Omelia del Santo Padre
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Alle ore 10.30 di questa mattina, nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, Santuario della Divina Misericordia, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Festa della Divina Misericordia. Hanno concelebrato con il Papa S.E. Mons Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Mons. Jozef Bart, Rettore della Chiesa di Santo Spirito in Sassia ed alcuni Missionari della Misericordia istituiti durante il Giubileo della Misericordia.
Erano presenti alla celebrazione eucaristica: un gruppo di detenuti e di detenute dal carcere di Regina Cæli, Rebibbia femminile e Casal del Marmo di Roma, alcune Suore Ospedaliere della Misericordia, una rappresentanza di infermieri dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, alcune persone con disabilità, una famiglia di migranti dall’Argentina, dei giovani rifugiati provenienti da Siria, Nigeria ed Egitto, tra cui due persone egiziane appartenenti alla Chiesa copta e un volontario Caritas siriano appartenente alla Chiesa cattolica sira.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Omelia del Santo Padre
Gesù risorto appare ai discepoli più volte. Con pazienza consola i loro cuori sfiduciati. Dopo la sua risurrezione, opera così la “risurrezione dei discepoli”. Ed essi, risollevati da Gesù, cambiano vita. Prima, tante parole e tanti esempi del Signore non erano riusciti a trasformarli. Ora, a Pasqua, succede qualcosa di nuovo. E avviene nel segno della misericordia. Gesù li rialza con la misericordia – li rialza con la misericordia – e loro, misericordiati, diventano misericordiosi. È molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato.
1. Anzitutto vengono misericordiati, attraverso tre doni: dapprima Gesù offre loro la pace, poi lo Spirito, infine le piaghe. In primo luogo dà loro la pace. Quei discepoli erano angosciati. Si erano chiusi in casa per timore, per paura di essere arrestati e di fare la stessa fine del Maestro. Ma non erano chiusi solo in casa, erano chiusi anche nei loro rimorsi. Avevano abbandonato e rinnegato Gesù. Si sentivano incapaci, buoni a nulla, sbagliati. Gesù arriva e ripete due volte: «Pace a voi!». Non porta una pace che toglie i problemi di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore. Dice: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). È come se dicesse: “Vi mando perché credo in voi”. Quei discepoli sfiduciati vengono rappacificati con sé stessi. La pace di Gesù li fa passare dal rimorso alla missione. La pace di Gesù suscita infatti la missione. Non è tranquillità, non è comodità, è uscire da sé. La pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. E i discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro. Sì, crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi. “Ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi” (cfr S. J.H. Newman, Meditations and Devotions, III,12,2). Per Dio nessuno è sbagliato, nessuno è inutile, nessuno è escluso. Gesù oggi ripete ancora: “Pace a te, che sei prezioso ai miei occhi. Pace a te, che sei importante per me. Pace a te, che hai una missione. Nessuno può svolgerla al tuo posto. Sei insostituibile. E Io credo in te”.
In secondo luogo, Gesù misericordia i discepoli offrendo loro lo Spirito Santo. Lo dona per la remissione dei peccati (cfr vv. 22-23). I discepoli erano colpevoli, erano scappati via abbandonando il Maestro. E il peccato tormenta, il male ha il suo prezzo. Il nostro peccato, dice il Salmo (cfr 51,5), ci sta sempre dinanzi. Da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde. Come quei discepoli, abbiamo bisogno di lasciarci perdonare, dire dal cuore: “Perdono Signore”. Aprire il cuore per lasciarci perdonare. Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono. E di capire che al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia. Non ci confessiamo per abbatterci, ma per farci risollevare. Ne abbiamo tanto bisogno, tutti. Ne abbiamo bisogno come i bimbi piccoli, tutte le volte che cadono, hanno bisogno di essere rialzati dal papà. Anche noi cadiamo spesso. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti. Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. È il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura. E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia. E questa è la via di coloro che ricevono le confessioni della gente: far sentire la dolcezza della misericordia di Gesù che perdona tutto. Dio perdona tutto.
Dopo la pace che riabilita e il perdono che risolleva, ecco il terzo dono con cui Gesù misericordia i discepoli: Egli offre loro le piaghe. Da quelle piaghe siamo guariti (cfr 1 Pt 2,24; Is 53,5). Ma come può una ferita guarirci? Con la misericordia. In quelle piaghe, come Tommaso, tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità. Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie. Le piaghe sono le vie che Dio ci ha spalancato perché noi entriamo nella sua tenerezza e tocchiamo con mano chi è Lui. E non dubitiamo più della sua misericordia. Adorando, baciando le sue piaghe scopriamo che ogni nostra debolezza è accolta nella sua tenerezza. Questo succede in ogni Messa, dove Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto: Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite. E fa scendere il Cielo in noi. Le sue piaghe luminose squarciano il buio che noi ci portiamo dentro. E noi, come Tommaso, troviamo Dio, lo scopriamo intimo e vicino, e commossi gli diciamo: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). E tutto nasce da qui, dalla grazia di essere misericordiati. Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo.
2. Così hanno fatto i discepoli: misericordiati, sono diventati misericordiosi. Lo vediamo nella prima Lettura. Gli Atti degli Apostoli raccontano che «nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (4,32). Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro (cfr Mc 10,37; Lc 22,24). Ora condividono tutto, hanno «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Come hanno fatto a cambiare così? Hanno visto nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita. Hanno scoperto di avere in comune la missione, di avere in comune il perdono e il Corpo di Gesù: condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale. Il testo dice poi che «nessuno tra loro era bisognoso» (v. 34). I loro timori si erano dissolti toccando le piaghe del Signore, adesso non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù, nelle piaghe dei bisognosi.
Sorella, fratello, vuoi una prova che Dio ha toccato la tua vita? Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri. Oggi è il giorno in cui chiederci: “Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, che tante volte ho ricevuto il suo perdono e la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del Corpo di Gesù, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?”. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono. Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore (cfr Gc 2,17). Fratelli, sorelle, lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia.
[00482-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Jésus ressuscité apparaît aux disciples plusieurs fois. Avec patience il console leurs cœurs découragés. Après sa résurrection, il opère ainsi la “résurrection des disciples”. Et eux, relevés par Jésus, changent de vie. Avant, de nombreuses paroles et de nombreux exemples du Seigneur n’avaient pas réussi à les transformer. Maintenant, à Pâques, il se passe quelque chose de nouveau. Et cela arrive dans le signe de la miséricorde. Jésus les relève avec la miséricorde – il les relève avec la miséricorde – et eux, bénéficiaires de la miséricorde, deviennent miséricordieux. C’est très difficile d’être miséricordieux si quelqu’un ne se rend pas compte qu’il est bénéficiaire de la miséricorde.
1. Avant tout ils sont bénéficiaires de la miséricorde, à travers trois dons: d’abord Jésus leur offre la paix, puis l’Esprit, enfin ses plaies. En premier lieu il leur donne la paix. Ces disciples étaient angoissés. Ils s’étaient enfermés dans la maison par crainte, par peur d’être arrêtés et d’avoir la même fin que le Maître. Mais ils n’étaient pas enfermés seulement dans la maison, ils étaient aussi enfermés dans leurs remords. Ils avaient abandonné et renié Jésus. Ils se sentaient incapables, bons à rien, mauvais. Jésus arrive et répète deux fois: “Paix à vous!”. Il n’apporte pas une paix qui enlève les problèmes du dehors, mais une paix qui répand la confiance à l’intérieur. Pas une paix extérieure, mais la paix du cœur. Il dit: «La paix soit avec vous! De même que le Père m’a envoyé, moi aussi, je vous envoie» (Jn 20, 21). C’est comme s’il avait dit: “Je vous envoie parce que je crois en vous”. Ces disciples découragés sont réconciliés avec eux-mêmes. La paix de Jésus les fait passer du remord à la mission. La paix de Jésus suscite en effet la mission. Ce n’est pas la tranquillité, ce n’est pas le confort, c’est sortir de soi. La paix de Jésus libère des fermetures qui paralysent, rompt les chaînes qui retiennent le cœur prisonnier. Et les disciples se sentent bénéficiaires de la miséricorde: ils sentent que Dieu ne les condamne pas, ne les humilie pas, mais croit en eux. Oui, il croit en nous plus que nous croyons en nous-mêmes. “Il nous aime plus que nous nous aimons” (cf. S.J.H. Newman, Meditations and devotions, III,12,2). Pour Dieu, personne n’est mauvais, personne n’est inutile, personne n’est exclu. Jésus aujourd’hui répète encore: “Paix à toi, qui es précieux à mes yeux. Paix à toi, qui es important pour moi. Paix à toi, qui as une mission. Personne ne peut l’effectuer à ta place. Tu es irremplaçable. Et je crois en toi”.
