Discorso del Santo Padre
Appello congiunto
Questa mattina il Santo Padre Francesco ha partecipato all’Incontro “Fede e scienza: verso COP26”, promosso dalle Ambasciate di Gran Bretagna e di Italia presso la Santa Sede insieme alla Santa Sede, che si è tenuto in Vaticano, nell’Aula della Benedizione, e che ha visto riuniti religiosi e scienziati provenienti da tutto il mondo. Durante l’incontro è stato firmato un Appello rivolto ai partecipanti alla 26.ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - COP26, che si svolgerà a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, e che Papa Francesco ha consegnato nelle mani dell’On. Alok Kumar Sharma, Presidente designato della COP26, e dell’On. Luigi Di Maio, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale dell’Italia.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha consegnato ai presenti nel corso dell’Incontro e il testo dell’Appello congiunto rivolto ai partecipanti a COP26:
Discorso del Santo Padre:
Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Discorso del Santo Padre
Capi e Rappresentanti religiosi,
Eccellenze,
cari fratelli e sorelle!
Grazie a tutti per esservi qui radunati, mettendo in luce il desiderio di un dialogo approfondito tra di noi e con gli esperti di scienza. Mi permetto di offrire tre concetti per riflettere su questa collaborazione: lo sguardo dell’interdipendenza e della condivisione, il motore dell’amore e la vocazione al rispetto.
Voi avete la trascrizione di questo che io devo dire adesso e per non usare del tempo che è necessario perché tutti parlino, lascio nelle vostre le mani le trascrizioni, voi potete leggerle, e così andiamo avanti in questa celebrazione. Grazie.
1. Tutto è collegato, nel mondo tutto è intimamente connesso. Non solo la scienza, ma anche le nostre fedi e le nostre tradizioni spirituali mettono in luce questa connessione esistente tra tutti noi e con il resto del creato. Riconosciamo i segni dell’armonia divina presente nel mondo naturale: nessuna creatura basta a sé stessa; ognuna esiste solo in dipendenza dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio l’una dell’altra.[1] Potremmo quasi dire l’una donata dal Creatore alle altre, perché nella relazione di amore e di rispetto possano crescere e realizzarsi in pienezza. Piante, acque, esseri animati sono guidati da una legge impressa da Dio in essi per il bene di tutto il creato.
Riconoscere che il mondo è interconnesso significa non solo comprendere le conseguenze dannose delle nostre azioni, ma anche individuare comportamenti e soluzioni che devono essere adottati con sguardo aperto all’interdipendenza e alla condivisione. Non si può agire da soli, è fondamentale l’impegno di ciascuno per la cura degli altri e dell’ambiente, impegno che porti al cambio di rotta così urgente e che va alimentato anche dalla propria fede e spiritualità. Per i cristiani, lo sguardo dell’interdipendenza sgorga dal mistero stesso del Dio Trino: «La persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Così assume nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione».[2]
L’incontro di oggi, che unisce tante culture e spiritualità in uno spirito di fraternità, non fa che rafforzare la consapevolezza che siamo membri di un’unica famiglia umana: abbiamo ciascuno la propria fede e tradizione spirituale, ma non ci sono frontiere e barriere culturali, politiche o sociali che permettano di isolarci. Per dare luce a questo sguardo vogliamo impegnarci per un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità.
2. Questo impegno va sollecitato continuamente dal motore dell’amore: «Dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro».[3] Tuttavia, la forza propulsiva dell’amore non viene “messa in moto” una volta per sempre, ma va ravvivata giorno per giorno; questo è uno dei grandi contributi che le nostre fedi e tradizioni spirituali possono offrire nel facilitare questo cambio di rotta di cui abbiamo tanto bisogno.
L’amore è specchio di una vita spirituale vissuta intensamente. Un amore che si estende a tutti, oltre le frontiere culturali, politiche e sociali; un amore che integra, anche e soprattutto a beneficio degli ultimi, i quali spesso sono coloro che ci insegnano a superare le barriere dell’egoismo e a infrangere le pareti dell’io.
È questa una sfida che si pone di fronte alla necessità di contrastare quella cultura dello scarto, che sembra prevalere nella nostra società e che si sedimenta su quelli che il nostro Appello congiunto chiama i “semi dei conflitti: avidità, indifferenza, ignoranza, paura, ingiustizia, insicurezza e violenza”. Sono questi stessi semi di conflitto che provocano le gravi ferite che infliggiamo all’ambiente come i cambiamenti climatici, la desertificazione, l’inquinamento, la perdita di biodiversità, portando alla rottura di «quell’alleanza tra essere umano e ambiente che dev’essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino».[4]
Tale sfida a favore di una cultura della cura della nostra casa comune e anche di noi stessi ha il sapore della speranza, poiché non c’è dubbio che l’umanità non ha mai avuto tanti mezzi per raggiungere tale obiettivo quanti ne ha oggi. Questa stessa sfida si può affrontare su vari piani; in particolare ne vorrei sottolinearne due: quello dell’esempio e dell’azione, e quello dell’educazione. In entrambi i piani, noi, ispirati dalle nostre fedi e tradizioni spirituali, possiamo offrire importanti contributi. Sono tante le possibilità che emergono, come d’altronde mette in evidenza l’Appello congiunto, in cui si illustrano anche vari percorsi educativi e formativi che possiamo sviluppare a favore della cura della nostra casa comune.
3. Questa cura è anche una vocazione al rispetto: rispetto del creato, rispetto del prossimo, rispetto di sé stessi e rispetto nei confronti del Creatore. Ma anche rispetto reciproco tra fede e scienza, per «entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità».[5]
Un rispetto che non è mero riconoscimento astratto e passivo dell’altro, ma vissuto in maniera empatica e attiva nel voler conoscere l’altro ed entrare in dialogo con lui per camminare insieme in questo viaggio comune, sapendo bene che, come ancora indicato nell’Appello, «ciò che possiamo ottenere dipende non solo dalle opportunità e dalle risorse, ma anche dalla speranza, dal coraggio e dalla buona volontà».
Lo sguardo dell’interdipendenza e della condivisione, il motore dell’amore e la vocazione al rispetto. Ecco tre chiavi di lettura che mi sembrano illuminare il nostro lavoro per la cura della casa comune. La COP26 di Glasgow è chiamata con urgenza a offrire risposte efficaci alla crisi ecologica senza precedenti e alla crisi di valori in cui viviamo, e così a offrire concreta speranza alle generazioni future: desideriamo accompagnarla con il nostro impegno e con la nostra vicinanza spirituale.
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[1] Cfr Lett. Enc. Laudato si’, 86.
[2] Ibid., 240.
[3] Lett. Enc. Fratelli tutti, 88.
[4] Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 50.
[5] Lett. Enc. Laudato si’, 201.
[01342-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chefs et Représentants religieux
Excellences,
Chers amis!
Merci à tous d’être réunis ici, votre présence met en lumière le désir d’un dialogue approfondi, entre nous et avec les experts scientifiques. Je me permets de vous offrir trois concepts afin de réfléchir sur cette collaboration: le regard de l’interdépendance et du partage, le moteur de l’amour et la vocation au respect.
1. Tout est lié, dans le monde tout est intimement lié. La science, mais aussi nos fois et nos traditions spirituelles, mettent en évidence ce lien qui existe entre nous et le reste de la création. Nous reconnaissons les signes de l'harmonie divine présente dans le monde naturel : aucune créature ne se suffit à elle-même ; chacune n'existe que dans la dépendance des autres, pour se compléter mutuellement, au service l’une de l’autre.[1] Nous pourrions presque dire que chacune est donnée aux autres par le Créateur, pour que, dans une relation d’amour et de respect, elles puissent grandir et se réaliser pleinement. Les plantes, les eaux, les êtres animés sont guidés par une loi imprimée en eux par Dieu pour le bien de toute la création.
Reconnaitre que le monde est interconnecté signifie non seulement comprendre les conséquences nocives de nos actions, mais aussi identifier les comportements et les solutions qui doivent être adoptés avec un regard ouvert à l’interdépendance et au partage. On ne peut plus agir seul, l’implication de chacun est fondamentale pour le soin des autres et de l’environnement, un engagement qui conduit à un changement de cap si urgent, et qui doit aussi être nourri par sa propre foi et sa propre spiritualité. Pour les chrétiens, le regard de l'interdépendance jaillit du mystère même du Dieu Trinitaire: «En effet, plus la personne humaine grandit, plus elle mûrit et plus elle se sanctifie à mesure qu’elle entre en relation, qu’elle sort d’elle-même pour vivre en communion avec Dieu, avec les autres et avec toutes les créatures. Elle assume ainsi dans sa propre existence ce dynamisme trinitaire que Dieu a imprimé en elle depuis sa création».[2]
La rencontre d'aujourd'hui, qui unit de nombreuses cultures et spiritualités dans un esprit de fraternité, ne fait que renforcer la conscience que nous sommes membres d'une même famille humaine: nous avons chacun notre foi et notre tradition spirituelle, mais il n'y a pas de frontières ni de barrières culturelles, politiques ou sociales qui nous autorisent de nous isoler. Pour éclairer ce regard nous voulons nous engager pour un avenir façonné par l'interdépendance et la coresponsabilité.
2. Cet engagement doit être continuellement sollicité par le moteur de l'amour:«A partir de l’intimité de chaque cœur, l’amour crée des liens et élargit l’existence s’il fait sortir la personne d’elle-même vers l’autre».[3] Cependant, la force propulsive de l'amour n'est pas “mise en mouvement” une fois pour toutes, mais elle doit être ravivée de jour en jour. C'est l'une des grandes contributions que nos fois et traditions spirituelles peuvent apporter pour faciliter ce changement de cap dont nous avons tant besoin.
