой политики, которая не довольствуется управлением существующей ситуацией «путем разрозненных или непродуманных решений»,[6] но которая предлагает себя как высшую форму любви к другому,[7] в поиске совместных и устойчивых проектов.
Если перед лицом трудностей нам удастся вести этот диалог между поколениями, «мы сможем прочно укорениться в настоящем, а отсюда возвращаться к прошлому и смотреть в будущее. Обратиться к прошлому, чтобы извлечь уроки из истории и залечить старые раны, которые порой все еще беспокоят нас. Смотреть в будущее, чтобы подпитывать наш энтузиазм, взращивать мечты, пробуждать пророчества и позволять расцветать надеждам. Таким образом, вместе мы можем учиться друг у друга».[8] Как могли бы деревья расти и плодоносить без корней?
Достаточно подумать о теме заботы о нашем общем доме. Сама окружающая среда, по сути, «является кредитом, который получает каждое поколение и должно передать следующему поколению».[9] Поэтому мы должны ценить и поощрять молодых людей, которые стремятся к более справедливому миру, внимательно относящемуся к сохранению творения, вверенного нашим заботам. Они делают это с заботой и энтузиазмом и, прежде всего, с чувством ответственности перед лицом необходимости срочного изменения курса,[10] которое было нам навязано трудностями, возникшими в результате сегодняшнего этического и социально-экологического кризиса.[11]
С другой стороны, возможность вместе строить пути к миру не может быть отделена от образования и работы – наиболее благоприятных сфер и контекстов для диалога поколений. Именно образование обеспечивает грамматику диалога между поколениями, и именно во время работы люди разных поколений находят возможность сотрудничать, обмениваться знаниями, опытом и навыками ради общего блага.
3. Образование и воспитание как двигатели мира
В последние годы во всем мире наблюдается значительное сокращение бюджета на образование и воспитание, которые считаются, скорее, расходами, чем инвестициями. Тем не менее они являются основными векторами целостного человеческого развития: они делают человека более свободным и ответственным, и они необходимы для защиты и укрепления мира. Другими словами, образование и воспитание являются основой сплоченного гражданского общества, способного порождать надежду, богатство и прогресс.
С другой стороны, военные расходы увеличились, превысив уровень, зафиксированный в конце «холодной войны», и, похоже, будут расти непомерными темпами.[12]
Поэтому целесообразной и срочной является необходимость, чтобы лица, наделенные управленческими полномочиями, разработали экономическую политику, позволяющую изменить соотношение между государственными инвестициями в образование и средствами, выделяемыми на вооружение. С другой стороны, осуществление реального процесса международного разоружения может принести огромную пользу развитию народов и государств, высвобождая финансовые ресурсы, которые можно использовать более уместно для здравоохранения, образования, инфраструктуры, ухода за территорией и так далее.
Я надеюсь, что инвестиции в воспитание будут сопровождаться большей приверженностью к продвижению культуры заботы.[13] Противостоя расколам в обществе и инертности институтов, она может стать тем общим языком, который разрушает барьеры и наводит мосты. «Страна процветает тогда, когда происходит конструктивный диалог между многочисленными составляющими ее насыщенной культурной среды: массовой культурой, университетской культурой, молодежной культурой, художественной культурой, технологической культурой, экономической культурой, семейной культурой и медиакультурой».[14] Поэтому необходимо сформировать новую культурную парадигму посредством «глобального образовательного пакта для молодых поколений и при их участии, который обязывает семьи, сообщества, школы и университеты, учреждения, религии, правителей и все человечество формировать зрелую личность».[15] Пакт, который способствовал бы воспитанию целостной экологии в соответствии с культурной моделью мира, развития и устойчивости, основанной на братстве и союзе между людьми и окружающей средой.[16]
Инвестиции в образование и воспитание молодых поколений – это основной способ сопроводить их, путем специальной подготовки, к успешному месту в мире труда.[17]
4. Продвижение ценности труда и гарантия работы созидает мир
Труд является незаменимым фактором в деле созидания и сохранения мира. В труде человек выражает себя и свои дарования, проявляет ответственность, прилагает усилия, сотрудничает с другими, потому что мы всегда работаем с кем-то или для кого-то. С этой социальной точки зрения работа – это место, где мы учимся вносить свой вклад в создание более пригодного для жизни и красивого мира.
