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Testo in lingua italiana
Per una Chiesa sinodale:
comunione, partecipazione e missione
Documento preparatorio
Indice
I. L’appello a camminare insieme
II. Una Chiesa costitutivamente sinodale
III. In ascolto delle Scritture
Gesù, la folla, gli apostoli
Una duplice dinamica di conversione: Pietro e Cornelio (At 10)
IV. La sinodalità in azione: piste per la consultazione del Popolo di Dio
L’interrogativo fondamentale
Diverse articolazioni della sinodalità
Dieci nuclei tematici da approfondire
Per contribuire alla consultazione
1. La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo. Il cammino, dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», si aprirà solennemente il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 17 ottobre seguente in ogni Chiesa particolare. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023[1], a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari (cfr. EC, artt. 19-21). Con questa convocazione, Papa Francesco invita la Chiesa intera a interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: «Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»[2]. Questo itinerario, che si inserisce nel solco dell’«aggiornamento» della Chiesa proposto dal Concilio Vaticano II, è un dono e un compito: camminando insieme, e insieme riflettendo sul percorso compiuto, la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando quali processi possono aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione, ad aprirsi alla missione. Il nostro “camminare insieme”, infatti, è ciò che più attua e manifesta la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario.
2. Un interrogativo di fondo ci spinge e ci guida: come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
Affrontare insieme questo interrogativo richiede di mettersi in ascolto dello Spirito Santo, che come il vento «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va» (Gv 3,8), rimanendo aperti alle sorprese che certamente predisporrà per noi lungo il cammino. Si attiva così un dinamismo che consente di cominciare a raccogliere alcuni frutti di una conversione sinodale, che matureranno progressivamente. Si tratta di obiettivi di grande rilevanza per la qualità della vita ecclesiale e lo svolgimento della missione di evangelizzazione, alla quale tutti partecipiamo in forza del Battesimo e della Confermazione. Indichiamo qui i principali, che declinano la sinodalità come forma, come stile e come struttura della Chiesa:
· fare memoria di come lo Spirito ha guidato il cammino della Chiesa nella storia e ci chiama oggi a essere insieme testimoni dell’amore di Dio;
· vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio;
· riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della comunità e in favore dell’intera famiglia umana;
· sperimentare modi partecipativi di esercitare la responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più bello e più abitabile;
· esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo;
· accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale;
· rigenerare le relazioni tra i membri delle comunità cristiane come pure tra le comunità e gli altri gruppi sociali, ad esempio comunità di credenti di altre confessioni e religioni, organizzazioni della società civile, movimenti popolari, ecc.;
· favorire la valorizzazione e l’appropriazione dei frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale, nazionale e locale.
3. Il presente Documento Preparatorio si pone al servizio del cammino sinodale, in particolare come strumento per favorire la prima fase di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari (ottobre 2021 – aprile 2022), nella speranza di contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare la condivisione dei frutti del loro impegno. A questo scopo: 1) comincia tracciando alcune caratteristiche salienti del contesto contemporaneo; 2) illustra sinteticamente i riferimenti teologici fondamentali per una corretta comprensione e pratica della sinodalità; 3) offre alcuni spunti biblici che potranno nutrire la meditazione e la riflessione orante lungo il cammino; 4) illustra alcune prospettive a partire dalle quali rileggere le esperienze di sinodalità vissuta; 5) espone alcune piste per articolare questo lavoro di rilettura nella preghiera e nella condivisione. Per accompagnare concretamente l’organizzazione dei lavori viene proposto un Vademecum metodologico, allegato al presente Documento Preparatorio e disponibile sul sito dedicato[3]. Il sito offre alcune risorse per l’approfondimento del tema della sinodalità, come supporto a questo Documento Preparatorio; tra queste ne segnaliamo due, più volte citate di seguito: il Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, tenuto da Papa Francesco il 17 ottobre 2015, e il documento La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale e pubblicato nel 2018.
I. L’appello a camminare insieme
4. Il cammino sinodale si snoda all’interno di un contesto storico segnato da cambiamenti epocali della società e da un passaggio cruciale della vita della Chiesa, che non è possibile ignorare: è nelle pieghe della complessità di questo contesto, nelle sue tensioni e contraddizioni, che siamo chiamati a «scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del Vangelo» (GS, n. 4). Si tratteggiano qui alcuni elementi dello scenario globale più strettamente connessi al tema del Sinodo, ma il quadro andrà arricchito e completato a livello locale.
5. Una tragedia globale come la pandemia da COVID-19 «ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti: ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (FT, n. 32). Al tempo stesso la pandemia ha fatto esplodere le disuguaglianze e le inequità già esistenti: l’umanità appare sempre più scossa da processi di massificazione e di frammentazione; la tragica condizione che i migranti vivono in tutte le regioni del mondo testimonia quanto alte e robuste siano ancora le barriere che dividono l’unica famiglia umana. Le Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti documentano la profondità delle fratture che percorrono l’umanità, e a quelle analisi possiamo fare riferimento per metterci all’ascolto del grido dei poveri e della terra e riconoscere i semi di speranza e di futuro che lo Spirito continua a far germogliare anche nel nostro tempo: «Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (LS, n. 13).
6. Questa situazione, che, pur tra grandi differenze, accomuna l’intera famiglia umana, sfida la capacità della Chiesa di accompagnare le persone e le comunità a rileggere esperienze di lutto e sofferenza, che hanno smascherato molte false sicurezze, e a coltivare la speranza e la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione. Non possiamo però nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno. In particolare non possiamo dimenticare la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili «a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate»[4]. Siamo continuamente interpellati «come Popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito»[5]: per troppo tempo quello delle vittime è stato un grido che la Chiesa non ha saputo ascoltare a sufficienza. Si tratta di ferite profonde, che difficilmente si rimarginano, per le quali non si chiederà mai abbastanza perdono e che costituiscono ostacoli, talvolta imponenti, a procedere nella direzione del “camminare insieme”. La Chiesa tutta è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di coscienza, sessuali). È impensabile «una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio» [6]: insieme chiediamo al Signore «la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio»[7].
7. A dispetto delle nostre infedeltà, lo Spirito continua ad agire nella storia e a mostrare la sua potenza vivificante. Proprio nei solchi scavati dalle sofferenze di ogni genere patite dalla famiglia umana e dal Popolo di Dio stanno fiorendo nuovi linguaggi della fede e nuovi percorsi in grado non solo di interpretare gli eventi da un punto di vista teologale, ma di trovare nella prova le ragioni per rifondare il cammino della vita cristiana ed ecclesiale. È motivo di grande speranza che non poche Chiese abbiano già avviato incontri e processi di consultazione del Popolo di Dio, più o meno strutturati. Dove sono stati improntati a uno stile sinodale, il senso di Chiesa è rifiorito e la partecipazione di tutti ha dato nuovo slancio alla vita ecclesiale. Trovano altresì conferma il desiderio di protagonismo all’interno della Chiesa da parte dei giovani, e la richiesta di una maggiore valorizzazione delle donne e di spazi di partecipazione alla missione della Chiesa, già segnalati dalle Assemblee sinodali del 2018 e del 2019. In questa linea vanno anche la recente istituzione del ministero laicale del catechista e l’apertura alle donne dell’accesso a quelli del lettorato e dell’accolitato.
8. Non possiamo ignorare la varietà delle condizioni in cui vivono le comunità cristiane nelle diverse regioni del mondo. Accanto a Paesi in cui la Chiesa accoglie la maggioranza della popolazione e rappresenta un riferimento culturale per l’intera società, ce ne sono altri in cui i cattolici sono una minoranza; in alcuni di questi i cattolici, insieme agli altri cristiani, sperimentano forme di persecuzione anche molto violente, e non di rado il martirio. Se da una parte domina una mentalità secolarizzata che tende a espellere la religione dallo spazio pubblico, dall’altra un integralismo religioso che non rispetta le libertà altrui alimenta forme di intolleranza e di violenza che si riflettono anche nella comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società. Non di rado i cristiani assumono i medesimi atteggiamenti, fomentando le divisioni e le contrapposizioni anche nella Chiesa. Ugualmente occorre tenere conto del modo in cui si riverberano all’interno della comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società le fratture che percorrono quest’ultima, per ragioni etniche, razziali, di casta o per altre forme di stratificazione sociale o di violenza culturale e strutturale. Queste situazioni hanno un profondo impatto sul significato dell’espressione “camminare insieme” e sulle possibilità concrete di darle attuazione.
9. All’interno di questo contesto, la sinodalità rappresenta la strada maestra per la Chiesa, chiamata a rinnovarsi sotto l’azione dello Spirito e grazie all’ascolto della Parola. La capacità di immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta dipende in larga parte dalla scelta di avviare processi di ascolto, dialogo e discernimento comunitario, a cui tutti e ciascuno possano partecipare e contribuire. Al tempo stesso, la scelta di “camminare insieme” è un segno profetico per una famiglia umana che ha bisogno di un progetto condiviso, in grado di perseguire il bene di tutti. Una Chiesa capace di comunione e di fraternità, di partecipazione e di sussidiarietà, nella fedeltà a ciò che annuncia, potrà mettersi a fianco dei poveri e degli ultimi e prestare loro la propria voce. Per “camminare insieme” è necessario che ci lasciamo educare dallo Spirito a una mentalità veramente sinodale, entrando con coraggio e libertà di cuore in un processo di conversione senza il quale non sarà possibile quella «continua riforma di cui essa [la Chiesa], in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno» (UR, n. 6; cfr. EG, n. 26).
II. Una Chiesa costitutivamente sinodale
10. «Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”»[8], che «è parola antica e veneranda nella Tradizione della Chiesa, il cui significato richiama i contenuti più profondi della Rivelazione»[9]. È il «Signore Gesù che presenta se stesso come “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6)», e «i cristiani, alla sua sequela, sono in origine chiamati “i discepoli della via” (cfr At 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22)» [10]. La sinodalità in questa prospettiva è ben più che la celebrazione di incontri ecclesiali e assemblee di Vescovi, o una questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; essa «indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice»[11]. Si intrecciano così quelli che il titolo del Sinodo propone come assi portanti di una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Illustriamo in questo capitolo in maniera sintetica alcuni riferimenti teologici fondamentali su cui si fonda questa prospettiva.
11. Nel primo millennio, “camminare insieme”, cioè praticare la sinodalità, è stato il modo di procedere abituale della Chiesa compresa come «Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»[12]. A coloro che dividevano il corpo ecclesiale, i Padri della Chiesa hanno opposto la comunione delle Chiese sparse per il mondo, che S. Agostino descriveva come «concordissima fidei conspiratio»[13], cioè l’accordo nella fede di tutti i Battezzati. Si radica qui l’ampio sviluppo di una prassi sinodale a tutti i livelli della vita della Chiesa – locale, provinciale, universale –, che ha trovato nel concilio ecumenico la sua manifestazione più alta. È in questo orizzonte ecclesiale, ispirato al principio della partecipazione di tutti alla vita ecclesiale, che S. Giovanni Crisostomo poteva dire: «Chiesa e Sinodo sono sinonimi»[14]. Anche nel secondo millennio, quando la Chiesa ha maggiormente sottolineato la funzione gerarchica, non è venuto meno questo modo di procedere: se nel medioevo e in epoca moderna la celebrazione di sinodi diocesani e provinciali è ben attestata accanto a quella dei concili ecumenici, quando si è trattato di definire delle verità dogmatiche i papi hanno voluto consultare i Vescovi per conoscere la fede di tutta la Chiesa, facendo ricorso all’autorità del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio, che è «infallibile “in credendo”» (EG, n. 119).
12. A questo dinamismo della Tradizione si è ancorato il Concilio Vaticano II. Esso mette in rilievo che «è piaciuto a Dio di santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame tra di loro, ma ha voluto costituirli in un popolo che lo riconoscesse nella verità e lo servisse nella santità» (LG, n. 9). I membri del Popolo di Dio sono accomunati dal Battesimo e «se anche per volontà di Cristo alcuni sono costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori a vantaggio degli altri, fra tutti però vige vera uguaglianza quanto alla dignità e all’azione nell’edificare il corpo di Cristo, che è comune a tutti i Fedeli» (LG, n. 32). Perciò tutti i Battezzati, partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, «nell’esercizio della multiforme e ordinata ricchezza dei loro carismi, delle loro vocazioni, dei loro ministeri»[15] sono soggetti attivi di evangelizzazione, sia singolarmente sia come totalità del Popolo di Dio.
13. Il Concilio ha sottolineato come, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo ricevuta nel Battesimo, la totalità dei Fedeli «non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà peculiare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando “dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici”, esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di morale» (LG, n. 12). È lo Spirito che guida i credenti «a tutta la verità» (Gv 16,13). Per la sua opera, «la Tradizione che viene dagli Apostoli progredisce nella Chiesa», perché tutto il Popolo santo di Dio cresce nella comprensione e nell’esperienza «tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV, n. 8). Infatti questo Popolo, radunato dai suoi Pastori, aderisce al sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera, «in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra Pastori e Fedeli una singolare concordanza di spirito» (DV, n. 10).
14. I Pastori, costituiti da Dio come «autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa»[16], non temano perciò di porsi all’ascolto del Gregge loro affidato: la consultazione del Popolo di Dio non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia imperniati sul principio di maggioranza, perché alla base della partecipazione a ogni processo sinodale vi è la passione condivisa per la comune missione di evangelizzazione e non la rappresentanza di interessi in conflitto. In altre parole, si tratta di un processo ecclesiale che non può realizzarsi se non «in seno a una comunità gerarchicamente strutturata»[17]. È nel legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di magistero dei Pastori che si realizza il consenso unanime di tutta la Chiesa nella medesima fede. Ogni processo sinodale, in cui i Vescovi sono chiamati a discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa non da soli, ma ascoltando il Popolo di Dio, che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo» (LG, n. 12), è forma evidente di quel «camminare insieme» che fa crescere la Chiesa. S. Benedetto sottolinea come «spesso il Signore rivela la decisione migliore»[18] a chi non occupa posizioni di rilievo nella comunità (in quel caso il più giovane); così, i Vescovi abbiano cura di raggiungere tutti, perché nello svolgersi ordinato del cammino sinodale si realizzi quanto l’apostolo Paolo raccomanda alle comunità: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,19-21).
15. Il senso del cammino a cui tutti siamo chiamati è anzitutto quello di scoprire il volto e la forma di una Chiesa sinodale, in cui «ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)»[19]. Il Vescovo di Roma, quale principio e fondamento di unità della Chiesa, richiede a tutti i Vescovi e a tutte le Chiese particolari, nelle quali e a partire dalle quali esiste l’una e unica Chiesa cattolica (cfr. LG, n. 23), di entrare con fiducia e coraggio nel cammino della sinodalità. In questo “camminare insieme”, chiediamo allo Spirito di farci scoprire come la comunione, che compone nell’unità la varietà dei doni, dei carismi, dei ministeri, sia per la missione: una Chiesa sinodale è una Chiesa “in uscita”, una Chiesa missionaria, «con le porte aperte» (EG, n. 46). Ciò include la chiamata ad approfondire le relazioni con le altre Chiese e comunità cristiane, con cui siamo uniti dall’unico Battesimo. La prospettiva del “camminare insieme”, poi, è ancora più ampia, e abbraccia l’intera umanità, di cui condividiamo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» (GS, n. 1). Una Chiesa sinodale è un segno profetico soprattutto per una comunità delle nazioni incapace di proporre un progetto condiviso, attraverso il quale perseguire il bene di tutti: praticare la sinodalità è oggi per la Chiesa il modo più evidente per essere «sacramento universale di salvezza» (LG, n. 48), «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG, n. 1).
III. In ascolto delle Scritture
16. Lo Spirito di Dio che illumina e vivifica questo “camminare insieme” delle Chiese è lo stesso che opera nella missione di Gesù, promesso agli Apostoli e alle generazioni dei discepoli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Lo Spirito, secondo la promessa del Signore, non si limita a confermare la continuità del Vangelo di Gesù, ma illuminerà le profondità sempre nuove della sua Rivelazione e ispirerà le decisioni necessarie a sostenere il cammino della Chiesa (cfr. Gv 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Per questo è opportuno che il nostro cammino di costruzione di una Chiesa sinodale sia ispirato da due “immagini” della Scrittura. Una emerge nella rappresentazione della “scena comunitaria” che accompagna costantemente il cammino dell’evangelizzazione; l’altra è riferita all’esperienza dello Spirito in cui Pietro e la comunità primitiva riconoscono il rischio di porre limiti ingiustificati alla condivisione della fede. L’esperienza sinodale del camminare insieme, alla sequela del Signore e nell’obbedienza allo Spirito, potrà ricevere una ispirazione decisiva dalla meditazione di questi due momenti della Rivelazione.
Gesù, la folla, gli apostoli
17. Nel suo impianto fondamentale, una scena originaria appare come la costante del modo con cui Gesù si rivela lungo tutto il Vangelo, annunciando l’avvento del Regno di Dio. Gli attori in gioco sono essenzialmente tre (più uno). Il primo naturalmente è Gesù, il protagonista assoluto che prende l’iniziativa, seminando le parole e i segni della venuta del Regno senza fare «preferenza di persone» (cfr. At 10,34). In varie forme, Gesù rivolge una speciale attenzione ai “separati” da Dio e agli “abbandonati” dalla comunità (i peccatori e i poveri, nel linguaggio evangelico). Con le sue parole e le sue azioni offre la liberazione dal male e la conversione alla speranza, nel nome di Dio Padre e nella forza dello Spirito Santo. Pur nella diversità delle chiamate e delle risposte di accoglienza del Signore, il tratto comune è che la fede emerge sempre come valorizzazione della persona: la sua supplica è ascoltata, alla sua difficoltà è dato aiuto, la sua disponibilità è apprezzata, la sua dignità è confermata dallo sguardo di Dio e restituita al riconoscimento della comunità.
18. L’azione di evangelizzazione e il messaggio di salvezza, in effetti, non sarebbero comprensibili senza la costante apertura di Gesù all’interlocutore più ampio possibile, che i Vangeli indicano come la folla, ossia l’insieme delle persone che lo seguono lungo il cammino, e a volte addirittura lo inseguono nella speranza di un segno e di una parola di salvezza: ecco il secondo attore della scena della Rivelazione. L’annuncio evangelico non è rivolto solo a pochi illuminati o prescelti. L’interlocutore di Gesù è “il popolo” della vita comune, il “chiunque” della condizione umana, che Egli mette direttamente in contatto con il dono di Dio e la chiamata alla salvezza. In un modo che sorprende e talora scandalizza i testimoni, Gesù accetta come interlocutori tutti coloro che emergono dalla folla: ascolta le appassionate rimostranze della donna cananea (cfr. Mt 15,21-28), che non può accettare di essere esclusa dalla benedizione che Egli porta; si concede al dialogo con la Samaritana (cfr. Gv 4,1-42), nonostante la sua condizione di donna socialmente e religiosamente compromessa; sollecita l’atto di fede libero e riconoscente del cieco nato (cfr. Gv 9), che la religione ufficiale aveva liquidato come estraneo al perimetro della grazia.
19. Alcuni seguono più esplicitamente Gesù, sperimentando la fedeltà del discepolato, mentre altri sono invitati a tornare alla loro vita ordinaria: tutti, però, testimoniano la forza della fede che li ha salvati (cfr. Mt 15,28). Tra coloro che seguono Gesù prende netto rilievo la figura degli apostoli che Lui stesso chiama, sin dall’inizio, destinandoli all’autorevole mediazione del rapporto della folla con la Rivelazione e con l’avvento del Regno di Dio. L’ingresso di questo terzo attore sulla scena non avviene grazie a una guarigione o conversione, ma coincide con la chiamata di Gesù. L’elezione degli apostoli non è il privilegio di una posizione esclusiva di potere e di separazione, bensì la grazia di un ministero inclusivo di benedizione e di comunione. Grazie al dono dello Spirito del Signore risorto, costoro devono custodire il posto di Gesù, senza sostituirlo: non per mettere filtri alla sua presenza, ma per rendere facile incontrarlo.
20. Gesù, la folla nella sua varietà, gli apostoli: ecco l’immagine e il mistero da contemplare e approfondire continuamente perché la Chiesa sempre più diventi ciò che è. Nessuno dei tre attori può uscire di scena. Se viene a mancare Gesù e al suo posto si insedia qualcun altro, la Chiesa diventa un contratto fra gli apostoli e la folla, il cui dialogo finirà per seguire la trama del gioco politico. Senza gli apostoli, autorizzati da Gesù e istruiti dallo Spirito, il rapporto con la verità evangelica si interrompe e la folla rimane esposta a un mito o una ideologia su Gesù, sia che lo accolga sia che lo rifiuti. Senza la folla, la relazione degli apostoli con Gesù si corrompe in una forma settaria e autoreferenziale della religione, e l’evangelizzazione perde la sua luce, che promana dalla rivelazione di sé che Dio rivolge a chiunque, direttamente, offrendogli la sua salvezza.
21. C’è poi l’attore “in più”, l’antagonista, che porta sulla scena la separazione diabolica degli altri tre. Di fronte alla perturbante prospettiva della croce, ci sono discepoli che se ne vanno e folle che cambiano umore. L’insidia che divide – e quindi contrasta un cammino comune – si manifesta indifferentemente nelle forme del rigore religioso, dell’ingiunzione morale che si presenta come più esigente di quella di Gesù, e della seduzione di una sapienza politica mondana che si vuole più efficace di un discernimento degli spiriti. Per sottrarsi agli inganni del “quarto attore” è necessaria una conversione continua. Emblematico a proposito è l’episodio del centurione Cornelio (cfr. At 10), antecedente di quel “concilio” di Gerusalemme (cfr. At 15) che costituisce un riferimento cruciale di una Chiesa sinodale.
Una duplice dinamica di conversione: Pietro e Cornelio (At 10)
22. L’episodio narra anzitutto la conversione di Cornelio, che addirittura riceve una sorta di annunciazione. Cornelio è pagano, presumibilmente romano, centurione (ufficiale di basso grado) dell’esercito di occupazione, che pratica un mestiere basato su violenza e sopruso. Eppure è dedito alla preghiera e all’elemosina, cioè coltiva la relazione con Dio e si prende cura del prossimo. Proprio da lui entra sorprendentemente l’angelo, lo chiama per nome e lo esorta a mandare – il verbo della missione! – i suoi servi a Giaffa per chiamare – il verbo della vocazione! – Pietro. La narrazione diventa allora quella della conversione di quest’ultimo, che quello stesso giorno ha ricevuto una visione, in cui una voce gli ordina di uccidere e mangiare degli animali, alcuni dei quali impuri. La sua risposta è decisa: «Non sia mai, Signore» (At 10,14). Riconosce che è il Signore a parlargli, ma gli oppone un netto rifiuto, perché quell’ordine demolisce precetti della Torah irrinunciabili per la sua identità religiosa, che esprimono un modo di intendere l’elezione come differenza che comporta separazione ed esclusione rispetto agli altri popoli.
23. L’apostolo rimane profondamente turbato e, mentre si interroga sul senso di quanto avvenuto, arrivano gli uomini mandati da Cornelio, che lo Spirito gli indica come suoi inviati. A loro Pietro risponde con parole che richiamano quelle di Gesù nell’orto: «Sono io colui che cercate» (At 10,21). È una vera e propria conversione, un passaggio doloroso e immensamente fecondo di uscita dalle proprie categorie culturali e religiose: Pietro accetta di mangiare insieme a dei pagani il cibo che aveva sempre considerato proibito, riconoscendolo come strumento di vita e di comunione con Dio e con gli altri. È nell’incontro con le persone, accogliendole, camminando insieme a loro ed entrando nelle loro case, che si rende conto del significato della sua visione: nessun essere umano è indegno agli occhi di Dio e la differenza istituita dall’elezione non è preferenza esclusiva, ma servizio e testimonianza di respiro universale.
24. Sia Cornelio sia Pietro coinvolgono nel loro percorso di conversione altre persone, facendone compagni di cammino. L’azione apostolica realizza la volontà di Dio creando comunità, abbattendo steccati e promovendo l’incontro. La parola svolge un ruolo centrale nell’incontro tra i due protagonisti. Inizia Cornelio a condividere l’esperienza che ha vissuto. Pietro lo ascolta e prende in seguito la parola, comunicando a sua volta quanto gli è accaduto e testimoniando la vicinanza del Signore, che va incontro a ogni persona per liberarla da ciò che la rende prigioniera del male e ne mortifica l’umanità (cfr. At 10,38). Questo modo di comunicare è simile a quello che Pietro adotterà quando a Gerusalemme i fedeli circoncisi lo rimprovereranno, accusandolo di aver infranto le norme tradizionali, su cui sembra concentrarsi tutta la loro attenzione, noncuranti dell’effusione dello Spirito: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!» (At 11,3). In quel momento di conflitto, Pietro racconta quanto gli è accaduto e le sue reazioni di sconcerto, incomprensione e resistenza. Proprio questo aiuterà i suoi interlocutori, inizialmente aggressivi e refrattari, ad ascoltare e accogliere quello che è avvenuto. La Scrittura contribuirà a interpretarne il senso, come poi avverrà anche al “concilio” di Gerusalemme, in un processo di discernimento che è un ascolto dello Spirito in comune.
IV. La sinodalità in azione:
piste per la consultazione del Popolo di Dio
25. Illuminato dalla Parola e fondato nella Tradizione, il cammino sinodale si radica nella vita concreta del Popolo di Dio. Presenta infatti una peculiarità che è anche una straordinaria risorsa: il suo oggetto – la sinodalità – è anche il suo metodo. In altre parole, costituisce una sorta di cantiere o di esperienza pilota, che permette di cominciare a raccogliere fin da subito i frutti del dinamismo che la progressiva conversione sinodale immette nella comunità cristiana. D’altro canto non può che rinviare alle esperienze di sinodalità vissuta, a diversi livelli e con differenti gradi di intensità: i loro punti di forza e i loro successi, così come i loro limiti e le loro difficoltà, offrono elementi preziosi al discernimento sulla direzione in cui continuare a muoversi. Certamente si fa qui riferimento alle esperienze attivate dal presente cammino sinodale, ma anche a tutte quelle in cui già si sperimentano forme di “camminare insieme” nella vita ordinaria anche quando nemmeno si conosce o si usa il termine sinodalità.
L’interrogativo fondamentale
26. L’interrogativo fondamentale che guida questa consultazione del Popolo di Dio, come già ricordato in apertura, è il seguente:
Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?
Per rispondere siete invitati a:
a) chiedervi quali esperienze della vostra Chiesa particolare l’interrogativo fondamentale richiama alla vostra mente;
b) rileggere più in profondità queste esperienze: quali gioie hanno provocato? Quali difficoltà e ostacoli hanno incontrato? Quali ferite hanno fatto emergere? Quali intuizioni hanno suscitato?
c) cogliere i frutti da condividere: dove in queste esperienze risuona la voce dello Spirito? Che cosa ci sta chiedendo? Quali sono i punti da confermare, le prospettive di cambiamento, i passi da compiere? Dove registriamo un consenso? Quali cammini si aprono per la nostra Chiesa particolare?
Diverse articolazioni della sinodalità
27. Nella preghiera, riflessione e condivisione suscitata dall’interrogativo fondamentale, è opportuno tenere presenti tre piani su cui si articola la sinodalità come «dimensione costitutiva della Chiesa»[20]:
· il piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, che ne esprime la natura di Popolo di Dio che cammina insieme e si raduna in assemblea convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Questo stile si realizza attraverso «l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla sua missione»[21];
· il piano delle strutture e dei processi ecclesiali, determinati anche dal punto di vista teologico e canonico, in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale a livello locale, regionale e universale;
· il piano dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata dall’autorità competente, secondo specifiche procedure determinate dalla disciplina ecclesiastica.
Pur distinti da un punto di vista logico, questi tre piani rimandano l’uno all’altro e devono essere tenuti insieme in modo coerente, altrimenti si trasmette una controtestimonianza e si mina la credibilità della Chiesa. Infatti, se non si incarna in strutture e processi, lo stile della sinodalità facilmente degrada dal piano delle intenzioni e dei desideri a quello della retorica, mentre processi ed eventi, se non sono animati da uno stile adeguato, risultano vuote formalità.
28. Inoltre, nella rilettura delle esperienze, occorre tenere presente che “camminare insieme” può essere inteso secondo due diverse prospettive, fortemente interconnesse. La prima guarda alla vita interna delle Chiese particolari, ai rapporti tra i soggetti che le costituiscono (in primo luogo quelli tra i Fedeli e i loro Pastori, anche attraverso gli organismi di partecipazione previsti dalla disciplina canonica, compreso il sinodo diocesano) e alle comunità in cui si articolano (in particolare le parrocchie). Considera poi i rapporti dei Vescovi tra di loro e con il Vescovo di Roma, anche attraverso gli organismi intermedi di sinodalità (Sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, Consigli dei Gerarchi e Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris, Conferenze Episcopali, con le loro espressioni nazionali, internazionali e continentali). Si allarga quindi al modo in cui ciascuna Chiesa particolare integra al proprio interno il contributo delle diverse forme di vita monastica, religiosa e consacrata, di associazioni e movimenti laicali, di istituzioni ecclesiali ed ecclesiastiche di vario genere (scuole, ospedali, università, fondazioni, enti di carità e assistenza, ecc.). Infine, questa prospettiva abbraccia anche le relazioni e le iniziative comuni con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane, con i quali condividiamo il dono dello stesso Battesimo.
29. La seconda prospettiva considera come il Popolo di Dio cammina insieme all’intera famiglia umana. Lo sguardo si fermerà così sullo stato delle relazioni, del dialogo e delle eventuali iniziative comuni con i credenti di altre religioni, con le persone lontane dalla fede, così come con ambienti e gruppi sociali specifici, con le loro istituzioni (mondo della politica, della cultura, dell’economia, della finanza, del lavoro, sindacati e associazioni imprenditoriali, organizzazioni non governative e della società civile, movimenti popolari, minoranze di vario genere, poveri ed esclusi, ecc.).
Dieci nuclei tematici da approfondire
30. Per aiutare a far emergere le esperienze e a contribuire in maniera più ricca alla consultazione, indichiamo qui di seguito anche dieci nuclei tematici che articolano diverse sfaccettature della “sinodalità vissuta”. Andranno adattati ai diversi contesti locali, e di volta in volta integrati, esplicitati, semplificati, approfonditi, prestando particolare attenzione a chi ha più difficoltà a partecipare e rispondere: il Vademecum che accompagna questo Documento Preparatorio offre al riguardo strumenti, percorsi e suggerimenti perché i diversi nuclei di domande ispirino concretamente momenti di preghiera, formazione, riflessione e scambio.
I. I COMPAGNI DI VIAGGIO
Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco. Nella vostra Chiesa locale, chi sono coloro che “camminano insieme”? Quando diciamo “la nostra Chiesa”, chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Quali persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?
II. ASCOLTARE
L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi. Verso chi la nostra Chiesa particolare è “in debito di ascolto”? Come vengono ascoltati i Laici, in particolare giovani e donne? Come integriamo il contributo di Consacrate e Consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e degli esclusi? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo?
III. PRENDERE LA PAROLA
Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità. Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi? E nei confronti della società di cui facciamo parte? Quando e come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore? Come funziona il rapporto con il sistema dei media (non solo quelli cattolici)? Chi parla a nome della comunità cristiana e come viene scelto?
IV. CELEBRARE
“Camminare insieme” è possibile solo se si fonda sull’ascolto comunitario della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia. In che modo la preghiera e la celebrazione liturgica ispirano e orientano effettivamente il nostro “camminare insieme”? Come ispirano le decisioni più importanti? Come promuoviamo la partecipazione attiva di tutti i Fedeli alla liturgia e l’esercizio della funzione di santificare? Quale spazio viene dato all’esercizio dei ministeri del lettorato e dell’accolitato?
V. CORRESPONSABILI NELLA MISSIONE
La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare. Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che modo ogni Battezzato è convocato per essere protagonista della missione? Come la comunità sostiene i propri membri impegnati in un servizio nella società (impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della Casa comune, ecc.)? Come li aiuta a vivere questi impegni in una logica di missione? Come avviene il discernimento sulle scelte relative alla missione e chi vi partecipa? Come sono state integrate e adattate le diverse tradizioni in materia di stile sinodale che costituiscono il patrimonio di molte Chiese, in particolare quelle orientali, in vista di una efficace testimonianza cristiana? Come funziona la collaborazione nei territori dove sono presenti Chiese sui iuris diverse?
VI. DIALOGARE NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
Il dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze, ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli. Quali sono i luoghi e le modalità di dialogo all’interno della nostra Chiesa particolare? Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà? Come promuoviamo la collaborazione con le Diocesi vicine, con e tra le comunità religiose presenti sul territorio, con e tra associazioni e movimenti laicali, ecc.? Quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso portiamo avanti con credenti di altre religioni e con chi non crede? Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, la società civile, i poveri...?
VII. CON LE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE
Il dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo Battesimo, ha un posto particolare nel cammino sinodale. Quali rapporti intratteniamo con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane? Quali ambiti riguardano? Quali frutti abbiamo tratto da questo “camminare insieme”? Quali le difficoltà?
VIII. AUTORITÀ E PARTECIPAZIONE
Una Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile. Come si identificano gli obiettivi da perseguire, la strada per raggiungerli e i passi da compiere? Come viene esercitata l’autorità all’interno della nostra Chiesa particolare? Quali sono le pratiche di lavoro in équipe e di corresponsabilità? Come si promuovono i ministeri laicali e l’assunzione di responsabilità da parte dei Fedeli? Come funzionano gli organismi di sinodalità a livello della Chiesa particolare? Sono una esperienza feconda?
IX. DISCERNERE E DECIDERE
In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito. Con quali procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni? Come si possono migliorare? Come promoviamo la partecipazione alle decisioni in seno a comunità gerarchicamente strutturate? Come articoliamo la fase consultiva con quella deliberativa, il processo del decision-making con il momento del decision-taking? In che modo e con quali strumenti promuoviamo trasparenza e accountability?
X. FORMARSI ALLA SINODALITÀ
La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità. Come formiamo le persone, in particolare quelle che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare? Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità? Quali strumenti ci aiutano a leggere le dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile di Chiesa?