Deuxièmement, Jésus fait miséricorde aux disciples en leur offrant l’Esprit Saint. Il le donne pour la rémission des péchés (cf. vv: 22-23). Les disciples étaient coupables, ils avaient fui en abandonnant le Maître. Et le péché tourmente, le mal a son prix. Notre péché, dit le Psaume (cf. 51, 5), est toujours devant nous. Seuls nous ne pouvons pas l’effacer. Seul Dieu l’élimine, seul, avec sa miséricorde, il nous fait sortir de nos misères les plus profondes. Comme ces disciples, nous avons besoin de nous laisser pardonner, de dire de tout cœur: “Pardon Seigneur”. Ouvrir notre cœur pour nous laisser pardonner. Le pardon dans l’Esprit Saint est le don pascal pour renaître à l’intérieur. Demandons la grâce de l’accueillir, d’embrasser le Sacrement du pardon. Et de comprendre qu’au centre de la Confession ce n’est pas nous avec nos péchés, mais Dieu avec sa miséricorde. Nous ne nous confessons pas pour nous décourager, mais pour nous faire relever. Nous en avons tant besoin, tous. Nous en avons besoin comme les petits enfants, toutes les fois qu’ils tombent, ils ont besoin d’être relevés par le papa. Nous aussi, nous tombons souvent. Et la main du Père est prête à nous remettre debout et à nous faire aller de l’avant. Cette main sûre et fiable est la Confession. Elle est le Sacrement qui nous relève, qui ne nous laisse pas par terre à pleurer sur le sol dur de nos chutes. Elle est le Sacrement de la résurrection, elle est pure miséricorde. Et celui qui reçoit les Confessions doit faire sentir la douceur de la miséricorde. Et c’est cela le chemin de ceux qui reçoivent les confessions des gens: faire sentir la douceur de la miséricorde de Jésus qui pardonne tout. Dieu pardonne tout.
Après la paix qui réhabilite et le pardon qui relève, voici le troisième don avec lequel Jésus fait miséricorde aux disciples: il leur offre ses blessures. Par ces blessures nous sommes guéris (cf. 1 P 2, 24; Is 53, 5). Mais comment une blessure peut-elle nous guérir? Avec la miséricorde. Dans ces plaies, comme Thomas, nous touchons du doigt le fait que Dieu nous aime jusqu’au bout, qu’il a fait siennes nos blessures, qu’il a porté dans son corps nos fragilités. Les plaies sont des canaux ouverts entre lui et nous, qui reversent sa miséricorde sur nos misères. Les plaies sont les voies que Dieu nous a grandes ouvertes pour que nous entrions dans sa tendresse et que nous touchions du doigt qui il est. Et que nous ne doutions plus de sa miséricorde. En adorant, en embrassant ses plaies nous découvrons que chacune de nos faiblesses est accueillie dans sa tendresse. Cela arrive dans chaque Messe, où Jésus nous offre son Corps blessé et ressuscité: nous le touchons et il touche nos vies. Et il fait descendre le Ciel en nous. Ses plaies lumineuses percent les ténèbres que, nous, nous portons à l’intérieur. Et nous, comme Thomas, nous trouvons Dieu, nous le découvrons intime et proche, et émus nous lui disons: «Mon Seigneur et mon Dieu!» (Jn 20, 28). Et tout naît d’ici, de la grâce d’être bénéficiaires de la miséricorde. A partir d’ici commence le cheminement chrétien. Si au contraire nous nous basons sur nos capacités, sur l’efficacité de nos structures et de nos projets, nous n’irons pas loin. Seulement si nous accueillons l’amour de Dieu nous pourrons donner quelque chose de nouveau au monde.
2. Ainsi ont fait les disciples: bénéficiaires de la miséricorde, ils sont devenus miséricordieux. Nous le voyons dans la première Lecture. Les Actes des Apôtres racontent que «personne ne disait que ses biens lui appartenaient en propre, mais ils avaient tout en commun» (4, 32). Ce n’est pas du communisme, c’est du christianisme à l’état pur. Et c’est d’autant plus surprenant si nous pensons que ces mêmes disciples peu avant s’étaient disputés sur les récompenses et les honneurs, sur celui qui était le plus grand parmi eux (cf. Mc 10, 37; Lc 22, 24). Maintenant ils partagent tout, ils ont «un seul cœur et une seule âme» (Ac 4, 32). Comment ont-ils fait pour changer ainsi? Ils ont vu dans l’autre la même miséricorde qui a transformé leur vie. Ils ont découvert d’avoir en commun la mission, d’avoir en commun le pardon et le Corps de Jésus: partager les biens terrestres a semblé une conséquence naturelle. Le texte dit ensuite qu’«aucun d’entre eux n’était dans l’indigence» (v. 34). Leurs craintes s’étaient dissoutes en touchant les plaies du Seigneur, maintenant ils n’ont pas peur de soigner les plaies des nécessiteux. Parce qu’ils y voient Jésus. Parce que là il y a Jésus, dans les plaies des nécessiteux.
Sœur, frère, tu veux une preuve que Dieu a touché ta vie? Vérifie si tu te penches sur les blessures des autres. Aujourd’hui c’est le jour où nous nous demandons: “Moi, qui tant de fois ai reçu la paix de Dieu, qui tant de fois ai reçu son pardon et sa miséricorde, suis-je miséricordieux avec les autres? Moi, qui si souvent me suis nourri du Corps de Jésus, est-ce que je fais quelque chose pour nourrir celui qui est pauvre?”. Ne restons pas indifférents. Ne vivons pas une foi à moitié, qui reçoit mais ne donne pas, qui accueille le don mais ne se fait pas don. Nous avons été touchés par la miséricorde, devenons miséricordieux. Parce que si l’amour finit avec nous-mêmes, la foi se dessèche dans un intimisme stérile. Sans les autres elle devient désincarnée. Sans les œuvres de miséricorde elle meurt (cf. Jc 2, 17). Frères, sœurs, laissons-nous ressusciter par la paix, par le pardon et par les plaies de Jésus miséricordieux. Et demandons la grâce de devenir témoins de miséricorde. Seulement ainsi la foi sera vivante. Et la vie sera unifiée. Seulement ainsi nous annoncerons l’Évangile de Dieu, qui est Évangile de miséricorde.
[00482-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
The risen Jesus appeared to the disciples on several occasions. He patiently soothed their troubled hearts. Risen himself, he now brings about “the resurrection of the disciples”. He raises their spirits and their lives are changed. Earlier, the Lord’s words and his example had failed to change them. Now, at Easter, something new happens, and it happens in the light of mercy. Jesus raises them up with mercy. Having received that mercy, they become merciful in turn. It is hard to be merciful without the experience of having first received mercy.
First, they receive mercy through three gifts. First, Jesus offers them peace, then the Spirit and finally his wounds. The disciples were upset. They were locked away for fear, fear of being arrested and ending up like the Master. But they were not only huddled together in a room; they were also trapped in their own remorse. They had abandoned and denied Jesus. They felt helpless, discredited, good for nothing. Jesus arrives and says to them twice, “Peace be with you!” He does not bring a peace that removes the problems without, but one that infuses trust within. It is no outward peace, but peace of heart. He tells them “Peace be with you! As the Father has sent me, even so I send you” (Jn 20:21). It is as if to say, “I am sending you because I believe in you”. Those disheartened disciples were put at peace with themselves. The peace of Jesus made them pass from remorse to mission. The peace of Jesus awakens mission. It entails not ease and comfort, but the challenge to break out of ourselves. The peace of Jesus frees from the self-absorption that paralyzes; it shatters the bonds that keep the heart imprisoned. The disciples realized that they had been shown mercy: they realized that God did not condemn or demean them, but instead believed in them. God, in fact, believes in us even more than we believe in ourselves. “He loves us better than we love ourselves (cf. SAINT JOHN HENRY NEWMAN, Meditations and Devotions, III, 12, 2). As far as God is concerned, no one is useless, discredited or a castaway. Today Jesus also tells us, “Peace be with you! You are precious in my eyes. Peace be with you! You are important for me. Peace be with you! You have a mission. No one can take your place. You are irreplaceable. And I believe in you”.
