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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Iraq (5-8 marzo 2021) – Santa Messa nella Cattedrale caldea di San Giuseppe, 06.03.2021


Santa Messa nella Cattedrale caldea di San Giuseppe

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica di Baghdad, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto alla Cattedrale caldea di San Giuseppe dove, alle ore 18.00 locali (16.00 ora di Roma), ha presieduto la Santa Messa.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia. Al termine della Santa Messa, prima della benedizione finale, il Presidente dell’Assemblea dei Vescovi Cattolici d’Iraq, Sua Beatitudine il Cardinale Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, ha rivolto un indirizzo di saluto al Santo Padre. Quindi Papa Francesco, conclusa la celebrazione, è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Baghdad.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

La Parola di Dio ci parla oggi di sapienza, testimonianza e promesse.

La sapienza in queste terre è stata coltivata da tempi antichissimi. La sua ricerca da sempre affascina l’uomo; spesso, però, chi ha più mezzi può acquisire più conoscenze e avere più opportunità, mentre chi ha meno viene messo da parte. È una disuguaglianza inaccettabile, che oggi si è dilatata. Ma il Libro della Sapienza ci sorprende, ribaltando la prospettiva. Dice che «gli ultimi meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore» (Sap 6,6). Per il mondo, chi ha di meno è scartato e chi ha di più è privilegiato. Per Dio no: chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio.

Gesù, la Sapienza in persona, completa questo ribaltamento nel Vangelo: non in un momento qualunque, ma all’inizio del primo discorso, con le Beatitudini. Il capovolgimento è totale: i poveri, quelli che piangono, i perseguitati sono detti beati. Com’è possibile? Beati, per il mondo, sono i ricchi, i potenti, i famosi! Vale chi ha, chi può, chi conta! Per Dio no: non è più grande chi ha, ma chi è povero in spirito; non chi può tutto sugli altri, ma chi è mite con tutti; non chi è acclamato dalle folle, ma chi è misericordioso col fratello. A questo punto può venire un dubbio: se vivo come Gesù chiede, che cosa ci guadagno? Non rischio di farmi mettere i piedi in testa dagli altri? La proposta di Gesù conviene? O è perdente? Non è perdente, ma sapiente.

La proposta di Gesù è sapiente perché l’amore, che è il cuore delle Beatitudini, anche se pare debole agli occhi del mondo, in realtà vince. Sulla croce si è dimostrato più forte del peccato, nel sepolcro ha sconfitto la morte. È lo stesso amore che ha reso i martiri vittoriosi nella prova, e quanti ce ne sono stati nell’ultimo secolo, più che nei precedenti! L’amore è la nostra forza, la forza di tanti fratelli e sorelle che anche qui hanno subito pregiudizi e offese, maltrattamenti e persecuzioni per il nome di Gesù. Ma mentre la potenza, la gloria e la vanità del mondo passano, l’amore rimane: come ci ha detto l’Apostolo Paolo, «non avrà mai fine» (1 Cor 13,8). Vivere le Beatitudini, allora, è rendere eterno quello che passa. È portare il Cielo in terra.

Ma come si praticano le Beatitudini? Esse non chiedono di fare cose straordinarie, di compiere imprese che vanno oltre le nostre capacità. Chiedono la testimonianza quotidiana. Beato è chi vive con mitezza, chi pratica la misericordia lì dove si trova, chi mantiene il cuore puro lì dove vive. Per diventare beati non bisogna essere eroi ogni tanto, ma testimoni ogni giorno. La testimonianza è la via per incarnare la sapienza di Gesù. È così che si cambia il mondo: non con il potere o con la forza, ma con le Beatitudini. Perché così ha fatto Gesù, vivendo fino alla fine quel che aveva detto all’inizio. Tutto sta nel testimoniare l’amore di Gesù, quella stessa carità che San Paolo descrive splendidamente nella seconda Lettura di oggi. Vediamo come la presenta.

