Incontro con i giovani nello Stadio Lokomotiva di Košice
Discorso del Santo Padre
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Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Nel pomeriggio, dopo l’incontro con la Comunità Rom, il Santo Padre Francesco si è recato in auto allo Stadio Lokomotiva di Košice per l’incontro con i giovani.
Al Suo arrivo, dopo aver compiuto un giro in papamobile tra i 25 mila giovani presenti nello stadio, il Papa è stato accolto nei pressi del palco dal Responsabile della Pastorale Giovanile e da due giovani che gli hanno donato un omaggio floreale. Dopo il canto d’ingresso, l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Košice dei latini, S.E. Mons. Bernard Bober, e la testimonianza di tre giovani seguita da un momento musicale, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso.
Al termine, dopo la consegna dei doni al Papa, la recita del Padre Nostro e la benedizione, il Santo Padre ha lasciato lo Stadio e si è trasferito in auto all’Aeroporto di Košice da dove, dopo essersi congedato dai due Arcivescovi della città, dal Sindaco e da altre Autorità locali, è partito a bordo di un A320 dell’Alitalia per rientrare a Bratislava. Al suo arrivo si è trasferito in auto alla Nunziatura Apostolica dove ha cenato in privato.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai giovani nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari giovani, cari fratelli e sorelle, dobrý večer! [buonasera!]
Mi ha dato gioia ascoltare le parole di Mons. Bernard, le vostre testimonianze e le vostre domande. Ne avete fatte tre e io vorrei provare a cercare delle risposte con voi.
Inizio da Peter e Zuzka, dalla vostra domanda sull’amore nella coppia. L’amore è il sogno più grande della vita, ma non è un sogno a buon mercato. È bello, ma non è facile, come tutte le cose grandi della vita. È il sogno, ma non è un sogno facile da interpretare. Vi rubo una frase: «Abbiamo cominciato a percepire questo dono con occhi totalmente nuovi». Davvero, come avete detto, servono occhi nuovi, occhi che non si lasciano ingannare dalle apparenze. Amici, non banalizziamo l’amore, perché l’amore non è solo emozione e sentimento, questo semmai è l’inizio. L’amore non è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità.
La vera originalità oggi, la vera rivoluzione, è ribellarsi alla cultura del provvisorio, è andare oltre l’istinto, oltre l’istante, è amare per tutta la vita e con tutto sé stessi. Non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della vita un’impresa. Tutti voi avrete in mente grandi storie, che avete letto nei romanzi, visto in qualche film indimenticabile, sentito in qualche racconto toccante. Se ci pensate, nelle grandi storie ci sono sempre due ingredienti: uno è l’amore, l’altro è l’avventura, l’eroismo. Vanno sempre insieme. Per fare grande la vita ci vogliono entrambi: amore ed eroismo. Guardiamo a Gesù, guardiamo al Crocifisso, ci sono entrambi: un amore sconfinato e il coraggio di dare la vita fino alla fine, senza mezze misure. C’è qui davanti a noi la Beata Anna, un’eroina dell’amore. Ci dice di puntare a traguardi alti. Per favore, non facciamo passare i giorni della vita come le puntate di una telenovela.
Perciò, quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale, ognuno di voi. Ognuno è un dono e può fare della vita, della propria vita, un dono. Gli altri, la società, i poveri vi aspettano. Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, oltre il trucco, al di là delle tendenze della moda. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei. Questo è l’amore: amare l’altro come è, e questo è bello! I sogni che abbiamo ci dicono la vita che desideriamo. I grandi sogni non sono l’auto potente, il vestito alla moda o la vacanza trasgressiva. Non date ascolto a chi vi parla di sogni e invece vi vende illusioni. Una cosa è il sogno, sognare, e altra cosa avere illusioni. Questi che vendono illusioni parlando di sogno sono manipolatori di felicità. Siamo stati creati per una gioia più grande: ciascuno di noi è unico ed è al mondo per sentirsi amato nella sua unicità e per amare gli altri come nessuno può fare al posto suo. Non si vive seduti in panchina a fare la riserva di qualcun altro. No, ciascuno è unico agli occhi di Dio. Non lasciatevi “omologare”; non siamo fatti in serie, siamo unici, siamo liberi, e siamo al mondo per vivere una storia d’amore, di amore con Dio, per abbracciare l’audacia di scelte forti, per avventurarci nel rischio meraviglioso di amare. Vi domando: credete questo? Vi domando: sognate questo? [rispondono: “Sì!”] Sicuri? [“Sì!”] Bravi!
Vorrei darvi un altro consiglio. Perché l’amore porti frutto, non dimenticate le radici. E quali sono le vostre radici? I genitori e soprattutto i nonni. State attenti: i nonni. Loro vi hanno preparato il terreno. Innaffiate le radici, andate dai nonni, vi farà bene: fate loro domande, dedicate tempo ad ascoltare i loro racconti. Oggi c’è il pericolo di crescere sradicati, perché siamo portati a correre, a fare tutto di fretta: quello che vediamo in internet può arrivarci subito a casa; basta un clic e persone e cose compaiono sullo schermo. E poi succede che diventino più familiari dei volti che ci hanno generato. Pieni di messaggi virtuali, rischiamo di perdere le radici reali. Disconnetterci dalla vita, fantasticare nel vuoto, non fa bene, è una tentazione del maligno. Dio ci vuole ben piantati per terra, connessi alla vita; mai chiusi, ma sempre aperti a tutti! Radicati e aperti. Avete capito? Radicati e aperti.
Sì, è vero, ma – mi direte voi – il mondo la pensa diversamente. Si parla tanto d’amore, ma in realtà vige un altro principio: ciascuno pensi per sé. Cari giovani, non lasciatevi condizionare da questo, da ciò che non va, dal male che imperversa. Non lasciatevi imprigionare dalla tristezza, dallo scoraggiamento rassegnato di chi dice che nulla mai cambierà. Se si crede a questo ci si ammala di pessimismo. E voi avete visto la faccia di un giovane, di una giovane pessimista? Avete visto quale faccia ha? Una faccia amareggiata, una faccia di amarezza. Il pessimismo ci ammala di amarezza, ci invecchia dentro. E si invecchia giovani. Oggi ci sono tante forze disgregatrici, tanti che incolpano tutti e tutto, amplificatori di negatività, professionisti della lamentela. Non ascoltateli!, no, perché la lamentela e il pessimismo non sono cristiani, il Signore detesta tristezza e vittimismo. Non siamo fatti per tenere la faccia a terra, ma per alzare lo sguardo al Cielo, agli altri, alla società.
E quando siamo giù – perché tutti nella vita siamo in certi momenti un po’ giù, tutti conosciamo questa esperienza – e quando siamo giù, che cosa possiamo fare? C’è un rimedio infallibile per rialzarci. È quello che ci hai raccontato tu, Petra: la Confessione. Avete ascoltato Petra, voi? [“Sì!”] Il rimedio della Confessione. Mi hai chiesto: «Come può un giovane oltrepassare gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio?». Anche qua è questione di sguardo, di guardare a quello che conta. Se io vi domando: “A che cosa pensate quando andate a confessarvi?” – non ditelo a voce alta –, sono quasi certo della risposta: “Ai peccati”. Ma – vi chiedo, rispondete – i peccati sono davvero il centro della Confessione? [“No!”] Non sento… [“No!”] Bravi! Dio vuole che ti avvicini a Lui pensando a te, ai tuoi peccati, o a Lui? Cosa vuole Dio? Che ti avvicini a Lui o ai tuoi peccati? Cosa vuole? Rispondete [“A lui!”] Più forte, che sono sordo… [“A Lui!”] Qual è il centro, i peccati o il Padre che perdona tutti i peccati? Il Padre. Non si va a confessarsi come dei castigati che devono umiliarsi, ma come dei figli che corrono a ricevere l’abbraccio del Padre. E il Padre ci risolleva in ogni situazione, ci perdona ogni peccato. Sentite bene questo: Dio perdona sempre! Avete capito? Dio perdona sempre!
Vi do un piccolo consiglio: dopo ogni Confessione, rimanete qualche istante a ricordare il perdono che avete ricevuto. Custodite quella pace nel cuore, quella libertà che provate dentro. Non i peccati, che non ci sono più, ma il perdono che Dio ti ha regalato, la carezza di Dio Padre. Quello custodite, non lasciatevelo rubare. E quando la volta dopo andate a confessarvi, ricordatelo: vado a ricevere ancora quell’abbraccio che mi ha fatto tanto bene. Non vado da un giudice a regolare i conti, vado da Gesù che mi ama e mi guarisce. In questo momento mi viene di dare un consiglio ai preti: io direi ai preti che si sentano al posto di Dio Padre che perdona sempre e abbraccia e accoglie. Diamo a Dio il primo posto nella Confessione. Se Dio, se Lui è il protagonista, tutto diventa bello e confessarsi diventa il Sacramento della gioia. Sì, della gioia: non della paura e del giudizio, ma della gioia. Ed è importante che i preti siano misericordiosi. Mai curiosi, mai inquisitori, per favore, ma che siano fratelli che donano il perdono del Padre, che siano fratelli che accompagnano in questo abbraccio del Padre.
Ma qualcuno potrebbe dire: “Io comunque mi vergogno, non riesco a superare la vergogna di andare a confessarmi”. Non è un problema, è una cosa buona! Vergognarsi, nella vita, alle volte fa bene. Se ti vergogni, vuol dire che non accetti quello che hai fatto. La vergogna è un buon segno, ma come ogni segno chiede di andare oltre. Non rimanere prigioniero della vergogna, perché Dio non si vergogna mai di te. Lui ti ama proprio lì, dove tu ti vergogni di te stesso. E ti ama sempre. Vi dico una cosa che non è nel maxischermo. Nella mia terra, quegli sfacciati che fanno di tutto male, li chiamiamo “senza-vergogna”.
E un ultimo dubbio: “Ma, Padre, io non riesco a perdonarmi, quindi neanche Dio potrà perdonarmi, perché cadrò sempre negli stessi peccati”. Ma – senti – Dio, quando si offende? Quando vai a chiedergli perdono? No, mai. Dio soffre quando noi pensiamo che non possa perdonarci, perché è come dirgli: “Sei debole nell’amore!”. Direi questo a Dio è brutto! Dirgli “sei debole nell’amore”. Invece Dio gioisce nel perdonarci, ogni volta. Quando ci rialza crede in noi come la prima volta, non si scoraggia. Siamo noi che ci scoraggiamo, Lui no. Non vede dei peccatori da etichettare, ma dei figli da amare. Non vede persone sbagliate, ma figli amati; magari feriti, e allora ha ancora più compassione e tenerezza. E ogni volta che ci confessiamo – non dimenticatelo mai – in Cielo si fa festa. Che sia così anche in terra!
Infine, Peter e Lenka, nella vita avete sperimentato la croce. Grazie per la vostra testimonianza. Avete chiesto come «incoraggiare i giovani a non temere di abbracciare la croce». Abbracciare: è un bel verbo! Abbracciare aiuta a vincere la paura. Quando veniamo abbracciati riacquistiamo fiducia in noi stessi e anche nella vita. Allora lasciamoci abbracciare da Gesù. Perché quando abbracciamo Gesù riabbracciamo la speranza. La croce non si può abbracciare da sola; il dolore non salva nessuno. È l’amore che trasforma il dolore. Quindi, è con Gesù che si abbraccia la croce, mai da soli! Se si abbraccia Gesù, rinasce la gioia. E la gioia di Gesù, nel dolore, si trasforma in pace. Cari giovani, care giovani, vi auguro questa gioia, più forte di ogni cosa. Vi auguro di portarla ai vostri amici. Non prediche, ma gioia. Portate gioia! Non parole, ma sorrisi, vicinanza fraterna. Vi ringrazio per avermi ascoltato e vi chiedo un’ultima cosa: non dimenticatevi di pregare per me. Ďakujem! [Grazie!]
In piedi, tutti, e preghiamo Dio che ci ama, preghiamo il Padre Nostro: “Padre nostro…” [in slovacco]
[Benedizione]
[01196-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers jeunes, chers frères et sœurs, dobrý večer! [bonsoir!]
J’ai eu la joie d’écouter les paroles de Mgr Bernard, ainsi que vos témoignages et vos questions. Vous en avez posé trois et je voudrais essayer de trouver avec vous des réponses.