Second, Jesus showed mercy to his disciples by granting them the Holy Spirit. He bestowed the Spirit for the forgiveness of sins (cf. vv. 22-23). The disciples were guilty; they had run away, they had abandoned the Master. Sin brings torment; evil has its price. Our sin, as the Psalmist says (cf. 51:5), is always before us. Of ourselves, we cannot remove it. Only God takes it away, only he by his mercy can make us emerge from the depths of our misery. Like those disciples, we need to let ourselves be forgiven, to ask heartfelt pardon of the Lord. We need to open our hearts to being forgiven. Forgiveness in the Holy Spirit is the Easter gift that enables our interior resurrection. Let us ask for the grace to accept that gift, to embrace the Sacrament of forgiveness. And to understand that Confession is not about ourselves and our sins, but about God and his mercy. Let us not confess to abase ourselves, but to be raised up. We, all of us, need this badly. Like little children who, whenever they fall, need to be picked up by their fathers, we need this. We too fall frequently. And the hand of our Father is ready to set us on our feet again and to make us keep walking. That sure and trustworthy hand is Confession. Confession is the sacrament that lifts us up; it does not leave us on the ground, weeping on the hard stones where we have fallen. Confession is the Sacrament of resurrection, pure mercy. All those who hear confessions ought to convey the sweetness of mercy. This is what confessors are meant to do: to convey the sweetness of the mercy of Jesus who forgives everything. God forgives everything.
Together with the peace that rehabilitates us and the forgiveness that lifts us up, Jesus gave his disciples a third gift of mercy: he showed them his wounds. By those wounds we were healed (cf. 1 Pet 2:24; Is 53:5). But how can wounds heal us? By mercy. In those wounds, like Thomas, we can literally touch the fact that God has loved us to the end. He has made our wounds his own and borne our weaknesses in his own body. His wounds are open channels between him and us, shedding mercy upon our misery. His wounds are the pathways that God has opened up for us to enter into his tender love and actually “touch” who he is. Let us never again doubt his mercy. In adoring and kissing his wounds, we come to realize that in his tender love all our weaknesses are accepted. This happens at every Mass, where Jesus offers us his wounded and risen Body. We touch him and he touches our lives. He makes heaven come down to us. His radiant wounds dispel the darkness we carry within. Like Thomas, we discover God; we realize how close he is to us and we are moved to exclaim, “My Lord and my God!” (Jn 20:28). Everything comes from this, from the grace of receiving mercy. This is the starting-point of our Christian journey. But if we trust in our own abilities, in the efficiency of our structures and projects, we will not go far. Only if we accept the love of God, will we be able to offer something new to the world.
And that is what the disciples did: receiving mercy, they in turn became merciful. We see this in the first reading. The Acts of the Apostles relate that “no one claimed private ownership of any possessions, but everything they owned was held in common” (4:32). This is not communism, but pure Christianity. It is all the more surprising when we think that those were the same disciples who had earlier argued about prizes and rewards, and about who was the greatest among them (cf. Mt 10:37; Lk 22:24). Now they share everything; they are “of one heart and soul”” (Acts 4:32). How did they change like that? They now saw in others the same mercy that had changed their own lives. They discovered that they shared the mission, the forgiveness and the Body of Jesus, and so it seemed natural to share their earthly possessions. The text continues: “There was not a needy person among them” (v. 34). Their fears had been dispelled by touching the Lord’s wounds, and now they are unafraid to heal the wounds of those in need. Because there they see Jesus. Because Jesus is there, in the wounds of those in need.
Dear sister, dear brother, do you want proof that God has touched your life? See if you can stoop to bind the wounds of others. Today is the day to ask, “Am I, who so often have received God’s peace, his mercy, merciful to others? Do I, who have so often been fed by the Body of Jesus, make any effort to relieve the hunger of the poor?” Let us not remain indifferent. Let us not live a one-way faith, a faith that receives but does not give, a faith that accepts the gift but does not give it in return. Having received mercy, let us now become merciful. For if love is only about us, faith becomes arid, barren and sentimental. Without others, faith becomes disembodied. Without works of mercy, it dies (cf. Jas 2:17). Dear brothers and sisters, let us be renewed by the peace, forgiveness and wounds of the merciful Jesus. Let us ask for the grace to become witnesses of mercy. Only in this way will our faith be alive and our lives unified. Only in this way will we proclaim the Gospel of God, which is the Gospel of mercy.
[00482-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Der auferstandene Jesus erscheint den Jüngern mehrere Male. Geduldig tröstet er ihre entmutigten Herzen. Nach seiner Auferstehung bewirkt er so die „Auferstehung der Jünger“. Und von Jesus wiederaufgerichtet, ändern sie ihr Leben. Die vielen früheren Worte und Beispiele des Herrn hatten es nicht vermocht, sie zu verwandeln. Jetzt, zu Ostern, passiert etwas Neues. Und das geschieht im Zeichen der Barmherzigkeit. Jesus richtet sie mit seiner Barmherzigkeit wieder auf – er richtet sie mit seiner Barmherzigkeit wieder auf – und nachdem ihnen seine Barmherzigkeit zuteilwurde, werden sie selbst barmherzig. Es ist sehr schwierig, barmherzig zu sein, wenn man selbst nicht bemerkt, Barmherzigkeit erfahren zu haben.
1. Zunächst erfahren sie – mittels dreier Gaben – selbst Barmherzigkeit: Jesus beschenkt sie als erstes mit Frieden, dann mit dem Geist und schließlich mit seinen Wunden. Zuerst gibt er ihnen den Frieden. Die Jünger waren ängstlich. Sie hatten sich aus Furcht zu Hause eingeschlossen, aus Angst, verhaftet zu werden und so zu enden wie ihr Meister. Aber sie waren nicht nur im Haus gefangen, sondern auch in ihren Gewissensbissen verstrickt. Sie hatten Jesus verlassen und verleugnet. Sie meinten, sie seien unfähig, zu nichts gut und voller Fehler. Jesus kommt und wiederholt zweimal: »Friede sei mit euch!«. Er bringt nicht einen Frieden, der die äußeren Probleme von ihnen nimmt, sondern einen Frieden, der ihnen innere Zuversicht verleiht. Er gibt nicht äußeren Frieden, sondern Frieden im Herzen. Er sagt: »Friede sei mit euch! Wie mich der Vater gesandt hat, so sende ich euch« (Joh 20,21). Es ist, als würde er sagen: „Ich sende euch, weil ich an euch glaube“. Diese verzagten Jünger werden mit sich selbst versöhnt. Der Friede Jesu lässt sie von ihren Gewissensbissen zu ihrer Sendung übergehen. Der Friede Jesu steht am Anfang der Mission. Nicht Ruhe, nicht Bequemlichkeit, sondern das Herausgehen aus sich selbst. Der Friede Jesu befreit aus der Verschlossenheit, die lähmt; er zerbricht die Ketten, die das Herz gefangen halten. Und die Jünger erfahren Barmherzigkeit: Sie spüren, dass Gott sie nicht verurteilt und demütigt, sondern an sie glaubt. Ja, er glaubt mehr an uns, als wir selbst an uns glauben. »Er liebt uns mehr, als wir uns selbst lieben« (vgl. hl. J.H. Newman, Meditations and Devotions, III,12,2). Für Gott ist niemand verfehlt, ist niemand nutzlos, ist niemand ausgeschlossen. Jesus wiederholt auch heute noch: „Friede sei mit dir, in meinen Augen bist du kostbar. Friede sei mit dir, du bist mir wichtig. Friede sei mit dir, du hast eine Mission zu erfüllen und niemand kann dich dabei ersetzen. Du bist unersetzbar. Und ich glaube an dich“.
Weiterhin erbarmt sich Jesus seiner Jünger durch die Gabe des Heiligen Geistes. Er schenkt ihn zur Vergebung der Sünden (vgl. Vv. 22-23). Die Jünger waren schuldig geworden; sie waren weggelaufen und hatten den Meister im Stich gelassen. Und die Sünde quält, das Böse hat seinen Preis. Unsere Sünde, sagt der Psalm (vgl. 51,5), steht uns immer vor Augen. Aus eigener Kraft können wir sie nicht tilgen. Gott allein vernichtet sie und eröffnet uns mit seiner Barmherzigkeit einen Ausweg aus unserem tiefen Elend. Wie diese Jünger haben wir es nötig, uns vergeben zu lassen, von Herzen zu sagen: „Vergib, Herr“ - das Herz zu öffnen, um uns vergeben zu lassen. Die Vergebung im Heiligen Geist ist das Ostergeschenk, das uns eine innere Auferstehung ermöglicht. Wir bitten um die Gnade, sie zu empfangen, das Sakrament der Vergebung anzunehmen. Und zu verstehen, dass im Zentrum der Beichte nicht wir mit unseren Sünden stehen, sondern Gott mit seiner Barmherzigkeit. Wir gehen nicht zur Beichte, um uns zu erniedrigen, sondern um uns aufrichten zu lassen. Das haben wir alle nötig. Wir haben es nötig wie kleine Kinder, die jedes Mal, wenn sie hinfallen, von ihrem Papa hochgehoben werden müssen. Auch wir fallen oft. Und die Hand des Vaters ist bereit, uns wieder auf die Füße zu stellen, sodass wir weitergehen können. Diese sichere und zuverlässige Hand ist die Beichte. Sie ist das Sakrament, das uns aufrichtet, das uns nicht weinend auf dem harten Boden liegen lässt, wenn wir stürzen. Sie ist das Sakrament der Auferstehung, sie ist reine Barmherzigkeit. Und wer die Beichte entgegennimmt, muss die Schönheit des göttlichen Erbarmens spürbar werden lassen. Und das ist der Weg derjenigen, die die Beichten der Menschen entgegennehmen: die Schönheit der Barmherzigkeit Jesu spürbar werden lassen, der alles vergibt. Gott vergibt alles.