Per prima cosa dice che «la carità è magnanima» (v. 4). Non ci aspettavamo questo aggettivo. Amore sembra sinonimo di bontà, generosità, opere di bene, eppure Paolo dice che la carità è anzitutto magnanima. È una parola che, nella Bibbia, racconta la pazienza di Dio. Lungo la storia l’uomo ha continuato a tradire l’alleanza con Lui, a cadere nei soliti peccati e il Signore, anziché stancarsi e andarsene, ogni volta è rimasto fedele, ha perdonato, ha ricominciato. La pazienza di ricominciare ogni volta è la prima qualità dell’amore, perché l’amore non si sdegna, ma riparte sempre. Non si intristisce, ma rilancia; non si scoraggia, ma resta creativo. Di fronte al male non si arrende, non si rassegna. Chi ama non si chiude in sé stesso quando le cose vanno male, ma risponde al male con il bene, ricordando la sapienza vittoriosa della croce. Il testimone di Dio fa così: non è passivo, fatalista, non vive in balìa delle circostanze, dell’istinto e dell’istante, ma è sempre speranzoso, perché fondato nell’amore che «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (v. 7).

Possiamo chiederci: e io, come reagisco alle situazioni che non vanno? Di fronte alle avversità ci sono sempre due tentazioni. La prima è la fuga: scappare, voltare le spalle, non volerne più sapere. La seconda è reagire da arrabbiati, con la forza. È quello che accadde ai discepoli nel Getsemani: davanti allo sconcerto, molti si diedero alla fuga e Pietro prese la spada. Ma né la fuga né la spada risolsero qualcosa. Gesù, invece, cambiò la storia. Come? Con la forza umile dell’amore, con la sua testimonianza paziente. Così siamo chiamati a fare noi; così Dio realizza le sue promesse.

Promesse. La sapienza di Gesù, che si incarna nelle Beatitudini, chiede la testimonianza e offre la ricompensa, contenuta nelle promesse divine. Vediamo infatti che a ogni Beatitudine segue una promessa: chi le vive avrà il regno dei cieli, sarà consolato, saziato, vedrà Dio… (cfr Mt 5,3-12). Le promesse di Dio assicurano una gioia senza eguali e non deludono. Ma come si compiono? Attraverso le nostre debolezze. Dio fa beati coloro che percorrono fino in fondo la via della loro povertà interiore. La strada è questa, non ce n’è un’altra. Guardiamo al patriarca Abramo. Dio gli promette una grande discendenza, ma lui e Sara sono anziani e senza figli. Proprio nella loro anzianità paziente e fiduciosa Dio opera meraviglie e dona loro un figlio. Guardiamo a Mosè: Dio gli promette che libererà il popolo dalla schiavitù e per questo gli chiede di parlare al faraone. Mosè fa presente di essere impacciato nel parlare; eppure Dio realizzerà la promessa attraverso le sue parole. Guardiamo alla Madonna, che proprio quando per la Legge non può avere figli viene chiamata a diventare madre. E guardiamo a Pietro: rinnega il Signore Gesù e Gesù chiama proprio lui a confermare i fratelli. Cari fratelli e sorelle, a volte possiamo sentirci incapaci, inutili. Non crediamoci, perché Dio vuole compiere prodigi proprio attraverso le nostre debolezze.

Egli ama fare così e stasera, per ben otto volte, ci ha detto ţūb’ā [beati], per farci comprendere che con Lui lo siamo davvero. Certo, siamo provati, cadiamo spesso, ma non dobbiamo dimenticare che, con Gesù, siamo beati. Quanto il mondo ci toglie non è nulla in confronto all’amore tenero e paziente con cui il Signore compie le sue promesse. Cara sorella, caro fratello, forse guardi le tue mani e ti sembrano vuote, forse nel tuo cuore serpeggia la sfiducia e non ti senti ripagato dalla vita. Se è così, non temere: le Beatitudini sono per te, per te che sei afflitto, affamato e assetato di giustizia, perseguitato. Il Signore ti promette che il tuo nome è scritto nel suo cuore, nei Cieli! E io oggi Lo ringrazio con voi e per voi, perché qui, dove nell’antichità è sorta la sapienza, in questi tempi si sono levati tanti testimoni, spesso trascurati dalle cronache, ma preziosi agli occhi di Dio; testimoni che, vivendo le Beatitudini, aiutano Dio a realizzare le sue promesse di pace.