Per contribuire alla consultazione
31. Scopo della prima fase del cammino sinodale è favorire un ampio processo di consultazione per raccogliere la ricchezza delle esperienze di sinodalità vissuta, nelle loro differenti articolazioni e sfaccettature, coinvolgendo i Pastori e i Fedeli delle Chiese particolari a tutti i diversi livelli, attraverso i mezzi più adeguati secondo le specifiche realtà locali: la consultazione, coordinata dal Vescovo, è rivolta «ai Presbiteri, ai Diaconi e ai Fedeli laici delle loro Chiese, sia singolarmente sia associati, senza trascurare il prezioso apporto che può venire dai Consacrati e dalle Consacrate» (EC, n. 7). In particolar modo viene richiesto il contributo degli organismi di partecipazione delle Chiese particolari, specialmente il Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale, a partire dai quali veramente «può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale»[22]. Ugualmente sarà prezioso il contributo delle altre realtà ecclesiali a cui sarà inviato il Documento Preparatorio, come quello di chi vorrà mandare direttamente il proprio. Infine, sarà di fondamentale importanza che trovi spazio anche la voce dei poveri e degli esclusi, non soltanto di chi riveste un qualche ruolo o responsabilità all’interno delle Chiese particolari.
32. La sintesi che ciascuna Chiesa particolare elaborerà al termine di questo lavoro di ascolto e discernimento costituirà il suo contributo al percorso della Chiesa universale. Per rendere più agevoli e sostenibili le fasi successive del cammino, è importante riuscire a condensare i frutti della preghiera e della riflessione in una decina di pagine al massimo. Se necessario per contestualizzarle e spiegarle meglio, si potranno allegare altri testi a supporto o integrazione. Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani»[23].
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Sigle
CTI Commissione Teologica Internazionale
DV Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Dei Verbum (18 novembre 1965)
EC Francesco, Cost. Ap. Episcopalis communio (15 settembre 2018)
EG Francesco, Esort. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013)
FT Francesco, Lett. Enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020)
GS Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965)
LG Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964)
LS Francesco, Lett. Enc. Laudato si’ (24 maggio 2015)
UR Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio (21 novembre 1964)
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[1] Si riportano di seguito, in forma di schema, le tappe del cammino sinodale.
[2] Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi (17 ottobre 2015).
[3] Cfr. www.synod.va.
[4] Francesco, Lettera al Popolo di Dio (20 agosto 2018), proemio.
[5] Ivi, n. 2.
[6] Ivi.
[7] Ivi.
[8] Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
[9] CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2 marzo 2018), n. 3.
[10] Ivi.
[11] Ivi, n. 6.
[12] Cipriano, De Oratione Dominica, 23: PL 4, 553.
[13] Agostino, Epistola 194, 31: PL 33, 885.
[14] Giovanni Crisostomo, Explicatio in Psalmum 149: PG 55, 493.
[15] CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 6.
[16] Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
[17] CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 69.
[18] Regula S. Benedicti, III, 3.
[19] Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
[20] CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 70.
[21] Ivi.
[22] Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
[23] Francesco, Discorso all’inizio del Sinodo dedicato ai giovani (3 ottobre 2018).
[01156-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Pour une Église synodale:
communion, participation et mission
Document préparatoire
Table des matières
I. L’appel à marcher ensemble
II. Une Église constitutivement synodale
III. À l’écoute des Écritures
Jésus, la foule, les apôtres
Une double dynamique de conversion : Pierre et Corneille (Ac10)
IV. La synodalité en action: pistes pour la consultation du Peuple de Dieu
L’interrogation fondamentale
Divers aspects de la synodalité
Dix pôles thématiques à approfondir
Pour contribuer à la consultation
1. L’Église de Dieu est convoquée en Synode. Ce cheminement, sous le titre «Pour une Église synodale: communion, participation et mission», s’ouvrira solennellement les 9-10 octobre 2021 à Rome et le 17 octobre suivant dans chaque Église particulière. La célébration de la XVIème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Évêques, en octobre 2023[1], constituera une étape fondamentale. Elle sera suivie de la phase de mise en œuvre qui impliquera à nouveau les Églises particulières (cf. EC, art. 19-21). Par cette convocation, le Pape François invite l’Église entière à s’interroger sur un thème décisif pour sa vie et sa mission: «Le chemin de la synodalité est précisément celui que Dieu attend de l’Église du troisième millénaire»[2]. Cet itinéraire, qui s’inscrit dans le sillage de l’“aggiornamento” de l’Église proposé par le Concile Vatican II, est un don et un devoir: en cheminant ensemble et en réfléchissant ensemble sur le parcours accompli, l’Église pourra apprendre, de ce dont elle fera l’expérience, quels processus peuvent l’aider à vivre la communion, à réaliser la participation et à s’ouvrir à la mission. Notre “marche ensemble” est, de fait, ce qui réalise et manifeste le plus la nature de l’Église comme Peuple de Dieu pèlerin et missionnaire.
2. Une question de fond nous pousse et nous guide: comment se réalise aujourd’hui, à différents niveaux (du niveau local au niveau universel) ce “marcher ensemble” qui permet à l’Église d’annoncer l’Évangile, conformément à la mission qui lui a été confiée; et quels pas de plus l’Esprit nous invite-t-il à poser pour grandir comme Église synodale?
Affronter ensemble cette question exige de se mettre à l’écoute de l’Esprit Saint qui, comme le vent, «souffle où il veut et tu entends sa voix, mais tu ne sais pas d’où il vient ni où il va» (Jn 3, 8), en restant ouverts aux surprises qu’il prédisposera certainement pour nous au long du chemin. Ainsi s’enclenche une dynamique qui permet de commencer à recueillir certains fruits d’une conversion synodale, qui mûriront progressivement. Il s’agit d’objectifs d’une grande importance pour la qualité de la vie ecclésiale et pour l’accomplissement de la mission d’évangélisation, à laquelle nous participons tous en vertu du Baptême et de la Confirmation. Nous en indiquons ici les principaux, qui déclinent la synodalité comme forme, comme style et comme structure de l’Église:
· Faire mémoire de la façon dont l’Esprit a guidé le cheminement de l’Église dans l’histoire et nous appelle aujourd’hui à être ensemble des témoins de l’amour de Dieu.
· Vivre un processus ecclésial impliquant la participation et l’inclusion de tous, qui offre à chacun – en particulier à ceux qui pour diverses raisons se trouvent marginalisés – l’opportunité de s’exprimer et d’être écoutés pour contribuer à l’édification du Peuple de Dieu.
· Reconnaître et apprécier la richesse et la diversité des dons et des charismes que l’Esprit dispense librement, pour le bien de la communauté et au bénéfice de la famille humaine tout entière.
· Expérimenter des modes d’exercice de la responsabilité partagée au service de l’annonce de l’Évangile et de l’engagement à construire un monde plus beau et plus habitable.
· Examiner la façon dont sont vécus dans l’Église la responsabilité et le pouvoir, ainsi que les structures par lesquels ils sont gérés, en faisant ressortir et en essayant de convertir les préjugés et les pratiques déviantes qui ne sont pas enracinés dans l’Évangile.
· Reconnaître la communauté chrétienne comme sujet crédible et comme partenaire fiable pour s’engager sur les chemins du dialogue social, de la guérison, de la réconciliation, de l’inclusion et de la participation, de la reconstruction de la démocratie, de la promotion de la fraternité et de l’amitié sociale.
· Renouveler et affermir les relations entre les membres des communautés chrétiennes ainsi qu’entre les communautés et les autres groupes sociaux, par exemple des communautés de croyants d’autres confessions et religions, des organisations de la société civile, des mouvements populaires, etc.
· Favoriser la valorisation et l’appropriation des fruits des récentes expériences synodales aux niveaux universel, régional, national et local.
3. Ce Document Préparatoire se met au service du cheminement synodal, en particulier comme instrument visant à favoriser la première phase d’écoute et de consultation du Peuple de Dieu dans les Églises particulières (octobre 2021 – avril 2022), dans l’espoir de contribuer à stimuler les idées, les énergies et la créativité de tous ceux qui prendront part à cet itinéraire et faciliter ainsi la mise en commun des fruits de leur engagement. À cette fin: 1) il commence par esquisser quelques caractéristiques saillantes du contexte contemporain; 2) il illustre de manière synthétique les références théologiques fondamentales pour une compréhension et pratique correctes de la synodalité; 3) il propose plusieurs passages bibliques qui pourront nourrir la méditation et la réflexion priante au long de ce chemin; 4) il met en lumière certaines perspectives à partir desquelles relire les expériences de synodalité vécue; 5) il expose quelques pistes pour enraciner ce travail de relecture dans la prière et dans le partage. Pour accompagner concrètement l’organisation des travaux, ce Document Préparatoireest accompagné d’un Vademecum avec des propositions méthodologiques ; celui-ci est disponible sur le site internet dédié à ce synode[3]. Ce site offre de nombreuses ressources pour approfondir ce thème de la synodalité, et pour accompagner ce Document Préparatoire; parmi celles-ci, nous en signalons deux, plusieurs fois citées ci-après: le Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques, prononcé par le Pape François le 17 octobre 2015, et le document intitulé La synodalité dans la vie et dans la mission de l’Église, élaboré par la Commission Théologique Internationale et publié en 2018.
I. L’appel à marcher ensemble
4. Le chemin synodal se déroule au sein d’un contexte historique marqué par des changements majeurs dans la société et par une étape cruciale dans la vie de l’Église, qu’il n’est pas possible d’ignorer: c’est dans les replis de la complexité de ce contexte, dans ses tensions mêmes et ses contradictions, que nous sommes appelés à «scruter les signes des temps et les interpréter à la lumière de l’Évangile» (GS, n°4). Nous esquissons ici quelques éléments-clés du paysage global qui sont plus étroitement liés au thème du Synode, mais cette description devra être sera enrichie et complétée au niveau local en fonction de chaque contexte propre.
5. Une tragédie globale comme la pandémie de Covid-19, «a réveillé un moment la conscience que nous constituons une communauté mondiale qui navigue dans le même bateau, où le mal de l’un porte préjudice à tout le monde. Nous nous sommes rappelés que personne ne se sauve tout seul, qu’il n’est possible que de se sauver ensemble» (FT, n°32). En même temps, la pandémie a fait exploser les inégalités et les injustices déjà existantes: l’humanité apparaît toujours plus secouée par des processus de massification et de fragmentation; la condition tragique que vivent les migrants dans toutes les régions du monde témoigne de la hauteur et de la solidité des barrières qui divisent encore l’unique famille humaine. Les Encycliques Laudato si’ et Fratelli Tutti explicitent la profondeur des fractures qui parcourent l’humanité, et nous pouvons nous référer à ces analyses pour nous mettre à l’écoute de la clameur des pauvres et de la clameur de la terre et reconnaître les semences d’espérance et d’avenir que l’Esprit continue à faire germer à notre époque: «Le Créateur ne nous abandonne pas, jamais il ne fait marche arrière dans son projet d’amour, il ne repent pas de nous avoir créés. L’humanité possède encore la capacité de collaborer pour construire notre maison commune» (LS, n°13).
6. Cette situation, qui, malgré de grandes différences selon les lieux, concerne de fait la famille humaine tout entière, est un défi pour l’Église dans sa capacité d’accompagner les personnes et les communautés à relire des expériences de lutte et de souffrance. Expériences qui ont permis de démasquer de nombreuses fausses sécurités et de cultiver l’espérance et la foi en la bonté du Créateur et de sa création. Nous ne pouvons toutefois pas nous cacher que l’Église elle-même doit affronter le manque de foi et la corruption jusqu’en son sein-même. En particulier, nous ne pouvons pas oublier la souffrance vécue par des personnes mineures et des adultes vulnérables «à cause d’abus sexuels, d’abus de pouvoir et de conscience commis par un nombre important de clercs et de personnes consacrées»[4]. Nous sommes continuellement interpellés «en tant que Peuple de Dieu d’assumer la douleur de nos frères blessés dans leur chair et dans leur esprit »[5] : pendant trop longtemps, l’Église n’a pas su suffisamment écouter le cri des victimes. Il s’agit de blessures profondes, difficiles à guérir, et pour lesquelles nous ne demanderons jamais assez pardon; et qui constituent des obstacles, parfois imposants, à procéder dans la ligne du “cheminer ensemble”. L’Église tout entière est appelée à reconnaître le poids d’une culture imprégnée de cléricalisme, héritage de son histoire, et avec pour conséquences des formes d’exercice de l’autorité sur lesquelles se greffent différents types d’abus (de pouvoir, économiques, de conscience, sexuels). «Une conversion de l’agir ecclésial sans la participation active de toutes les composantes du Peuple de Dieu» [6] est impensable : demandons ensemble au Seigneur «la grâce de la conversion et l’onction intérieure pour pouvoir exprimer, devant ces crimes d’abus, notre compassion et notre décision de lutter avec courage»[7].
7. En dépit de nos infidélités, l’Esprit continue à agir dans l’histoire et à manifester sa puissance vivifiante. C’est précisément dans les sillons creusés par les souffrances en tout genre endurées par la famille humaine et par le Peuple de Dieu que de nouveaux langages de la foi sont en train de germer, ainsi que de nouveaux parcours capables non seulement d’interpréter les événements d’un point de vue théologal, mais de trouver dans l’épreuve les raisons pour refonder le chemin de la vie chrétienne et ecclésiale. Le fait que de nombreuses Églises aient déjà entrepris des rencontres et lancé des processus plus ou moins structurés de consultation du Peuple de Dieu constitue un motif de grande espérance. Là où ceux-ci ont été organisés dans un style synodal, le sens de l’Église a refleuri et la participation de tous a donné un nouvel élan à la vie ecclésiale. Le désir des jeunes d’agir à l’intérieur de l’Église et la demande d’une plus grande valorisation des femmes trouvent également une confirmation, ainsi que leur requête d’espace de participation à la mission de l’Église, déjà signalés par les Assemblées synodales de 2018 et de 2019. C’est également dans cette perspective que s’inscrit la récente institution du ministère laïc de catéchiste et l’ouverture aux femmes de l’accès aux ministères institués du lectorat et de l’acolytat.
8. Nous ne pouvons pas ignorer la diversité des conditions dans lesquelles vivent les communautés chrétiennes dans les diverses régions du monde. À côté de pays où l’Église accueille la majorité de la population et représente une référence culturelle pour la société tout entière, il en existe d’autres où les catholiques ne représentent qu’une minorité; dans certains d’entre eux, les catholiques, avec les autres chrétiens, endurent des persécutions parfois très violentes, et bien souvent le martyre. Si, d’une part, une mentalité sécularisée domine et tend à expulser la religion de l’espace public, de l’autre, un intégrisme religieux qui ne respecte pas la liberté d’autrui alimente des formes d’intolérance et de violence qui se reflètent aussi dans la communauté chrétienne et dans ses rapports avec la société. Il n’est pas rare de voir les chrétiens adopter les mêmes attitudes, fomentant aussi les divisions et les oppositions jusque dans l’Église. Il faut aussi tenir compte de la façon dont se reflètent au sein de la communauté chrétienne et dans ses rapports avec la société les fractures qui parcourent cette dernière, pour des raisons ethniques, raciales, de caste ou à travers d’autres formes de stratification sociale ou de violence culturelle et structurelle. Ces situations impactent profondément la signification de l’expression “marcher ensemble” et les possibilités concrètes de le réaliser.
9. Dans ce contexte, la synodalité constitue la voie royale pour l’Église, appelée à se renouveler sous l’action de l’Esprit et grâce à l’écoute de la Parole. La capacité d’imaginer un futur différent pour l’Église et pour ses institutions, à la hauteur de la mission qu’elle a reçue, dépend pour une large part du choix d’entreprendre des processus d’écoute, de dialogue et de discernement communautaire, auxquels tous et chacun peuvent participer et contribuer. En même temps, le choix de “marcher ensemble” est un signe prophétique pour une famille humaine qui a besoin d’un projet commun, en mesure de rechercher le bien de tous. Une Église capable de communion et de fraternité, de participation et de solidarité, dans la fidélité à ce qu’elle annonce, pourra se placer aux côtés des pauvres et des plus petits et leur prêter sa voix. Pour “marcher ensemble”, il est nécessaire que nous laissions l’Esprit forger en nous une mentalité vraiment synodale, en entrant avec courage et avec une liberté de cœur dans un processus de conversion sans lequel cette «réforme continue dont elle [l’Église] a toujours besoin en tant qu’institution humaine et terrestre» (UR, n°6 ; cf. EG, n°26) ne sera pas possible.
II. Une Église constitutivement synodale
10. «Ce que le Seigneur nous demande, en un certain sens, est déjà entièrement contenu dans le mot “Synode”»[8], qui «est un mot ancien et vénéré dans la Tradition de l’Église, dont la signification évoque les contenus les plus profonds de la Révélation»[9]. C’est le «Seigneur Jésus qui se présente lui-même comme “le chemin, la vérité et la vie” (Jn 14, 6)», et «les chrétiens, à sa suite, sont à l’origine appelés “les disciples de la Voie” (cf. Ac 9,2; 19,9.23;22,4; 24,14.22)»[10]. Dans cette perspective, la synodalité est bien plus que la célébration de rencontres ecclésiales et d’assemblées d’évêques, ou qu’une question de simple organisation interne à l’Église; elle «désigne le modus vivendi et operandi spécifique de l’Église Peuple de Dieu qui manifeste et réalise concrètement sa communion en cheminant ensemble, en se rassemblant en assemblée et par la participation active de tous ses membres à sa mission évangélisatrice»[11]. Ainsi s’imbriquent ce qui constituent les piliers d’une Église synodale: communion, participation et mission. Dans ce chapitre, nous illustrons synthétiquement plusieurs références théologiques fondamentales sur lesquelles se fonde cette perspective.
11. Durant le premier millénaire, “marcher ensemble”, c’est-à-dire pratiquer la synodalité, constituait la façon de procéder habituelle de l’Église conçue comme «Peuple rassemblé par l’unité du Père, du Fils et du Saint-Esprit»[12]. À ceux qui divisaient le corps ecclésial, les Pères de l’Église opposaient la communion des Églises dispersées de par le monde, ce que saint Augustin qualifiait de «concordissima fidei conspiratio»[13], à savoir l’accord dans la foi de tous les baptisés. C’est ici que s’enracine le vaste développement d’une pratique synodale à tous les niveaux de l’Église –local, provincial, universel–, dont le Concile œcuménique a représenté la manifestation la plus haute. Dans cet horizon ecclésial, inspiré par le principe de participation de tous à la vie de l’Église, saint Jean-Chrysostome pouvait dire: «Église et Synode sont synonymes»[14]. Durant le deuxième millénaire non plus, quand l’Église a mis davantage l’accent sur la fonction hiérarchique, cette façon de procéder n’a pas disparu: si, au Moyen-Âge et à l’époque moderne, la célébration de synodes diocésains et provinciaux est bien attestée en plus de celle des Conciles œcuméniques, lorsqu’il s’est agi de définir des vérités dogmatiques les Papes ont voulu consulter les évêques pour connaître la foi de toute l’Église, recourant ainsi à l’autorité du sensus fidei de l’ensemble du Peuple de Dieu, qui est «infaillible "in credendo"» (EG, n°119).
12. C’est à ce dynamisme de la Tradition que s’est ancrée le Concile Vatican II. Celui-ci met en relief que «le bon vouloir de Dieu a été que les hommes ne reçoivent pas la sanctification et le salut séparément (…); il a voulu en faire un peuple qui le connaîtrait selon la vérité et le servirait dans la sainteté» (LG, n°9). Les membres du Peuple de Dieu ont en commun le Baptême et «même si certains, par la volonté du Christ, sont constitués docteurs, dispensateurs des mystères et pasteurs pour le bien des autres, cependant, quant à la dignité et à l’activité commune à tous les fidèles dans l’édification du corps du Christ, il règne entre tous une véritable égalité» (LG, n°32). Par conséquent, tous les baptisés participent à la fonction sacerdotale, prophétique et royale du Christ, et «dans l’exercice de la richesse multiforme et ordonnée de leurs charismes, de leurs vocations, de leurs ministères»[15], ce sont des sujets d’évangélisation actifs, tant individuellement que comme totalité du Peuple de Dieu.
13. Le Concile a souligné qu’en vertu de l’onction de l’Esprit Saint reçue au Baptême, la totalité des fidèles «ne peut se tromper dans la foi; ce don particulier qu’elle possède, elle le manifeste moyennant le sens surnaturel de la foi qui est celui du Peuple tout entier lorsque, “des évêques jusqu’au dernier des fidèles laïcs”, elle apporte aux vérités concernant la foi et les mœurs un consentement universel» (LG, n°12). C’est l’Esprit qui guide les croyants «dans la vérité tout entière» (Jn 16,13). Par son œuvre, «cette Tradition qui vient des Apôtres progresse dans l’Église», car tout le Peuple saint de Dieu grandit dans la compréhension et dans l’expérience de «la perception des réalités aussi bien que des paroles transmises, soit par la contemplation et l’étude des croyants qui les méditent en leur cœur (cf. Lc 2,19 et 51), soit par l’intelligence intérieure qu’ils éprouvent des réalités spirituelles, soit par la prédication de ceux qui, avec la succession épiscopale, ont reçu un charisme certain de vérité» (DV 8). De fait, ce Peuple, rassemblé par ses pasteurs, adhère au dépôt sacré de la Parole de Dieu confié à l’Église, persévère constamment dans l’enseignement des Apôtres, dans la communion fraternelle, dans la fraction du pain et dans la prière, «si bien que pour le maintien, la pratique et la profession de la foi transmise, s’établit, entre pasteurs et fidèles, un remarquable accord» (DV, nº 10).
14. Les pasteurs, agissent comme d’«authentiques gardiens, interprètes et témoins de la foi de toute l’Église»[16]; ils ne craignent donc pas de se mettre à l’écoute du Troupeau qui leur est confié: la consultation du Peuple de Dieu n’entraine pas que l’on se comporte à l’intérieur de l’Église selon des dynamiques propres à la démocratie, basées sur le principe de la majorité, car à la base de la participation à tout processus synodal se trouve la passion partagée pour la mission commune de l’évangélisation et non pas la représentation d’intérêts en conflit. En d’autres termes, il s’agit d’un processus ecclésial qui ne peut se réaliser qu’«au sein d’une communauté hiérarchiquement structurée»[17]. C’est dans le lien fécond entre le sensus fidei du Peuple de Dieu et la fonction de magistère des pasteurs que se réalise le consensus unanime de toute l’Église dans la même foi. Tout processus synodal, dans lequel les évêques sont appelés à discerner ce que l’Esprit dit à l’Église, non pas seuls mais en écoutant le Peuple de Dieu qui «participe aussi à la fonction prophétique du Christ» (LG, n°12), est la forme évidente de ce “marcher ensemble” qui fait grandir l’Église. Saint Benoît souligne que «souvent le Seigneur révèle la meilleure décision»[18] à ceux qui n’occupent pas de positions importantes dans la communauté (dans ce cas le plus jeune); aussi les évêques auront-ils soin de toucher tout le monde pour que, dans le déroulement ordonné du chemin synodal, se réalise ce que l’Apôtre Paul recommande aux communautés: «N’éteignez pas l’Esprit, ne dépréciez pas les dons de prophétie; mais vérifiez tout: ce qui est bon, retenez-le» (1 Th 5,19-21).
15. Le sens du cheminement auquel nous sommes tous appelés est avant tout celui de redécouvrir le visage et la forme d’une Église synodale où «chacun a quelque chose à apprendre. Le Peuple fidèle, le Collège épiscopal, l’Évêque de Rome, chacun à l’écoute des autres; et tous à l’écoute de l’Esprit Saint, l’“Esprit de Vérité” (Jn 14,17), pour savoir ce qu’il “dit aux Églises” (Ap 2,7)»[19]. L’Évêque de Rome, comme principe et fondement de l’unité de l’Église, demande à tous les évêques et à toutes les Églises particulières, dans lesquelles et à partir desquelles existe l’une et unique Église catholique (cf. LG, n°23), d’entreprendre avec confiance et courage le chemin de la synodalité. Dans ce “marcher ensemble”, nous demandons à l’Esprit de nous faire découvrir que la communion, qui assemble dans l’unité la diversité des dons, des charismes et des ministères, existe pour la mission: une Église synodale est une Église “en sortie”, une Église missionnaire, «aux portes ouvertes» (EG, n°46). Cela inclut l’appel à approfondir les relations avec les autres Églises et communautés chrétiennes, auxquelles nous sommes unis par l’unique Baptême. Par ailleurs, la perspective du “marcher ensemble” est encore plus vaste et étreint l’humanité tout entière, dont nous partageons «les joies et les espoirs, les tristesses et les angoisses» (GS, n°1). Une Église synodale est un signe prophétique surtout pour une communauté des nations incapable de proposer un projet commun, qui permettrait de poursuivre le bien de tous: pratiquer la synodalité est, aujourd’hui, pour l’Église, la façon la plus évidente d’être «sacrement universel de salut» (LG, n°48), «signe et instrument de l’union intime avec Dieu et de l’unité de tout le genre humain» (LG, n°1).
III. À l’écoute des Écritures
16. L’Esprit de Dieu qui illumine et vivifie ce “marcher ensemble” des Églises est le même qui œuvre dans la mission de Jésus, promis aux Apôtres et aux générations des disciples qui écoutent la Parole de Dieu et la mettent en pratique. L’Esprit, selon la promesse du Seigneur, ne se limite pas à confirmer la continuité de l’Évangile de Jésus, mais il éclairera les profondeurs toujours nouvelles de sa Révélation et inspirera les décisions nécessaires pour soutenir le chemin de l’Église (cf. Jn 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Voilà pourquoi il est opportun que notre processus de construction d’une Église synodale soit inspiré par deux “images” de l’Écriture. L’une émerge dans la représentation de la “dimension communautaire” qui accompagne constamment le chemin de l’évangélisation; l’autre se rapporte à l’expérience de l’Esprit vécue par Pierre et la communauté primitive par laquelle ils reconnaissent le risque de mettre des limites injustifiées au partage de la foi. L’expérience synodale du marcher ensemble, à la suite du Seigneur et dans l’obéissance à l’Esprit, pourra recevoir une inspiration décisive à travers la méditation de ces deux moments de la Révélation.
Jésus, la foule, les Apôtres
17. Dans sa structure fondamentale, une scène originelle apparaît comme la modalité constante par laquelle Jésus se révèle tout au long de l’Évangile, en annonçant l’avènement du Royaume de Dieu. Les acteurs en présence sont essentiellement trois (plus un). Le premier, naturellement, c’est Jésus, le protagoniste absolu qui prend l’initiative, en semant les paroles et les signes de la venue du Royaume sans aucune «préférence de personnes» (cf. Ac10,34). Sous diverses formes, Jésus accorde une attention spéciale à ceux qui sont “séparés” de Dieu et à ceux qui sont “exclus” par la communauté (les pécheurs et les pauvres, dans le langage évangélique). Par ses mots et ses actions, il offre la libération du mal et de conversion à l’espérance, au nom de Dieu le Père et dans la force de l’Esprit Saint. Au milieu de la diversité des appels du Seigneur et des réponses pour accueillir son appel, on voit ce trait commun : la foi émerge toujours comme une prise en compte et valorisation de la personne: sa demande est écoutée, une aide est proposée pour répondre à ses difficultés, sa disponibilité est appréciée, sa dignité est confirmée par le regard même de Dieu et restituée à la reconnaissance de la communauté.
18. De fait, l’action d’évangélisation et le message de salut ne seraient pas compréhensibles sans l’ouverture constante de Jésus à s’adresser aux interlocuteurs les plus larges possibles, que les Évangiles désignent comme la foule, c’est-à-dire l’ensemble des personnes qui le suivent tout au long du chemin et, parfois même, le poursuivent dans l’attente d’un signe et d’une parole de salut: tel est le deuxième acteur de la scène de la Révélation. L’annonce évangélique n’est pas limitée à quelques illuminés ou personnes choisies. L’interlocuteur de Jésus, c’est “le peuple” de la vie ordinaire, le “quiconque” de la condition humaine, qu’il met directement en contact avec le don de Dieu et l’appel au salut. D’une manière qui surprend et parfois scandalise les témoins, Jésus accepte comme interlocuteurs tous ceux qui font partie de la foule: il écoute les remontrances passionnées de la Cananéenne (cf. Mt 15,21-28), qui ne peut pas accepter d’être exclue de la bénédiction qu’il apporte; il dialogue avec la Samaritaine (cf. Jn 4,1-42), malgré sa condition de femme compromise socialement et religieusement; il sollicite l’acte de foi libre et reconnaissant de l’aveugle de naissance (cf. Jn9), que la religion officielle avait exclu du périmètre de la grâce.
19. Certains suivent plus explicitement Jésus, en faisant l’expérience à être ses disciples, tandis que d’autres sont invités à retourner à leur vie ordinaire: tous, cependant témoignent de la force de la foi qui les a sauvés (cf. Mt15,28). Parmi ceux qui suivent Jésus, se détache avec relief la figure des apôtres qu’Il appelle lui-même dès le début ; il les destine à être particulièrement des médiateurs de la Révélation et de l’avènement du Royaume de Dieu auprès de la foule. L’entrée de ce troisième acteur sur la scène n’est pas liée à une guérison ou à une conversion mais elle correspond à l’appel de Jésus. Le choix des apôtres n’est pas un privilège attribuant une position exclusive de pouvoir et entrainant une séparation, mais bien la grâce d’un ministère inclusif de bénédiction et de communion. Grâce au don de l’Esprit du Seigneur ressuscité, ceux-ci doivent garder la place de Jésus, sans le remplacer: ne pas mettre de filtres à sa présence, mais faciliter la rencontre avec Lui.
20. Jésus, la foule dans sa diversité, les apôtres: voilà l’image et le mystère à contempler et à approfondir continuellement pour que l’Église devienne toujours davantage ce qu’elle est. Aucun de ces trois acteurs ne peut quitter la scène. Si Jésus vient à manquer et que quelqu’un d’autre s’installe à sa place, l’Église devient un contrat entre les apôtres et la foule, et leur dialogue finira par être réduit à un jeu politique. Sans les apôtres, qui reçoivent leur autorité de Jésus et sont instruits par l’Esprit, le rapport avec la vérité évangélique s’interrompt et la foule risque de réduire sa vision de Jésus à un mythe ou à une idéologie, qu’elle l’accueille ou qu’elle le rejette. Sans la foule, la relation des apôtres à Jésus se corrompt pour prendre une forme sectaire dans laquelle la religion devient auto-référencée et l’évangélisation perd alors sa lumière, qui provient seule de Dieu qui se révèle lui-même à l’humanité et s’adresse directement à quiconque pour lui offrir le salut.
21. Il existe aussi l’acteur “de plus”, l’antagoniste, qui apporte sur la scène la division diabolique entre les trois autres. Face à la perspective perturbatrice de la croix, certains disciples s’en vont et des foules changent d’humeur. Le piège qui divise –et qui entrave donc un cheminement commun– se manifeste aussi bien sous les formes de la rigueur religieuse, de l’injonction morale, qui se présente comme plus exigeante que celle de Jésus, ou sous celles de la séduction d’une sagesse politique mondaine qui se veut plus efficace qu’un discernement des esprits. Pour se soustraire aux tromperies du “quatrième acteur”, une conversion permanente est nécessaire. L’épisode du centurion Corneille (cf. Ac10), qui précède le “concile” de Jérusalem (cf. Ac15) et constitue une référence cruciale pour une Église synodale, est ici emblématique.
Une double dynamique de conversion: Pierre et Corneille (Ac10)
22. L’épisode raconte avant tout la conversion de Corneille qui reçoit même une sorte d’annonciation. Corneille est païen, vraisemblablement romain, centurion (officier d’un grade relativement bas) de l’armée d’occupation, il exerce un métier basé sur la violence et les abus. Pourtant il se consacre à la prière et à l’aumône, c’est-à-dire qu’il cultive sa relation à Dieu et prend soin de son prochain. Or, de façon surprenante, c’est précisément chez lui que l’ange entre, l’appelle par son nom et l’exhorte à envoyer –le verbe de la mission!– ses serviteurs à Jaffa pour appeler –le verbe de la vocation!– Pierre. Le récit devient alors celui de sa conversion. Le même jour, il a eu une vision dans laquelle une voix lui a ordonné de tuer et de manger des animaux, dont certains étaient considérés comme impurs. La réponse de Pierre a été ferme: «Oh non, Seigneur!» (Ac10,14). Il reconnaît que c’est le Seigneur qui lui parle, mais il oppose un net refus, car cet ordre anéantit certains préceptes de la Torah, qui sont parties incontournables de son identité religieuse, traduisant une façon de concevoir l’élection comme une différence qui induit la séparation et l’exclusion par rapport aux autres peuples.
23. L’apôtre est profondément perturbé et, alors qu’il s’interroge sur le sens de ce qui vient de se passer, arrivent les hommes envoyés par Corneille et l’Esprit lui indique qu’ils sont ses envoyés. Pierre leur répond par des mots qui rappellent ceux de Jésus au Jardin: «Je suis celui que vous cherchez» (Ac10,21). Il s’agit d’une véritable conversion, d’un passage douloureux et immensément fécond de sortie de ses propres catégories culturelles et religieuses: Pierre accepte de manger avec les païens la nourriture qu’il avait toujours considérée jusque-là comme interdite, la reconnaissant comme un instrument de vie et de communion avec Dieu et avec les autres. C’est dans la rencontre avec les personnes, en les accueillant, en cheminant avec elles et en entrant dans leurs maisons, qu’il se rend compte de la signification de sa vision: aucun être humain n’est indigne aux yeux de Dieu et la différence instituée par l’élection n’est pas une préférence exclusive, mais un service et un témoignage d’une ampleur universelle.
24. Aussi bien Corneille que Pierre entrainent d’autres personnes dans leur parcours de conversion, faisant d’elles des compagnons de route. L’action apostolique accomplit la volonté de Dieu en créant des communautés, en abattant des barrières et en favorisant la rencontre. La parole joue un rôle central dans la rencontre entre les deux acteurs principaux. Corneille commence par partager l’expérience qu’il a vécue. Pierre l’écoute et prend ensuite la parole, pour communiquer à son tour ce qui lui est advenu, en témoignant ainsi de la proximité du Seigneur qui va à la rencontre de chaque personne pour la libérer de ce qui la rend prisonnière du mal et qui diminue son humanité (cf. Ac10,38). Cette façon de communiquer est semblable à celle que Pierre adoptera quand, à Jérusalem, les fidèles circoncis lui reprocheront et l’accuseront d’avoir enfreint les normes traditionnelles, sur lesquelles semble se concentrer toute leur attention, sans considérer l’effusion de l’Esprit: «Tu es entré chez des incirconcis et tu as mangé avec eux!» (Ac11,3). Lors de ce moment de conflits, Pierre raconte ce qui lui est advenu et exprime ses réactions de perplexité, d’incompréhension et de résistance. C’est précisément cela qui aidera ses interlocuteurs, tout d’abord agressifs et réfractaires, à écouter et à accueillir ce qui s’est passé. L’Écriture contribuera à en interpréter le sens, comme cela sera aussi le cas au “concile” de Jérusalem, à travers un processus de discernement qui est une écoute en commun de l’Esprit.