Je commence, Peter et Zuzka, par votre question sur l’amour dans le couple. L’amour est le plus grand rêve de la vie, mais ce n’est pas un rêve bon marché. C’est beau, mais ce n’est pas facile, comme toutes les grandes choses de la vie. C’est le rêve, mais ce n’est pas un rêve facile à interpréter. J’emprunte une de vos phrases: « Nous avons commencé à percevoir ce don avec des yeux totalement nouveaux ».Vraiment, comme vous l’avez dit, il faut des yeux nouveaux, des yeux qui ne se laissent pas tromper par les apparences.Mes amis, ne banalisons pas l’amour, car l’amour n’est pas seulement émotion et sentiment, cela c’est plutôt le commencement.L’amour, ce n’est pas d’avoir tout et tout de suite. L’amour ne répond pas à la logique du jetable.L’amour est fidélité, don, responsabilité.
La vraie originalité aujourd’hui, la vraie révolution, c’est de se révolter contre la culture du provisoire, c’est aller au-delà de l’instinct, au-delà de l’instant, c’est aimer pour toute la vie et de tout notre être. Nous ne sommes pas ici pour vivoter, mais pour faire de la vie un engagement.Vous avez tous en tête de grandes histoires que vous avez lues dans les romans, vues dans des films inoubliables, entendues dans des récits émouvants.Quand on y pense, il y a toujours deux ingrédientsdans les grandes histoires : l’un est l’amour, l’autre est l’aventure, l’héroïsme.Ils vont toujours ensemble.Pour réussir sa vie, il faut les deux: l’amour et l’héroïsme. Regardons Jésus, regardons le Crucifié, il y a les deux: un amour infini et le courage de donner la vie jusqu’au bout, sans demi-mesure.Nous sommes devant la Bienheureuse Anne, une héroïne de l’amour.Elle nous dit qu’il faut viser des objectifs élevés.S’il vous plaît, ne laissons pas passer les jours de notre vie comme les épisodes d’un feuilleton télévisé.
C’est pourquoi, lorsque vous rêvez d’amour, ne croyez pas aux effets spéciaux, mais croyez plutôt que chacun de vous est particulier, chacun de vous. Chacun est un don et peut faire de la vie, de sa vie, un don. Les autres, la société, les pauvres vous attendent. Rêvez d’une beauté qui aille au-delà de l’apparence, au-delà du maquillage, au-delà des tendances de la mode. Rêvez sans avoir peur de former une famille, d’engendrer et d’éduquer des enfants, de passer votre vie en partageant tout avec une autre personne, sans avoir honte de vos fragilités, parce que lui, ou elle, les accueille, les aime et vous aime comme vous êtes. C’est l’amour: aimer l’autre comme il est, et c’est beau! Les rêves que nous faisons nous disent la vie que nous voulons. Les grands rêves ne sont pas la voiture puissante, le vêtement à la mode ou les vacances transgressives. N’écoutez pas ceux qui vous parlent de rêves et, au contraire, vous vendent des illusions. Une chose est le rêve, rêver, et une autre chose avoir des illusions. Ceux qui vendent des illusions en parlant de rêve sont des manipulateurs de bonheur. Nous avons été créés en vue d’une joie plus grande: chacun de nous est unique et est au monde pour se sentir aimé dans son unicité, et pour aimer les autres comme personne ne peut le faire à sa place. On ne vit pas assis sur un banc à faire le remplaçant d’un d’autre. Non, chacun est unique aux yeux de Dieu. Ne vous laissez pas “homologuer”; nous ne sommes pas faits en série, nous sommes uniques, nous sommes libres, et nous sommes au monde pour vivre une histoire d’amour, d’amour avec Dieu, pour embrasser l’audace de choix forts, pour nous aventurer dans le risque merveilleux d’aimer. Je vous demande: croyez-vous cela? Je vous demande: rêvez-vous de cela? [Ils répondent: “Oui”] Sûrs? [“Oui”] Bravo!
Je voudrais vous donner un autre conseil.Pour que l’amour porte du fruit, n’oubliez pas les racines. Et quelles sont vos racines? Les parents et surtout les grands-parents. Faites attention: les grands-parents. Ils vous ont préparé le terrain. Arrosez vos racines, allez chez vos grands-parents, cela vous fera du bien: posez-leur des questions, prenez le temps d’écouter leurs histoires.Aujourd’hui, existe le danger de grandir déracinés, parce que nous sommes amenés à courir et à tout faire dans l’urgence. Ce que nous voyons sur internet peut nous parvenir tout de suite à la maison: il suffit d’un clic et les personnes et les choses apparaissent sur l’écran. Et il peut arriver ensuite que celle-ci deviennent plus familières que les visages de ceux qui nous ont engendrés. Remplis de messages virtuels, nous risquons de perdre nos racines réelles. Or nous déconnecter de la vie, fantasmer dans le vide ne fait pas de bien, c’est une tentation du malin.Dieu nous veut bien plantés en terre, connectés à la vie ;jamais fermés, mais toujours ouverts à tous! Enracinés et ouverts. Avez-vous compris? Enracinés et ouverts.
Oui, c’est vrai, mais – me direz-vous – le monde pense différemment. On parle beaucoup d’amour, mais, en réalité, un autre principe s’applique: que chacun pense à soi. Chers jeunes, ne vous laissez pas conditionner par cela, par tout ce qui ne va pas, par le mal qui sévit. Ne vous laissez pas emprisonner par la tristesse, le découragement résigné de ceux qui disent que jamais rien ne changera. Si l’on croit à cela, on tombe malade de pessimisme. Et avez-vous vu le visage d’un jeune, d’une jeune pessimiste? Avez-vous vu quel visage il a? Un visage aigri, un visage d’amertume. Le pessimisme nous rend malade d’amertume, on vieillit intérieurement. Et on vieillit jeune. Aujourd’hui, il y a beaucoup de forces destructrices, beaucoup - des amplificateurs de négativité, des professionnels de la plainte. Ne les écoutez pas! Non, car la lamentation et le pessimisme ne sont pas chrétiens, le Seigneur déteste la tristesse et la victimisation.Nous ne sommes pas faits pour garder le visage tourné vers le sol, mais pour lever le regard vers le ciel, aux autres, à la société.
Et quand nous sommes déprimés – parce tous dans la vie nous sommes à certains moments un peu déprimés, tous nous connaissons cette expérience – et quand nous sommes déprimés, que pouvons-nous faire ? Il y a un remède infaillible pour nous relever. C’est ce que tu nous as raconté, Petra: la Confession. Avez-vous écouté Petra? [“Oui”] Le remède de la Confession. Tu m’as demandé: « Comment un jeune peut-il franchir les obstacles sur le chemin vers la miséricorde de Dieu? ». Ici aussi il est question de regard, de regarder ce qui compte. Si je vous demande “A quoi pensez-vous quand vous allez vous confesser?” – ne le dites pas à haute voix –, je suis presque sûr de la réponse: “Aux péchés”. Mais – je vous le demande, répondez, – les péchés sont-ils vraiment le centre de la Confession? [“Non!”] Je n’entends pas… [“Non!”] Bravo! Dieu veut que tu t’approches de lui en pensant à toi, à tes péchés, ou bien à lui? Qu’est-ce que Dieu veut? Que tu t’approches de lui ou de tes péchés? Que veut-il? Répondez [“De lui”] Plus fort, je suis sourd… [“De lui”] Quel est le centre, les péchés ou bien le Père qui pardonne tout? Le Père. On ne va pas se confesser comme des punis qui doivent s’humilier, mais comme des fils qui courent pour recevoir l’étreinte du Père. Et le Père nous relève en toute situation, il nous pardonne tout péché. Ecoutez bien ceci: Dieu pardonne toujours! Avez-vous-compris? Dieu pardonne toujours!
Je vous donne un petit conseil: après chaque Confession, restez quelques instants pour vous rappeler le pardon que vous avez reçu. Conservez cette paix dans le cœur, cette liberté que vous sentez en vous. Non pas les péchés, qui n’y sont plus, mais le pardon que Dieu t’a donné, la caresse de Dieu le Père. Conservez-le, ne vous le laissez pas voler. Et quand la fois suivante vous allez vous confesser, souvenez-vous-en: je vais recevoir encore cette étreinte qui m’a fait tant de bien. Je ne vais pas à un juge pour régler les comptes, je vais à Jésus qui m’aime et me guérit. En ce moment, je voudrais donner un conseil aux prêtres: je dirais aux prêtres qu’ils se sentent à la place de Dieu le Père qui pardonne toujours et embrasse et accueille. Donnons à Dieu la première place dans la Confession. Si Dieu, s’il est le protagoniste, tout devient beau et se confesser devient le sacrement de la joie. Oui, de la joie: pas de la peur et du jugement, mais de la joie. Et il est important que les prêtres soient miséricordieux. Jamais curieux, jamais inquisiteurs, s’il vous plaît, mais qu’ils soient des frères qui donnent le pardon du Père, qu’ils soient des frères qui accompagnent dans cette étreinte du Père.
Mais quelqu’un pourrait dire: “J’ai toujours honte, je ne peux pas surmonter la honte d’aller me confesser”.Ce n’est pas un problème, c’est une bonne chose! Avoir honte, dans la vie, fait parfois du bien. Si tu as honte, c’est que tu n’acceptes pas ce que tu as fait. La honte est un bon signe, mais comme tout signe, elle demande d’aller plus loin.De ne pas rester prisonnier de la honte, car Dieu n’a jamais honte de toi.Il t’aime là où tu as justement honte de toi-même.Et il t’aime toujours. Je vous dis quelque chose qui n’est pas sur le grand écran. Dans mon pays, ces effrontés qui font tout de travers, on les appelle des “sans-vergogne”.
Et un dernier doute: “Mais, Père, je ne réussis pas à me pardonner, donc Dieu ne pourra pas me pardonner parce que je tomberai toujours dans les mêmes péchés”. Mais – écoute – Dieu, quand est-ce qu’il s’offense? Lorsque tu vas lui demander pardon? Non, jamais. Dieu souffre lorsque nous pensons qu’il ne peut pas nous pardonner, parce que c’est comme si on lui disait : “Tu es faible en amour!”. Je dirais cela à Dieu c’est moche! Lui dire “tu es faible en amour” Au contraire, Dieu se réjouit de nous pardonner, à chaque fois.Quand il nous relève, il croit en nous comme la première fois, il ne se décourage pas. C’est nous qui nous décourageons, lui non. Il ne voit pas des pécheurs à étiqueter, mais des enfants à aimer. Il ne voit pas des personnes mauvaises, mais des enfants bien-aimés, blessés peut-être, et alors il a encore plus de compassion et de tendresse.Et chaque fois que nous nous confessons – ne l’oubliez jamais – c’est la fête au Ciel.Qu’il en soit ainsi sur la terre !
Enfin, Peter et Lenka, dans la vie, vous avez fait l’expérience de la croix. Merci pour votre témoignage. Vous avez demandécomment «encourager les jeunes à ne pas avoir peur d’embrasser la croix». Embrasser: c’est un beau verbe. Embrasser aide à vaincre la peur. Quand nous sommes embrassés, nous retrouvons confiance en nous-mêmes et même dans la vie. Alors laissons-nous embrasser par Jésus.Car lorsque nous embrassons Jésus, nous embrassons de nouveau l’espérance. La croix ne peut s’embrasser toute seule; la souffrance ne sauve personne. C’est l’amour qui transforme la souffrance. C’est donc avec Jésus que l’on embrasse la croix, jamais seuls! Si l’on embrasse Jésus, la joie renaît. Et la joie de Jésus, dans la souffrance, se transforme en paix. Chers jeunes, je vous souhaite cette paix, plus forte que tout. Je vous souhaite de l’apporter à vos amis. Pas de sermons, mais de la joie. Apportez de la joie! Pas de paroles, mais des sourires, de la proximité fraternelle. Je vous remercie de m’avoir écouté et vous demande une dernière chose: n’oubliez pas de prier pour moi. Ďakujem! [Merci].
Debout, tous, et prions Dieu qui nous aime, prions le Notre Père: “Notre Père…” [en slovaque]
[Bénédiction]
[01196-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear young people, dear brothers and sisters, dobrý večer! [good evening!]
I was pleased to listen to Archbishop Bernard’s words, and to your testimonies and questions. The questions were three, and I would now like to try, with you, to come up with some answers to them.
Let me start with Peter and Zuzka, and your question about love between two people. Love is our greatest dream in life, but it does not come cheap. Like all great things in life, love is magnificent, but not easy. It is our greatest dream, but not easy to explain. I will steal your words. You said: “We began to look at this gift with totally new eyes”. You are right: we need to have new eyes, eyes that are not taken in by appearances. Dear friends, let us not trivialize love, because love is not simply an emotion or feeling, even though it may start that way. Love is not about having everything now; it is not part of today’s throwaway culture. Love is fidelity, gift and responsibility.