Пандемия COVID-19 усугубила тяжелую ситуацию в мире труда, который и без того сталкивался с многочисленными вызовами. Миллионы предприятий и производств потерпели крах; временные работники становятся все более уязвимыми; многие из тех, кто обслуживает системы жизнеобеспечения, становятся еще более невидимыми для общественного и политического сознания; дистанционное образование во многих случаях породило регресс в обучении и в школьном образовании. Кроме того, молодых людей, выходящих на профессиональный рынок труда, и взрослых, оказавшихся без работы, сегодня ожидают драматические перспективы.
В частности, влияние кризиса на неформальную экономику, в которой часто заняты трудящиеся-мигранты, было разрушительным. Многие из них не признаются национальными законами, как будто их не существует; они сами и их семьи живут в тяжелых условиях, подвергаясь различным формам рабства и не имея системы социального обеспечения, которая могла бы их защитить. Кроме того, в настоящее время лишь одна треть трудоспособного населения мира пользуется системой социальной защиты или может пользоваться ею в ограниченных формах. Во многих странах растет насилие и организованная преступность, удушая свободу и достоинство личности, отравляя экономику и препятствуя развитию общего блага. Выход из этой ситуации может быть найден только через расширение возможностей для достойной работы.
Действительно, труд – это основа, на которой могут быть построены справедливость и солидарность в каждом сообществе. Поэтому «не нужно стараться как можно больше заменять человеческий труд техническим прогрессом: поступая так, человечество навредит само себе. Труд – необходимость, частица смысла жизни на этой земле, путь к зрелости, человеческому развитию и личной реализации».[18] Мы должны объединить идеи и усилия для создания условий и поиска решений, чтобы каждый человек трудоспособного возраста имел возможность своим трудом вносить вклад в жизнь семьи и общества.
Сегодня как никогда актуально продвижение достойных условий труда во всем мире, ориентированных на общее благо и сохранение творения. Необходимо обеспечить и поддержать свободу предпринимательских инициатив и в то же время способствовать пробуждению социальной ответственности, дабы прибыль не была единственным руководящим критерием.
В этой перспективе следует стимулировать, приветствовать и поддерживать на всех уровнях инициативы, побуждающие предприятия уважать основные права работниц и работников, повышая осведомленность не только среди учреждений, но и среди потребителей, гражданского общества и деловых кругов. Чем больше коммерческие предприятия осознают свою социальную роль, тем больше они становятся пространствами осуществления человеческого достоинства, участвуя тем самым, в свою очередь, в созидании мира. В этой связи политика призвана играть активную роль, содействуя установлению надлежащего баланса между экономической свободой и социальной справедливостью. Все, кто работает в этой сфере, начиная с работников и предпринимателей католиков, могут найти верное руководство в социальной доктрине Церкви.
Дорогие братья и сёстры! Сейчас, когда мы стремимся объединить наши усилия для выхода из пандемии, я хотел бы еще раз поблагодарить тех, кто работал и продолжает работать не щадя себя, с чувством ответственности, чтобы обеспечить образование, безопасность и защиту прав, предоставить медицинскую помощь, способствовать встрече больных с их семьями, поддержать материально тех, кто остался без средств к существованию или потерял работу. Я заверяю в своей молитвенной памяти обо всех жертвах и об их семьях.
Я призываю лидеров и тех, кто наделен политической и социальной ответственностью, пастырей и руководителей церковных общин, а также всех людей доброй воли идти вместе по этим трем путям: диалог между поколениями, воспитание и труд. Со смелостью и креативностью. И пусть будет все больше людей, которые в безмолвии, смиренно и упорно, день за днем становятся миротворцами. Пусть благословение Бога мира всегда направляет и сопровождает их!
Из Ватикана, 8 декабря 2021 года
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[1] Ср. Энциклика Populorum progressio (26 марта 1967 г.), 76 и далее.
[2] Ср. Энциклика Laudato si’ (24 мая 2015 г.), 49.
[3] Ср. Энциклика Fratelli tutti (3 ottobre 2020 г.), 231.
[4] Там же, 218.
[5] Там же, 199.
[6] Там же, 179.
[7] Ср. Там же, 180.