[00275-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

La Parole de Dieu nous parle aujourd’hui de sagesse, de témoignage et de promesses.

La sagesse sur ces terres a été cultivée depuis des temps très anciens. Sa recherche a depuis toujours fasciné l’homme; mais souvent, celui qui a davantage de moyens peut acquérir plus de connaissances et avoir plus d’opportunités, tandis que celui qui en a moins est mis de côté. C’est une inégalité inacceptable qui s’est étendue aujourd’hui. Mais le Livre de la Sagesse nous surprend en renversant la perspective.Il dit que «au petit, par pitié, on pardonne, mais les puissants seront jugés avec puissance » (Sg 6, 6). Pour le monde, celui qui a moins est écarté et celui qui a plus est privilégié.Pour Dieu non: celui qui a plus de pouvoir est soumis à un examen rigoureux, tandis que les derniers sont les privilégiés de Dieu.

Jésus, la Sagesse en personne, complète ce renversement dans l’Evangile: non pas à un moment quelconque, mais au début de son premier discours, avec les Béatitudes. Le renversement est total: les pauvres, ceux qui pleurent, les persécutés sont dits bienheureux. Comment est-ce possible? Bienheureux, pour le monde, sont les riches, les puissants, les célèbres! A de la valeur celui qui possède, celui qui peut, celui qui compte !Pour Dieu non: n’est pas plus grand celui qui possède, mais celui qui est pauvre en esprit ;non pas celui qui peut tout sur les autres, mais celui qui est doux avec tous ;non pas celui qui est acclamé par les foules, mais celui qui est miséricordieux envers son frère.A ce point, il peut y avoir un doute: si je vis comme Jésus demande, qu’est-ce que j’y gagne ?Est-ce que je ne risque pas de me faire marcher sur les pieds par les autres ?La proposition de Jésus convient-elle ?Ou est-elle perdante ?Elle n’est pas perdante, mais sage.

La proposition de Jésus est sage parce que l’amour, qui est le cœur des Béatitudes, même s’il paraît faible aux yeux du monde, en réalité est gagnant. Sur la croix il s’est montré plus fort que le péché, dans le sépulcre il a vaincu la mort. C’est le même amour qui a rendu les martyrs victorieux dans l’épreuve, et combien il y en a eu au siècle dernier, plus que dans les précédents !L’amour est notre force, la force de nombreux frères et sœurs qui, ici aussi, ont subi des préjugés et des offenses, des mauvais traitements et des persécutions pour le nom de Jésus.Mais tandis que la puissance, la gloire et la vanité du monde passent, l’amour demeure: comme nous l’a dit l’Apôtre Paul, « l’amour ne passera jamais » (1 Co 13, 8). Vivre les Béatitudes, alors, c’est rendre éternel ce qui passe.C’est porter le Ciel sur la terre.

Mais comment se pratiquent les Béatitudes? Elles ne demandent pas de faire des choses extraordinaires, d’accomplir des exploits qui vont au-delà de nos capacités. Elles demandent le témoignage quotidien. Bienheureux est celui qui vit avec douceur, qui pratique la miséricorde là où il se trouve, qui maintient le cœur pur là où il vit.Pour devenir bienheureux, il n’est pas nécessaire d’être des héros de temps à autre, mais des témoins chaque jour.Le témoignage est le chemin pour incarner la sagesse de Jésus.C’est ainsi que l’on change le monde: non pas par le pouvoir ou par la force, mais avec les Béatitudes.Parce que c’est ce qu’a fait Jésus, en vivant jusqu’au bout ce qu’il avait dit au début.Tout consiste à témoigner de l’amour de Jésus, de la même charité que saint Paul décrit magnifiquement dans la deuxième lecture d’aujourd’hui.Voyons comment il la présente.

