Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre Francesco ha rivolto ai Membri del Gruppo Misto di Lavoro ortodosso-cattolico “Sant’Ireneo” ricevuti questa mattina in Udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi do con gioia il benvenuto a Roma, dove per la prima volta vi riunite per la vostra sessione annuale. Sono grato del lavoro teologico che state svolgendo a servizio della comunione tra Cattolici e Ortodossi. Ringrazio il Cardinale Koch per le sue parole di presentazione. Mi ha colpito quanto ha detto circa il vostro compito specifico: cercare insieme le modalità in cui le diverse tradizioni possono arricchirsi a vicenda senza perdere la loro identità. È stato interessante quello che Lei ha detto dell’interpretazione come Gegensätze: mi è piaciuto, grazie. È bello coltivare un’unità arricchita dalle differenze, che non ceda alla tentazione di un’uniformità omologante: questo sempre è cattivo, non è del buono spirito. Animati da questo spirito, vi confrontate per comprendere come gli aspetti contrastanti presenti nelle nostre tradizioni, anziché alimentare contrapposizioni, possano diventare opportunità legittime per esprimere la comune fede apostolica.
Mi piace anche il vostro nome: non una commissione o un comitato, ma un “gruppo di lavoro”: un gruppo che riunisce, in un fraterno e paziente dialogo, esperti di varie Chiese e diversi Paesi, desiderosi di pregare e studiare insieme l’unità. Il vostro patrono, Sant’Ireneo di Lione, che volentieri dichiarerò Dottore della Chiesa prossimamente con il titolo di Doctor unitatis, è venuto dall’Oriente e ha esercitato il suo ministero episcopale in Occidente, è stato un grande ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali. Il suo nome, Ireneo, porta impressa la parola pace. Sappiamo che la pace del Signore non è una pace “negoziale”, frutto di accordi per tutelare interessi, ma una pace che riconcilia, che reintegra nell’unità. Questa è la pace di Gesù. Cristo – scrive l’Apostolo Paolo – è «è la nostra pace, […] colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14). Cari amici, anche voi, con l’aiuto di Dio, lavorate per abbattere muri di separazione e per innalzare ponti di comunione.
Vi ringrazio per questo e in particolare per lo studio che avete da poco pubblicato, intitolato Servire la comunione. Ripensare il rapporto tra primato e sinodalità. Attraverso la pazienza costruttiva del dialogo, specialmente con le Chiese ortodosse, comprendiamo meglio che primato e sinodalità nella Chiesa non sono due principi concorrenti da tenere in equilibrio, ma due realtà che si costituiscono e si sostengono a vicenda al servizio della comunione. Come il primato presuppone l’esercizio della sinodalità, così la sinodalità include l’esercizio del primato. È interessante, da questo punto di vista, quanto ha scritto la Commissione teologica internazionale, spiegando che la sinodalità nella Chiesa Cattolica, in senso ampio, può essere compresa come l’articolazione di tre dimensioni: «“tutti”, “alcuni” e “uno”». Infatti «la sinodalità implica l’esercizio del sensus fidei della universitas fidelium (tutti), il ministero di guida del collegio dei Vescovi, ciascuno con il suo presbiterio (alcuni), e il ministero di unità del Vescovo e del Papa (uno)» (La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2018, n. 64).
In tale visione, il ministero primaziale è intrinseco alla dinamica sinodale, come lo sono pure l’aspetto comunitario che include tutto il Popolo di Dio e la dimensione collegiale relativa all’esercizio del ministero episcopale. Perciò un approccio fruttuoso al primato nei dialoghi teologici ed ecumenici non può che fondarsi su una riflessione sulla sinodalità: non c’è altra strada. Ho infatti più volte espresso la mia convinzione che «in una Chiesa sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce» (Discorso nel 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). Confido che, con l’aiuto di Dio, il cammino sinodale che si inaugurerà fra pochi giorni in tutte le diocesi cattoliche sarà l’occasione per approfondire anche questo importante aspetto insieme agli altri cristiani.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra visita e vi auguro una feconda sessione di lavoro a Roma presso l’Istituto di Studi Ecumenici dell’Angelicum. Affidando il mio ministero alle vostre preghiere, invoco su di voi la benedizione del Signore e la protezione della Santa Madre di Dio. E ora, se vi è gradito, ognuno nella propria lingua possiamo pregare insieme il Padre Nostro.
