Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco a Budapest in occasione della Santa Messa conclusiva del 52.mo Congresso Eucaristico Internazionale e in Slovacchia (12-15 settembre 2021) – Santa Messa e recita dell’Angelus, 12.09.2021


Santa Messa a Piazza degli Eroi di Budapest

Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

Santa Messa a Piazza degli Eroi di Budapest

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Dopo l’incontro con i Rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e alcune Comunità Ebraiche dell’Ungheria, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto a Piazza degli Eroi a Budapest per la celebrazione della Santa Messa a conclusione del 52° Congresso Eucaristico Internazionale.

Al Suo arrivo nella piazza, il Papa ha compiuto alcuni giri in papamobile tra gli oltre 100mila fedeli presenti e alle ore 11.30 ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella XXIV Domenica del Tempo Ordinario.

Nel corso della Santa Messa, dopo il saluto di benvenuto dell’Arcivescovo Metropolita di Esztergom-Budapest, Card. Péter Erdő, e dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Al termine, prima della benedizione finale e della recita dell’Angelus, il Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, Arcivescovo tit. di Martirano, S.E. Mons. Piero Marini, ha rivolto a Papa Francesco un indirizzo di saluto. Quindi il Papa si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Budapest per la cerimonia di congedo dall’Ungheria.

Riportiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

A Cesarea di Filippo Gesù chiede ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Questa domanda mette alle strette i discepoli e segna una svolta nel loro cammino dietro al Maestro. Essi conoscevano bene Gesù, non erano più dei principianti: avevano familiarità con Lui, erano stati testimoni di molti miracoli compiuti, rimanevano colpiti dal suo insegnamento, lo seguivano dovunque andava. Eppure, non pensavano ancora come Lui. Mancava il passaggio decisivo, quello dall’ammirazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Anche oggi il Signore, fissando lo sguardo su ognuno di noi, ci interpella personalmente: “Ma io chi sono davvero per te?”. Chi sono per te? È una domanda che, rivolta a ciascuno di noi, non chiede solo una risposta esatta, da catechismo, ma una risposta personale, una risposta di vita.

Da questa risposta nasce il rinnovamento del discepolato. Esso avviene attraverso tre passaggi, che fecero i discepoli e possiamo compiere anche noi: l’annuncio di Gesù il primo, il discernimento con Gesù il secondo, il cammino dietro a Gesù il terzo.

1. L’annuncio di Gesù. A quel “Ma voi, chi dite che io sia?” rispose Pietro, come rappresentante dell’intero gruppo: «Tu sei il Cristo». Pietro dice tutto in poche parole, la risposta è giusta, ma sorprendentemente, dopo questo riconoscimento Gesù ordina «severamente di non parlare ad alcuno di lui» (v. 30). Ci domandiamo: perché un divieto così drastico? Per una ragione precisa: dire che Gesù è il Cristo, il Messia, è esatto ma incompleto. C’è sempre il rischio di annunciare una falsa messianicità, secondo gli uomini e non secondo Dio. Perciò, a partire da quel momento, Gesù comincia a rivelare la sua identità, quella pasquale, quella che troviamo nell’Eucaristia. Spiega che la sua missione sarebbe culminata, sì, nella gloria della risurrezione, ma passando attraverso l’umiliazione della croce. Si sarebbe cioè svolta secondo la sapienza di Dio, «che – dice San Paolo – non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo» (1 Cor 2,6). Gesù impone il silenzio sulla sua identità messianica, non però sulla croce che lo attende. Anzi – annota l’evangelista – Gesù comincia ad insegnare «apertamente» (Mc 8,32) che «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (v. 31).

Di fronte a questo annuncio di Gesù, annuncio sconvolgente, possiamo rimanere anche noi esterrefatti. Anche noi vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. È lì: per salvarci si fa servo; per darci vita, muore. Ci fa bene lasciarci sconvolgere dall’annuncio di Gesù. E chi si apre a questo annuncio di Gesù, si apre al secondo passaggio.

2. Il discernimento con Gesù. Di fronte all’annuncio del Signore, la reazione di Pietro è tipicamente umana: quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via. La croce non è mai di moda. Cari fratelli e sorelle, la croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione, da ogni trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”: è la logica del mondo, della mondanità, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri.

Abbagliato da questa prospettiva, Pietro prende in disparte Gesù e si mette a rimproverarlo (cfr v. 32). Prima lo aveva confessato, adesso lo rimprovera. Può capitare anche a noi di mettere il Signore “in disparte”, di metterlo in un angolo del cuore, continuando a ritenerci religiosi e per bene e ad andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù. Ma c’è una verità: Egli però ci accompagna, ci accompagna in questa lotta interiore, perché desidera che, come gli Apostoli, scegliamo la sua parte. C’è la parte di Dio e c’è la parte del mondo. La differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia. Ci fa bene stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio. Dedichiamo tempo all’adorazione. È un modo di pregare che si dimentica troppo. Dedichiamo tempo all’adorazione. Lasciamo che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle nostre rigidità e dal ripiegamento su noi stessi; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove Lui vuole condurci. Non dove voglio io. Eccoci così giunti al terzo passaggio.

3. Il cammino dietro a Gesù, anche il cammino con Gesù. «Va’ dietro a me, Satana» (v. 33). Così Gesù riconduce Pietro a sé, con un comando accorato, forte. Ma il Signore, quando comanda qualcosa, in realtà è lì, pronto a donarla. E Pietro accoglie la grazia di fare “un passo indietro”. Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro – ricordate questo: il cammino cristiano comincia con un passo indietro –, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Allora Pietro riconosce che il centro non è il suo Gesù, ma il vero Gesù. Cadrà ancora, ma di perdono in perdono riconoscerà sempre meglio il volto di Dio. E passerà dall’ammirazione sterile per Cristo all’imitazione concreta di Cristo.

Che cosa vuol dire camminare dietro a Gesù? È andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio. È percorrere la stessa via del Maestro, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45). Camminare dietro a Gesù è muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello. Lì ci spinge l’Eucaristia: a sentirci un solo Corpo, a spezzarci per gli altri. Cari fratelli e sorelle, lasciamo che l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci trasformi, come ha trasformato i Santi grandi e coraggiosi che onorate, penso a Santo Stefano e Santa Elisabetta. Come loro, non accontentiamoci di poco; non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni, apriamoci alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto, Pane spezzato per dare vita al mondo. Saremo nella gioia; e porteremo gioia.

Questo Congresso Eucaristico Internazionale è un punto di arrivo di un percorso, ma sia soprattutto un punto di partenza. Perché il cammino dietro a Gesù invita a guardare avanti, ad accogliere la svolta della grazia, a far rivivere ogni giorno in noi quell’interrogativo che, come a Cesarea di Filippo, il Signore rivolge a ognuno di noi suoi discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?

[01188-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

A Césarée de Philippe, Jésus demande à ses disciples «Et vous, que dites-vous? Pour vous, qui suis-je?»(Mc 8, 29). Cette question met au pied du mur les disciples et marque un tournant dans leur cheminement à la suite du Maître.Ils connaissaient bien Jésus, ils n’étaient plus des débutants: ils étaient familiers avec lui, ils avaient été témoins de nombreux miracles, ils étaient frappés par son enseignement, ils le suivaient partout où il allait.Pourtant, ils ne pensaient pas encore comme lui.Il manquait le passage décisif, celui de l’admiration pour Jésus à l’imitation de Jésus.Aujourd’hui encore, en fixant le regard sur chacun de nous, le Seigneur nous interpelle personnellement: “Mais moi, qui suis-je vraiment pour toi?” Pour toi qui suis-je ? C’est une question qui, adressée à chacun de nous, n’exige pas seulement une réponse exacte, de catéchisme, mais une réponse personnelle, une réponse de vie.

De cette réponse naît le renouvellement de la condition de disciple qui se produit à travers trois passages qu’ont vécu les disciples et que nous pouvons, nous aussi, accomplir: l’annonce de Jésus le premier, le discernement avec Jésus le deuxième, le cheminement à la suite de Jésus le troisième.

1. L’annonce de Jésus. A ce “Et vous, que dites-vous? Pour vous, qui suis-je?”, Pierre a répondu en tant que représentant de tout le groupe: «Tu es le Christ». Pierre dit tout en peu de mots, la réponse est juste, mais curieusement, après cette reconnaissance, Jésus ordonne «vivement de ne parler de lui à personne» (v. 30). Nous nous demandons pourquoi une interdiction aussi drastique? Pour une raison précise: dire que Jésus est le Christ, le Messie, est exact mais incomplet. Il y a toujours le risque d’annoncer une fausse messianité, selon les hommes et non selon Dieu. C’est pourquoi Jésus commence, à partir de ce moment, à révéler son identité pascale, celle que nous trouvons dans l’Eucharistie. Il explique que sa mission culminera, bien sûr, dans la gloire de la résurrection, mais en passant par l’humiliation de la croix. Elle se déroulera selon la sagesse de Dieu, «qui – dit Saint Paul – n’est pas la sagesse de ce monde, ni la sagesse de ceux qui dirigent ce monde» (1 Cor 2, 6). Jésus impose le silence sur son identité messianique, mais pas sur la croix qui l’attend. Au contraire – note l’évangéliste –, Jésus commence à enseigner «ouvertement» (Mc 8, 32) qu’il faut que «le Fils de l’homme souffre beaucoup, qu’il soit rejeté par les anciens, les grands prêtres et les scribes, qu’il soit tué, et que, trois jours après, il ressuscite» (v. 31).

Face à cette annonce de Jésus, annonce bouleversante, nous pouvons être nous aussi stupéfaits.Nous aussi, nous voudrions un messie puissant au lieu d’un serviteur crucifié.L’Eucharistie se trouve devant nous pour nous rappeler qui est Dieu.Il ne le fait pas par des mots, mais concrètement, en nous montrant Dieu comme Pain rompu, comme Amour crucifié et donné.Nous pouvons ajouter beaucoup de cérémonies, mais le Seigneur est là, dans la simplicité d’un Pain qui se laisse rompre, distribuer et manger. Il est là: pour nous sauver, il se fait serviteur; pour nous donner la vie, il meurt. Cela nous fait du bien de nous laisser bouleverser par l’annonce de Jésus. Et celui qui s’ouvre à cette annonce de Jésus, s’ouvre au deuxième passage.

2. Le discernement avec Jésus. Face à l’annonce du Seigneur, la réaction de Pierre est typiquement humaine: lorsque la croix se profile, avec la perspective de la souffrance, l’homme se rebelle. Et après avoir confessé la messianité de Jésus, Pierre se scandalise des paroles du Maître en tentant de le dissuader d’avancer sur sa voie.La croix n’est jamais à la mode. Chers frères et sœurs, la croix n’est jamais à la mode: aujourd’hui comme dans le passé.Mais elle guérit au dedans. C’est devant le Crucifié que nous faisons l’expérience d’une lutte intérieure bénéfique, l’âpre conflit entre le “penser selon Dieu” et le “penser selon les hommes”. D’un côté, il y a la logique de Dieu, qui est celle de l’amour humble. La voie de Dieu rejette toute imposition, toute ostentation de tout triomphalisme, elle est toujours tendue vers le bien d’autrui, jusqu’au sacrifice de soi. D’un autre côté, il y a le “penser selon les hommes”: c’est la logique du monde, de la mondanité attachée à l’honneur et aux privilèges, tournée vers le prestige et le succès. C’est l’importance et la force qui comptent ici, ce qui attire l’attention du plus grand nombre et sait se faire valoir devant les autres.