Pour commencer il dit que «la charité est longanime» (v. 4). Nous ne nous attendions pas à cet adjectif. Amour semble être synonyme de bonté, de générosité, de bonnes œuvres; pourtant Paul dit que la charité est avant tout longanime. C’est une parole qui, dans la Bible, raconte la patience de Dieu. Tout au long de l’histoire, l’homme a continué à trahir l’alliance avec lui, à tomber dans les mêmes péchés, et le Seigneur, au lieu de se lasser et de s’en aller, chaque fois est demeuré fidèle, a pardonné, a recommencé.La patience de recommencer à chaque fois est la première qualité de l’amour, parce que l’amour ne s’indigne pas, mais repart toujours.Il ne s’attriste pas, mais stimule ;il ne se décourage pas, mais il reste créatif. Face au mal, il n’abandonne pas, il ne se résigne pas. Celui qui aime ne s’enferme pas en lui-même quand les choses vont mal, mais il répond au mal par le bien, en rappelant la sagesse victorieuse de la croix.Le témoin de Dieu fait ainsi: il n’est pas passif, fataliste, il ne vit pas à la merci des circonstances, de l’instinct et de l’instant, mais il est toujours plein d’espoir, parce qu’il est fondé dans l’amour qui «supporte tout, fait confiance en tout, espère tout, endure tout» (v. 7).

Nous pouvons nous demander: et moi, comment est-ce que je réagis aux situations qui ne vont pas ?Face aux épreuves, il y a toujours deux tentations.La première est la fuite: fuir, tourner le dos, ne plus vouloir savoir.La seconde est de réagir avec colère, par la force.C’est ce qui est arrivé aux disciples à Gethsémani: devant le trouble, plusieurs s’enfuirent et Pierre prit l’épée.Mais ni la fuite ni l’épée n’ont résolu quoi que ce soit. Jésus, par contre, a changé l’histoire. Comment? par la force humble de l’amour, par son témoignage patient. Nous sommes appelés à faire ainsi; Dieu réalise ses promesses de cette manière.

Promesses. La sagesse de Jésus, qui s’incarne dans les Béatitudes, demande le témoignage et offre la récompense contenue dans les promesses divines. Nous voyons en effet que chaque béatitude est suivie d’une promesse: celui qui les vit aura le Royaume des Cieux, il sera consolé, rassasié, il verra Dieu… (cf. Mt 5, 3-12). Les promesses de Dieu assurent une joie sans égale et ne déçoivent pas.Mais comment s’accomplissent-elles ?A travers nos faiblesses.Dieu rend bienheureux ceux qui parcourent jusqu’au bout le chemin de leur pauvreté intérieure.La route est celle-là, il n’y en a pas d’autre.Regardons le patriarche Abraham.Dieu lui promet une nombreuse descendance, mais lui et Sara sont âgés et sans enfants. Précisément dans leur vieillesse patiente et confiante Dieu opère des merveilles et leur donne un fils. Regardons Moïse: Dieu lui promet qu’il libèrera le peuple de l’esclavage et pour cela il lui demande de parler au pharaon. Moïse fait remarquer qu’il est embarrassé pour parler, pourtant Dieu réalisera la promesse à travers ses paroles. Regardons la Vierge qui, en raison de la Loi, ne peut avoir d’enfant, est appelée à devenir mère. Et regardons Pierre: il renie le Seigneur et c’est lui que Jésus appelle à confirmer ses frères.Chers frères et sœurs, parfois nous pouvons nous sentir incapables, inutiles.N’y croyons pas, car Dieu veut accomplir des prodiges précisément à travers nos faiblesses.