[Padre Nostro]
[01373-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear brothers and sisters, good morning!
I am pleased to welcome you to Rome where, for the first time, you are meeting for your annual session. I am grateful for your theological work in the service of communion between Catholics and Orthodox. I thank Cardinal Koch for his words of introduction. I was struck by what you said about your specific task: to seek together ways in which the different traditions can enrich one another without losing their identity. I also found interesting your statement about interpretation as Gegensätze. I liked that. Thank you. It is good to cultivate a unity enriched by differences that will not yield to the temptation of a bland uniformity, which is never good. In this spirit, your discussions center on appreciating how differing aspects present in our traditions, rather than giving rise to disagreements, can become legitimate opportunities for expressing the shared apostolic faith.
I also like your name: you are not a commission or a committee, but a “working group”: a group that assembles in fraternal and patient dialogue experts from various Churches and different countries, who desire to pray and study unity together. Your patron, Saint Irenaeus of Lyons – whom soon I will willingly declare a Doctor of the Church with the title Doctor unitatis – came from the East, exercised his episcopal ministry in the West, and was a great spiritual and theological bridge between Eastern and Western Christians. His name, Irenaeus, contains the word “peace”. We know that the Lord’s peace is not a “negotiated” peace, the fruit of agreements meant to safeguard interests, but a peace that reconciles, that brings together in unity. That is the peace of Jesus. For, as the apostle Paul writes, Christ “is our peace; who has made us both one, and has broken down the dividing wall of hostility” (Eph 2:14). Dear friends, with the help of God, you too are working to break down dividing walls and to build bridges of communion.
I thank you for this and, in particular, for your recently issued study entitled Serving Communion. Re-thinking the Relationship between Primacy and Synodality. Through the constructive patience of dialogue, especially with the Orthodox Churches, we have come to understand more fully that in the Church primacy and synodality are not two competing principles to be kept in balance, but two realities that establish and sustain one another in the service of communion. Just as the primacy presupposes the exercise of synodality, so synodality entails the exercise of primacy. From this standpoint, the International Theological Commission has stated, significantly, that in the Catholic Church, synodality in the broad sense can be seen as the articulation of three dimensions: “all”, “some” and “one”. Indeed, “synodality involves the exercise of the sensus fidei of the universitas fidelium (all), the ministry of leadership of the college of Bishops, each one with his presbyterium (some), and the ministry of unity of the Bishop of Rome (one)” (Synodality in the Life and Mission of the Church, 2018, No. 64).
In this vision, the primatial ministry is an intrinsic element of the dynamic of synodality, as are also the communitarian aspect that includes the whole People of God and the collegial dimension that is part of the exercise of episcopal ministry. Consequently, a fruitful approach to the primacy in theological and ecumenical dialogues must necessarily be grounded in a reflection on synodality: there is no other way. I have frequently expressed my conviction that “in a synodal Church, greater light can be shed on the exercise of the Petrine primacy” (Address on the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops, 17 October 2015). I am confident that, with the help of God, the synodal process that will begin in coming days in every Catholic diocese will also be an opportunity for deeper reflection on this important aspect, together with other Christians.
Dear brothers and sisters, I thank you for your visit and I offer my good wishes for a fruitful working session here in Rome at the Institute of Ecumenical Studies of the Angelicum. Entrusting my ministry to your prayers, I invoke upon you the Lord’s blessing and the protection of the Holy Mother of God. And now, if you would like, we can pray together the Our Father, each in his or her own language.
[Our Father…]
[01373-EN.02] [Original text: Italian]
[B0642-XX.02]