[8] Постсинодальное апост. увещание Christus vivit (25 марта 2019 г.), 199.
[9] Энциклика Laudato si’ (24 мая 2015 г.), 159.
[10] Ср. Там же, 163; 202.
[11] Ср. Там же, 139.
[12] Ср. Послание к участникам IV Парижского форума мира, 11-13 ноября 2021 г.
[13] Ср. Энциклика Laudato si’ (24 мая 2015), 231; Послание на LIV Всемирный день мира. Культура заботы как путь к миру (8 декабря 2020 г.).
[14] Энциклика Fratelli tutti (3 октября 2020 г.), 199.
[15] Видеопослание к участникам Global Compact on Education. Together to Look Beyond (15 октября 2020 г.).
[16] Ср. Видеопослание к участникам High Level Virtual Climate Ambition Summit (13 декабря 2020 г.).
[17] Ср. Св. Иоанн Павел II, Энциклика Laborem exercens (14 сентября 1981 г.), 18.
[18] Энциклика Laudato si’ (24 maggio 2015 г.), 128.
[01823-AA.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
رسالة قداسة البابا
فرنسيس
في مناسبة اليوم العالمي الخامس والخمسين للسّلام
الأوّل من كانون الثاني / يناير 2022
حوار بين الأجيال، التربية والعمل:
أدوات لبناء سلام دائم
1. "ما أَجمَلَ على الجِبالِ قَدَمَيِ المُبَشِّر المُخبِرِ بِالسَّلام" (أشعيا 52، 7)
تعبّر كلمات النبي أشعيا عن التعزية، وعن تنهّدات شعب منفي ينتظر الفرج، مُنهَكٍ من العنف والظلم، ومعرّض لعدم الكرامة والموت. وتساءل النّبي باروك في الوضع نفسه قال: "لِماذا أَنتَ في أَرضِ الأَعْداء تَشيخُ في أَرضِ الغُربَة وتَتَنَجَّسُ مع الأَمْوات وتُحسَبُ مع الَّذينَ هم في مَثوى الأَمْوات؟" (باروك 3، 10-11). بالنسبة لهؤلاء الناس، كان مجيء رسول السّلام يعني الرّجاء في ولادة جديدة من ركام التاريخ، وبداية مستقبل مشرق.
وحتّى يومنا هذا، فإنّ مسيرة السّلام، التي سمّاها البابا القدّيس بولس السادس بالاسم الجديد التنمية المتكاملة[1]، ما زالت مع الأسف بعيدة عن الحياة الواقعيّة للعديد من الرجال والنساء، وبالتالي للعائلة البشريّة، التي أصبحت الآن مترابطة ترابطًا تامًّا. على الرّغم من الجهود المتعدّدة الهادفة إلى الحوار البنّاء بين الدول، ما زال ضجيج الحروب والنزاعات يزداد ويصمّ الآذان، بينما تطوّرت الأمراض وصارت أوبئة معدية، وازداد سوءًا آثار تغيّر المناخ والتدهور البيئي، واشتدّت مأساة الجوع والعطش، واستمرّ في السيطرة على العالم نموذج اقتصادي قائم على الفرديّة أكثر منه على المشاركة والتضامن. كما في زمن الأنبياء القدماء، كذلك اليوم، ما زال صراخ الفقراء والأرض[2] يرتفع طالبًا العدل والسّلام.
في كلّ عصر، السّلام هو نعمة من العُلَى وثمرة التزام مشترك. في الواقع، هناك ”هندسة“ للسّلام، فتساهم في بنائه مؤسّسات المجتمع المختلفة، وهناك ”صناعة“ للسّلام تُلزم كلّ واحد منا شخصيًّا[3]. يمكن للجميع أن يعملوا معًا لبناء عالم أكثر سلامًا: بدءًا من قلوبهم وعلاقاتهم في العائلة والمجتمع والبيئة، وصولًا إلى العلاقات بين الشعوب والدول.
هنا أودّ أن أقترح ثلاثة طرق لبناء سلام دائم. أولًا، الحوار بين الأجيال أساسًا لتحقيق المشاريع المشتركة. ثانياً، التربية لتكون عاملًا من عوامل الحرّيّة والمسئوليّة والتنمية. أخيرًا، العمل من أجل تحقيق كامل لكرامة الإنسان. هذه ثلاثة عناصر لا يمكن تجاوزها "لإنشاء ميثاق اجتماعي"[4]، وبدونها لا قرار ولا منطق لأيّ مشروع سلام.