Aveuglé par cette perspective, Pierre prend Jésus à part et se met à lui faire des reproches (cf. v. 32). Avant il l’avait confessé, maintenant il lui fait des reproches. Il peut nous arriver aussi de mettre le Seigneur “à l’écart”, de le mettre dans un angle du cœur, en continuant à nous considérer religieux et biens, et à avancer sur notre chemin sans nous laisser conquérir par la logique de Jésus. Mais il y une vérité: il nous accompagne, il nous accompagne dans cette lutte intérieure, car il désire que nous choisissions sa part, comme les Apôtres. Il y a la part de Dieu et il y a la part du monde. La différence n’est pas entre qui est religieux et qui ne l’est pas. La différence cruciale est entre le vrai Dieu et le dieu de notre moi. Combien celui qui règne en silence sur la croix est loin du faux dieu que nous voudrions voir régner par la force et réduire nos ennemis au silence!Combien le Christ qui se propose seulement avec amour est différent des messies puissants et vainqueurs adulés par le monde!Jésus nous secoue, il ne se contente pas de déclarations de foi, il nous demande de purifier notre religiosité devant sa croix, devant l’Eucharistie. Cela nous fait du bien de rester en adoration devant l’Eucharistie pour contempler la fragilité de Dieu. Consacrons du temps à l’adoration. C’est la façon de prier qu’on oublie beaucoup. Consacrons du temps à l’adoration. Laissons Jésus, Pain vivant, guérir nos fermetures et nous ouvrir au partage, nous guérir des rigidités et du repliement sur nous-mêmes; qu’il nous libère de la servitude paralysante de la défense de notre image, qu’il nous inspire à le suivre là où il veut nous conduire. Non pas où moi je veux. Nous voici ainsi parvenus au troisième passage.

3. Le cheminement à la suite de Jésus, même le cheminement avec Jésus « Passe derrière moi, Satan»(v. 33). Ainsi, par un ordre pressant et fort, Jésus ramène Pierre à lui.Mais le Seigneur, quand il commande une chose, en réalité, est là, prêt à la donner.Et Pierre accueille la grâce de faire “un pas en arrière”.Le cheminement chrétien n’est pas une poursuite du succès, mais il commence par un certain recul –rappelez-vous de cela: le cheminement chrétien commence avec un certain recul –, par un décentrement libérateur, par le fait de se retirer du centre de la vie.Alors Pierre reconnaît que le centre n’est pas son Jésus, mais le vrai Jésus.Il tombera encore, mais de pardon en pardon, il reconnaîtra toujours mieux le visage de Dieu.Et il passera de l’admiration stérile du Christ à l’imitation concrète du Christ.

Que veut dire marcher à la suite de Jésus? C’est aller de l’avant dans la vie avec la même confiance, celle d’être des fils aimés de Dieu. C’est parcourir la même voie que le Maître qui est venu pour servir et non pour être servi (cf. Mc 10, 45). Marcher derrière Jésus c’est marcher chaque jour à la rencontre du frère. C’est là que nous poussel’Eucharistie : nous sentir un seul Corps, nous rompre pour les autres. Chers frères et sœurs, faisons en sorte que la rencontre avec Jésus dans l’Eucharistie nous transforme, comme elle a transformé les grands et courageux Saints que vous honorez. Je pense à saint Etienne et sainte Élisabeth. Comme eux, ne nous contentons pas de peu ; ne nous résignons pas à une foi qui vit de rites et de répétitions. Ouvrons-nous à la nouveauté scandaleuse de Dieu crucifié et ressuscité, Pain rompu pour donner la vie au monde. Nous serons dans la joie; et nous porterons la joie.

Ce Congrès Eucharistique International est le point d’arrivée d’un parcours, mais qu’il soit surtout un point de départ. Parce que le cheminement à la suite de Jésus invite à regarder de l’avant, à accueillir le tournant de la grâce, à faire revivre chaque jour en nous cette question que, comme à Césarée de Philippe, le Seigneur s’adresse à chacun de nous ses disciples: Et vous, que dites-vous? Pour vous, qui suis-je?

[01188-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

At Caesarea Philippi, Jesus asks his disciples: “Who do you say that I am?” (Mk 8:29). For the disciples, this question proves decisive; it marks a turning point in their journey with the Master. They knew Jesus; they were no longer novices. They were close to him; they had seen his many miracles, been touched by his teaching, and followed him wherever he went. Yet, they were not ready to think like him. They had to take that decisive step, from admiring Jesus to imitating Jesus. Today too, the Lord looks at each of us personally and asks: “Who am I – in fact – for you?” Who am I for you? This question, addressed to each of us, calls for more than a quick answer straight out of the catechism; it requires a vital, personal response.

That response renews us as disciples. It takes place in three steps, steps that the disciples took and that we too can take. It involves first, proclaiming Jesus; second, discerning with Jesus and third, following Jesus.

1. Proclaiming Jesus. The Lord asks: “Who do you say that I am?” Peter, speaking for the others, replies: “You are the Christ”. Peter said it all in these few words; his answer was correct, but then, surprisingly, Jesus “charged them to tell no one about him” (v. 30). Let us ask ourselves: Why so radical a prohibition? There was a very good reason: to call Jesus the Christ, the Messiah, is correct, but incomplete. There is always the risk of proclaiming a false messianism, one of human origins, not from God. Consequently, from that time on, Jesus gradually reveals his real identity, the “paschal” identity we find in the Eucharist. He explains that his mission will culminate in the glory of the resurrection, but only after the abasement of the cross. In other words, it would be revealed according to the wisdom of God, which, as Saint Paul tells us, “is not of this age or of the rulers of this age” (1 Cor 2:6). Jesus demands silence about his identity as the Messiah, but not about the cross that awaits him. In fact – the evangelist notes – Jesus then began to teach “openly” (Mk 8:32) that “the Son of man must suffer many things, and be rejected by the elders and the chief priests and the scribes, and be killed, and after three days rise again” (v. 31).

Before these daunting words of Jesus, we too can be dismayed, taken aback. We too would prefer a powerful Messiah rather than a crucified servant. The Eucharist is here to remind us who God is. It does not do so just in words, but in a concrete way, showing us God as bread broken, as love crucified and bestowed. We can add ritual elements, but the Lord is always there in the simplicity of Bread ready to be broken, distributed and eaten. He is there: to save us, Christ became a servant; to give us life, he accepted death. We do well to let ourselves be taken aback by those daunting words of Jesus. And whoever is open to these words is open to the second step.

2. Discerning with Jesus. Peter’s reaction to the Lord’s announcement is typically human: as soon as the cross, the prospect of pain, appears, we rebel. After having just confessed that Jesus is the Messiah, Peter is scandalized by the Master’s words and tries to dissuade him from following that course. Today, as in the past ever, the cross is not fashionable or attractive. Dear brothers and sisters, the cross is never in fashion. Yet it heals us from within. Standing before the crucified Lord, we experience a fruitful interior struggle, a bitter conflict between “thinking as God does” and “thinking as humans do”. On the one hand, we have God’s way of thinking, which is that of humble love. A way of thinking that shuns imposition, ostentation and every form of triumphalism, and always aims at the good of others, even to the point of self-sacrifice. On the other hand, we have our human way of thinking: this is the wisdom of the world, of worldliness, attached to honour and privileges, and grasping for prestige and success. Here the things that count are self-importance and power, whatever attracts the most attention and respect in the eyes of others.

Blinded by that way of thinking, Peter takes Jesus aside and reproaches him (cf. v. 32). Before, he had confessed him as the Messiah; now he reproaches him. We too can take the Lord “aside”, shove him into a corner of our heart and continue to think of ourselves as religious and respectable, going our own way without letting ourselves be affected by Jesus’ way of thinking. Yet here is the truth: he is ever at our side in this interior struggle, because he wants us, like the Apostles, to take his side. There is God’s side and the world’s side. The difference is not between who is religious or not, but ultimately between the true God and the god of “self”. How distant is the God who quietly reigns on the cross from the false god that we want to reign with power in order to silence our enemies! How different is Christ, who presents himself with love alone, from all the powerful and winning messiahs worshiped by the world! Jesus unsettles us; he is not satisfied with declarations of faith, but asks us to purify our religiosity before his cross, before the Eucharist. We do well to spend time in adoration before the Eucharist in order to contemplate God’s weakness. Let us make time for adoration, a way of praying too frequently forgotten. Let us make time for adoration. Let us allow Jesus the Living Bread to heal us of our self-absorption, open our hearts to self-giving, liberate us from our rigidity and self-concern, free us from the paralyzing slavery of defending our image, and inspire us to follow him wherever he would lead us, not where I want. And so, we come to the third step.

3. Walking behind Jesus and also walking with Jesus. “Get behind me, Satan” (v. 33). With this stern command, Jesus brings Peter back to himself. Whenever the Lord commands something, he is already there to give it. Peter thus receives the grace to step back and once more get behind Jesus. The Christian journey is not a race towards “success”; it begins by stepping back – remember this: the Christian journey begins by stepping back – finding freedom by not needing to be at the centre of everything. Peter realizes that the centre is not his Jesus, but the real Jesus. He will keep falling, but in passing from forgiveness to forgiveness, he will come to see more clearly the face of God. And he will pass from an empty admiration for Christ to an authentic imitation of Christ.

What does it mean to get behind Jesus? It is to advance through life with Jesus’ own confident trust, knowing that we are beloved children of God. It is to follow in the footsteps of the Master who came to serve and not be served (cf. Mk 10:45). It is to step out each day to an encounter with our brothers and sisters. The Eucharist impels us to this encounter, to the realization that we are one Body, to the willingness to let ourselves be broken for others. Dear brothers and sisters, let us allow our encounter with Jesus in the Eucharist to transform us, just as it transformed the great and courageous saints you venerate. I am thinking in particular of Saint Stephen and Saint Elizabeth. Like them, may we never be satisfied with little; may we never resign ourselves to a faith based on ritual and repetition, but be ever more open to the scandalous newness of the crucified and risen God, the Bread broken to give life to the world. In this way, we will be joyful ourselves and bring joy to others.

This International Eucharistic Congress marks the end of one journey, but more importantly, the beginning of another. For walking behind Jesus means always looking ahead, welcoming the kairos of grace, and being challenged every day by the Lord’s question to each of us, his disciples: Who do you say that I am?

[01188-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

In Cäsarea Philippi fragt Jesus die Jünger: »Ihr aber, für wen haltet ihr mich?« (Mk 8,29). Diese Frage treibt die Jünger in die Enge und markiert einen Wendepunkt auf ihrem Weg der Nachfolge des Meisters. Sie kannten Jesus gut, sie waren keine Neulinge mehr: Sie waren mit ihm vertraut, sie sind Zeugen vieler vollbrachter Wunder geworden, sie waren von seiner Lehre beeindruckt, sie folgten ihm überallhin, wo er hinging. Und doch dachten sie noch nicht wie er. Es fehlte der entscheidende Schritt, jener von der Bewunderung Jesu hin zur Nachahmung Jesu. Auch heute richtet der Herr den Blick fest auf jeden von uns und stellt uns persönlich die Frage: „Wer bin ich aber wirklich für dich?“. Wer bin ich für dich? Das ist eine Frage, die an jeden von uns ergeht und nicht nur eine genaue Antwort aus dem Katechismus erfordert, sondern eine persönliche Antwort, eine Antwort des Lebens.

Aus dieser Antwort entsteht die Erneuerung der Jüngerschaft. Diese geschieht in drei Schritten, die die Jünger machten und die auch wir vollziehen können: erstens die Verkündigung Jesu, zweitens die Unterscheidung mit Jesus, drittens die Nachfolge Jesu.

1. Die Verkündigung Jesu. Auf jenes „Ihr aber, für wen haltet ihr mich?“ antwortete Petrus als Vertreter der ganzen Gruppe: »Du bist der Christus«. Petrus sagt in wenigen Worten alles, die Antwort ist richtig, aber erstaunlicherweise gebietet ihnen Jesus nach dieser Erkenntnis, »niemandem etwas über ihn zu sagen« (V. 30). Wir fragen uns: warum so ein drastisches Verbot? Wegen eines genau bestimmten Grundes: zu sagen, dass Jesus der Christus, der Messias ist, ist richtig, aber unvollständig. Es besteht immer das Risiko, eine falsche Messianität gemäß den Menschen und nicht gemäß Gott zu verkünden. Daher beginnt Jesus von diesem Augenblick an seine Identität zu offenbaren, die österliche Identität, die wir in der Eucharistie finden. Er erklärt, dass seine Mission gewiss in der Herrlichkeit der Auferstehung ihren Höhepunkt finden würde, aber dass dies durch die Erniedrigung des Kreuzes hindurch geschehen sollte. Sie sollte also gemäß Gottes Weisheit stattfinden, »die nicht die Weisheit dieser Welt oder der Machthaber dieser Welt« ist, wie der heilige Paulus sagt (1 Kor 2,6). Jesus verhängt das Schweigen über seine messianische Identität, nicht aber über das Kreuz, das ihn erwartet. Im Gegenteil, so merkt der Evangelist an, Jesus beginnt »mit Freimut« (Mk 8,32) zu lehren: »Der Menschensohn muss vieles erleiden und von den Ältesten, den Hohepriestern und den Schriftgelehrten verworfen werden; er muss getötet werden und nach drei Tagen auferstehen« (V. 31).