Il aime faire ainsi et, ce soir, huit fois de suite, il nous a dit tūb’ā [bienheureux], pour nous faire comprendre, qu’avec lui, nous le sommes réellement. Certes, nous sommes éprouvés, nous tombons souvent, mais nous ne devons pas oublier qu’avec Jésus, nous sommes bienheureux.Ce que le monde nous enlève n’est rien comparé à l’amour tendre et patient avec lequel le Seigneur accomplit ses promesses.Chère sœur, cher frère, peut-être que tu regardes tes mains et elles te semblent vides, peut-être que dans ton cœur la méfiance s’insinue et que tu ne te sens pas récompensé par la vie.Si c’est le cas, ne crains pas: les Béatitudes sont pour toi, pour toi qui es affligé, affamé et assoiffé de justice, persécuté. Le Seigneur te promet que ton nom est écrit dans son cœur, dans les Cieux! Et moi aujourd’hui je le remercie avec vous et pour vous, car ici, là où dans l’antiquité est née la sagesse, en ces temps-ci se sont levés beaucoup de témoins, souvent négligés par les chroniques, mais précieux aux yeux de Dieu; des témoins qui, vivant les Béatitudes, aident Dieu à réaliser ses promesses de paix.

[00275-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

 

Today the word of God speaks to us of wisdom, witness and promises.

Wisdom in these lands has been cultivated since ancient times. Indeed the search for wisdom has always attracted men and women. Often, however, those with more means can acquire more knowledge and have greater opportunities, while those who have less are sidelined. Such inequality – which has increased in our time – is unacceptable. The Book of Wisdom surprises us by reversing this perspective. It tells us that “the lowliest may be pardoned in mercy, but the mighty will be mightily tested” (Wis 6:6). In the eyes of the world, those with less are discarded, while those with more are privileged. Not so for God: the more powerful are subjected to rigorous scrutiny, while the least are God’s privileged ones.

Jesus, who is Wisdom in person, completes this reversal in the Gospel, and he does so with his very first sermon, with the Beatitudes. The reversal is total: the poor, those who mourn, the persecuted are all called blessed. How is this possible? For the world, it is the rich, the powerful and the famous who are blessed! It is those with wealth and means who count! But not for God: It is no longer the rich that are great, but the poor in spirit; not those who can impose their will on others, but those who are gentle with all. Not those acclaimed by the crowds, but those who show mercy to their brother and sisters. At this point, we may wonder: if I live as Jesus asks, what do I gain? Don’t I risk letting others lord it over me? Is Jesus’ invitation worthwhile, or a lost cause? That invitation is not worthless, but wise.

Jesus’ invitation is wise because love, which is the heart of the Beatitudes, even if it seems weak in the world’s eyes, in fact always triumphs. On the cross, it proved stronger than sin, in the tomb, it vanquished death. That same love made the martyrs victorious in their trials – and how many martyrs have there been in the last century, more even than in the past! Love is our strength, the source of strength for those of our brothers and sisters who here too have suffered prejudice and indignities, mistreatment and persecutions for the name of Jesus. Yet while the power, the glory and the vanity of the world pass away, love remains. As the Apostle Paul told us: “Love never ends” (1 Cor 13:8). To live a life shaped by the Beatitudes, then, is to make passing things eternal, to bring heaven to earth.

But how do we practice the Beatitudes? They do not ask us to do extraordinary things, feats beyond our abilities. They ask for daily witness. The blessed are those who live meekly, who show mercy wherever they happen to be, who are pure of heart wherever they live. To be blessed, we do not need to become occasional heroes, but to become witnesses day after day. Witness is the way to embody the wisdom of Jesus. That is how the world is changed: not by power and might, but by the Beatitudes. For that is what Jesus did: he lived to the end what he said from the beginning. Everything depends on bearing witness to the love of Jesus, that same charity which Saint Paul magnificently describes in today’s second reading. Let us see how he presents it.

First, Paul says that “love is patient” (v. 4). We were not expecting this adjective. Love seems synonymous with goodness, generosity and good works, yet Paul says that charity is above all patient. The Bible speaks first and foremost of God’s patience. Throughout history, men and women proved constantly unfaithful to the covenant with God, falling into the same old sins. Yet instead of growing weary and walking away, the Lord always remained faithful, forgave and began anew. This patience to begin anew each time is the first quality of love, because love is not irritable, but always starts over again. Love does not grow weary and despondent, but always presses ahead. It does not get discouraged, but stays creative. Faced with evil, it does not give up or surrender. Those who love do not close in on themselves when things go wrong, but respond to evil with good, mindful of the triumphant wisdom of the cross. God’s witnesses are like that: not passive or fatalistic, at the mercy of happenings, feelings or immediate events. Instead, they are constantly hopeful, because grounded in the love that “bears all things, believes all things, hopes all things, endures all things” (v. 7).