Nach dem Frieden, der rehabilitiert, und der Vergebung, die aufrichtet, kommt das dritte Geschenk, mit dem Jesus sich seiner Jünger erbarmt: Er bietet ihnen seine Wunden dar. Durch diese Wunden sind wir geheilt (vgl. 1 Petr 2,24; Jes 53,5). Aber wie kann eine Wunde uns heilen? Durch das Erbarmen. In diesen Wunden begreifen wir, wie Thomas, mit unseren eigenen Händen, dass Gott uns durch und durch liebt, dass er unsere Wunden zu seinen Wunden gemacht hat, dass er unsere Gebrechlichkeit leibhaftig auf sich genommen hat. Die Wunden sind Verbindungskanäle zwischen ihm und uns, über sie fließt unserem Elend sein Erbarmen zu. Die Wunden sind Zugänge, die Gott für uns weit geöffnet hat, damit wir in sein liebevolles Erbarmen eintreten und damit wir mit unseren eigenen Händen begreifen können, wer er ist. Und wir zweifeln nicht mehr an seiner Barmherzigkeit. Wenn wir seine Wunden anbeten und küssen, entdecken wir, dass jede unserer Schwächen von ihm liebevoll angenommen ist. Das geschieht in jeder Messe, wo Jesus uns seinen verwundeten und auferstandenen Leib darreicht: wir berühren ihn und er berührt unser Leben. Und er lässt den Himmel in uns hinabsteigen. Seine verklärten Wunden erhellen die Dunkelheit, die wir in uns tragen. Und wie Thomas finden wir Gott, wir entdecken ihn ganz nah und vertraut, und innerlich bewegt sagen wir zu ihm: »Mein Herr und mein Gott!« (Joh 20,28). Und alles beginnt hier, mit der Gnade, Barmherzigkeit erfahren zu haben. Hier beginnt der Weg des Christen. Wenn wir uns dagegen auf unsere eigenen Fähigkeiten, auf die Effizienz unserer Strukturen und Projekte verlassen, werden wir nicht weit kommen. Nur wenn wir Gottes Liebe annehmen, können wir der Welt etwas Neues geben.
2. So geschah es mit den Jüngern: Aufgrund des Erbarmens, das ihnen zuteilgeworden war, wurden sie selbst barmherzig. Wir sehen das in der ersten Lesung. Die Apostelgeschichte berichtet, dass keiner etwas von dem, was er hatte, sein Eigentum nannte, sondern dass sie alles gemeinsam hatten (vgl. 4,32). Das ist kein Kommunismus, das ist Christentum in Reinform. Und es ist umso überraschender, wenn wir bedenken, dass dieselben Jünger sich kurz zuvor um Auszeichnungen und Ehren gestritten hatten, darum, wer der Größte unter ihnen war (vgl. Mk 10,37; Lk 22,24). Jetzt teilen sie alles, sie waren »ein Herz und eine Seele« (Apg 4,32). Wie kam es zu einer solchen Veränderung? Sie erkannten bei den anderen dasselbe Erbarmen, das ihr eigenes Leben verändert hatte. Sie entdeckten, dass sie gemeinsam Anteil hatten an der Mission, dass sie gemeinsam Anteil hatten an der Vergebung und am Leib Jesu: Das Teilen irdischer Güter schien eine natürliche Konsequenz. Der Text sagt weiter, dass es auch keinen unter ihnen gab, der Not litt (vgl. V. 34). Ihre Ängste hatten sich aufgelöst, als sie die Wunden des Herrn berührten; jetzt haben sie keine Angst mehr, die Wunden der Bedürftigen zu versorgen. Denn darin erkennen sie Jesus. Denn dort ist Jesus, in den Wunden der Bedürftigen.
Schwester, Bruder, willst du einen Beweis dafür, dass Gott dein Leben berührt hat? Frage dich, ob du dich über die Wunden anderer beugst. Heute ist der Tag, an dem wir uns fragen sollten: „Bin ich, der ich Gottes Frieden so oft empfangen habe, der ich seine Vergebung und seine Barmherzigkeit so oft empfangen habe, barmherzig zu den anderen? Tue ich, der ich mich so oft vom Leib Jesu ernährt habe, etwas, um die Armen zu speisen?“ Lasst uns nicht gleichgültig bleiben. Lasst uns nicht einen halbherzigen Glauben leben, der empfängt, aber nicht gibt, der das Geschenk annimmt, aber selbst nicht zur Hingabe bereit ist. Uns wurde Erbarmen zuteil, lasst uns selbst barmherzig werden. Denn wenn die Liebe bei uns selbst endet, vertrocknet der Glaube in einem sterilen Kult der Innerlichkeit. Ohne die anderen verliert er seine Konkretheit. Ohne Werke der Barmherzigkeit stirbt er (vgl. Jak 2,17). Brüder, Schwestern, lassen wir uns durch den Frieden, die Vergebung und die Wunden des barmherzigen Jesus auferwecken. Und bitten wir um die Gnade, Zeugen der Barmherzigkeit werden zu dürfen. Nur so wird unser Glaube lebendig sein und unser Leben stimmig werden. Nur auf diese Weise werden wir das Evangelium Gottes verkünden, das ein Evangelium der Barmherzigkeit ist.
[00482-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Jesús resucitado se aparece a los discípulos varias veces. Consuela con paciencia sus corazones desanimados. De este modo realiza, después de su resurrección, la “resurrección de los discípulos”. Y ellos, reanimados por Jesús, cambian de vida. Antes, tantas palabras y tantos ejemplos del Señor no habían logrado transformarlos. Ahora, en Pascua, sucede algo nuevo. Y se lleva a cabo en el signo de la misericordia. Jesús los vuelve a levantar con la misericordia ―los vuelve a levantar con la misericordia― y ellos, misericordiados, se vuelven misericordiosos. Es muy difícil ser misericordioso si uno de se da cuenta de ser miseridocordiado.
1. Ante todo, son misericordiados por medio de tres dones: primero Jesús les ofrece la paz, después el Espíritu, y finalmente las llagas. En primer lugar, les da la paz. Los discípulos estaban angustiados. Se habían encerrado en casa por temor, por miedo a ser arrestados y correr la misma suerte del Maestro. Pero no sólo estaban encerrados en casa, también estaban encerrados en sus remordimientos. Habían abandonado y negado a Jesús. Se sentían incapaces, buenos para nada, inadecuados. Jesús llega y les repite dos veces: «¡La paz esté con ustedes!». No da una paz que quita los problemas del medio, sino una paz que infunde confianza dentro. No es una paz exterior, sino la paz del corazón. Dice: «¡La paz esté con ustedes! Como el Padre me envió, así yo los envío a ustedes» (Jn 20,21). Es como si dijera: “Los mando porque creo en ustedes”. Aquellos discípulos desalentados son reconciliados consigo mismos. La paz de Jesús los hace pasar del remordimiento a la misión. En efecto, la paz de Jesús suscita la misión. No es tranquilidad, no es comodidad, es salir de sí mismo. La paz de Jesús libera de las cerrazones que paralizan, rompe las cadenas que aprisionan el corazón. Y los discípulos se sienten misericordiados: sienten que Dios no los condena, no los humilla, sino que cree en ellos. Sí, cree en nosotros más de lo que nosotros creemos en nosotros mismos. “Nos ama más de lo que nosotros mismos nos amamos” (cf. S. J.H. Newman, Meditaciones y devociones, III,12,2). Para Dios ninguno es un incompetente, ninguno es inútil, ninguno está excluido. Jesús hoy repite una vez más: “Paz a ti, que eres valioso a mis ojos. Paz a ti, que tienes una misión. Nadie puede realizarla en tu lugar. Eres insustituible. Y Yo creo en ti”.