Angesichts dieser erschütternden Verkündigung Jesu könnten auch wir bestürzt zurückbleiben. Auch wir würden lieber einen mächtigen Messias haben als einen gekreuzigten Knecht. Die Eucharistie steht vor uns, um uns zu erinnern, wer Gott ist. Sie tut es nicht in Worten, sondern konkret, indem sie uns Gott als gebrochenes Brot, als gekreuzigte und dargebrachte Liebe zeigt. Wir können viel Zeremonie hinzufügen, aber der Herr bleibt dort in der Einfachheit eines Brotes, das sich brechen, verteilen und essen lässt. Er ist da: Um uns zu retten, macht er sich zum Diener; um uns Leben zu geben, stirbt er. Es tut uns gut, uns von der Verkündigung Jesu erschüttern zu lassen. Und für denjenigen, der sich dieser Verkündigung Jesu öffnet, tut sich der zweite Schritt auf.

2. Die Unterscheidung mit Jesus. Angesichts der Verkündigung des Herrn ist die Reaktion Petri typisch menschlich: Wenn sich das Kreuz abzeichnet, die Perspektive des Leidens, begehrt der Mensch auf. Und nachdem Petrus die Messianität Jesu bekannt hat, nimmt er Anstoß an den Worten des Meisters und versucht, ihn davon abzubringen, auf seinem Weg fortzuschreiten. Liebe Brüder und Schwestern, das Kreuz ist niemals in Mode: heute wie in der Vergangenheit. Aber es heilt im Inneren. Vor dem Gekreuzigten erfahren wir einen heilsamen inneren Kampf, den harten Konflikt zwischen dem „gottgemäßen Denken“ und dem „menschengemäßen Denken“. Einerseits gibt es die Logik Gottes, die jene der demütigen Liebe ist. Der Weg Gottes scheut vor jeglichem Zwang, vor Zurschaustellung, vor jeglichem Triumphalismus zurück, er ist immer auf das Wohl der anderen ausgerichtet, bis hin zum Opfer seiner selbst. Andererseits gibt es das „menschengemäße Denken“: Es ist die Logik der Welt, der Weltlichkeit, die an den Ehren und Privilegien hängt und auf Ansehen und Erfolg bedacht ist. Hier zählen Bedeutung und Stärke, das, was die Aufmerksamkeit der meisten auf sich ziehen kann und sich vor den anderen durchsetzen kann.

Geblendet von dieser Perspektive nimmt Petrus Jesus beiseite und beginnt, ihn zurechtzuweisen (vgl. V. 32). Zuerst hatte er sich zu ihm bekannt, jetzt weist er ihn zurecht. Auch uns kann es passieren, den Herrn „beiseite“ zu nehmen, ihn in eine Ecke des Herzens zu stellen, und dabei zu meinen, weiterhin gläubig und gut zu sein und auf unserem Weg weiterzugehen, ohne uns von der Logik Jesu ergreifen zu lassen. Es gibt jedoch eine Wahrheit: Er jedoch begleitet uns, er begleitet uns in diesem inneren Kampf, weil er wünscht, dass wir wie die Apostel seine Seite wählen. Es gibt die Seite Gottes und die Seite der Welt. Der Unterschied ist nicht zwischen dem, der gläubig oder nicht gläubig ist. Der ausschlaggebende Unterschied ist zwischen dem wahren Gott und dem Götzen unseres Ichs. Wie weit entfernt ist doch der, der in Stille am Kreuz herrscht, vom falschen Gott, von dem wir uns wünschen würden, dass er mit Gewalt herrsche und unsere Feinde zum Schweigen bringe! Wie verschieden ist doch Christus, der nur ein Angebot der Liebe macht, von den mächtigen und siegreichen Messiassen, denen die Welt schmeichelt! Jesus rüttelt uns auf, er gibt sich mit Glaubensbekundungen nicht zufrieden, er verlangt von uns, unsere Religiosität vor seinem Kreuz, vor der Eucharistie zu reinigen. Es tut uns gut, vor der Eucharistie in Anbetung zu verharren, um die Schwäche Gottes zu betrachten. Widmen wir der Anbetung Zeit. Es ist eine Art des Gebetes, die allzu sehr vergessen wird. Widmen wir der Anbetung Zeit. Lassen wir zu, dass Jesus, das lebendige Brot, unsere Verschlossenheit löse und uns für das Teilen öffne, uns von unserer Starrheit und der Selbstbezogenheit heile; er befreie uns von der lähmenden Sklaverei, immer unser Ansehen zu verteidigen, er sporne uns an, ihm dahin zu folgen, wohin er uns führen will. Nicht, wohin ich will. Und so sind wir zum dritten Schritt gelangt.

3. Die Nachfolge Jesu und auch der Weg mit Jesus. »Tritt hinter mich, du Satan!« (V. 33). So führt Jesus Petrus zu sich zurück, mit einem eindringlichen und harten Befehl. Aber wenn der Herr etwas befiehlt, ist er in Wirklichkeit da, bereit, um es zu schenken. Und Petrus nimmt die Gnade an, „einen Schritt zurück zu machen“. Der christliche Weg ist nicht eine Erfolgsjagd, sondern er beginnt mit einem Schritt zurück – seid dessen eingedenk: der christliche Weg beginnt mit einem Schritt zurück –, mit einer befreienden „Selbstdezentrierung“, damit, sich selbst aus dem Lebensmittelpunkt herauszunehmen. So erkennt Petrus, dass der Mittelpunkt nicht sein Jesus, sondern der wahre Jesus ist. Er wird wieder fallen, aber von Vergebung zu Vergebung wird er das Angesicht Gottes immer besser kennenlernen. Und er wird von der bloßen Bewunderung Christi zur konkreten Nachahmung Christi übergehen.

Was bedeutet es, Jesus nachzufolgen? Es bedeutet, im Leben mit eben seiner Zuversicht voranzuschreiten, jener, geliebte Kinder Gottes zu sein. Es bedeutet, den gleichen Weg wie der Meister zu beschreiten, der gekommen ist, um zu dienen und nicht um sich dienen zu lassen (vgl. Mk 10,45). Jesus nachzufolgen bedeutet, jeden Tag unsere Schritte zum Bruder hin zu lenken. Dorthin drängt uns die Eucharistie: uns als ein Leib zu begreifen, uns für die anderen zu brechen. Liebe Brüder und Schwestern, lassen wir zu, dass uns die Begegnung mit Jesus in der Eucharistie verwandelt, wie sie die großen und mutigen Heiligen verwandelt hat, die ihr verehrt; ich denke dabei an den heiligen Stephan und die heilige Elisabeth. Begnügen wir uns wie sie nicht mit dem Wenigen; finden wir uns nicht mit einem Glauben ab, der von Riten und Wiederholungen lebt, und öffnen wir uns für die Ärgernis erregende Neuheit des gekreuzigten und auferstandenen Gottes, der das gebrochene Brot ist, um der Welt das Leben zu schenken. Wir werden in der Freude sein; und wir werden Freude bringen.

Dieser Internationale Eucharistische Kongress ist ein Zielpunkt eines Weges, aber er möge vor allem Ausgangspunkt sein. Denn die Nachfolge Jesu lädt dazu ein, nach vorn zu schauen, den Wendepunkt der Gnade anzunehmen, in uns jeden Tag jene Fragestellung wieder aufleben zu lassen, die der Herr wie in Cäsarea Philippi an jeden von uns, seine Jünger, richtet: Ihr aber, für wen haltet ihr mich?

[01188-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Jesús preguntó a sus discípulos en Cesarea de Filipo: «Y ustedes, ¿quién dicen que soy yo?» (Mc 8,29). Esta pregunta pone en dificultad a los discípulos y marca un cambio de rumbo en su camino en pos del Maestro. Ellos conocían bien a Jesús, ya no eran principiantes. Tenían familiaridad con Él, habían sido testigos de muchos de sus milagros, se maravillaban de su enseñanza, lo seguían adonde quiera que fuese. Y, sin embargo, aún no pensaban como Él. Faltaba el paso decisivo, ese que va de la admiración por Jesús a la imitación de Jesús. También hoy el Señor, fijando su mirada sobre cada uno de nosotros, nos interpela personalmente: “Pero yo, ¿quién soy de verdad para ti?”. ¿Quién soy para ti? Es una pregunta que, dirigida a cada uno de nosotros, no pide sólo una respuesta correcta, de catecismo, sino una respuesta personal, una respuesta de vida.

De esta respuesta nace la renovación del discipulado. Es algo que tuvo lugar a través de tres pasos, que realizaron los discípulos y que podemos realizar también nosotros: el primero el anuncio de Jesús, el segundo el discernimiento con Jesús y el tercero el camino en pos de Jesús.

1. El anuncio de Jesús. A la pregunta: “Pero ustedes, ¿quién dicen que soy yo?”, respondió Pedro como representante de todo el grupo: «¡Tú eres el Mesías!». Pedro dice todo en pocas palabras, la respuesta es exacta pero, sorprendentemente, después de este reconocimiento Jesús ordena «que no dijeran nada a nadie de Él» (v. 30). Nos preguntamos ¿Por qué una prohibición tan categórica? Por una razón precisa, decir que Jesús es el Cristo, el Mesías, es exacto pero incompleto. Existe siempre el riesgo de anunciar un falso mesianismo, un mesianismo según los hombres y no según Dios. Por eso, a partir de aquel momento, Jesús comienza a revelar su identidad, su identidad pascual, la que encontramos en la Eucaristía. Explica que su misión se culminaría, ciertamente, en la gloria de la resurrección, pero pasando a través de la humillación de la cruz. Es decir, se realizaría según la sabiduría de Dios, «que —dice san Pablo— no es la de este mundo ni la de los dirigentes de este mundo» (1 Co 2,6). Jesús impone el silencio sobre su identidad mesiánica, pero no sobre la cruz que lo espera. Es más —anota el evangelista— Jesús comienza a enseñar «con absoluta claridad» (Mc 8,32) que «el Hijo del hombre debía padecer mucho, que sería rechazado por los ancianos, los sumos sacerdotes y los maestros de la Ley, que lo matarían, pero que resucitaría a los tres días» (v. 31).

Ante este anuncio de Jesús, anuncio desconcertante, también nosotros podemos quedar asombrados. También a nosotros nos gustaría un mesías potente en vez de un siervo crucificado. La Eucaristía está ante nosotros para recordarnos quién es Dios. No lo hace con palabras, sino de forma concreta, mostrándonos a Dios como Pan partido, como Amor crucificado y entregado. Podemos añadir mucha ceremonia, pero el Señor permanece allí, en la sencillez de un Pan que se deja partir, distribuir y comer. Está ahí para salvarnos. Para salvarnos, se hace siervo; para darnos vida, muere. Nos hace bien dejarnos desconcertar por el anuncio de Jesús. Y quien se abre a este anuncio de Jesús, se abre al segundo pasaje.

2. El discernimiento con Jesús. Frente al anuncio del Señor, la reacción de Pedro es típicamente humana. Cuando se perfila la cruz, la perspectiva del dolor, el hombre se rebela. Y Pedro, después de haber confesado el mesianismo de Jesús, se escandaliza de las palabras del Maestro e intenta disuadirlo de que continúe por su camino. La cruz no está nunca de moda. Queridos hermanos y hermanas, la cruz no está nunca de moda, ni hoy ni en el pasado. Pero sana por dentro. Es delante del Crucificado que experimentamos una benéfica lucha interior, un áspero conflicto entre el “pensar como piensa Dios” y el “pensar como piensan los hombres”. Por un lado, está la lógica de Dios, que es la del amor humilde. El camino de Dios rehúye cualquier imposición, ostentación y de todo triunfalismo, está siempre dirigido al bien del otro, hasta el sacrificio de sí mismo. Por otro lado, está el “pensar como piensan los hombres”, que es la lógica del mundo, de la mundanidad, apegada al honor y a los privilegios, encaminada al prestigio y al éxito. Aquí lo que cuenta es la consideración y la fuerza, lo que atrae la atención de la mayoría y sabe hacerse valer ante los demás.