2. الحوار بين الأجيال لبناء السّلام
في عالم لا يزال في قبضة الجائحة، التي تسبّبت في مشاكل كثيرة، "يحاول البعضُ الهروبَ من الواقع إلى عوالم خاصّة بهم، وآخرون يواجهونه بعنفٍ مدمّر، لكن بين اللامبالاة الأنانيّة والمعارضة العنيفة، هناك دائمًا خيار ممكن: وهو الحوار. الحوار بين الأجيال"[5].
كلّ حوار صادق، لكنْ مبنِيٍّ على جدليّة صادقة وإيجابيّة، يتطلّب دائمًا ثقة أساسيّة بين المتحاورين. يجب أن نستعيد هذه الثقة المتبادلة! ضاعفت الأزمة الصّحّية الحاليّة لدى الجميع الشعور بالوَحدة والانطواء على النفس. ومع عزلة كبار السّن ظهر في الشّباب شعور بالعجز وفقدان فكرة مشتركة عن المستقبل. هذه الأزمة مؤلمة بالتأكيد. ومع ذلك، يمكن أن يعبِّر فيها الناس عن أفضل ما فيهم. في الواقع، خلال الجائحة بالتحديد، وجدنا، في كلّ جزء من العالم، شهادات نبيلة للرّحمة والمشاركة والتضامن.
الحوار يعني أن نصغي بعضنا إلى بعض، ونناقش بعضنا بعضًا، ونتّفق بعضنا مع بعض، ونسير معًا. العمل على تحقيق كلّ هذا بين الأجيال يعني أن نفلح أرض الصّراع والإقصاء الصّلبة والعقيمة، وأن نزرع بذور سلام دائم ومشترك.
بينما أدّى التطوّر التكنولوجي والاقتصادي في كثير من الأحيان إلى تقسيم الأجيال، كشفت الأزمات المعاصرة مدى أهمّيّة تحالفها بعضها مع بعض. فمن ناحية، يحتاج الشّباب إلى خبرة كبار السّن في الحياة والحكمة والأمور الروحيّة، ومن ناحية أخرى، يحتاج كبار السّن إلى دعم الشّباب ومحبّتهم وإبداعهم وحيويّتهم.
لا يمكن للتحديات الاجتماعيّة الكبيرة ومسيرات السّلام الاستغناء عن الحوار بين حرّاس الذاكرة - كبار السّن – وبين الذين يسيرون بالتاريخ إلى الأمام - الشّباب -، ولا حتّى الاستغناء عن استعداد كلّ منهما أن يعطي مجالًا للآخر، فلا يتطلّع أحدٌ منهما إلى احتلال المشهد بأكمله، والسعي وراء مصالحه الخاصّة، كما لو أنّه لم يكن ماضٍ ومستقبل. الأزمة العالميّة التي نعيشها تبيِّن لنا أنّ في اللقاء والحوار بين الأجيال قوّةً دافعة لسياسة سليمة، لا تكتفي بإدارة الموجود "بالترقيع أو بحلول متسرّعة"[6]، بل هي قوّة حبّ للآخر سامية[7]، في البحث عن مشاريع مشتركة ومستدامة.
إذا عرفنا، في الصّعوبات، أن نمارس هذا الحوار بين الأجيال "تمكَّنَّا من التجذّر في الحاضر، وراسخين في هذا التجذّر، يمكننا العودة إلى الماضي والمستقبل: العودة إلى الماضي والتعلّم من التاريخ وتضميد الجراح التي تؤثّر فينا مرارًا، والعودة إلى المستقبل، لتغذية الحماس، ولكي تنشأ الأحلام، ولتنبيه النبؤات، وليزهر الرّجاء. وبهذه الطريقة، متّحدين، يمكننا أن نتعلّم بعضنا من بعض"[8]. بدون الجذور، كيف يمكن للأشجار أن تنمو وتؤتي ثمرًا؟
يكفي أن نفكّر في موضوع العناية ببيتنا المشترك. البيئة نفسها، هي، في الواقع، "قرض يتلقّاه كلّ جيل وعليه أن يسلّمه إلى الجيل التالي"[9]. لذلك، ينبغي أن نقدّر ونشجّع الشباب الكثيرين الملتزمين بعالم أكثر عدلاً وانتباهًا لحماية الخليقة، الموكولة إلى رعايتنا. إنّهم يفعلون ذلك بقلق وبحماس، خاصّة مع الشعور بالمسؤوليّة أمام تغيير المسار المهدِّد[10]، الذي تفرضه علينا الصّعوبات التي نشأت من الأزمة الأخلاقيّة والاجتماعيّة والبيئيّة اليوم[11].