Today, being really original and revolutionary means rebelling against the culture of the ephemeral, going beyond shallow instincts and momentary pleasures, and choosing to love with every fibre of your being, for the rest of your life. We were not put here just to make do, but to make something of our lives. If you think about some of the great stories you read in novels, or see in unforgettable movies or hear in some moving tale, there are always two things that go together. One is love, and the other is adventure, heroism. They always go together. For our life to be great, we need love and heroism alike. If we look to the crucified Jesus, we find both boundless love and the courage to give one’s life to the utmost, without half-measures. We also have before us Blessed Anna (Kolesárová), a heroine of love. She tells us to aim high. Please, don’t let your lives just pass by like so many episodes in a soap opera.
And when you dream of love, don’t go looking for special effects, but realize that each of you is special, each of you. Every one of us is a gift and we can make our own lives a gift. Other people await you: your communities, the poor... Dream of a beauty that goes beyond appearances, beyond cosmetic impressions, beyond the fads of the moment. Dream fearlessly of creating a family, having children and raising them well, spending your life in sharing everything with another person. Don’t be ashamed of your faults and flaws, for there is someone out there ready to accept and love them, someone who will love you just as you are. This is what love means: loving someone as he or she is, and this is beautiful. Our dreams reveal the kind of life we want. Great dreams are not about powerful cars, fashionable clothes or wild vacations. Give no heed to those who appeal to dreams but instead peddle illusions. Dreaming is one thing; having illusions is another. Those who peddle illusions by speaking about dreams use happiness as a ploy for something else. We were created for a joy that is much greater. Each of us is unique. We were put in this world to be loved for who we are, and to love others in our own unique and special way. Life is not a game, where we can sit on the bench, waiting to be called. No, each of us is unique in God’s eyes. So never let yourselves be “homogenized”, or turned into a nameless piece on an assembly line. None of us is “standard issue”; instead, we are unique, free and alive, called to live a love story with God, to make bold and firm decisions, to accept the marvelous risk of loving. So I ask you: Do you believe this? Is this your dream?
I would like to give you another bit of advice. For love to be fruitful, don’t forget your roots. What are your roots? Surely, they are your parents and especially your grandparents. Take heed: your grandparents. They prepared the soil in which you have grown. Cultivate your roots, visit your grandparents; it will do you good. Ask them questions, take time to listen to their stories. Today, there is a danger of growing up rootless, because we feel we always have to be on the go, to do everything in a hurry. What we see on the internet immediately enters our homes; just one click and people and things pop up on our screen. Those faces can end up becoming more familiar than those of our own families. Bombarded by virtual messages, we risk losing our real roots. To grow disconnected from life, or to fantasize in a void, is not a good thing; it is a temptation from the evil one. God wants us to be firmly grounded, connected to life. Never closed, but always open to others! Grounded and open. Understood? Grounded and open.
Yes, but you are going to tell me that the world thinks otherwise. We talk a lot about love, but we see another principle at work: people are only concerned about themselves. Dear young friends, don’t let this affect you; don’t be disheartened by the things that are not right, by the evil all around us. Don’t be dismayed or yield to those who tell you that nothing will ever change. Once you start believing that, you will soon yield to pessimism. Have you seen the face of a pessimistic young person? Have you seen what kind of face he or she has? An embittered face, a disappointed one. Pessimism makes us sick with bitterness, it ages us from within; your youth will quickly grow old. Today, there are so many disruptive forces, so many people ready to blame everyone and everything, spreaders of negativity, professional complainers. Pay no attention to them, no, for pessimism and complaining are not Christian. The Lord detests glumness and victimhood. We were not made to be downcast, but to look up to heaven, to others, to society.
But when we do feel downcast – because at certain moments in life everyone is a little downcast, we all know what this feels like – when we do feel downcast, what are we to do? There is one infallible remedy that can put us back on our feet. Petra, it is what you said: go to Confession. Did you hear Petra’s words? The remedy of Confession. You asked me how young people can overcome obstacles on the path to God’s mercy. Here too it is a matter of how we see things, of looking to what really matters. If I were to ask all of you what you think about when you go to Confession – don’t answer out loud – I am quite sure your answer will be “our sins”. But let me ask you, and please answer me, are sins really the centre of Confession? Does God want you to approach him thinking just about yourself and your sins; or about him? What does God want? That you approach him thinking about him or about your sins? What does he want? What is central, our sins or the Father who forgives everything? It is the Father. We do not go to confession to be punished and humiliated, but as children who run towards the Father’s loving arms. And the Father lifts us up in every situation, he forgives all our sins. Listen well to this: God always forgives! Understood? God always forgives!
I will give you a little piece of advice: after each Confession, sit still for a few moments in order to remember the forgiveness you received. Hold on to that peace in your heart, that inner freedom you are feeling; not your sins, which no longer exist, but the forgiveness that God has granted you, the caress of God the Father. Just hold on to that; don’t let it fade. The next time you go to confession, think: I am going to receive again the embrace that did me so much good. I am not going to stand before a judge, but before Jesus, who loves us and heals us. Now I would like to give some advice to priests: priests should feel that they take the place of God the Father who always forgives, embraces and welcomes. In Confession, let us give God first place. Once he is in charge, everything becomes beautiful and Confession becomes the sacrament of joy. Yes, joy; not fear and judgement but joy. It is also important for priests to be merciful. Never curious or inquisitorial, but acting as brothers who convey the Father’s forgiveness, brothers who accompany others in this embrace of the Father.
Someone might say, “But I am ashamed, I can’t get over the embarrassment of going to confession”. This is not a problem; in fact, feeling ashamed is a good thing. In life, feeling ashamed sometimes does you good, because it means you are not happy about what you did. Feeling ashamed is a good sign, but like any other sign, it points to the road we need to follow. Don’t let shame imprison you, because God is never ashamed of you. He loves you in the very place where you feel ashamed. And he loves you always. I will tell you something not in my original text: in my country, we call those brazen individuals who do all the wrong things “shameless”.
One last thing. You may say: “But Father, I can’t forgive myself, so how can God forgive me if I am always falling into the same sins?” Listen, is God ever offended? Is he offended if you go to him and ask for forgiveness? No! Never. God suffers when we think that he can’t forgive us, because that is like us telling him: “Your love is not strong enough!” Saying to God, “Your love is not strong enough” is not good! Instead, God rejoices in forgiving us, time and time again. Whenever he picks us up, he believes in us as if it were the first time. He never grows discouraged. We are the ones who get discouraged, not he. He does not label us as sinners: he sees us as children to be loved. He does not see us as lost causes, but as beloved and hurting children; and then he feels all the more compassion and tenderness. So never forget, whenever we go to confession, there is a party in heaven. May it also be so on earth!
Finally, Peter and Lenka, you experienced the cross in your lives. Thank you for your testimony. You asked how young people can be encouraged not to be afraid to embrace the cross. To embrace: that is a fine verb. Embracing helps us overcome fear. Whenever someone embraces us, we regain confidence in ourselves and also in life. So let us allow ourselves to be embraced by Jesus. Because when we embrace Jesus we once more embrace hope. We cannot embrace the cross all by ourselves; pain, in and of itself, saves no one. It is love that transforms pain. So let us embrace the cross, always with Jesus and never alone! When we embrace Jesus, joy is reborn. And the joy of Jesus helps us find peace, even in the midst of sorrow. More than anything, dear young people, I want this joy for you. I want you to bring it to your friends. Not sermons, but joy. Bring joy! Not words, but smiles and fraternal closeness. Thank you for listening! Let me ask you one last thing: do not forget to pray for me. Ďakujem! [Thank you!]
Now let us all stand and pray to God who loves us. Let us pray the Our Father.
[Blessing]
[01196-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe junge Leute, liebe Brüder und Schwestern, dobrý večer! (Guten Abend!)
Über die Worte von Bischof Bernard, über eure Zeugnisse und eure Fragen habe ich mich sehr gefreut. Ihr habt drei Fragen gestellt, und ich möchte zusammen mit euch versuchen, Antworten zu finden.
Ich beginne mit Peter und Zuzka, mit eurer Frage nach der Liebe in der Partnerschaft. Die Liebe ist der größte Traum im Leben, aber sie ist kein billiger Traum. Sie ist schön, aber nicht einfach, wie alle großen Dinge im Leben. Sie ist der Traum schlechthin, dieser ist aber nicht leicht zu deuten. Ich möchte einen Satz von euch aufgreifen: „Wir haben begonnen, dieses Geschenk mit ganz neuen Augen zu sehen“. Wir brauchen in der Tat, wie ihr gesagt habt, neue Augen, Augen, die sich nicht vom Schein täuschen lassen. Liebe Freunde, lasst uns die Liebe nicht banalisieren, denn die Liebe ist nicht nur ein Gefühl und eine Empfindung, und wenn doch, dann ist das nur der Anfang. Bei der Liebe geht es nicht darum, alles sofort zu haben, sie folgt nicht einer „Einweg-Logik“. Liebe ist Treue, Geschenk, Verantwortung.
Die wahre Originalität heute, die wahre Revolution, besteht darin, sich gegen die Kultur des Provisorischen aufzulehnen, über den Instinkt und den Augenblick hinauszugehen, das Leben lang und mit der ganzen eigenen Person zu lieben. Wir sind nicht hier, um uns irgendwie durchzuschlagen, wir sind hier, um aus unserem Leben ein Abenteuer zu machen. Ihr alle habt gewiss bedeutende Geschichten im Kopf, die ihr in Romanen gelesen, in unvergesslichen Filmen gesehen oder in bewegenden Erzählungen gehört habt. Wenn man darüber nachdenkt, gibt es in großen Geschichten immer zwei Komponenten: eine ist die Liebe, die andere das Abenteuer, der Heldenmut. Diese beiden Komponenten gehören immer zusammen. Damit das Leben großartig wird, braucht es beides: Liebe und Heldenmut. Schauen wir auf Jesus, schauen wir auf den Gekreuzigten, da finden wir beides: grenzenlose Liebe und den Mut, sein Leben ganz und gar – und nicht nur teilweise – hinzugeben. Hier vor uns steht die selige Anna, eine Heldin der Liebe. Sie sagt uns, dass wir nach höherem streben sollen. Bitte, lassen wir die Tage unseres Lebens nicht wie die Episoden einer Seifenoper vorüberziehen.
Wenn ihr also von der Liebe träumt, glaubt nicht an Spezialeffekte, sondern daran, dass jeder von euch ganz speziell, etwas Besonderes ist, jeder von euch. Jeder Mensch ist ein Geschenk und jeder kann sein Leben, das eigene Leben, zu einem Geschenk machen. Die Anderen, die Gesellschaft, die Armen warten auf euch. Träumt von einer Schönheit, die über das Äußere, über das Make-up und über Modetrends hinausgeht. Träumt und habt keine Angst, eine Familie zu gründen, Kinder zu bekommen und zu erziehen, und im Leben alles mit einem anderen Menschen zu teilen, ohne dass ihr euch für eure Schwächen schämen müsstet, denn es gibt diesen anderen Menschen, der deine Unvollkommenheiten annimmt und liebt, der dich liebt, so wie du bist. Das ist Liebe: den anderen lieben wie er ist – und das ist schön! Die Träume, die wir haben, sagen uns etwas über das Leben, das wir uns wünschen. Die großen Träume erschöpfen sich nicht etwa in leistungsstarken Autos, modischer Kleidung oder einem extravaganten Urlaub. Hört nicht auf diejenigen, die euch von Träumen erzählen und euch stattdessen Illusionen verkaufen. Das eine ist der Traum, das Träumen, und etwas anderes ist es, Illusionen zu haben. Diejenigen, die Illusionen verkaufen, dabei aber von Träumen sprechen, sind Manipulatoren des Glücks. Wir wurden für eine größere Freude geschaffen. Jeder von uns ist einzigartig und auf der Welt, um sich in seiner Einzigartigkeit geliebt zu erfahren und die Anderen zu lieben, so, wie es kein anderer an seiner Stelle tun kann. Man lebt nicht, um auf der Reservebank zu sitzen und den Ersatzmann für jemand anderen zu spielen. Nein, jeder Mensch ist in den Augen Gottes einzigartig. Lasst euch nicht „vereinheitlichen“; wir sind keine Serienprodukte, wir sind einzigartig, wir sind frei, und wir sind auf der Welt, um eine Liebesgeschichte mit Gott zu leben, um mit Kühnheit starke Entscheidungen zu treffen, um das wunderbare Risiko der Liebe zu wagen. Ich frage euch: Glaubt ihr das? Ich frage euch: Ist das euer Traum? [Jugendliche antworten „Ja!“] Sicher? [„Ja!“] Gut!