IV. La synodalité en action:
pistes pour la consultation du Peuple de Dieu
25. Illuminé par la Parole et fondé sur la Tradition, le chemin synodal s’enracine dans la vie concrète du Peuple de Dieu. Il présente, en effet, une particularité qui constitue en même temps une extraordinaire ressource: son objet –la synodalité– est aussi sa méthode. En d’autres termes, il constitue une sorte de chantier ou d’expérience pilote, qui permet de commencer à recueillir, dès à présent, les fruits du dynamisme que la conversion synodale progressive distille dans la communauté chrétienne. D’un autre côté, il ne peut que renvoyer aux expériences de synodalité déjà vécues, à différents niveaux et à différents degrés d’intensité: leurs points de force et leurs réussites, de même que leurs limites et leurs difficultés, offrent des éléments précieux pour discerner la direction vers laquelle continuer à évoluer. Certes, nous nous référons ici aux expériences suscitées par le présent chemin synodal, mais aussi à toutes celles à travers lesquelles l’on expérimente déjà des formes de ce “marcher ensemble” dans la vie ordinaire de l’Eglise, même lorsque l’on ne connaît pas ou que l’on n’utilise pas encore le terme de synodalité.
L’interrogation fondamentale
26. L’interrogation fondamentale qui guide cette consultation du Peuple de Dieu, comme cela a déjà été rappelé au début de ce document, est la suivante:
Une Église synodale, en annonçant l’Évangile, “marche ensemble”: comment ce “marcher ensemble” se réalise-t-il aujourd’hui dans votre Église particulière? Quels pas l’Esprit nous invite-t-il à accomplir pour grandir dans notre “marcher ensemble”?
Pour répondre, vous êtes invités à:
a) vous demander à quelles expériences de votre Église particulière cette question fondamentale vous fait penser?
b) relire plus profondément ces expériences: quelles joies ont-elles provoquées? Quelles difficultés et obstacles ont-elles rencontrés? Quelles blessures ont-elles fait émerger? Quelles intuitions ont-elles suscitées?
c) recueillir les fruits à partager: comment résonne la voix de l’Esprit dans ces expériences«synodales» ? Qu’est-ce que l’Esprit est en train de nous demanderaujourd’hui ? Quelles sont les points à confirmer, les changements à envisager , les nouveaux pas à franchir? Où voyons-nous s’établir un consensus? Quels chemins s’ouvrent pour notre Église particulière?
Divers aspects de la synodalité
27. Dans la prière, la réflexion et le partage suscités par cette question fondamentale, il est opportun de garder bien présents à l’esprit trois niveaux sur lesquels s’articule la synodalité comme «dimension constitutive de l’Église»[20]:
· Le niveau du style ordinaire selon lequel l’Église vit et œuvre au quotidien, qui exprime sa nature de Peuple de Dieu cheminant ensemble et se rassemblant en assemblée convoquée par le Seigneur Jésus dans la force de l’Esprit Saint pour annoncer l’Évangile. Ce style se réalise à travers «l’écoute communautaire de la Parole et la célébration de l’Eucharistie, la fraternité de la communion et la responsabilité partagée, et la participation de tout le Peuple de Dieu, à ses différents niveaux et dans la distinctions des divers ministères et rôles, à la vie et à la mission de l’Église»[21];
· Le niveau des structures et des processus ecclésiaux, déterminés notamment du point de vue théologique et canonique, par lesquels la nature synodale de l’Église s’exprime d’une manière institutionnelle au niveau local, au niveau régional et au niveau universel;
· Le niveau des processus et des événements synodaux durant lesquels l’Église est convoquée par l’autorité compétente, selon des procédures spécifiques déterminées par la discipline ecclésiastique.
Bien que distincts d’un point de vue logique, ces trois niveaux s’articulent l’un à l’autre et doivent être considérés ensemble de façon cohérente; autrement, on transmet un contre-témoignage et on mine la crédibilité de l’Église. De fait, si celle-ci ne s’incarne pas concrètement dans des structures et dans des processus, le style de la synodalité se dégrade rapidement, passant du niveau des intentions et des désirs à celui de la rhétorique; quant aux processus et aux événements synodaux, s’ils ne sont pas animés par un style adéquat, ils apparaissent comme des formalités vides.
28. En outre, lors de la relecture des expériences, il faut se souvenir que “marcher ensemble” peut être compris selon deux perspectives différentes, fortement liées entre elles. La première concerne la vie interne des Églises particulières, les rapports entre les sujets qui les constituent (en premier lieu les relations entre les fidèles et leurs pasteurs, notamment par le biais des organismes de participation prévus par la discipline canonique, y compris le synode diocésain) et les communautés qui les composent (en particulier les paroisses). Elle considère aussi les rapports entre les évêques entre eux et l’Évêque de Rome, notamment par le biais des organismes intermédiaires de synodalité (Synode des Évêques des Églises patriarcales et archiépiscopales majeures, Conseils des Hiérarques et Assemblées des Hiérarques des Églises sui iuris, Conférences épiscopales, avec leurs expressions nationales, internationales et continentales). Elle s’élargit ensuite à la façon dont chaque Église particulière intègre en son sein la contribution des diverses formes de vie monastique, religieuse et consacrée, d’associations et mouvements laïcs, d’institutions ecclésiales et ecclésiastiques de différents genres (écoles, hôpitaux, fondations, organismes de charité et d’assistance, etc.). Enfin, cette perspective englobe également les relations et les initiatives communes avec frères et sœurs des autres Confessions chrétiennes, avec lesquelles nous avons en commun le don du même Baptême.
29. La seconde perspective considère la façon dont le Peuple de Dieu chemine avec la famille humaine tout entière. Le regard s’attardera ainsi sur l’état des relations, du dialogue et des éventuelles initiatives communes avec les croyants d’autres religions, avec les personnes éloignées de la foi, de même qu’avec des milieux et groupes sociaux spécifiques, avec leurs institutions (monde de la politique, de la culture, de l’économie, de la finance, du travail, syndicats et associations d’entrepreneurs, organisations non gouvernementales et de la société civile, mouvements populaires, minorités de différent genre, pauvres et exclus, etc.).
Dix pôles thématiques essentiels à approfondir
30. Pour faciliter la mise en lumière d’expériences et favoriser de manière plus riche la consultation, nous indiquons également ci-après dix pôles thématiques qui ont trait à diverses facettes de la “synodalité vécue”. Ces pistes devront être adaptées aux divers contextes locaux et, selon les situations, intégrées, explicitées, simplifiées, approfondies, en accordant une attention spéciale à ceux qui ont le plus de difficulté à participer et à répondre: le Vademecum qui accompagne ce Document Préparatoire offre à cet égard des ressources, des parcours et des suggestions afin que les différents domaines de questions inspirent concrètement des moments de prière, de formation, de réflexion et d’échange.
I. LES COMPAGNONS DE VOYAGE
Dans l’Église et dans la société, nous sommes sur la même route, côte à côte.Dans votre Église locale, quels sont ceux qui “marchent ensemble”? Quand nous disons “notre Église”, qui en fait partie? Qui nous demande de marcher ensemble? Quels sont les compagnons de voyage avec qui nous cheminons, même en dehors du cercle ecclésial? Quelles personnes ou quels groupes sont-ils laissés à la marge, expressément ou de fait?
II. ÉCOUTER
L’écoute est le premier pas, mais demande d’avoir l’esprit et le cœur ouverts, sans préjugés. Vers qui notre Église particulière a-t-elle “un manque d’écoute”? Comment les laïcs sont-ils écoutés, en particulier les jeunes et les femmes? Comment intégrons-nous la contribution des personnes consacrées, hommes et femmes? Quelle place occupe la voix des minorités, des marginaux et des exclus? Parvenons-nous à identifier les préjugés et les stéréotypes qui font obstacles à notre écoute? Comment écoutons-nous le contexte social et culturel dans lequel nous vivons?
III. PRENDRE LA PAROLE
Tous sont invités à parler avec courage et parrhésie, c’est-à-dire en conjuguant liberté, vérité et charité. Comment favorisons-nous, au sein de la communauté et de ses divers organismes, un style de communication libre et authentique, sans duplicités ni opportunismes? Et vis-à-vis de la société dont nous faisons partie? Quand et comment réussissons-nous à dire ce qui nous tient à cœur? Comment fonctionne le rapport avec le système des médias (pas seulement les médias catholiques)? Qui parle au nom de la communauté chrétienne et comment ces personnes sont-elles choisies?
IV. CÉLÉBRER
“Marcher ensemble” n’est possible que si ce chemin repose sur l’écoute communautaire de la Parole et sur la célébration de l’Eucharistie. De quelle façon la prière et la célébration liturgique inspirent et orientent effectivement notre “marcher ensemble”? Comment est-ce que cela inspire les décisions les plus importantes? Comment encourageons-nous la participation active de tous les fidèles à la liturgie et à l’exercice de la fonction de sanctification ? Quelle place est donnée à l’exercice des ministères du lectorat et de l’acolytat?
V. CORESPONSABLES DANS LA MISSION
La synodalité est au service de la mission de l’Église, à laquelle tous ses membres sont appelés à participer. Puisque nous sommes tous des disciples missionnaires, de quelle manière chaque baptisé est-il convoqué à être un acteur de la mission? Comment la communauté soutient-elle ses membres qui sont engagés dans un service au sein de la société (engagement social et politique, engagement dans la recherche scientifique et dans l’enseignement, au service de la promotion des droits humains et de la sauvegarde de la Maison commune, etc.)? Comment la communauté aide-t-elle à vivre ces engagements dans une dynamique missionnaire? Comment se fait le discernement concernant les choix missionnaires et qui y participe? Comment ont été intégrées et adaptées les diverses traditions en matière de style synodal, qui constituent le patrimoine de nombreuses Églises, en particulier des Églises orientales, en vue d’un témoignage chrétien fécond? Comment fonctionne la collaboration dans les territoires où sont présentes des Églises sui iuris différentes?
VI. DIALOGUER DANS L’ÉGLISE ET DANS LA SOCIÉTÉ
Le dialogue est un chemin qui demande de la persévérance, et comporte aussi des moments de silences et de souffrances, mais qui est capable de recueillir l’expérience des personnes et des peuples. Quels sont les lieux et les modalités de dialogue au sein de notre Église particulière? Comment sont gérées les divergences de vue, les conflits et les difficultés? Comment encourageons-nous la collaboration avec les diocèses voisins, avec et entre les communautés religieuses présentes sur le territoire, avec et entre les associations et mouvements de laïcs, etc.? Quelles expériences de dialogue et d’engagement en commun mettons-nous en œuvre avec des croyants d’autres religions et avec ceux qui ne croient pas? Comment l’Église dialogue-t-elle et apprend-elle d’autres instances de la société: le monde de la politique, de l’économie, de la culture, la société civile, les pauvres…?
VII. AVEC LES AUTRES CONFESSIONS CHRÉTIENNES
Le dialogue entre chrétiens de diverses confessions, unis par un seul Baptême, occupe une place particulière sur le chemin synodal. Quels relations entretenons-nous avec les frères et sœurs des autres Confessions chrétiennes? Quels domaines concernent-ils? Quels fruits avons-nous recueillis de ce “marcher ensemble”? Quelles difficultés aussi?
VIII. AUTORITÉ ET PARTICIPATION
Une Église synodale est une Église de la participation et de la coresponsabilité. Comment sont définis les objectifs à poursuivre, la voie pour y parvenir et les pas à accomplir? Comment est exercée l’autorité au sein de notre Église particulière? Quelles sont les pratiques de travail en équipe et de coresponsabilité? Comment sont encouragés les ministères laïcs et la prise de responsabilité de la part des fidèles? Comment fonctionnent les organismes de synodalité au niveau de l’Église particulière? Constituent-ils une expérience féconde?
IX. DISCERNER ET DÉCIDER
Dans un style synodal, les décisions sont prises via un processus de discernement, sur la base d’un consensus qui jaillit de l’obéissance commune à l’Esprit. Avec quelles procédures et avec quelles méthodes discernons-nous ensemble et prenons-nous des décisions? Comment peuvent-elles être améliorées? Comment favorisons-nous la participation de tous aux décisions au sein de communautés structurées d’une manière hiérarchique? Comment conjuguons-nous la phase consultative et la phase délibérative, le processus menant à la prise de décision (decision-making) et le moment de la décision (decision-taking)? De quelle façon et avec quels instruments encourageons-nous la transparence et la responsabilité (accountability)?
X. SE FORMER À LA SYNODALITÉ
La spiritualité du marcher ensemble est appelée à devenir le principe éducatif de la formation humaine et chrétienne de la personne, la formation des familles et des communautés. Comment formons-nous les personnes, spécialement celles qui occupent des rôles de responsabilité à l’intérieur de la communauté chrétienne, pour les rendre davantage capables de “marcher ensemble”, de s’écouter mutuellement et de dialoguer? Quelle formation au discernement et à l’exercice de l’autorité offrons-nous? Quels instruments nous aident-ils à lire les dynamiques de la culture dans laquelle nous sommes immergés et leur impact sur notre style d’Église?
Pour contribuer à la consultation
31. L’objectif de la première phase du chemin synodal est de favoriser un vaste processus de consultation pour rassembler la richesse des expériences de synodalité vécue, dans leurs différents aspects et leurs différentes facettes, en impliquant les pasteurs et les fidèles des Églises particulières à tous les niveaux, en utilisant les moyens les plus appropriés en fonction des réalités locales spécifiques: la consultation, coordonnée par l’évêque, s’adresse «aux prêtres, aux diacres et aux fidèles laïcs de leurs Églises, tant séparément que collectivement, sans négliger l’apport précieux qui peut venir des hommes et des femmes consacrés» (EC, n°7). En particulier, la contribution des organismes de participation des Églises particulières est requise, spécialement celle du Conseil presbytéral et du Conseil pastoral, à partir desquelles «une Église synodale peut(véritablement) commencer à prendre forme»[22]. La contribution des autres réalités ecclésiales auxquelles sera envoyé ce Document Préparatoire sera également précieuse, tout comme l’apport de ceux qui voudront envoyer directement leur contribution . Enfin, il est d’une importance capitale d’écouter la voix des pauvres et des exclus et pas uniquement celle de ceux qui occupent un rôle ou une responsabilité au sein des Églises particulières.
32. La synthèse élaborée par chaque Église particulière au terme de ce travail d’écoute et de discernement constituera sa contribution propre au parcours de l’Église universelle. Pour rendre plus faciles et viables les phases suivantes du cheminement, il est important de parvenir à condenser les fruits de la prière et de la réflexion en une synthèse d’une dizaine de pages au maximum. Si cela est nécessaire, pour les contextualiser et mieux les expliquer, on pourra joindre d’autres textes en annexes. Rappelons que le but du Synode, et donc de cette consultation, n’est pas de produire des documents, mais de «faire germer des rêves, susciter des prophéties et des visions, faire fleurir des espérances, stimuler la confiance, bander les blessures, tisser des relations, ressusciter une aube d’espérance, apprendre l’un de l’autre, et créer un imaginaire positif qui illumine les esprits, réchauffe les cœurs, redonne des forces aux mains»[23].
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Sigles
CTI Commission Théologique Internationale
DV Concile Vatican II, Const. dogm. Dei Verbum (18 novembre 1965)
EC François, Const. ap. Episcopalis communio (15 septembre 2018)
EG François, Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013)
FT François, Lettre Encyclique Fratelli tutti (3 octobre 2020)
GS Concile Vatican II, Const. past. Gaudium et spes (7 décembre 1965)
LG Concile Vatican II, Const. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964)
LS François, Lettre Encyclique Laudato si’ (24 mai 2015)
UR Concile Vatican II, Décr. Unitatis redintegratio (21 novembre 1964)
______________________
[1] Nous rapportons ci-après, sous forme de schéma, les étapes du cheminement synodal.
[2] François, Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques, 17 octobre 2015.
[3] Cf. www.synod.va
[4] François, Lettre au Peuple de Dieu (20 août 2018), introduction.
[5] Ibid, n° 2.
[6] Ibid.
[7] Ibid.
[8] François, Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques.
[9] CTI, La synodalité dans la vie et dans la mission de l’Église (2 mars 2018), n° 3.
[10] Ibid.
[11] Ibid., n° 6.
[12] Cyprien, De Oratione Dominica, 23: PL 4, 553
[13] Augustin, Epistola 194, 31:PL 33, 885.
[14] Jean Chrysostome, Explicatio in Psalmum 149: PG 55, 493.
[15] CTI, n° 6.
[16] François, Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques.
[17] CTI, La synodalité dans la vie et dans la mission de l’Église, n° 69.
[18] Regula S. Benedicti, III, 3.
[19] François, Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques.
[20] CTI, La synodalité dans la vie et dans la mission de l’Église, n° 70.
[21] Ibid.
[22] François, François, Discours pour la Commémoration du 50ème anniversaire de l’institution du Synode des Évêques.
[23] François, Discours au début du Synode consacré aux jeunes (3 octobre 2018).
[01156-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
For a Synodal Church:
Communion, Participation, and Mission
Preparatory Document
CONTENTS
I. The Call to Journey Together
II. A Constitutively Synodal Church
III. Listening to the Scriptures
Jesus, the Crowd, the Apostles
A Double Dynamic of Conversion: Peter and Cornelius (Acts 10)
IV. Synodality in Action: Pathways for Consulting the People of God
The Fundamental Question
Different Articulations of Synodality
Ten Thematic Nuclei to be Explored
To Contribute to the Consultation
1. The Church of God is convoked in Synod. The path entitled “For a Synodal Church: Communion, Participation, and Mission” will solemnly open on the 9th – 10th of October 2021 in Rome and on the following 17th of October in each particular Church. One fundamental stage will be the celebration of the XVI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, in October 2023,[1] which will be followed by the implementation phase that will again involve the particular Churches (cf. EC, arts. 19-21). With this convocation, Pope Francis invites the entire Church to reflect on a theme that is decisive for its life and mission: “It is precisely this path of synodality which God expects of the Church of the third millennium.”[2] This journey, which follows in the wake of the Church’s “renewal” proposed by the Second Vatican Council, is both a gift and a task: by journeying together and reflecting together on the journey that has been made, the Church will be able to learn through Her experience which processes can help Her to live communion, to achieve participation, to open Herself to mission. Our “journeying together” is, in fact, what most effectively enacts and manifests the nature of the Church as the pilgrim and missionary People of God.
2. A basic question prompts and guides us: How does this “journeying together,” which takes place today on different levels (from the local level to the universal one), allow the Church to proclaim the Gospel in accordance with the mission entrusted to Her; and what steps does the Spirit invite us to take in order to grow as a synodal Church?
Addressing this question together requires listening to the Holy Spirit, who like the wind “blows where it wills; you can hear the sound it makes, but you do not know where it comes from or where it goes” (Jn 3:8), remaining open to the surprises that the Spirit will certainly prepare for us along the way. Thus, a dynamism is activated that allows us to begin to reap some of the fruits of a synodal conversion, which will progressively mature. These are objectives of great importance for the quality of ecclesial life and for accomplishing the mission of evangelization, in which we all participate by virtue of our Baptism and Confirmation. Here, we will indicate the main objectives, which decline synodality as the form, the style, and the structure of the Church:
· recalling how the Spirit has guided the Church’s journey through history and, today, calls us to be, together, witnesses of God’s love;
· living a participative and inclusive ecclesial process that offers everyone—especially those who for various reasons find themselves on the margins—the opportunity to express themselves and to be heard in order to contribute to the edification of the People of God;
· recognizing and appreciating the wealth and the variety of the gifts and charisms that the Spirit liberally bestows for the good of the community and the benefit of the entire human family;
· exploring participatory ways of exercising responsibility in the proclamation of the Gospel and in the effort to build a more beautiful and habitable world;
· examining how responsibility and power are lived in the Church as well as the structures by which they are managed, bringing to light and trying to convert prejudices and distorted practices that are not rooted in the Gospel;
· accrediting the Christian community as a credible subject and reliable partner in paths of social dialogue, healing, reconciliation, inclusion and participation, the reconstruction of democracy, the promotion of fraternity and social friendship;
· regenerating relationships among members of Christian communities as well as between communities and other social groups, e.g., communities of believers of other denominations and religions, civil society organizations, popular movements, etc.;
· fostering the appreciation and appropriation of the fruits of recent synodal experiences on the universal, regional, national, and local levels.
3. This Preparatory Document is at the service of the synodal journey, especially as a tool to facilitate the first phase of listening to and consulting the People of God in the particular Churches (October 2021 - April 2022), in the hope of helping to set in motion the ideas, energy, and creativity of all those who will take part in the journey, and to make it easier to share the fruits of their efforts. With this aim: 1) it begins by outlining some prominent characteristics of the contemporary context; 2) it synthetically illustrates the fundamental theological references for a correct understanding and practice of synodality; 3) it offers some biblical thoughts that can nourish meditation and prayerful reflection along the way; 4) it illustrates some perspectives from which to reread the experiences of lived synodality; 5) it shows some ways of articulating this work of rereading in prayer and sharing. To concretely accompany the organization of the work, a methodological Handbook, annexed to this Preparatory Document and available on the dedicated hosting website, is proposed[3]. The site offers some resources for deepening the theme of synodality, as a support to this Preparatory Document; among these, we would like to highlight two that are mentioned several times below: the Address at the Ceremony Commemorating the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops, given by Pope Francis on the 17th of October 2015, and the document Synodality in the Life and Mission of the Church, prepared by the International Theological Commission and published in 2018.
I. The Call to Journey Together
4. The synodal journey unfolds within a historical context marked by epochal changes in society and by a crucial transition in the life of the Church, which cannot be ignored: it is within the folds of the complexity of this context, in its tensions and contradictions, that we are called to “scrutinize the signs of the times and interpret them in the light of the Gospel” (GS, no. 4). Some elements of the global scenario most closely connected to the theme of the Synod are outlined here; but the picture will need to be enriched and completed at the local level.
5. A global tragedy such as the COVID-19 pandemic “momentarily revived the sense that we are a global community, all in the same boat, where one person’s problems are the problems of all. Once more we realized that no one is saved alone; we can only be saved together” (FT, no. 32). At the same time, the pandemic has also made the already existing inequalities and inequities explode: humanity seems increasingly shaken by processes of massification and fragmentation; the tragic condition faced by migrants in all regions of the world shows how high and strong the barriers dividing the single human family still are. The Encyclicals Laudato si’ and Fratelli Tutti document the depth of the fault lines that run through humanity, and we can refer to these analyses to start listening to the cry of the poor and of the earth and to recognize the seeds of hope and of the future that the Spirit continues to sow even in our time: “The Creator does not abandon us; he never forsakes his loving plan or repents of having created us. Humanity still has the ability to work together in building our common home” (LS, no. 13).
6. This situation, which, despite great differences, unites the entire human family, challenges the Church’s ability to accompany individuals and communities to reread experiences of mourning and suffering that have unmasked many false certainties, and to cultivate hope and faith in the goodness of the Creator and his creation. However, we cannot hide from the fact that the Church herself must face the lack of faith and the corruption even within herself. In particular, we cannot forget the suffering experienced by minors and vulnerable people “due to sexual abuse, the abuse of power and the abuse of conscience perpetrated by a significant number of clerics and consecrated persons.”[4] We are continually challenged “as the People of God to take on the pain of our brothers and sisters wounded in their flesh and in their spirit.”[5] For too long the cry of the victims has been a cry that the Church has not been able to hear sufficiently. These are deep wounds that are difficult to heal, for which forgiveness can never be asked for enough and which constitute obstacles, sometimes imposing ones, to advancing in the direction of “journeying together.” The whole Church is called to deal with the weight of a culture imbued with clericalism that she inherits from her history, and with those forms of exercising authority on which the different types of abuse (power, economic, conscience, sexual) are grafted. It is impossible to think of “a conversion of our activity as a Church that does not include the active participation of all the members of God’s People:”[6] together let us ask the Lord for “the grace of conversion and the interior anointing needed to express before these crimes of abuse our compunction and our resolve courageously to combat them.”[7]
7. In spite of our infidelities, the Spirit continues to act in history and to show his life-giving power. It is precisely in the furrows dug by the sufferings of every kind endured by the human family and by the People of God that new languages of faith and new paths are flourishing, : capable not only of interpreting events from a theological point of view but also of finding in trials the reasons for refounding the path of Christian and ecclesial life. It is a reason for great hope that more than a few Churches have already begun more or less structured meetings and consultation processes with the People of God. Where they have been marked by a synodal style, the sense of Church has flourished and the participation of all has given new impetus to ecclesial life. The desire of young people to be protagonists within the Church and the request for a greater appreciation of women and spaces for participation in the mission of the Church, already signaled by the Synodal Assemblies of 2018 and 2019, are also confirmed. The recent institution of the lay ministry of Catechist and the opening of access to those of Lector and Acolyte to women also move in this direction.
8. We cannot ignore the variety of conditions in which Christian communities live in the different regions of the world. Alongside countries where the Church welcomes the majority of the population and represents a cultural reference point for the whole of society, there are others where Catholics are a minority; in some of these countries, Catholics, together with other Christians, experience forms of persecution, including some very violent ones, and not infrequently martyrdom. If, on the one hand, a secularized mentality tends to expel religion from the public space, on the other hand, religious fundamentalism, without respect for the liberties of others, feeds forms of intolerance and violence that are also reflected in the Christian community and in its relations with society. Christians not infrequently adopt the same attitudes, even fomenting divisions and opposition, including within the Church. It is equally necessary to consider the reverberation, within the Church and in its relations with society, of the fractures caused by reasons of ethnicity, race, caste, or other forms of social stratification or cultural and structural violence, which run through the latter. These situations have a profound impact on the meaning of the expression “journeying together” and on the concrete possibilities of doing so.
9. Within this context, synodality represents the main road for the Church, called to renew herself under the action of the Spirit and by listening to the Word. The ability to imagine a different future for the Church and her institutions, in keeping with the mission she has received, depends largely on the decision to initiate processes of listening, dialogue, and community discernment, in which each and every person can participate and contribute. At the same time, the decision to “journey together” is a prophetic sign for the human family, which needs a shared project capable of pursuing the good of all. A Church capable of communion and fraternity, of participation and subsidiarity, in fidelity to what she proclaims, will be able to stand beside the poor and the least and lend them her own voice. In order to “journey together,” we need to let ourselves be educated by the Spirit to a truly synodal mentality, entering with courage and freedom of heart into a conversion process that is indispensable for the “continual reformation of which [the Church] always has need, in so far as she is a human institution” (UR, no. 6; cf. EG, no. 26).
II. A Constitutively Synodal Church
10. “It is precisely this path of synodality which God expects of the Church of the third millennium. What the Lord is asking of us is already in some sense present in the very word ‘synod’,”[8] which is “is an ancient and venerable word in the Tradition of the Church, whose meaning draws on the deepest themes of Revelation.”[9] It is “the Lord Jesus who presents Himself as ‘the way, the truth, and the life’ (Jn 14:6),” and “Christians, His followers, were originally called ‘followers of the Way’ (cf. Acts 9:2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22).”[10] Synodality, in this perspective, is much more than the celebration of ecclesial meetings and Bishops’ assemblies, or a matter of simple internal administration within the Church; it is “the specific modus vivendi et operandi of the Church, the People of God, which reveals and gives substance to her being as communion when all her members journey together, gather in assembly and take an active part in her evangelizing mission.”[11] Thus are intertwined the main axes of a synodal Church that the title of the Synod proposes: communion, participation, and mission. In this chapter, we will briefly illustrate some fundamental theological references on which this perspective is based.
11. In the first millennium, “journeying together”—that is, practicing synodality—was the ordinary way in which the Church, understood as “People united in the unity of the Father and of the Son and of the Holy Spirit,”[12] acted. To those who were creating divisions in the ecclesial body, the Church Fathers opposed the communion of the Churches scattered throughout the world, described by St. Augustine as “concordissima fidei conspiratio,”[13] that is, the agreement in faith of all the Baptized. Here are the roots of the broad development of a synodal praxis at all levels of the Church’s life—local, provincial, and universal—that reached its highest manifestation in the Ecumenical Council. Within this ecclesial horizon, inspired by the principle of the participation of all in the life of the Church, St. John Chrysostom was able to say that “Church and Synod are synonymous.”[14] Even in the second millennium, when the Church emphasized more strongly the hierarchical function, this way of proceeding did not cease: if, alongside the celebration of ecumenical councils, and that of diocesan and provincial synods is well attested, when it came to defining dogmatic truths, the Popes wished to consult the Bishops in order to know the faith of the whole Church, by appealing to the authority of the sensus fidei of the entire People of God, which is “infallible ‘in credendo’” (EG, no. 119).
12. The Second Vatican Council is anchored in this dynamic of Tradition. It emphasizes that “God, however, does not make men holy and save them merely as individuals, without bond or link between one another. Rather has it pleased Him to bring men together as one people, a people which acknowledges Him in truth and serves Him in holiness.” (LG, no. 9). The members of the People of God are united by Baptism, and “if by the will of Christ some are made teachers, pastors and dispensers of mysteries on behalf of others, yet all share a true equality with regard to the dignity and to the activity common to all the Faithful for the building up of the Body of Christ” (LG, no. 32). Therefore, all the Baptized, participants in Christ’s priestly, prophetic, and kingly functions by “exercising the variety and ordered richness of their charisms, their vocations and their ministries,”[15] are active subjects of evangelization, both individually and as the entire People of God.
13. The Council emphasized how, by virtue of the anointing of the Holy Spirit received in Baptism, the totality of the Faithful “cannot err in matters of belief. They manifest this special property by means of the whole Peoples’ supernatural discernment in matters of faith when ‘from the Bishops down to the last of the lay Faithful’ they show universal agreement in matters of faith and morals” (LG, no. 12). It is the Spirit who guides the faithful “to all truth” (Jn 16:13). Through action of the Spirit, “this tradition which comes from the Apostles develops in the Church” so that the People of God may grow “in the understanding of the realities and the words which have been handed down. This happens through the contemplation and study made by believers, who treasure these things in their hearts (cf. Lk 2:19, 51) through a penetrating understanding of the spiritual realities which they experience, and through the preaching of those who have received through Episcopal succession the sure gift of truth” (DV, no. 8). In fact, this People, gathered together by its Pastors, adheres to the sacred deposit of the Word of God entrusted to the Church, perseveres constantly in the teaching of the Apostles, in fraternal communion, in the breaking of bread, and in prayer, “so that holding to, practicing, and professing the heritage of the faith, it becomes on the part of the Bishops and Faithful a single common effort” (DV, no. 10).
14. The Pastors, established by God as “authentic guardians, interpreters and witnesses of the faith of the whole Church,”[16] should not be afraid to listen to the Flock entrusted to them. The consultation of the People of God does not imply the assumption within the Church of the dynamics of democracy based on the principle of majority, because there is, at the basis of participation in every synodal process, a shared passion for the common mission of evangelization and not the representation of conflicting interests. In other words, this is an ecclesial process that can only take place “at the heart of a hierarchically structured community.” [17] It is in the fruitful bond between the sensus fidei of the People of God and the magisterial function of the Pastors that the unanimous consensus of the whole Church in the same faith is realized. Every synodal process, in which the Bishops are called to discern what the Spirit is saying to the Church, not by themselves but by listening to the People of God, who “shares also in Christ’s prophetic office” (LG, no. 12), is an evident form of that “journeying together” which makes the Church grow. St. Benedict emphasizes how “the Lord often reveals the most prudent course to be followed”[18] to those who do not occupy important positions in the community (in that case, the youngest); thus, the Bishops should take care to reach out to everyone, so that, in the orderly unfolding of the synodal journey, what the apostle Paul recommends to the communities may be realized: “Do not quench the Spirit. Do not despise prophetic utterances. Test everything; retain what is good” (1 Thess 5:19-21).
15. The meaning of the journey to which we are all called is above all that of discovering the face and form of a synodal Church, in which “everyone has something to learn. The faithful people, the college of bishops, the Bishop of Rome: all listening to each other, and all listening to the Holy Spirit, the ‘Spirit of truth’ (Jn 14:17), in order to know what He ‘says to the Churches’ (Rev 2:7).”[19] The Bishop of Rome, as the principle and foundation of the Church’s unity, asks all the Bishops and all the particular Churches, in which and from which the one and only Catholic Church exists (cf. LG, no. 23), to enter with confidence and courage into the path of synodality. In this “journeying together,” we ask the Spirit to help us discover how communion, which brings together in unity the variety of gifts, charisms, and ministries, is for the mission: a synodal Church is a Church “going forth,” a missionary Church “whose doors are open” (EG, no. 46). This includes the call to deepen relationships with other Churches and Christian communities, with which we are united by the one Baptism. The perspective of “journeying together,” then, is even broader, and embraces all humankind, whose “joys and hopes, griefs and anxieties” we share (GS, no. 1). A synodal Church is a prophetic sign, above all for a community of nations incapable of proposing a shared project, through which to pursue the good of all: practicing synodality is today for the Church the most evident way to be “the universal sacrament of salvation” (LG, no. 48), “a sign and instrument of intimate union with God and of the unity of the whole human race” (LG, no. 1).
III. Listening to the Scriptures
16. The Spirit of God, who illuminates and vivifies this “journeying together” of the Churches, is the same Spirit who works in the mission of Jesus, promised to the Apostles and to the generations of disciples who hear God’s Word and put it into practice. The Spirit, according to the Lord’s promise, does not limit himself to confirming the continuity of the Gospel of Jesus, but will illuminate the ever-new depths of his Revelation and inspire the decisions necessary to sustain the Church’s journey (cf. Jn 14:25–26; 15:26–27; 16:12–15). It is, therefore, appropriate that our journey of building a synodal Church be inspired by two “images” from Scripture. One emerges in the representation of the “community scene” that constantly accompanies the journey of evangelization; the other refers to the experience of the Spirit in which Peter and the early community recognize the risk of placing unjustified limits on faith sharing. The synodal experience of journeying together, following the Lord and in obedience to the Spirit, will be able to receive decisive inspiration from meditation on these two traits of revelation.