من ناحية أخرى، فإنّ فرصة بناء مسارات سلام معًا لا يمكن أن تتجاهل التربية والعمل، فهي أماكن وسياقات متميّزة للحوار بين الأجيال. هي التربية التي توفّر قواعد الحوار بين الأجيال، ومن خلال تجربة العمل، يجد الرجال والنساء من مختلف الأجيال أنفسهم متعاونين، ويتبادلون المعارف والخبرات والمهارات من أجل الخير العام.
3. التربية والتّعليم محركان للسلام
في السّنوات الأخيرة، انخفضت ميزانيّة التّعليم والتربية بشكل كبير في جميع أنحاء العالم، باعتبارهما إنفاقًا وليس استثمارًا. ومع ذلك، فهما يمثّلان القوّة الموجّهة الأساسيّة للتنمية البشريّة المتكاملة: فهما يجعلان الإنسان أكثر حرّيّة ومسؤوليّة وهما ضروريّان للدّفاع عن السّلام وتعزيزه. وبعبارة أخرى، التربية والتّعليم هما أسس المجتمع المدني المتماسك والقادر أن يلد الرّجاء والغنى والتقدّم.
من ناحية أخرى، زاد الإنفاق العسكري، وتجاوز المستوى المسجّل في نهاية ”الحرب الباردة“، ويبدو أنّه مقدّر له أن ينمو بشكل مفرط[12].
لذلك من الملائم والملحّ أن يقوم الذين لديهم مسؤوليّات حكوميّة بوضع سياسات اقتصاديّة تصنع انقلابًا في الميزانيات المخصّصة للاستثمارات العامّة في التربية والأموال المخصّصة للتسلّح. من ناحية أخرى، فإنّ السعي إلى تحقيق مسيرة حقيقيّة لنزع السّلاح الدولي لا يمكن إلّا أن تعود بفوائد كبيرة على تنمية الشعوب والدول، وتحرير الموارد الماليّة لاستخدامها بطريقة أكثر ملاءمة للصّحّة، والمدارس، والبِنَى التحتيّة، ورعاية الأرض، وما إلى ذلك.
أتمنّى أن يرافق الاستثمار في التربية التزام أكبر من أجل تعزيز ثقافة الرعاية[13]. أمام انقسامات المجتمع وعدم فعّاليّة المؤسّسات، يمكن أن تصبح ثقافة الرعاية هذه اللغة المشتركة التي تكسر الحواجز وتبني الجسور. "فكلّ بلد ينمو عندما تتفاعل ثرواتُه الثقافيّة المختلفة بشكل بنّاء: الثقافة الشعبيّة، والثقافة الجامعيّة، والثقافة الخاصّة بالشباب، والثقافة الفنّيّة، والثقافة التكنولوجيّة، والثقافة الاقتصاديّة، وثقافة العائلة، وثقافة وسائل الإعلام"[14]. لذلك من الضروري صياغة نموذج ثقافي جديد، من خلال "ميثاق تربوي عالمي مع الأجيال الشّابّة ومن أجلها، والذي يُلزم العائلات والجماعات والمدارس والجامعات والمؤسّسات والأديان والحكّام والبشريّة جمعاء لتنشئة أناس ناضجين"[15]. ميثاق يعزّز التربية المتكاملة في ما يختص بالبيئة، وفقًا لنموذج ثقافي للسّلام والتنمية والاستقرار، مُركَّزٍ على الأخوّة والتحالف بين الإنسان والبيئة[16].
الاستثمار في تعليم وتربية الأجيال الشّابّة هو الطّريق الرئيسي الذي يقودها، من خلال تدريب خاصّ، ليشغل الشّباب المكان المناسب، ويكسبوا، في عالم العمل[17].
