Avendo ricevuto dal Santo Padre il mandato di curare e animare la vita liturgica della Basilica di San Pietro, a partire dal comunicato della Segreteria di Stato del 12 marzo 2021 vorrei proporre alcune considerazioni che spero possano essere utili alla comprensione delle linee orientative tracciate e per scegliere come e quando vivere la celebrazione eucaristica nella prima fascia oraria del mattino.
Il comunicato della Segreteria di Stato ha dato alcune disposizioni in merito alle celebrazioni delle Sante Messe nella Basilica di San Pietro, con l’intento di assicurare che esse “si svolgano in un clima di raccoglimento e decoro liturgico”. Le indicazioni fanno riferimento ad un preciso contesto, cioè all’organizzazione delle azioni liturgiche nella fascia oraria compresa tra le 7 e le 9 del mattino.
In buona sostanza, sono ispirate da due principi:
a. ordinare le celebrazioni sotto il profilo della scansione temporale e della loro qualità;
b. accogliere e integrare particolari e legittimi desideri dei fedeli, nel limite del possibile.
Infatti, il contenuto degli enunciati proposti dalla Segreteria di Stato si può riassumere così:
a. tra le 7 e le 9 i sacerdoti possono concelebrare ad una delle Messe d’orario nei luoghi stabiliti; l’animazione liturgica preveda l’ausilio di ministranti;
b. sono ammesse eccezioni riguardo ai luoghi della celebrazione – in occasione della memoria di un Santo i cui resti sono custoditi in Basilica – e alla contemporaneità di alcune celebrazioni per gruppi di pellegrini o nella forma straordinaria del Rito Romano.
Per praticità di lettura, articolo queste note seguendo i due punti summenzionati.
A. Le concelebrazioni dalle 7 alle 9
Il modo di ordinare le celebrazioni del mattino previsto dal comunicato della Segreteria di Stato costituisce l’occasione per richiamare il senso e il valore della concelebrazione eucaristica che, come hanno ricordato i Padri nell’ultimo Concilio, si inserisce nel solco della Tradizione della Chiesa: “La concelebrazione, che manifesta in modo appropriato l'unità del sacerdozio, è rimasta in uso fino ad oggi nella Chiesa, tanto in Oriente che in Occidente” (SC57). Per questo il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Sacra Liturgia ha ampliato per i presbiteri la facoltà di concelebrare e alcuni documenti magisteriali hanno successivamente precisato le norme.[1] In tal senso, può essere utile rammentare alcuni casi in cui il Magistero raccomanda la concelebrazione, come ad esempio alla Messa principale di una chiesa o alle Messe in occasione di incontri di sacerdoti, secolari o religiosi, qualunque sia il loro carattere (cf. SC 57; Ordinamento generale del Messale Romano 199).
D’altra parte la natura stessa della celebrazione è chiaramente definita nella Sacrosanctum Concilium, laddove tratta delle Norme derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia: “Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che è «sacramento dell’unità», cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi. Perciò tali azioni appartengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano […]. Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della Messa benché qualsiasi Messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale e per l'amministrazione dei sacramenti” (SC26-27).
Perciò, l’assemblea riunita per l’Eucaristia manifesta compiutamente il mistero della Chiesa, Corpo vivente del Cristo. Lo ricorda Lumen gentium[2] quando tratta del sacerdozio comune esercitato nei sacramenti, e lo rammenta chiaramente anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, nel quale si afferma che è tutta la comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra (n. 1140). In tale prospettiva, si comprende come il massimo frutto dell’Eucaristia si attinga dalla partecipazione alla medesima azione, perché meglio esprime il mistero che si celebra[3].
Chiaramente, tutti coloro che compongono l’assemblea riunita per l’Eucaristia partecipano dell’unico sacrificio e sacerdozio di Cristo, ciascuno secondo il proprio stato e la sua condizione di vita: Vescovo, presbitero, diacono, battezzato, coniugato, religioso. Non vi è nella Messa concelebrata da più presbiteri alcuna diminuzione del valore e dei frutti del sacrificio eucaristico, quanto piuttosto una esaltazione piena degli stessi.
Un primo elemento per il discernimento, nel nostro contesto, è dunque questo: quando è possibile, per i presbiteri è più che opportuno concelebrare, stante anche il fatto che è prevista una regolare alternanza della presidenza per le concelebrazioni che ordinariamente avvengono nella Basilica di San Pietro. Lo stesso vale anche per singoli fedeli e gruppi, invitati a partecipare alla stessa Messa affinché sia espressione di fraternità e non di particolarismi che non riflettono il senso della comunione ecclesiale manifestata dalla celebrazione eucaristica.[4]
B. Le eccezioni
Il Magistero insegna che alle situazioni in cui è raccomandata la concelebrazione fanno eccezione i casi in cui il beneficio dei fedeli non richieda e non consigli diversamente.[5]
In tal senso, non deve essere sottovalutata l’importanza della comprensione della lingua nella liturgia in ordine alla carità (cf. 1Cor 14) e il valore pastorale che può rivestire la celebrazione eucaristica per un gruppo di pellegrini, conformemente ai Riti esistenti nella Chiesa cattolica.