L’amour est le reflet d'une vie spirituelle vécue intensément. Un amour qui s'étend à tous, au-delà des frontières culturelles, politiques et sociales ; un amour qui intègre, aussi et surtout les derniers, qui sont souvent ceux qui nous apprennent à dépasser les barrières de l'égoïsme et à briser les murs du moi.
C’est un défi qui se pose face à la nécessité de contrer cette culture du rebut, qui semble prévaloir dans notre société et qui repose sur ce que notre Appel Conjoint appelle les “semences de conflits : cupidité, indifférence, ignorance, peur, injustice, insécurité et violence”. Ce sont ces mêmes semences de conflit qui causent les blessures graves que nous infligeons à l'environnement telles que le changement climatique, la désertification, la pollution, la perte de biodiversité, conduisant à la rupture de «l’alliance entre l’être humain et l’environnement, qui doit être le reflet de l’amour créateur de Dieu, de qui nous venons et vers qui nous allons ».[4]
Ce défi en faveur d'une culture du soin de notre maison commune, et aussi de nous-mêmes, a une saveur d'espérance, car il ne fait aucun doute que l’humanité n'a jamais eu autant de moyens pour atteindre cet objectif qu'aujourd'hui. Ce même défi peut être relevé à plusieurs niveaux, je voudrais en souligner deux en particulier: celui de l'exemple et de l'action, et celui de l'éducation. Sur ces deux plans, nous pouvons, inspirés par nos croyances et nos traditions spirituelles, apporter des contributions importantes. De nombreuses possibilités se dessinent, comme le souligne d'ailleurs l'Appel conjoint, qui indique également divers parcours d'éducation et de formation que nous pouvons développer en faveur du soin de notre maison commune.
3. Ce soin est aussi une vocation au respect : respect de la création, respect du prochain, respect de soi et respect du Créateur. Mais aussi le respect mutuel entre la foi et la science, pour «entrer dans un dialogue en vue de la sauvegarde de la nature, de la défense des pauvres, de la construction de réseaux de respect et de fraternité».[5]
Un respect qui n'est pas une simple reconnaissance abstraite et passive de l'autre, mais qui est vécu d'une manière empathique et active, en voulant connaître l'autre et entrer en dialogue avec lui pour cheminer ensemble sur cette route commune, sachant bien que, comme le dit encore l’Appel, “ce que nous pouvons accomplir dépend non seulement des opportunités et des ressources, mais aussi de l’espérance, du courage et de la bonne volonté”.
Le regard d'interdépendance et de partage, le moteur de l'amour et la vocation au respect. Voici trois clés de lecture qui me semblent éclairer notre travail pour le soin de la maison commune. La COP 26 à Glasgow est appelée de toute urgence à offrir des réponses efficaces à la crise écologique sans précédent et à la crise des valeurs dans lesquelles nous vivons, et à offrir ainsi une espérance concrète aux générations futures : nous souhaitons l'accompagner de notre engagement et de notre proximité spirituelle.
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[1] Cf. Lettre Encyclique Laudato sί, n. 86.
[2] ibid., n. 240.
[3] Lettre Encyclique Fratelli tutti, n. 88.
[4] Benoit XVI, Lettre Encyclique Caritas in veritate, n. 50.
[5] Lettre Encyclique Laudato sί, n. 201.
[01342-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Religious Leaders and Representatives,
Excellencies,
Dear Friends,
Thank you for your presence, which clearly shows our desire for a deepened dialogue among ourselves and with scientific experts. I would like to propose three concepts that can guide our reflection on this shared endeavour: openness to interdependence and sharing, the dynamism of love and the call to respect.
1. Everything is connected; in our world, everything is profoundly interrelated. Science, but also our religious beliefs and spiritual traditions, have stressed this connectedness between ourselves and the rest of creation. We recognize the signs of divine harmony present in the natural world, for no creatures are self-sufficient; they exist only in dependence on each other, complementing one another and in the service of one another.[1] We might even say that the Creator has given each to the other so that they can grow and reach fulfilment in a relationship of love and respect. Plants, waters and animals are guided by a law imprinted upon them by God for the benefit of all creation.
Recognizing that the world is interconnected means not only realizing the harmful effects of our actions, but also identifying behaviours and solutions to be adopted, in an attitude of openness to interdependence and sharing. We cannot act alone, for each of us is fundamentally responsible to care for others and for the environment. This commitment should lead to an urgently needed change of direction, nurtured also by our respective religious beliefs and spirituality. For Christians, openness to interdependence springs from the very mystery of the Triune God: “The human person grows more, matures more and is sanctified more to the extent that he or she enters into relationships, going out from themselves to live in communion with God, with others and with all creatures. In this way, they make their own that Trinitarian dynamism which God imprinted in them when they were created”.[2]
Today’s meeting, which brings together many cultures and spiritualities in a spirit of fraternity, can only strengthen our realization that we are members of one human family. Each of us has his or her religious beliefs and spiritual traditions, but no cultural, political or social borders or barriers prevent us from standing together. To illumine and direct this openness, let us commit ourselves to a future shaped by interdependence and co-responsibility.
2. This commitment must constantly be driven by the dynamism of love, for “in the depths of every heart, love creates bonds and expands existence, for it draws people out of themselves and towards others”.[3] Love’s driving force, however, is not set in motion once for all; it needs to be renewed daily. That is one of the great contributions that our religious and spiritual traditions can make to help bring about this much needed change of course.
Love is the mirror of an intense spiritual life: a love that extends to all, transcending cultural, political and social boundaries; a love that is inclusive, concerned especially for the poor, who so often teach us how to overcome the barriers of selfishness and to break down the walls of our ego.
This represents a challenge born of our need to counter the “throwaway culture” so prevalent in our society and resting on what our Joint Appeal calls the “seeds of conflicts: greed, indifference, ignorance, fear, injustice, insecurity and violence”. Those seeds of conflict cause the serious wounds we are inflicting on the environment, such as climate change, desertification, pollution and loss of biodiversity. These in turn are leading to the breaking of “that covenant between human beings and the environment, which should mirror the creative love of God, from whom we come and towards whom we are journeying”.[4]
The challenge to work for a culture of care for our common home, but also for ourselves, is one that inspires hope, for surely humanity has never possessed as many means for achieving this goal as it possesses today. We can face this challenge on various levels. I would like to emphasize two of them in particular: example and action, and education. Inspired by our religious beliefs and spiritual traditions, we can make important contributions in both these areas. Many opportunities present themselves, as the Joint Appeal clearly notes in pointing to the various educational and training programmes that we can develop to promote care for our common home.
3. That care is also a call to respect: respect for creation, respect for our neighbour, respect for ourselves and for the Creator, but also mutual respect between faith and science, in order to enter into a mutual “dialogue for the sake of protecting nature, defending the poor, and building networks of respect and fraternity”.[5]
Respect, in this sense, is more than an abstract and passive recognition of others. It is an empathetic and active experience of desiring to know others and to enter into dialogue with them, in order to walk together on a common journey. For, as the Appeal goes on to state, “what we can achieve depends not only on opportunities and resources, but also on hope, courage and good will”.
Openness to interdependence and sharing, the dynamism of love and a call to respect. These are, I believe, three interpretative keys that can shed light on our efforts to care for our common home. COP26 in Glasgow represents an urgent summons to provide effective responses to the unprecedented ecological crisis and the crisis of values that we are presently experiencing, and in this way to offer concrete hope to future generations. We want to accompany it with our commitment and our spiritual closeness.
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[1] Cf. Encyclical Letter Laudato Si’, 86.
[2] Ibid., 240.
[3] Encyclical Letter Fratelli Tutti, 88.
[4] BENEDICT XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate, 50.
[5] Encyclical Letter Laudato Si’, 201.
[01342-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Oberhäupter und Vertreter der Religionen,
Exzellenzen,
liebe Freunde!
Ich danke Ihnen allen, dass Sie sich hier eingefunden haben, und damit den Wunsch nach einem vertieften Dialog unter uns und mit den Experten aus der Wissenschaft unterstreichen. Erlauben Sie mir, anhand dreier Begriffe über diese Zusammenarbeit nachzudenken: die Perspektive der Interdependenz und des Teilens, der Antrieb der Liebe und die Berufung zur Achtung.
1. Alles hängt zusammen, alles in der Welt ist eng miteinander verbunden. Nicht nur die Wissenschaft, sondern auch unsere Glaubensüberzeugungen und spirituellen Traditionen betonen diese Verbindung zwischen uns allen und dem Rest der Schöpfung. Wir erkennen die Zeichen der göttlichen Harmonie in der natürlichen Welt: Kein Geschöpf genügt sich selbst; ein jedes existiert nur in Abhängigkeit von den anderen, um sich im Dienst aneinander gegenseitig zu ergänzen.[1] Man könnte fast sagen, dass vom Schöpfer das eine dem anderen gegeben wird, damit sie in einer Beziehung der Liebe und des Respekts wachsen und sich voll entfalten können. Pflanzen, Gewässer und belebte Wesen werden von einem Gesetz geleitet, das Gott ihnen zum Wohle der gesamten Schöpfung eingepflanzt hat.