4. تعزيز وضمان العمل يبني السّلام
العمل هو مقوّمٌ لا غنى عنه لبناء السّلام والحفاظ عليه. إنّه تعبير عن الذات وعن المواهب الخاصّة، ولكنّه أيضًا التزام، وجهد، وتعاون مع الآخرين، لأنّنا نعمل دائمًا مع أو من أجل شخصٍ آخر. من هذا المنظور الاجتماعي الملحوظ، يكون العمل المكان الذي فيه نتعلّم أن نقدّم مساهمتنا من أجل عالم يزداد جمالًا وقابليّة للعيش.
ازداد الوضع سوءًا بسبب جائحة كوفيد-19 في عالم العمل، الذي كان يواجه من قبل تحدّيات متعدّدة. أفلست ملايين الفعاليّات الاقتصاديّة والإنتاجيّة، والعمّال غير المستقرّين تعرّضوا لمزيد من الأخطار، والكثيرون من الذين يؤدّون الخدمات الأساسيّة والذين لا يظهرون، زاد غيابهم عن الوعي العام والسّياسي، وسبَّبَ التّعليم عن بُعد في كثير من الحالات تراجعًا في التعلّم وفي المساقات المدرسيّة. بالإضافة إلى ذلك، الشّباب الذين يدخلون الآن سوق العمل، والكبار العاطلون عن العمل، يواجهون اليوم مصيرًا مأساويًّا.
كان تأثير الأزمة على الاقتصاد غير الرّسمي، خصوصًا، والذي غالبًا ما شَمَلَ العمّال المهاجرين، مُدمّرًا. العديد منهم (العمّال المهاجرون) لا تعترف بهم القوانين الوطنيّة، وكأنّهم غير موجودين، يعيشون في ظروف غير مستقرّة، لأنفسهم ولعائلاتهم، ويتعرّضون لأشكال مختلفة من العبوديّة، ومن دون نظام رعاية اجتماعيّة يحميهم. ويُضاف إلى ذلك، أنّ ثُلُث سكّان العالم فقط، ممّن هم في سنّ العمل، يتمتّعون حاليًّا بنظام حماية اجتماعيّة، أو يمكنهم فقط الاستفادة منه بأشكال محدودة. وازداد العنف وازدادت الجريمة المنظّمة في العديد من البلدان، ما أدّى إلى خَنق حرّيّة الأشخاص وكرامتهم، وتسميم الاقتصاد ومنع الخير العام من التّطوّر. والجواب على هذا الوضع يتمّ فقط من خلال توفير المزيد من فرص العمل الكريم.
في الواقع، العمل هو الأساس لبناء العدل والتّضامن في كلّ مجتمع. لهذا، "يجب ألّا نسعى باستمرار لاستبدال العمل البشري بالتقدّم التكنولوجي: لأنّه بهذه الطريقة ستُدمّر البشريّةُ نفسَها بنفسِها. العمل هو ضرورة، إنّه جزء من معنى الحياة على هذه الأرض، وهو درب للنضوج وللتطوّر الإنساني ولتحقيق الذات"[18]. يجب أن نوحّد أفكارنا وجهودنا لنخلق الظّروف ونبتكر الحلول، حتّى يتمكن كلّ إنسان في سنّ العمل من أن يساهم بعمله الخاصّ في حياة عائلته وفي حياة المجتمع.
أصبح من الضّروريّ، أكثر من أيّ وقتٍ مضى، أن نعزّز ظروف العمل اللائقة والكريمة في جميع أنحاء العالم، ونوجّهها نحو الخير العام والحفاظ على الخليقة. ويجب أن نضمن وندعم حرّيّة المشاريع التجاريّة، وفي الوقت نفسه، أن ننمّي مسؤولية اجتماعيّة متجدّدة، حتّى لا يكون الرّبح هو المعيار التّوجيهي الوحيد.