We can ask ourselves: how do we react to situations that are not right? In the face of adversity, there are always two temptations. The first is flight: we can run away, turn our backs, trying to keep aloof from it all. The second is to react with anger, with a show of force. Such was the case of the disciples in Gethsemane: in their bewilderment, many fled and Peter took up the sword. Yet neither flight nor the sword achieved anything. Jesus, on the other hand, changed history. How? With the humble power of love, with his patient witness. This is what we are called to do; and this is how God fulfils his promises.

Promises. The wisdom of Jesus, embodied in the Beatitudes, calls for witness and offers the reward contained in the divine promises. For each Beatitude is immediately followed by a promise: those who practise them will possess the kingdom of heaven, they will be comforted, they will be satisfied, they will see God… (cf. Mt 5: 3-12). God’s promises guarantee unrivalled joy and never disappoint. But how are they fulfilled? Through our weaknesses. God makes blessed those who travel the path of their inner poverty to the very end.

This is the way; there is no other. Let us look to the patriarch Abraham. God promised him a great offspring, but he and Sarah are now elderly and childless. Yet it is precisely in their patient and faithful old age that God works wonders and gives them a son. Let us also look to Moses: God promises that he will free the people from slavery, and to do so he asks Moses to speak to Pharaoh. Even though Moses says he is not good with words, it is through his words that God will fulfil his promise. Let us look to Our Lady, who under the Law could not have a child, yet was called to become a mother. And let us look to Peter: he denies the Lord, yet he is the very one that Jesus calls to strengthen his brethren. Dear brothers and sisters, at times we may feel helpless and useless. We should never give in to this, because God wants to work wonders precisely through our weaknesses.

God loves to do that, and tonight, eight times, he has spoken to us the word ţūb’ā [blessed], in order to make us realize that, with him, we truly are “blessed”. Of course, we experience trials, and we frequently fall, but let us not forget that, with Jesus, we are blessed. Whatever the world takes from us is nothing compared to the tender and patient love with which the Lord fulfils his promises. Dear sister, dear brother, perhaps when you look at your hands they seem empty, perhaps you feel disheartened and unsatisfied by life. If so, do not be afraid: the Beatitudes are for you. For you who are afflicted, who hunger and thirst for justice, who are persecuted. The Lord promises you that your name is written on his heart, written in heaven!

Today I thank God with you and for you, because here, where wisdom arose in ancient times, so many witnesses have arisen in our own time, often overlooked by the news, yet precious in God’s eyes. Witnesses who, by living the Beatitudes, are helping God to fulfil his promises of peace.

[00275-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Das Wort Gottes erzählt uns heute von Weisheit, Zeugnis und Verheißungen.

Die Weisheit wurde in diesen Landstrichen seit ältester Zeit gepflegt. Die Suche nach ihr hat den Menschen schon immer fasziniert; allerdings kann oft der, der über mehr Mittel verfügt, mehr Kenntnis erwerben und mehr Chancen haben, während der, der weniger besitzt, beiseitegeschoben wird. Das ist eine unzumutbare Ungerechtigkeit, die sich heute noch weiter verstärkt hat. Aber das Buch der Weisheit überrascht uns durch die Umkehrung der Perspektive. Es wird gesagt: »Der Geringste erfährt Nachsicht und Erbarmen, doch die Mächtigen werden geprüft mit Macht« (Weish 6,6). In der Welt wird der Arme ausgegrenzt und der Reiche privilegiert. Für Gott ist das nicht so: Wer mehr Macht besitzt, wird einer strengen Prüfung unterzogen, während die Geringsten von Gott vorgezogen werden.