Wenn wir sagen, dass alles in der Welt miteinander in Verbindung steht, bedeutet das nicht nur, dass wir die schädlichen Folgen unseres Handelns verstehen, sondern auch, dass wir Verhaltensweisen und Lösungen finden, die mit einem offenen Blick auf die Interdependenz und das Miteinander-Teilen umgesetzt werden müssen. Niemand kann allein handeln, es ist wichtig, dass sich jeder für die anderen Menschen und für die Umwelt einsetzt, ein Engagement, das zu dem so dringenden Kurswechsel führen wird und das auch vom eigenen Glauben und von der eigenen Spiritualität genährt werden muss. Für die Christen ergibt sich die Perspektive der Interdependenz aus dem Geheimnis des dreieinigen Gottes selbst: »Denn die menschliche Person wächst, reift und heiligt sich zunehmend in dem Maß, in dem sie in Beziehung tritt, wenn sie aus sich selbst herausgeht, um in Gemeinschaft mit Gott, mit den anderen und mit allen Geschöpfen zu leben. So übernimmt sie in ihr eigenes Dasein jene trinitarische Dynamik, die Gott dem Menschen seit seiner Erschaffung eingeprägt hat.«[2]
Die heutige Begegnung, die so viele Kulturen und Spiritualitäten in einem Geist der Geschwisterlichkeit zusammenbringt, verstärkt nur das Bewusstsein, dass wir Glieder einer einzigen Menschheitsfamilie sind: Jeder von uns hat seinen eigenen Glauben und seine eigene geistliche Tradition, aber es gibt keine kulturellen, politischen oder sozialen Grenzen oder Barrieren, die es uns erlauben würden, uns zu isolieren. Um diese Sichtweise zu verdeutlichen, wollen wir uns für eine Zukunft einsetzen, die von Interdependenz und Mitverantwortung geprägt ist.
2. Dieses Engagement muss beständig durch den Antrieb der Liebe angeregt werden: »Vom Inneren eines jeden Herzens her schafft die Liebe Verbindungen und weitet die Existenz, wenn sie die Person aus sich selbst heraus und zum anderen hin führt«.[3] Die treibende Kraft der Liebe wird jedoch nicht ein für alle Mal „in Gang gesetzt“, sondern muss Tag für Tag neu belebt werden; dies ist einer der großen Beiträge, die unsere Glaubensüberzeugungen und spirituellen Traditionen zu diesem dringend benötigten Kurswechsel leisten können.
An der Liebe erkennt man ein intensiv gelebtes geistliches Leben, an einer Liebe, die sich auf alle ausdehnt, über kulturelle, politische und soziale Grenzen hinweg; an einer Liebe, die integriert, auch und vor allem die Geringsten, die oft diejenigen sind, die uns lehren, die Schranken des Egoismus zu überwinden und die Mauern des Ich niederzureißen.
Dies ist eine Herausforderung, die uns mit der Notwendigkeit konfrontiert, der Wegwerfmentalität entgegenzuwirken, die in unserer Gesellschaft vorherrschend zu sein scheint und die sich auf das stützt, was unser Gemeinsamer Appell als „Samen des Konflikts: Gier, Gleichgültigkeit, Ignoranz, Angst, Ungerechtigkeit, Unsicherheit und Gewalt“ bezeichnet. Es sind dieselben Samen des Konflikts, die die schweren Wunden verursachen, die wir der Umwelt zufügen, wie Klimawandel, Desertifikation, Umweltverschmutzung, Verlust der Biodiversität, was »jenen Bund zwischen Mensch und Umwelt […], der ein Spiegel der Schöpferliebe Gottes sein soll – des Gottes, in dem wir unseren Ursprung haben und zu dem wir unterwegs sind«[4], zerbricht.
Diese Herausforderung zugunsten einer Kultur der Sorge für unser gemeinsames Haus und auch für uns selbst hat etwas Hoffnungsvolles an sich, denn zweifellos hatte die Menschheit noch nie so viele Mittel, um dieses Ziel zu erreichen wie heute. Dieser Herausforderung kann auf verschiedenen Ebenen begegnet werden, von denen ich zwei besonders hervorheben möchte: die Ebene des Beispiels und der Aktion sowie die der Erziehung. Auf beiden Ebenen können wir, inspiriert durch unseren Glauben und unsere geistlichen Traditionen, wichtige Beiträge leisten. Die Möglichkeiten, die sich daraus ergeben, sind vielfältig, wie der gemeinsame Appell zeigt, der auch verschiedene Bildungs- und Ausbildungswege aufzeigt, die wir zugunsten der Sorge für unser gemeinsames Haus entwickeln können.
3. Diese Sorge ist auch eine Berufung zur Achtung: einer Achtung gegenüber der Schöpfung, gegenüber dem Nächsten, gegenüber sich selbst und gegenüber dem Schöpfer. Diese Berufung beinhaltet aber auch den gegenseitigen Respekt zwischen Glaube und Wissenschaft, um »einen Dialog miteinander aufzunehmen, der auf die Schonung der Natur, die Verteidigung der Armen und den Aufbau eines Netzes der gegenseitigen Achtung und der Geschwisterlichkeit ausgerichtet ist.«[5]
Es geht um eine Achtung, die nicht nur eine abstrakte und passive Anerkennung des Anderen ist, sondern in einer empathischen und aktiven Art und Weise gelebt wird, indem man den Anderen kennenlernen und mit ihm in Dialog treten will, um diesen gemeinsamen Weg miteinander zu gehen, wohl wissend, dass, wie es im Appell heißt, das „was wir erreichen können, nicht nur von Möglichkeiten und Ressourcen abhängt, sondern auch von Hoffnung, Mut und gutem Willen“.
Die Perspektive der Interdependenz und des Teilens, der Antrieb der Liebe und die Berufung zur Achtung. Dies sind drei Schlüssel zum Verständnis unserer Sorge um das gemeinsame Haus. Die COP26 in Glasgow ist dringend aufgerufen, wirksame Antworten auf die beispiellose ökologische Krise und die Wertekrise, die wir erleben, zu finden und damit den künftigen Generationen konkrete Hoffnung zu geben: Wir wollen sie mit unserem Engagement und unserer geistlichen Nähe begleiten.
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[1] Vgl. Enzyklika Laudato si', 86.
[2] Ebd., 240.
[3] Enzyklika Fratelli tutti, 88.
[4] Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, 50.
[5] Enzyklika Laudato si', 201.
[01342-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Jefes y representantes religiosos,
Excelencias,
queridos amigos.
Gracias a todos por reuniros, mostrando el deseo de un diálogo profundo entre nosotros y con los expertos de la ciencia. Me permito ofreceros tres conceptos para reflexionar sobre esta colaboración: la mirada de la interdependencia y del compartir, el motor del amor y la vocación al respeto.
1. Todo está conectado, en el mundo todo está íntimamente unido. No sólo la ciencia, sino también nuestros credos y nuestras tradiciones espirituales muestran esta conexión que existe entre todos nosotros y el resto de la creación. Reconocemos los signos de la armonía divina presente en el mundo natural. Ninguna criatura se basta a sí misma, todas existen en dependencia unas de otras, para complementarse y servirse mutuamente.[1] Casi podríamos decir que cada una fue donada por el Creador a las demás, para que en la relación de amor y de respeto puedan crecer y realizarse en plenitud. Plantas, aguas, seres animados son guiados por una ley impresa por Dios en ellos para el bien de toda la creación.
Reconocer que el mundo está interconectado significa no sólo comprender las consecuencias dañinas de nuestras acciones, sino también individuar comportamientos y soluciones que deben adoptarse con una mirada abierta a la interdependencia y al compartir. No se puede actuar solos, es fundamental el compromiso de cada uno por el cuidado de los demás y del ambiente, el compromiso que lleve a un cambio de rumbo que es muy urgente y que se debe alimentar también de nuestra fe y espiritualidad. Para los cristianos, la mirada de la interdependencia surge del misterio mismo del Dios trino: «Porque la persona humana más crece, más madura y más se santifica a medida que entra en relación, cuando sale de sí misma para vivir en comunión con Dios, con los demás y con todas las criaturas. Así asume en su propia existencia ese dinamismo trinitario que Dios ha impreso en ella desde su creación».[2]
El encuentro de hoy, que une muchas culturas y espiritualidades en un espíritu de fraternidad, no hace más que reforzar la conciencia de que somos miembros de una única familia humana. Tenemos cada uno nuestra propia fe y tradición espiritual, pero no hay fronteras y barreras culturales, políticas o sociales que nos consientan aislarnos. Para iluminar esta mirada queremos comprometernos con un futuro modelado por la interdependencia y por la corresponsabilidad.
2. Este compromiso se debe solicitar continuamente al motor del amor: «Desde la intimidad de cada corazón, el amor crea vínculos y amplía la existencia cuando saca a la persona de sí misma hacia el otro».[3] Sin embargo, la fuerza propulsora del amor no se “pone en marcha” una vez para siempre, sino que va reavivada día a día; esta es una de las grandes aportaciones que nuestros credos y tradiciones espirituales ofrecen para facilitar este cambio de rumbo que nos hace tanta falta.
El amor es espejo de una vida espiritual vivida intensamente. Un amor que se extiende a todos, más allá de las fronteras culturales, políticas y sociales; un amor que integra, también y sobre todo en beneficio de los últimos, quienes son muchas veces los que nos enseñan a superar las barreras del egoísmo y a romper las paredes del yo.
Es este un desafío que nos pone frente a la necesidad de contrastar esa cultura del descarte, que parece prevalecer en nuestra sociedad y que se sedimenta sobre aquellos que nuestro Llamamiento conjunto denomina “semillas de conflicto: avidez, indiferencia, ignorancia, miedo, injusticia, inseguridad y violencia”. Son estas mismas semillas de conflicto las que causan las graves heridas que provocamos en el ambiente como los cambios climáticos, la desertización, la contaminación, la pérdida de biodiversidad, llevando a la rotura de «esa alianza entre ser humano y medio ambiente que ha de ser reflejo del amor creador de Dios, del cual procedemos y hacia el cual caminamos».[4]
Este desafío a favor de una cultura del cuidado de nuestra casa común y también de nosotros mismos tiene el sabor de la esperanza, porque no hay duda que la humanidad no ha contado con tantos medios para alcanzar este objetivo como los que tiene hoy. Este mismo desafío se puede afrontar sobre varios ámbitos; en particular quisiera señalar dos: el del ejemplo y la acción, y el de la educación. En ambos ámbitos, nosotros, inspirados por nuestros credos y tradiciones espirituales, podemos ofrecer importantes aportaciones. Son muchas las posibilidades que surgen, como por otra parte pone en evidencia el Llamamiento conjunto, en el que se ilustran también varios recorridos educativos y formativos que podemos desarrollar a favor del cuidado de nuestra casa común.