En segundo lugar, Jesús misericordia a los discípulos dándoles el Espíritu Santo. Lo otorga para la remisión de los pecados (cf. vv. 22-23). Los discípulos eran culpables, habían huido abandonando al Maestro. Y el pecado atormenta, el mal tiene su precio. Siempre tenemos presente nuestro pecado, dice el Salmo (cf. 51,5). Solos no podemos borrarlo. Sólo Dios lo quita, sólo Él con su misericordia nos hace salir de nuestras miserias más profundas. Como aquellos discípulos, necesitamos dejarnos perdonar, decir desde lo profundo del corazón: “Perdón Señor”. Abrir el corazón para dejarse perdonar. El perdón en el Espíritu Santo es el don pascual para resurgir interiormente. Pidamos la gracia de acogerlo, de abrazar el Sacramento del perdón. Y de comprender que en el centro de la Confesión no estamos nosotros con nuestros pecados, sino Dios con su misericordia. No nos confesamos para hundirnos, sino para dejarnos levantar. Lo necesitamos mucho, todos. Lo necesitamos, así como los niños pequeños, todas las veces que caen, necesitan que el papá los vuelva a levantar. También nosotros caemos con frecuencia. Y la mano del Padre está lista para volver a ponernos en pie y hacer que sigamos adelante. Esta mano segura y confiable es la Confesión. Es el Sacramento que vuelve a levantarnos, que no nos deja tirados, llorando contra el duro suelo de nuestras caídas. Es el Sacramento de la resurrección, es misericordia pura. Y el que recibe las confesiones debe hacer sentir la dulzura de la misericordia. Este es el camino de los sacerdotes que reciben las confesiones de la gente: hacerles sentir la dulzura de la misericordia de Jesús que perdona todo. Dios perdona todo.
Después de la paz que rehabilita y el perdón que realza, el tercer don con el que Jesús misericordia a los discípulos es ofrecerles sus llagas. Esas llagas nos han curado (cf. 1 P 2,24; Is 53,5). Pero, ¿cómo puede curarnos una herida? Con la misericordia. En esas llagas, como Tomás, experimentamos que Dios nos ama hasta el extremo, que ha hecho suyas nuestras heridas, que ha cargado en su cuerpo nuestras fragilidades. Las llagas son canales abiertos entre Él y nosotros, que derraman misericordia sobre nuestras miserias. Las llagas son los caminos que Dios ha abierto completamente para que entremos en su ternura y experimentemos quién es Él, y no dudemos más de su misericordia. Adorando, besando sus llagas descubrimos que cada una de nuestras debilidades es acogida en su ternura. Esto sucede en cada Misa, donde Jesús nos ofrece su cuerpo llagado y resucitado; lo tocamos y Él toca nuestra vida. Y hace descender el Cielo en nosotros. El resplandor de sus llagas disipa la oscuridad que nosotros llevamos dentro. Y nosotros, como Tomás, encontramos a Dios, lo descubrimos íntimo y cercano, y conmovidos le decimos: «¡Señor mío y Dios mío!» (Jn 20,28). Y todo nace aquí, en la gracia de ser misericordiados. Aquí comienza el camino cristiano. En cambio, si nos apoyamos en nuestras capacidades, en la eficacia de nuestras estructuras y proyectos, no iremos lejos. Sólo si acogemos el amor de Dios podremos dar algo nuevo al mundo.
2. Así, misericordiados, los discípulos se volvieron misericordiosos. Lo vemos en la primera Lectura. Los Hechos de los Apóstoles relatan que «nadie consideraba sus bienes como propios, sino que todo lo tenían en común» (4,32). No es comunismo, es cristianismo en estado puro. Y es mucho más sorprendente si pensamos que esos mismos discípulos poco tiempo antes habían discutido sobre recompensas y honores, sobre quién era el más grande entre ellos (cf. Mc 10,37; Lc 22,24). Ahora comparten todo, tienen «un solo corazón y una sola alma» (Hch 4,32). ¿Cómo cambiaron tanto? Vieron en los demás la misma misericordia que había transformado sus vidas. Descubrieron que tenían en común la misión, que tenían en común el perdón y el Cuerpo de Jesús; compartir los bienes terrenos resultó una consecuencia natural. El texto dice después que «no había ningún necesitado entre ellos» (v. 34). Sus temores se habían desvanecido tocando las llagas del Señor, ahora no tienen miedo de curar las llagas de los necesitados. Porque allí ven a Jesús. Porque allí está Jesús, en las llagas de los necesitados.
Hermana, hermano, ¿quieres una prueba de que Dios ha tocado tu vida? Comprueba si te inclinas ante las heridas de los demás. Hoy es el día para preguntarnos: “Yo, que tantas veces recibí la paz de Dios, que tantas veces recibí su perdón y su misericordia, ¿soy misericordioso con los demás? Yo, que tantas veces me he alimentado con el Cuerpo de Jesús, ¿qué hago para dar de comer al pobre?”. No permanezcamos indiferentes. No vivamos una fe a medias, que recibe pero no da, que acoge el don pero no se hace don. Hemos sido misericordiados, seamos misericordiosos. Porque si el amor termina en nosotros mismos, la fe se seca en un intimismo estéril. Sin los otros se vuelve desencarnada. Sin las obras de misericordia muere (cf. St 2,17). Hermanos, hermanas, dejémonos resucitar por la paz, el perdón y las llagas de Jesús misericordioso. Y pidamos la gracia de convertirnos en testigos de misericordia. Sólo así la fe estará viva. Y la vida será unificada. Sólo así anunciaremos el Evangelio de Dios, que es Evangelio de misericordia.
[00482-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Jesus ressuscitado aparece aos discípulos várias vezes; com paciência, conforta os seus corações desanimados. E assim, depois da sua ressurreição, realiza a «ressurreição dos discípulos»; e estes, solevados por Jesus, mudam de vida. Antes, inúmeras palavras e tantos exemplos do Senhor não conseguiram transformá-los; mas agora, na Páscoa, algo de novo se verifica; e verifica-se sob o signo da misericórdia: Jesus levanta-os com a misericórdia. Sim, levanta-os com a misericórdia e eles, obtendo misericórdia, tornam-se misericordiosos. É muito difícil ser misericordioso, se não nos damos conta de ter obtido misericórdia.
1. Antes de tudo, obtêm misericórdia mediante três dons: primeiro, Jesus oferece-lhes a paz, depois o Espírito e, por fim, as chagas. Em primeiro lugar, dá-lhes a paz. Os discípulos estavam angustiados. Fecharam-se em casa assustados, com medo de ser presos e acabar como o Mestre. Mas não estavam fechados só em casa; estavam fechados também nos seus remorsos: tinham abandonado e renegado Jesus; sentiam-se uns incapazes, inúteis, falhados. Chega Jesus e repete duas vezes: «A paz esteja convosco!» Não traz uma paz que, de fora, elimina os problemas, mas uma paz que infunde confiança dentro. Não uma paz exterior, mas a paz do coração. Diz: «A paz esteja convosco! Assim como o Pai Me enviou, também Eu vos envio a vós» (Jo 20, 21). É como se dissesse: «Envio-vos, porque acredito em vós». Aqueles discípulos desanimados recuperam a paz consigo mesmos. A paz de Jesus fá-los passar do remorso à missão. De facto, a paz de Jesus suscita a missão. Não é tranquilidade, nem comodidade; é sair de si mesmo. A paz de Jesus liberta dos fechamentos que paralisam, quebra as correntes que mantêm o coração prisioneiro. E os discípulos sentem-se cumulados de misericórdia: sentem que Deus não os condena, nem humilha, mas acredita neles. É verdade! Acredita em nós mais do que nós acreditamos em nós mesmos. «Ama-nos mais do que nos amamos a nós mesmos» (cf. São J. H. Newman, Meditações e Devoções, III, 12,2). Para Deus, ninguém é falhado, ninguém é inútil, ninguém é excluído. E Jesus continua hoje a repetir: «A paz esteja contigo, que és precioso aos meus olhos. A paz esteja contigo, que és importante para Mim. A paz esteja contigo, que tens uma missão. Ninguém pode realizá-la em teu lugar. És insubstituível. E Eu acredito em ti».