Jesus, the Crowd, the Apostles
17. An original scene appears, in its fundamental structure, as the constant of the way in which Jesus reveals himself throughout the Gospel, as he announces the coming of the Kingdom of God. Essentially, three actors (plus one) are involved. The first, of course, is Jesus, the absolute protagonist who takes the initiative, sowing the words and signs of the coming of the Kingdom without “showing partiality” (cf. Acts 10:34). In various ways, Jesus pays special attention to those who are “separated” from God and those “abandoned” by the community (the sinners and the poor, in gospel language). Through his words and actions, he offers liberation from evil and conversion to hope, in the name of God the Father and in the power of the Holy Spirit. Even in the diversity of the Lord’s calls, their receptive responses, the common trait is that faith always emerges as a valuing of people: their plea is heard, their difficulty is helped, their availability is appreciated, their dignity is confirmed by God’s gaze and restored to the community’s recognition.
18. In fact, the work of evangelization and the message of salvation would not be comprehensible without Jesus’ constant openness to the widest possible audience, which the Gospels refer to as the crowd, that is, all the people who follow him along the path, and at times even pursue him in the hope of a sign and a word of salvation: this is the second actor on the scene of Revelation. The proclamation of the Gospel is not addressed only to an enlightened or chosen few. Jesus’ interlocutor is the “people” of ordinary life, the “everyone” of the human condition, whom he puts directly in contact with God’s gift and the call to salvation. In a way that surprises and sometimes scandalizes the witnesses, Jesus accepts as interlocutors all those who emerge from the crowd: he listens to the impassioned remonstrances of the Canaanite woman (cf. Mt 15:21–28), who cannot accept being excluded from the blessing he brings; he allows himself to dialogue with the Samaritan woman (cf. Jn 4:1–42), despite her condition as a socially and religiously compromised woman; he solicits the free and grateful act of faith of the man born blind (cf. Jn 9), whom official religion had dismissed as outside the perimeter of grace.
19. Some follow Jesus more explicitly, experiencing the fidelity of discipleship, while others are invited to return to their ordinary lives: yet all testify to the power of the faith that has saved them (cf. Mt 15:28). Among those who follow Jesus, the figure of the apostles, whom he himself calls from the beginning, having given them the task of mediating authoritatively the crowd’s relationship with Revelation and with the coming of God’s Kingdom, clearly becomes prominent. The third actor’s entrance on the scene occurs not thanks to a cure or a conversion, but because it coincides with Jesus’ call. The election of the apostles is not the privilege of an exclusive position of power and separation but the grace of an inclusive ministry of blessing and fellowship. Thanks to the gift of the Spirit of the Risen Lord, they are to guard the place of Jesus, without replacing him: not to put filters on his presence, but to make it easy to encounter him.
20. Jesus, the crowd in its diversity, the apostles: this is the imagery and the mystery that must be constantly contemplated and explored in depth so that the Church may increasingly become what she is. None of the three actors can leave the scene. If Jesus is absent, and someone else takes his place, the Church then becomes a contract between the apostles and the crowd and whose dialogue will end up following the plot of the political game. Without the apostles, authorized by Jesus and instructed by the Spirit, the relationship with the evangelical truth is broken, and the crowd, whether it accepts or rejects Jesus, remains exposed to a myth or an ideology about him. Without the crowd, the apostles’ relationship with Jesus becomes corrupted into a sectarian and self-referential form of religion, and evangelization, which emanates from the direct self-revelation that God addresses personally to all, offering His salvation, loses its light.
21. Then, there is the “extra” actor, the antagonist, who brings to the scene the diabolical separation of the other three. Faced with the perturbing prospect of the cross, there are disciples who leave and mood-changing crowds. The insidiousness that divides—and, thus, thwarts a common path—manifests itself indifferently in the forms of religious rigor, of moral injunction that presents itself as more demanding than that of Jesus, and of the seduction of a worldly political wisdom that claims to be more effective than a discernment of spirits. In order to escape the deceptions of the “fourth actor,” continuous conversion is necessary. Emblematic in this regard is the episode of the centurion Cornelius (cf. Acts 10), the antecedent of that “Council” of Jerusalem (cf. Acts 15) which constitutes a crucial reference point for a synodal Church.
A Double Dynamic of Conversion: Peter and Cornelius (Acts 10)
22. The episode narrates, first of all, the conversion of Cornelius, who even receives a sort of annunciation. Cornelius is a pagan, presumably Roman, a centurion (a low-ranking officer) in the army of occupation, who practices a profession based on violence and abuse. Yet, he is dedicated to prayer and almsgiving, that is, he cultivates a relationship with God and cares for his neighbor. It is precisely in his home that the angel surprisingly enters, calls him by name, and exhorts him to send—the verb of mission! —his servants to Jaffa to call—the verb of vocation! —Peter. The narrative then becomes that of the conversion of the latter, who, on that same day, received a vision in which a voice ordered him to kill and eat animals, some of which were unclean. His response is decisive: “By no means, Lord” (Acts 10:14). He recognizes that it is the Lord who is speaking to him, but he emphatically refuses, because that order demolishes precepts of the Torah that are inalienable for his religious identity, and which express a way of understanding election as a difference that entails separation and exclusion from other peoples.
23. The apostle remains deeply disturbed and, while he is wondering about the meaning of what has happened, men sent by Cornelius arrive and the Spirit indicates to him that they are his envoys. Peter responds to them with words that recall those of Jesus in the Garden: “I am the one you are looking for” (Acts 10:21). This is a true and proper conversion, the painful and immensely fruitful passage of leaving one’s own cultural and religious categories: Peter accepts to eat with pagans the food he had always considered forbidden, recognizing it as an instrument of life and communion with God and with others. It is in the encounter with people, welcoming them, journeying with them, and entering their homes, that he realizes the meaning of his vision: no human being is unworthy in the eyes of God, and the difference established by election does not imply exclusive preference but service and witnessing of a universal breadth.
24. Both Cornelius and Peter involve other people in their journey of conversion, making them companions in their journey. The apostolic action accomplishes God’s will by creating community, breaking down barriers, and promoting encounters. The word plays a central role in the encounter between the two protagonists. Cornelius begins by sharing his experience. Peter listens to him and then speaks, reporting in turn what has happened to him and testifying to the closeness of the Lord, who goes out to meet people individually to free them from what makes them prisoners of evil and mortifies humanity (cf. Acts 10:38). This form of communicating is similar to the one Peter will adopt in Jerusalem when the circumcised believers criticize him, accusing him of having broken the traditional norms, on which all their attention seems to be focused, while disregarding the outpouring of the Spirit: “You entered the house of uncircumcised men and ate with them!” (Acts 11:3). At that moment of conflict, Peter reports what happened to him and his reactions of bewilderment, incomprehension, and resistance. Precisely this will help his interlocutors, initially aggressive and refractory, to listen and accept what has happened. Scripture will help to interpret the meaning, just as it also will at the “Council” of Jerusalem, in a process of discernment that consists of listening together to the Spirit.
IV. Synodality in Action: Pathways for Consulting the People of God
25. Enlightened by the Word and grounded in Tradition, the synodal path is rooted in the concrete life of the People of God. In fact, it presents a peculiarity that is also an extraordinary resource: its object—synodality—is also its method. In other words, it constitutes a sort of construction site or pilot experience that makes it possible to immediately begin reaping the fruits of the dynamic that progressive synodal conversion introduces into the Christian community. On the other hand, it can only refer to the experiences of synodality lived, at different levels and with different degrees of intensity: valuable elements for discernment on the direction in which to continue to move are offered by their strengths and achievements, and also by their limitations and difficulties. Of course, here, reference is made to the experiences activated by the present synodal journey, but also to all those in which forms of “journeying together” are already being experienced in ordinary life, even if the term synodality is not known or used.
The Fundamental Question
26. The fundamental question that guides this consultation of the People of God, as mentioned at the beginning, is the following:
A synodal Church, in announcing the Gospel, “journeys together:” How is this “journeying together” happening today in your particular Church? What steps does the Spirit invite us to take in order to grow in our “journeying together”?
In order to respond, you are invited to:
a) ask yourselves what experiences in your particular Church the fundamental question calls to mind;
b) reread these experiences in greater depth: What joys did they provoke? What difficulties and obstacles have they encountered? What wounds have they brought to light? What insights have they elicited?
c) gather the fruits to share: Where, in these experiences, does the voice of the Spirit resound? What is he asking of us? What are the points to be confirmed, the prospects for change, the steps to be taken? Where do we register a consensus? What paths are opening up for our particular Church?
Different Articulations of Synodality
27. In the prayer, reflection, and sharing prompted by the fundamental question, it is opportune to keep in mind three levels on which synodality is articulated as a “constitutive dimension of the Church.”[20]
· the level of the style with which the Church ordinarily lives and works, which expresses its nature as the People of God that journeys together and gathers in assembly summoned by the Lord Jesus in the power of the Holy Spirit to proclaim the Gospel. This style is realized through “the community listening to the Word and celebrating the Eucharist, the brotherhood of communion and the co-responsibility and participation of the whole People of God in its life and mission, on all levels and distinguishing between various ministries and roles;”[21]
· the level of ecclesial structures and processes, determined also from the theological and canonical point of view, in which the synodal nature of the Church is expressed in an institutional way at the local, regional, and universal levels;
· the level of synodal processes and events in which the Church is convoked by the competent authority, according to specific procedures determined by the ecclesiastical discipline.
Although distinct from a logical point of view, these three levels refer one to the other and must be held together in a coherent way, otherwise a counter-testimony is transmitted, and the Church’s credibility is undermined. In fact, if it is not embodied in structures and processes, the style of synodality easily degrades from the level of intentions and desires to that of rhetoric, while processes and events, if they are not animated by an adequate style, turn out to be empty formalities.
28. Furthermore, in re-reading experiences, it is necessary to keep in mind that “journeying together” can be understood from two different perspectives, which are strongly interconnected. The first perspective looks at the internal life of the particular Churches, at the relationships between their constituent parts (first and foremost between the Faithful and their Pastors, also through the participatory bodies envisaged by the canonical discipline, including the diocesan synod) and the communities into which they are divided (especially parishes). It then considers the relationships between the Bishops and with the Bishop of Rome, also through the intermediate bodies of synodality (Synods of Bishops of the Patriarchal and Major Archdiocesan Churches, Councils of Hierarchs and Assemblies of Hierarchs of the Churches sui iuris, and Episcopal Conferences, with their national, international, and continental expressions). It then extends to the ways in which each particular Church integrates within itself the contribution of the various forms of monastic, religious, and consecrated life, of lay associations and movements, of ecclesial and ecclesiastical institutions of various kinds (schools, hospitals, universities, foundations, charitable and assistance organizations, etc.). Finally, this perspective also embraces relationships and common initiatives with the brothers and sisters of other Christian denominations, with whom we share the gift of the same Baptism.
29. The second perspective considers how the People of God journeys together with the entire human family. Thus, our gaze will focus on the state of relations, dialogue, and possible common initiatives with believers of other religions, with people who are distant from the faith, as well as with specific social environments and groups, with their institutions (the world of politics, culture, economics, finance, labor, trade unions, and business associations, non-governmental and civil society organizations, popular movements, minorities of various kinds, the poor and the excluded, etc.).
Ten Thematic Nuclei to be Explored
30. In order to help highlight the experiences and contribute in a richer way to the consultation, we indicate below ten thematic nuclei that articulate different facets of “lived synodality.” They should be adapted to the different local contexts and, from time to time, integrated, explained, simplified, and deepened, with particular attention paid to those who have more difficulty in participating and responding: the Handbook that accompanies this Preparatory Document offers tools, itineraries, and suggestions so that the different groups of questions can concretely inspire moments of prayer, formation, reflection, and exchange.
I. THE JOURNEYING COMPANIONS
In the Church and in society, we are side by side on the same road. In your local Church, who are the ones “journeying together”? When we say: “our Church,” who is part of it? Who is asking us to journey together? Who are the road companions, including those outside the ecclesial perimeter? What persons or groups are left on the margins, expressly or in fact?
II. LISTENING
Listening is the first step, but it requires having an open mind and heart, without prejudices. To whom does our particular Church “need to listen to”? How are the Laity, especially young people and women, listened to? How do we integrate the contribution of Consecrated Men and Women? What space is there for the voice of minorities, the discarded, and the excluded? Do we identify prejudices and stereotypes that hinder our listening? How do we listen to the social and cultural context in which we live?
III. SPEAKING OUT
All are invited to speak with courage and parrhesia, that is, integrating freedom, truth, and charity. How do we promote a free and authentic style of communication within the community and its organizations, without duplicity and opportunism? And in relation to the society of which we are a part? When and how do we manage to say what is important to us? How does the relationship with the media system (not only Catholic media) work? Who speaks on behalf of the Christian community, and how are they chosen?
IV. CELEBRATING
“Journeying together” is only possible if it is based on communal listening to the Word and the celebration of the Eucharist. How do prayer and liturgical celebration inspire and direct our “journeying together”? How do they inspire the most important decisions? How do we promote the active participation of all the Faithful in the liturgy and the exercise of the sanctifying function? What space is given to the exercise of the ministries of the reader and acolyte?
V. CO-RESPONSIBLE IN THE MISSION
Synodality is at the service of the Church’s mission, in which all her members are called to participate. Since we are all missionary disciples, how is each Baptized person called to be a protagonist in the mission? How does the community support its members committed to service in society (social and political commitment, in scientific research and teaching, in the promotion of social justice, in the protection of human rights, and in caring for the Common home, etc.)? How do you help them to live out these commitments in a logic of mission? How is discernment about mission-related choices made, and who participates in it? How are the different traditions that constitute the patrimony of many Churches, especially the Oriental ones, integrated and adapted, with respect to the synodal style, in view of an effective Christian witness? How does collaboration work in territories where different sui iuris Churches are present?
VI. DIALOGUE IN CHURCH AND SOCIETY
Dialogue is a path of perseverance that also includes silences and sufferings, but which is capable of gathering the experience of persons and peoples. What are the places and modes of dialogue within our particular Church? How are divergences of vision, the conflicts, the difficulties addressed? How do we promote collaboration with neighboring Dioceses, with and among religious communities in the area, with and among lay associations and movements, etc.? What experiences of dialogue and shared commitment do we have with believers of other religions and with non-believers? How does the Church dialogue with and learn from other sectors of society: the world of politics, economics, culture, civil society, the poor…?
VII. WITH THE OTHER CHRISTIAN DENOMINATIONS
The dialogue between Christians of different confessions, united by one Baptism, has a special place in the synodal journey. What relations do we have with the brothers and sisters of other Christian denominations? What areas do they concern? What fruits have we drawn from this “journeying together”? What are the difficulties?
VIII. AUTHORITY AND PARTICIPATION
A synodal Church is a participatory and co-responsible Church. How do we identify the goals to be pursued, the way to achieve them, and the steps to be taken? How is authority exercised within our particular Church? What are the practices of teamwork and co-responsibility? How are lay ministries and the assumption of responsibility by the Faithful promoted? How do synodal bodies function at the level of the particular Church? Are they a fruitful experience?
IX. DISCERNING AND DECIDING
In a synodal style, decisions are made through discernment, based on a consensus that flows from the common obedience to the Spirit. By what procedures and methods do we discern together and make decisions? How can they be improved? How do we promote participation in decision-making within hierarchically structured communities? How do we articulate the consultative phase with the deliberative one, the process of decision-making with the moment of decision-taking? How and with what tools do we promote transparency and accountability?
X. FORMING OURSELVES IN SYNODALITY
The spirituality of journeying together is called to become an educational principle for the formation of the human person and of the Christian, of the families, and of the communities. How do we form people, especially those who hold roles of responsibility within the Christian community, to make them more capable of “journeying together,” listening to one another and engaging in dialogue? What formation do we offer for discernment and the exercise of authority? What tools help us to read the dynamics of the culture in which we are immersed and their impact on our style of Church?
To Contribute to the Consultation
31. The purpose of the first phase of the synodal journey is to foster a broad consultation process in order to gather the wealth of the experiences of lived synodality, in its different articulations and facets, involving the Pastors and the Faithful of the particular Churches at all the different levels, through the most appropriate means according to the specific local realities: the consultation, coordinated by the Bishop, is addressed “to the Priests, Deacons and lay Faithful of their Churches, both individually and in associations, without overlooking the valuable contribution that consecrated men and women can offer” (EC, no. 7). The contribution of the participatory bodies of the particular Churches is specifically requested, especially that of the Presbyteral Council and the Pastoral Council, from which “a synodal Church [can truly] begin to take shape”.[22] Equally valuable will be the contribution of other ecclesial entities to which the Preparatory Document will be sent, as well as that of those who wish to send their own contribution directly. Finally, it will be of fundamental importance that the voice of the poor and excluded also find a place, not only that of those who have some role or responsibility within the particular Churches.
32. The synthesis that each particular Church will elaborate at the end of this work of listening and discernment will constitute its contribution to the journey of the universal Church. To make the subsequent phases of the journey easier and more sustainable, it is important to condense the fruits of prayer and reflection into a maximum of ten pages. If necessary to contextualize and explain them better, other texts can be attached to support or integrate them. We recall that the purpose of the Synod, and therefore of this consultation, is not to produce documents, but “to plant dreams, draw forth prophecies and visions, allow hope to flourish, inspire trust, bind up wounds, weave together relationships, awaken a dawn of hope, learn from one another and create a bright resourcefulness that will enlighten minds, warm hearts, give strength to our hands.”[23]
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Abbreviations
ITC International Theological Commission
DV Vatican Council II, Dogm. Const. Dei Verbum (18 November 1965)
EC Francis, Ap. Const. Episcopalis communio (15 September 2018)
EG Francis, Ap. Exhort. Evangelii gaudium (24 November 2013)
FT Francis, Enc. Lett. Fratelli tutti (3 October 2020)
GS Vatican Council II, Past. Const. Gaudium et spes (7 December 1965)
LG Vatican Council II, Dogm. Const. Lumen gentium (21 November 1964)
LS Francis, Enc. Lett. Laudato si’ (24 May 2015)
UR Vatican Council II, Decree Unitatis redintegratio (21 November 1964)
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[1] The stages of the synodal journey are reported below:
[2] FRANCIS, Address for the ceremony commemorating the 50th anniversary of the institution of the Synod of Bishops (17 October 2015).
[3] Cf. www.synod.va
[4] FRANCIS, Letter to the People of God (20 August 2018), introduction.
[5] Ibid., no. 2.
[6] Ibid.
[7] Ibid.
[8] FRANCIS, Address at the Ceremony Commemorating the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops.
[9] ITC, Synodality in the Life and Mission of the Church (2 March 2018), no. 3.
[10] Ibid.
[11] Ibid., no. 6.
[12] CYPRIAN, The Lord’s Prayer, 23
[13] AUGUSTIN, Letter 194, 31.
[14]JOHN CHRYSOSTOM, Commentary on Psalm 149.
[15] ITC, Synodality in the Life and Mission of the Church, no. 6.
[16] FRANCIS, Address at the Ceremony Commemorating the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops.
[17] ITC, Synodality in the Life and Mission of the Church, no. 69.
[18] BENEDICT, Rule, 3.3.
[19] FRANCIS, Address at the Ceremony Commemorating the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops.
[20] ITC, Synodality in the Life and Mission of the Church, no. 70.
[21] Ibid.
[22] FRANCIS, Address at the Ceremony Commemorating the 50th Anniversary of the Institution of the Synod of Bishops.
[23] FRANCIS, Address at the Opening of the Synod of Bishops on Young People (3 October 2018).
[01156-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Für eine synodale Kirche:
Gemeinschaft, Teilhabe und Sendung
Vorbereitungsdokument
Inhalt
I. Der Appell zum „gemeinsam Gehen“
II. Eine konstitutiv synodale Kirche
III. Im Hören auf die Heilige Schrift
Jesus, die Menge, die Apostel
Eine doppelte Dynamik der Bekehrung: Petrus und Kornelius (Apg 10)
IV. Die Synodalität in Aktion: Wege zur Beratung mit dem Volk Gottes
Die grundlegende Fragestellung
Verschiedene Ausdrucksformen der Synodalität
Zehn zu vertiefende Themenfelder
Zur Beratung beitragen
1. Die Kirche Gottes ist zu einer Synode zusammengerufen. Der Weg, der unter dem Titel steht Für eine synodale Kirche: Gemeinschaft, Teilhabe und Sendung, wird vom 9.-10. Oktober 2021 feierlich in Rom und am folgenden 17. Oktober in jeder Teilkirche eröffnet. Eine grundlegende Etappe wird die Feier der XVI. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode im Oktober 2023[1] sein, auf die dann die Phase der Umsetzung folgt, an der wiederum die Teilkirchen beteiligt sein werden (vgl. EC, Art. 19-21). Mit dieser Einberufung lädt Papst Franziskus die ganze Kirche ein, sich Gedanken zu machen über ein für ihr Leben und ihre Sendung entscheidendes Thema: „Genau dieser Weg der Synodalität ist das, was Gott sich von der Kirche des dritten Jahrtausends erwartet“[2]. Dieser Weg, der der Spur des vom II. Vatikanischen Konzil der Kirche vorgeschlagenen „aggiornamento“ folgt, ist Gabe und Aufgabe: Wenn sie gemeinsam unterwegs ist und gemeinsam über den zurückgelegten Weg nachdenkt, kann die Kirche aus ihren Erfahrungen lernen, welche Prozesse ihr helfen können, die Gemeinschaft zu leben, die Teilhabe aller umzusetzen und sich der Sendung zu öffnen. Unser „gemeinsames Gehen“ ist tatsächlich das, was wesentlich die Natur der Kirche als pilgerndes und missionarisches Volk Gottes verwirklicht und darstellt.
2. Eine grundlegende Fragestellung treibt uns voran und führt uns: wie gestaltet man heute, auf den verschiedenen Ebenen (von der lokalen zur universalen) jenes „gemeinsam Gehen“, das es der Kirche erlaubt, entsprechend der ihr anvertrauten Sendung das Evangelium zu verkünden; und: welche Schritte lädt der Heilige Geist uns ein zu gehen, um als synodale Kirche zu wachsen?
Gemeinsam diese Fragestellung anzugehen erfordert, eine Haltung des Hörens auf den Heiligen Geist einzunehmen, der wie der Wind „weht, wo er will; du hörst sein Brausen, weißt aber nicht, woher er kommt und wohin er geht“ (Joh 3,8), und dabei für die Überraschungen offenzubleiben, die er entlang des Weges sicher für uns bereithält. Auf diese Weise kommt eine Dynamik in Gang, die es erlaubt, damit zu beginnen, einige Früchte zu ernten; Früchte einer synodalen Bekehrung, die nach und nach reifen werden. Es geht hier um Ziele, denen im Hinblick auf die Qualität des kirchlichen Lebens und die Ausübung der evangelisierenden Sendung, an der alle kraft der Taufe und der Firmung teilnehmen, große Bedeutung zukommt. Wir verweisen hier auf die Hauptziele, welche die Synodalität als Form, als Stil und als Struktur der Kirche durchdeklinieren:
· sich daran zu erinnern, wie der Geist den Weg der Kirche in der Geschichte geführt hat, und wie er uns heute einlädt, gemeinsam Zeugen der Liebe Gottes zu sein;
· einen kirchlichen Prozess zu leben, an dem alle teilnehmen können und von dem niemand ausgeschlossen wird, und der jedem – besonders denen, die sich aus verschiedenen Gründen an den Rändern befinden – die Gelegenheit gibt, das Wort zu ergreifen und angehört zu werden, um zum Aufbau des Volkes Gottes beizutragen;
· den Reichtum und die Vielfalt der Gaben und der Charismen anzuerkennen und wertzuschätzen, welche der Geist in aller Freiheit zum Wohl der Gemeinschaft und der ganzen Menschheitsfamilie mitteilt;
· partizipative Weisen der Ausübung der Verantwortung im Hinblick auf die Verkündigung des Evangeliums und im Einsatz für den Aufbau einer schöneren und bewohnbareren Welt auszuprobieren;
· zu überprüfen, wie in der Kirche die Verantwortung und die Macht gelebt werden, wobei auch die Strukturen zu prüfen sind, mittels derer sie gestaltet werden. Dabei werden Vorurteile und unangemessene Praktiken, die nicht im Evangelium gründen, hervortreten, bei denen der Versuch einer Umwandlung vorzunehmen ist;
· die christliche Gemeinschaft als glaubwürdiges Subjekt und verlässlichen Partner anzuerkennen in Bezug auf den sozialen Dialog, die Heilung, die Versöhnung, die Inklusion und die Teilhabe, den Wiederaufbau der Demokratie, die Förderung der Geschwisterlichkeit und der sozialen Freundschaft;
· die Beziehungen zwischen den Gliedern der christlichen Gemeinschaften wie auch zwischen den Gemeinschaften und den anderen sozialen Gruppen, wie z.B. den Gemeinschaften der Gläubigen anderer christlicher Konfessionen und anderer Religionen, den Organisationen der Zivilgesellschaft, den Volksbewegungen usw., wiederzubeleben;
· die Wertschätzung und das Zu-Eigen-Machen der Früchte kürzlich gemachter synodaler Erfahrungen auf universaler, regionaler, nationaler und lokaler Ebene zu fördern.
3. Das vorliegende Vorbereitungsdokument dient dem synodalen Weg vor allem als ein Instrument, um die erste Phase des Zuhörens und der Konsultation des Volkes Gottes in den Teilkirchen (Oktober 2021–April 2022) zu fördern. Dies geschieht in der Hoffnung, die Ideen, die Energien und die Kreativität all derer voranzubringen, die auf diesem Weg teilnehmen, und es soll es ihnen leichter machen, die Früchte ihres Engagements zu teilen. Zu diesem Zweck: 1) beginnt es damit, einige herausstechende Charakteristiken des zeitgeschichtlichen Kontextes zu beschreiben; 2) erläutert es in zusammengefasster Weise die grundlegenden theologischen Bezugspunkte für ein richtiges Verständnis und eine Praxis der Synodalität; 3) bietet es einige biblische Anregungen, welche auf dem Weg die Betrachtung und das betende Nachdenken nähren können; 4) verdeutlicht es einige Perspektiven, von denen ausgehend es möglich ist, die Erfahrung gelebter Synodalität neu zu lesen; 5) stellt es einige Möglichkeiten dar, um diese Arbeit der relecture im Gebet und im gegenseitigen Teilen zum Ausdruck zu bringen. Um in konkreter Weise die Arbeitsorganisation zu begleiten, wird ein methodologisches Vademecum vorgeschlagen, das diesem Vorbereitungsdokument angehängt ist und auf der entsprechenden Homepage abgerufen werden kann[3]. Die Homepage bietet einige Quellen zur Vertiefung des Themas der Synodalität an, die als Unterstützung dieses Vorbereitungsdokumentes zu verstehen sind. Unter diesen Quellen verweisen wir auf zwei, die im Text des Vorbereitungsdokumentes vielfach zitiert werden: die Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode, die von Papst Franziskus am 17. Oktober 2015 gehalten wurde, und das Dokument Die Synodalität im Leben und in der Sendung der Kirche, das von der Internationalen Theologischen Kommission erarbeitet und 2018 publiziert wurde.
I. Der Appell zum „gemeinsamen Gehen“
4. Der synodale Weg verläuft in einem historischen Kontext, der von epochalen Veränderungen der Gesellschaft und einem entscheidenden Übergang im Leben der Kirche gekennzeichnet ist, die nicht ignoriert werden können: wir sind innerhalb der Verästelungen der Komplexität dieses Kontextes, mit seinen Spannungen und seinen Widersprüchen, aufgerufen, „nach den Zeichen der Zeit zu forschen und sie im Licht des Evangeliums zu deuten“ (GS, Nr. 4). Hier werden einige Elemente des globalen Szenariums umschrieben, welche besonders eng mit dem Thema der Synode verbunden sind; dieses Bild muss aber auf lokaler Ebene bereichert und vervollständigt werden.
5. Eine globale Tragödie, wie die COVID-19-Pandemie, „hat für eine gewisse Zeit wirklich das Bewusstsein geweckt, eine weltweite Gemeinschaft in einem Boot zu sein, wo das Übel eines Insassen allen zum Schaden gereicht. Wir haben uns daran erinnert, dass keiner sich allein retten kann, dass man nur Hilfe erfährt, wo andere zugegen sind“ (FT, Nr. 32). Zur gleichen Zeit hat die Pandemie auch die schon vorher bestehenden Ungleichgewichte und Ungleichheiten explodieren lassen: die Menschheit wird immer mehr von Prozessen der Vermassung und der Fragmentierung erschüttert; die tragischen Bedingungen, unter denen die Migranten in allen Regionen der Erde leben, bezeugen, wie hoch und fest die Barrieren immer noch sind, welche die eine Menschheitsfamilie spalten. Die Enzykliken Laudato si’ und Fratelli tutti dokumentieren die Tiefe der Risse, welche die Menschheit durchziehen. Auf diese Analysen können wir uns beziehen, wenn es darum geht, den Schrei der Armen und der Erde zu hören und die Samen der Hoffnung und der Zukunft zu erkennen, die der Geist immer neu in unserer Zeit aufgehen lässt: „Der Schöpfer verlässt uns nicht, niemals macht er in seinem Plan der Liebe einen Rückzieher, noch reut es ihn, uns erschaffen zu haben. Die Menschheit besitzt noch die Fähigkeit zusammenzuarbeiten, um unser gemeinsames Haus aufzubauen“ (LS, Nr. 13).
6. Diese Situation, die – bei allen großen Unterschieden – der ganzen Menschheitsfamilie gemeinsam ist, fordert die Kirche heraus, die Menschen und die Gemeinschaften zu begleiten, wenn es darum geht, die Erfahrungen der Trauer und des Leidens neu zu lesen, welche viele falsche Sicherheiten demaskiert haben, sowie die Hoffnung und den Glauben in die Güte des Schöpfers und seiner Schöpfung zu pflegen. Wir können uns aber nicht davor verstecken, dass die Kirche selbst dem Mangel an Glauben und der Korruption in ihrem Innern entgegenwirken muss. Besonders können wir das Leiden der Minderjährigen und der vulnerablen Personen nicht vergessen, welches sie „wegen sexuellem wie Macht- und Gewissensmissbrauch seitens einer beträchtlichen Zahl von Klerikern und Ordensleuten erfahren haben“[4]. Wir sind beständig „als Volk Gottes gefragt, uns des Schmerzes unserer an Leib und Seele verwundeten Brüder und Schwestern anzunehmen“[5]: Zu lange war die Kirche nicht bereit, in ausreichendem Maß dem Schrei der Opfer zuzuhören. Es handelt sich um tiefe Wunden, die nur schwer zu heilen sind, für welche man nie genug um Verzeihung bitten kann, und die Hindernisse darstellen, zuweilen gewaltige Hindernisse, um in der Perspektive des „gemeinsamen Gehens” voranzuschreiten. Die gesamte Kirche ist aufgerufen, sich der Last einer Kultur bewusst zu werden, die von Klerikalismus gekennzeichnet ist und welche sie aus ihrer Geschichte geerbt hat, sowie derjenigen Formen der Ausübung von Autorität, aus welchen verschiedene Arten des Missbrauchs entspringen können (Missbrauch von Macht, ökonomische Missbräuche, geistlicher Missbrauch, sexueller Missbrauch). „Es ist unmöglich, sich eine Umkehr des kirchlichen Handelns vorzustellen ohne die aktive Teilnahme aller Glieder des Volks Gottes“[6]: gemeinsam bitten wir den Herrn, „dass er uns die Gnade der Umkehr und die innere Salbung schenkt, um angesichts dieser Verbrechen des Missbrauchs unsere Reue und unsere Entschiedenheit, mit Mut dagegen zu kämpfen, zum Ausdruck bringen können“[7].
7. Ungeachtet unserer Untreue wirkt der Geist weiter in der Geschichte und zeigt seine belebende Kraft. Gerade in den Furchen, die von jeder Form des Leidens der Menschheitsfamilie und des Volkes Gottes gezogen wurden, blühen neue Sprachen des Glaubens auf und zeichnen sich neue Wege ab, die uns nicht nur erlauben, die Ereignisse aus einer theologischen Sichtweise zu interpretieren, sondern auch durch Prüfung der Gründe eine neue Grundlegung des Weges christlichen und kirchlichen Lebens zu finden. Es ist ein Grund großer Hoffnung, dass nicht wenige Kirchen schon Treffen und mehr oder weniger strukturierte Prozesse der Konsultation des Volkes Gottes begonnen haben. Wo sie in einem synodalen Stil gestaltet wurden, ist der Sinn für die Kirche neu aufgeblüht und die Teilnahme aller hat dem kirchlichen Leben neuen Schwung gegeben. Der Wunsch der Jugendlichen, eine zentrale Rolle in der Kirche zu übernehmen, wird genauso bestätigt, wie die Bitte um eine größere Wertschätzung der Frauen und um Räume der Teilhabe an der Sendung der Kirche, wie sie schon in den Synodenversammlungen von 2018 und 2019 deutlich wurden. In der gleichen Linie stehen auch die kürzlich erfolgte Errichtung des laikalen Dienstes des Katecheten und die Öffnung des Zugangs zum Dienst des Lektoren und Akolythen für Frauen.
8. Wir können die Vielfältigkeit der Bedingungen nicht ignorieren, unter denen die christlichen Gemeinschaften in den verschiedenen Regionen der Welt leben. Neben Ländern, in denen die Kirche die Mehrheit der Bevölkerung umfasst und für die ganze Gesellschaft einen kulturellen Bezugspunkt darstellt, gibt es andere, in denen die Katholiken eine Minderheit sind; in einigen von ihnen erleiden die Katholiken gemeinsam mit den anderen Christen zum Teil sehr gewaltsame Formen der Verfolgung und nicht selten das Martyrium. Wenn auf der einen Seite eine säkularisierte Mentalität vorherrscht, welche dazu neigt, die Religion aus dem öffentlichen Diskurs zu verbannen, gibt es auf der anderen Seite einen religiösen Integralismus, der die Freiheit der anderen nicht achtet und Formen der Intoleranz und der Gewalt fördert, die sich auch in der christlichen Gemeinschaft und ihren Beziehungen zur Gesellschaft widerspiegeln. Nicht selten übernehmen die Christen eben jene Haltungen und verursachen so Spaltungen und Gegensätze auch in der Kirche. Gleichzeitig gilt es, die Art und Weise im Auge zu behalten, in der sich innerhalb der christlichen Gemeinschaft und in ihrer Beziehung zur Gesellschaft die Risse widerspiegeln., die aus ethischen oder rassischen Gründen, wegen der Kastenzugehörigkeit oder anderer Formen der sozialen Schichtung oder kultureller und struktureller Gewalt, die Gesellschaft durchziehen. Diese Situationen haben eine tiefe Auswirkung auf die Bedeutung des Ausdrucks „gemeinsam Gehen“ und auf die konkreten Möglichkeiten seiner Umsetzung.