ومن هذا المنظور، يجب أن نحفّز المبادرات ونستقبلها وندعمها، والتي تحثّ الشّركات، في جميع المستويات، على احترام حقوق الإنسان الأساسيّة للعاملين والعاملات، وتساعد بهذا المعنى على توعية، ليس فقط المؤسّسات، ولكن أيضًا المستهلكين، والمجتمع المدني، وأصحاب المشاريع. وكلّما زاد وعي كلّ هؤلاء لدورهم الاجتماعي، أصبحوا أماكن يحافَظ فيها على كرامة الإنسان، وصاروا هكذا يشاركون بدورهم في بناء السّلام. وعلى السّياسة في هذا كلّه أن تقوم بدور نشط، فتعزّز التوازن العادل بين الحرّيّة الاقتصاديّة والعدالة الاجتماعيّة. ويمكن لجميع الذين يعملون في هذا المجال، بدءًا من العمّال ورجال الأعمال الكاثوليك، أن يجدوا في تعليم الكنيسة الاجتماعي توجيهات واضحة وأكيدة.
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء! بينما نسعى لتوحيد جهودنا للخروج من الجائحة، أودّ أن أجدّد شكري للذين التزموا وما زالوا يكرّسون أنفسهم بسخاء ومسؤوليّة لضمان التّعليم، والأمن وحماية الحقوق، وتقديم الرّعاية الطّبيّة، وتسهيل اللقاء بين أفراد العائلة والمرضى، وضمان الدّعم المادّي للمحتاجين أو الذين فقدوا عملهم. وأؤكّد أنّني ما زلت أذكر جميع الضّحايا وعائلاتهم في صلاتي.
أُناشِدُ الحُكَّام وكلّ الذين لديهم مسؤوليّات سياسيّة واجتماعيّة، والرُّعاة ومنشّطي الجماعات الكنسيّة، وأيضًا جميع الرجال والنساء ذوي النّوايا الحسنة، حتّى نسير معًا على هذه الطرق الثلاثة وهي: الحوار بين الأجيال، والتربية، والعمل، بشجاعة وإبداع. وأن يزداد ويتضاعف عدد الذين يصبحون يومًا بعد يوم صُنّاع سلام، من دون أن يحدثوا ضجيجًا، وبتواضع ومثابرة. ولتسبقهم وترافقهم دائمًا بركة الله إله السّلام!
من حاضرة الفاتيكان، يوم 8 كانون الأوّل/ديسمبر من عام 2021.
[01823-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0867-XX.02]
[1] راجع رسالة بابوية عامة، تنمية الشعوب (26 آذار/مارس 1967)، 76-80.
[2] راجع رسالة عامة بابوية، كُنْ مُسَبَّحًا (24 أيار/مايو 2015)، 49.
[3] راجع رسالة بابوية عامة، Fratelli tutti ”كلّنا إخوة“ (3 تشرين الأوّل/أكتوبر 2020)، 231.
[4] نفس المرجع، 218.
[5] نفس المرجع، 199.
[6] نفس المرجع، 179.
[7] راجع نفس المرجع، 180.
[8] راجع الإرشاد الرسولي ما بعد السينودس، المسيح يحيا (25 آذار/مارس 2019)، 199.
[9] رسالة عامة بابوية، كُنْ مُسَبَّحًا، 159.
[10] راجع نفس المرجع، 163؛ 202.
[11] راجع نفس المرجع، 139.
[12] راجع رسالة إلى المشاركين في منتدى باريس الرابع عن السّلام، 11-13 تشرين الثاني/نوفمبر 2021.
[13] راجع رسالة عامة بابوية، كُنْ مُسَبَّحًا، 231؛ رسالة في مناسبة اليوم العالمي الرابع والخمسين للسلام. ثقافة الرعاية مثل مسار للسلام (8 كانون الأوّل/ديسمبر 2020).
[14] رسالة بابوية عامة، Fratelli tutti ”كلّنا إخوة“، 199.
[15] رسالة من أجل ميثاق تربوي عالمي. معًا لننظر إلى أبعد من ذلك (15 تشرين الأوّل/أكتوبر 2020).
[16] راجع رسالة من أجل قمة المناخ الافتراضية رفيعة المستوى (13 كانون الأوّل/ديسمبر 2020).
[17] راجع القديس يوحنا بولس الثاني، رسالة بابوية عامة، العمل البشري (14 أيلول/سبتمبر 1981)، 18.
[18] رسالة عامة بابوية، كُنْ مُسَبَّحًا، 128.