Em segundo lugar, Jesus usa de misericórdia com os discípulos oferecendo-lhes o Espírito Santo. Dá-O para a remissão dos pecados (cf. Jo 20, 22-23). Os discípulos eram culpados; fugiram, abandonando o Mestre. E o pecado acabrunha, o mal tem o seu preço. Como diz o Salmo 51 (cf. v. 5), temos sempre diante de nós o nosso pecado. Sozinhos, não podemos cancelá-lo. Só Deus o elimina; só Ele, com a sua misericórdia, nos faz sair das nossas misérias mais profundas. Como aqueles discípulos, precisamos de nos deixar perdoar, precisamos de dizer do fundo do coração: «Perdão, Senhor». Precisamos de abrir o coração, para nos deixarmos perdoar. O perdão no Espírito Santo é o dom pascal para ressuscitar interiormente. Peçamos a graça de o acolher, de abraçar o Sacramento do perdão; e de compreender que, no centro da Confissão, não estamos nós com os nossos pecados, mas Deus com a sua misericórdia. Não nos confessamos para nos deprimir, mas para fazer-nos levantar. Todos precisamos imenso disso. Precisamos disso como precisam os pequeninos, sempre que caem, de ser levantados pelo pai. Também nós caímos com frequência; e a mão do Pai está pronta a pôr-nos de pé e fazer-nos caminhar. Esta mão segura e fiável é a Confissão. É o Sacramento que nos levanta, não nos deixando caídos a chorar sobre as lajes duras das nossas quedas. É o Sacramento da ressurreição, é pura misericórdia. E quem recebe as Confissões deve fazer sentir a doçura da misericórdia. Tal é o caminho a seguir por aqueles que ouvem as pessoas de Confissão: fazer-lhes sentir a doçura da misericórdia de Jesus, que perdoa tudo. Deus perdoa tudo.
Depois da paz que reabilita e do perdão que levanta, eis o terceiro dom com que Jesus usa de misericórdia com os discípulos: apresenta-lhes as chagas. Por aquelas chagas, fomos curados (cf. 1 Ped 2, 24; Is 53, 5). Mas, como pode uma ferida curar-nos? Com a misericórdia. Naquelas chagas, como Tomé, tocamos com a mão a verdade de Deus que nos ama profundamente, fez suas as nossas feridas, carregou no seu corpo as nossas fragilidades. As chagas são canais abertos entre Ele e nós, que derramam misericórdia sobre as nossas misérias. As chagas são os caminhos que Deus nos patenteou para entrarmos na sua ternura e tocar com a mão quem é Ele. E deixamos de duvidar da sua misericórdia. Adorando, beijando as suas chagas, descobrimos que cada uma das nossas fraquezas é acolhida na sua ternura. Isto acontece em cada Missa, onde Jesus nos oferece o seu Corpo chagado e ressuscitado: tocamo-Lo e Ele toca as nossas vidas. E faz descer a nós o Céu. As suas chagas luminosas rasgam a escuridão que nós trazemos dentro. E nós, como Tomé, encontramos Deus, descobrimo-Lo íntimo e próximo, e, comovidos, dizemos-Lhe: «Meu Senhor e meu Deus!» (Jo 20, 28). E tudo nasce daqui, da graça de obter misericórdia. Daqui começa o caminho cristão. Se, pelo contrário, nos apoiamos nas nossas capacidades, na eficiência das nossas estruturas e dos nossos projetos, não iremos longe. Só se acolhermos o amor de Deus é que poderemos dar algo de novo ao mundo.
2. Assim fizeram os discípulos: tendo obtido misericórdia, tornaram-se misericordiosos. Vemo-lo na primeira leitura. Os Atos dos Apóstolos contam que «ninguém chamava seu ao que lhe pertencia, mas entre eles tudo era comum» (4, 32). Não é comunismo, mas cristianismo no seu estado puro. E o facto é ainda mais surpreendente, se pensarmos que aqueles mesmos discípulos, pouco tempo antes, litigavam entre si sobre prémios e honras, sobre qual deles era o maior (cf. Mc 10, 37; Lc 22, 24). Agora partilham tudo, têm «um só coração e uma só alma» (At 4, 32). Como conseguiram mudar assim? Viram no outro a mesma misericórdia que transformou a sua vida. Descobriram que tinham em comum a missão, que tinham em comum o perdão e o Corpo de Jesus: a partilha dos bens terrenos aparecia-lhes como uma consequência natural. Depois o texto diz que, «entre eles, não havia ninguém necessitado» (4, 34). Os seus medos dissolveram-se ao tocar as chagas do Senhor, agora não têm medo de curar as chagas dos necessitados, porque ali veem Jesus, porque está Jesus ali, nas chagas dos necessitados.
Irmã, irmão, queres uma prova de que Deus tocou a tua vida? Verifica se te debruças sobre as chagas dos outros. Hoje é o dia de nos perguntarmos: «Eu, que tantas vezes recebi a paz de Deus, que tantas vezes recebi o seu perdão e a sua misericórdia, sou misericordioso com os outros? Eu, que tantas vezes me alimentei do Corpo de Jesus, faço alguma coisa para matar a fome a quem é pobre?» Não nos deixemos cair na indiferença. Não vivamos uma fé a meias, que recebe mas não dá, que acolhe o dom mas não se faz dom. Obtivemos misericórdia, tornemo-nos misericordiosos. Com efeito, se o amor acaba em nós mesmos, a fé evapora-se num intimismo estéril; sem os outros, torna-se desencarnada; sem as obras de misericórdia, morre (cf. Tg 2, 17). Irmãos, irmãs, deixemo-nos ressuscitar pela paz, o perdão e as chagas de Jesus misericordioso. E peçamos a graça de nos tornar testemunhas de misericórdia. Só assim será viva a fé; e a vida será unificada. Só assim anunciaremos o Evangelho de Deus, que é Evangelho de misericórdia.
[00482-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Zmartwychwstały Jezus kilkakrotnie ukazuje się uczniom. Cierpliwie pociesza ich przygnębione serca. Po swoim zmartwychwstaniu sprawia w ten sposób „zmartwychwstanie uczniów”. A oni, podniesieni na duchu przez Jezusa, zmieniają swe życie. Wcześniej wielu słowom i przykładom Pana nie udało się ich przekształcić. Teraz, w dzień Paschy, dzieje się coś nowego. I dzieje się to pod znakiem miłosierdzia. Jezus podnosi ich na nowo przez miłosierdzie – podnosi miłosierdziem – a oni, dostąpiwszy miłosierdzia, stają się miłosierni. Bardzo trudno jest być miłosiernym, jeśli ktoś nie spostrzeże się, że został obdarzony miłosierdziem.
1. Przede wszystkim dostępują miłosierdzia, poprzez trzy dary: najpierw Jezus daje im pokój, potem Ducha, a w końcu rany. Najpierw obdarza ich pokojem. Owi uczniowie byli przygnębieni. Zamknęli się w domu ze strachu, z obawy że zostaną zatrzymani i, że skończą tak samo jak Mistrz. Ale byli zamknięci nie tylko w domu, ale również zamknięci w swoich wyrzutach sumienia. Opuścili i zaparli się Jezusa. Czuli się niezdolni, czuli się nieudacznikami, pomyłką. Przychodzi Jezus i dwa razy powtarza: „Pokój wam!”. Nie przynosi pokoju, który usuwa problemy zewnętrzne, ale pokój, który zaszczepia we wnętrzu ufność. Nie jest to pokój zewnętrzny, ale pokój serca. Mówi: „Pokój wam! Jak Ojciec Mnie posłał, tak i Ja was posyłam” (J 20, 21). To tak, jakby powiedział: „Posyłam was, bo w was wierzę”. Owi przygnębieni uczniowie zostają pogodzeni ze sobą. Pokój Jezusa sprawia, że przechodzą od wyrzutów sumienia do misji. Pokój Jezusa pobudza do misji. To nie jest spokój, to nie jest wygoda, to wyjście poza swoje ograniczenia. Pokój Jezusa wyzwala z zamknięć, które paraliżują, rozrywa okowy, które trzymają serce w niewoli. A uczniowie czują, że dostąpili miłosierdzia: czują, że Bóg ich nie potępia, nie upokarza, ale w nich wierzy. Tak, wierzy w nas bardziej, niż my wierzymy w siebie. „Kocha nas bardziej niż my sami siebie” (por. Św. J.H. NEWMAN, Meditations and Devotions, III,12,2). Dla Boga nikt nie jest pomyłką, nikt nie jest bezużyteczny, nikt nie jest wykluczony. Jezus powtarza dziś ponownie: „Pokój tobie, który jesteś drogocenny w moich oczach. Pokój tobie, który jesteś dla mnie ważny. Pokój tobie, który masz misję. Nikt jej nie może wypełnić zamiast ciebie. Jesteś niezastąpiony. A ja w ciebie wierzę”.