Ich möchte euch einen weiteren Rat geben. Damit die Liebe Früchte trägt, dürft ihr die Wurzeln nicht vergessen. Und was sind eure Wurzeln? Eure Eltern und vor allem eure Großeltern. Ja, die Großeltern. Sie haben euch den Boden bereitet. Gießt diese Wurzeln, geht zu euren Großeltern, das wird euch guttun. Stellt ihnen Fragen, nehmt euch Zeit und hört euch an, was sie zu erzählen haben. Die Menschen heute laufen Gefahr entwurzelt aufzuwachsen, weil wir zur Eile neigen und alles schnell erledigen wollen. Was wir im Internet sehen, können wir sofort zu uns nach Hause holen; ein Klick und Menschen und Dinge erscheinen auf dem Bildschirm. Und dann passiert es, dass diese uns vertrauter werden als die Personen, denen wir unser Leben verdanken. Voll von virtuellen Botschaften riskieren wir, unsere realen Wurzeln zu verlieren. Sich aus dem Leben auszukoppeln und in einem Vakuum herumzufantasieren ist nicht gut für uns, es ist eine Versuchung des Bösen. Gott möchte, dass wir fest auf dem Boden stehen, in Verbindung mit dem Leben, niemals verschlossen, sondern immer offen für alle! Verwurzelt und offen. Habt ihr verstanden? Verwurzelt und offen.
Ja, das stimmt, aber – so werdet ihr mir sagen – die Welt denkt anders. Es wird viel von Liebe gesprochen, aber in Wirklichkeit gilt ein anderes Prinzip: Jeder muss an sich selbst denken. Liebe junge Menschen, lasst euch davon nicht beeinflussen, von dem, was falsch ist, von dem Bösen, das um sich greift. Lasst euch nicht von der Traurigkeit, von der resignierten Mutlosigkeit derer gefangen nehmen, die sagen, dass sich nie etwas ändern wird. Wenn man das glaubt, erkrankt man an Pessimismus. Habt ihr schon mal das Gesicht eines Jugendlichen, eines pessimistischen jungen Menschen gesehen? Habt ihr gesehen, was für ein Gesicht die machen? Ein verbittertes Gesicht, ein Gesicht voller Bitterkeit. Der Pessimismus lässt uns an Verbitterung erkranken, er macht uns innerlich alt. Und man wird jung alt. Heute gibt es so viele zersetzende Kräfte, so viele, die alles und jeden beschuldigen, „Negativitätsverstärker“, „Beschwerde-Profis“. Hört nicht auf sie, denn Jammern und Pessimismus sind nicht christlich, der Herr verabscheut Traurigkeit und Selbstmitleid. Wir sind nicht dazu geschaffen, den Kopf hängen zu lassen, sondern unsere Augen zum Himmel zu erheben, zu den Mitmenschen, zur Gesellschaft.
Und was können wir tun, wenn wir niedergeschlagen sind – und wir alle sind in gewissen Lebenssituationen ein bisschen niedergeschlagen, wir alle kennen diese Erfahrung – also, was können wir da tun? Es gibt ein sicheres Mittel, um wieder aufzustehen, nämlich das, was du uns empfohlen hast, Petra: die Beichte. Habt ihr Petra zugehört? [„Ja!“] Das Heilmittel der Beichte. Du hast mich gefragt: „Wie kann ein junger Mensch die Hindernisse auf dem Weg zur Barmherzigkeit Gottes überwinden?“. Auch hier ist die Blickrichtung entscheidend, dass man auf das blickt, was zählt. Wenn ich euch frage: „Woran denkt ihr, wenn ihr zur Beichte geht?“ – sagt es nicht laut – dann bin ich mir der Antwort fast sicher: „An die Sünden“. Aber – so frage ich euch, antwortet – sind die Sünden wirklich das Zentrale an der Beichte? [„Nein!“] Ich höre nichts… [„Nein!“] Gut! Möchte Gott, dass du an dich und deine Sünden denkst, wenn du zu ihm kommst, oder will er, dass du an ihn denkst? Was will Gott? Dass zu dich ihm zuwendest, oder deinen Sünden? Was will er? Antwortet. [„Ihm!“] Lauter, ich höre nichts… [„Ihm!“] Was ist hier zentral – die Sünden oder der Vater, der alle Sünden vergibt? Der Vater. Man geht nicht zur Beichte wie Skrupulanten, die sich demütigen müssen, sondern als Kind, das sich in die Arme des Vaters wirft. Und der Vater richtet uns in jeder Situation auf, er vergibt uns jede Sünde. Hört gut zu: Gott vergibt immer! Habt ihr verstanden? Gott vergibt immer!
Ich gebe euch einen kleinen Ratschlag: Nehmt euch nach jeder Beichte noch einige Augenblicke Zeit, um euch die Vergebung bewusst zu machen, die ihr empfangen habt. Bewahrt euch diesen Frieden im Herzen, diese Freiheit, die ihr in euch spürt. Nicht die Sünden, die nicht mehr da sind, sondern die Vergebung, die Gott dir geschenkt hat, die Liebkosung Gottes, des Vaters. Behaltet das und lasst euch das nicht wegnehmen. Und wenn ihr das nächste Mal zur Beichte geht, denkt wieder daran: Ich empfange jetzt wieder diese Umarmung, die mir so gutgetan hat. Ich gehe nicht zu einem Richter, um Rechnungen zu begleichen, ich gehe zu Jesus, der mich liebt und mich heilt. Da kommt mir gerade ein Ratschlag an die Priester in den Sinn: Ich möchte den Priestern sagen, sie sollen sich als Stellvertreter Gottes, des Vaters, fühlen, der immer vergibt und umarmt und annimmt. Räumen wir Gott in der Beichte den ersten Platz ein. Wenn Gott der Protagonist ist, wird alles schön und die Beichte wird zum Sakrament der Freude. Ja, der Freude, nicht der Angst und nicht der Verurteilung, sondern der Freude. Und es ist wichtig, dass die Priester barmherzig sind. Nie sollen sie neugierig sein, nie Inquisitoren, bitte, sondern Brüder, die die Vergebung des Vaters schenken, Brüder, die zu dieser Umarmung des Vaters hin begleiten.
Nun könnte aber jemand sagen: „Ich schäme mich aber trotzdem so, ich kann die Scham vor der Beichte nicht überwinden.“ Das ist kein Problem, das ist etwas Gutes! Manchmal im Leben tut es gut, sich zu schämen. Wenn du dich schämst, bedeutet das, dass du nicht einfach akzeptierst, was du getan hast. Scham ist ein gutes Zeichen, aber wie jedes Zeichen verlangt es, dass man darüber hinausgeht. Bleib nicht ein Gefangener der Scham, denn Gott schämt sich deiner nie. Wo du dich für dich selber schämst, genau da liebt dich Gott. Und er liebt dich immer. Ich sage euch etwas, das nicht auf dem Großbildschirm zu sehen ist. In meinem Heimatland nennen wir ungezogene Menschen, die immer etwas Schlechtes im Schilde führen, „schamlos“.
Und noch ein letzter Zweifel: „Aber Pater, ich kann mir selbst nicht vergeben, also wird auch Gott mir nicht vergeben können, denn ich werde immer wieder in dieselben Sünden zurückfallen“. Aber hör mal, wann ist Gott beleidigt? Wenn du ihn um Vergebung bittest? Nein, niemals. Gott leidet, wenn wir denken, dass er uns nicht vergeben kann, denn das ist, als würde man ihm sagen: „Deine Liebe ist schwach!“. Ich würde sagen, das ist Gott gegenüber nicht schön! Ihm zu sagen „deine Liebe ist schwach“. Gott freut sich vielmehr darüber, uns zu vergeben – jedes Mal. Wenn er uns aufrichtet, glaubt er an uns, als wäre es das erste Mal, er verliert den Mut nicht. Wir lassen uns entmutigen, nicht er. Er sieht da nicht Sünder, die beurteilt gehören, sondern liebenswerte Kinder. Er sieht da keine verfehlten Existenzen, sondern geliebte Kinder; vielleicht sind sie verwundet, aber das weckt in ihm nur noch mehr Mitgefühl und Liebe. Und jedes Mal, wenn wir beichten – vergesst das nie – gibt es im Himmel ein Fest. Möge es auch auf Erden so sein!
Und zum Schluss: Peter und Lenka, ihr habt in eurem Leben die Erfahrung des Kreuzes gemacht. Vielen Dank für euer Zeugnis. Ihr habt gefragt, wie man „junge Menschen ermutigen kann, so dass sie keine Angst haben, das Kreuz anzunehmen und zu umarmen“. Umarmen ist ein schönes Verb. Die Umarmung hilft, Angst zu überwinden. Wenn wir umarmt werden, gewinnen wir das Vertrauen in uns selbst und auch in das Leben zurück. Lassen wir uns also von Jesus umarmen. Denn wenn wir Jesus umarmen, fassen wir wieder Hoffnung. Das Kreuz kann man nicht alleine annehmen; der Schmerz rettet niemanden. Es ist die Liebe, die den Schmerz verwandelt. Deshalb muss man sein Kreuz zusammen mit Jesus annehmen, niemals allein! Wenn man sich auf Jesus einlässt, lebt die Freude wieder auf. Und die Freude Jesu verwandelt sich im Schmerz in Frieden. Liebe junge Menschen, ich wünsche euch diese Freude, die stärker ist als alles andere. Ich möchte, dass ihr sie an eure Freunde weitergebt. Keine Predigten, sondern Freude. Bringt Freude! Nicht Worte, sondern ein Lächeln, geschwisterliche Nähe. Ich danke euch, dass ihr mir zugehört habt, und ich bitte euch zum Schluss um noch etwas: Vergesst nicht, für mich zu beten. Ďakujem! [Danke!]
Stehen wir alle auf und beten wir zu Gott, der uns liebt, beten wir das Vaterunser: „Vater unser…“ [auf Slowakisch]
[Segen]
[01196-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos jóvenes, queridos hermanos y hermanas, dobrý večer! [¡buenas tardes!]
Me ha dado alegría escuchar las palabras de Mons. Bernard, los testimonios y las preguntas de ustedes. Me han hecho tres y yo quisiera intentar buscar respuestas junto con ustedes.
Comienzo por Peter y Zuzka, por su pregunta acerca del amor en la pareja. El amor es el sueño más grande de la vida, pero no es un sueño de bajo costo. Es hermoso, pero no es fácil, como todas las grandes cosas de la vida. Es el sueño, pero no es un sueño fácil de interpretar. Les robo una frase: «Hemos comenzado a percibir este don con ojos totalmente nuevos». En verdad, como han dicho, se necesitan ojos nuevos, ojos que no se dejan engañar por las apariencias. Amigos, no banalicemos el amor, porque el amor no es sólo emoción y sentimiento, esto en todo caso es al inicio. El amor no es tenerlo todo y rápido, no responde a la lógica del usar y tirar. El amor es fidelidad, don, responsabilidad.
La verdadera originalidad hoy, la verdadera revolución es rebelarse contra la cultura de lo provisorio, es ir más allá del instinto, del instante, es amar para toda la vida y con todo nuestro ser. No estamos aquí para ir tirando, sino para hacer de la vida una acción heroica. Todos ustedes tendrán en mente grandes historias, que leyeron en novelas, vieron en alguna película inolvidable, escucharon en relatos emocionantes. Si lo piensan, en las grandes historias siempre hay dos ingredientes: uno es el amor, el otro es la aventura, el heroísmo. Siempre van juntos. Para hacer grande la vida se necesitan ambos: amor y heroísmo. Miremos a Jesús, miremos al Crucificado, están los dos: un amor sin límites y la valentía de dar la vida hasta el extremo, sin medias tintas. Aquí delante de nosotros está la beata Ana, una heroína del amor. Nos dice que apuntemos a metas altas. Por favor, no dejemos pasar los días de la vida como los episodios de una telenovela.