9. Innerhalb dieses Kontextes stellt die Synodalität für die Kirche, die dazu aufgerufen ist, sich unter der Wirkung des Heiligen Geistes und dank des Hörens auf das Wort zu erneuern, einen Königsweg dar. Die Fähigkeit, sich eine andere Zukunft für die Kirche und für ihre Institutionen vorstellen zu können, die auf der Höhe der Sendung ist, die sie empfangen hat, hängt zum großen Teil von der Entscheidung ab, Prozesse des Zuhörens, des Dialogs und der gemeinsamen Unterscheidung in Gang zu setzen, an denen alle teilnehmen und ihren Teil beitragen können. Zugleich ist die Entscheidung, „gemeinsam zu gehen“ ein prophetisches Zeichen für eine Menschheitsfamilie, die eines gemeinsamen Projektes bedarf, das das Wohl aller verfolgt. Eine Kirche, die in Treue zu dem was sie verkündet, fähig ist zur Gemeinschaft und zur Geschwisterlichkeit, zur Teilhabe und Subsidiarität, kann sich an die Seite der Armen und der Letzten stellen, um ihnen ihre Stimme zu leihen. Um „gemeinsam zu gehen“ ist es erforderlich, dass wir uns vom Geist zu einer wirklich synodalen Haltung erziehen lassen, um mit Mut und Freiheit des Herzens in einen Prozess der Bekehrung einzutreten, ohne den jene „dauernde Reform, deren sie [die Kirche] allzeit bedarf, soweit sie menschliche und irdische Einrichtung ist“ (UR, Nr. 6; vgl. EG, Nr. 26) nicht möglich ist.
II. Eine konstitutiv synodale Kirche
10. „Was der Herr von uns verlangt, ist in gewisser Weise schon im Wort , Synode‘ enthalten“[8], das „in der Tradition der Kirche ein altes und verehrungswürdiges Wort ist, dessen Bedeutung die tiefsten Inhalte der Offenbarung in Erinnerung ruft“[9]. Es ist „der Herr Jesus, der sich selbst als der Weg und die Wahrheit und das Leben‘ (Joh14,6) offenbart. Und die Christen in seiner Nachfolge werden ursprünglich ,die Anhänger des Weges Jesu‘ (vgl.Apg9,2; 19,9.23; 22.4; 24, 14.22) genannt“ [10]. In dieser Perspektive ist die Synodalität weit mehr, als die Feier kirchlicher Treffen und die Versammlungen von Bischöfen oder eine Frage der einfachen internen Verwaltung der Kirche; sie ist „der spezifischemodus vivendi et operandider Kirche als Gottesvolk, das seine Existenz als Gemeinschaft und Weggemeinschaft manifestiert und konkretisiert, indem es in der Versammlung zusammenkommt und indem alle seine Mitglieder aktiv an seinem Auftrag der Evangelisierung teilnehmen“[11]. Hier verbinden sich daher jene Elemente, die das Thema der Synode als tragende Achsen einer synodalen Kirche vorschlägt: Gemeinschaft, Teilhabe und Sendung. In diesem Kapitel erklären wir in synthetischer Weise einige grundlegende theologische Bezugspunkte, auf welche sich diese Perspektive gründet.
11. Im ersten Jahrtausend war das „gemeinsam Gehen”, d.h. die synodale Praxis, die gewöhnliche Art und Weise des Vorgehens einer Kirche, die verstanden wurde als „Volk, das von der Einheit des Vaters, des Sohnes und des Heiligen Geistes versammelt wurde“[12]. Denjenigen, die den Körper der Kirche zerteilten, haben die Kirchenväter die Gemeinschaft der über die Welt verstreuten Kirchen entgegengehalten, die der Hl. Augustinus als „concordissima fidei conspiratio“[13] bezeichnet hat, d.h. die Übereinstimmung aller Getauften im Glauben. Hier ist die breite Entwicklung einer synodalen Praxis auf allen Ebenen der Kirche – lokal, provinzial, universal – verwurzelt, die in den ökumenischen Konzilien ihren höchsten Ausdruck gefunden hat. In diesem kirchlichen Horizont, der vom Prinzip der Teilnahme aller am kirchlichen Leben inspiriert ist, konnte der hl. Johannes Chrysostomos sagen: „Kirche und Synode sind Synonyme“[14]. Auch im zweiten Jahrtausend, während dessen die Kirche verstärkt die Bedeutung der Hierarchie hervorgehoben hat, ist diese Art und Weise des Vorgehens nicht verschwunden: auf der einen Seite ist im Mittelalter und in der Neuzeit die Feier von Diözesan- und Provinzialsynoden neben derjenigen der ökumenischen Konzilien gut bezeugt. Auf der anderen Seite haben die Päpste, wenn es um die Definition der dogmatischen Wahrheiten ging, die Bischöfe konsultieren wollen, um den Glauben der ganzen Kirche kennenzulernen. Dabei habe sie auf die Autorität des sensus fidei des ganzen Gottesvolkes zurückgegriffen, der „in credendo unfehlbar ist“ (EG, Nr. 119).
12. In dieser Dynamik der Tradition ist das II. Vatikanische Konzil verankert. Es hebt hervor, dass es Gott gefallen hat, „die Menschen nicht einzeln, unabhängig von aller wechselseitigen Verbindung, zu heiligen und zu retten, sondern sie zu einem Volke zu machen, das ihn in Wahrheit anerkennen und ihm in Heiligkeit dienen soll“ (LG, Nr. 9). Den Gliedern des Volkes Gottes ist die Taufe gemeinsam und „wenn auch einige nach Gottes Willen als Lehrer, Ausspender der Geheimnisse und Hirten für die anderen bestellt sind, so waltet doch unter allen eine wahre Gleichheit in der allen Gläubigen gemeinsamen Würde und Tätigkeit zum Aufbau des Leibes Christi“ (LG, Nr. 32). Daher haben alle Getauften „in der Ausübung des vielfältigen und geordneten Reichtums ihrer Charismen, ihrer Berufungen, ihrer Ämter“[15] Anteil am priesterlichen, prophetischen und königlichen Amt Christi und sind aktive Subjekte der Evangelisierung, sei es als Einzelne, sei es als Gesamtheit des Volkes Gottes.
13. Das Konzil hat unterstrichen, dass die Gesamtheit der Gläubigen, Kraft der Salbung des Hl. Geistes, die alle in der Taufe empfangen haben, „im Glauben nicht irren kann. Und diese ihre besondere Eigenschaft macht sie durch den übernatürlichen Glaubenssinn des ganzen Volkes dann kund, wenn sie, von den Bischöfen bis zu den letzten gläubigen Laien‘ ihre allgemeine Übereinstimmung in Sachen des Glaubens und der Sitten äußert“ (LG, Nr. 12). Es ist der Geist, der die Gläubigen „zur ganzen Wahrheit führt“ (Joh 16,13). Durch sein Wirken kennt die „apostolische Überlieferung in der Kirche einen Fortschritt“, denn das ganze heilige Volk Gottes wächst im Verständnis und in der Erfahrung «der überlieferten Dinge und Worte durch das Nachsinnen und Studium der Gläubigen, die sie in ihrem Herzen erwägen (vgl.Lk2,19.51), durch innere Einsicht, die aus geistlicher Erfahrung stammt, durch die Verkündigung derer, die mit der Nachfolge im Bischofsamt das sichere Charisma der Wahrheit empfangen haben; denn die Kirche strebt im Gang der Jahrhunderte ständig der Fülle der göttlichen Wahrheit entgegen, bis an ihr sich Gottes Worte erfüllen“ (DV, Nr. 8). Tatsächlich hält sich das von seinen Hirten versammelte Volk an das heilige Depositum des Wortes, das der Kirche anvertraut wurde, und verharrt beständig in der Lehre der Apostel, in der geschwisterlichen Gemeinschaft, im Brechen des Brotes und im Gebet, „so dass im Festhalten am überlieferten Glauben, in seiner Verwirklichung und seinem Bekenntnis ein einzigartiger Einklang herrscht zwischen Vorstehern und Gläubigen“ (DV, Nr. 10).
14. Die Hirten, von Gott „als «authentische Hüter, Ausleger und Zeugen des Glaubens der ganzen Kirche“» bestellt[16], fürchten daher nicht, der ihnen anvertrauten Herde zuzuhören: die Konsultation des Gottesvolkes bringt keineswegs die Übernahme der Prinzipien der Demokratie, die auf dem Mehrheitsprinzip beruhen, im Innern der Kirche mit sich. Denn Grundlage für die Teilnahme an einem jeden synodalen Prozess ist die geteilte Leidenschaft für die gemeinsame Sendung der Evangelisierung und nicht die Vertretung von Interessen, die untereinander in Konflikt stehen. Mit anderen Worten geht es um einen kirchlichen Prozess, der nicht verwirklicht werden kann, außer „im Leib einer hierarchisch strukturierten Gemeinschaft“[17]. Der einmütige Konsens der ganzen Kirche im gleichen Glauben verwirklicht sich im fruchtbaren Band zwischen dem sensus fidei des Volkes Gottes und der Funktion des Lehramtes der Hirten. Jeder synodale Prozess, in dem die Bischöfe gerufen sind, nicht alleine, sondern im Hören auf das Volk Gottes, «das auch am prophetischen Amt Christi teilnimmt» (LG, Nr. 12), durch geistliche Unterscheidung das herauszufinden, was der Geist der Kirche sagt, ist eine klare Form jenes „gemeinsamen Gehens“, das die Kirche wachsen lässt. Der Hl. Benedikt unterstreicht, wie „der Herr oft die beste Entscheidung“[18] dem offenbart, der in der Gemeinschaft keine herausragende Position hat (in diesem Fall dem Jüngsten); daher sollen die Bischöfe darum bemüht sein, alle zu erreichen, damit sich im geordneten Ablauf des synodalen Weges das verwirklicht, was der Apostel Paulus den Gemeinden empfiehlt: „Löscht den Geist nicht aus! Verachtet prophetisches Reden nicht! Prüft alles und behaltet das Gute„ (1Thess 5,19–21).
15. Der Sinn des Weges, auf den wir gerufen sind, ist es vor allem, das Antlitz und die Gestalt einer synodalen Kirche zu entdecken, in der „jeder etwas zu lernen hat: das gläubige Volk, das Bischofskollegium, der Bischof von Rom – jeder im Hinhören auf die anderen und alle im Hören auf den Heiligen Geist, den „Geist der Wahrheit“ (Joh14,17), um zu erkennen, was er ,den Kirchen sagt‘ (vgl.Offb2,7)“[19]. Der Bischof von Rom, als Prinzip und Fundament der Einheit der Kirche, fordert alle Bischöfe und alle Teilkirchen, in denen und aus denen die eine und einzige katholische Kirche besteht (vgl. LG, Nr. 23), dazu auf, mit Vertrauen und Mut den Weg der Synodalität zu beschreiten. Bei diesem „gemeinsamen Gehen“ bitten wir den Geist, uns entdecken zu lassen, wie die Gemeinschaft, welche die Vielfalt der Gaben, der Charismen und der Dienste zur Einheit führt, der Sendung dient: eine synodale Kirche ist eine Kirche „im Aufbruch“, eine missionarische Kirche, «mit offenen Türen» (EG, Nr. 46). Dies umfasst auch die Einladung, die Beziehung zu den anderen Kirchen und christlichen Gemeinschaften, mit denen wir in der einen Taufe verbunden sind, zu vertiefen. Die Perspektive des „gemeinsamen Gehens“ ist aber noch weiter und umgreift die ganze Menschheit, mit der wir „die Freude und die Hoffnung, die Trauer und die Angst“ (GS, Nr. 1) teilen. Eine synodale Kirche ist ein prophetisches Zeichen, vor allem für eine Gemeinschaft der Nationen, die unfähig ist, ein gemeinsames Projekt vorzuschlagen, um durch dieses das Wohl aller zu verfolgen: die Synodalität zu praktizieren ist heute für die Kirche die klarste Weise, um „allumfassendes Heilssakrament“ (LG, Nr. 48) zu sein, „Zeichen und Werkzeug für die innigste Vereinigung mit Gott wie für die Einheit der ganzen Menschheit“ (LG, Nr. 1).
III. Im Hören auf die Heilige Schrift
16. Der Geist Gottes, der dieses „gemeinsame Gehen“ der Kirchen erleuchtet und lebendig macht, ist der gleiche Geist, der auch in der Sendung Jesu wirkt, und den Aposteln sowie den Generationen der Jünger verheißen wird, die das Wort Gottes hören und es befolgen. Gemäß der Verheißung des Herrn beschränkt sich der Geist nicht darauf, die Kontinuität des Evangeliums Jesu zu bestätigen, sondern vertieft das Verständnis seiner Offenbarung und inspiriert die notwendigen Entscheidungen, um den Weg der Kirche zu unterstützen (vgl. Joh 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Daher ist es angemessen, dass unser Weg des Aufbaus einer synodalen Kirche von zwei Bildern der Schrift inspiriert wird. Eines tritt in der Darstellung der „Gemeinschaftsszene“ hervor, welche beständig den Weg der Evangelisierung begleitet; das andere bezieht sich auf die Erfahrung des Geistes, in welcher Petrus und die Urgemeinschaft das Risiko erkennen, das entsteht, wenn man ungerechtfertigte Grenzen für die Mitteilung des Glaubens zieht. Die synodale Erfahrung des „gemeinsamen Gehens“ in der Nachfolge des Herrn und im Gehorsam gegenüber dem Geist kann von diesen beiden Ereignissen der Offenbarung eine entscheidende Anregung empfangen.
Jesus, die Menge, die Apostel
17. In ihrer grundsätzlichen Gestaltung erscheint eine originäre Szene als Konstante der Art und Weise, wie Jesus sich durch die Verkündigung des kommenden Reiches Gottes in den Evangelien offenbart. Es sind im Wesentlichen drei Akteure (plus einer). Der erste ist natürlich Jesus, in absoluter Weise der Protagonist, der die Initiative ergreift, indem er die Worte und die Zeichen des Kommens des Reiches aussät, und zwar „ohne auf die Person zu sehen“ (vgl. Apg. 10,34). In verschiedenen Formen richtet Jesus eine besondere Aufmerksamkeit auf die von Gott „Getrennten“ und auf die von der Gemeinschaft „Ausgestoßenen“ (in der Sprache der Evangelien: die Sünder und die Armen). Mit seinen Worten und seinen Taten bietet er im Namen Gottes des Vaters und in der Kraft des Heiligen Geistes die Befreiung vom Bösen und die Bekehrung zur Hoffnung hin an. Wenn auch die Berufungen und die Antworten auf den Ruf des Herrn verschieden sind, besteht das gemeinsame Kennzeichen darin, dass der Glaube immer als Wertschätzung der Person zum Ausdruck kommt: ihr Gebet wird erhört, ihren Schwierigkeiten wird Hilfe geleistet, ihre Verfügbarkeit wird wertgeschätzt, ihre Würde wird durch den Blick Gottes bestätigt und der Anerkennung durch die Gemeinschaft zurückgegeben.
18. Die Tätigkeit der Evangelisierung und die Botschaft des Heiles wären tatsächlich nicht verständlich ohne die beständige Offenheit Jesu für den Gesprächspartner, und zwar in der weitest möglichen Art und Weise, welche die Evangelien als die Menge bezeichnen, d.h. die Gesamtheit der Personen, die ihm auf dem Weg folgen, und ihn manchmal sogar in der Hoffnung auf ein Zeichen und ein Wort des Heils verfolgen: hier haben wir den zweiten Akteur in der Szene der Offenbarung. Die Verkündigung des Evangeliums ist nicht nur an einige Erleuchtete oder Erwählte gerichtet. Der Gesprächspartner Jesu ist „das Volk“ des gewöhnlichen Alltags, der „Jedermann“ der menschlichen Wesensart, den er direkt in Kontakt mit der Gabe Gottes und der Berufung zum Heil bringt. In einer Weise, welche die Zeugen überrascht und teilweise skandalisiert, nimmt Jesus all diejenigen als Gesprächspartner an, die aus der Menge heraustreten: er hört sich die leidenschaftlichen Einwände der kanaanäischen Frau an (Mt 15,21-28), die es nicht akzeptieren kann, dass sie vom Segen, den Er bringt, ausgeschlossen wird; er tritt in den Dialog mit der Samaritanerin ein (Joh 4,1-42), ungeachtet der Tatsache, dass sie als Frau sozial und religiös kompromittiert ist; er ruft den freien und dankbaren Akt des Glaubens des Blindgeborenen hervor (Joh 9), den die offizielle Religion als jemanden zurückgewiesen hatte, der jenseits der Reichweite der Gnade lebt.
19. Einige folgen Jesus in ausdrücklicherer Weise und erfahren dabei die Treue der Jüngerschaft, während andere dazu eingeladen werden, in ihr alltägliches Leben zurückzukehren: alle aber bezeugen die Kraft des Glaubens, der sie gerettet hat (vgl. Mt 15,28). Unter denen, die Jesus folgen, kommt der Gestalt der Apostel, die Er selbst von Anfang an beruft, eine besondere Bedeutung zu. Er bestimmt sie als autoritative Vermittler der Beziehung zwischen der Menge und der Offenbarung und dem Kommen des Reiches Gottes. Das Auftauchen dieses dritten Akteurs in der Szene erfolgt nicht dank einer Heilung oder einer Bekehrung, sondern fällt mit dem Ruf Jesu zusammen. Die Wahl der Apostel ist nicht ein Privileg einer exklusiven Machtposition und einer Absonderung, sondern die Gnade eines alle einschließenden Dienstes des Segens und der Gemeinschaft. Dank der Gabe des Geistes des auferstandenen Herrn dürfen sie die Stelle Jesu bewahren, ohne ihn zu ersetzen: nicht, um Filter im Hinblick auf seine Gegenwart einzusetzen, sondern um es leicht zu machen, ihm zu begegnen.
20. Jesus, die Menge in ihrer Verschiedenheit, die Apostel: hier haben wir das Bild und das Geheimnis, das es beständig zu betrachten und zu vertiefen gilt, damit die Kirche immer mehr das wird, was sie ist. Keiner der drei Akteure kann die Szene verlassen. Wenn Jesus fehlt und ein anderer sich an seine Stelle setzt, wird die Kirche zu einem Vertrag zwischen den Aposteln und der Menge, deren Dialog darauf hinausläuft, dem Drehbuch des politischen Spiels zu folgen. Ohne die von Jesus autorisierten und vom Geist belehrten Apostel wird die Beziehung zur Wahrheit des Evangeliums unterbrochen, und die Menge bleibt einem Mythos oder einer Ideologie über Jesus ausgesetzt, ob sie ihn nun annimmt oder ablehnt. Ohne die Menge wird die Beziehung der Apostel zu Jesus zu einer sektenähnlichen und selbstbezogenen Form von Religion korrumpiert und die Evangelisierung verliert ihr Licht, das von der Offenbarung herkommt, die Gott von sich aus direkt jedem gewährt, indem er ihm sein Heil anbietet.
21. Es gibt dann noch einen Darsteller „mehr“, den Gegner, der die teuflische Trennung zwischen den anderen dreien in die Szene einbringt. Angesichts der verstörenden Perspektive des Kreuzes gibt es Jünger, die weggehen, und Teile der Menge, deren Stimmung umschwenkt. Die Hinterlist, die Gegensätze aufbaut – und daher einem gemeinsamen Weg entgegensteht – kommt ununterscheidbar in den Formen der religiösen Strenge, der moralischen Verfügung, die sich gegenüber derer Jesus als anspruchsvoller darstellt, und der Verführung einer weltlichen politischen Weisheit zum Ausdruck, die sich für wirksamer hält, als die Unterscheidung der Geister. Um sich den Betrügereien des „vierten Akteurs“ zu entziehen, ist eine beständige Bekehrung erforderlich. In dieser Hinsicht ist die Episode des Hauptmanns Kornelius (vgl. Apg 10) emblematisch. Sie geht jenem „Konzil“ von Jerusalem voraus (vgl. Apg 15), das einen entscheidenden Bezugspunkt für die synodale Kirche darstellt.
Eine doppelte Dynamik der Bekehrung: Petrus und Kornelius (Apg 10)
22. Die Episode erzählt vor allem die Bekehrung des Kornelius, der sogar eine Art von Verkündigung erhält. Kornelius ist Heide, vermutlich Römer, Hauptmann (ein Offizier niederen Ranges) des Besatzungsheeres. Er übt einen Beruf aus, der sich auf Gewalt und Missbrauch gründet. Und dennoch kennt er das Gebet und die Almosen, d.h. er pflegt eine Beziehung zu Gott und nimmt sich des Nächsten an. Gerade zu ihm kommt überraschenderweise der Engel und ermahnt ihn, seine Diener nach Joppe zu schicken – das Verb der Sendung – um Petrus zu rufen – das Verb der Berufung. An dieser Stelle wird die Erzählung zum Bericht über die Bekehrung Petri, der am gleichen Tag eine Vision empfangen hat, in der eine Stimme ihm befiehlt, Tiere, von denen einige unrein sind, zu schlachten und zu essen. Seine Antwort ist entschieden: „Niemals, Herr!“ (Apg 10,14). Er erkennt, dass der Herr zu ihm spricht, aber er setzt ihm eine klare Verweigerung entgegen, denn diese Weisung zerstört Gebote der Torah, die für seine religiöse Identität unverzichtbar sind. Sie verkörpern eine Art und Weise, die Erwählung als Unterschied zu verstehen, welche den anderen Völkern gegenüber Trennung und Ausschließlichkeit bedeutet.
23. Der Apostel bleibt zutiefst verwirrt zurück und während er sich fragt, was geschehen ist, kommen die von Kornelius geschickten Männer, die der Geist ihm als seine Gesandten bezeichnet. Ihnen antwortet Petrus mit Worten, die an diejenigen erinnern, die Jesus im Garten sagt: „Ich bin der, den ihr sucht“ (Apg 10,21). Es geht hier um eine wirkliche und echte Bekehrung, um einen schmerzhaften und überaus fruchtbaren Übergang, der das Verlassen der eigenen kulturellen und religiösen Kategorien mit sich bringt: Petrus akzeptiert es, gemeinsam mit den Heiden die Speisen zu essen, die er immer für verboten gehalten hatte und erkennt darin ein Mittel des Lebens und der Gemeinschaft mit Gott und den anderen. In dieser Begegnung mit den Menschen, die er aufnimmt, mit denen er gemeinsam unterwegs ist und in deren Häuser er eintritt, wird ihm die Bedeutung seiner Vision bewusst: kein menschliches Wesen ist in den Augen Gottes unwürdig und der durch die Erwählung entstandene Unterschied bedeutet keine exklusive Bevorzugung, sondern Dienst und Zeugnis in weltumspannender Weise.
24. Sowohl Kornelius als auch Petrus beziehen andere Menschen in ihr Bekehrungsgeschehen mit ein und machen sie dadurch zu Weggefährten. Die apostolische Tätigkeit verwirklicht den Willen Gottes, indem sie Gemeinschaft bildet, Zäune niederreißt und die Begegnung fördert. In der Begegnung zwischen den beiden Protagonisten spielt das Wort eine zentrale Rolle. Kornelius beginnt damit, die von ihm erlebte Erfahrung zu teilen. Petrus hört ihm zu und ergreift danach das Wort. Er teilt seinerseits mit, was ihm geschehen ist und bezeugt dadurch die Nähe des Herrn, der jedem Menschen entgegenkommt, um ihn von dem zu befreien, was ihn zum Gefangenen des Bösen werden lässt und die Menschheit beschämt (vgl. Apg 10,38). Diese Art der Kommunikation ist derjenigen ähnlich, der sich Petrus bedient, als ihn in Jerusalem die beschnittenen Gläubigen zurechtweisen und ihn beschuldigen, die traditionellen Normen, auf die sich ihre ganze Aufmerksamkeit zu richten scheint, ohne auf die Ausgießung des Geistes zu achten, überschritten zu haben: „Du bist bei Unbeschnittenen eingekehrt und hast mit ihnen gegessen!“ (Apg 11,3). In diesem Moment des Konfliktes erzählt Petrus, was ihm geschehen ist, auch seine Reaktion der Verwirrung, des Unverständnisses und des Widerstandes. Genau das hilft seinen Gesprächspartnern, die anfänglich aggressiv und verhärtet sind, dabei, zuzuhören und das, was geschehen ist, anzunehmen. Die Schrift wird dazu beitragen, den Sinn zu verstehen, so wie dies später im „Konzil“ von Jerusalem geschieht, wo ein Prozess der Unterscheidung stattfindet, der in einem gemeinsamen Hören auf den Geist besteht.
IV. Die Synodalität in Aktion:
Wege zur Beratung mit dem Volk Gottes
25. Erleuchtet durch das Wort Gottes und in der Tradition gegründet, ist der synodale Weg im konkreten Leben des Volkes Gottes verwurzelt. Er stellt tatsächlich eine Besonderheit dar, die zugleich eine außerordentliche Ressource ist: sein Objekt – die Synodalität – ist auch seine Methode. Mit anderen Worten, er stellt eine Art von Baustelle oder Pilotprojekt dar, welche es erlaubt, von Anfang an damit zu beginnen, die Früchte der Dynamik zu ernten, welche die schrittweise synodale Umkehr der christlichen Gemeinschaft schenkt. Auf der anderen Seite kann er nicht anders, als auf die Erfahrungen von Synodalität zurückzuverweisen, die auf den verschiedenen Ebenen und in verschiedenen Intensitätsgraden gelebt werden: ihre Stärken und ihre Erfolge genauso wie ihre Grenzen und ihre Schwierigkeiten stellen im Hinblick auf die Unterscheidung in Bezug auf die Richtung, in der es sich weiter zu bewegen gilt, wertvolle Elemente dar. Sicherlich wird hier Bezug auf die Erfahrungen genommen, die durch den hier vorgestellten synodalen Weg in Gang kommen, aber auch auf all die, in denen schon Formen des „gemeinsamen Gehens“ im alltäglichen Leben erfahren werden, auch wenn man den Begriff Synodalität nicht einmal kennt oder gebraucht.
Die grundlegende Fragestellung
26. Wie schon zu Beginn in Erinnerung gerufen wurde, ist die grundlegende Fragestellung bei dieser Konsultation des Volkes Gottes die folgende:
Eine synodale Kirche, die das Evangelium verkündet, „geht gemeinsam“: wie verwirklicht sich dieses „gemeinsame Gehen“ heute in Ihren Teilkirchen? Welche Schritte lädt der Geist uns ein, zu gehen, um in unserem „gemeinsam Gehen“ zu wachsen?
Um zu antworten, sind Sie eingeladen:
a) sich zu fragen, welche Erfahrungen in Ihrer Teilkirche die grundlegende Fragestellung in Erinnerung ruft;
b) Diese Erfahrungen vertieft neu zu betrachten: welche Freuden haben sie hervorgerufen? Auf welche Schwierigkeiten und Hindernisse sind sie gestoßen? Welche Wunden haben sie ans Licht gebracht? Welche Intuitionen haben sie hervorgerufen?
c) Die Früchte zu sammeln, die es zu teilen gilt: wo ist in diesen Erfahrungen die Stimme des Geistes hörbar? Was erwartet er von uns? Welches sind die zu bestätigenden Punkte, die Perspektiven der Veränderung, die zu gehenden Schritte? Wo ist ein Konsens feststellbar? Welche Wege öffnen sich für unsere Teilkirche?
Verschiedene Ausdrucksformen der Synodalität
27. Beim Gebet, bei der Reflexion und dem Teilen, die von der grundlegenden Fragestellung angeregt werden, ist es angemessen, drei Ebenen im Blick zu behalten, auf denen sich die Synodalität als „konstitutive Dimension der Kirche“[20] artikuliert:
· Die Ebene des Stiles, in dem die Kirche normalerweise lebt und arbeitet und der die Natur des Volkes Gottes zum Ausdruck bringt, das gemeinsam geht und sich in Versammlungen zusammenfindet, die vom Herrn Jesus in der Kraft des Heiligen Geistes einberufen werden, um das Evangelium zu verkünden. Dieser Stil verwirklicht sich „durch das gemeinschaftliche Hören auf das Wort und die Feier der Eucharistie, die Geschwisterlichkeit der Gemeinschaft und die Mitverantwortlichkeit und die Teilhabe des ganzen Volkes Gottes an ihrem Leben und ihrer Sendung, und zwar auf seinen unterschiedlichen Ebenen und in der Unterscheidung der verschiedenen Ämter und Rollen“[21].
· Die Ebene der Strukturen und kirchlichen Prozesse, die auch aus theologischer und kirchenrechtlicher Sicht bestimmt sind, und in denen sich die synodale Natur der Kirche auf institutionelle Art und Weise auf der lokalen, regionalen und universalen Ebene zum Ausdruck bringt.
· Die Ebene der synodalen Prozesse und Ereignisse, bei denen die Kirche nach spezifischen Prozeduren, die von der kirchlichen Disziplin bestimmt werden, von der zuständigen Autorität zusammengerufen wird.
Auch wenn sie aus Sicht der Logik voneinander unterschieden werden können, beziehen sich diese drei Ebenen doch aufeinander und müssen in kohärenter Weise zusammen betrachtet werden. Andernfalls wird ein Gegenzeugnis weitergetragen und die Glaubwürdigkeit der Kirche unterminiert. Wenn der Stil der Synodalität nämlich nicht in Strukturen und Prozesse umgesetzt wird, fällt er leicht von der Ebene der Absichten und der Wünsche auf die Ebene der Rhetorik herab, während Prozesse und Ereignisse, wenn sie nicht durch einen entsprechenden Stil belebt werden, zu leeren Formalitäten werden.
28. Darüber hinaus soll beim Nachdenken über die Erfahrungen gegenwärtig bleiben, dass das „gemeinsame Gehen” aus zwei verschiedenen Perspektiven verstanden werden kann, die aber untereinander aufs Engste verbunden sind. Die erste schaut auf das Leben innerhalb der Teilkirchen, auf die Beziehungen unter den Subjekten, die sie konstituieren (in erster Linie diejenigen zwischen den Gläubigen und ihren Hirten, auch durch die von der kirchenrechtlichen Ordnung vorgesehenen Teilhabeorgane, einschließlich der Diözesansynode), und auf die Gemeinschaften, in denen sie eingeteilt sind (in besonderer Weise die Pfarreien). Sie betrachtet dann die Beziehungen der Bischöfe untereinander und mit dem Bischof von Rom, auch im Zusammenhang mit den Organen der Synodalität auf der Zwischenebene (Synoden der Bischöfe der katholischen Ostkirchen, Räte und Versammlungen der Hierarchen der Kirchen sui iuris und Bischofskonferenzen in ihren nationalen, internationalen und kontinentalen Ausdrucksformen). Dann weitet sich der Blick auf die verschiedenen Weisen, in denen jede Teilkirche in ihrem Innern den Beitrag der verschiedenen Formen des monastischen Lebens, des Ordenslebens und des Geweihten Lebens, der Vereinigungen und Laienbewegungen, der kirchlichen Institutionen verschiedener Art (Schulen, Krankenhäuser, Universitäten, Stiftungen, karitative Einrichtungen, usw.) integriert. Schließlich umfasst diese Perspektive auch die Beziehungen zu und die gemeinsamen Initiativen mit den Schwestern und Brüdern der anderen christlichen Konfessionen, mit denen wir die Gabe der gleichen Taufe teilen.
29. Die zweite Perspektive nimmt in den Blick, wie das Volk Gottes gemeinsam mit der ganzen Menschheitsfamilie unterwegs ist. Dieser Blick richtet sich auf die Beziehungen, den Dialog und die eventuellen gemeinsamen Unternehmungen mit den Gläubigen anderer Religionen, mit Menschen, die dem Glauben fernstehen, sowie auch mit dem sozialen Umfeld und besonderen sozialen Gruppen, mit ihren Einrichtungen (Welt der Politik, der Kultur, der Wirtschaft, der Finanzen, der Arbeit, Gewerkschaften und Unternehmervereinigungen, Nichtregierungsorganisationen, Organisationen der Zivilgesellschaft, Volksbewegungen, verschiedene Minderheiten, Arme, Ausgegrenzte, usw.).
Zehn zu vertiefende Themenfelder
30. Um dabei zu helfen, dass Erfahrungen ans Licht kommen und um in reicherer Weise zur Konsultation beizutragen, werden im Folgenden auch zehn Themenfelder benannt, in denen verschiedene Facetten der „gelebten Synodalität“ zum Ausdruck kommen. Sie müssen an die unterschiedlichen Kontexte vor Ort angepasst und nach und nach ergänzt, erklärt, vereinfacht und vertieft werden, wobei denjenigen besondere Aufmerksamkeit zu schenken ist, die größere Schwierigkeiten haben, teilzunehmen und zu antworten: das Vademecum, welches dieses Vorbereitungsdokument begleitet, bietet diesbezüglich Instrumente, Wege und Vorschläge an, damit die verschiedenen Fragenfelder konkret Momente des Gebetes, der Ausbildung, des Nachdenkens und des Austausches anregen können.
I. DIE WEGGEFÄHRTEN
In der Kirche und in der Gesellschaft gehen wir Seite an Seite auf der gleichen Straße. Wer sind in Ihrer Teilkirche diejenigen, die „gemeinsam gehen“? Wenn gesagt wird „unsere Kirche” – wer gehört dazu? Wer bittet darum, gemeinsam zu gehen? Wer sind die Reisegefährten, auch außerhalb des kirchlichen Sprengels? Welche Personen oder Gruppen werden absichtlich oder tatsächlich außen vorgelassen?
II. ZUHÖREN
Das Zuhören ist der erste Schritt. Es erfordert aber, ohne Vorurteile, offenen Geistes und Herzens zu sein. Wem gegenüber hat Ihre Teilkirche eine „Bringschuld des Zuhörens“? Wie wird den Laien, besonders den Jugendlichen und den Frauen, zugehört? Wie wird der Beitrag der gottgeweihten Frauen und Männer integriert? Welchen Raum hat die Stimme der Minderheiten, der Ausgestoßenen und der Ausgeschlossenen? Gelingt es, Vorurteile und Stereotypen zu identifizieren, die das Zuhören behindern? Wie wird auf den sozialen und kulturellen Kontext gehört, in dem Sie leben?
III. DAS WORT ERGREIFEN
Alle sind eingeladen, mit Mut und Freimut [Parrhesie] zu sprechen, d.h. Freiheit, Wahrheit und Liebe zu integrieren. Wie wird innerhalb der Gemeinschaft und ihrer Organe ein freier und authentischer kommunikativer Stil gefördert, ohne Doppeldeutigkeit und Opportunismus? Wie sieht es im Hinblick auf die Gesellschaft aus, deren Teil wir sind? Wann und wie gelingt es, das zu sagen, was Ihnen am Herzen liegt? Wie funktioniert die Beziehung zu den Medien (nicht nur der katholischen)? Wer spricht im Namen der christlichen Gemeinschaft, und wie wird er oder sie ausgewählt?