Deslumbrado por esta perspectiva, Pedro llevó aparte a Jesús y comenzó a reprenderlo (cf. v. 32). Primero lo había confiesa y ahora lo reprende. Nos puede pasar también a nosotros que llevemos “aparte” al Señor, que lo pongamos en un rincón del corazón, que continuemos sintiéndonos religiosos y buenos y sigamos adelante por nuestro camino sin dejarnos conquistar por la lógica de Jesús. Pero hay una verdad. Él, sin embargo, nos acompaña en esta lucha interior, porque desea que, como los Apóstoles, elijamos estar de su parte. Está la parte de Dios y está la parte del mundo. La diferencia no está entre el que es religioso y el que no lo es. La diferencia crucial es entre el verdadero Dios y el dios de nuestro yo. ¡Qué lejos está Aquel que reina en silencio sobre la cruz, del falso dios que quisiéramos que reinase con la fuerza y redujese al silencio a nuestros enemigos! ¡Qué distinto es Cristo, que se propone sólo con amor, de los mesías potentes y triunfadores, adulados por el mundo! Jesús nos sacude, no se conforma con las declaraciones de fe, nos pide purificar nuestra religiosidad ante su cruz, ante la Eucaristía. Nos hace bien estar en adoración ante la Eucaristía para contemplar la fragilidad de Dios. Dediquémosle tiempo a la adoración. Es una forma de rezar que se olvida demasiado. Dediquémosle tiempo a la adoración. Dejemos que Jesús, Pan vivo, sane nuestras cerrazones y nos abra al compartir, nos cure de nuestras rigideces y del encerrarnos en nosotros mismos, nos libere de las esclavitudes paralizantes de defender nuestra imagen, nos inspire a seguirlo adonde Él quiera conducirnos. No donde yo deseo. De este modo llegamos al tercer paso.

3. El camino en pos de Jesús es también el camino con Jesús. «¡Ponte detrás de mí, Satanás!» (v. 33). De ese modo Jesús atrae de nuevo a Pedro hacia Él, con una orden dolorosa, dura. Pero el Señor, cuando manda algo, en realidad está ahí, preparado para concederlo. Y Pedro acoge la gracia de dar “un paso atrás” recuérdate que el camino cristiano inicia con un paso atrás. El camino cristiano no es una búsqueda del éxito, sino que comienza con un paso hacia atrás, con un descentramiento liberador, con el quitarse uno del centro de la vida. Es entonces cuando Pedro reconoce que el centro no es su Jesús, sino el verdadero Jesús. Caerá de nuevo, pero de perdón en perdón reconocerá cada vez mejor el rostro de Jesús. Y pasará de la admiración estéril por Cristo a la imitación concreta de Cristo.

¿Qué quiere decir caminar en pos de Jesús? Es ir adelante por la vida con su misma confianza, la de ser hijos amados de Dios. Es recorrer el mismo camino del Maestro, que vino a servir y no a ser servido (cf. Mc 10,45). Caminar detrás de Jesús es dirigir cada día nuestros pasos al encuentro del hermano. Hacia allí nos lleva la Eucaristía, a sentirnos un solo Cuerpo, a partirnos por los demás. Queridos hermanos y hermanas, dejemos que el encuentro con Jesús en la Eucaristía nos transforme, como transformó a los grandes y valientes santos que ustedes veneran, pienso en san Esteban y santa Isabel. Como ellos, no nos contentemos con poco, no nos resignemos a una fe que vive de ritos y de repeticiones, abrámonos a la novedad escandalosa de Dios crucificado y resucitado, Pan partido para dar vida al mundo. Entonces viviremos en la alegría; y llevaremos alegría.

Este Congreso Eucarístico Internacional es un punto de llegada de un camino, pero hagamos que sea sobre todo un punto de partida. Porque el camino en pos de Jesús invita a mirar hacia adelante, a acoger la novedad de la gracia, a hacer revivir cada día dentro de nosotros ese interrogante que, como en Cesarea de Filipo, el Señor dirige a cada uno de nosotros sus discípulos: Y ustedes, ¿quién dicen que soy yo?

[01188-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Em Cesareia de Filipe, Jesus pergunta aos discípulos: «E vós, quem dizeis que Eu sou?» (Mc 8, 29). Esta pergunta põe em xeque os discípulos e marca uma viragem no seu caminho atrás do Mestre. Conheciam bem Jesus, já não eram principiantes: conviviam familiarmente com Ele, foram testemunhas de muitos dos milagres realizados, ficavam maravilhados com o seu ensinamento, seguiam-No para onde quer que fosse. Contudo ainda não pensavam como Ele. Faltava uma passagem decisiva, ou seja, da admiração por Jesus à imitação de Jesus. Também hoje o Senhor, fixando o olhar em cada um de nós, nos interpela pessoalmente: «Mas Eu quem sou verdadeiramente para ti?». Quem sou para ti? Dirigida a cada um de nós, é uma pergunta que pede não apenas uma resposta exata do ponto de vista do Catecismo, mas uma resposta pessoal, uma resposta de vida.

Desta resposta, nasce a renovação do discipulado. Tal renovação realiza-se através das três passagens que fizeram os discípulos e que podemos realizar também nós: o anúncio de Jesus, o primeiro; o discernimento com Jesus, o segundo; e o caminho atrás de Jesus, o terceiro.

1. O anúncio de Jesus. À pergunta «e vós, quem dizeis que Eu sou?», respondeu Pedro como representante de todo o grupo: «Tu és o Messias». Em poucas palavras, Pedro disse tudo. A resposta está certa, mas surpreendentemente, depois de tal reconhecimento, Jesus ordena severamente que «não dissessem isto a ninguém» (8, 30). Perguntamo-nos: por que motivo uma proibição tão drástica? Por uma razão concreta: dizer que Jesus é o Messias, o Cristo, é exato mas incompleto. Existe sempre o risco de anunciar um falso messianismo: aquele segundo os homens e não segundo Deus. Por isso, a partir daquele momento, Jesus começa a revelar a sua identidade: a identidade pascal, aquela que encontramos na Eucaristia. Explica que a sua missão havia certamente de culminar na glória da ressurreição, mas passando pela humilhação da cruz; ou seja, desenrolar-se-ia segundo a sabedoria de Deus, «que – como diz São Paulo – não é deste mundo, nem dos chefes deste mundo» (1 Cor 2, 6). Jesus impõe silêncio sobre a sua identidade messiânica, mas não sobre a cruz que O espera. Pelo contrário – observa o evangelista – Jesus começa a ensinar «abertamente» (Mc 8, 32) que «o Filho do Homem tinha de sofrer muito e ser rejeitado pelos anciãos, pelos sumos sacerdotes e pelos doutores da Lei, e ser morto e ressuscitar depois de três dias» (8, 31).

Perante este anúncio de Jesus, um anúncio surpreendente, também nós podemos sentir-nos apavorados. Gostaríamos, também nós, dum messias poderoso, em vez dum servo crucificado. Diante de nós está a Eucaristia, para nos recordar quem é Deus; não o faz com palavras, mas de modo concreto, mostrando-nos Deus como Pão partido, como Amor crucificado e doado. Podemos acrescentar muitas cerimónias, mas o Senhor permanece ali na simplicidade dum Pão que se deixa partir, distribuir e comer. Está ali: para nos salvar, faz-Se servo; para nos dar vida, morre. Faz-nos bem deixar-nos surpreender pelo anúncio de Jesus. E quem se abre a este anúncio de Jesus, abre-se à segunda passagem.

2. O discernimento com Jesus. Face ao anúncio do Senhor, a reação de Pedro é tipicamente humana: quando aparece a cruz, a perspetiva do sofrimento, o homem revolta-se. E Pedro, depois de ter confessado a realidade messiânica de Jesus, escandaliza-se com as palavras do Mestre e tenta dissuadi-Lo de prosseguir o seu caminho. A cruz nunca está na moda. Queridos irmãos e irmãs, a cruz nunca está na moda: ontem, como hoje. Mas cura por dentro. É diante do Crucificado que experimentamos uma benéfica luta interior, um áspero conflito entre «pensar segundo Deus» e «pensar segundo os homens». Dum lado, temos a lógica de Deus, que é a do amor humilde; o caminho de Deus evita qualquer imposição, ostentação, de qualquer triunfalismo, visa sempre o bem dos outros, indo até ao sacrifício de si mesmo. Do outro, temos o «pensar segundo os homens»: é a lógica do mundo, do mundanismo, presa às honras e privilégios, tendente ao prestígio e ao sucesso. O que conta aqui são a relevância e a força, aquilo que chama a atenção da maioria e sabe afirmar-se perante os outros.

Encandeado por esta perspetiva, Pedro chama Jesus à parte e começa a repreendê-Lo (cf. 8, 32). Antes confessara-O, agora reprende-O. Pode acontecer também connosco chamar o Senhor «à parte», colocá-Lo num canto do coração, continuando a considerar-nos pessoas religiosas e boas, e prosseguir pelo nosso caminho sem nos deixarmos conquistar pela lógica de Jesus. Mas há um verdade: entretanto, Ele acompanha-nos, acompanha-nos nesta luta interior, porque deseja que nós, como os Apóstolos, escolhamos a sua parte. Há a parte de Deus, como há a parte do mundo… A diferença não está entre quem é religioso e quem não o é; a diferença crucial está entre o Deus verdadeiro e o deus que é o nosso eu. Que grande distância existe entre Aquele que reina silenciosamente na cruz e aquele falso deus que gostaríamos de ver reinar pela força e reduzir ao silêncio os nossos inimigos! Como é diverso Cristo, que Se nos propõe só com amor, comparado com os messias poderosos e vencedores, lisonjeados pelo mundo! Jesus sacode-nos, não se contenta com declarações de fé, pede-nos que purifiquemos a nossa religiosidade diante da sua cruz, diante da Eucaristia. Faz-nos bem permanecer em adoração diante da Eucaristia, para contemplarmos a fragilidade de Deus. Dediquemos tempo à adoração. É um modo de rezar demasiado esquecido. Dediquemos tempo à adoração. Deixemos que Jesus, Pão vivo, cure os nossos fechamentos e nos abra à partilha: nos cure da nossa rigidez e de nos fecharmos em nós mesmos, nos livre da escravidão paralisante da defesa da nossa imagem e nos inspire a segui-Lo para onde Ele nos quer conduzir. E não para onde quero eu. Assim chegamos à terceira passagem.

3. O caminho atrás de Jesus, e também o caminho com Jesus: «Vai para trás de Mim, satanás» (8, 33). Assim, com uma ordem enérgica e forte, Jesus faz Pedro reentrar em si. Mas o Senhor, quando manda uma coisa, na realidade está ali presente, pronto a dá-la. E Pedro acolhe a graça de «dar um passo atrás». O caminho cristão não é uma corrida ao sucesso, mas começa com um passo atrás – lembrai-vos disto: o caminho cristão começa com um passo atrás –, com um descentramento que liberta, com o retirar-se do centro da vida. Então Pedro reconhece que o centro não é «o seu Jesus», mas o verdadeiro Jesus. Voltará a cair, mas de perdão em perdão irá reconhecendo cada vez melhor o rosto de Deus. E passará duma admiração estéril por Cristo à imitação concreta de Cristo.

Que significa caminhar atrás de Jesus? É avançar na vida com a sua própria confiança, a de sermos filhos amados de Deus. É percorrer o mesmo caminho do Mestre, que veio para servir e não para ser servido (cf. Mc 10, 45). Caminhar atrás de Jesus é dirigir dia a dia os nossos passos ao encontro do irmão. A isto mesmo nos impele a Eucaristia: a sentir-nos um só Corpo, a fazer-nos em pedaços para os outros. Queridos irmãos e irmãs, deixemos que o encontro com Jesus na Eucaristia nos transforme, como transformou os grandes e corajosos Santos que honrais: penso em Santo Estêvão e Santa Isabel. À semelhança deles, não nos contentemos com pouco; não nos resignemos com uma fé que vive de ritos e repetições, abramo-nos à novidade escandalosa de Deus crucificado e ressuscitado, Pão partido para dar vida ao mundo. Viveremos na alegria, e seremos portadores de alegria.