Por eso, cuando sueñen con el amor, no crean en los efectos especiales, sino en que cada uno de ustedes es especial, cada uno de ustedes. Cada uno es un don y puede hacer de la propia vida un don. Los otros, la sociedad, los pobres los esperan. Sueñen con una belleza que vaya más allá de la apariencia, más allá del maquillaje, más allá de las tendencias de la moda. Sueñen sin miedo de formar una familia, de procrear y educar unos hijos, de pasar una vida compartiendo todo con otra persona, sin avergonzarse de las propias fragilidades, porque está él, o ella, que los acoge y los ama, que te ama así como eres. Eso es el amor, amar al otro como es, y eso es hermoso. Los sueños que tenemos nos hablan de la vida que anhelamos. Los grandes sueños no son el coche potente, la ropa de moda o el viaje transgresor. No escuchen a quien les habla de sueños y en cambio les vende ilusiones. Una cosa es el sueño, soñar, y otra tener ilusión. Los que venden ilusiones hablando de sueños son manipuladores de felicidad. Hemos sido creados para una alegría más grande, cada uno de nosotros es único y está en el mundo para sentirse amado en su singularidad y para amar a los demás como ninguna otra persona podría hacer en su lugar. No se trata de vivir sentados en el banquillo para reemplazar a otro. No, cada uno es único a los ojos de Dios. No se dejen “homologar”; no fuimos hechos en serie, somos únicos, somos libres, y estamos en el mundo para vivir una historia de amor, de amor con Dios, para abrazar la audacia de decisiones fuertes, para aventurarnos en el maravilloso riesgo de amar. Les pregunto, ¿Creen en esto? Les pregunto, ¿Es vuestro sueño? [responden: “¡Sí!”] ¿Seguros? [“¡Sí!”]. Muy bien.
Quisiera darles otro consejo. Para que el amor dé frutos, no se olviden las raíces. ¿Y cuáles son sus raíces? Los padres y sobre todo los abuelos. Presten atención, los abuelos. Ellos les han preparado el terreno. Rieguen las raíces, vayan a ver a sus abuelos, les hará bien; háganles preguntas, dediquen tiempo a escuchar sus historias. Hoy se corre el peligro de crecer desarraigados, porque tendemos a correr, a hacerlo todo de prisa. Lo que vemos en internet nos puede llegar rápidamente a casa, basta un clic y personas y cosas aparecen en la pantalla. Y luego resulta que se vuelven más familiares que los rostros de quienes nos han engendrado. Llenos de mensajes virtuales, corremos el riesgo de perder las raíces reales. Desconectarnos de la vida, fantasear en el vacío no hace bien, es una tentación del maligno. Dios nos quiere bien plantados en la tierra, conectados a la vida, nunca cerrados sino siempre abiertos a todos. Enraizados y abiertos. ¿Han entendido? Enraizados y abiertos.
Sí, es verdad, pero —me dirán ustedes— el mundo piensa de otro modo. Se habla mucho de amor, pero en realidad rige otro principio: que cada uno se ocupe de lo suyo. Queridos jóvenes, no se dejen condicionar por esto, por lo que no funciona, por el mal que hace estragos. No se dejen aprisionar por la tristeza, por el desánimo resignado de quien dice que nunca cambiará nada. Si se cree en esto uno se enferma de pesimismo. ¿Y ustedes han visto la cara de un joven pesimista? ¿Han visto qué cara tiene? Una cara amargada, una cara de amargura. El pesimismo nos enferma de amargura. Se envejece por dentro. Y se envejece siendo jóvenes. Hoy existen muchas fuerzas disgregadoras, muchos que culpan a todos y todo, amplificadores de negatividad, profesionales de las quejas. No los escuchen, no, porque la queja y el pesimismo no son cristianos, el Señor detesta la tristeza y el victimismo. No estamos hechos para ir mirando el piso, sino para elevar los ojos y mirar al cielo, a los otros y a la sociedad.
Y cuando estamos decaídos, —porque todos en la vida estamos decaídos en algún momento, todos hemos tenido esta experiencia—, y cuando estamos decaídos, ¿qué podemos hacer? Hay un remedio infalible para volver a levantarse. Es lo que has dicho tú, Petra: la confesión. ¿Han escuchado a Petra, ustedes? [“¡Sí!”]. El remedio de la confesión. Me preguntaste: «¿Cómo puede un joven superar los obstáculos del camino hacia la misericordia de Dios?». También aquí es una cuestión de mirada, de mirar lo que importa. Si yo les pregunto: “¿En qué piensan cuando van a confesarse?” —no lo digan en voz alta—, estoy casi seguro de la respuesta: “En los pecados”. Pero —les pregunto, respondan—, ¿los pecados son verdaderamente el centro de la confesión? [“¡No!”] No los escucho… [“¡No!”] Muy bien. ¿Dios quiere que te acerques a Él pensando en ti, en tus pecados, o pensando en Él? ¿Qué desea Dios, que te acerques a Él o a tus pecados? ¿Qué desea? Respondan [“¡A Él”]. Más fuerte, que soy sordo [“¡A Él!”]. ¿Cuál es el centro, los pecados o el Padre que perdona todo? El Padre. No vamos a confesarnos como unos castigados que deben humillarse, sino como hijos que corren a recibir el abrazo del Padre. Y el Padre nos levanta en cada situación, nos perdona cada pecado. Escuchen bien esto: ¡Dios perdona siempre! ¿Lo han entendido? ¡Dios perdona siempre!
Les doy un pequeño consejo: después de cada confesión, quédense un momento recordando el perdón que han recibido. Atesoren esa paz en el corazón, esa libertad que sienten dentro. No los pecados, que no están más, sino el perdón que Dios te ha regalado, la caricia de Dios Padre. Eso atesórenlo, no dejen que se lo roben. Y cuando vuelvan a confesarse, recuerden: voy a recibir una vez más ese abrazo que me hizo tanto bien. No voy a un juez a ajustar cuentas, voy a encontrarme con Jesús que me ama y me cura. En este momento quisiera dar un consejo a los sacerdotes: yo les diría a los sacerdotes que se sientan en el lugar de Dios Padre que siempre perdona, abraza y acoge. Demos a Dios el primer lugar en la confesión. Si Dios, si Él es el protagonista, todo se vuelve hermoso y la confesión se convierte en el sacramento de la alegría. Sí, de la alegría, no del miedo o del juicio, sino de la alegría. Y es importante que los sacerdotes sean misericordiosos. Nunca curiosos, nunca inquisidores, por favor, sino que sean hermanos que dan el perdón del Padre, que sean hermanos que acompañan en este abrazo del Padre.
Pero alguno podría decir: “Yo igualmente me avergüenzo, no logro superar la vergüenza de ir a confesarme”. No es un problema, es algo bueno. Avergonzarse en la vida en ocasiones hace bien. Si te avergüenzas, quiere decir que no aceptas lo que has hecho. La vergüenza es un buen signo, pero como todo signo pide que se vaya más allá. No permanecer prisionero de la vergüenza, porque Dios nunca se avergüenza de ti. Él te ama precisamente allí, donde tú te avergüenzas de ti mismo. Y te ama siempre. Les cuento algo que no está en la gran pantalla. En mi tierra, a esos descarados que hacen todo mal, los llamamos "sin-vergüenza".
Y una última duda: “Padre, yo no consigo perdonarme, por tanto, ni siquiera Dios podrá perdonarme, porque caigo siempre en los mismos pecados”. Pero —escucha—, ¿cuándo se ofende Dios, cuando vas a pedirle perdón? No, nunca. Dios sufre cuando nosotros pensamos que no puede perdonarnos, porque es como decirle: “¡Eres débil en el amor!” Decirle esto a Dios es tremendo, decirle “eres débil en el amor”. En cambio, Dios siempre se alegra de perdonarnos. Cuando vuelve a levantarnos cree en nosotros como la primera vez, no se desanima. Somos nosotros los que nos desanimamos, Él no. No ve unos pecadores a quienes etiquetar, sino unos hijos a quienes amar. No ve personas fracasadas, sino hijos amados; quizá heridos, y entonces tiene aún más compasión y ternura. Y cada vez que nos confesamos —no lo olviden nunca— en el cielo se hace una fiesta. ¡Que sea así también en la tierra!
Y finalmente, Peter y Lenka. Ustedes en la vida han experimentado la cruz. Gracias por su testimonio. Han preguntado cómo «animar a los jóvenes para que no tengan miedo de abrazar la cruz». Abrazar: es un hermoso verbo. Abrazar ayuda a vencer el miedo. Cuando somos abrazados recuperamos la confianza en nosotros mismos y también en la vida. Entonces dejémonos abrazar por Jesús. Porque cuando abrazamos a Jesús volvemos a abrazar la esperanza. La cruz no se puede abrazar sola, el dolor no salva a nadie. Es el amor el que transforma el dolor. Por eso, la cruz se abraza con Jesús, ¡nunca solos! Si se abraza a Jesús renace la alegría, renace la alegría. Y la alegría de Jesús, en el dolor, se transforma en paz. Queridos jóvenes, les deseo esta alegría, más fuerte que cualquier otra cosa. Quisiera que la lleven a sus amigos. No sermones, sino alegría. ¡Lleven alegría! No palabras, sino sonrisas, cercanía fraterna. Les agradezco que me hayan escuchado y les pido una última cosa: no se olviden de rezar por mí. Ďakujem! [¡Gracias!]
Nos ponemos todos de pie y oremos a Dios que nos ama, recemos el Padre Nuestro: “Padre nuestro...” [en eslovaco]
[Bendición]
[01196-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Queridos jovens, amados irmãos e irmãs, dobrý večer [boa tarde]!
Causou-me alegria ouvir as palavras de D. Bernard, os vossos testemunhos e as vossas perguntas. Fizestes-me três às quais gostaria de encontrar resposta juntamente convosco.
Começo por Peter e Zuzka, com a vossa pergunta sobre o amor no casal. O amor é o maior sonho da vida, mas custa. É lindo, mas não é fácil, como aliás todas as coisas grandes da vida. É o sonho por excelência, mas não é um sonho fácil de interpretar. Roubo-vos uma frase: «Começamos a perceber este dom com olhos totalmente novos». Na verdade, como dissestes, são necessários olhos novos, olhos que não se deixam enganar pelas aparências. Amigos, não banalizemos o amor, porque o amor não é só emoção e sentimento; isto, quando muito, será o início. O amor não é ter tudo e súbito, não obedece à lógica do usa e lança fora. O amor é fidelidade, dom, responsabilidade.
Hoje a verdadeira originalidade, a verdadeira revolução é rebelar-se contra a cultura do provisório, é ir além do instinto, além do instante, é amar por toda a vida e com todo o próprio ser. Não estamos cá para ir vivendo, mas para fazer da vida um empreendimento grandioso. Todos vós tereis em mente grandes histórias que lestes nos romances, vistes nalgum filme inesquecível, ouvistes nalgum conto comovente. Se pensardes bem, nas grandes histórias há sempre dois ingredientes: um é o amor, outro é a aventura, o heroísmo. Andam sempre juntos. Para tornar grande a vida, precisamos de ambos: amor e heroísmo. Fixemos Jesus, contemplemos o Crucifixo: estão presentes os dois, um amor sem limites e a coragem de dar a vida até ao fim, sem meias medidas. Aqui, diante dos nossos olhos, temos a Beata Ana (Kolesárová), uma heroína do amor. Diz-nos para apostarmos em metas altas. Por favor, não deixemos transcorrer os dias da vida como episódios duma telenovela.
Por isso, quando sonhardes o amor, não acrediteis nos efeitos especiais, mas que cada um de vós é especial. Cada um de vós! Cada qual é um dom, e pode fazer da vida, da sua própria vida, um dom. Esperam-vos os outros, a sociedade, os pobres. Sonhai uma beleza que vá para além da aparência, para além da maquilhagem, para além das tendências da moda. Sem medo, sonhai formar uma família, gerar e educar filhos, passar uma vida inteira partilhando tudo com outra pessoa, sem vos envergonhardes das próprias fragilidades, porque existe ele, ou ela, que as acolhe e ama, que te ama tal como és. O amor é assim: amar o outro como é. Isto é o amor bom! Os sonhos que temos, dizem-nos a vida que desejamos. Os grandes sonhos não são o carro potente, o vestido da moda ou as férias extravagantes. Não deis ouvidos a quem vos fala de sonhos e, em vez disso, vende-vos ilusões. Uma coisa é o sonho, sonhar; outra, ter ilusões. Aqueles que vendem ilusões falando de sonhos são manipuladores de felicidade. Fomos criados para uma alegria maior: cada um de nós é único e está no mundo para se sentir amado na sua singularidade e amar os outros como ninguém o pode fazer no seu lugar. Não se vive sentado no banco de suplentes, à espera de substituir qualquer outro. Não! Cada um é único aos olhos de Deus. Não vos deixeis «homogeneizar»: não somos feitos em série, somos únicos, somos livres, e estamos no mundo para viver uma história de amor, de amor com Deus, para ter a ousadia de decisões grandes, para nos aventurarmos no risco maravilhoso de amar. Pergunto-vos: acreditais nisto? Pergunto-vos: sonhais com isto? [respondem: «Sim!»] Tendes a certeza? [«Sim!»]. Muito bem!