Po drugie, Jezus obdarza miłosierdziem uczniów, dając im Ducha Świętego. Daje go na odpuszczenie grzechów (por. w. 22-23). Uczniowie byli winni; uciekli, porzucając Mistrza. A grzech dręczy, zło ma swoją cenę. Nasz grzech, jak mówi Psalm (por. 51, 5), jest zawsze przed nami. Nie możemy go wymazać o własnych siłach. Tylko Bóg go usuwa, tylko On swoim miłosierdziem wyprowadza nas z najgłębszych nieszczęść. Tak jak owi uczniowie, musimy pozwolić, by nam przebaczono, powiedzieć z serca: „Wybaczenia Panie”. Otworzyć serce i pozwolić, aby nam przebaczono. Przebaczenie w Duchu Świętym jest wielkanocnym darem, by zmartwychwstać wewnętrznie. Prośmy o łaskę przyjęcia go, przyjęcia sakramentu przebaczenia. I zrozumienia, że w centrum spowiedzi nie jesteśmy my z naszymi grzechami, ale Bóg ze swoim miłosierdziem. Nie idziemy do spowiedzi, aby popadać w zniechęcenie, ale aby dać się podźwignąć. Wszyscy bardzo tego potrzebujemy. Potrzebujemy tego jak małe dzieci, które za każdym razem, gdy upadają, muszą być podnoszone przez swojego tatę. My też często upadamy. A ręka Ojca jest gotowa postawić nas z powrotem na nogi i sprawić, byśmy szli naprzód. Tą pewną i niezawodną ręką jest spowiedź. Jest to sakrament, który nas podnosi, który nie porzuca nas płaczących na twardych brukach naszych upadków. Jest to sakrament zmartwychwstania, jest to miłosierdzie w czystej postaci. A ci, którzy wysłuchują spowiedzi, powinni sprawić, by penitenci odczuli słodycz miłosierdzia. To jest droga tych, którzy słuchają spowiedzi ludzi: sprawić, by odczuli słodycz miłosierdzia Jezusa, który wszystko przebacza. Bóg wszystko przebacza.
Po pokoju, który uzdrawia i przebaczeniu, które podnosi na duchu, jest trzeci dar, którym Jezus obdarza swoich uczniów: ofiarowuje im swoje rany. Przez te rany zostaliśmy uzdrowieni (por. 1 P 2, 24; Iz 53, 5). Ale jak rana może nas uleczyć? Poprzez miłosierdzie. W tych ranach, podobnie jak Tomasz, dotykamy własnymi rękami tego, że Bóg kocha nas aż do końca, że uczynił swoimi nasze rany, że w swoim ciele niósł nasze słabości. Rany są otwartymi kanałami między Nim a nami, wylewającymi miłosierdzie na nasze nędze. Są to drogi, które Bóg otworzył dla nas szeroko, abyśmy weszli w Jego czułość i dotknęli własnymi rękami, kim On jest. I abyśmy już nie wątpili w Jego miłosierdzie. Adorując, całując Jego rany odkrywamy, że każda nasza słabość jest przyjęta w Jego czułości. Dzieje się to podczas każdej Mszy Świętej, podczas której Jezus ofiarowuje nam swoje zranione i zmartwychwstałe Ciało: dotykamy Go, a On dotyka naszego życia. I On sprawia, że zstępuje w nas niebo. Jego świetliste rany przebijają ciemności, które my nosimy w sobie. I, jak Tomasz, znajdujemy Boga, odkrywamy, że jest bliski w naszym wnętrzu, i wzruszeni mówimy: „Pan mój i Bóg mój!” (J 20, 28). Wszystko zaczyna się tutaj, od łaski dostąpienia miłosierdzia. Stąd zaczyna się chrześcijańskie pielgrzymowanie. Jeżeli natomiast będziemy polegali na własnych umiejętnościach, na skuteczności naszych struktur i projektów, to daleko nie zajdziemy. Jedynie jeśli przyjmiemy miłość Boga, będziemy mogli dać światu coś nowego.
2. Tak też uczynili uczniowie: dostąpiwszy miłosierdzia, stali się miłosierni. Widzimy to w pierwszym czytaniu. Dzieje Apostolskie wspominają, że „żaden nie nazywał swoim tego, co posiadał, ale wszystko mieli wspólne” (4, 32). To nie jest komunizm, to jest chrześcijaństwo w czystej postaci. Zaskakuje to tym bardziej, gdy pomyślimy, że ci sami uczniowie krótko wcześniej kłócili się o nagrody i zaszczyty, o to, kto jest wśród nich największy (por. Mk 10, 37; Łk 22, 24). Obecnie dzielą się wszystkim, mają „jednego ducha i jedno serce” (Dz 4,32). Jakim cudem tak bardzo się zmienili? Widzieli w drugim to samo miłosierdzie, które odmieniło ich życie. Odkryli, że łączy ich misja, że łączy ich przebaczenie i Ciało Jezusa: dzielenie się dobrami ziemskimi wydawało się naturalną konsekwencją. Tekst mówi dalej, że „nikt z nich nie cierpiał niedostatku” (w. 34). Ich lęki zostały rozproszone przez dotknięcie ran Pana; teraz nie boją się troszczyć o rany potrzebujących. Ponieważ widzą w nich Jezusa. Bo tam jest Jezus, w rancha potrzebujących.
Siostro, bracie, czy chcesz dowodu na to, że Bóg dotknął twojego życia? Sprawdź, czy pochylasz się nad ranami innych. Dziś jest dzień, w którym trzeba zadać sobie pytanie: „czy ja, który tyle razy otrzymałem pokój Boży, który tyle razy otrzymałem przebaczenie Boga i Jego miłosierdzie, jestem miłosierny dla innych? Czy ja, który tyle razy byłem karmiony Ciałem Jezusa, czynię cokolwiek, by nakarmić ubogiego?”. Nie pozostańmy obojętni. Nie żyjmy wiarą połowiczną, która przyjmuje, ale nie daje, która przyjmuje dar, ale sama nie staje się darem. Skoro dostąpiliśmy miłosierdzia, stańmy się miłosierni. Bo jeśli miłość kończy się na nas samych, to wiara wysycha w bezowocnym przeżyciu wewnętrznym. Bez innych staje się odcieleśniona. Bez uczynków miłosierdzia zamiera (por. J 2, 17). Bracia i siostry, pozwólmy, by wskrzesiły nas do życia pokój, przebaczenie i rany Jezusa miłosiernego. I prośmy o łaskę, byśmy stali się świadkami miłosierdzia. Tylko w ten sposób wiara będzie żywa. A życie będzie zjednoczone. Tylko w ten sposób będziemy głosili Ewangelię Boga, która jest Ewangelią miłosierdzia.
[00482-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
عظة قداسة البابا فرنسيس
في القدّاس الإلهيّ
في مناسبة أحد الرحمة
يوم الأحد 11 نيسان / أبريل 2021
كنيسة الرّوح القدس في ساسيا
ظهَرَ يسوعُ القائمُ من بين الأموات للتلاميذ عدّة مرّات وواسى قلوبَهم المُحبَطَة بكلّ صبر. بعد قيامته، "أقام التلاميذ". وبعد أن أقامهم يسوع، غيّروا حياتهم. لم يستَطِع كلامُ الرّبّ يسوع أن يغيّرهم في السابق، ولا أمثلته الكثيرة. أمّا الآن، في عيد الفصح، فيحدث أمرٌ جديد، تحت راية الرحمة. لأنّ يسوع قد أقامهم برحمته –أقامهم برحمته-، وبعد أن نالوا الرحمة، أصبحوا رحماء. من الصّعب أن نكون رحماء إذا لم نشعر بأنّنا قد نلنا الرحمة.