Ponto de chegada dum percurso, oxalá este Congresso Eucarístico seja sobretudo um ponto de partida. Pois o caminho atrás de Jesus convida a olhar para a frente, a acolher a viragem da graça, a fazer reviver em nós cada dia aquela pergunta que o Senhor, como em Cesareia de Filipe, nos dirige a cada um de nós, seus discípulos: E vós, quem dizeis que Eu sou?

[01188-PO.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua polacca

W Cezarei Filipowej Jezus pyta uczniów: „A wy za kogo Mnie uważacie?” (Mk 8, 29). To pytanie przypiera uczniów do muru i wyznacza przełom w ich podążaniu za Mistrzem. Znali Jezusa dobrze, nie byli już nowicjuszami: byli blisko Niego, byli świadkami wielu cudów, pozostawali pod wrażeniem Jego nauczania, szli za Nim, dokądkolwiek się udawał. Jednak nie myśleli jeszcze tak, jak On. Brakowało decydującego przejścia od podziwu dla Jezusa do naśladowania Go. Również dzisiaj Pan, kierując swój wzrok na każdego z nas, zadaje nam osobiste pytanie: „Za kogo mnie tak naprawdę uważasz? Kim dla ciebie jestem? Jest to pytanie, które skierowane do każdego z nas, domaga się nie tylko dokładnej odpowiedzi, zaczerpniętej z katechizmu, ale odpowiedzi osobistej, odpowiedzi płynącej z życia.

Z tej odpowiedzi rodzi się odnowa bycia uczniem. Odbywa się ona w trzech etapach, które przeszli uczniowie i które my również możemy przejść. Pierwszy: głoszenie Jezusa, drugi: rozeznawanie z Jezusem i trzeci: pójście za Jezusem.

1. Głoszenie Jezusa. Na słowa: „A wy za kogo mnie uważacie?” Piotr odpowiedział, jako przedstawiciel całej grupy: „Ty jesteś Mesjaszem”. Piotr ujmuje wszystko w niewielu słowach, odpowiedź jest właściwa, ale – zaskakująco – po tym rozpoznaniu Jezus „surowo im przykazał, żeby nikomu o Nim nie mówili” (w. 30). Pytamy się: dlaczego tak drastyczny zakaz? Z konkretnego powodu: stwierdzenie, że Jezus jest Chrystusem, Mesjaszem, jest dokładne, ale niepełne. Zawsze istnieje ryzyko głoszenia fałszywej mesjaniczności, według tego, co ludzkie, a nie tego, co Boże. Dlatego od tej chwili Jezus zaczyna objawiać swoją tożsamość, tożsamość paschalną, tę, którą odnajdujemy w Eucharystii. Wyjaśnia, że Jego misja osiągnie swój punkt kulminacyjny, owszem, w chwale zmartwychwstania, ale przechodząc przez upokorzenie krzyża. Innymi słowy, zostanie przeprowadzona zgodnie z mądrością Bożą, która – jak mówi św. Paweł – „nie jest mądrością tego świata ani władców tego świata” (1 Kor 2, 6). Jezus każe milczeć o swej tożsamości mesjańskiej, ale nie o czekającym Go krzyżu. Wręcz przeciwnie – zauważa ewangelista – Jezus zaczyna nauczać „otwarcie” (Mk 8, 32), że „Syn Człowieczy musi wiele cierpieć, że będzie odrzucony przez starszych, arcykapłanów i uczonych w Piśmie; że będzie zabity, ale po trzech dniach zmartwychwstanie” (w. 31).

W obliczu tej zapowiedzi Jezusa, zapowiedzi zdumiewającej, my także możemy być ogromnie zdziwieni. Też chcielibyśmy mieć potężnego Mesjasza, a nie ukrzyżowanego sługę. Eucharystia staje przed nami, aby nam przypomnieć, kim jest Bóg. Czyni to nie za pomocą słów, ale konkretnie, ukazując nam Boga jako Chleb łamany, jako Miłość ukrzyżowaną i dawaną. Możemy dodać wiele ceremonii, ale Pan pozostaje w prostocie Chleba, który pozwala się łamać, rozdawać i spożywać. Jest tu: aby nas zbawić, staje się sługą; by dać nam życie, umiera. Warto, abyśmy pozwolili, by ta zapowiedź Jezusa napawała nas zdumieniem. Kto otwiera się na tę zapowiedź Jezusa, otwiera się na drugi etap.

2. Rozeznawanie z Jezusem. Wobec zapowiedzi Pana, reakcja Piotra jest typowo ludzka: gdy na horyzoncie pojawia się krzyż, perspektywa cierpienia, człowiek się buntuje. A Piotr, po wyznaniu mesjańskiej natury Jezusa, jest zgorszony słowami Mistrza i próbuje odwieść Go od dalszej drogi. Krzyż nigdy nie jest ani nie był modny. Drodzy bracia i siostry, krzyż nigdy nie jest modny: ani dzisiaj, ani też w przeszłości. Ale leczy wnętrze. To właśnie przed Ukrzyżowanym doświadczamy dobroczynnej walki wewnętrznej, gorzkiego konfliktu między „myśleniem po Bożemu” a „myśleniem po ludzku”. Z jednej strony, istnieje logika Boga, która jest logiką pokornej miłości. Droga Boża unika wszelkiego narzucania się, ostentacji, wszelkiego triumfalizmu, jest zawsze ukierunkowana na dobro innych, aż po ofiarę z samego siebie. Z drugiej strony istnieje „myślenie po ludzku”: jest to logika świata, światowości, przywiązana do honoru i przywilejów, nastawiona na prestiż i sukces. Liczy się w niej znaczenie i siła, to co przyciąga uwagę większości i potrafi ukazać własną pozycję wobec innych.

Piotr, porażony tą perspektywą, bierze Jezusa na bok i zaczyna Go upominać (por. w. 32). Najpierw złożył o Nim wyznanie, a teraz Go upomina. Może się zdarzać także i nam, że odsuwamy Pana „na bok”, stawiamy Go w zakamarku naszego serca, nadal uważając się za ludzi religijnych i dobrych, a idziemy własną drogą, nie dając się przekonać logice Jezusa. Ale jest pewna prawda: On towarzyszy nam, towarzyszy nam w tej wewnętrznej walce, ponieważ chce, abyśmy, jak apostołowie, stanęli po Jego stronie. Istnieją bowiem strona Boga i strona świata. Nie ma różnicy między tymi, którzy są religijni, a tymi, którzy nimi nie są. Zasadnicza różnica tkwi w rozróżnieniu między prawdziwym Bogiem a bogiem naszego ego. Jakże daleki jest Ten, który króluje w milczeniu na krzyżu od fałszywego boga, który chcielibyśmy by panował z mocą i uciszał naszych wrogów! Jakże różny jest Chrystus, który proponuje siebie jedynie z miłością, od potężnych i zwycięskich mesjaszy, którym schlebia świat! Jezus nami wstrząsa, nie zadowala się deklaracjami wiary, żąda od nas oczyszczenia naszej religijności w obliczu Jego krzyża, w obliczu Eucharystii. Warto, abyśmy trwali na adoracji przed Eucharystią, aby kontemplować kruchość Boga. Poświęcajmy czas na adorację. Jest to zbyt zapomniany sposób modlitwy. Poświęćmy czas na adorację. Pozwólmy, aby Jezus, Chleb żywy uzdrowił to, co w nas zamknięte i otworzył nas na dzielenie się z innymi, by uzdrowił nas z naszej surowości i naszego zamknięcia się w sobie; uwolnijmy się z paraliżującego zniewolenia obroną naszego wizerunku i dajmy się zainspirować do pójścia za Nim tam, gdzie On chce nas poprowadzić. Nie gdzie ja chcę. I tak dochodzimy do trzeciego etapu.

3. Pójście za Jezusem, również pójście z Jezusem. „Zejdź Mi z oczu, szatanie” (w. 33). W ten sposób, poprzez serdeczne, mocne polecenie, Jezus prowadzi Piotra z powrotem do siebie. Ale Pan, kiedy nakazuje jakąś rzecz, w rzeczywistości jest obecny, gotowy, by ją dać. I Piotr akceptuje łaskę uczynienia „kroku do tyłu”. Chrześcijańskie pielgrzy­mowanie nie jest gonitwą za sukcesem, ale zaczyna się od kroku wstecz – pamiętajcie o tym: chrześcijańskie pielgrzymowanie zaczyna się od kroku wstecz -, od wyzwalającej decentralizacji, od usunięcia się z centrum życia. Wówczas Piotr przyznaje, że w centrum nie znajduje się jego Jezus, lecz prawdziwy Jezus. Nadal będzie upadał, ale, od jednego przebaczenia do kolejnego, będzie coraz lepiej rozpoznawał oblicze Boga. I przejdzie od jałowego podziwu dla Chrystusa, do konkretnego naśladowania Chrystusa.

Co to znaczy iść za Jezusem? To iść naprzód przez życie z Jego ufnością, to znaczy z ufnością, że jest się umiłowanym dzieckiem Boga. To podążanie drogą Mistrza, który przyszedł, aby służyć, a nie aby Mu służono (por. Mk 10, 45). Chodzić za Jezusem, to kierować każdego dnia nasze kroki na spotkanie brata. Do tego pobudza nas Eucharystia: abyśmy czuli się jednym Ciałem, abyśmy łamali siebie dla innych. Drodzy bracia i siostry, pozwólmy, aby spotkanie z Jezusem w Eucharystii nas przemieniało, jak przemieniało wielkich i odważnych świętych, których czcicie – myślę o św. Stefanie i św. Elżbiecie. Jak oni, nie zadowalajmy się byle czym; nie gódźmy się na wiarę, która żyje obrzędami i powtórzeniami, otwórzmy się na gorszącą nowość Boga ukrzyżowanego i zmartwychwstałego, Chleba łamanego, aby dać życie światu. Będziemy pełni radości; i będziemy przynosili radość.

Ten Międzynarodowy Kongres Eucharystyczny jest punktem docelowym pewnego procesu, ale niech będzie przede wszystkim punktem wyjścia. Ponieważ droga podążania za Jezusem zaprasza nas do patrzenia w przyszłość, do przyjęcia tego przełomu łaski, do codziennego ożywiania w nas tego pytania, które, podobnie jak w Cezarei Filipowej, Pan kieruje do każdego z nas, swoich uczniów: A wy za kogo Mnie uważacie?

[01188-PL.02] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua araba

الزّيارة الرسوليّة

إلى بودابست في مناسبة القداس الختامي للمؤتمر الإفخارستي الدولي الثاني والخمسين وإلى سلوفاكيا

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في ساحة الأبطال

الأحد 12 أيلول/سبتمبر 2021

سأل يسوع التّلاميذ وهم في قيصريّة فيلبُّس: "ومَن أَنا، في قولِكم أَنتُم؟" (مرقس 8، 29). وضع هذا السّؤال التّلاميذ في مأزق وشكّل نقطة تحوّل في مسيرتهم خلف المعلّم. لقد عرفوا يسوع جيّدًا، وليسوا بعد مبتدئين: كانت تربطهم به أُلفة، وكانوا شهودًا للعديد من المعجزات، وقد تأثّروا بتعليمه، وتبعوه أينما ذهب. ومع ذلك، فإنّهم ما زالوا لا يفكّرون مثل فكره. كان ينقصهم التحوّل الحاسم، من الإعجاب بيسوع إلى الاقتداء بيسوع. وحتّى اليوم، الرّبّ يسوع يركّز نظره على كلّ واحدٍ منّا، ويسألنا شخصيًّا: "ومن أنا حقًّا بالنّسبة لك؟". من أنا بالنّسبة لك؟ إنّه سؤال موجّه إلى كلّ واحدٍ منّا، ولا يطلب فقط إجابة دقيقة، من التّعليم المسيحيّ، بل إجابة شخصيّة وإجابة حياتيّة.