3. Este cuidado es también una vocación al respeto. Respeto por la creación, respeto por el prójimo, respeto por sí mismos y respeto hacia al Creador. Pero también respeto reciproco entre fe y ciencia, para «entrar en un diálogo entre ellas orientado al cuidado de la naturaleza, a la defensa de los pobres, a la construcción de redes de respeto y de fraternidad».[5]
Un respeto que no es el mero reconocimiento abstracto y pasivo del otro, sino vivido de manera empática y activa, con el deseo de conocerlo y entrar en diálogo con él para caminar juntos en este viaje común, sabiendo bien que, como también indica el Llamamiento: «lo que podemos obtener depende no sólo de las oportunidades y de los recursos, sino también de la esperanza, de la valentía y de la buena voluntad».
La mirada de la interdependencia y del compartir, el motor del amor y la vocación al respeto son las tres claves de lectura que me parecen iluminar nuestro trabajo para el cuidado de la casa común. La COP26 de Glasgow está llamada, urgentemente, a ofrecer respuestas eficaces a la crisis ecológica sin precedentes y a la crisis de valores que vivimos, y así ofrecer una esperanza concreta a las generaciones futuras. Deseamos acompañarla con nuestro compromiso y nuestra cercanía espiritual.
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[1] Cf. Carta enc. Laudato si’, 86.
[2] Ibíd., 240.
[3] Carta enc. Fratelli tutti, 88.
[4] Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, 50.
[5] Carta enc. Laudato si’, 201.
[01342-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Líderes e Representantes religiosos,
Excelências,
Queridos amigos!
Obrigado a todos por se reunirem aqui, colocando em evidência o desejo dum diálogo profundo entre nós e com os peritos em ciência. Ouso oferecer três conceitos à vossa reflexão sobre esta colaboração: o olhar da interdependência e da partilha, o motor do amor e a vocação ao respeito.
1. Tudo está interligado; no mundo, tudo está intimamente relacionado. Não só a ciência, mas também as nossas crenças e as nossas tradições espirituais põem em evidência esta conexão que existe entre todos nós e com o resto da criação. Reconhecemos os sinais da harmonia divina presente no mundo natural: nenhuma criatura se basta a si mesma; cada uma só existe na dependência das outras, para se completarem mutuamente, ao serviço uma da outra.[1] Quase poderíamos dizer que uma é dada pelo Criador às outras, para que, na relação de amor e respeito, possam crescer e realizar-se em plenitude. Plantas, águas, seres vivos são guiados por uma lei impressa por Deus em cada um deles para benefício de toda a criação.
Reconhecer que o mundo está interligado significa não só compreender as consequências nefastas das nossas ações, mas também identificar comportamentos e soluções que devem ser adotados com olhar aberto à interdependência e à partilha. Não se pode agir sozinho; é fundamental o empenho de cada um no cuidado dos outros e do ambiente, um empenho que leve à tão urgente mudança de rumo, que deve ser alimentada também pela própria fé e espiritualidade. Para os cristãos, o olhar da interdependência brota do próprio mistério de Deus Trino: «A pessoa humana cresce, amadurece e santifica-se tanto mais, quanto mais se relaciona, sai de si mesma para viver em comunhão com Deus, com os outros e com todas as criaturas. Assim assume na própria existência aquele dinamismo trinitário que Deus imprimiu nela desde a sua criação».[2]
O encontro hodierno, que une muitas culturas e espiritualidades num espírito de fraternidade, reforça a consciência de que somos membros duma única família humana: temos, cada um de nós, a própria fé e tradição espiritual, mas não há fronteiras nem barreiras culturais, políticas ou sociais que consintam isolar-nos. Para iluminar este olhar, queremos empenhar-nos em prol dum futuro modelado pela interdependência e a corresponsabilidade.
2. Este empenho deve ser continuamente solicitado pelo motor do amor: «A partir da intimidade de cada coração, o amor cria vínculos e amplia a existência, quando arranca a pessoa de si mesma para o outro».[3] Entretanto a força propulsora do amor não é acionada duma vez para sempre, mas deve ser reavivada dia a dia; esta é uma das grandes contribuições que as nossas crenças e tradições espirituais podem dar para facilitar esta mudança de rumo de que temos tanta necessidade.
O amor é espelho duma vida espiritual vivida intensamente. Um amor que se estende a todos sem olhar a fronteiras culturais, políticas e sociais; um amor que integra, mesmo e sobretudo em benefício dos últimos, que muitas vezes são quem nos ensina a superar as barreiras do egoísmo e a romper os muros do individualismo.
Trata-se de um desafio que surge perante a necessidade de contrastar aquela cultura do descarte que parece prevalecer na nossa sociedade e se apoia sobre aquilo que o nosso Apelo Conjunto chama as «sementes dos conflitos: ganância, indiferença, ignorância, medo, injustiça, insegurança e violência». São estas mesmas sementes de conflito que provocam as graves feridas que infligimos ao ambiente, como as mudanças climáticas, a desertificação, a poluição, a perda da biodiversidade, levando à rutura daquela «aliança entre ser humano e ambiente que deve ser espelho do amor criador de Deus, de Quem provimos e para Quem estamos a caminho».[4]
Semelhante desafio a favor duma cultura do cuidado da nossa casa comum e também de nós próprios tem o sabor da esperança, pois não há dúvida que a humanidade nunca, como hoje, teve tantos meios para alcançar tal objetivo. Este mesmo desafio pode enfrentar-se em vários níveis; gostaria de assinalar, em particular, dois deles: o nível do exemplo e da ação, e o da educação. Em ambos os níveis, nós, inspirados pelas nossas crenças e tradições espirituais, podemos oferecer contribuições importantes. Muitas são as possibilidades emergentes, como aliás coloca em evidência o Apelo Conjunto, onde se ilustram também vários percursos de educação e formação que podemos desenvolver a favor do cuidado da nossa casa comum.
3. Este cuidado é também uma vocação ao respeito: respeito pela criação, respeito pelo próximo, respeito por si mesmo e respeito perante o Criador. Mas também respeito mútuo entre fé e ciência, para «estabelecerem diálogo entre si visando o cuidado da natureza, a defesa dos pobres, a construção duma trama de respeito e de fraternidade».[5]
Um respeito que não é mero reconhecimento abstrato e passivo do outro, mas deve ser vivido de forma empática e ativa querendo conhecer o outro e dialogar com ele para caminhar juntos nesta viagem comum, bem sabendo – como se indica ainda no Apelo – que «aquilo que podemos obter depende não só das oportunidades e dos recursos, mas também da esperança, da coragem e da boa vontade».
O olhar da interdependência e da partilha, o motor do amor e a vocação ao respeito: eis três chaves de leitura que me parecem iluminar o nosso trabalho pelo cuidado da casa comum. A COP26 de Glasgow é urgentemente chamada a oferecer respostas eficazes à crise ecológica sem precedentes e à crise de valores em que vivemos e, assim, dar uma esperança concreta às gerações futuras: queremos acompanhá-la com o nosso empenho e a nossa proximidade espiritual.
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[1] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24/V/2015), 86.
[2] Ibid., 240.
[3] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (03/X/2020), 88.
[4] Bento XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29/VI/2009), 50.
[5] Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24/V/2015), 201.
[01342-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Zwierzchnicy i przedstawiciele religijni,
Ekscelencje
drodzy przyjaciele!
Dziękuję Wam wszystkim za to, że zgromadziliście się tutaj, podkreślając pragnienie prowadzenia głębokiego dialogu między nami i ekspertami w dziedzinie nauki. Pozwolę sobie zaproponować trzy koncepcje, które pozwolą nam zastanowić się nad tą współpracą: spojrzenie współzależności i dzielenia się, energia miłości i wezwanie do poszanowania.
1. Wszystko jest ze sobą połączone, wszystko na świecie jest ze sobą ściśle powiązane. Nie tylko nauka, ale także nasze wiary i tradycje duchowe podkreślają ten związek między nami wszystkimi i resztą stworzenia. Rozpoznajemy znaki Bożej harmonii obecne w świecie przyrody: żadne stworzenie nie jest samowystarczalne. Każde istnieje jedynie w zależności od innych, aby się wzajemnie uzupełniać, aby służyć jedno drugiemu[1]. Można by wręcz powiedzieć, że jedno jest dane przez Stwórcę innym, aby w relacji miłości i szacunku mogły się rozwijać i w pełni się realizować. Rośliny, wody, istoty żywe są kierowane prawem, wpisanym w nie przez Boga dla dobra całego stworzenia.
Uznanie, że świat jest wzajemnie powiązany, oznacza nie tylko zrozumienie szkodliwych konsekwencji naszych działań, ale także określenie postaw i rozwiązań, które należy przyjąć ze spojrzeniem otwartym na współzależność i dzielenie się. Nie możemy działać w osamotnieniu jedni bez drugich, konieczne jest, aby każdy z nas zaangażował się w troskę o innych i o środowisko. To zaangażowanie, które doprowadzi do jakże pilnie potrzebnej zmiany kursu, a które musi być także wspierane przez wiarę i duchowość każdego z nas. Dla chrześcijanina wizja współzależności wypływa z samej tajemnicy Trójjedynego Boga: „Osoba ludzka tym bardziej się rozwija, tym bardziej dojrzewa i tym bardziej się uświęca, im bardziej wchodzi w relacje, przekraczając siebie, aby żyć w komunii z Bogiem, z innymi i ze wszystkimi stworzeniami. W ten sposób przyjmuje w swoim życiu ową dynamikę trynitarną, jaką Bóg w nim odcisnął od początku jego istnienia”[2].