A queste considerazioni si aggiungono alcuni elementi della realtà caratterizzante la Basilica che devono essere tenuti in debito conto:
- le dimensioni della Basilica di San Pietro e la sua architettura consentono di andare incontro a diverse esigenze di quanti desiderino celebrare l’Eucaristia in gruppo senza sovrapporsi alla concelebrazione in corso nei principali luoghi liturgici;
- la Basilica di san Pietro si caratterizza per il ministero petrino di unità, misericordia e ortodossia della fede ed accoglie pellegrini provenienti da ogni parte del mondo;
- nella fascia oraria tra le 7 e le 9 del mattino la frequentazione della Basilica è numericamente contenuta;
- per le celebrazioni con il Missale Romanum del 1962 deve essere fatto tutto il possibile per esaudire il desiderio di fedeli e sacerdoti come previsto dal Motu Proprio Summorum Pontificum.
Inoltre, senza nulla togliere alla legittimità della celebrazione della Messa di singoli sacerdoti anche quando non possono partecipare i fedeli[6], occorre riconoscere il carattere dirimente della norma che vieta di celebrare “in modo individuale […] nello stesso tempo nel quale nella medesima chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione”.[7]
Perciò, ho già dato disposizioni affinché siano accolte possibilmente le richieste di celebrare nella fascia oraria dalle 7 alle 9 da parte di gruppi con esigenze particolari e legittime. Anche le richieste di celebrare in modo individuale di volta in volta potranno essere oggetto di discernimento, fatto salvo il principio che tutto possa svolgersi in un clima di raccoglimento e decoro e vigilando affinché quanto ha il carattere dell’eccezionalità non divenga ordinario, stravolgendo gli intenti e il senso del Magistero.
In tal modo, sono fiducioso che il cammino avviato possa favorire per ogni sacerdote e ogni fedele la possibilità di vivere le celebrazioni in San Pietro in modo sempre più ordinato al bene, al bello e al vero.
Città del Vaticano, 22 giugno 2021.
Mauro Card. Gambetti
Arciprete della Basilica Papale di San Pietro
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[1]Cf. ad esempio: Ordinamento generale del Messale Romano; Dichiarazione sulla Concelebrazione della Sacra Congregazione per il Culto Divino, 7 agosto 1972; CIC 902.
[2]“[I fedeli] Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la vittima divina e se stessi con essa; così tutti, sia con l'offerta che con la santa comunione, compiono la propria parte nell'azione liturgica, non però in maniera indifferenziata, bensì ciascuno a modo suo. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santaassemblea, mostrano concretamente la unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata” (LG 11).
[3]Nel suo contributo Sacrificio, sacramento e sacerdozio nello sviluppo della Chiesa (in Annunciatori della Parola e servitori della vostra gioia, LEV, 2013), così si esprime Joseph Ratzinger: “Il luogo vero dell’esistenza della Chiesa non è una qualche burocrazia, nemmeno l’attività di un gruppo che dichiara di essere la “base”, ma l’“assemblea”. Essa è Chiesa in atto […]. Più esattamente: il contenuto dell’assemblea è l’accoglienza della parola di Dio, che culmina nel memoriale della morte di Gesù, in un memoriale che realizza la sua presenza e significa missione. Risulta da ciò che ogni assemblea è interamente Chiesa, poiché il corpo del Signore non può che essere ogni volta tutto e la parola di Dio a sua volta non può che essere tutta. Ne risulta però, allo stesso tempo, che la singola assemblea, la singola comunità, rimane Chiesa soltanto se essa è nel tutto, nell’unità con le altre” (p. 82).
[4]Sulla bontà della concelebrazione dell’Eucaristia è illuminante quanto è indicato, per i Santuari, al n. 268 del Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002.
[5]Cf. SC 57;Ordinamento generale del Messale Romano 199;CIC 902.
[6]Quando non vi è la possibilità della partecipazione dei fedeli, per i sacerdoti è caldeggiata comunque la celebrazione quotidiana della Messa. Lo insegna il Concilio nel decreto Presbyterorum ordinis: “Nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli” (n. 13).
[7]CIC 902.
[00884-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0403-XX.01]