من هذه الإجابة يأتي تجديد التّلمذة. ويتمّ في ثلاث مراحل مرَّ بها التّلاميذ ويمكننا نحن أيضًا المرور بها: المرحلة الأولى إعلان يسوع، والمرحلة الثانية التّمييز مع يسوع، والمرحلة الثالثة السّير خلف يسوع.

1. إعلان يسوع. على سؤال يسوع "ومَن أَنا، في قولِكم أَنتُم؟" أجاب بطرس ممثّلًا عن المجموعة كلّها: "أَنتَ المسيح". قال بطرس كلّ شيء في بضع كلمات، وكان جوابه صحيحًا، ولكن من المدهش، أنّه بعد هذا الاعتراف، يسوع "نَهاهُم أُن يُخبِروا أَحَدًا بِأَمرِه" (الآية 30). لنسأل أنفسنا: لماذا هذا المنع المشدَّد؟ لسبب محدّد: القول إنّ يسوع هو المسيح، المسيّا، هو قول صحيح ولكنّه غير كامل. هناك دائمًا خطر إعلان مسيحانيّة كاذبة، بحسب البشر، وليس بحسب الله. لذلك، بدأ يسوع، بدءًا من تلك اللحظة، في الكشف عن هويّته، الفصحيّة، والتي نجدها في الإفخارستيّا. وأوضح أنّ رسالته، نعم، ستبلغ ذروتها في مجد القيامة، ولكن بالمرور عبر مذلة الصّليب. أي إنّها ستتمّ بحسب حكمة الله "التي - كما قال القدّيس بولس - لَيسَت بِحِكمَةِ هذِه الدُّنْيا ولا بِحِكمَةِ رُؤَساءِ هذِهِ الدُّنْيا" (1 قورنتس 2، 6). فرض يسوع الصّمت على هويّته المسيحانيّة، ولكن ليس على الصّليب الذي ينتظره. بالعكس، بحسب قول الإنجيليّ، بدأ يسوع يعلّم "صَراحةً" (مرقس 8، 32) أنّ "ابنَ الإِنسانِ يَجِبُ علَيه أَن يُعانيَ آلامًا شديدة، وأَن يرْذُلَه الشُّيوخُ وعُظماءُ الكَهَنَةِ والكَتَبَة، وأَن يُقتَل، وأَن يقومَ بَعدَ ثَلاثَةِ أَيَّام" (آية 31).

أمام إعلان يسوع هذا، المذهل، يمكننا نحن أيضًا أن نظلّ منذهلين. نحن أيضًا نريد مسيحًا قويًّا لا عبدًا مصلوبًا. إنّ الإفخارستيّا أمامنا لكي تذكّرنا من هو الله. فهو لا يفعل بالكلام بل بالعمل، مُظهرًا لنا الله في صورة خبز مكسور، وحبًّا مصلوبًا ومُعطًى لنا. يمكننا أن نضيف طقوسًا كثيرة، لكنّ الرّبّ يسوع يبقى هناك، في بساطة الخبز، الذي يُكسَر ويُوزَّع وُيؤكَل. هو هناك: ليخلّصنا، صار خادمًا، ومات، لكي يمنحنا الحياة. حَسَنٌ لنا أن ننذهل من إعلان يسوع. وكلّ من يفتح قلبه على إعلان يسوع هذا ينفتح على المرحلة الثّانية.

2. التّمييز مع يسوع. أمام إعلان الرّبّ يسوع، كان ردّ فعل بطرس بشريًّا بامتياز: إذ عندما يلوح الصّليب على الأفق، وإمكانيّة الألم، الإنسان يتمرّد. بعد أن اعترف بطرس بمسيحانيّة المسيح، تشكّك من كلمات المعلّم وحاول ثَنْيَه عن المضي في طريقه. ليس الصّليب أمرًا مقبولًا أبدًا. أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، ليس الصّليب أمرًا مقبولًا أبدًا. اليوم كما في الماضي. لكنّه يشفي من الداخل. أمام المصلوب نختبر جهادًا داخليًّا مفيدًا، والنّزاع المرير بين ”التّفكير بحسب الله“ و ”التّفكير بحسب البشر“. من جهة، يوجد منطق الله، وهو منطق الحبّ المتواضع. يُعرِض طريق الله عن كلّ أمر يُفرَضُ فرضًا، وعن كلّ تفاخر وانتصار، فهو يهدف دائمًا إلى مصلحة الآخرين، إلى حدّ التّضحية بالنفس. من جهة أخرى، يوجد ”التّفكير بحسب البشر“: إنّه منطق العالم، منطق الأمور الأرضية، المرتبط بالشّرف والامتيازات، والذي يهدف إلى الاعتبار والنّجاح. هنا الاهتمام هو للأهميّة والقوّة: لما يلفت انتباه الكثيرين، ولمن يعرف أن يثبت نفسه أمام الآخرين.

انفرد بطرس بيسوع بعد أن أذهله هذا الإعلان وجعل يعاتبه (راجع الآية 32). في البداية اعترف به، والآن عاتبه. يمكن أن يحدث لنا أيضًا أن نضع الرّبّ يسوع "جانبًا"، وأن نضعه في زاوية من زوايا قلبنا، ونستمرّ في اعتبار أنفسنا متديّنين وصالحين، وأن نسير في طريقنا من دون أن نسمح لمنطق يسوع أن يستولي علينا. لكن يوجد حقيقة وهي: أمّا هو فإنّه يرافقنا، يرافقنا في هذا الجهاد الداخلي، لأنّه يرغب، في أن نختار نحن أيضًا، مثل الرّسل، أن نكون من جانبه. يوجد جانب الله ويوجد جانب العالم. ليس الفرق بين من هو متديّن ومن ليس متديِّنًا. الفرق الأساسي هو بين الإله الحقيقي وإلإله الذي نصنعه لأنفسنا. كم يبعد ذاك الذي يملك بصمت على الصليب عن الإله الكاذب الذي نودّ أن يملك بالقوّة ويسكت أعدائنا! كم هو مختلف المسيح، الذي يقدّم نفسه فقط بالمحبّة، عن المسحاء الأقوياء والمنتصرون الذين يتملّقهم العالم! يسوع يهزّنا، ولا يكتفي بإعلانات الإيمان، بل يطلب منّا تطهير تديّننا أمام صليبه، وأمام الإفخارستيّا. من الجيّد أن نسجد أمام الإفخارستيّا لكي نتأمّل في الضعف الذي يظهر فيه الله. لنخصّص وقتًا للسجود. هي طريقة صلاة تُنسى كثيراً. لنخصّص وقتًا للسجود. لندع يسوع، الخبز الحيّ، يشفي انغلاقاتنا ويفتحنا على المشاركة، ويشفينا من جمودنا ومن الانطواء على أنفسنا؛ ويحرّرنا من العبودية للدفاع عن صورتنا التي تسبب لنا الشلّل، ولنتركه يلهمنا أن نتبعه حيث يريد أن يقودنا هو. لا حيث أريد أنا. والآن وصلنا إلى المرحلة الثّالثة.

3. السّير خلف يسوع، وأيضًا السّير مع يسوع. "اِنسَحِبْ! وَرائي! يا شَيطان" (آية 33). وهكذا أعاد يسوع بطرس إلى نفسه بأمرٍ صريحٍ وقوي. ولكن، عندما يأمر الرّبّ يسوع بشيء ما، إنّه هناك مستعدّ ليعطيه. وقبِلَ بطرس النّعمة ليرجع "خطوة إلى الوراء". ليست المسيرة المسيحيّة سعيًا للنّجاح، ولكنّها تبدأ بخطوة إلى الوراء - تذكروا هذا: المسيرة المسيحيّة تبدأ بخطوة إلى الوراء- وبابتعاد محرّر عن المركزيّة، بإبعاد أنفسنا عن مركز الحياة. حينها أدرك بطرس أنّ المركز ليس يسوع الذي يفكر فيه هو، بل يسوع الحقيقي. سوف يسقط مرّة أخرى، ولكن من غفران إلى غفران سوف يتعرّف على وجه الله بشكل أفضل دائمًا. وسوف ينتقل من الإعجاب العقيم بالمسيح إلى الاقتداء العملي بالمسيح.

ماذا يعني السّير خلف يسوع؟ هو أن نسير في الحياة بثقة يسوع نفسها، الثّقة بأنّنا أبناء الله الأحباء إليه. وأن نسير على طريق المعلّم نفسها، الذي جاء ليّخدُم وليس ليُخدَم (راجع مرقس 10، 45). السّير خلف يسوع هو أن نوجّه خطواتنا كلّ يوم لنقابل أخانا. إلى هذا تدفعنا الإفخارستيّا: إلى أن نشعر بأنفسنا جسدًا واحدًا، وأن نكسِرَ أنفسنا من أجل الآخرين. أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، لنَدَع اللقاء مع يسوع في الإفخارستيّا يغيّرنا، مثلما غيّر القدّيسين الكبار والشّجعان الذين تكرّموهم، أفكّر في القدّيس إِسْطِفانُس والقدّيسة أليصبات. مثلهم، لا نرضى بالقليل، ولا نستسلم لإيمانٍ يعيش على الطّقوس والتكرار، ولنفتح أنفسنا على الجديد المشكّك للإله المصلوب والقائم من بين الأموات، وعلى الخبز المكسور ليمنح الحياة للعالم. سنكون إذّاك في الفرح. وسنحمل الفرح.

هذا المؤتمر الإفخارستيّ الدولي هو نقطة الوصول لمسيرة، ولكنّه قبل كلّ شيء نقطة انطلاق. لأنّ السّير خلف يسوع يدعونا إلى أن ننظر إلى الأمام، وأن نستقبل التغيُّر التي تأتي به النّعمة، وأن نعيد كلّ يوم فينا هذا السؤال: ومَن أَنا، في قولِكم أَنتُم؟ الذي يوجّهه الرّبّ يسوع إلى كلّ واحد منّا نحن تلاميذه كما فعل في قيصريّة فيليبّس.

[01188-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

Parole del Santo Padre prima dell’Angelus

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Al termine della Santa Messa, Papa Francesco ha guidato la recita dell’Angelus con i fedeli presenti nella Piazza.

Dopo la recita dell’Angelus e la benedizione finale, il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Budapest per la cerimonia di congedo dall’Ungheria.

Pubblichiamo di seguito le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Parole del Santo Padre prima dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

Eucaristia significa “azione di grazie” e al termine di questa Celebrazione, che chiude il Congresso Eucaristico e la mia visita a Budapest, vorrei di cuore rendere grazie. Grazie alla grande famiglia cristiana ungherese, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità. A questo proposito saluto di cuore il Patriarca Bartolomeo, Fratello che ci onora con la sua presenza. Grazie, in particolare, ai miei amati Fratelli vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, e a tutti voi, cari fedeli! Un ringraziamento grande a chi tanto si è adoperato per la realizzazione del Congresso Eucaristico e di questa giornata.

Nel rinnovare la gratitudine alle Autorità civili e religiose che mi hanno accolto, vorrei dire köszönöm [grazie]: grazie a te, popolo di Ungheria. L’Inno che ha accompagnato il Congresso si rivolge a te così: «Per mille anni la croce fu colonna della tua salvezza, anche ora il segno di Cristo sia per te la promessa di un futuro migliore». Questo vi auguro, che la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi. Isten éltessen! [Auguri!] La “Croce della missione” è il simbolo di questo Congresso: vi porti ad annunciare con la vita il Vangelo liberante della tenerezza sconfinata di Dio per ciascuno. Nella carestia di amore di oggi, è il nutrimento che l’uomo attende.

Oggi, non lontano da qua, a Varsavia, vengono proclamati Beati due testimoni del Vangelo: il Cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka, fondatrice delle Suore Francescane Serve della Croce. Due figure che conobbero da vicino la croce: il Primate di Polonia, arrestato e segregato, fu sempre pastore coraggioso secondo il cuore di Cristo, araldo della libertà e della dignità dell’uomo; Suor Elisabetta, che giovanissima perse la vista, dedicò tutta la vita ad aiutare i ciechi. L’esempio dei nuovi Beati ci stimoli a trasformare le tenebre in luce con la forza dell’amore.