Dzisiejsze spotkanie, które łączy tak wiele kultur i duchowości w duchu braterstwa, umacnia jedynie świadomość, że jesteśmy członkami jednej rodziny ludzkiej: każdy z nas ma własną wiarę i tradycję duchową, ale nie istnieją granice ani bariery kulturowe, polityczne czy społeczne, które mogłyby nas odizolować. Aby rzucić światło na tę wizję, chcemy zaangażować się na rzecz przyszłości, kształtowanej przez współzależność i współodpowiedzialność.
2. To zaangażowanie musi być nieustannie pobudzane przez siłę miłości: „Miłość, wypływając z każdego serca, tworzy więzi i poszerza egzystencję wówczas, gdy sprawia, że osoba wychodzi ze swoich ograniczeń ku drugiemu”[3]. Jednak siła napędowa miłości nie jest „wprawiana w ruch” raz na zawsze, lecz musi być ożywiana dzień po dniu. Jest to jeden z wielkich wkładów, jakie nasze wiary i tradycje duchowe mogą wnieść w ułatwienie tej tak bardzo potrzebnej zmiany kursu.
Miłość jest zwierciadłem intensywnie przeżywanego życia duchowego. Miłość, która ogarnia wszystkich, ponad granicami kulturowymi, politycznymi i społecznymi; miłość integrująca, także i przede wszystkim z korzyścią dla najmniejszych, którzy są często tymi, którzy uczą nas pokonywać bariery egoizmu i przekraczać mury własnego „ja”.
Jest to wyzwanie, które stawia nas wobec konieczności przeciwstawienia się kulturze odrzucenia, zdającej się dominować w naszym społeczeństwie i która opiera się na tym, co nasz Wspólny Apel nazywa „zarodkami konfliktu: chciwości, obojętności, ignorancji, strachu, niesprawiedliwości, braku bezpieczeństwa i przemocy”. Są to te same zarodki konfliktu, które powodują poważne rany, jakie zadajemy środowisku naturalnemu, takie jak zmiany klimatyczne, pustynnienie, zanieczyszczenie, utrata bioróżnorodności, prowadząc do zerwania tego „przymierza między człowiekiem a środowiskiem, mającego odzwierciedlać stwórczą miłość Boga, od którego pochodzimy i ku któremu zdążamy”[4].
To wyzwanie na rzecz kultury zatroskania o nasz wspólny dom, a także o nas samych, ma posmak nadziei, ponieważ nie ulega wątpliwości, że ludzkość nigdy nie miała tylu środków do osiągnięcia tego celu, ile ma dziś. To samo wyzwanie można podjąć na różnych płaszczyznach. W szczególności chciałbym podkreślić dwie z nich: płaszczyznę przykładu i działania oraz płaszczyznę edukacji. Na obu poziomach, my, zainspirowani naszą wiarą i tradycjami duchowymi, możemy wnieść istotny wkład. Pojawia się wiele możliwości, jak wskazuje to Wspólny Apel, które ilustrują również różne ścieżki edukacyjne i szkoleniowe, jakie możemy rozwijać w trosce o nasz wspólny dom.
3. Ta troska jest także powołaniem do poszanowania: poszanowania stworzenia, poszanowania bliźniego, poszanowania siebie samego i poszanowania Stwórcy. Ale także wzajemnego szacunku między wiarą a nauką, celem „nawiązania dialogu, ukierunkowanego na opiekę nad naturą, obronę ubogich, budowanie sieci braterstwa i szacunku”[5].
Poszanowanie, które nie jest jedynie abstrakcyjnym i biernym uznaniem drugiego człowieka, ale które jest przeżywane w sposób empatyczny i czynny, w pragnieniu poznania drugiego człowieka i podjęcia z nim dialogu, aby razem podążać tą wspólną drogą, wiedząc dobrze, że – jak wskazuje Apel – „to, co możemy osiągnąć, zależy nie tylko od możliwości i zasobów, ale także od nadziei, odwagi i dobrej woli”.
Spojrzenie z perspektywy współzależności i dzielenia się, siła miłości i wezwanie do poszanowania. Oto trzy klucze do lektury, jakie wydają mi się rozjaśniać naszą pracę na rzecz troski o wspólny dom. COP26 w Glasgow jest wezwany do pilnego zaproponowania skutecznych reakcji na bezprecedensowy kryzys ekologiczny i kryzys wartości, w których żyjemy, a tym samym do zaoferowania konkretnej nadziei przyszłym pokoleniom: chcemy mu towarzyszyć naszym zaangażowaniem i poprzez naszą duchową bliskość.
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[1] Por. Enc. Laudato si’, 86.
[2] Por. tamże, 240.
[3] Por. Enc. Fratelli tutti, 88.
[4] Por. BENEDYKT XVI, Enc. Caritas in veritate, 50.
[5] Por. Enc. Laudato si’, 201.
[01342-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
كلمة قداسة البابا فرنسيس
للمشاركين في اجتماع
”الإيمان والعِلم: نحو المؤتمر السادس والعشرين للأطراف في الاتفاقية الإطارية بشأن التغيّر المناخي (COP26)“
الرؤساء وممثلي الأديان،
أصحاب السّعادة،
الأصدقاء الأعزّاء!
أشكركم جميعًا لوجودكم هنا مجتمعين، تبدون رغبتكم في إجراء حوار معمق بيننا ومع الخبراء في العلوم. اسمحوا لي أن أقدّم ثلاثة مفاهيم للتفكير في هذا التعاون: نظرة الترابط بعضنا مع بعض والمشاركة، والمحرك الذي هو الحبّ، والدعوة إلى الاحترام.
1. كلّ شيء مرتبط، كلّ شيء في العالم مرتبط بشكل وثيق. ليس العِلم فقط، بل أيضًا إيماننا وتقاليدنا الرّوحية تبيّن هذا الارتباط الموجود بيننا جميعًا ومع بقية الخليقة. نحن ندرك علامات التناغم الإلهيّة الموجودة في العالم الطبيعي: فلا يوجد مخلوق مكتفٍ بذاته، كلّ واحد موجود مرتبطًا بغيره، ليكمّل كلّ منهما الآخر، وليكون الواحد في خدمة الآخر[1]. يمكننا أن نقول تقريبًا إن الخالق أعطى الواحد للآخر، حتى ينموا ويتحققوا بصورة كاملة في علاقة حبّ واحترام. النباتات والمياه والكائنات الحيّة يرشدها قانون طبعه الله فيها لخير كلّ الخليقة.
أن نعترف بأنّ العالم مترابط لا يعني فقط فهم العواقب الضارة لأفعالنا، بل أيضًا تحديد التصرفات والحلول التي يجب تبنيها بنظرة منفتحة للترابط بعضنا مع بعض والمشاركة. لا يمكن لأحد أن يعمل بمفرده، فالتزام كلّ واحد من أجل العناية بالآخرين والبيئة هو أمرٌ أساسيّ، وهو التزام يؤدي إلى تغيير في المسار، وهو أمر مُلِحّ، ويجب أن يتغذى أيضًا من إيماننا الشخصيّ وروحانيتنا. بالنسبة للمسيحيين، تنبع نظرة الترابط بعضنا مع بعض من سرّ الله الثالوث نفسه: "الكائن البشري ينمو وينضج ويتقدّس بقدر دخوله في علاقة، حين يخرج من ذاته ليعيش في شركة مع الله، ومع الآخرين ومع جميع الخلائق. هكذا يتخذ، في وجوده الخاص، هذه الدينامية الثالوثية التي طبعها الله فيه منذ أن خلقه"[2].
إنّ اجتماع اليوم، الذي يوحّد العديد من الثقافات والرّوحانيات بروح الأخوّة، يعزّز الوعي بأنّنا أعضاء في عائلة بشريّة واحدة: لكلّ منا إيمانه وتقاليده الرّوحية، ولكن لا توجد حدود وحواجز ثقافية أو سياسية أو اجتماعية تسمح بأن ننعزل بعضنا عن بعض. لإلقاء الضوء على هذه النظرة، نريد أن نلزم أنفسنا بمستقبل يتكوّن من ترابطنا بعضنا مع بعض ومشاركتنا في المسؤولية.
2. يجب أن يتم السعي وراء هذا الالتزام باستمرار بواسطة المحرك الذي هو الحبّ: "إنّ الحبّ يُنشئ روابط في أعماق كلّ قلب، ويجعل الحياة أرحب، عندما يُخرِج الشخصَ من ذاته نحو الآخر"[3]. ومع ذلك، فإنّ القوّة الدافعة للحبّ لا يتم ”تحريكها“ مرة واحدة وإلى الأبد، بل يجب إحياؤها يومًا بعد يوم، وهذه هي إحدى المساهمات الكبيرة التي يمكن أن يقدمها إيماننا وتقاليدنا الرّوحية في تسهيل تغيير المسار هذا الذي نحن بحاجة إليه كثيرًا.
الحبّ هو مرآة الحياة الرّوحية التي نعيشها بكثافة في أعماقنا. حبّ يمتد إلى الجميع، إلى ما وراء الحدود الثقافيّة والسياسيّة والاجتماعيّة، وحبّ يدمج، أيضًا وقبل كلّ شيء، الأخيرين، الذين غالبًا ما يُعلموننا أن نتغلّب على حواجز الأنانية وأن نحطّم جدران الأنا.