IV. FEIERN
Ein „gemeinsames Gehen” ist nur möglich, wenn es im gemeinsamen Hören auf das Wort Gottes und in der Feier der Eucharistie gründet. Auf welche Weise inspirieren und orientieren tatsächlich das Gebet und die Feier der Liturgie das „gemeinsame Gehen“? Wie werden Ihre wichtigsten Entscheidungen inspiriert? Wie werden die aktive Teilnahme aller Gläubigen an der Liturgie und am Heiligungsdienst gefördert? Welcher Platz wird der Ausübung des Lektoren- und Akolythen-Dienstes eingeräumt?
V. MITVERANTWORTUNG IN DER SENDUNG
Die Synodalität steht im Dienst der Sendung der Kirche, an der teilzuhaben alle Glieder berufen sind. Alle sind missionarische Jünger. Auf welche Weise wird jeder Getaufte aufgerufen, Protagonist der Sendung zu sein? Wie unterstützt die Gemeinschaft die eigenen Mitglieder, die in einem Dienst in der Gesellschaft engagiert sind (sozialer und politischer Einsatz, Tätigkeit in der wissenschaftlichen Forschung und in der Lehre, in der Förderung der sozialen Gerechtigkeit, im Schutz der Menschenrechte und der Pflege des gemeinsamen Hauses, usw.)? Wie hilft sie ihnen, diesen Einsatz in einer missionarischen Perspektive zu leben? Wie erfolgt die Unterscheidung im Hinblick auf die Sendung und wer an ihr teilnimmt? Wie wurden die verschiedenen Traditionen im Hinblick auf den synodalen Stil bezüglich eines wirksamen christlichen Zeugnisses integriert und angepasst, die den Reichtum verschiedener Kirchen, besonders der orientalischen darstellen? Wie funktioniert die Zusammenarbeit in den Gebieten, in denen verschiedene Kirchen sui iuris zu finden sind?
VI. IN DER KIRCHE UND IN DER GESELLSCHAFT DIALOG FÜHREN
Der Dialog ist ein Weg der Beständigkeit, der auch Schweigen und Leiden umfasst, aber in der Lage ist, die Erfahrungen der Menschen und der Völker aufzugreifen. Welches sind die Orte und die Modalitäten des Dialoges im Inneren unserer Teilkirche? Wie wird mit den unterschiedlichen Sichtweisen, mit Konflikten und Schwierigkeiten umgegangen? Wie wird die Zusammenarbeit mit den benachbarten Diözesen, mit und unter den religiösen Gemeinschaften, die im Territorium präsent sind, mit und unter den Vereinigungen und Laienbewegungen, usw. gefördert? Welche Erfahrungen des Dialogs und des gemeinsamen Bemühens mit Gläubigen anderer Religionen oder mit Nichtgläubigen können weitergeführt werden? Wie tritt die Kirche mit anderen Instanzen der Gesellschaft in Dialog und lernt von ihnen: der Welt der Politik, der Wirtschaft, der Zivilgesellschaft, der Armen ...?
VII. MIT DEN ANDEREN CHRISTLICHEN KONFESSIONEN
Der Dialog unter Christen verschiedener Konfessionen, vereint in der einen Taufe, hat im synodalen Weg einen besonderen Rang. Welche Beziehungen werden mit den Schwestern und Brüdern der anderen christlichen Konfessionen unterhalten? Welche Bereiche sind umfasst? Welche Früchte sind durch dieses „gemeinsame Gehen“ gereift? Welche Schwierigkeiten sind entstanden?
VIII. AUTORITÄT UND TEILNAHME
Eine synodale Kirche ist eine Kirche der Teilhabe und der Mitverantwortung. Wie werden die zu verfolgenden Ziele, die einzuschlagenden Wege und die zu erfolgenden Schritte festgelegt? Wie wird innerhalb unserer Teilkirche die Autorität ausgeübt? Wie sieht die Praxis der Teamarbeit und der Mitverantwortung aus? Wie werden die laikalen Dienste und die Übernahme von Verantwortung durch die Gläubigen gefördert? Wie funktionieren die synodalen Organismen auf Ebene der Teilkirche? Stellen sie eine fruchtbare Erfahrung dar?
IX. UNTERSCHEIDEN UND ENTSCHEIDEN
In einem synodalen Stil wird durch Unterscheidung auf der Basis eines Konsenses entschieden, der aus dem gemeinsamen Gehorsam gegenüber dem Geist hervorgeht. Durch welche Prozeduren und mit welchen Methoden wird unterschieden und wo werden Entscheidungen getroffen? Wie kann das verbessert werden? Wie wird die Teilnahme an Entscheidungen innerhalb hierarchisch strukturierter Gemeinschaften gefördert? Wie wird die Phase der Konsultation mit derjenigen der Entscheidung verbunden, den Prozess des decision-making mit dem Moment des decision-taking? Auf welche Art und Weise und durch welche Mittel werden Transparenz und Rechenschaft gefördert?
X. SICH IN DER SYNODALITÄT BILDEN
Die Spiritualität des „gemeinsamen Gehens“ ist dazu berufen, Bildungsprinzip der menschlichen und christlichen Person, der Familien und der Gemeinschaften, zu werden. Wie werden die Menschen ausgebildet, besonders diejenigen, die innerhalb der christlichen Gemeinschaft verantwortliche Stellen einnehmen, um sie zu befähigen, „gemeinsam zu gehen“, sich gegenseitig zuzuhören und miteinander in Dialog zu treten? Welche Ausbildung wird im Hinblick auf die Unterscheidung und die Ausübung der Autorität angeboten? Welche Instrumente helfen, die Dynamiken der Kultur, in die Sie hineingestellt sind, und ihre Auswirkung auf den Stil als Kirche zu verstehen?
Zur Beratung beitragen
31. Ziel der ersten Phase des synodalen Weges ist es, einen umfassenden Prozess der Konsultation zu fördern, um den Reichtum der gelebten Erfahrung von Synodalität in ihren verschiedenen Ausdrucksformen und Facetten zusammenzutragen. Hierbei sollen die Hirten und die Gläubigen der Teilkirchen auf allen unterschiedlichen Ebenen einbezogen werden. Dies geschieht durch die Mittel, die entsprechend der Realität vor Ort am angemessensten sind: Die Konsultation, die vom Bischof koordiniert wird, richtet sich an die „Priester, Diakone und Laien ihrer Kirchen – Einzelpersonen oder auch entsprechenden Vereinigungen – ohne dabei den wertvollen Beitrag zu vernachlässigen, der von den gottgeweihten Männern und Frauen kommen kann“ (EC, Nr. 7). In besonderer Weise wird der Beitrag der Räte und Gremien der Teilkirchen erbeten, besonders des Priesterrates und des diözesanen Pastoralrates. Davon ausgehend kann wirklich «eine synodale Kirche allmählich Gestalt annehmen»[22]. Genauso wichtig wird auch der Beitrag der anderen kirchlichen Entitäten sein, denen das Vorbereitungsdokument zugeschickt wird, wie auch der Beitrag derjenigen, die ihn direkt übersenden wollen. Schließlich ist es von grundlegender Bedeutung, dass auch die Stimme der Armen und Ausgeschlossenen Raum findet und nicht nur die Stimme derer, die innerhalb der Teilkirchen eine Rolle oder eine Verantwortung haben.
32. Die Zusammenfassung, welche jede Teilkirche am Ende dieser Arbeit des Zuhörens und der Unterscheidung erarbeitet, stellt ihren Beitrag zum Weg der Universalkirche dar. Um die folgenden Phasen des Weges leichter umsetzbar zu machen, ist es wichtig, dass es gelingt, die Früchte des Gebetes und des Nachdenkens zu synthetisieren, und zwar auf maximal zehn Seiten. Wenn es erforderlich ist, das Ergebnis zu kontextualisieren und besser zu erklären, können andere Texte zur Unterstützung oder Ergänzung beigelegt werden. Wir erinnern daran, dass es nicht Zweck dieser Synode und daher auch nicht der Konsultation ist, Dokumente zu produzieren, sondern „Träume aufkeimen zu lassen, Prophetien und Visionen zu wecken, Hoffnungen erblühen zu lassen, Vertrauen zu wecken, Wunden zu verbinden, Beziehungen zu knüpfen, eine Morgenröte der Hoffnung aufleben zu lassen, voneinander zu lernen und eine positive Vorstellungswelt zu schaffen, die den Verstand erleuchtet, das Herz erwärmt, neue Kraft zum Anpacken gibt“[23].
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Abkürzungen
CTI Internationale Theologische Kommission
DV II. Vatikanisches Konzil, Dogm. Konst. Dei Verbum (18. November 1965)
EC Franziskus, Ap. Konst. Episcopalis communio (15. September 2018)
EG Franziskus, Ap. Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013)
FT Franziskus, Enzyklika Fratelli tutti (3. Oktober 2020)
GS II. Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes (7. Dezember 1965)
LG II. Vatikanisches Konzil, Dogm. Konst. Lumen gentium (21. November 1964)
LS Franziskus, Enzyklika Laudato si’ (24. Mai 2015)
UR II. Vatikanisches Konzil, Dekr. Unitatis redintegratio (21. November 1964)
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[1] In der folgenden Grafik werden in schematischer Weise die Etappen des synodalen Weges dargestellt.
[2] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode, 17. Oktober 2015.
[3] Cf. www.synod.va
[4] Franziskus, Schreiben an das Volk Gottes (20. August 2018), Vorwort.
[5] Ebd., Nr. 2.
[6] Ebd.
[7] Ebd.
[8] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode.
[9] CTI, Die Synodalität im Leben und in der Sendung der Kirche (2. März 2018), Nr. 3.
[10] Ebd.
[11] Ebd., Nr. 6.
[12] Cyprian, De Orat. dom., 23.
[13] Augustinus, Epistola 194, 31.
[14] Johannes Chrysostomos, Explicatio in Ps. 149.
[15] CTI, Die Synodalität im Leben und in der Sendung der Kirche, Nr. 6.
[16] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode.
[17] CTI, Die Synodalität im Leben und in der Sendung der Kirche, Nr. 69.
[18] Benedikt, Regel, 3. 3.
[19] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode.
[20] CTI, Die Synodalität im Leben und in der Sendung der Kirche, Nr. 70.
[21] Ebd.
[22] Franziskus, Ansprache bei der 50-Jahrfeier der Errichtung der Bischofssynode.
[23] Franziskus, Ansprache zu Beginn der Jugendsynode (3. Oktober 2018).
[01156-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Por una Iglesia sinodal:
comunión, participación y misión
Documento preparatorio
Índice
I. La llamada a caminar juntos
II. Una Iglesia constitutivamente sinodal
III. En la escucha de las Escrituras
Jesús, la multitud, los apóstoles
Una doble dinámica de conversión: Pedro y Cornelio (Hch 10)
IV. La sinodalidad en acción: pistas para la consulta al Pueblo de Dios
La pregunta fundamental
Diversas articulaciones de la sinodalidad
Diez núcleos temáticos para profundizar
Para contribuir a la consultación
1. La Iglesia de Dios es convocada en Sínodo. El camino, cuyo título es «Por una Iglesia sinodal: comunión, participación y misión», se iniciará solemnemente el 9-10 de octubre del 2021 en Roma y el 17 de octubre siguiente en cada Iglesia particular. Una etapa fundamental será la celebración de la XVI Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, en el mes de octubre del 2023[1], a la cual seguirá la fase de actuación, que implicará nuevamente a las Iglesias particulares (cf. EC, art. 19-21). Con esta convocatoria, el Papa Francisco invita a toda la Iglesia a interrogarse sobre un tema decisivo para su vida y su misión: «Precisamente el camino de la sinodalidad es el camino que Dios espera de la Iglesia del tercer milenio»[2]. Este itinerario, que se sitúa en la línea del «aggiornamento» de la Iglesia propuesto por el Concilio Vaticano II, es un don y una tarea: caminando juntos, y juntos reflexionando sobre el camino recorrido, la Iglesia podrá aprender, a partir de lo que irá experimentando, cuáles son los procesos que pueden ayudarla a vivir la comunión, a realizar la participación y a abrirse a la misión. Nuestro “caminar juntos”, en efecto, es lo que mejor realiza y manifiesta la naturaleza de la Iglesia como Pueblo de Dios peregrino y misionero.
2. Una pregunta fundamental nos impulsa y nos guía: ¿cómo se realiza hoy, a diversos niveles (desde el local al universal) ese “caminar juntos” que permite a la Iglesia anunciar el Evangelio, de acuerdo a la misión que le fue confiada; y qué pasos el Espíritu nos invita a dar para crecer como Iglesia sinodal?
Enfrentar juntos esta cuestión exige disponerse a la escucha del Espíritu Santo, que, como el viento, «sopla donde quiere: oyes su voz, pero no sabes de dónde viene ni a dónde va» (Jn 3,8), permaneciendo abiertos a las sorpresas que ciertamente preparará para nosotros a lo largo del camino. De este modo, se pone en acción un dinamismo que permite comenzar a recoger algunos frutos de una conversión sinodal, que madurarán progresivamente. Se trata de objetivos de gran relevancia para la calidad de vida eclesial y para el desarrollo de la misión evangelizadora, en la cual todos participamos en virtud del Bautismo y de la Confirmación. Indicamos aquí los principales, que manifiestan la sinodalidad como forma, como estilo y como estructura de la Iglesia:
· hacer memoria sobre cómo el Espíritu ha guiado el camino de la Iglesia en la historia y nos llama hoy a ser juntos testigos del amor de Dios;
· vivir un proceso eclesial participado e inclusivo, que ofrezca a cada uno – en particular a cuantos por diversas razones se encuentran en situaciones marginales – la oportunidad de expresarse y de ser escuchados para contribuir en la construcción del Pueblo de Dios;
· reconocer y apreciar la riqueza y la variedad de los dones y de los carismas que el Espíritu distribuye libremente, para el bien de la comunidad y en favor de toda la familia humana;
· experimentar modos participados de ejercitar la responsabilidad en el anuncio del Evangelio y en el compromiso por construir un mundo más hermoso y más habitable;
· examinar cómo se viven en la Iglesia la responsabilidad y el poder, y las estructuras con las que se gestionan, haciendo emerger y tratando de convertir los prejuicios y las prácticas desordenadas que no están radicadas en el Evangelio;
· sostener la comunidad cristiana come sujeto creíble y socio fiable en caminos de diálogo social, sanación, reconciliación, inclusión y participación, reconstrucción de la democracia, promoción de la fraternidad y de la amistad social;
· regenerar las relaciones entre los miembros de las comunidades cristianas, así como también entre las comunidades y los otros grupos sociales, por ejemplo, comunidades de creyentes de otras confesiones y religiones, organizaciones de la sociedad civil, movimientos populares, etc.;
· favorecer la valoración y la apropiación de los frutos de las recientes experiencias sinodales a nivel universal, regional, nacional y local.
3. El presente Documento Preparatorio se ofrece como servicio al camino sinodal, en particular como instrumento para favorecer la primera fase de escucha y consultación de Pueblo de Dios en las Iglesias particulares (octubre de 2021 – abril de 2022), con la esperanza de contribuir a poner en movimiento las ideas, las energías y la creatividad de todos aquellos que participarán en el itinerario, y facilitar la coparticipación de los frutos de sus compromisos. Con este objetivo: 1) comienza trazando algunas características sobresalientes del contexto contemporáneo; 2) ilustra sintéticamente las referencias teológicas fundamentales para una correcta comprensión y actuación de la sinodalidad; 3) ofrece algunas indicaciones bíblicas que podrán alimentar la meditación y la reflexión orante a lo largo del camino; 4) ilustra algunas perspectivas a partir de las cuales releer las experiencias de sinodalidad vividas; 5) expone algunas pistas para articular este trabajo de relectura en la oración y en la coparticipación. Para acompañar concretamente la organización de los trabajos se propone un Vademecum metodológico, adjunto al presente Documento Preparatorio y disponible en el correspondiente sito[3]. El sito ofrece algunos recursos para profundizar el tema de la sinodalidad, como apoyo a este Documento Preparatorio; entre ellos indicamos dos, varias veces citados a continuación: el Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos, pronunciado por el Papa Francisco el 17 de octubre del 2015, y el documento La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia, elaborado por la Comisión Teológica Internacional y publicado en el 2018.
I. La llamada a caminar juntos
4. El camino sinodal se desarrolla dentro de un contexto histórico caracterizado por cambios “epocales” de la sociedad y por una etapa crucial de la vida de la Iglesia, que no es posible ignorar: es en los pliegues de este contexto complejo, en sus tensiones y contradicciones, donde estamos llamados a «escrutar a fondo los signos de los tiempos e interpretarlos a la luz del Evangelio» (GS, n. 4). Se señalan aquí algunos elementos del escenario global más estrechamente vinculados con el tema del Sínodo, pero el cuadro deberá enriquecerse y completarse a nivel local.
5. Una tragedia global como la pandemia del COVID-19 «despertó durante un tiempo la consciencia de ser una comunidad mundial que navega en una misma barca, donde el mal de uno perjudica a todos. Recordamos que nadie se salva solo, que únicamente es posible salvarse juntos» (FT, n. 32). Al mismo tiempo la pandemia ha hecho detonar las desigualdades y las injusticias ya existentes: la humanidad aparece cada vez más sacudida por procesos de masificación y de fragmentación; la trágica condición que viven los migrantes en todas las regiones del mundo atestiguan cuán altas y fuertes son aún las barreras que dividen la única familia humana. Las Encíclicas Laudato si’ y Fratelli Tutti explicitan la profundidad de las fracturas que marcan los caminos de la humanidad, y a esos análisis podemos hacer referencia para disponernos a la escucha del clamor de los pobres y del clamor la tierra y reconocer las semillas de esperanza y de futuro que el Espíritu continúa a hacer germinar también en nuestro tiempo: «El Creador no nos abandona, nunca hizo marcha atrás en su proyecto de amor, no se arrepiente de habernos creado. La humanidad aún posee la capacidad de colaborar para construir nuestra casa común» (LS, n. 13).
6. Esta situación, que, no obstante las grandes diferencias, une a la entera familia humana, pone a prueba la capacidad de la Iglesia para acompañar a las personas y a las comunidades para que puedan releer experiencias de luto y de sufrimiento, que han encubierto muchas falsas seguridades, y para cultivar la esperanza y la fe en la bondad del Creador y de su creación. Sin embargo, no podemos escondernos: la misma Iglesia debe afrontar la falta de fe y la corrupción también dentro de ella. En particular, no podemos olvidar el sufrimiento vivido por personas menores y adultos vulnerables «a causa de abusos sexuales, de poder y de consciencia cometidos por un notable número de clérigos y personas consagradas»[4]. Continuamente somos interpelados «como Pueblo de Dios a asumir el dolor de nuestros hermanos vulnerados en su carne y en su espíritu»[5]: por mucho tiempo el de las víctimas ha sido un clamor que la Iglesia no ha sabido escuchar suficientemente. Se trata de heridas profundas, que difícilmente se cicatrizan, por las cuales no se pedirá nunca suficiente perdón y que constituyen obstáculos, a veces imponentes, para proceder en la dirección del “caminar juntos”. La Iglesia entera está llamada a confrontarse con el peso de una cultura impregnada de clericalismo, heredada de su historia, y de formas de ejercicio de la autoridad en las que se insertan los diversos tipos de abuso (de poder, económicos, de conciencia, sexuales). Es impensable «una conversión del accionar eclesial sin la participación activa de todos los integrantes del Pueblo de Dios»[6]: pidamos juntos al Señor «la gracia de la conversión y la unción para poder expresar, ante estos crímenes de abuso, nuestra compunción y nuestra decisión de luchar con valentía»[7].
7. No obstante nuestras infidelidades, el Espíritu continúa actuando en la historia y mostrando su potencia vivificante. Precisamente en los surcos excavados por los sufrimientos de todo tipo padecidos por la familia humana y por el Pueblo de Dios están floreciendo nuevos lenguajes de fe y nuevos caminos capaces, no sólo de interpretar los eventos desde un punto de vista teologal, sino también de encontrar en medio de las pruebas las razones para refundar el camino de la vida cristiana y eclesial. Es un motivo de gran esperanza que no pocas Iglesias hayan ya comenzado a organizar encuentros y procesos de consulta al Pueblo de Dios, más o menos estructurados. Allí donde tales procesos han sido organizados según un estilo sinodal, el sentido de Iglesia ha florecido y la participación de todos ha dado un nuevo impulso a la vida eclesial. Se confirman igualmente el deseo de protagonismo dentro de la Iglesia por parte de los jóvenes, y la solicitud de una mayor valoración de las mujeres y de espacios de participación en la misión de la Iglesia, ya señalados por las Asambleas sinodales de 2018 y de 2019. En esta misma línea se ha de considerar la reciente institución del ministerio laical de catequista y la apertura a las mujeres del acceso a los ministerios del lectorado y del acolitado.
8. No podemos ignorar la variedad de condiciones en las que viven las comunidades cristianas en las diversas regiones del mundo. Junto a países en los cuales la Iglesia reúne la mayoría de la población y representa una referencia cultural para toda la sociedad, existen otros países en los cuales los católicos son una minoría; en algunos de estos países, los católicos, junto con los otros cristianos, experimentan formas de persecución, incluso muy violentas, y a menudo el martirio. Si, por una parte, predomina una mentalidad secularizada que tiende a expulsar la religión del espacio público, por otra parte, existe un integrismo religioso, que no respeta la libertad de los otros, alimenta formas de intolerancia y de violencia, que se reflejan también en la comunidad cristiana y en sus relaciones con la sociedad. No es infrecuente que los cristianos asuman estas mismas actitudes, fomentando también las divisiones y las contraposiciones también en la Iglesia. Igualmente, es necesario tener presente el modo en que repercuten, dentro de la comunidad cristiana y en sus relaciones con la sociedad, las fracturas que caracterizan a esta última, por razones étnicas, raciales, de casta o por otras formas de estratificación social o de violencia cultural y estructural. Estas situaciones tienen un profundo impacto en el significado de la expresión “caminar juntos” y en las posibilidades concretas de ponerlas en acto.
9. En este contexto, la sinodalidad representa el camino principal para la Iglesia, llamada a renovarse bajo la acción del Espíritu y gracias a la escucha de la Palabra. La capacidad de imaginar un futuro diverso para la Iglesia y para las instituciones a la altura de la misión recibida depende en gran parte de la decisión de comenzar a poner en práctica procesos de escucha, de diálogo y de discernimiento comunitario, en los que todos y cada uno puedan participar y contribuir. Al mismo tiempo, la opción de “caminar juntos” es un signo profético para una familia humana que tiene necesidad de un proyecto compartido, capaz de conseguir el bien de todos. Una Iglesia capaz de comunión y de fraternidad, de participación y de subsidiariedad, en la fidelidad a lo que anuncia, podrá situarse al lado de los pobres y de los últimos y prestarles la propia voz. Para “caminar juntos” es necesario que nos dejemos educar por el Espíritu en una mentalidad verdaderamente sinodal, entrando con audacia y libertad de corazón en un proceso de conversión sin el cual no será posible la «perenne reforma, de la que la Iglesia misma, en cuanto institución humana y terrena, tiene siempre necesidad» (UR, n. 6; cf. EG, n. 26).
II. Una Iglesia constitutivamente sinodal
10. «Lo que el Señor nos pide, en cierto sentido, ya está todo contenido en la palabra “Sínodo”»[8], que «es una palabra antigua muy venerada por la Tradición de la Iglesia, cuyo significado se asocia con los contenidos más profundos de la Revelación»[9]. Es el «Señor Jesús que se presenta a sí mismo como “el camino, la verdad y la vida” (Jn 14,6)», y «los cristianos, sus seguidores, en su origen fueron llamados “los discípulos del camino” (cf. Hch 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22)»[10]. La sinodalidad, en esta perspectiva, es mucho más que la celebración de encuentros eclesiales y asambleas de obispos, o una cuestión de simple administración interna en la Iglesia; la sinodalidad «indica la específica forma de vivir y obrar (modus vivendi et operandi) de la Iglesia Pueblo de Dios que manifiesta y realiza en concreto su ser comunión en el caminar juntos, en el reunirse en asamblea y en el participar activamente de todos sus miembros en su misión evangelizadora»[11]. Se entrelazan así aquellos elementos que el título del Sínodo propone como ejes principales de una Iglesia sinodal: comunión, participación y misión. Ilustramos en este capítulo de manera sintética algunas referencias teológicas esenciales sobre las cuales se fundamenta esta perspectiva.
11. En el primer milenio “caminar juntos”, es decir, practicar la sinodalidad, fue el modo de proceder habitual de la Iglesia entendida como “un pueblo reunido en virtud de la unidad del Padre y del Hijo y del Espíritu Santo»[12]. A quienes dividían el cuerpo eclesial, los Padres de la Iglesia opusieron la comunión de las Iglesias extendidas por todo el mundo, que San Agustín describía como «concordissima fidei conspiratio»[13], es decir, como el acuerdo en la fe de todos los Bautizados. Aquí echa sus raíces el amplio desarrollo de una praxis sinodal a todos los niveles de la vida de la Iglesia – local, provincial, universal –, que ha encontrado en el Concilio ecuménico su manifestación más alta. Es en este horizonte eclesial, inspirado en el principio de la participación de todos en la vida eclesial, donde San Juan Crisóstomo podrá decir: «Iglesia y Sínodo son sinónimos»[14]. También en el segundo milenio, cuando la Iglesia ha subrayado más la función jerárquica, no disminuyó este modo de proceder: si en el medievo y en época moderna la celebración de sínodos diocesanos y provinciales está bien documentada junto a la de los concilios ecuménicos, cuando se ha tratado de definir verdades dogmáticas, los papas han querido consultar a los obispos para conocer la fe de toda la Iglesia, recurriendo a la autoridad del sensus fidei de todo el Pueblo de Dios, que es «infalible “in credendo”» (EG, n. 119).
12. A este dinamismo de la Tradición se ha anclado el Concilio Vaticano II. Esto demuestra que «fue voluntad de Dios el santificar y salvar a los hombres, no aisladamente, sin conexión alguna de unos con otros, sino constituyendo un pueblo, que le confesara en verdad y le sirviera santamente» (LG, n. 9). Los miembros del Pueblo de Dios están unidos por el Bautismo y «aun cuando algunos, por voluntad de Cristo, han sido constituidos doctores, dispensadores de los misterios y pastores para los demás, existe una auténtica igualdad entre todos en cuanto a la dignidad y a la acción común a todos los Fieles en orden a la edificación del Cuerpo de Cristo» (LG, n. 32). Por lo tanto, todos los Bautizados, al participar de la función sacerdotal, profética y real de Cristo, «en el ejercicio de la multiforme y ordenada riqueza de sus carismas, de su vocación, de sus ministerios»[15], son sujetos activos de evangelización, tanto singularmente como formando parte integral del Pueblo de Dios.
13. El Concilio ha subrayado como, en virtud de la unción del Espíritu Santo recibida en el Bautismo, la totalidad de los Fieles «no puede equivocarse cuando cree, y esta prerrogativa peculiar suya la manifiesta mediante el sentido sobrenatural de la fe de todo el pueblo cuando “desde los Obispos hasta los últimos fieles laicos” presta su consentimiento universal en las cosas de fe y costumbres» (LG, n. 12). Es el Espíritu que guía a los creyentes «hasta la verdad plena» (Jn 16,13). A través de su obra «la Tradición, que deriva de los Apóstoles, progresa en la Iglesia» porque todo el Pueblo santo de Dios crece en la comprensión y en la experiencia «de las cosas y de las palabras transmitidas, ya por la contemplación y el estudio de los creyentes, que las meditan en su corazón (cf. Lc 2,19.51), ya por la percepción íntima que experimentan de las cosas espirituales, ya por el anuncio de aquellos que con la sucesión del episcopado recibieron el carisma cierto de la verdad» (DV, n. 8). En efecto, ese Pueblo, reunido por sus Pastores, se adhiere al sacro depósito de la Palabra de Dios confiado a la Iglesia, persevera constantemente en la enseñanza de los Apóstoles, en la comunión fraterna, en la fracción del pan y en la oración, «y así se realiza una maravillosa concordia de Pastores y Fieles en conservar, practicar y profesar la fe recibida» (DV, n. 10).
14. Los Pastores, como «auténticos custodios, intérpretes y testimonios de la fe de toda la Iglesia»[16], no teman, por lo tanto, disponerse a la escucha de la grey a ellos confiada: la consulta al Pueblo de Dios no implica que se asuman dentro de la Iglesia los dinamismos de la democracia radicados en el principio de la mayoría, porque en la base de la participación en cada proceso sinodal está la pasión compartida por la común misión de evangelización y no la representación de intereses en conflicto. En otras palabras, se trata de un proceso eclesial que no puede realizase si no «en el seno de una comunidad jerárquicamente estructurada»[17]. Es en el vínculo profundo entre el sensus fidei del Pueblo de Dios y la función del magisterio de los pastores donde se realiza el consenso unánime de toda la Iglesia en la misma fe. Cada proceso sinodal, en el que los obispos son llamados a discernir lo que el Espíritu dice a la Iglesia no solos, sino escuchando al Pueblo de Dios, que «participa también de la función profética de Cristo» (LG, n. 12), es una forma evidente de ese «caminar juntos» que hace crecer a la Iglesia. San Benito subraya como «muchas veces el Señor revela al más joven lo que es mejor»[18], es decir, a quien no ocupa posiciones de relieve en la comunidad; así, los obispos tengan la preocupación de alcanzar a todos, para que en el desarrollo ordenado del camino sinodal se realice lo que el apóstol Pablo recomienda a la comunidad: «No extingan la acción del Espíritu; no desprecien las profecías; examínenlo todo y quédense con lo bueno» (1Ts 5,19-21).
15. El sentido del camino al cual todos estamos llamados consiste, principalmente, en descubrir el rostro y la forma de una Iglesia sinodal, en la que «cada uno tiene algo que aprender. Pueblo fiel, Colegio episcopal, Obispo de Roma: uno en escucha de los otros; y todos en escucha del Espíritu Santo, el “Espíritu de verdad” (Jn 14,17), para conocer lo que Él “dice a las Iglesias” (Ap 2,7)»[19]. El Obispo de Roma, en cuanto principio y fundamento de la unidad de la Iglesia, pide a todos los Obispos y a todas las Iglesias particulares, en las cuales y a partir de las cuales existe la Iglesia católica, una y única (cf. LG, n. 23), que entren con confianza y audacia en el camino de la sinodalidad. En este “caminar juntos”, pedimos al Espíritu que nos ayude a descubrir cómo la comunión, que compone en la unidad la variedad de los dones, de los carismas y de los ministerios, es para la misión: una Iglesia sinodal es una Iglesia “en salida”, una Iglesia misionera, «con las puertas abiertas» (EG, n. 46). Esto incluye la llamada a profundizar las relaciones con las otras Iglesias y comunidades cristianas, con las que estamos unidos por el único Bautismo. La perspectiva del “caminar juntos”, además, es todavía más amplia, y abraza a toda la humanidad, con que compartimos «los gozos y las esperanzas, las tristezas y las angustias» (GS, n. 1). Una Iglesia sinodal es un signo profético sobre todo para una comunidad de las naciones incapaz de proponer un proyecto compartido, a través del cual conseguir el bien de todos: practicar la sinodalidad es hoy para la Iglesia el modo más evidente de ser «sacramento universal de salvación» (LG, n. 48), «signo e instrumento de la unión íntima con Dios y de la unidad de todo el género humano» (LG, n. 1).
III. En la escucha de las Escrituras
16. El Espíritu de Dios, que ilumina y vivifica este “caminar juntos” de las Iglesias, es el mismo que actúa en la misión de Jesús, prometido a los Apóstoles y a las generaciones de los discípulos que escuchan la Palabra de Dios y la ponen en práctica. El Espíritu, según la promesa del Señor, no se limita a confirmar la continuidad del Evangelio de Jesús, sino que ilumina las profundidades siempre nuevas de su Revelación e inspira las decisiones necesarias para sostener el camino de la Iglesia (cf. Jn 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Por eso es oportuno que nuestro camino de construcción de una Iglesia sinodal se inspire en dos “imágenes” de la Escritura. Una emerge en la representación de la “escena comunitaria”, que acompaña constantemente el camino de la evangelización; la otra se refiere a la experiencia del Espíritu en la cual Pedro y la comunidad primitiva reconocen el riesgo de poner límites injustificados a la coparticipación de la fe. La experiencia sinodal del caminar juntos, siguiendo las huellas del Señor y en la obediencia al Espíritu, podrá recibir una inspiración decisiva de la meditación de estos dos momentos de la Revelación.
Jesús, la multitud, los apóstoles
17. En su estructura fundamental, una escena originaria aparece como una constante del modo en que Jesús se revela a lo largo de todo el Evangelio, anunciando la llegada del Reino de Dios. Los actores en juego son esencialmente tres (más uno). El primero, naturalmente, es Jesús, el protagonista absoluto que toma la iniciativa, sembrando las palabras y los signos de la llegada del Reino sin hacer «acepción de personas» (cf. Hch 10,34). De diversas maneras, Jesús se dirige con especial atención a los que están “separados” de Dios y a los “abandonados” por la comunidad (los pecadores y los pobres, en el lenguaje evangélico). Con sus palabras y sus acciones ofrece la liberación del mal y la conversión a la esperanza, en nombre de Dios Padre y con la fuerza del Espíritu Santo. No obstante la diversidad de los llamados y de las respuestas de acogida al Señor, la característica común es que la fe emerge siempre como valoración de la persona: su súplica es escuchada, a su dificultad se da ayuda, su disponibilidad es apreciada, su dignidad es confirmada por la mirada de Dios y restituida al reconocimiento de la comunidad.
18. La acción evangelizadora y el mensaje de salvación, en efecto, no serían comprensibles sin la constante apertura de Jesús al interlocutor más amplio posible, que los Evangelios indican como la multitud, es decir el conjunto de personas que lo siguen a lo largo del camino, y a veces incluso van detrás de Él en la esperanza de un signo y de una palabra de salvación: he aquí el segundo actor de la escena de la Revelación. El anuncio evangélico no se dirige sólo a pocos iluminados o elegidos. El interlocutor de Jesús es “el pueblo” de la vida común, uno “cualquiera” de la condición humana, que Él pone directamente en contacto con el don de Dios y la llamada a la salvación. De un modo que sorprende y a veces escandaliza a los testigos, Jesús acepta como interlocutores a todos aquellos que forman parte de la multitud: escucha las apasionadas quejas de la mujer cananea (cf. Mt 15,21-28), que no puede aceptar ser excluida de la bendición que Él trae consigo; dialoga con la Samaritana (cf. Jn 4, 1-42), no obstante su condición de mujer comprometida social y religiosamente; pide el acto de fe libre y agradecido del ciego de nacimiento (cf. Jn 9), que la religión oficial había excluido del perímetro de la gracia.