Infine preghiamo l’Angelus, nel giorno in cui veneriamo il santissimo nome di Maria. Anticamente, per rispetto, voi ungheresi non pronunciavate il nome di Maria, ma la chiamavate con lo stesso titolo onorifico utilizzato per la regina. La “Beata Regina, vostra antica patrona” vi accompagni e vi benedica! La mia Benedizione, da questa grande città, vuole raggiungere tutti, in particolare i bambini e i giovani, gli anziani e gli ammalati, i poveri e gli esclusi. Con voi e per voi dico: Isten, áldd meg a magyart! [Dio benedica gli ungheresi!]

[01189-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs,

Eucharistie signifie “action de grâce”, et, au terme de cette célébration qui conclut le Congrès Eucharistique et ma visite à Budapest, je voudrais de tout cœur rendre grâce. Merci à la grande famille chrétienne hongroise que je désire embrasser dans ses rites, dans son histoire, dans les sœurs et dans les frères catholiques et ceux d’autres Confessions, tous en marche vers la pleine unité. A ce propos je salue chaleureusement le Patriarche Bartholomée, un Frère qui nous honore de sa présence. Merci, en particulier, à mes bien-aimés Frères évêques, aux prêtres, aux personnes consacrées, et à vous tous, chers fidèles! Un grand remerciement à ceux qui ont œuvré pour la réalisation du Congrès Eucharistique et de cette journée.

En renouvelant ma gratitude aux Autorités civiles et religieuses qui m’ont accueilli, je voudrais dire köszönöm [merci]: merci à toi, peuple de Hongrie. L’Hymne qui a accompagné le Congrès s’adresse à toi ainsi: «Pendant mille ans la croix a été colonne de ton salut; que le signe du Christ soit pour toi, encore aujourd’hui, la promesse d’un avenir meilleur». C’est ce que je vous souhaite: que la croix soit pour vous un pont entre le passé et l’avenir! Le sentiment religieux est la sève de cette nation si attachée à ses racines. Mais la croix, plantée en terre, en plus de nous inviter à bien nous enraciner, élève et étend ses bras vers tous: elle exhorte à garder solides les racines, mais sans cloisonnement; à puiser aux sources, en nous ouvrant aux assoiffés de notre temps. Mon souhait est que vous soyez ainsi: ancrés et ouverts, enracinés et respectueux. Isten éltessen! [Meilleurs vœux] La “Croix de la mission” est le symbole de ce Congrès: qu’elle vous amène à annoncer par votre vie l’Evangile libérateur de la tendresse infinie de Dieu pour chacun. Dans le manque d’amour d’aujourd’hui, il est la nourriture que l’homme attend.

Maintenant, prions l’Angélus, en ce jour où nous vénérons le saint nom de Marie. Autrefois, par respect, vous Hongrois, vous ne prononciez pas le nom de Marie, mais vous l’appeliez avec le même titre honorifique utilisé pour la reine. Que la “Bienheureuse Reine, votre antique patronne” vous accompagne et vous bénisse! Ma Bénédiction, à partir de cette grande ville, veut atteindre tout le monde, en particulier les enfants et les jeunes, les personnes âgées et les malades, les pauvres et les exclus. Avec vous et pour vous je dis: Isten, áldd meg a magyart! [Que Dieu bénisse les Hongrois!]

[01189-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters,

The word “Eucharist” means “thanksgiving”, and at the end of this celebration that concludes the Eucharistic Congress and my visit to Budapest, I want to thank you from my heart. I thank the great Hungarian Christian family, which I would like to embrace in its rites, its history, its brothers and sisters, both Catholic and those of other confessions: all journeying towards full unity. I cordially greet my Brother, Patriarch Bartholomew, who honours us with his presence. I particularly thank my beloved brother Bishops, the priests, the men and women religious and all of you, dear faithful! I greatly thank those who worked so hard for the Eucharistic Congress and today’s celebration.

In renewing my gratitude to the civil and religious authorities who welcomed me, I want to say köszönöm [thank you]: thank you to you, the people of Hungary. The official song of the Congress has reminded you: “For a thousand years the cross was the column of your salvation. Now may the sign of Christ be for you also the promise of a better future”. This is what I wish for you: that the cross be your bridge between the past and the future. Religious sentiment has been the lifeblood of this nation, so attached to its roots. Yet the cross, planted in the ground, not only invites us to be well-rooted, it also raises and extends its arms towards everyone. The cross urges us to keep our roots firm, but without defensiveness; to draw from the wellsprings, opening ourselves to the thirst of the men and women of our time. My wish is that you be like that: grounded and open, rooted and considerate. Isten éltessen! [God bless you!] The “Mission Cross” is the symbol of this Congress: may it lead you to proclaim with your lives the liberating Gospel of God’s boundless love for each person. Amid the present-day famine of love, men and women long for this nourishment.

Today in Warsaw, not far from here, two individuals who bore witness to the Gospel are being beatified: Cardinal Stefan Wyszyński and Elizabeth Czacka, Foundress of the Franciscan Sisters Servants of the Cross. Both were familiar with the Cross first-hand. Cardinal Wyszyński, the Primate of Poland, who was arrested and imprisoned, was always a courageous Pastor according to the heart of Christ and a herald of freedom and human dignity. Sister Elizabeth, who as a young girl lost her sight, devoted her whole life to assisting the blind. May the example of these new Blesseds encourage us to transform darkness into light with the power of love.

Finally, on this day when we venerate the Most Holy Name of Mary, let us pray the Angelus. In ancient times, out of respect, Hungarians did not pronounce the name of Mary, but called her by the same honorific title used for the queen. May “the Blessed Queen, your ancient patron” accompany you and bless you! From this great city, my blessing goes out to everyone, in particular to children and young people, the elderly and the sick, the poor and the marginalized. With you and for you I say: Isten, áldd meg a magyart! [May God bless the Hungarian people!]

[01189-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

Eucharistie bedeutet „Danksagung“ und am Ende dieser Feier, die den Eucharistischen Kongress und meinen Besuch in Budapest abschließt, möchte ich von Herzen danksagen. Ich danke der großen christlichen Familie Ungarns, die ich mit ihren Bräuchen, mit ihrer Geschichte, mit ihren Brüdern und Schwestern katholischen Glaubens oder anderer Konfessionen umarme, die alle auf dem Weg zur vollen Einheit sind. In diesem Zusammenhang grüße ich herzlich den Patriarchen Bartholomäus als Bruder, der uns mit seiner Anwesenheit ehrt. Danke insbesondere meinen geschätzten Brüdern im Bischofsamt, den Priestern, den Gottgeweihten und euch allen, liebe Gläubige! Großer Dank gilt all denen, die sich um die Durchführung des Eucharistischen Kongresses und dieses Tages bemüht haben.

Während ich meine Dankbarkeit gegenüber den zivilen und religiösen Verantwortungsträgern erneuere, die mich empfangen haben, möchte ich dir, liebes Volk von Ungarn, köszönöm [danke], danke sagen. Der Hymnus, der den Kongress begleitet hat, wendet sich folgendermaßen an dich: »Über tausend Jahre war das Kreuz die Säule deines Heils, auch heute möge das Zeichen Christi für dich die Verheißung einer besseren Zukunft sein«. Dies wünsche ich euch, dass das Kreuz eure Brücke zwischen der Vergangenheit und der Zukunft sei! Das religiöse Empfinden ist der Lebenssaft dieser Nation, die so treu zu ihren Wurzeln steht. Aber das Kreuz, das in den Erdboden eingepflanzt ist, lädt uns nicht nur dazu sein, uns gut zu verwurzeln, sondern es erhebt und breitet seine Arme für alle aus: Es mahnt dazu, feste Wurzeln zu bewahren, aber ohne sich zu verschanzen; aus den Quellen zu schöpfen und uns dabei den Dürstenden unserer Zeit zu öffnen. Mein Wunsch ist, dass ihr so sein möget: gefestigt und offen, verwurzelt und respektvoll. Isten éltessen! [Gott bewahre euch!] Das “Missionskreuz” ist das Symbol dieses Kongresses: Es möge euch dazu bringen, mit dem Leben das befreiende Evangelium der grenzenlosen Güte Gottes zu jedem von uns zu verkünden. In der heutigen Hungersnot nach Liebe ist sie die Nahrung, auf die der Mensch wartet.

Heute werden nicht so weit von hier in Warschau zwei Zeugen des Evangeliums seliggesprochen: Kardinal Stefan Wyszyński und Mutter Elżbieta Czacka, die Gründerin der franziskanischen Dienerinnen vom Kreuz. Beide Zeugen kannten das Kreuz aus der Nähe. Der Primas von Polen, verhaftet und isoliert, war immer ein mutiger Hirte nach dem Herz Christi, ein Herold der Freiheit und der Menschenwürde. Schwester Elżbieta, die in ganz jungen Jahren ihr Augenlicht verlor, widmete ihr ganzes Leben der Unterstützung der Blinden. Das Beispiel dieser beiden neuen Seligen rege uns an, die Finsternis mit der Kraft der Liebe in Licht zu verwandeln.

Zum Abschluss beten wir den Angelus, an dem Tag, an dem wir den heiligsten Namen Marias ehren. Einst spracht ihr Ungarn den Namen Marias aus Ehrfurcht nicht aus, sondern ihr nanntet sie mit demselben Ehrentitel, der für die Königin verwendet wurde. Die „selige Königin, eure altehrwürdige Patronin“ begleite euch und segne euch! Mein Segen will von dieser großen Stadt aus alle erreichen, insbesondere die Kinder und jungen Menschen, die Alten und Kranken, die Armen und die Ausgestoßenen. Mit euch und zu euch sage ich: Isten, áldd meg a magyart! [Gott segne die Ungarn!]

[01189-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Eucaristía significa “acción de gracias” y al finalizar esta Celebración, que cierra el Congreso Eucarístico y mi visita a Budapest, quisiera dar gracias de todo corazón. Gracias a la gran familia cristiana húngara, que deseo abrazar en sus ritos, en su historia, en las hermanas y hermanos católicos y de otras confesiones, todos en camino hacia la unidad plena. A este respecto, saludo de corazón al Patriarca Bartolomé, Hermano que nos honra con su presencia. Gracias, en particular, a mis amados hermanos obispos, a los sacerdotes, a los consagrados y consagradas, y a todos ustedes, queridos fieles. Un agradecimiento grande a quienes se han esforzado tanto por la realización del Congreso Eucarístico y de esta jornada.

Al renovar la gratitud a las autoridades civiles y religiosas que me han acogido quisiera decir köszönöm [gracias] a ti, pueblo de Hungría. El himno que ha acompañado el Congreso se dirige a ti de esta manera: «Durante mil años la cruz fue columna de tu salvación, que también ahora la señal de Cristo sea para ti la promesa de un futuro mejor». Esto es lo que les deseo, que la cruz sea vuestro puente entre el pasado y el futuro. El sentimiento religioso es la savia de esta nación, tan unida a sus raíces. Pero la cruz, plantada en la tierra, además de invitarnos a enraizarnos bien, eleva y extiende sus brazos hacia todos; exhorta a mantener firmes las raíces, pero sin encerrarse; a recurrir a las fuentes, abriéndose a los sedientos de nuestro tiempo. Mi deseo es que sean así: fundamentados y abiertos, arraigados y respetuosos. Isten éltessen! [¡Felicidades!] La “Cruz de la misión” es el símbolo de este Congreso. Que los lleve a anunciar con la vida el Evangelio liberador de la ternura sin límites que Dios tiene por cada uno. En la carestía de amor de hoy, es el alimento que el hombre espera.

Hoy, no muy lejos de aquí, en Varsovia, dos testigos del Evangelio son proclamados beatos: el Cardenal Esteban Wyszyński e Isabel Czacka, fundadora de las Hermanas Franciscanas Siervas de la Cruz. Dos figuras que conocieron de cerca la cruz: el Primado de Polonia, arrestado y segregado, fue siempre un pastor valiente según el corazón de Cristo, heraldo de la libertad y de la dignidad del hombre; sor Isabel, que perdió la vista muy joven, dedicó toda su vida a ayudar a los ciegos. Que el ejemplo de los nuevos beatos nos estimule a transformar las tinieblas en luz con la fuerza del amor.