هذا تحدٍّ ينشأ أمام ضرورة مواجهة ثقافة الإقصاء، التي تبدو أنّها تسود في مجتمعنا والتي تترسّخ على ما يسميه نداؤنا المشترك على ”بذور الصّراعات: الجشع، واللامبالاة، والجهل، والخوف، والظلم، وانعدام الأمن، والعنف“. هي بذور الصّراع نفسها التي تسبب الجراح الخطيرة التي نلحقها بالبيئة مثل تغيّر المناخ، والتصحر، والتلوث، وفقدان التنوع البيولوجي، فيؤدي إلى تحطيم ذلك "العهد بين الكائن البشري والبيئة، الذي يجب أن يكون مرآة لحبِّ اللهِ الخالق، الذي منه أتيْنا وإليه نعود"[4].
هذا التحدّي لصالح ثقافة رعاية بيتنا المشترك، وأيضًا لنا نحن، فيه مذاق الأمل، بما أنّه لا يوجد شك في أنّ البشريّة لم يكن لديها قط وسائل عديدة لتحقيق هذا الهدف كما هو الحال اليوم. يمكن مواجهة هذا التحدّي نفسه على مستويات مختلفة، وأودّ على وجه الخصوص أن أؤكد على اثنين منها وهما: المثال والعمل، والتربيّة. على كِلا المستويَين، وبإلهام من إيماننا وتقاليدنا الرّوحية، يمكننا أن نقدّم مساهمات مهمة. الإمكانات التي تظهر أمامنا كثيرة، كما يبيّن ذلك النداء المشترك، حيث الكلام على مسارات تربيّة وتأهيل مختلفة يمكننا أن نطورها لصالح رعاية بيتنا المشترك.
3. هذه الرعاية هي أيضًا دعوة إلى الاحترام: احترام الخليقة، واحترام القريب، واحترام أنفسنا، واحترام الخالق. ولكن هي أيضًا الاحترام المتبادل بين الإيمان والعِلم، "للدخول في حوار فيما بينهما يهدف إلى العناية بالطبيعة، والدفاع عن الفقراء، وبناء شبكة من الاحترام والأخوّة"[5].
الاحترام ليس مجرد اعتراف سلبي ومجرّد للآخر، بل اعتراف هو تعاطف وعمل، ورغبة في أن نعرف الآخر وأن ندخل في حوار معه من أجل السير معًا في هذه الرحلة المشتركة، ونحن نَعلم جيدًا، كما جاء أيضا في النداء أنّ "ما يمكننا تحقيقه لا يعتمد فقط على الفرص والموارد، ولكن أيضًا على الأمل والشجاعة وحسن الإرادة".
نظرة الترابط بعضنا مع بعض والمشاركة، والمحرِّك الذي هو الحبّ والدعوة إلى الاحترام. هذه هي مفاتيح القراءة الثلاثة التي يبدو لي أنّها تنير عملنا للعناية بالبيت المشترك. إنّ المؤتمر السادس والعشرين للأطراف في الاتفاقية الإطارية بشأن التغيّر المناخي (COP26) الذي سيُعقد في مدينة غلاسكو مدعُوٌ بشكل مستعجل إلى تقديم أجوبة فعّالة للأزمة البيئية غير المسبوقة ولأزمة القيَم التي نعيشها، ومن ثَمَّ إلى تقديم أمل واقعي للأجيال القادمة: نودّ أن نرافق هذا المؤتمر مع التزامنا وقربنا الرّوحي.
[1] راجع رسالة بابوية عامة، كُنْ مُسَبَّحًا، 86.
[2] نفس المرجع، 240.
[3] رسالة بابوية عامة، Fratelli tutti (كلّنا إخوة)، 88.
[4] بنديكتس السادس عشر، رسالة بابوية عامة، المحبّة في الحق، 50.
[5] رسالة بابوية عامة، كُنْ مُسَبَّحًا، 201.
[01342-AR.01] [Testo originale: Italiano]
Appello congiunto
Testo in lingua inglese
Traduzione in lingua italiana
Testo in lingua inglese
JOINT APPEAL
One family in a common home
Today we come together united, in human fraternity, to raise awareness of the unprecedented challenges that threaten us and life on our beautiful common home, the Earth.
As leaders and scholars from various religious traditions, we unite in a spirit of humility, responsibility, mutual respect and open dialogue. This dialogue is not limited to merely the exchange of ideas, but is focused on the desire to walk in companionship, recognizing our call to live in harmony with one another and with nature.
Today’s gathering is the fruit of months of involved fraternal dialogue among faith leaders and scientists coming together, aware of the necessity of an even deeper solidarity in the face of the global pandemic and of growing concern for our common home.
Our awareness: nature is a gift
Nature is a gift, but also a life-giving force without which we cannot exist. Our faiths and spiritualities teach a duty, individual and collective, to care for the human family and for the environment in which it lives. We are not limitless masters of our planet and its resources. We are caretakers of the natural environment with the vocation to care for it for future generations and the moral obligation to cooperate in the healing of the planet.
We are deeply interdependent with each other and with the natural world. This connection is the basis for interpersonal and intergenerational solidarity and for overcoming selfishness. Damage to the environment is a result, in part, of the predatory tendency to see the natural world as something to be exploited with disregard for the extent to which survival hinges on biodiversity and on maintaining the health of planetary and local ecosystems. Multiple crises facing humanity are demonstrating the failures of such an approach; these are ultimately linked to a crisis of values, ethical and spiritual.
Faith and science are essential pillars of human civilization, with shared principles and complementarities. Together, we must address the threats facing our common home. The warnings from the scientific community are becoming increasingly stark and clear, as is the need for concrete steps to be taken. Scientists say that time is running out. Global temperatures have already risen to the point where the planet is warmer than at anytime in the last 200,000 years. We are on course for a rise in temperature of more than two degrees above the pre-industrial levels. It is not just a physical problem but also a moral challenge. The climate crisis affects us all, but it does not involve us all equally, because it will have different yet devastating effects on people in industrialized and non-industrialized countries. In particular, it affects the poorest, especially women and children in the most vulnerable countries, which are the least responsible for it.
Humanity has the power to think and the freedom to choose. We must address these challenges using the knowledge of science and the wisdom of religion: to know more and to care more. We should seek solutions within ourselves, within our communities, and with nature, adopting an integral approach. We must think long-term for the sake of the whole of humanity, now and in the future.
We need to expel the seeds of conflicts: greed, indifference, ignorance, fear, injustice, insecurity and violence. We must focus particularly on those at the margins. We need to act together to inspire and energize each other. We need to live in peace with one another and with nature. Now it is the time to take transformative action as a common response. As the COVID pandemic rages, 2021 presents a vital challenge to turn this crisis into an opportunity to rethink the world we want for ourselves and for our children. Care must be at the heart of this conversion, at all levels.
Our call: the need for greater ambition at COP26
We need a framework of hope and courage.
But we also need to change the narrative of development and to adopt a new kind of economics: one that places human dignity at its center and that is inclusive; one that is ecologically friendly, caring for the environment, and not exploiting it; one based not on endless growth and proliferating desires, but on supporting life; one that promotes the virtue of sufficiency and condemns the wickedness of excess; one that is not only technologically driven, but is moral and ethical.
Now is the time for urgent, radical and responsible action. Transforming the present situation requires the international community to act with greater ambition and fairness, in all aspects of its policies and strategies.
Climate change is a grave threat. In the interest of justice and fairness, we advocate for common but differentiated climate action at all levels, from individual behavioral changes to high-level political decision-making processes.
The world is called to achieve net zero carbon emissions as soon as possible, with wealthier countries taking the lead in reducing their own emissions and in financing emission reductions from poorer nations. It is important that all governments adopt a trajectory that will limit the global average temperature rise to 1.5°C above pre-industrial levels. To achieve these goals of the Paris Agreement, the COP26 Summit should deliver ambitious short-term actions from all nations with differentiated responsibilities. There is also an urgent need to deliver action to meet its medium- and long-term commitments.
We beg those nations with the greatest responsibility and present capacity to: step up their climate action at home; fulfil existing promises to provide substantial financial support to vulnerable countries; agree on new targets to enable them to become climate resilient, as well as to adapt to and to address climate change and loss and damage, which is already a reality for many countries.
We will accompany nations in seeking to protect and invest in the marginalized groups and vulnerable populations within their own borders, who for too long have borne disproportionate burdens and been on the frontlines of poverty, pollution and pandemic. The rights of Indigenous Peoples and local communities must be given special attention, protecting them from predatory economic interests. They have been caretakers of the earth for millennia. We should listen to them and be willing to be guided by their wisdom.
We appeal to governments to raise their ambitions and their international cooperation to: favor a transition to clean energy; adopt sustainable land use practices including preventing deforestation, restoring forests and conserving biodiversity; transform food systems to become environmentally-friendly and respectful of local cultures; end hunger; and to promote sustainable lifestyles and patterns of consumption and production.
We ask that full consideration be given to the effects on the workforce of the transition to a clean energy economy. Priority must be given to the creation of decent employment for all, particularly those in fossil fuel dependent sectors. We ask to ensure an effective and inclusive just transition to low greenhouse gas emissions and climate resilient development. At the same time, we call on them to consider both short-term and long-term social and economic consequences, and adopt a balanced approach that combines care for future generations with guarantee that no one is deprived of his/her daily bread in our own time.
We call upon financial institutions, banks and investors to adopt responsible financing for investments that have positive impacts on people and the planet.
We call upon civil society organizations and everyone to face these challenges with courage in a spirit of collaboration.
In parallel, we ask the leaders attending COP26 to ensure that no more biodiversity is lost, and that all land and water ecosystems are restored, protected and sustainably managed.
In order to achieve these goals, a major educational challenge stands before us. Governments cannot handle such ambitious change alone. We need all of society – the family, religious institutions, schools and universities, our businesses and financial systems – to engage in a transparent and collaborative process, ensuring that all voices are valued and all people represented in decision-making, including those most impacted, especially women, and those communities whose voices are often ignored or devalued.