Gostaria de vos dar outro conselho. Para que o amor dê fruto, não esqueçais as raízes. E quais são as vossas raízes? Os pais e sobretudo os avós – ouvistes? – os avós. Eles prepararam-vos o terreno. Regai as raízes, ide ter com os avós: far-vos-á bem. Fazei-lhes perguntas, reservai tempo para ouvir as suas histórias. Hoje há o perigo de crescer desenraizados, porque temos tendência a correr, a fazer tudo depressa: aquilo que vemos na internet pode chegar-nos imediatamente a casa; basta um clique e aparecem no visor pessoas e coisas. Depois acontece tornarem-se mais familiares do que os rostos que nos geraram. Cheios de mensagens virtuais, corremos o risco de perder as raízes reais. Desligar-nos da vida real, fantasiar no vazio, não faz bem; é uma tentação do maligno. Deus quer-nos bem assentes na terra, ligados à vida; nunca fechados, mas sempre abertos a todos. Enraizados e abertos: entendestes? Enraizados e abertos.
Sim, é verdade! Mas – observar-me-eis – o mundo pensa de forma diferente. Fala-se muito de amor, mas na realidade vigora outro princípio: cada um pense por si. Queridos jovens, não vos deixeis condicionar por isto, pelo que está errado, pelo mal que alastra. Não vos deixeis prender pela tristeza ou pelo desânimo resignado de quem diz que nada mudará jamais. Se dermos crédito a isto, adoecemos de pessimismo. Já reparastes no rosto dum jovem, duma jovem pessimista? Vistes que cara tem? Uma face amargurada, um rosto de amargura. O pessimismo adoece-nos de amargura envelhece-nos por dentro. Envelhece-se jovem. Hoje há tantas forças desagregadoras, tantos que culpam tudo e todos, amplificadores de negatividade, profissionais de lamentações. Não lhes deis ouvidos, porque a lamentação e o pessimismo não são cristãos; o Senhor detesta a tristeza e o fazer-se de vítima. Não estamos feitos para trazer a face fixa na terra, mas para levantar o olhar para o céu, para os outros, para a sociedade.
E, quando nos sentirmos em baixo – porque todos, em certos momentos da vida, nos sentimos um pouco desanimados; todos nós passamos por esta experiência – e quando nos sentimos em baixo, que podemos fazer? Há um remédio infalível para erguer-se. Aquilo que nos referistes tu, Petra: a Confissão. Vós ouvistes Petra? [«sim!»] O remédio da Confissão... Petra, perguntaste-me: «Como pode um jovem ultrapassar os obstáculos no caminho para a misericórdia de Deus?» Também aqui é uma questão de olhar, de olhar o que é mais importante. Se vos perguntar «em que pensais quando vos ides confessar?» (não o digais em voz alta), tenho quase a certeza da resposta: «nos pecados». Mas – pergunto-vos (e respondei) – são verdadeiramente os pecados o centro da Confissão? [«Não!»] Não ouvi… [«Não!»] Acertastes! Deus quer que te aproximes d’Ele pensando em ti, nos teus pecados, ou n’Ele? Deus, o que quer? Que te aproximes d’Ele ou dos teus pecados? Que quer Ele? Respondei [«Que me aproxime d’Ele!»] Mais alto, que sou surdo... [«…d’Ele!»] Qual é o centro: os pecados ou o Pai que perdoa todos os pecados? O Pai. Não vamos confessar-nos como pessoas castigadas que se devem humilhar, mas como filhos que correm para receber o abraço do Pai. E o Pai levanta-nos em qualquer situação, perdoa-nos todos os pecados. Fixai-o bem: Deus perdoa sempre! Entendestes? Deus perdoa sempre!
Deixo-vos um pequeno conselho: depois de cada Confissão, permanecei alguns momentos a recordar o perdão que recebestes. Guardai aquela paz no coração, aquela liberdade que sentis dentro de vós: não os pecados, que já não existem, mas o perdão que Deus te deu, a carícia de Deus Pai. Este, o perdão de Deus, guardai-o; não deixeis que vo-lo roubem. E na próxima vez que vos fordes confessar, lembrai-vos disto: vou receber de novo aquele abraço que me fez muito bem. Não vou a um juiz para regularizar as contas; vou a Jesus que me ama e cura. Neste momento, tenho vontade de dar um conselho aos padres. Digo, aos padres que se sentam no lugar de Deus Pai, que Ele sempre perdoa, abraça e acolhe. Demos a Deus o primeiro lugar na Confissão. Se o protagonista for Ele, tudo se torna belo e confessar-se torna-se o sacramento da alegria. Sim, da alegria: não do medo e do julgamento, mas da alegria. E é importante que os padres sejam misericordiosos. Nunca sejam curiosos, nunca inquisidores, por favor, mas sejam irmãos que dão o perdão do Pai, sejam irmãos que acompanham neste abraço do Pai.
Mas alguém poderia dizer: «Seja como for, eu sinto vergonha; não consigo superar a vergonha de me ir confessar». Não é um problema; trata-se de uma coisa boa. Sentir vergonha na vida, às vezes faz bem. Se te envergonhas, quer dizer que não aceitas aquilo que fizeste. A vergonha é um bom sinal, mas, como qualquer sinal, convida a ir mais longe. Não fiques prisioneiro da vergonha, porque Deus nunca Se envergonha de ti. Ama-te mesmo no ponto em que te envergonhas de ti mesmo. E ama-te sempre. Não está no ecrã, isto que vos digo: na minha terra, aos descarados que fazem mal em tudo, chamamos-lhes «desavergonhados».
Uma última dúvida: «Mas, padre, eu não consigo perdoar-me, pelo que nem sequer Deus poderá perdoar-me, pois cairei sempre nos mesmos pecados». Ouve! Mas Deus, quando é que Se ofende? Quando Lhe vais pedir perdão? Não! Nunca Se ofende… Deus sofre quando pensamos que Ele não pode perdoar-nos, pois é como se Lhe dissesses: «És fraco no amor». Dizer, de Deus, isto – «és fraco no amor» – é injusto! Ao contrário, Deus alegra-Se em nos perdoar, todas as vezes. Quando nos levanta, acredita em nós como na primeira vez. Ele não desanima. Somos nós que desanimamos; Ele não. Não vê pecadores a etiquetar, mas filhos a amar. Não vê pessoas erradas, mas filhos amados; porventura feridos, e então Ele tem ainda mais compaixão e ternura. E de cada vez que nos confessamos – nunca o esqueçais –, faz-se festa no Céu. Seja assim também na terra.
Por fim… Peter e Lenka, na vida, experimentastes a cruz. Obrigado pelo vosso testemunho. Perguntastes como «encorajar os jovens para não terem medo de abraçar a cruz». Abraçar: é um verbo significativo. Abraçar ajuda a vencer o medo. Quando somos abraçados, readquirimos confiança em nós mesmos e também na vida. Então deixemo-nos abraçar por Jesus, pois, quando abraçamos Jesus, reabraçamos a esperança. A cruz, não se pode abraçar por si só; o sofrimento não salva ninguém. É o amor que transforma o sofrimento. Portanto, é com Jesus que se abraça a cruz; nunca sozinho! Se se abraça Jesus, renasce a alegria. E a alegria de Jesus, no sofrimento, transforma-se em paz. Queridos jovens, queridas jovens, desejo-vos esta alegria, mais intensamente do que qualquer outra coisa. Desejo que a leveis aos vossos amigos. Não sermões, mas alegria. Levai alegria! Não palavras, mas sorriso, proximidade fraterna. Agradeço-vos por me terdes escutado e peço-vos uma última coisa: não vos esqueçais de rezar por mim. Ďakujem [obrigado]!
Todos, de pé, rezemos a Deus que nos ama, dizendo o Pai Nosso: «Pai nosso… (em eslovaco).
[A Bênção]
[01196-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy młodzi, drodzy bracia i siostry, dobrý večer! [Dobry wieczór!]
Z wielką radością wysłuchałem słów arcybiskupa Bernarda, waszych świadectw i waszych pytań. Zadaliście je trzy i chciałabym spróbować wraz z wami poszukać na nie odpowiedzi.
Zacznę od Petera i Zuzki, od waszego pytania o miłość dwojga. Miłość to największe marzenie w życiu, ale nie jest to marzenie, które mało kosztuje. Jest ono piękne, ale nie jest łatwe, jak wszystkie wspaniałe rzeczy w życiu. Jest to marzenie, ale takie, które nie jest łatwo zinterpretować. Zaczerpnę od was jedno zdanie: „Zaczęliśmy postrzegać ten dar zupełnie nowymi oczami”. Doprawdy, jak powiedzieliście, potrzebujemy nowych oczu, oczu, które nie dadzą się zwieść pozorom. Przyjaciele, nie banalizujmy miłości, bo miłość to nie jedynie emocje i uczucia – jeśli już, to mogą być one początkiem. Miłość nie polega na posiadaniu wszystkiego i od razu, nie odpowiada logice użyj i wyrzuć. Miłość to wierność, dar, odpowiedzialność.
Dzisiaj prawdziwa oryginalność, prawdziwa rewolucja, to bunt przeciwko kulturze tymczasowości, to wyjście poza instynkt i poza chwilowość, to miłość na całe życie i całym sobą. Nie jesteśmy tu po to, aby wegetować, jesteśmy tutaj po to, aby coś w życiu dokonać. Każdemu z was przychodzą pewnie na myśl wspaniałe historie, o których czytaliście w powieściach, widzieliście w niezapomnianym filmie, słyszeliście w jakiejś wzruszającej opowieści. Jeśli się nad tym zastanowić, w wielkich historiach są zawsze dwa elementy: jeden to miłość, a drugi to przygoda, bohaterstwo. Zawsze idą w parze. Aby życie było wspaniałe, potrzebne jest jedno i drugie: miłość i heroizm. Spójrzmy na Jezusa, spójrzmy na Ukrzyżowanego, w Nim jest jedno i drugie: bezgraniczna miłość i odwaga, by oddać życie do końca, bez półśrodków. Oto stoi tu przed nami błogosławiona Anna, bohaterka miłości. Mówi nam, żebyśmy mierzyli wysoko. Proszę, nie pozwólmy, aby dni życia mijały nam jak odcinki telenoweli.
Dlatego, gdy marzycie o miłości, nie wierzcie w efekty specjalne, ale w to, że każdy z was jest wyjątkowy. Każdy człowiek jest darem i może uczynić swoje życie darem. Czekają na was inni, społeczeństwo, ubodzy. Marzcie o takim pięknie, które wykracza poza pozory, poza trendy w modzie. Marzcie bez lęku o założeniu rodziny, o urodzeniu i wychowaniu dzieci, o spędzeniu życia dzieląc wszystko z drugą osobą, nie wstydząc się swoich słabości, ponieważ jest z wami on czy ona, kto je akceptuje i kocha, kto kocha ciebie takim, jakim jesteś. I to właśnie jest miłość: kochać drugiego takim, jakim jest. To jest piękne! Nasze marzenia mówią nam o życiu, którego pragniemy. Wielkie marzenia to nie potężny samochód, modne ubranie czy swawolne wakacje. Nie słuchajcie tych, którzy mówią wam o marzeniach, a zamiast tego sprzedają wam iluzje. Czym innym jest marzyć, a czym innym mieć złudzenia. Ci, którzy sprzedają iluzje, mówiąc o marzeniach, to manipulatorzy szczęścia. Zostaliśmy stworzeni dla większej radości: każdy z nas jest wyjątkowy i jest na świecie, aby czuć się kochanym w swojej wyjątkowości i aby kochać innych tak, jak nikt inny nie może tego uczynić za niego. Nie da się żyć siedząc na ławce rezerwowych. Nie, każdy jest wyjątkowy w oczach Boga. Nie dajcie się „ujednolicić”; nie jesteśmy produkowani masowo, jesteśmy wyjątkowi, jesteśmy wolni, i jesteśmy na świecie, aby przeżyć historię miłości, miłości z Bogiem, aby przyjąć odwagę stanowczych wyborów, aby odważyć się na podjęcie wspaniałego ryzyka kochania. Pytam was: Czy w to wierzycie? Pytam was: czy o tym marzycie? [odpowiadają: „tak”]. Jesteście pewni? [„tak”]. Świetnie!