Para finalizar rezamos el Ángelus, en este día en que veneramos el santísimo nombre de María. Antiguamente, por respeto, ustedes húngaros no pronunciaban el nombre de María, pero la llamaban con el mismo título honorífico utilizado para la reina. Que la “Beata Reina, vuestra antigua patrona” los acompañe y los bendiga. Mi bendición, desde esta gran ciudad, quiere llegar a todos, en particular a los niños y a los jóvenes, a los ancianos y a los enfermos, a los pobres y a los excluidos. Con ustedes y para ustedes digo: Isten, áldd meg a magyart! [¡Que Dios bendiga a los húngaros!]

[01189-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

Eucaristia significa «ação de graças» e, no final desta Celebração que encerra o Congresso Eucarístico e a minha visita a Budapeste, gostaria de dar graças com todo o coração. Obrigado à grande família cristã húngara, que desejo abraçar nos seus ritos, na sua história, nos irmãos e irmãs católicos e doutras Confissões, todos a caminho rumo à plena unidade. A propósito, saúdo cordialmente o Patriarca Bartolomeu, Irmão que nos honra com a sua presença. Obrigado em particular aos meus amados Irmãos Bispos, aos sacerdotes, aos consagrados e consagradas, e a todos vós, queridos fiéis! Um agradecimento grande a quem tanto trabalhou para a realização do Congresso Eucarístico e deste dia.

Ao mesmo tempo que renovo a minha gratidão às autoridades civis e religiosas que me acolheram, gostaria de dizer köszönöm [obrigado]: obrigado a vós, povo da Hungria. O hino do Congresso refere-se a vós nestes termos: «Durante mil anos, a cruz foi a coluna da tua salvação; também agora o sinal de Cristo seja para ti a promessa dum futuro melhor». Isto mesmo vos desejo: que a cruz seja a vossa ponte entre o passado e o futuro. O sentimento religioso é a seiva vital desta nação, tão afeiçoada às suas raízes. Mas a cruz plantada no solo, além de nos convidar a que nos enraizemos bem, ergue e estende os seus braços a todos: exorta a manter firmes as raízes, mas sem entrincheiramentos; a beber nas fontes, abrindo-nos aos sedentos do nosso tempo. O meu desejo é que sejais assim: alicerçados e abertos, enraizados e respeitadores. Isten éltessen [felicidades]! A «Cruz da Missão» é o símbolo deste Congresso: que vos leve a anunciar, com a vida, o Evangelho libertador da ternura sem limites de Deus por cada um. Na atual carestia de amor, é o alimento que o homem espera.

Hoje, não muito longe daqui, em Varsóvia, são beatificadas duas testemunhas do Evangelho: o Cardeal Estêvão Wyszyński e Isabel Czacka, fundadora das Irmãs Franciscanas Servas da Cruz. Duas figuras que conheceram de perto a cruz: o Primaz da Polónia, preso e segregado, manteve-se sempre um pastor corajoso segundo o coração de Cristo, arauto da liberdade e da dignidade humana; a Irmã Isabel, que perdeu a visão muito jovem, dedicou toda a sua vida a ajudar os cegos. Que o exemplo dos novos Beatos nos estimule a transformar as trevas em luz, com a força do amor.

Por fim, rezemos a oração do Angelus neste dia em que veneramos o Santíssimo Nome de Maria. Antigamente vós, húngaros, por respeito não pronunciáveis o nome de Maria, invocando-A com o mesmo título honorífico usado para a rainha. Que a «Bem-aventurada Rainha, vossa antiga Padroeira», vos acompanhe e abençoe! A partir desta grande cidade, a minha Bênção quer chegar a todos, especialmente às crianças e aos jovens, aos idosos e aos enfermos, aos pobres e aos marginalizados. Convosco e por vós, digo: Isten, áldd meg a magyart [Deus abençoe os húngaros]!

[01189-PO.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry

Eucharystia oznacza „dziękczynienie” i na zakończenie tej celebracji, wieńczącej Kongres Eucharystyczny i moją wizytę w Budapeszcie, chciałbym z głębi serca podziękować. Dziękuję wielkiej węgierskiej rodzinie chrześcijańskiej, którą pragnę objąć w jej obrzędach, w jej historii, w siostrach i braciach katolikach oraz innych wyznań, wszystkich zmierzających do pełnej jedności. W związku z tym serdecznie pozdrawiam Patriarchę Bartłomieja, Brata, który zaszczyca nas swoją obecnością. Dziękuję w szczególności moim umiłowanym braciom biskupom, kapłanom, osobom konsekrowanym i wam wszystkim, drodzy wierni! Wielkie podziękowania kieruję do tych, którzy tak ciężko pracowali, aby Kongres Eucharystyczny i ten dzień mogły się odbyć.

Ponawiając moją wdzięczność wobec władz cywilnych i religijnych, które mnie przyjęły, chciałbym powiedzieć köszönöm [dziękuję]: dziękuję tobie, narodzie węgierski. Hymn towarzyszący Kongresowi zwraca się do ciebie następującymi słowy: „Przez tysiąc lat krzyż był filarem twego zbawienia, niech także teraz znak Chrystusa będzie dla ciebie obietnicą lepszej przyszłości”. Tego wam życzę, aby krzyż był waszym mostem między przeszłością a przyszłością! Poczucie religijne jest siłą życiową tego narodu, tak bardzo przywiązanego do swoich korzeni. Ale krzyż, umieszczony w ziemi, zaprasza nas nie tylko, byśmy się dobrze zakorzenili, lecz także wznosi i wyciąga swe ramiona do wszystkich: zachęca nas, abyśmy zachowali mocne korzenie, nie okopując się jednak w swych pozycjach; abyśmy czerpali ze źródeł, otwierając się na spragnionych naszych czasów. Moim życzeniem jest, abyście byli właśnie tacy: ugruntowani i otwarci, zakorzenieni i pełni szacunku. Isten éltessen! [Boże błogosław]. „Krzyż Misyjny” jest symbolem tego Kongresu: niech prowadzi was do głoszenia waszym życiem wyzwalającej Ewangelii o bezgranicznej czułości Boga wobec wszystkich. W dzisiejszym głodzie miłości jest ona pokarmem, na który człowiek oczekuje.

Dziś, niedaleko stąd, w Warszawie dokonuje się ogłaszanie Błogosławionymi dwojga świadków Ewangelii: Kardynała Stefana Wyszyńskiego i Elżbiety Czackiej, założycielki Sióstr Franciszkanek Służebnic Krzyża. Dwie postaci, które z bliska poznały krzyż: Prymas Polski, aresztowany i internowany, zawsze był mężnym pasterzem według Serca Chrystusowego, heroldem wolności i godności człowieka; Siostra Elżbieta, która w młodości straciła wzrok, poświęciła całe swoje życie pomocy niewidomym. Przykład nowych Błogosławionych niech nas pobudza do przemieniania ciemności w światłość mocą miłości.

Na koniec, w dniu, w którym czcimy najświętsze imię Maryi, odmówmy modlitwę Anioł Pański. W dawnych czasach, z szacunku, wy, Węgrzy, nie wymawialiście imienia Maryi, lecz przyzywaliście Ją tym samym honorowym tytułem, którego używano wobec królowej. Niech „Błogosławiona Królowa, wasza odwieczna patronka” towarzyszy wam i błogosławi! Moje błogosławieństwo z tego wielkiego miasta pragnie ogarnąć wszystkich, a zwłaszcza dzieci i młodzież, osoby starsze i chorych, ubogich i wykluczonych. Z Wami i za was mówię: Isten, áldd meg a magyart! [Boże błogosław Węgrów!]

[01189-PL.02] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua araba

الزّيارة الرسوليّة

إلى بودابست في مناسبة القداس الختامي للمؤتمر الإفخارستي الدولي الثاني والخمسين وإلى سلوفاكيا

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في صلاة التّبشير الملائكي

في ساحة الأبطال

الأحد 12 أيلول/سبتمبر 2021

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،

الإفخارستيّا تعني "الشّكر" وفي نهاية هذا الاحتفال، الذي يختتم المؤتمر الإفخارستيّ وزيارتي إلى بودابست، أريد أن أشكر، من كلّ قلبي. شكرًا للعائلة المسيحيّة الهنغاريّة الكبيرة، التي أرغب في أن أعانقها في طقوسها، وتاريخها، وفي الإخوة والأخوات الكاثوليك وجميع الطّوائف الأخرى، الكلّ في مسيرة نحو الوَحدة الكاملة. وفي هذا الصّدد، أحيّي من قلبي البطريرك برثلماوس، الأخ الذي يشرّفنا بحضوره. وشكرًا خصوصًا لإخوتي الأساقفة الأحبّاء، والكهنة، والمكرّسين والمكرّسات، ولكم جميعًا، أيّها المؤمنون الأعزّاء! وشكرٌ كبير للذين عملوا بجدّ من أجل تحقيق المؤتمر الإفخارستيّ، وإعداد هذا اليوم.

وفي تجديد شكري للسّلطات المدنيّة والدينيّة التي رحّبت بِي، أودّ أن أقول köszönöm [شكرًا]: شكرًا لك، أيّها الشعب الهنغاريّ. التّرنيمة التي رافقت المؤتمر تخاطبكم وتقول: "كان الصّليب عمود خلاصك لمدّة ألف سنة، وحتّى الآن لتكن لك علامة المسيح الوعد بمستقبل أفضل". أتمنّى لكم هذا، أن يكون الصّليب لكم الجسر بين الماضي والمستقبل! إنّ المشاعر الدينيّة هي شريان هذه الأمّة، المرتبطة ارتباطًا شديدًا بجذورها. ولكنّ الصّليب المغروس في الأرض، بالإضافة إلى دعوتنا لأن نتجذّر جيّدًا، يرفع ذراعيه ويمدّها نحو الجميع: إنّه يحثّنا على أن نحافظ على جذورنا قويّة، ولكن من دون أن ننغلق على أنفسنا، وأن نستقي من الينابيع، ونفتح أنفسنا على من هم عِطاش في زماننا. أُمنيتي هي أن تكونوا هكذا: مُؤسَّسِين ومنفتحين، ومتجذّرين ومحترِمين. Isten éltessen! [تهانينا!] إنّ "صليب الرّسالة" هو رمز هذا المؤتمر: فلْيقُدْكم لتبشِّروا، بحياتكم، بالإنجيل المُحرِّر لحنان الله الّلامحدود لكلّ واحد. إنّه الغذاء الذي ينتظره الإنسان اليوم، في زمن الجوع إلى الحبّ.

اليوم، ليس بعيدًا عن هنا، سيتم إعلان في وارسو شاهدَين للإنجيل طوباويَين: الكاردينال ستيفان ويزينسكي وإليزابيتا تشاكا، مؤسِّسة الأخوات الفرنسيسكانيات خادمات الصّليب. شخصيتان عرفتا الصّليب عن كثب: رئيس أساقفة بولندا، الذي تم القبض عليه وعزله، كان دائمًا راعيًا شجاعًا وفقًا لقلب المسيح، ومبشرًا بالحريّة وكرامة الإنسان. والأخت إليزابيتا، التي فقدت بصرها وهي صغيرة جدًا، كانت قد كرسّت حياتها كلّها لمساعدة المكفوفين. يحثنا مثال الطوباويَين الجديدَين أن نبدّل الظلام إلى نور بقوة الحبّ.

وأخيرًا، سنصلّي صلاة التّبشير الملائكيّ، في اليوم الذي نكرّم فيه اسم مريم الأقدس. قديمًا، ومن باب الاحترام، لم تنطقوا أنتم الهنغاريّين اسم مريم، ولكن كنتم تطلقون عليها الّلقب الفخريّ نفسه المُستخدم للملكة. لترافقكم "الملكة المباركة، شفيعتكم القديمة" وتبارككم! بركتي، ​من هذه المدينة الكبيرة، تريد أن تصل إلى الجميع، وخاصّة الأطفال، والشّباب، وكبار السّنّ والمرضى، والفقراء والمُستَبعدين. معكم ومن أجلكم أقول: Isten, áldd meg a magyart! [بارك الله الهنغاريّين!]

[01189-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0561-XX.02]