This is where we, religious leaders and institutions, can make an important contribution. Humanity must rethink its perspectives and values, rejecting consumerism and the pervasive throwaway culture, and embrace a culture of care and cooperation.
Raising public awareness is indispensable to the change of course that is needed.
Our commitment and our creativeness
The followers of religious traditions have a crucial part to play in addressing the crisis of our common home. We commit to taking much more serious action. Young people are demanding that we listen to the scientific insights and that we, their elders, do much more.
First, we commit to advancing the educational and cultural transformation that is crucial to sustain all other actions. We underline the importance of:
– Deepening our efforts to bring about a change of heart among the members of our traditions in the way we relate to the earth and to other people (‘ecological conversion’). We will remind our communities that care for the earth and for others is a key tenet of all our traditions. Recognizing the signs of the divine harmony present in the natural world, we will strive to incorporate this ecological sensitivity more consciously into our practices.
– Encouraging our educational and cultural institutions to give priority in their programs to relevant scientific insights, to strengthen integral ecological education, and to help students and their families relate to nature and to others with new eyes. Beyond the transmission of information and technical knowledge, we want to instill deep-rooted virtues to sustain the ecological transformation that is required.
– Participating actively and appropriately in the public and political discourse on environmental issues, sharing our religious, moral and spiritual perspectives and uplifting the voices of the weakest, of young people, and of those too often ignored, such as Indigenous Peoples. We underline the importance to reframe environmental debates from being about technical issues alone to include moral issues.
– Engaging our congregations and institutions with their neighbors in the building of sustainable, resilient and just communities, creating and developing resources for local cooperation in, for example, restorative small-scale agriculture and renewable energy cooperatives.
Second, we underline the importance of taking far-reaching environmental action within our own institutions and communities, informed by science and based on religious wisdom. While calling on governments and international organizations to be ambitious, we also recognize the major role we play. We wish to emphasize the importance of:
– Supporting actions to reduce carbon emissions, achieve carbon neutrality, promote disaster risk reduction, improve waste management, conserve water and energy, develop renewable energy, provide green open spaces, conserve coastal areas, prevent deforestation and restore forests. Many of these actions require partnership with farming and fishery communities, especially small-scale and family farmers, whom we will support.
– Working to make bold plans to achieve full sustainability in our buildings, land, vehicles and other properties, joining the global race to save our planet.
– Encouraging our communities to embrace simple and sustainable lifestyles at home, so as to reduce our collective carbon footprint.
– Striving to align our financial investments with environmentally and socially responsible standards, ensuring greater accountability and transparency as the tendency to move away from investments in fossil fuels and toward investments in renewable energy and restorative agriculture is becoming ever more widespread. We will encourage public and private sector stakeholders to do the same.
– Evaluating all the goods we purchase and the services we hire with the same ethical lens, avoiding two different moral standards being applied to the business sector and to the rest of social life. For instance, we will raise awareness in our faith communities about the need to examine our banking, insurance and investment choices, to correct them in line with both the values we proclaim here.
Our hope: a time of grace, an opportunity that we cannot waste
We are currently at a moment of opportunity and truth. We pray that our human family may unite to save our common home before it is too late. Future generations will never forgive us if we squander this precious opportunity. We have inherited a garden: we must not leave a desert to our children.
Scientists have warned us that there might be only one decade left to restore the planet.
We plead with the international community, gathered at COP26, to take speedy, responsible and shared action to safeguard, restore and heal our wounded humanity and the home entrusted to our stewardship.
We appeal to everyone on this planet to join us on this common journey, knowing well that what we can achieve depends not only on opportunities and resources, but also on hope, courage, solidarity and good will.
In an age fraught with division and despair, we look with hope and unity to the future. We seek to serve the people of the world, particularly the poor and the future generations, by encouraging a prophetic vision, a creative, respectful and courageous action for the sake of the Earth, our common home.
[01346-EN.01] [Original text: English]
Traduzione in lingua italiana
Appello Congiunto
Una famiglia in una casa comune
Oggi siamo qui riuniti insieme, in spirito di fraternità umana, per accrescere la consapevolezza delle sfide senza precedenti che minacciano noi e la vita nella nostra magnifica casa comune, la Terra.
Come leader e studiosi di varie tradizioni religiose, ci uniamo in spirito di umiltà, responsabilità, rispetto reciproco e dialogo aperto. Tale dialogo non è limitato ad un mero scambio di idee, ma è centrato sul desiderio di camminare insieme, riconoscendo la nostra chiamata a vivere in armonia con gli altri e con la natura.
Nella riunione di oggi culminano diversi mesi di intenso dialogo fraterno tra i leader religiosi e gli scienziati, riuniti insieme nella consapevolezza della necessità di una sempre più profonda solidarietà di fronte alla pandemia globale e alla crescente preoccupazione per la nostra casa comune.
La nostra consapevolezza: la natura è un dono
La natura è un dono, ma è anche una forza vitale, senza la quale noi non potremmo esistere. Le nostre fedi e spiritualità insegnano il dovere, individuale e collettivo, di avere cura della famiglia umana e dell’ambiente nel quale essa vive. Non siamo padroni senza limiti del nostro pianeta e delle sue risorse. Noi siamo i custodi dell’ambiente naturale con l’innato dovere di prendercene cura per le future generazioni e con l’obbligo morale di cooperare per la preservazione del pianeta.
Siamo profondamente interdipendenti tra di noi e con il mondo naturale. Questa connessione è la base della solidarietà interpersonale ed intergenerazionale e del superamento dell’egoismo. Il danneggiamento dell’ambiente è il risultato, in parte, della tendenza predatoria a guardare il mondo naturale come qualcosa da sfruttare, senza tenere in considerazione quanto la sopravvivenza umana dipenda dalla biodiversità e dalla salute degli ecosistemi planetari e locali. Le molteplici crisi che l’umanità sta fronteggiando stanno dimostrando i fallimenti di tale approccio; questi fallimenti sono in ultima analisi derivanti da una crisi di valori, etici e spirituali.
La fede e la scienza sono pilastri essenziali della civiltà umana, con valori condivisi e complementarietà. Insieme, dobbiamo affrontare le minacce che riguardano la nostra casa comune. Gli avvertimenti della comunità scientifica stanno diventando sempre più forti e chiari, così come la necessità di azioni concrete da intraprendere. Gli scienziati affermano che il tempo si sta esaurendo. Le temperature globali sono già aumentate al punto che il pianeta è più caldo di quanto non lo sia mai stato negli ultimi 200.000 anni. Stiamo andando verso un aumento delle temperature di più di due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Non è solo un problema fisico, ma anche una sfida morale. La crisi climatica riguarda tutti noi, ma non ci coinvolge nello stesso modo, perché avrà effetti diversi e devastanti sulle persone nei Paesi industrializzati e su quelle nei Paesi non industrializzati. In particolare, colpirà i più poveri, specialmente le donne e i bambini dei Paesi più vulnerabili, che sono i meno responsabili di questo fenomeno.
L’umanità ha il potere di pensare e la libertà di scegliere. Dobbiamo affrontare queste sfide usando la conoscenza della scienza e la saggezza della religione: sapere di più e avere più cura. Dovremmo cercare soluzioni all’interno di noi stessi, all’interno delle nostre comunità, e con la natura, adottando un approccio integrale. Dobbiamo pensare a lungo termine per il bene dell’intera umanità, ora e nel futuro.
Abbiamo bisogno di estirpare i semi dei conflitti: avidità, indifferenza, ignoranza, paura, ingiustizia, insicurezza e violenza. Dobbiamo focalizzarci specialmente su coloro che sono ai margini. È necessario agire insieme per ispirarci e darci forza l’un l’altro. Abbiamo bisogno di vivere in pace tra di noi e con la natura. Ora è tempo di attivarci in maniera differente come risposta comune. Mentre la pandemia da COVID infuria, il 2021 presenta la sfida vitale di trasformare questa crisi in un’opportunità di ripensare il mondo che vogliamo per noi stessi e per i nostri bambini. Il prendersi cura deve essere al cuore di questa conversione, a tutti i livelli.
La nostra chiamata: il bisogno di una più grande ambizione alla COP26
Abbiamo bisogno di un contesto di speranza e di coraggio.
Ma abbiamo anche bisogno di cambiare la narrativa dello sviluppo e di adottare un nuovo tipo di economia: un’economia che metta la dignità umana al centro e che sia inclusiva; che sia rispettosa a livello ecologico, che abbia cura dell’ambiente e che non lo sfrutti; che non sia basata sulla crescita illimitata e su desideri smisurati, ma sia un sostegno per la vita; che promuova la virtù della temperanza e condanni la malvagità dell’eccesso; che non sia solo guidata dalla tecnologia, ma sia anche morale ed etica.
Ora è tempo per un’azione urgente, radicale e responsabile. Mutare la situazione presente richiede alla comunità internazionale di agire con un’ambizione maggiore e con equità, in tutti gli aspetti delle sue politiche e strategie.
Il cambiamento climatico è una grave minaccia. Nell’interesse della giustizia e dell’equità, noi chiediamo un’azione climatica comune ma differenziata a tutti i livelli, dai cambiamenti di comportamento individuali ai processi decisionali politici di alto livello.
Il mondo è chiamato all’azzeramento delle emissioni nette di carbonio il più presto possibile, con i Paesi più ricchi che assumono un ruolo guida nella riduzione delle loro emissioni e nel finanziamento delle riduzioni di emissioni da parte delle nazioni più povere. È importante che tutti i governi adottino un percorso che limiti l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali. Per raggiungere questi obiettivi dell’Accordo di Parigi, il Vertice COP26 dovrebbe dare impulso alla realizzazione di azioni ambiziose a breve termine da parte di tutte le nazioni con responsabilità differenziate. C’è anche un bisogno urgente di mettere in atto azioni per gli obiettivi di medio e lungo termine.