Chciałabym dać wam jeszcze jedną radę. Aby miłość przyniosła owoce, nie zapominajcie o swoich korzeniach. Jakie są wasze korzenie? To wasi rodzice, a zwłaszcza dziadkowie. Zwróćcie uwagę: dziadkowie. Oni przygotowali dla was glebę. Zraszajcie swoje korzenie, jedźcie do dziadków, to wam dobrze zrobi: zadawajcie im pytania, poświęcajcie czas na słuchanie ich opowieści. Istnieje dzisiaj zagrożenie dorastania bez korzeni, ponieważ jesteśmy skłonni do pośpiechu, do robienia wszystkiego w biegu: to, co widzimy w Internecie, może natychmiast dotrzeć do naszego domu; wystarczy jedno kliknięcie, a ludzie i rzeczy pojawiają się na ekranie. A potem zdarza się, że stają się oni bardziej znajomi niż twarze tych, którzy nas zrodzili. Grozi nam, że przepełnieni wiadomościami wirtualnymi, utracimy nasze prawdziwe korzenie. Odłączenie się od życia, fantazjowanie w próżni, nie jest dla nas dobre, jest pokusą złego. Bóg chce, abyśmy byli mocno osadzeni na ziemi, podłączeni do życia; nigdy nie zamknięci, lecz zawsze otwarci na wszystkich! Zakorzenieni i otwarci. Zrozumieliście? Zakorzenieni i otwarci.
Tak, to prawda, ale – powiecie – świat myśli inaczej. Wiele się mówi o miłości, ale w rzeczywistości obowiązuje inna zasada: niech każdy myśli o sobie. Drodzy młodzi, nie dajcie się temu podporządkować, temu co nie jest dobre, złu, które szaleje. Nie dajcie się uwięzić przez smutek lub zrezygnowane przygnębienie ludzi, którzy mówią, że nic się nigdy nie zmieni. Jeśli w to uwierzycie, zachorujecie na pesymizm. A czy widzieliście oblicze młodego człowieka, młodej dziewczyny pesymistki? Widzieliście, jaką ma twarz? Jest to twarz zgorzkniała, twarz pełna goryczy. Pesymizm zaraża nas zgorzknieniem, postarza nas wewnętrznie. I starzejmy się, będąc młodymi. Dzisiaj jest tak wiele sił godzących w jedność, tak wielu, którzy obwiniają wszystkich i wszystko, potęgujących to, co negatywne, specjalistów od narzekania. Nie słuchajcie ich! Nie, bo narzekanie i pesymizm nie są chrześcijańskie, Pan brzydzi się smutkiem i użalaniem się nad sobą. Nie jesteśmy stworzeni, by żyć ze spuszczoną głową, lecz aby wznosić spojrzenie ku Niebu, ku innym, ku społeczeństwu.
A kiedy jesteśmy przybici – a wszyscy w życiu przeżywamy chwile pewnego przygnębienia, wszyscy znamy to doświadczenie - i kiedy jesteśmy przygnębieni, co możemy uczynić? Istnieje niezawodne lekarstwo, aby powstać. To jest to, co nam powiedziałaś ty, Petro: spowiedź. Czy słuchaliście Petry? [“Tak!”] Lekarstwo spowiedzi. Zadałaś mi pytanie: „Jak młody człowiek może pokonać przeszkody na drodze do Bożego miłosierdzia?”. Również tutaj chodzi o spojrzenie, o to aby patrzeć na to, co się liczy. Jeśli was zapytam: „O czym myślicie, kiedy idziecie do spowiedzi?” - nie mówcie tego na głos - Jestem prawie pewien odpowiedzi: „O grzechach”. Ale – pytam – czy grzechy są naprawdę istotą spowiedzi? – [odpowiadają: „nie!”]. Nie słyszę… [Nie!] Świetnie! Czy Bóg chce, abyś do Niego przyszedł myśląc o sobie, o swoich grzechach, czy też o Nim? Czego chce Bóg? Abyś się zbliżył do Niego, czy do twoich grzechów? Czego chce? Odpowiedzcie! [odpowiadają: „do Niego!”]. Głośniej, bo jestem głuchy… [“do Niego”]. Co jest centrum, grzechy, czy też Ojciec, który wybacza wszystko? Ojciec. Do spowiedzi nie przystępuje się jako osoba karcona, która musi się upokorzyć, ale jako dziecko, które biegnie, by przyjąć uścisk Ojca. A Ojciec podnosi nas w każdej sytuacji, przebacza nam każdy grzech. Uważnie tego posłuchajcie: Bóg zawsze przebacza! Czy to zrozumieliście? Bóg zawsze przebacza!
Dam wam małą radę: po każdej spowiedzi zostańcie kilka chwil, aby zapamiętać przebaczenie, które otrzymaliście. Strzeżcie tego pokoju w swoim sercu, tej wolności, którą odczuwacie w swym wnętrzu. Nie grzechów, których już nie ma, lecz przebaczenia, którym obdarzył was Bóg. Czułość Boga Ojca. Strzeżcie tego, nie dajcie sobie tego ukraść. A kiedy następnym razem pójdziecie do spowiedzi, pamiętajcie: idę, aby ponownie przyjąć ten uścisk, który sprawił mi tak wiele dobra. Nie idę do sędziego, aby uregulować rachunki, ale idę do Jezusa, który mnie miłuje i uzdrawia. W tym momencie chciałbym dać radę księżom: powiedziałbym księżom, niech się czują na miejscu Boga Ojca, który zawsze przebacza i bierze w ramiona, przyjmuje. Dajmy w spowiedzi pierwsze miejsce Bogu. Jeśli Bóg, jeśli On jest głównym bohaterem, wszystko staje się piękne, a spowiedź staje się sakramentem radości. Tak, radości: nie lęku i osądu, ale radości. I ważne jest, aby księża byli miłosierni. Nigdy nie ciekawscy, nie jak inkwizytorzy, bardzo proszę, ale by byli braćmi, którzy dają przebaczenie Ojca, by byli braćmi którzy towarzyszą w tym uścisku Ojca.
Ale ktoś może powiedzieć: „Ja mimo wszystko się wstydzę, nie potrafię przezwyciężyć wstydu pójścia do spowiedzi”. To nie jest problem, to jest dobra rzecz. Czasami zawstydzenie wychodzi w życiu na korzyść. Jeśli się wstydzisz, to znaczy że nie akceptujesz tego, co zrobiłeś. Wstyd jest dobrym znakiem, ale jak każdy znak wymaga pójścia dalej. Nie bądź więźniem wstydu, bo Bóg nigdy się ciebie nie wstydzi. On ciebie kocha właśnie w tym, co sprawia, że się wstydzisz samego siebie. I zawsze cię kocha. Powiem wam coś, czego nie ma na telebimie: w moim kraju na osoby bezczelne, czyniące wiele zła, mówimy „bezwstydnicy”.
I ostatnia wątpliwość: „Ale, Ojcze, nie potrafię przebaczyć sobie samemu, a zatem także Bóg nie będzie mógł mi przebaczyć, bo zawsze będę popadał w te same grzechy”. Ale – posłuchaj – czy Bóg się kiedyś obraża? Czy wówczas, kiedy idziesz prosić Go o przebaczenie? Nie, nigdy. Bóg cierpi, gdy myślimy, że nie może nam przebaczyć, bo to tak, jakbyśmy Jemu mówili: „Jesteś słaby w miłości!”. Powiedzieć tak Bogu, to nieładnie! Powiedzieć Mu „jesteś słaby w miłości”. Natomiast Bóg raduje się za każdym razem, kiedy nam przebacza. Kiedy nas podnosi, wierzy w nas, jak za pierwszym razem, nie zniechęca się. To my jesteśmy zniechęceni, ale nie On. On nie widzi grzeszników, których trzeba odpowiednio zaszufladkować, ale dzieci które należy miłować. On nie widzi złych osób, lecz umiłowane dzieci; być może poranione, a wtedy ma jeszcze więcej współczucia i czułości. I za każdym razem, gdy się spowiadamy – nigdy o tym nie zapominajmy – w niebie jest święto. Oby tak samo działo się na ziemi!
Wreszcie, Petrze i Lenko, doświadczyliście w życiu krzyża. Dziękuję za wasze świadectwo. Pytaliście jak „zachęcić młodych ludzi, aby nie bali się objąć krzyż”. Objąć, to dobry czasownik. Obejmowanie pomaga przezwyciężyć lęk. Kiedy jesteśmy obejmowani, odzyskujemy wiarę w siebie i także w życie. Pozwólmy więc, aby Jezus nas objął. Ponieważ kiedy obejmujemy Jezusa, ponownie obejmujemy nadzieję. Nie można objąć krzyża samemu; cierpienie nikogo nie zbawia. To miłość przemienia cierpienie. Dlatego to właśnie z Jezusem obejmujemy krzyż, nigdy sami! Jeśli obejmujemy Jezusa, odradza się radość. A radość Jezusa, w cierpieniu, przemienia się w pokój. Drodzy młodzi chłopcy i dziewczęta! Życzę wam tej radości, silniejszej niż wszystko. Życzę wam, abyście ją zanieśli swoim przyjaciołom. Nie pouczenia, lecz radość. Nieście radość! Nie słowa, ale uśmiechy, braterską bliskość. Dziękuję wam za to, że mnie wysłuchaliście i proszę was jeszcze o jedno: nie zapominajcie o mnie w modlitwie. Ďakujem! [Dziękuję!]
[01196-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزّيارة الرسوليّة
إلى بودابست في مناسبة القداس الختامي للمؤتمر الإفخارستي الدولي الثاني والخمسين وإلى سلوفاكيا
كلمة قداسة البابا فرنسيس
في اللقاء مع الشّباب
في ملعب لوكوموتيفا في كوشيتسه
الثلاثاء 14 أيلول/سبتمبر 2021
أيّها الشّباب الأعزّاء، أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، dobrý večer! [مساء الخير!]
أسعدني سماع كلام المونسنيور برنارد وشهاداتكم وأسئلتكم. طرحتم ثلاثة أسأله، وأودّ أن أحاول البحث معكم عن أجوبة لها.
أبدأ مع بيتر وزوزكا، وسؤالكما عن الحبّ في بين شابّ وشابّة. الحبّ هو أعظم حلم في الحياة، لكنّه ليس رخيصًا. إنّه حلمٌ جميل، لكنه ليس سهلًا، مثل كلّ الأشياء المهمّة في الحياة. إنّه الحلم، حلمُنا، لكن ليس من السّهل تفسيره. أقتبس منكم الجملة التالية: "لقد بدأنا ندرك هذه العطيّة بعيون جديدة تمامًا". بالفعل، كما قلتما، يحتاج الأمر إلى عيون جديدة، عيون لا تنخدع بالمظاهر. أيّها الأصدقاء، لا نقلّل من شأن الحبّ، لأنّ الحبّ ليس مجرّد عاطفة وشعور، أو إن وجدت العاطفة فهي فقط البداية. الحبّ ليس الحصول على كلّ شيء وفورًا، ولا يجيب لمنطق استخدِم وارمِ. الحبّ هو أمانة وعطاء ومسؤوليّة.
الأصالة الحقيقيّة اليوم، الثورة الحقيقيّة، هي التمرّد على ثقافة ما هو عابر، والذهاب إلى ما بعد الغريزة، ما وراء اللحظة. الحبّ هو لمدى الحياة، وبكلّ ذاتنا. لسنا هنا من أجل أن نقضي أيّامًا، بل لنجعل من الحياة مشروعًا. جميعكم لديكم في ذهنكم قصص رائعة، قرأتموها في الرّوايات، وشاهدتموها في بعض الأفلام التي لا تُنسى، وسمعتموها في بعض القصص المؤثّرة. لو فكّرتم، في القصص الكبرى، يوجد فيها دائمًا عنصران: أحدهما هو الحبّ والآخر هو المغامرة والبطولة. ويسيران دائمًا معًا. حتّى نصنع شيئًا كبيرًا، نحتاج إلى كليهما: الحبّ والبطولة. لننظر إلى يسوع، ولننظر إلى الصّليب، كلاهما موجودان: الحبّ اللامحدود والشجاعة لبذل الحياة حتّى النهاية، دون أنصاف حلول. هنا أمامنا توجد أيقونة الطوباويّة حنّة، إحدى أبطال الحبّ. تقول لنا أن ننظر إلى أهداف عالية. من فضلكم لا تدعوا أيّام الحياة تمرّ مثل حلقات المسلسل.