19. Algunos siguen más explícitamente a Jesús, experimentando la fidelidad del discipulado, mientras a otros se les invita a volver a su vida ordinaria: todos, sin embargo, dan testimonio de la fuerza de la fe que los ha salvado (cf. Mt 15,28). Entre los que siguen a Jesús destaca la figura de los apóstoles que Él mismo llama desde el comienzo, destinándolos a la cualificada mediación en la relación de la multitud con la Revelación y con la llegada del Reino de Dios. El ingreso en la escena de este tercer actor no tiene lugar gracias a una curación o a una conversión, sino que coincide con la llamada de Jesús. La elección de los apóstoles no es el privilegio de una posición exclusiva de poder y de separación, sino la gracia de un ministerio inclusivo de bendición y de comunión. Gracias al don del Espíritu del Señor resucitado, ellos deben custodiar el lugar que ocupa Jesús, sin sustituirlo: no para poner filtros a su presencia, sino para que sea más fácil encontrarlo.
20. Jesús, la multitud en su variedad, los apóstoles: he aquí la imagen y el misterio que ha de ser contemplado y profundizado continuamente para que la Iglesia llegue a ser siempre más aquello que es. Ninguno de los tres actores puede salir de la escena. Si falta Jesús y en su lugar se ubica otro, la Iglesia se transforma en un contrato entre los apóstoles y la multitud, cuyo diálogo terminará por seguir los intereses del juego político. Sin los apóstoles, autorizados por Jesús e instruidos por el Espíritu, el vínculo con la verdad evangélica se interrumpe y la multitud queda expuesta a un mito o a una ideología sobre Jesús, ya sea que lo acepte o que lo rechace. Sin la multitud, la relación de los apóstoles con Jesús se corrompe en una forma sectaria y autorreferencial de la religión y la evangelización pierde entonces su luz, que proviene solo de Dios, el cual se revela directamente a cada uno, ofreciéndole su salvación.
21. Además existe otro actor “que se agrega”, el antagonista, que introduce en la escena la separación diabólica de los otros tres. Ante la desconcertante perspectiva de la cruz, hay discípulos que se alejan y gente que cambia de humor. La insidia que divide – y por lo tanto contrasta un camino común – se manifiesta indiferentemente en las formas del rigorismo religioso, de la intimación moral que se presenta más exigente que la de Jesús, y de la seducción de una sabiduría política mundana que pretende ser más eficaz que el discernimiento de espíritus. Para eludir los engaños del “cuarto actor” es necesaria una conversión continua. A este respecto resulta emblemático el episodio del centurión Cornelio (cf. Hch 10), antecedente de aquel “concilio” de Jerusalén (cf. Hch 15), que constituye una referencia crucial para una Iglesia sinodal.
Una doble dinámica de conversión: Pedro y Cornelio (Hch 10)
22. El episodio narra ante todo la conversión de Cornelio, que recibe verdaderamente una suerte de anunciación. Cornelio es un pagano, presumiblemente un romano, centurión (oficial de bajo grado) del ejército de ocupación, que ejerce una actividad basada en la violencia y la prepotencia. Sin embargo, se dedica a la oración y a la limosna, es decir, cultiva su relación con Dios y se preocupa por el prójimo. Precisamente el ángel entra sorprendentemente en su casa, lo llama por su nombre y lo exhorta a enviar – ¡el verbo de la misión! – a sus siervos a Haifa para llamar – ¡el verbo de la vocación! – a Pedro. El texto se refiere, entonces, a la narración de la conversión de este último, que ese mismo día ha recibido la visión en la cual una voz le ordena matar y comer de los animales, algunos de los cuales son impuros. Su respuesta es decidida: «De ninguna manera, Señor» (Hch 10,14). Reconoce que es el Señor que le habla, pero le opone una neta resistencia, porque esa orden anula preceptos de la Torá, irrenunciables por su identidad religiosa, que expresan un modo de entender la elección como diferencia que implica separación y exclusión respecto a los otros pueblos.
23. El apóstol queda profundamente turbado y, mientras se pregunta acerca del sentido de lo ocurrido, llegan los hombres mandados por Cornelio, que el Espíritu le indica como sus enviados. A ellos Pedro responde con palabras que evocan las de Jesús en el huerto: «Yo soy el que buscan» (Hch 10,21). Es una verdadera y profunda conversión, un paso doloroso e inmensamente fecundo de abandono de las propias categorías culturales y religiosas: Pedro acepta comer junto con los paganos el alimento que siempre había considerado prohibido, reconociéndolo como instrumento de vida y de comunión con Dios y con los otros. Es en el encuentro con las personas, acogiéndolas, caminando junto a ellas y entrando en sus casas, como él descubre el significado de su visión: ningún ser humano es indigno a los ojos de Dios y la diferencia instituida por la elección no es preferencia exclusiva, sino servicio y testimonio de dimensión universal.
24. Tanto Cornelio como Pedro implican a otros en sus caminos de conversión, haciendo de ellos compañeros de camino. La acción apostólica realiza la voluntad de Dios creando comunidad, derribando muros y promoviendo el encuentro. La palabra asume un rol central en el encuentro entre los dos protagonistas. Cornelio comienza por compartir la experiencia que ha vivido. Pedro lo escucha y a continuación toma la palabra, comunicando a su vez lo que le ha sucedido y dando testimonio de la cercanía del Señor, que va al encuentro de cada persona para liberarla de aquello que la tiene prisionera del mal y la mortifica en su humanidad (cf. Hch 10,38). Este modo de comunicar es similar al que Pedro adoptará cuando, en Jerusalén, los fieles circuncidados le reprocharán y le acusarán de haber violado las normas tradicionales, sobre las que ellos parecen concentrar toda su atención, desatendiendo la efusión del Espíritu: «Has entrado en casa de incircuncisos y has comido con ellos» (Hch 11,3). En ese momento de conflicto, Pedro cuenta lo que le ha sucedido y sus reacciones de desconcierto, incomprensión y resistencia. Justamente esto ayudará a sus interlocutores, inicialmente agresivos y refractarios, a escuchar y acoger aquello que ha ocurrido. La Escritura contribuirá a interpretar el sentido, como después sucederá también en el “concilio” de Jerusalén, en un proceso de discernimiento que es una escucha en común del Espíritu.
IV. La sinodalidad en acción:
pistas para la consulta al Pueblo de Dios
25. Iluminado por la Palabra y fundado en la Tradición, el camino sinodal está enraizado en la vida concreta del Pueblo de Dios. En efecto, presenta una particularidad que es también una extraordinaria riqueza: su sujeto – la sinodalidad – es también su método. En otras palabras, constituye una especie de taller o de experiencia piloto, que permite comenzar a recoger desde el comienzo los frutos del dinamismo que la progresiva conversión sinodal introduce en la comunidad cristiana. Por otra parte, no se puede evitar la referencia a las experiencias de sinodalidad ya vividas, a diversos niveles y con diferentes grados de intensidad: los puntos de fuerza y los éxitos de tales experiencias, así como también sus límites y dificultades, ofrecen elementos valiosos para el discernimiento sobre la dirección en la que continúan avanzando. Ciertamente se hace referencia a las experiencias realizadas por el actual camino sinodal, pero también a todas aquellas experiencias en las que se experimentan formas de “caminar juntos” en la vida ordinaria, incluso cuando ni siquiera se conoce o se usa el término sinodalidad.
La pregunta fundamental
26. La pregunta fundamental que guía esta consulta al Pueblo de Dios, come se ha recordado en la introducción, es la siguiente:
En una Iglesia sinodal, que anuncia el Evangelio, todos “caminan juntos”: ¿cómo se realiza hoy este “caminar juntos” en la propia Iglesia particular? ¿Qué pasos nos invita a dar el Espíritu para crecer en nuestro “caminar juntos”?
Para responder se invita a:
a) preguntarse sobre las experiencias en la propia Iglesia particular que hacen referencia a la pregunta fundamental;
b) releer más profundamente estas experiencias: ¿qué alegrías han provocado? ¿qué dificultades y obstáculos se han encontrado? ¿qué heridas han provocado? ¿qué intuiciones han suscitado?
c) recoger los frutos para compartir: ¿dónde resuena la voz del Espíritu en estas experiencias? ¿qué nos está pidiendo esa voz? ¿cuáles son los puntos que han de ser confirmados, las perspectivas de cambio y los pasos que hay que cumplir? ¿dónde podemos establecer un consenso? ¿qué caminos se abren para nuestra Iglesia particular?
Diversas articulaciones de la sinodalidad
27. En la oración, reflexión y coparticipación suscitadas por la pregunta fundamental, es oportuno tener presente tres planos en los cuales se articula la sinodalidad como «dimensión constitutiva de la Iglesia»[20]:
· el plano del estilo con el cual la Iglesia vive y actúa ordinariamente, que expresa su naturaleza de Pueblo de Dios que camina unido y se reúne en asamblea convocado por el Señor Jesús con la fuerza del Espíritu Santo para anunciar el Evangelio. Este estilo se realiza a través de «la escucha comunitaria de la Palabra y la celebración de la Eucaristía, la fraternidad de la comunión y la corresponsabilidad y participación de todo el Pueblo de Dios, en sus diferentes niveles y en la distinción de los diversos ministerios y roles, en su vida y en su misión»[21];
· el plano de las estructuras y de los procesos eclesiales, determinados también desde el punto de vista teológico y canónico, en los cuales la naturaleza sinodal de la Iglesia se expresa en modo institucional a nivel local, regional y de la Iglesia entera;
· el plano de los procesos y eventos sinodales en los cuales la Iglesia es convocada por la autoridad competente, según procedimientos específicos determinados por la disciplina eclesiástica.
Aunque son distintos desde el punto de vista lógico, estos tres planos se interrelacionan y deben ser considerados juntos en modo coherente, de lo contrario se trasmite un testimonio contraproducente y se pone en peligro la credibilidad de la Iglesia. En efecto, si no se encarna en estructuras y procesos, el estilo de la sinodalidad fácilmente decae del plano de las intenciones y de los deseos al de la retórica, mientras los procesos y eventos, si no están animados por un estilo adecuado, resultan una formalidad vacía.
28. Además, en la relectura de las experiencias, es necesario tener presente que “caminar juntos” puede ser entendido según dos perspectivas diversas, fuertemente interconectadas. La primera mira a la vida interna de las Iglesias particulares, a las relaciones entre los sujetos que las constituyen (en primer lugar la relación entre los fieles y sus pastores, también a través de los organismos de participación previstos por la disciplina canónica, incluido el sínodo diocesano) y a las comunidades en las cuales se articulan (en particular las parroquias). Considera, además, las relaciones de los obispos entre ellos y con el Obispo de Roma, también a través de los organismos intermedios de sinodalidad (Sínodos de los Obispos de las Iglesias patriarcales y arzobispales mayores, Consejos de los Jerarcas y Asambleas de los Jerarcas de las Iglesias sui iuris, Conferencias Episcopales, con sus respectivas expresiones nacionales, internacionales y continentales). Se extiende, además, al modo en el que cada Iglesia particular integra en ella la contribución de las diversas formas de vida monástica, religiosa y consagrada, de asociaciones y movimientos laicales, de instituciones eclesiales y eclesiásticas de diverso género (escuelas, hospitales, universidades, fundaciones, entes de caridad y asistencia, etc.). Finalmente, esta perspectiva abraza también las relaciones y las iniciativas comunes con los hermanos y las hermanas de las otras Iglesias y comunidades cristianas, con las cuales compartimos el don del mismo Bautismo.
29. La segunda perspectiva considera cómo el Pueblo de Dios camina junto a la entera familia humana. La mirada se concentrará así en el estado de las relaciones, el diálogo y las eventuales iniciativas comunes con los creyentes de otras religiones, con las personas alejadas de la fe, así como con ambientes y grupos sociales específicos, con sus instituciones (el mundo de la política, de la cultura, de la economía, de las finanzas, del trabajo, sindicatos y asociaciones empresarias, organizaciones no gubernamentales y de la sociedad civil, movimientos populares, minorías de varios tipos, pobres y excluidos, etc.).
Diez núcleos temáticos para profundizar
30. Para ayudar a hacer emerger las experiencias y para contribuir de manera más enriquecedora a la consulta, indicamos aquí a continuación diez núcleos temáticos que articulan diversos aspectos de la “sinodalidad vivida”. Deberán ser adaptados a los diversos contextos locales y en cada caso integrados, explicitados, simplificados y profundizados, prestando particular atención a quienes tienen más dificultad en participar y responder: el Vademecum que acompaña este Documento Preparatorio ofrece al respecto instrumentos, caminos y sugerencias para que los diversos núcleos de preguntas inspiren concretamente momentos de oración, formación, reflexión e intercambio.
I. LOS COMPAÑEROS DE VIAJE
En la Iglesia y en la sociedad estamos en el mismo camino uno al lado del otro. En la propia Iglesia local, ¿quiénes son los que “caminan juntos”? Cuando decimos “nuestra Iglesia”, ¿quiénes forman parte de ella? ¿quién nos pide caminar juntos? ¿Quiénes son los compañeros de viaje, considerando también los que están fuera del perímetro eclesial? ¿Qué personas o grupos son dejados al margen, expresamente o de hecho?
II. ESCUCHAR
La escucha es el primer paso, pero exige tener una mente y un corazón abiertos, sin prejuicios. ¿Hacia quiénes se encuentra “en deuda de escucha” nuestra Iglesia particular? ¿Cómo son escuchados los laicos, en particular los jóvenes y las mujeres? ¿Cómo integramos las aportaciones de consagradas y consagrados? ¿Qué espacio tiene la voz de las minorías, de los descartados y de los excluidos? ¿Logramos identificar prejuicios y estereotipos que obstaculizan nuestra escucha? ¿Cómo escuchamos el contexto social y cultural en que vivimos?
III. TOMAR LA PALABRA
Todos están invitados a hablar con valentía y parresia, es decir integrando libertad, verdad y caridad. ¿Cómo promovemos dentro de la comunidad y de sus organismos un estilo de comunicación libre y auténtica, sin dobleces y oportunismos? ¿Y ante la sociedad de la cual formamos parte? ¿Cuándo y cómo logramos decir lo que realmente tenemos en el corazón? ¿Cómo funciona la relación con el sistema de los medios de comunicación (no sólo los medios católicos)? ¿Quién habla en nombre de la comunidad cristiana y cómo es elegido?
IV. CELEBRAR
“Caminar juntos” sólo es posible sobre la base de la escucha comunitaria de la Palabra y de la celebración de la Eucaristía. ¿Cómo inspiran y orientan efectivamente nuestro “caminar juntos” la oración y la celebración litúrgica? ¿Cómo inspiran las decisiones más importantes? ¿Cómo promovemos la participación activa de todos los fieles en la liturgia y en el ejercicio de la función de santificación? ¿Qué espacio se da al ejercicio de los ministerios del lectorado y del acolitado?
V. CORRESPONSABLES EN LA MISIÓN
La sinodalidad está al servicio de la misión de la Iglesia, en la que todos sus miembros están llamados a participar. Dado que todos somos discípulos misioneros, ¿en qué modo se convoca a cada bautizado para ser protagonista de la misión? ¿Cómo sostiene la comunidad a sus propios miembros empeñados en un servicio en la sociedad (en el compromiso social y político, en la investigación científica y en la enseñanza, en la promoción de la justicia social, en la tutela de los derechos humanos y en el cuidado de la Casa común, etc.)? ¿Cómo los ayuda a vivir estos empeños desde una perspectiva misionera? ¿Cómo se realiza el discernimiento sobre las opciones que se refieren a la misión y a quién participa en ella? ¿Cómo se han integrado y adaptado las diversas tradiciones en materia de estilo sinodal, que constituyen el patrimonio de muchas Iglesias, en particular las orientales, en vista de un eficaz testimonio cristiano? ¿Cómo funciona la colaboración en los territorios donde están presentes diferentes Iglesias sui iuris diversas?
VI. DIALOGAR EN LA IGLESIA Y EN LA SOCIEDAD
El diálogo es un camino de perseverancia, que comprende también silencios y sufrimientos, pero que es capaz de recoger la experiencia de las personas y de los pueblos. ¿Cuáles son los lugares y las modalidades de diálogo dentro de nuestra Iglesia particular? ¿Cómo se afrontan las divergencias de visiones, los conflictos y las dificultades? ¿Cómo promovemos la colaboración con las diócesis vecinas, con y entre las comunidades religiosas presentes en el territorio, con y entre las asociaciones y movimientos laicales, etc.? ¿Qué experiencias de diálogo y de tarea compartida llevamos adelante con los creyentes de otras religiones y con los que no creen? ¿Cómo dialoga la Iglesia y cómo aprende de otras instancias de la sociedad: el mundo de la política, de la economía, de la cultura, de la sociedad civil, de los pobres…?
VII. CON LAS OTRAS CONFESIONES CRISTIANAS
El diálogo entre los cristianos de diversas confesiones, unidos por un solo Bautismo, tiene un puesto particular en el camino sinodal. ¿Qué relaciones mantenemos con los hermanos y las hermanas de las otras confesiones cristianas? ¿A qué ámbitos se refieren? ¿Qué frutos hemos obtenido de este “caminar juntos”? ¿Cuáles son las dificultades?
VIII. AUTORIDAD Y PARTICIPACIÓN
Una Iglesia sinodal es una Iglesia participativa y corresponsable. ¿Cómo se identifican los objetivos que deben alcanzarse, el camino para lograrlos y los pasos que hay que dar? ¿Cómo se ejerce la autoridad dentro de nuestra Iglesia particular? ¿Cuáles son las modalidades de trabajo en equipo y de corresponsabilidad? ¿Cómo se promueven los ministerios laicales y la asunción de responsabilidad por parte de los fieles? ¿Cómo funcionan los organismos de sinodalidad a nivel de la Iglesia particular? ¿Son una experiencia fecunda?
IX. DISCERNIR Y DECIDIR
En un estilo sinodal se decide por discernimiento, sobre la base de un consenso que nace de la común obediencia al Espíritu. ¿Con qué procedimientos y con qué métodos discernimos juntos y tomamos decisiones? ¿Cómo se pueden mejorar? ¿Cómo promovemos la participación en las decisiones dentro de comunidades jerárquicamente estructuradas? ¿Cómo articulamos la fase de la consulta con la fase deliberativa, el proceso de decisión (decision-making) con el momento de la toma de decisiones (decision-taking)? ¿En qué modo y con qué instrumentos promovemos la transparencia y la responsabilidad (accountability)?
X. FORMARSE EN LA SINODALIDAD
La espiritualidad del caminar juntos está destinada a ser un principio educativo para la formación de la persona humana y del cristiano, de las familias y de las comunidades. ¿Cómo formamos a las personas, en particular aquellas que tienen funciones de responsabilidad dentro de la comunidad cristiana, para hacerlas más capaces de “caminar juntos”, escucharse recíprocamente y dialogar? ¿Qué formación ofrecemos para el discernimiento y para el ejercicio de la autoridad? ¿Qué instrumentos nos ayudan a leer las dinámicas de la cultura en la cual estamos inmersos y el impacto que ellas tienen sobre nuestro estilo de Iglesia?
Para contribuir a la consultación
31. El objetivo de la primera fase del camino sinodal es favorecer un amplio proceso de consulta para recoger la riqueza de las experiencias de sinodalidad vividas, con sus diferentes articulaciones y matices, implicando a los pastores y a los fieles de las Iglesias particulares a en todos los diversos niveles, a través de medios más adecuados según las específicas realidades locales: la consulta, coordinada por el obispo, está dirigida «a los presbíteros, a los diáconos y a los fieles laicos de sus Iglesias, tanto individualmente como asociados, sin descuidar las preciosas aportaciones que pueden venir de los Consagrados y Consagradas» (EC, n. 7). De modo particular se pide la aportación de los organismos de participación de las Iglesias particulares, especialmente el Consejo presbiteral y el Consejo pastoral, a partir de los cuales verdaderamente «puede comenzar a tomar forma una Iglesia sinodal»[22]. Será igualmente valiosa la contribución de las otras realidades eclesiales a las que se enviará el Documento Preparatorio, como también de aquellos que deseen enviar directamente su propia aportación. Finalmente, será de fundamental importancia que encuentre espacio también la voz de los pobres y de los excluidos, no solamente de quien tiene algún rol o responsabilidad dentro de las Iglesias particulares.
32. La síntesis, que cada una de las Iglesias particulares elaborará al final de este trabajo de escucha y discernimiento, constituirá su aportación al camino de la Iglesia universal. Para hacer más fáciles y sostenibles las fases sucesivas del camino, es importante tratar de condensar los frutos de la oración y de la reflexión en una síntesis de unas diez páginas al máximo. Si fuera necesario para contextualizarlas o explicarlas mejor, se podrán adjuntar otros textos como anexos. Recordamos que la finalidad del Sínodo, y por lo tanto de esta consulta, no es producir documentos, sino «hacer que germinen sueños, suscitar profecías y visiones, hacer florecer esperanzas, estimular la confianza, vendar heridas, entretejer relaciones, resucitar una aurora de esperanza, aprender unos de otros, y crear un imaginario positivo que ilumine las mentes, enardezca los corazones, dé fuerza a las manos»[23].
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Siglas
CTI Comisión Teológica Internacional
DV Concilio Vaticano II, Const. Dogm. Dei Verbum (18 de noviembre de 1965)
EC Francisco, Const. Ap. Episcopalis communio (15 de septiembre de 2018)
EG Francisco, Exhort. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013)
FT Francisco, Cart. Enc. Fratelli tutti (3 de octubre de 2020)
GS Concilio Vaticano II, Const. Past. Gaudium et spes (7 de diciembre de 1965)
LG Concilio Vaticano II, Const. Dogm. Lumen gentium (21 de noviembre de 1964)
LS Francisco, Cart. Enc. Laudato si’ (24 de mayo de 2015)
UR Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio (21 de noviembre de 1964)
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[1] Se indican a continuación, en forma esquemática, las etapas del camino sinodal.
[2] Francisco, Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos (17 de octubre de 2015).
[3] Cf. http://www.synod.va/
[4] Francisco, Carta al Pueblo de Dios (20 de agosto de 2018), preámbulo.
[5] Ivi, n. 2.
[6] Ivi.
[7] Ivi.
[8] Francisco, Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos (17 de octubre de 2015).
[9] CTI, La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia (2 de marzo de 2018), 3.
[10] Ivi.
[11] Ivi, n. 6.
[12] Cipriano, De Oratione Dominica, 23: PL 4, 553.
[13] Agustín, Epistola 194, 31: PL 33, 885.
[14] Juan Crisóstomo, Explicatio in Psalmum 149: PG 55, 493.
[15] CTI, La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia, n. 6.
[16] Francisco, Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos.
[17] CTI, La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia, n. 69.
[18] Regula S. Benedicti, III, 3.
[19] Francisco, Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos.
[20] CTI, La sinodalidad en la vida y en la misión de la Iglesia, n. 70.
[21] Ivi.
[22] Francisco, Discurso para la Conmemoración del 50° aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos.
[23] Francisco, Discurso al inicio del Sínodo dedicado a los jóvenes (3 de octubre de 2018).
[01156-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Para uma Igreja sinodal:
comunhão, participação e missão
Documento preparatório
Índice
I. Apelo a caminhar juntos
II. Uma Igreja constitutivamente sinodal
III. À escuta das Escrituras
Jesus, a multidão, os apóstolos
Uma dupla dinâmica de conversão: Pedro e Cornélio (At 10)
IV. A sinodalidade em ação: roteiros para a consulta do Povo de Deus
A questão fundamental
Diferentes articulações da sinodalidade
Dez núcleos temáticos a aprofundar
A fim de contribuir para a consulta
1. A Igreja de Deus é convocada em Sínodo. O caminho, intitulado «Para uma Igreja sinodal: comunhão, participação e missão», iniciará solenemente nos dias 9-10 de outubro de 2021, em Roma, e a 17 de outubro seguinte, em cada uma das Igrejas particulares. Uma etapa fundamental será a celebração da XVI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, em outubro de 2023,[1] a que se seguirá a fase de execução, que envolverá novamente as Igrejas particulares (cf. EC, art. 19-21). Com esta convocação, o Papa Francisco convida a Igreja inteira a interrogar-se sobre um tema decisivo para a sua vida e a sua missão: «O caminho da sinodalidade é precisamente o caminho que Deus espera da Igreja do terceiro milénio».[2] Este itinerário, que se insere no sulco da “atualização” da Igreja, proposta pelo Concílio Vaticano II, constitui um dom e uma tarefa: caminhando lado a lado e refletindo em conjunto sobre o camino percorrido, com o que for experimentando, a Igreja poderá aprender quais são os procesos que a podem ajudar a viver a comunhão, a realizar a participação e a abrir-se à missão. Com efeito, o nosso “caminhar juntos” é o que mais implementa e manifesta a natureza da Igreja como Povo de Deus peregrino e missionário.
2. Uma interrogação fundamental impele-nos e orienta-nos: como se realiza hoje, a diferentes níveis (do local ao universal) aquele “caminhar juntos” que permite à Igreja anunciar o Evangelho, em conformidade com a missão que lhe foi confiada; e que passos o Espírito nos convida a dar para crescer como Igreja sinodal?
Enfrentar juntos esta interrogação exige que nos coloquemos à escuta do Espírito Santo que, como o vento, «sopra onde quer; ouves o seu ruído, mas não sabes de onde vem, nem para onde vai» (Jo 3, 8), permanecendo abertos às surpresas para as quais certamente nos predisporá ao longo do caminho. Ativa-se deste modo um dinamismo que permite começar a colher alguns frutos de uma conversão sinodal, que amadurecerão progressivamente. Trata-se de objetivos de grande relevância para a qualidade da vida eclesial e para o cumprimento da missão de evangelização, na qual todos nós participamos em virtude do Batismo e da Confirmação. Indicamos aqui os principais, que enunciam a sinodalidade como forma, como estilo e como estrutura da Igreja:
· fazer memória do modo como o Espírito orientou o caminho da Igreja ao longo da história e como hoje nos chama a ser, juntos, testemunhas do amor de Deus;
· viver um processo eclesial participativo e inclusivo, que ofereça a cada um – de maneira particular àqueles que, por vários motivos, se encontram à margem – a oportunidade de se expressar e de ser ouvido, a fim de contribuir para a construção do Povo de Deus;
· reconhecer e apreciar a riqueza e a variedade dos dons e dos carismas que o Espírito concede em liberdade, para o bem da comunidade e em benefício de toda a família humana;
· experimentar formas participativas de exercer a responsabilidade no anúncio do Evangelho e no compromisso para construir um mundo mais belo e mais habitável;
· examinar como são vividos na Igreja a responsabilidade e o poder, e as estruturas mediante as quais são geridos, destacando e procurando converter preconceitos e práticas distorcidas que não estão enraizadas no Evangelho;
· credenciar a comunidade cristã como sujeito credível e parceiro fiável em percursos de diálogo social, cura, reconciliação, inclusão e participação, reconstrução da democracia, promoção da fraternidade e da amizade social;
· regenerar as relações entre os membros das comunidades cristãs, assim como entre as comunidades e os demais grupos sociais, por exemplo, comunidades de crentes de outras confissões e religiões, organizações da sociedade civil, movimentos populares, etc;
· favorecer a valorização e a apropriação dos frutos das recentes experiências sinodais nos planos universal, regional, nacional e local.
3. O presente Documento Preparatório põe-se ao serviço do caminho sinodal, de modo especial como instrumento para favorecer a primeira fase de escuta e consulta do Povo de Deus nas Igrejas particulares (outubro de 2021 – abril de 2022), na esperança de contribuir para colocar em movimento as ideias, as energias e a criatividade de todos aqueles que participarem no itinerário, e facilitar a partilha dos frutos do seu compromisso. Para esta finalidade: 1) começa por delinear algumas caraterísticas salientes do contexto contemporâneo; 2) explica resumidamente as referências teológicas fundamentais para uma correta compreensão e prática da sinodalidade; 3) oferece algumas indicações bíblicas que poderão alimentar a meditação e a reflexão orante ao longo do caminho; 4) descreve certas perspetivas a partir das quais reler as experiências de sinodalidade vivida; 5) expõe determinadas indicações para articular este trabalho de releitura na oração e na partilha. Para acompanhar concretamente a organização dos trabalhos, propõe-se um Vade-mécum metodológico, anexado ao presente Documento Preparatório e disponível no site dedicado.[3] O site oferece alguns recursos para o aprofundamento do tema da sinodalidade, como apoio a este Documento Preparatório; entre eles destacamos dois, em seguida mencionados várias vezes: o Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, pronunciado pelo Papa Francisco no dia 17 de outubro de 2015, e o documento A sinodalidade na vida e na missão da Igreja, elaborado pela Comissão Teológica Internacional e publicado em 2018.
I. Apelo a caminhar juntos
4. O caminho sinodal desenvolve-se num contexto histórico, marcado por mudanças epocais na sociedade e por uma passagem crucial na vida da Igreja, que não é possível ignorar: é nas dobras da complexidade deste contexto, nas suas tensões e contradições, que somos chamados «a investigar os sinais dos tempos e a interpretá-los à luz do Evangelho» (GS, n. 4). Delineiam-se aqui alguns elementos do cenário global mais intimamente ligados ao tema do Sínodo, mas o quadro deverá ser enriquecido e completado a nível local.
5. Uma tragédia global como a pandemia de Covid-19 «despertou, por algum tempo, a consciência de sermos uma comunidade mundial que viaja no mesmo barco, onde o mal de um prejudica a todos. Recordamo-nos de que ninguém se salva sozinho, que só é possível salvar-nos juntos» (FT, n. 32). Ao mesmo tempo, a pandemia fez eclodir as desigualdades e as disparidades já existentes: a humanidade parece estar cada vez mais abalada por processos de massificação e fragmentação; a trágica condição que os migrantes vivem em todas as regiões do mundo testemunha quão elevadas e vigorosas ainda são as barreiras que dividem a única família humana. As Encíclicas Laudato si' e Fratelli tutti documentam a profundidade das fraturas que atravessam a humanidade, e podemos referir-nos a tais análises para nos colocarmos à escuta do clamor dos pobres e da terra e para reconhecer as sementes de esperança e de futuro que o Espírito continua a fazer germinar inclusive no nosso tempo: «O Criador não nos abandona, nunca recua no seu projeto de amor, nem se arrepende de nos ter criado. A humanidade ainda possui a capacidade de colaborar na construção da nossa casa comum» (LS, n. 13).
6. Esta situação que, não obstante as grandes diferenças, irmana toda a família humana, desafia a capacidade da Igreja de acompanhar as pessoas e as comunidades a reler experiências de luto e sofrimento, que desmascararam muitas falsas certezas, e a cultivar a esperança e a fé na bondade do Criador e da sua criação. No entanto, não podemos negar que a própria Igreja deve enfrentar a falta de fé e a corrupção, inclusive no seu interior. Em particular, não podemos esquecer o sofrimento vivido por menores e pessoas vulneráveis «por causa de abusos sexuais, de poder e de consciência cometidos por um número notável de clérigos e pessoas consagradas».[4] Somos continuamente interpelados, «como Povo de Deus, a assumir a dor de nossos irmãos feridos na sua carne e no seu espírito».[5] Durante demasiado tempo, o grito das vítimas foi um clamor que a Igreja não soube ouvir suficientemente. Trata-se de feridas profundas, que dificilmente se cicatrizam, pelas quais nunca se pedirá perdão suficiente, e que constituem obstáculos, às vezes imponentes, para prosseguir na direção do “caminhar juntos”. A Igreja inteira é chamada a confrontar-se com o peso de uma cultura impregnada de clericalismo, que ela herdou da sua história, e de formas de exercício da autoridade nas quais se insinuam os vários tipos de abuso (de poder, económico, de consciência, sexual). É impensável «uma conversão do agir eclesial sem a participação ativa de todos os membros do Povo de Deus»:[6] juntos, peçamos ao Senhor «a graça da conversão e da unção interior para poder expressar, diante desses crimes de abuso, a nossa compunção e a nossa decisão de lutar com coragem».[7]
7. A despeito das nossas infidelidades, o Espírito continua a agir na história e a manifestar o seu poder vivificante. É precisamente nos sulcos cavados pelos sofrimentos de todos os tipos, suportados pela família humana e pelo Povo de Deus, que florescem novas linguagens da fé e renovados percursos, capazes não apenas de interpretar os acontecimentos de um ponto de vista teologal, mas de encontrar na provação as razões para voltar a fundar o caminho da vida cristã e eclesial. É motivo de grande esperança que não poucas Igrejas já tenham iniciado encontros e processos de consulta do Povo de Deus, mais ou menos estruturados. Onde eles se distinguiram por um estilo sinodal, o sentido de Igreja voltou a florescer e a participação de todos deu renovado impulso à vida eclesial. Também encontram confirmação o desejo de protagonismo no seio da Igreja por parte dos jovens, e o pedido de uma maior valorização das mulheres e de espaços de participação na missão da Igreja, já apontados pelas Assembleias sinodais de 2018 e de 2019. Nesta linha vão também a recente instituição do ministério laical do catequista e a abertura às mulheres do acesso aos ministérios do leitorado e do acolitado.
8. Não podemos ignorar a variedade das condições em que as comunidades cristãs vivem nas diferentes regiões do mundo. Ao lado dos países em que a Igreja acolhe a maioria da população, representando um ponto de referência cultural para toda a sociedade, existem outros em que os católicos constituem uma minoria; nalguns deles os, católicos, em conjunto com outros cristãos, experimentam formas de perseguição até muito violentas, e não raro o martírio. Se, por um lado, predomina uma mentalidade secularizada que tende a eliminar a religião do espaço público, por outro lado, existe um fundamentalismo religioso que não respeita as liberdades dos outros, alimentando formas de intolerância e de violência que se refletem também na comunidade cristã e nas suas relações com a sociedade. Não raramente, os cristãos adotam as mesmas atitudes, fomentando inclusive divisões e contraposições, até na Igreja. É igualmente necessário ter em consideração o modo como as fraturas que atravessam a sociedade se repercutem no seio da comunidade cristã e nas suas relações com a própria sociedade, por razões étnicas, raciais, de casta ou devido a outras formas de estratificação social ou de violência cultural e estrutural. Tais situações têm um impacto profundo sobre o significado da expressão “caminhar juntos” e sobre as possibilidades concretas de as pôr em prática.