Chiediamo a gran voce alle nazioni che hanno maggiore responsabilità e capacità di: fare un salto in avanti nella loro politica climatica a livello nazionale; ottemperare agli impegni esistenti per fornire un supporto finanziario sostanziale ai Paesi vulnerabili; accordarsi sui nuovi traguardi per permettere loro di diventare resilienti ai cambiamenti climatici, così come di adattarsi e di affrontare il cambiamento climatico, nonché le perdite e i danni derivanti da tale fenomeno, che sono già una realtà per molti Paesi.
Accompagneremo le nazioni nel cercare di proteggere e di investire risorse a favore dei gruppi emarginati e delle popolazioni vulnerabili all’interno dei loro confini, che per troppo tempo hanno portato un peso sproporzionato e sono state maggiormente colpite dalla povertà, dall’inquinamento e dalla pandemia. I diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali devono ricevere una speciale attenzione, che li protegga da interessi economici predatori. Essi sono stati per millenni i custodi della terra. Dovremmo ascoltarli e lasciarci guidare dalla loro saggezza.
Facciamo appello ai governi affinché elevino le loro ambizioni e la loro cooperazione internazionale per: favorire la transizione verso l’energia pulita; adottare pratiche di uso sostenibile della terra che includano la prevenzione della deforestazione, il recupero delle foreste e la conservazione della biodiversità; trasformare i sistemi alimentari affinché diventino ambientalmente sostenibili e rispettosi delle culture locali; debellare la fame; nonché promuovere stili di vita, modi di consumo e di produzione sostenibili.
Chiediamo inoltre ai governi di considerare pienamente gli effetti che la transizione verso un’economia basata sull’energia pulita comporterà per la forza lavoro. Deve essere data priorità alla creazione di posti di lavoro dignitosi, specialmente in quei settori che dipendono dai combustibili fossili. Chiediamo che venga garantita una transizione giusta effettiva e inclusiva per uno sviluppo che sia a bassa emissione di gas a effetto serra e resiliente al clima. Allo stesso tempo, li invitiamo a considerare sia le conseguenze sociali ed economiche a breve termine che quelle a lungo termine, e ad adottare un approccio bilanciato che unisca la cura per le generazioni future alla garanzia che nessuno, nella nostra epoca, sarà privato del suo pane quotidiano.
Chiediamo alle istituzioni finanziarie, alle banche e agli investitori di adottare un sistema di finanziamento responsabile per investimenti che abbiano un impatto positivo sulle persone e sul pianeta.
Chiediamo alle organizzazioni della società civile e a ciascuno di affrontare queste sfide con coraggio e in uno spirito di collaborazione.
Parallelamente, chiediamo ai leader che partecipano alla COP26 di assicurare che non ci siano altre perdite di biodiversità e che tutti gli ecosistemi terrestri e marini siano ripristinati, protetti e gestiti in modo sostenibile.
Al fine di raggiungere questi obiettivi, si pone di fronte a noi un’importante sfida educativa. I governi non possono gestire un cambiamento così ambizioso da soli. È necessario che l’intera società – la famiglia, le istituzioni religiose, le scuole e le università, le nostre aziende e i nostri sistemi finanziari – si impegni in un processo trasparente e collaborativo, assicurando che tutte le voci siano considerate e che tutte le persone siano rappresentate nel processo decisionale, coinvolgendo coloro che sono maggiormente colpite, soprattutto le donne, e quelle comunità le cui voci sono spesso ignorate o sottovalutate.
Qui è dove noi, istituzioni e leader religiosi, possiamo dare un contributo importante. L’umanità deve ripensare le proprie prospettive e i propri valori, rigettando il consumismo e la pervasiva cultura dello scarto, ed abbracciare una cultura della cura e della cooperazione.
Sensibilizzare l’opinione pubblica sarà indispensabile per il cambio di rotta che occorre intraprendere.
Il nostro impegno e la nostra creatività
I fedeli delle tradizioni religiose hanno un ruolo cruciale da svolgere nell’affrontare la crisi della nostra casa comune. Ci impegniamo ad agire molto più seriamente. I giovani stanno chiedendo a noi più anziani, di dare ascolto alle indicazioni della scienza e di fare molto di più.
In primo luogo, ci impegniamo a far avanzare la trasformazione educativa e culturale che è cruciale per sostenere tutte le altre azioni. Sottolineiamo l’importanza di:
– Intensificare i nostri sforzi per cambiare i cuori tra i componenti delle nostre tradizioni religiose nel modo di relazionarsi alla terra e alle altre persone (“conversione ecologica”). Ricorderemo alle nostre comunità che avere cura della terra e degli altri è un principio chiave di tutte le nostre tradizioni. Riconoscendo i segni dell’armonia divina presente nel mondo naturale, ci sforzeremo di integrare questa sensibilità ecologica in modo più consapevole nelle nostre pratiche.
– Incoraggiare le nostre istituzioni educative e culturali a dare priorità nei loro programmi a rilevanti conoscenze scientifiche, per rafforzare un’educazione ecologica integrale, e per aiutare gli studenti e le loro famiglie a relazionarsi con la natura e gli altri, con occhi nuovi. Oltre alla trasmissione di nozioni e di conoscenza tecnica, noi vogliamo infondere quelle solide virtù necessarie per sostenere la trasformazione ecologica.
– Partecipare attivamente e in maniera appropriata al dibattito pubblico e politico sulle questioni ambientali, condividendo le nostre prospettive religiose, morali e spirituali dando voce ai più deboli, ai giovani, e a coloro che sono troppo spesso ignorati, come i popoli indigeni. Sottolineiamo l’importanza di collocare i dibattiti su temi ambientali in un rinnovato quadro di riferimento affinché – anziché concentrarsi solo su questioni tecniche – includano la dimensione morale.
– Coinvolgere le nostre congregazioni e istituzioni, insieme al loro vicinato, nella costruzione di comunità sostenibili, resilienti e giuste, creando e sviluppando risorse per una cooperazione locale in materia, ad esempio, di agricoltura rigenerativa su piccola scala e di cooperative per le energie rinnovabili.
In secondo luogo, sottolineiamo l’importanza di intraprendere un’azione ambientale di ampia portata all’interno delle nostre stesse istituzioni e comunità, con le informazioni della scienza e le basi della saggezza religiosa. Mentre invitiamo i governi e le organizzazioni internazionali ad essere ambiziosi, riconosciamo anche il ruolo principale che noi svolgiamo. Sottolineiamo l’importanza di:
– Sostenere azioni volte a ridurre le emissioni di carbonio, raggiungere la neutralità carbonica, promuovere la riduzione del rischio di catastrofi, migliorare lo smaltimento dei rifiuti, risparmiare acqua ed energia, sviluppare energia rinnovabile, garantire spazi verdi all’aperto, preservare le aree costiere, prevenire la deforestazione e ripristinare le foreste. Molte di queste azioni richiedono una collaborazione con le comunità agricole e di pescatori, specialmente aziende agricole a conduzione familiare e di piccole dimensioni, che noi sosterremo.
– Lavorare per realizzare impegnativi progetti per raggiungere una piena sostenibilità nei nostri edifici, terreni, veicoli e altre proprietà, prendendo parte allo sforzo mondiale per salvare il nostro pianeta.
– Incoraggiare le nostre comunità ad adottare nelle proprie case stili di vita semplici e sostenibili, così da ridurre l’impronta collettiva di carbonio.
– Sforzarsi di allineare i nostri investimenti finanziari con standard ecologicamente e socialmente responsabili, assicurando maggiore controllo e trasparenza, in quanto la tendenza ad allontanarsi dagli investimenti nei combustibili fossili verso investimenti in energia rinnovabile e agricoltura riparatrice sta diventando sempre più diffusa. Incoraggeremo il settore pubblico e privato a fare lo stesso.
– Valutare tutti i prodotti e i servizi che acquistiamo con lo stesso sguardo etico, evitando di applicare due diversi standard morali al settore delle imprese e al resto della vita sociale. Ad esempio, sensibilizzeremo le nostre comunità religiose riguardo alla necessità di analizzare le nostre scelte bancarie, assicurative e di investimento, al fine di correggerle in linea con i valori che affermiamo qui.
La nostra speranza: un tempo di grazia, un’opportunità che non possiamo sprecare
Stiamo attualmente vivendo un momento di opportunità e verità. Preghiamo affinché la nostra famiglia umana possa unirsi per salvare la nostra casa comune prima che sia troppo tardi. Le generazioni future non ci perdoneranno mai se sprechiamo questa preziosa opportunità. Abbiamo ereditato un giardino: non dobbiamo lasciare un deserto ai nostri figli.
Gli scienziati ci hanno avvertito che potrebbe essere rimasto solo un decennio per ripristinare il pianeta.
Chiediamo alla comunità internazionale, riunita alla COP26, d’intraprendere un’azione rapida, responsabile e condivisa per salvaguardare, ripristinare e guarire la nostra umanità ferita e la casa affidata alla nostra custodia.
Lanciamo un appello a tutti coloro che vivono su questo pianeta affinché si uniscano a noi in questo viaggio comune, sapendo bene che ciò che possiamo ottenere dipende non solo dalle opportunità e dalle risorse, ma anche dalla speranza, dal coraggio e dalla buona volontà.
In un’epoca contrassegnata da divisioni e sconforto, guardiamo con speranza e unità al futuro. Cerchiamo di aiutare le persone del mondo, in particolare i poveri e le generazioni future, incoraggiando una visione profetica, un’azione creativa, rispettosa e coraggiosa per il bene della Terra, la nostra casa comune.
[01346-IT.00] [Testo originale: Inglese]
[B0627-XX.03]