لذلك، عندما تحلمون بالحبّ، لا تؤمنوا بنتائج خاصّة. كلّ واحد منكم خاصّ ومهم، كلّ واحد منكم. كلّ واحد هو عطيّة ويمكن أن يجعل الحياة، حياته الخاصّة، عطيّة. الآخرون والمجتمع والفقراء ينتظرونكم. احلموا بجمال يتجاوز المظهر، ويتجاوز توجّهات الموضة. احلموا ولا تخافوا أن تكونوا عائلة، وأن تُنشِئوا أبناء وتربّوهم، وأن تقضوا حياة تشاركون فيها كلّ شيء مع شخص آخر، دون أن تخجلوا من ضعفكم، لأنّ هناك هو أو هي يرحّب بكَ/بكِ ويحبّكَ/كِ، هكذا كما أنت. هذا هو الحبّ: أن تحب الآخر كما هو، وهذا جميل! أحلامنا دليل على الحياة التي نريدها. الأحلام الكبيرة ليست السيّارة الفخمة، ولا اللبس بحسب الموضة، ولا الإجازة الطويلة. لا تستمعوا إلى من يكلّمكم على الأحلام ولكنّه يبيعكم أوهامًا. الحلم أو أن تحلم شيء، والأوهام شيء آخر. هؤلاء الذين يبيعون الأوهام بالحديث عن الأحلام هم يتلاعبون بسعادتكم. لقد خُلقنا لفرح أكبر: كلّ منا فريد من نوعه وهو في العالم ليشعر بأنّه محبوب في فرادته، وليحبّ الآخرين كما لا يستطيع أحد أن يفعل ذلك مكانه. لا نعِشْ جالسين على المقعد لنحفظ المكان لأحد آخر. لا، كلّ واحد هو فريد في عينَيْ الله. لا تسمحوا لأنفسكم وتكونوا متطابقين، نحن لسنا مخلوقين بالجّملة، نحن فريدون وأحرار، ونحن في العالم لنعيش قصّة حبّ، حبّ مع الله، ولنُقبِل بجرأة على الخيارات القويّة، ولْنغامِرْ في مغامرات الحبّ العجيبة. أسألكم: هل تصدّقون هذا؟ أسألكم: هل تحلمون بهذا؟ [يجيبون: ”نعم!“] هل أنتم متأكدون؟ [”نعم!“] أحسنتم!
أودّ أن أقدّم لكم نصيحة أخرى. حتّى يثمر الحبّ، لا تنسوا الجذور. وما هي جذوركم؟ هم الآباء والأجداد خاصّة. انتبهوا: الأجداد. هم أعدّوا الأرض لكم. اسقوا الجذور، واذهبوا إلى أجدادكم، هذا يفيدكم: اطرحوا عليهم الأسئلة، وخذوا وقتًا للاستماع إلى قصصهم. اليوم يوجد خطر الاقتلاع من الجذور، لأنّنا نميل إلى الركض، والقيام بكلّ شيء بسرعة: ما نراه على الإنترنت يمكن أن يصل إلينا إلى البيت فورًا، يكفي نقرة واحدة وسيظهر الأشخاص والأشياء على الشاشة. ثمّ يحدث أنّهم يصبحون مألوفين أكثر من وجوه والدينا. عندما نمتلئ بالرّسائل الافتراضيّة، فإنّنا نوشك أن نفقد جذورنا الحقيقيّة. أن ننفصل عن الحياة، وأن نشغِّل خيالنا في الفراغ، ليس خيرًا لنا، بل هو تجربة الشّرّير. يريدنا الله منّا أن ننغرس جيدًا في الأرض، وأن نبقى على تواصل مع الحياة، وألّا نكون منغلقين على أنفسنا، بل دائمًا منفتحين على الجميع! متجذرين ومنفتحين. هل فهمتم؟ متجذرين ومنفتحين.
قد تقولون لي: نعم، هذا صحيح، لكنّ العالم يفكّر بشكل مختلف. الكلام على الحبّ كثير. لكنّ السّائد هو مبدأ آخر وهو: كلّ واحد لنفسه. أيّها الشّباب الأعزّاء، لا تتأثّروا بهذا، بما هو خاطئ، وبالشّر الذي يُفسِد. لا تجعلوا أنفسكم سجناء الحزن أو الإحباط المستسلم لمن يقول إنّ شيئًا لن يتغيّر أبدًا. إن صدَّقتم هذا، سيصيبكم مرض التّشاؤم. وهل رأيتم وجه شاب متشائم؟ هل رأيتم أيّ وجه لديه؟ لديه وجه مكتئب، وجه فيه المرارة. يجعلنا التّشاؤم نصاب بالمرارة، ونهرم في داخلنا. الهرم ممكن وأنتم صغار. يوجد اليوم الكثير من القوى التخريبيّة، تشكو من الجميع ومن كلّ شيء، هم مثل مكبّرات صوت للسلبيّة، ومحترفون في التذمّر. لا تصغوا إليهم! لا، لأنّ التذمّر والتّشاؤم ليسا من المسيحيّة. الرّبّ يسوع ينفر من الحزن والشعور بأنّنا ضحايا. نحن لسنا مخلوقين لإبقاء وجوهنا لاصقة بالأرض، بل لنرفع نظرنا إلى السماء وإلى الآخرين وإلى المجتمع.
وعندما نُحبط -لأنّنا كلّنا في الحياة في لحظات معينة نُحبط قليلاً، فنحن جميعًا نعرف هذه الخبرة- وعندما نُحبط، ماذا يمكننا أن نفعل؟ يوجد علاج ناجع ليرفعنا من جديد. هذا ما قُلتَه لنا أنت يا بيتر: الاعتراف. هل أصغيتم الى بيتر؟ [”نعم!“] إنّه علاج الاعتراف. سألتني: "كيف يمكن لشابّ أن يتغلّب على العقبات في طريقه إلى رحمة الله؟" هنا أيضًا الموضوع موضوع نظر، النظر إلى الأهم. إذا سألتكم: "في ماذا تفكّرون عندما تذهبون إلى الاعتراف؟"- لا تقولوا ذلك بصوت عالٍ-، فأنا تقريبًا متأكد من جوابكم: ستقولون: إنّا نفكّر "في الخطايا". لكنّي أسألكم، أجيبوا- هل الخطايا حقًّا هي محور الاعتراف؟ [”لا!“] لا أسمع... [”لا!“] أحسنتم! هل يريدك الله أن تقترب منه وأنت تفكّر في نفسك وفي خطاياك أم فيه؟ ماذا يريد الله؟ أن تقترب منه أم من خطاياك؟ ماذا يريد؟ أجيبوا [”منه!“] بصوت أعلى، لأنّي لا أسمع جيدًا... [”منه!“]. ما هو المحور، الخطايا أم الأب الذي يغفر كلّ شيء؟ إنّه الأب. نحن لا نذهب لنعترف مثل المعاقَبين الذين يجب أن يتواضعوا، بل مثل الأبناء الذين يركضون ليحظَوْا بعناق الآب. والآب يقيمنا في كلّ مرة ويغفر لنا كلّ خطيئة. اسمعوا هذا جيدًا: الله يغفر دائمًا! هل فهمتم؟ الله يغفر دائمًا!
أقدّم لكم نصيحة صغيرة: بعد كلّ اعتراف، ابقوا بضع لحظات حتّى تتذكّروا المغفرة التي نلتموها. حافظوا على ذلك السّلام في قلبكم، وعلى تلك الحريّة التي اختبرتموها في داخلكم. لا الخطايا التي لم تعد موجودة، بل المغفرة التي منحك إيّاها الله. على هذا حافظوا، لا تفقدوها. وعندما تذهبون إلى الاعتراف في المرّة القادمة، تذكّروا هذا: أذهب لأحظى بالعناق نفسه مرّة أخرى الذي ساعدني كثيرًا. أنا لا أذهب إلى قاضٍ لتسوية الحسابات، بل أذهب إلى يسوع الذي يحبّني ويشفيني. في هذه اللحظة أريد أن أقدّم نصيحة للكهنة: أودّ أن أقول للكهنة أن يشعروا أنّهم في مكان الله الآب الذي يغفر دائمًا ويعانق ويستقبل. لنعطِ الله المكان الأوّل في الاعتراف. إن كان الله، إن كان هو الشخص الأهمّ، يصبح كلّ شيء جميلًا ويصبح الاعتراف سرّ الفرح. نعم سرّ الفرح: ليس سرّ الخوف والدينونة، بل الفرح. ومن المهمّ أن يكون الكهنة رحماء. لا فضوليّين، ولا محقّقين، من فضلكم، كونوا إخوة تمنحون مغفرة الآب، وكونوا إخوة ترافقون عناق الآب هذا.
لكن قد يقول أحدٌ: "أنا أخجل على أيّ حال، لا يمكنني أن أتغلّب على خجل الذهاب إلى الاعتراف". هذه ليست مشكلة، بل هذا شيء جيد! أن نخجل من أنفسنا في الحياة أحيانًا يفيد. إذا كنت تشعر بالخجل، فهذا يعني أنّك لا تقبل ما فعلته. الخجل هو علامة جيّدة، لكنّه مثل أيّ علامة يطلب الذهاب إلى أبعد من ذلك. لا تظلّ أسير الخجل، لأنّ الله لا يخجل بك أبدًا. إنّه يحبك بالتّحديد هناك، حيث أنت تخجل من نفسك. وهو يحبّك دائمًا. أقول لكم شيئًا ليس معروضًا على الشاشة الكبيرة. في أرضي، أولئك قليلي الحياء الذين يرتكبون كلّ شرّ، نناديهم هؤلاء الذين ”لا يخجلون“.
وشكٌّ أخير: ”لكن يا أبتِ، لا أستطيع أن أغفر لنفسي، لذلك لا يستطيع حتّى الله أن يغفر لي، لأنّني سأقع دائمًا في نفس الخطايا“. لكن، اسمع، متى نهين الله؟ عندما تذهب لتطلب منه المغفرة؟ لا. أبدًا. نهين الله عندما نفكّر أنّه لا يستطيع أن يغفر لنا، وكأنّنا نقول له: ”أنت ضعيف في المحبّة!“. أن أقول لله هذا إنّما هو أمرٌ سيء! أن تقول له ”أنت ضعيف في المحبّة!“. الله يفرح عندما يغفر لنا في كلّ مرّة. عندما يقيمنا من الخطيئة يؤمن بنا مثل المرّة الأولى، ولا يشعر بالإحباط. نحن الذين نُحبط، أمّا هو فلا. إنّه لا يرى الخاطئين ليصنّفهم (في فئة الخاطئين)، بل يرى فيهم أبناء ليحبّهم. ولا يرى أناسًا أخطأوا، بل يرى أبناء محبوبين، قد يكونون جرحى، فتزداد فيه الرّحمة والحنان. وفي كلّ مرّة نعترف - لا تنسوا هذا أبدًا – يكون في السّماء احتفال. ليكن أيضًا كذلك على الأرض!
أخيرًا، يا بيتر ولينكا، لقد اختبرتما الصّليب في الحياة. شكرًا على شهادتكما. لقد سألتما كيف "نشجّع الشباب على عدم الخوف من معانقة الصّليب؟ عانق، فعل جميل. العناق يساعد في أن نتغلّب على الخوف. عندما يعانقنا أحد، نستعيد الثّقة بأنفسنا وأيضًا بالحياة. لذلك لنسمح لأنفسنا بأن يعانقنا يسوع. لأنّه عندما نعانق يسوع نعانق الأمل مرّة أخرى. لا يمكن أن نعانق الصّليب وحده، فالألم لا يخلّص أحدًا. إنّه الحبّ الذي يحوّل الألم. لذلك، نعانق الصّليب ونعانق يسوع معه، وليس الصّليب وحده، أبدًا! عندما نعانق يسوع، يولد الفرح من جديد. وفرح يسوع في الألم يتحوّل إلى سلام. أعزّائي الشباب والشابات، أتمنّى لكم هذا الفرح، فرحًا أقوى من كلّ شيء. أتمنّى لكم أن تحملوه إلى أصدقائكم. لا تحملوا مواعظ بل الفرح. احملوا الفرح! لا كلامًا، بل ابتسامات وقُربًا أخويًّا. أشكركم لأنّكم أصغيتم إليّ وأسألكم شيئًا أخيرًا: لا تنسَوا أن تصلّوا من أجلي. Ďakujem! [شكرًا!]
يرجى من الجميع الوقوف، ولنصلّ إلى الله الذي يحبّنا. لنصلّ صلاة الأبانا: "أبانا..." [باللغة السلوفاكية].
[البركة]
[01196-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0572-XX.02]