9. Neste contexto, a sinodalidade representa a via mestra para a Igreja, chamada a renovar-se sob a ação do Espírito e graças à escuta da Palavra. A capacidade de imaginar um futuro diferente para a Igreja e para as suas instituições, à altura da missão recebida, depende em grande medida da escolha de encetar processos de escuta, diálogo e discernimento comunitário, em que todos e cada um possam participar e contribuir. Ao mesmo tempo, a escolha de “caminhar juntos” constitui um sinal profético para uma família humana que tem necessidade de um projeto comum, apto a perseguir o bem de todos. Uma Igreja capaz de comunhão e de fraternidade, de participação e de subsidiariedade, em fidelidade ao que anuncia, poderá colocar-se ao lado dos pobres e dos últimos, emprestando-lhes a própria voz. Para “caminhar juntos”, é necessário que nos deixemos educar pelo Espírito para uma mentalidade verdadeiramente sinodal, entrando com coragem e liberdade de coração num processo de conversão, sem o qual não será possível aquela «reforma perene da qual ela [a Igreja], como instituição humana e terrena, necessita perpetuamente» (UR, n. 6; cf. EG, n. 26).
II. Uma Igreja constitutivamente sinodal
10. «Aquilo que o Senhor nos pede, de certo modo está já tudo contido na palavra “Sínodo”»,[8] que «é palavra antiga e veneranda na Tradição da Igreja, cujo significado recorda os conteúdos mais profundos da Revelação».[9] É o «Senhor Jesus que se apresenta a si mesmo como “o caminho, a verdade e a vida” (Jo 14, 6)», e «os cristãos, na sua sequela, são originariamente chamados “os discípulos do caminho” (cf. At 9, 2; 19, 9.23; 22, 4; 24, 14.22)».[10] Nesta perspetiva, a sinodalidade é muito mais do que a celebração de encontros eclesiais e assembleias de Bispos, ou uma questão de simples administração interna da Igreja; ela «indica o específico modus vivendi et operandi da Igreja, o Povo de Deus, que manifesta e realiza concretamente o ser comunhão no caminhar juntos, no reunir-se em assembleia e no participar ativamente de todos os seus membros na sua missão evangelizadora».[11] Entrelaçam-se assim aqueles que o título do Sínodo propõe como eixos fundamentais de uma Igreja sinodal: comunhão, participação e missão. Neste capítulo explicamos sumariamente algumas referências teológicas essenciais em que esta perspetiva se fundamenta.
11. No primeiro milénio, “caminhar juntos”, ou seja, praticar a sinodalidade, era a maneira habitual de proceder da Igreja, entendida como «Povo reunido pela unidade do Pai, do Filho e do Espírito Santo».[12] Àqueles que dividiam o corpo eclesial, os Padres da Igreja opuseram a comunhão das Igrejas espalhadas pelo mundo, que Santo Agostinho descrevia como «concordissima fidei conspiratio»,[13] isto é, o acordo na fé entre todos os Batizados. É aqui que se arraiga o amplo desenvolvimento de uma prática sinodal a todos os níveis da vida da Igreja – local, provincial, universal – que encontrou a sua mais excelsa manifestação no concílio ecuménico. Foi neste horizonte eclesial, inspirado no princípio da participação de todos na vida da Igreja, que São João Crisóstomo pôde dizer: «Igreja e Sínodo são sinónimos».[14] Este modo de proceder não esmoreceu nem sequer no segundo milénio, quando a Igreja evidenciou em maior medida a função hierárquica: se na idade média e na época moderna é bem atestada a celebração dos sínodos diocesanos e provinciais, assim como a dos concílios ecuménicos, quando se tratava de definir verdades dogmáticas, os Papas queriam consultar os Bispos, para conhecer a fé de toda a Igreja, recorrendo à autoridade do sensus fidei de todo o Povo de Deus, que é «infalível “in credendo”» (EG, n. 119).
12. O Concílio Vaticano II ancorou-se neste dinamismo da Tradição. Ele põe em evidência que «aprouve a Deus salvar e santificar os homens, não individualmente, excluída qualquer ligação entre eles, mas constituindo-os em povo que o conhecesse na verdade e o servisse santamente» (LG, n. 9). Os membros do Povo de Deus são irmanados pelo Batismo e «ainda que, por vontade de Cristo, alguns sejam constituídos doutores, dispensadores dos mistérios e pastores em favor dos demais, reina, porém, igualdade entre todos quanto à dignidade e quanto à atuação, comum a todos os Fiéis, a favor da edificação do corpo de Cristo» (LG, n. 32). Por conseguinte, todos os Batizados, participantes na função sacerdotal, profética e real de Cristo, «no exercício da multiforme e ordenada riqueza dos seus carismas, das suas vocações, dos seus ministérios»,[15] são sujeitos ativos de evangelização, quer individualmente quer como totalidade do Povo de Deus.
13. O Concílio ressaltou que, em virtude da unção do Espírito Santo recebida no Batismo, a totalidade dos Fiéis «não pode enganar-se na fé; e esta sua propriedade peculiar manifesta-se por meio do sentir sobrenatural da fé do Povo todo quando este, “desde os Bispos até ao último dos Fiéis leigos”, manifesta o consenso universal em matéria de fé e de moral» (LG, n. 12). É o Espírito que guia os crentes para «toda a verdade» (Jo 16, 13). Pela sua obra, «a Tradição apostólica progride na Igreja», porque todo o Povo santo de Deus cresce na compreensão e na experiência, «tanto das coisas como das palavras transmitidas, quer graças à contemplação e ao estudo dos crentes, que as meditam no seu coração (cf. Lc 2, 19. 51), quer graças à íntima inteligência que experimentam das coisas espirituais, quer graças à pregação daqueles que, com a sucessão do episcopado, receberam o carisma da verdade» (DV, n. 8). Com efeito, este Povo, reunido pelos seus Pastores, adere ao depósito sagrado da Palavra de Deus confiado à Igreja, persevera constantemente no ensinamento dos Apóstolos, na comunhão fraterna, na fração do pão e na oração, «de tal modo que, na conservação, atuação e profissão da fé transmitida, haja uma especial concordância de espírito entre os Pastores e os Fiéis» (DV, n. 10).
14. Por isso, os Pastores, constituídos por Deus «como autênticos guardiões, intérpretes e testemunhas da fé de toda a Igreja»,[16] não tenham medo de se colocar à escuta da Grei que lhes for confiada: a consulta do Povo de Deus não exige a assunção, no seio da Igreja, dos dinamismos da democracia centrados no princípio de maioria, uma vez que na base da participação em qualquer processo sinodal está a paixão partilhada pela missão comum de evangelização, e não a representação de interesses em conflito. Por outras palavras, trata-se de um processo eclesial, que só pode realizar-se «no seio de uma comunidade hierarquicamente estruturada».[17] É na fecunda ligação entre o sensus fidei do Povo de Deus e a função magisterial dos Pastores que se realiza o consenso unânime de toda a Igreja na mesma fé. Cada processo sinodal, em que os Bispos são chamados a discernir aquilo que o Espírito diz à Igreja, não sozinhos, mas ouvindo o Povo de Deus, que «participa também da função profética de Cristo» (LG, n. 12), constitui uma forma evidente daquele «caminhar juntos» que faz crescer a Igreja. São Bento salienta que «muitas vezes o Senhor revela a melhor decisão»[18] a quem não ocupa posições relevantes na comunidade (neste caso, o mais jovem); assim, os Bispos tenham o cuidado de alcançar todos, a fim de que no desenrolar ordenado do caminho sinodal se realize aquilo que o apóstolo Paulo recomenda às comunidades: «Não extingais o Espírito. Não desprezeis as profecias. Examinai tudo: abraçai o que é bom» (1 Ts 5, 19-21).
15. O sentido do caminho ao qual todos somos chamados consiste, antes de mais nada, em descobrir o rosto e a forma de uma Igreja sinodal, em que «cada um tem algo a aprender. Povo fiel, Colégio episcopal, Bispo de Roma: cada um à escuta dos outros; e todos à escuta do Espírito Santo, o “Espírito da verdade” (Jo 14, 17), para conhecer aquilo que Ele “diz às Igrejas” (Ap 2, 7)».[19] O Bispo de Roma, como princípio e fundamento de unidade da Igreja, pede que todos os Bispos e todas as Igrejas particulares, nas quais e a partir das quais existe a Igreja católica una e única (cf. LG, n. 23), entrem com confiança e coragem no caminho da sinodalidade. Neste “caminhar juntos”, peçamos ao Espírito que nos leve a descobrir como a comunhão, que compõe na unidade a variedade dos dons, dos carismas e dos ministérios, tem em vista a missão: uma Igreja sinodal é uma Igreja “em saída”, uma Igreja missionária, «com as portas abertas» (EG, n. 46). Isto inclui a chamada a aprofundar as relações com as outras Igrejas e comunidades cristãs, com as quais estamos unidos mediante o único Batismo. Além disso, a perspetiva de “caminhar juntos” é ainda mais ampla e abrange toda a humanidade, da qual compartilhamos «as alegrias e as esperanças, as tristezas e as angústias» (GS, n. 1). Uma Igreja sinodal é um sinal profético sobretudo para uma comunidade de nações incapaz de propor um projeto partilhado, através do qual perseguir o bem de todos: praticar a sinodalidade é, hoje para a Igreja, a maneira mais evidente de ser «sacramento universal da salvação» (LG, n. 48), «sinal e instrumento da íntima união com Deus e da unidade de todo o género humano» (LG, n. 1).
III. À escuta das Escrituras
16. O Espírito de Deus, que ilumina e vivifica este “caminhar juntos” das Igrejas, é o mesmo que atua na missão de Jesus, prometido aos Apóstolos e às gerações de discípulos que ouvirem a Palavra de Deus e que a puserem em prática. Em conformidade com a promessa do Senhor, o Espírito não se limita a confirmar a continuidade do Evangelho de Jesus, mas iluminará as profundidades sempre novas da sua Revelação e inspirará as decisões necessárias para sustentar o caminho da Igreja (cf. Jo 14, 25-26; 15, 26-27; 16, 12-15). Por este motivo, é oportuno que o nosso caminho de construção de uma Igreja sinodal se deixe inspirar por duas “imagens” da Escritura. Uma sobressai na representação da “cena comunitária” que acompanha constantemente o caminho da evangelização; a outra refere-se à experiência do Espírito, em que Pedro e a comunidade primitiva reconhecem o risco de colocar limites injustificados à partilha da fé. A experiência sinodal do caminhar juntos, no seguimento do Senhor e em obediência ao Espírito, poderá receber uma inspiração decisiva da meditação a respeito destes dois momentos da Revelação.
Jesus, a multidão, os apóstolos
17. Na sua estrutura fundamental, uma cena original aparece como a constante do modo como Jesus se revela ao longo de todo o Evangelho, anunciando o advento do Reino de Deus. Os atores em jogo são essencialmente três (mais um). Naturalmente, o primeiro é Jesus, o protagonista absoluto que toma a iniciativa, semeando as palavras e os sinais da vinda do Reino, sem «preferência de pessoas» (cf. At 10, 34). De várias maneiras, Jesus presta especial atenção aos “separados” de Deus e aos “abandonados” pela comunidade (na linguagem evangélica, os pecadores e os pobres). Com as suas palavras e as suas ações, oferece a libertação do mal e a conversão à esperança, em nome de Deus Pai e na força do Espírito Santo. Não obstante a diversidade das chamadas e das respostas de acolhimento do Senhor, a caraterística comum é que a fé emerge sempre como valorização da pessoa: a sua súplica é ouvida, à sua dificuldade presta-se ajuda, a sua disponibilidade é apreciada, a sua dignidade é confirmada pelo olhar de Deus e restituída ao reconhecimento da comunidade.
18. Com efeito, a ação de evangelização e a mensagem de salvação não seriam compreensíveis sem a abertura constante de Jesus ao interlocutor mais vasto possível, que os Evangelhos indicam como a multidão, ou seja, o conjunto de pessoas que o seguem ao longo do caminho, e às vezes até o perseguem, na esperança de um sinal e de uma palavra de salvação: eis o segundo ator da cena da Revelação. O anúncio evangélico não se dirige unicamente a poucos iluminados ou escolhidos. O interlocutor de Jesus é “o povo” da vida comum, o “qualquer um” da condição humana, que Ele coloca diretamente em contacto com o dom de Deus e a chamada à salvação. De um modo que surpreende e às vezes escandaliza as testemunhas, Jesus aceita como interlocutores todos aqueles que sobressaem da multidão: ouve a lamentação apaixonada da mulher cananeia (cf. Mt 15, 21-28), que não pode aceitar ser excluída da bênção que Ele traz; abandona-se ao diálogo com a Samaritana (cf. Jo 4, 1-42), não obstante a sua condição de mulher social e religiosamente comprometida; solicita o ato de fé livre e reconhecido do cego de nascença (cf. Jo 9), que a religião oficial tinha descartado como alheio ao perímetro da graça.
19. Alguns seguem Jesus mais explicitamente, experimentando a fidelidade do discipulado, ao passo que outros são convidados a regressar à sua vida quotidiana: no entanto, todos dão testemunho da força da fé que os salvou (cf. Mt 15, 28). Entre aqueles que seguem Jesus, destaca-se nitidamente a figura dos apóstolos, aos quais Ele próprio chama desde o início, destinando-os à mediação autorizada da relação da multidão com a Revelação e com o advento do Reino de Deus. A entrada em cena deste terceiro ator não se verifica graças a uma cura ou conversão, mas coincide com o chamamento de Jesus. A eleição dos apóstolos não é o privilégio de uma posição exclusiva de poder e de separação, mas sim a graça de um ministério inclusivo de bênção e de comunhão. Graças ao dom do Espírito do Senhor ressuscitado, eles devem salvaguardar o lugar de Jesus, sem o substituir: não para colocar filtros à sua presença, mas para facilitar o seu encontro.
20. Jesus, a multidão na sua variedade, os apóstolos: eis a imagem e o mistério a contemplar e aprofundar continuamente, a fim de que a Igreja se torne cada vez mais aquilo que é. Nenhum dos três atores pode abandonar a cena. Se Jesus não estiver presente e outra pessoa ocupar o seu lugar, a Igreja tornar-se-á um contrato entre os apóstolos e a multidão, cujo diálogo acabará por seguir o enredo do jogo político. Sem os apóstolos, autorizados por Jesus e instruídos pelo Espírito, a relação com a verdade evangélica interrompe-se e a multidão permanece exposta a um mito ou a uma ideologia a respeito de Jesus, quer o aceite quer o rejeite. Sem a multidão, a relação dos apóstolos com Jesus corrompe-se numa forma sectária e autorreferencial de religião, e a evangelização perde a sua luz, que provém da revelação de si que Deus dirige a quem quer que seja, diretamente, oferecendo-lhe a sua salvação.
21. Além disso, há o ator “extra”, o antagonista, que traz à cena a separação diabólica dos outros três. Diante da perspetiva inquietadora da cruz, há discípulos que vão embora e multidões que mudam de humor. A ameaça que divide e, por conseguinte, impede um caminho comum, manifesta-se indiferentemente sob as formas do rigor religioso, da injunção moral, que se revela mais exigente que a de Jesus, e da sedução de uma sabedoria política mundana, que se julga mais eficaz que um discernimento dos espíritos. Para evitar os enganos do “quarto ator”, é necessária uma conversão contínua. A este propósito, é emblemático o episódio do centurião Cornélio (cf. At 10), precedente ao “concílio” de Jerusalém (cf. At 15), que constitui um ponto de referência crucial para uma Igreja sinodal.
Uma dupla dinâmica de conversão: Pedro e Cornélio (At 10)
22. O episódio narra antes de mais nada a conversão de Cornélio, que chega a receber uma espécie de anunciação. Cornélio é pagão, presumivelmente romano, centurião (oficial de baixa patente) do exército de ocupação, que exerce uma profissão baseada na violência e no abuso. No entanto, dedica-se à oração e à esmola, ou seja, cultiva a relação com Deus e cuida do próximo. De modo surpreendente, o anjo entra precisamente nele, chama-o pelo nome e exorta-o a enviar – o verbo da missão! – os seus servos a Jafa para chamar – o verbo da vocação! – Pedro. Então, a narração torna-se a da conversão deste último, que naquele mesmo dia recebeu uma visão em que uma voz lhe ordena que mate e coma animais, alguns dos quais impuros. A sua resposta é decisiva: «De modo algum, Senhor!» (At 10, 14). Reconhece que é o Senhor quem fala com ele, mas opõe-se-lhe com uma clara rejeição, dado que aquela ordem destrói preceitos da Torá que são irrenunciáveis para a sua identidade religiosa, e que exprimem um modo de entender a eleição como diferença que implica separação e exclusão em relação aos outros povos.
23. O apóstolo permanece profundamente consternado e, enquanto se interroga sobre o sentido do que tinha acontecido, chegam os homens enviados por Cornélio, que o Espírito lhe indica como seus enviados. Pedro responde-lhes com palavras que evocam as de Jesus no horto: «Eu sou aquele a quem procurais» (At 10, 21). Trata-se de uma verdadeira conversão, uma passagem dolorosa e imensamente frutuosa para sair das próprias categorias culturais e religiosas: Pedro aceita alimentar-se com pagãos da comida que sempre tinha considerado proibida, reconhecendo-a como instrumento de vida e de comunhão com Deus e com o próximo. É no encontro com as pessoas, acolhendo-as, caminhando com elas e entrando nas suas casas, que ele se dá conta do significado da sua visão: nenhum ser humano é indigno aos olhos de Deus e a diferença instituída pela eleição não é preferência exclusiva, mas sim serviço e testemunho de alcance universal.
24. Tanto Cornélio como Pedro envolvem outras pessoas no seu percurso de conversão, fazendo delas companheiros de caminho. A ação apostólica cumpre a vontade de Deus, criando comunidade, derrubando barreiras e promovendo o encontro. A palavra desempenha um papel central no encontro entre os dois protagonistas. Cornélio começa a compartilhar a experiência que viveu. Pedro ouve-o e em seguida toma a palavra, comunicando por sua vez o que lhe aconteceu e testemunhando a proximidade do Senhor, que vai ao encontro de cada pessoa para a libertar daquilo que a torna prisioneira do mal e mortifica a sua humanidade (cf. At 10, 38). Esta maneira de comunicar é semelhante àquela que Pedro adotará quando, em Jerusalém, os fiéis circuncidados o repreenderão, acusando-o de ter transgredido as normas tradicionais, nas quais toda a atenção deles parece estar concentrada, menosprezando a efusão do Espírito: «Por que entraste na casa de incircuncisos e comeste com eles?» (At 11, 3). Naquele momento de conflito, Pedro descreve o que lhe aconteceu, assim como as suas reações de consternação, incompreensão e resistência. É exatamente isto que ajudará os seus interlocutores, inicialmente agressivos e refratários, a ouvir e a aceitar o que aconteceu. A Escritura contribuirá para interpretar o sentido disto, como sucessivamente acontecerá no “concílio” de Jerusalém, num processo de discernimento que é uma escuta em comum do Espírito.
IV. A sinodalidade em ação:
roteiros para a consulta do Povo de Deus
25. Iluminado pela Palavra e fundamentado na Tradição, o caminho sinodal enraíza-se na vida concreta do Povo de Deus. Com efeito, apresenta uma peculiaridade que é igualmente um recurso extraordinário: o seu objeto – a sinodalidade – é também o seu método. Em síntese, constitui uma espécie de estaleiro de obras ou experiência-piloto, que permite começar a colher imediatamente os frutos do dinamismo que a progressiva conversão sinodal introduz na comunidade cristã. Por outro lado, não pode deixar de se referir às experiências de sinodalidade vivida, a vários níveis e com diferentes graus de intensidade: os seus pontos fortes e os seus sucessos, assim como os seus limites e as suas dificuldades, oferecem elementos preciosos para o discernimento sobre a direção na qual continuar a caminhar. Aqui, certamente, faz-se referência às experiências ativadas pelo presente caminho sinodal, mas também a todas aquelas em que já se experimentam formas de “caminhar juntos” na vida do dia a dia, mesmo quando o termo sinodalidade nem sequer é conhecido ou utilizado.
A questão fundamental
26. A interrogação fundamental que orienta esta consulta do Povo de Deus, como já foi recordado no início, é a seguinte:
Anunciando o Evangelho, uma Igreja sinodal “caminha em conjunto”: como é que este “caminhar juntos” se realiza hoje na vossa Igreja particular? Que passos o Espírito nos convida a dar para crescermos no nosso “caminhar juntos”?
Para dar uma resposta, sois convidados a:
- perguntar-vos que experiências da vossa Igreja particular a interrogação fundamental vos traz à mente?
- reler estas experiências mais profundamente: que alegrias proporcionaram? Que dificuldades e obstáculos encontraram? Que feridas fizeram emergir? Que intuições suscitaram?
- colher os frutos para compartilhar: onde, nestas experiências, ressoa a voz do Espírito? O que ela nos pede? Quais são os pontos a confirmar, as perspetivas de mudança, os passos a dar? Onde alcançamos um consenso? Que caminhos se abrem para a nossa Igreja particular?
Diferentes articulações da sinodalidade
27. Na oração, reflexão e partilha suscitadas pela interrogação fundamental, é oportuno ter em consideração três níveis em que a sinodalidade se articula como «dimensão constitutiva da Igreja»:[20]
· o plano do estilo em que a Igreja normalmente vive e atua, que exprime a sua natureza de Povo de Deus a caminho em conjunto e que se reúne em assembleia, convocado pelo Senhor Jesus na força do Espírito Santo para anunciar o Evangelho. Este estilo realiza-se através «da escuta comunitária da Palavra e da celebração da Eucaristia, da fraternidade da comunhão e da corresponsabilidade e participação de todo o povo de Deus, nos seus vários níveis e na distinção dos diversos ministérios e funções, na sua vida e na sua missão»;[21]
· o plano das estruturas e dos processos eclesiais, determinados inclusive dos pontos de vista teológico e canónico, em que a natureza sinodal da Igreja se manifesta de maneira institucional a nível local, regional e universal;
· o plano dos processos e eventos sinodais em que a Igreja é convocada pela autoridade competente, em conformidade com procedimentos específicos, determinados pela disciplina eclesiástica.
Embora sejam distintos de um ponto de vista lógico, estes três planos referem-se uns aos outros e devem manter-se unidos de maneira coerente, caso contrário transmite-se um contratestemunho, minando a credibilidade da Igreja. Com efeito, se não se encarnar em estruturas e processos, o estilo da sinodalidade degrada-se facilmente do nível das intenções e dos desejos para aquele da retórica: enquanto processos e eventos, se não forem animados por um estilo adequado, não passam de formalidades vazias.
28. Além disso, na releitura das experiências, é necessário ter em consideração que “caminhar juntos” pode ser entendido de acordo com duas perspetivas diferentes, fortemente interligadas. A primeira diz respeito à vida interna das Igrejas particulares, às relações entre os indivíduos que as constituem (em primeiro lugar, aquela entre os Fiéis e os seus Pastores, também através dos organismos de participação previstos pela disciplina canónica, incluindo o sínodo diocesano) e às comunidades em que se subdividem (de modo particular as paróquias). Em seguida, considera as relações dos Bispos entre si e com o Bispo de Roma, inclusive através dos organismos intermediários de sinodalidade (Sínodos dos Bispos das Igrejas patriarcais e arquiepiscopais maiores, Conselhos de Hierarcas e Assembleias de Hierarcas das Igrejas sui iuris, Conferências Episcopais, com as suas expressões nacionais, internacionais e continentais). Por conseguinte, estende-se à maneira como cada uma das Igrejas particulares integra em si mesma a contribuição das várias formas de vida monástica, religiosa e consagrada, de associações e movimentos laicais, de instituições eclesiais e eclesiásticas de diferentes tipos (escolas, hospitais, universidades, fundações, instituições de caridade e de assistência, etc.). Para finalizar, esta perspetiva abrange também as relações e as iniciativas comuns com os irmãos e as irmãs das demais Confissões cristãs, com os quais partilhamos o dom do mesmo Batismo.
29. A segunda perspetiva tem em consideração o modo como o Povo de Deus caminha em conjunto com toda a família humana. Assim, o olhar contemplará o estado das relações, do diálogo e das eventuais iniciativas comuns com os crentes de outras religiões, com as pessoas afastadas da fé e igualmente com ambientes e grupos sociais específicos, com as respetivas instituições (mundo da política, da cultura, da economia, das finanças, do trabalho, sindicatos e associações empresariais, organizações não governamentais e da sociedade civil, movimentos populares, minorias de vários tipos, pobres e excluídos, etc.).
Dez núcleos temáticos a aprofundar
30. Para ajudar a fazer emergir as experiências e a contribuir de maneira mais rica para a consulta, em seguida indicamos também dez núcleos temáticos que abordam diferentes aspetos da “sinodalidade vivida”. Deverão adaptar-se aos diferentes contextos locais e, periodicamente, ser integrados, explicados, simplificados e aprofundados, prestando atenção particular a quantos têm mais dificuldade em participar e responder: o Vade-mécum que acompanha este Documento Preparatório oferece instrumentos, percursos e sugestões, a fim de que os diferentes núcleos de interrogações inspirem concretamente momentos de oração, formação, reflexão e intercâmbio.
I. OS COMPANHEIROS DE VIAGEM
Na Igreja e na sociedade, estamos no mesmo caminho, lado a lado. Na vossa Igreja local, quem são aqueles que “caminham juntos”? Quando dizemos “a nossa Igreja”, quem é que faz parte dela? Quem nos pede para caminhar juntos? Quem são os companheiros de viagem, inclusive fora do perímetro eclesial? Que pessoas ou grupos são, expressa ou efetivamente, deixados à margem?
II. OUVIR
A escuta é o primeiro passo, mas requer que a mente e o coração estejam abertos, sem preconceitos. Com quem está a nossa Igreja particular “em dívida de escuta”? Como são ouvidos os Leigos, de modo particular os jovens e as mulheres? Como integramos a contribuição de Consagradas e Consagrados? Que espaço ocupa a voz das minorias, dos descartados e dos excluídos? Conseguimos identificar preconceitos e estereótipos que impedem a nossa escuta? Como ouvimos o contexto social e cultural em que vivemos?
III. TOMAR A PALAVRA
Todos estão convidados a falar com coragem e parrésia, ou seja, integrando liberdade, verdade e caridade. Como promovemos, no seio da comunidade e dos seus organismos, um estilo comunicativo livre e autêntico, sem ambiguidades e oportunismos? E em relação à sociedade de que fazemos parte? Quando e como conseguimos dizer o que é deveras importante para nós? Como funciona a relação com o sistema dos meios de comunicação social (não só católicos)? Quem fala em nome da comunidade cristã e como é escolhido?
IV. CELEBRAR
“Caminhar juntos” só é possível se nos basearmos na escuta comunitária da Palavra e na celebração da Eucaristia. De que forma a oração e a celebração litúrgica inspiram e orientam efetivamente o nosso “caminhar juntos”? Como inspiram as decisões mais importantes? Como promovemos a participação ativa de todos os Fiéis na liturgia e o exercício da função de santificar? Que espaço é reservado ao exercício dos ministérios do leitorado e do acolitado?
V. CORRESPONSÁVEIS NA MISSÃO
A sinodalidade está ao serviço da missão da Igreja, na qual todos os seus membros são chamados a participar. Dado que somos todos discípulos missionários, de que maneira cada um dos Batizados é convocado para ser protagonista da missão? Como é que a comunidade apoia os seus membros comprometidos num serviço na sociedade (na responsabilidade social e política na investigação científica e no ensino, na promoção da justiça social, na salvaguarda dos direitos humanos e no cuidado da Casa comum, etc.)? Como os ajuda a viver estes compromissos, numa lógica de missão? Como se verifica o discernimento a respeito das escolhas relativas à missão e quem participa? Como foram integradas e adaptadas as diferentes tradições em matéria de estilo sinodal, que constituem a herança de muitas Igrejas, especialmente as orientais, em vista de um testemunho cristão eficaz? Como funciona a colaboração nos territórios onde estão presentes diferentes Igrejas sui iuris?
VI. DIALOGAR NA IGREJA E NA SOCIEDADE
O diálogo é um caminho de perseverança, que inclui também silêncios e sofrimentos, mas é capaz de recolher a experiência das pessoas e dos povos. Quais são os lugares e as modalidades de diálogo no seio da nossa Igreja particular? Como são enfrentadas as divergências de visão, os conflitos, as dificuldades? Como promovemos a colaboração com as Dioceses vizinhas, com e entre as comunidades religiosas no território, com e entre associações e movimentos laicais, etc.? Que experiências de diálogo e de compromisso partilhado promovemos com crentes de outras religiões e com quem não crê? Como é que a Igreja dialoga e aprende com outras instâncias da sociedade: o mundo da política, da economia, da cultura, a sociedade civil, os pobres...?
VII. COM AS OUTRAS CONFISSÕES CRISTÃS
O diálogo entre cristãos de diferentes confissões, unidos por um único Batismo, ocupa um lugar particular no caminho sinodal. Que relacionamentos mantemos com os irmãos e as irmãs das outras Confissões cristãs? A que âmbitos se referem? Que frutos colhemos deste “caminhar juntos”? Quais são as dificuldades?
VIII. AUTORIDADE E PARTICIPAÇÃO
Uma Igreja sinodal é uma Igreja participativa e corresponsável. Como se identificam os objetivos a perseguir, o caminho para os alcançar e os passos a dar? Como se exerce a autoridade no seio da nossa Igreja particular? Quais são as práticas de trabalho em grupo e de corresponsabilidade? Como se promovem os ministérios laicais e a assunção de responsabilidade por parte dos Fiéis? Como funcionam os organismos de sinodalidade a nível da Igreja particular? São uma experiência fecunda?
IX. DISCERNIR E DECIDIR
Num estilo sinodal, decide-se por discernimento, com base num consenso que dimana da obediência comum ao Espírito. Com que procedimentos e com que métodos discernimos em conjunto e tomamos decisões? Como podem eles ser melhorados? Como promovemos a participação na tomada de decisões, no seio de comunidades hierarquicamente estruturadas? Como articulamos a fase consultiva com a deliberativa, o processo do decision-making com o momento do decision-taking? De que maneira e com que instrumentos promovemos a transparência e a accountability?
X. FORMAR-SE NA SINODALIDADE
A espiritualidade do caminhar juntos é chamada a tornar-se princípio educativo para a formação da pessoa humana e do cristão, das famílias e das comunidades. Como formamos as pessoas, de maneira particular aquelas que desempenham funções de responsabilidade no seio da comunidade cristã, a fim de as tornar mais capazes de “caminhar juntas”, de se ouvir mutuamente e de dialogar? Que formação oferecemos para o discernimento e o exercício da autoridade? Que instrumentos nos ajudam a interpretar as dinâmicas da cultura em que estamos inseridos e o seu impacto no nosso estilo de Igreja?
A fim de contribuir para a consulta
31. A finalidade da primeira fase do caminho sinodal é favorecer um amplo processo de consulta, para recolher a riqueza das experiências de sinodalidade vivida, nas suas diferentes articulações e aspetos, envolvendo os Pastores e os Fiéis das Igrejas particulares em todos os diversificados níveis, através dos meios mais adequados, em conformidade com as realidades locais específicas: a consulta, coordenada pelo Bispo, destina-se «aos Presbíteros, Diáconos e Fiéis leigos das suas Igrejas, individualmente ou associados, sem transcurar a valiosa contribuição que pode vir dos Consagrados e das Consagradas» (EC, n. 7). De maneira particular, solicita-se a contribuição dos organismos de participação das Igrejas particulares, especialmente do Conselho presbiteral e do Conselho pastoral, a partir dos quais verdadeiramente «pode começar a tomar forma uma Igreja sinodal».[22] Será igualmente preciosa a contribuição das outras realidades eclesiais às quais o Documento Preparatório for enviado, assim como daqueles que quiserem enviar diretamente a própria contribuição. Finalmente, será de importância fundamental que encontre espaço também a voz dos pobres e dos excluídos, e não somente daqueles que desempenham alguma função ou responsabilidade no seio das Igrejas particulares.
32. A síntese que cada Igreja particular elaborar na conclusão deste trabalho de escuta e discernimento constituirá a sua contribuição para o percurso da Igreja universal. Para tornar mais fáceis e sustentáveis as fases sucessivas do caminho, é importante conseguir condensar os frutos da oração e da reflexão, no máximo, em dez páginas. Se for necessário, para as contextualizar e explicar melhor, poderão ser anexados outros textos como apoio ou integração. Recordamos que o objetivo do Sínodo, e por conseguinte desta consulta, não consiste em produzir documentos, mas em «fazer germinar sonhos, suscitar profecias e visões, fazer florescer a esperança, estimular confiança, faixar feridas, entrançar relações, ressuscitar uma aurora de esperança, aprender uns dos outros e criar um imaginário positivo que ilumine as mentes, aqueça os corações, restitua força às mãos».[23]
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Siglas
CTI Comissão Teológica Internacional
DV Concílio Vaticano II, Const. Dogm. Dei Verbum (18 de novembro de 1965)
EC Francisco, Const. Apost. Episcopalis communio (15 de setembro de 2018)
EG Francisco, Exort. Apost. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013)
FT Francisco, Carta Enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020)
GS Concílio Vaticano II, Const. Past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965)
LG Concílio Vaticano II, Const. Dogm. Lumen gentium (21 de novembro de 1964)
LS Francisco, Carta Enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015)
UR Concílio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio (21 de novembro de 1964)
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[1] Apresentamos a seguir, em forma de esquema, as etapas do caminho sinodal.
[2] Francisco, Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos (17 de outubro de 2015).
[3] www.synod.va
[4] Francisco, Carta ao Povo de Deus (20 de agosto de 2018), prefácio.
[5] Ibid., n. 2.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Francisco, Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, cit.
[9] CTI, n. 6.
[10] CTI, n. 3.
[11] CTI, n. 6.
[12] Cipriano, De Orat. Dom., 23.
[13] Agostinho, Epístola 194, 31.
[14] João Crisóstomo, Explicatio in Ps. 149.
[15] CTI, n. 6.
[16] Francisco, Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, cit.
[17] CTI, n. 69.
[18] Bento, Regra, 3. 3.
[19] Francisco, Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, cit.
[20] CTI, n. 70.
[21] Ibidem.
[22] Francisco, Discurso na Comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, cit.
[23] Francisco, Discurso no início do Sínodo dedicado aos jovens, 3 de outubro de 2018.
[01156-PO.01] [Texto original: Italiano]
[B0540-XX.02]