1. أوّلًا نالوا الرحمة، من خلال ثلاث هبات: قدّم لهم يسوع أوّلاً السّلام، ثم الرّوح القدس، وأخيراً الجراح. قدّم لهم أوّلًا السّلام. كان هؤلاء التلاميذ قلقين. كانوا في دارٍ أُغْلِقَتْ أَبوابُها خَوفاً؛ خوفًا من أن يُعتَقَلوا وأن ينتهي بهم الأمر مثل معلّمهم. ولكنهم لم يكونوا فقط في دار أُغْلِقَتْ أَبوابُها، بل انغلقوا أيضًا على ندمهم. كانوا قد تخلّوا عن يسوع وأنكروه، وشعروا بعجزهم وبعدم صلاحهم لأيّ شيء، وبضلالهم. فجاء يسوع وكرّر مرّتين: "السّلام عليكم!". إنّه لا يحمل سلامًا يزيل المشاكل من الخارج، بل سلامًا يمنح الثقة في الداخل. ليس سلامًا ظاهريًا، بل سلام القلب. قال: "السَّلامُ علَيكم! كما أَرسَلَني الآب أُرسِلُكم أَنا أَيضًا" (يو 20، 21). وكأنّه يقول: "أنا أرسلكم لأنّي أؤمن بكم". فتصالح هؤلاء التلاميذ المحبطون مع ذواتهم. إنّ سلام يسوع قد جعلهم ينتقلون من الندم إلى الرسالة. فسلامه في الواقع هو الذي يولّد الرسالة. إنّه ليس هدوءًا، وليس راحة، بل خروجًا من الذات، فهو يحرّر من الانغلاق المُشِلّ ويكسر القيود التي تأسر القلب. شعر التلاميذ بأنّهم قد رُحِموا: شعروا أنّ الله لا يدينهم، ولا يذلّهم، بل يؤمن بهم. نعم، يؤمن بنا أكثر ممّا نؤمن بأنفسنا. "إنّه يحبّنا أكثر ممّا نحبّ أنفسنا" (را. القدّيس جون هنري نيومان، تأمّلات وصلوات، 3، 12، 2). ما مِن أحد ضالّ، بالنسبة لله، أو عديم الفائدة، أو مُستَبعَد. ويكرّر يسوع اليوم مجدّدًا: "السَّلامُ علَيك، يا مَن أنت ثمين في عيني. السّلام عليك، يا مَن أنت مهمّ بالنسبة لي. السّلام عليك، يا مَن لديك رسالة. لا أحد يستطيع أن يقوم بهذه الرسالة بدلًا عنك. لا بديل عنك. وأنا أؤمن بك".
ثانياً، لقد رحم يسوع التلاميذ إذ منحهم الرّوح القدس. منحهم إيّاه من أجل مغفرة الخطايا (را. آيات 22- 23). كان التلاميذ مذنبين، هربوا وتخلّوا عن المعلّم. الخطيئة تؤلم، والشرّ له ثمنه. يقول المزمور (را. 51، 5)، إنّ خطايانا أمامنا على الدوام. ولا يمكننا أن نمحيها بمفردنا. وحده الله يمحيها، وحده يجعلنا نخرج من أعماق بؤسنا برحمته. نحن أيضًا، مثل هؤلاء التلاميذ، نحتاج إلى مغفرة خطايانا، نحتاج لأن نقول من أعماق قلبنا "اغفر لي يا ربّ"، ولأن نفتح قلبنا حتى نسمح للرّبّ بأن يغفر لنا. المغفرة بالرّوح القدس هي عطيّة الفصح لكي ننهض داخليًّا. لنطلبْ نعمةَ قبول ومعانقة سرّ الغفران، ونعمة أن نفهم أنّنا لسنا محور هذا السرّ بخطايانا بل الله برحمته. نحن لا نتقرّب من سرّ الاعتراف حتى ننهار، بل لننهض. إنّنا في أمسّ الحاجة له، جميعًا. نحتاج إليه مثلما يحتاج الأطفال الصّغار أن يقيمهم والدهم في كلّ مرّة يقعون فيها. نحن أيضا نقع تكرارًا. ويد الآب جاهزة لتنهضنا وتجعلنا نمضي قدمًا. وهذه اليد الآمنة والموثوقة هي سرّ الاعتراف. إنّه السرّ الذي ينهضنا، ولا يتركنا أرضًا نبكي "أرضيّات سقطاتنا" الصّلبة. بل هو سرّ القيامة، إنّه رحمة صافية. ومَن يتقرّب مِن سرّ الاعتراف عليه أن يُظهِرَ عذوبة الرحمة. هذا هو الطريق الذي يجب أن يتبعه جميع الذين يسمعون اعترافات المؤمنين: حتى يجعلونهم يشعرون بعذوبة رحمة يسوع الذي يغفر كلّ شيء. الله يغفر كلّ شيء.
بعد هبة السّلام التي تعيد تأهيلنا والمغفرة التي تنهضنا، ها هي الهبة الثالثة التي بها يرحم يسوع التلاميذ: الجراح. بهذه الجراح شُفينا (را. 1 بط 2، 24؛ أش 53، 5). لكن كيف يمكن لجرح أن يشفينا؟ من خلال الرحمة. في تلك الجراح، مثل توما، نلمس لمس اليد أنّ الله يحبّنا إلى النهاية، وأنه تبنّى جروحنا، وحمل ضعفنا في جسده. إنّ الجراح هي قنوات مفتوحة بيننا وبينه، تسكب الرحمة على بؤسنا. الجراح هي الدرب التي فتحها الله لنا حتى ندخل في حنانه ونلمس بأيدينا هويّته، ولا نشكّ بعد الآن في رحمته. ونكتشف إذ نكرّم جراحَه ونقبّلها، أنّ حنانه يقبل كلّ نقاط ضعفنا. وهذا يحدث في كلّ قدّاس، حيث يقدّم لنا يسوع جسده المجروح والقائم: نحن نلمسه وهو يلمس حياتنا، فيجعل من قلوبنا مسكنًا لسمائِه. وتخترق جروحه المضيئة الظلامَ الذي نحمله في داخلنا. ونحن، مثل توما، نجد الله، ونكتشف أنّه حميمًا وقريبًا، ونقول له بشوق: "ربّي وإلهي! (يو 20، 28). كلّ شيء يولد من هنا، من نعمة نَيلِ الرحمة. من هنا تبدأ المسيرة المسيحيّة. لكن، إذا اعتمدنا على قدراتنا، وعلى كفاءة هيكليّاتنا ومشاريعنا، فلن نذهب بعيدًا. لن نستطيع إعطاء العالم شيئًا جديدًا إلّا إذا قبلنا محبّة الله.
2. هكذا فعل التلاميذ: رُحِموا وأصبحوا رحماء. نرى هذا في القراءة الأولى. يروي سفر أعمال الرسل أنّه "لا يَقولُ أَحدٌ مِنهم إِنَّه يَملِكُ شَيئًا مِن أَموالِه، بل كانَ كُلُّ شَيءٍ مُشتَرَكًا بَينَهم" (4، 32). إنّه ليس تصرفًا شيوعيًّا، بل مسيحيّ خالص. وهذا يثير الدهشة لأنّ هؤلاء التلاميذ أنفسهم، إذا تمعّنا في الأمر، قد تجادلوا قبل ذلك بقليل في أهمّية المكافأة والإكرام، وفي مَن يُعَدُّ أَكبَرَهم (را. مر 10، 37؛ لو 22، 24). أمّا الآن فهم يتشاركون في كلّ شيء، إنّهم "قَلب واحِد ونَفْس واحِدة" (را. رسل 4، 32). كيف تغيّروا بهذا الشكل؟ رأوا في الشخص الآخر نفس الرحمة التي غيّرت حياتهم. واكتشفوا أنّ الرسالة تجمعهم والمغفرة تجمعهم وكذلك جسد يسوع: شعروا أنّ مشاركة الخيرات الأرضيّة هي نتيجة طبيعية. ثم يقول النصّ إنّه "لَم يَكُنْ فيهمِ مُحتاج" (آية 34). تلاشت مخاوفهم بلمس جراح الرّبّ يسوع، والآن لا يخافون من مداواة جراح المحتاجين. لأنّهم يرون يسوع فيها، لأنّ يسوع فيها، في جراح المحتاجين.
أيّتها الأخت، أيّها الأخ، هل تريد دليلاً على أن الله قد لمس حياتك؟ انظر إذا كنت تنحني على جراح الآخرين. واليوم هو اليوم الذي نسأل فيه أنفسنا: "أنا الذي نلت تكرارًا سلام الله ونلت تكرارًا غفرانه ورحمته، هل أنا رحيم بالآخرين؟ أنا، الذي تناولت تكرارًا جسد يسوع، هل أفعل شيئًا لإطعام الفقراء؟". لا نَقِف غير مبالين. لا نعيش إيمانًا نصفيًّا، يأخذ ولا يعطي، ويقبل الهبة ولا يجعل من نفسه هبة. لقد رُحِمْنَا، لِنُصبح رحماء. لأنّه إذا كان هدف المحبّة أنفسنا وحسب، فسوف يجفّ الإيمان في حميميّة عقيمة. لأنّ الإيمان دون الآخرين يصبحُ بلا جسد، ودون أعمال الرحمة يموتُ (را. يع 2، 17). أيّها الإخوة والأخوات، لنسمح بأن يقيمنا سلام يسوع الرّحيم ومغفرته وجراحه. ولنطلب نعمة أن نصبح شهودًا للرّحمة. فبهذه الطريقة وحدها يكون إيماننا حيًّا، وتكون حياتنا موحَّدَة. ولن نبشّر بإنجيل الله الذي هو إنجيل الرّحمة، إلّا بهذه الطريقة.
[00482-AR.01] [Testo originale: Arabo]
[B0218-XX.02]