Jesus ist die Weisheit in Person und vollendet im Evangelium diesen Umschwung, und zwar nicht irgendwann, sondern zu Beginn der ersten Rede, mit den Seligpreisungen. Die Umkehrung ist total: die Armen, die Trauernden, die Verfolgten werden selig genannt. Wie ist das möglich? Für die Welt sind das die Reichen, Mächtigen, die Berühmten! Es gilt etwas, wer etwas besitzt, etwas kann, wer etwas zählt! Für Gott ist das nicht so: nicht der ist größer, wer etwas besitzt, sondern wer arm im Geiste ist; nicht wer über andere unbeschränkte Macht hat, sondern wer zu allen gütig ist; nicht wer von der Masse bejubelt wird, sondern wer sich des Bruders oder der Schwester erbarmt. An diesem Punkt kann uns ein Zweifel befallen: was habe ich davon, so zu leben, wie Jesus es verlangt? Besteht nicht die Gefahr, dass die anderen mich ausnützen? Lohnt sich das Projekt Jesu? Oder ist es aussichtslos? Es ist nicht aussichtslos, sondern weise.

Es ist weise, weil die Liebe, die das Herzstück der Seligpreisungen darstellt, am Schluss siegt, auch wenn sie in den Augen der Welt schwach erscheint. Am Kreuz hat sie sich stärker als die Sünde erwiesen, im Grab hat sie den Tod besiegt. Es ist diese Liebe, welche die Märtyrer in der Prüfung hat siegen lassen. Und wie viele davon gab es im letzten Jahrhundert, mehr als in den Jahrhunderten davor! Die Liebe ist unsere Stärke, die Stärke zahlreicher Brüder und Schwestern, die auch hier unter Vorurteilen und Beleidigungen, Misshandlungen und Verfolgung um des Namens Jesu willen gelitten haben. Aber während die Macht, der Ruhm und die Eitelkeit dieser Welt vergehen, bleibt doch die Liebe; wie uns der Apostel Paulus sagt, sie »hört niemals auf« (1 Kor 13,8). Die Seligpreisungen leben bedeutet also, das Vergängliche ewig werden zu lassen. Das heißt, den Himmel auf die Erde zu holen.

Aber wie lebt man die Seligpreisungen? Es werden uns keine außergewöhnlichen Dinge abverlangt. Wir müssen nicht etwas Großes vollbringen, das unsere Fähigkeiten übersteigt. Wir müssen täglich Zeugnis geben. Selig ist, wer gütig ist, wer dort barmherzig ist, wo er sich befindet, wer sein Herz rein bewahrt, dort, wo er lebt. Um selig zu werden, muss man nicht ab und zu zum Helden, sondern jeden Tag zum Zeugen werden. Das Zeugnis ist der Weg, um die Weisheit Jesu konkret zu leben. Nur so wird die Welt verändert: nicht mit Macht oder Gewalt, sondern mit den Seligpreisungen. Denn so hat es Jesus getan: er hat das bis ans Ende gelebt, was er von Anbeginn verkündet hatte. Es geht darum, Zeugnis von der Liebe Jesu abzulegen, jener Liebe, die der hl. Paulus so wunderbar in der heutigen zweiten Lesung beschreibt. Sehen wir, wie er sie darstellt.

Zunächst sagt er: »Die Liebe ist langmütig« (V. 4). Dieses Adjektiv hatten wir nicht erwartet. Liebe scheint ein Synonym für Güte zu sein, für Großzügigkeit, gute Werke. Und doch sagt Paulus, dass die Liebe vor allem langmütig ist. Das ist ein Begriff, der in der Heiligen Schrift von der Geduld Gottes erzählt. Im Laufe der Geschichte hat der Mensch immer wieder den Bund mit ihm gebrochen, immer wieder hat er dieselben Sünden begangen. Statt ungeduldig zu werden und sich zu entfernen, ist der Herr jedes Mal treu geblieben, hat vergeben und wieder neu angefangen. Die Geduld, jedes Mal wieder neu zu beginnen, ist die erste Eigenschaft der Liebe, denn die Liebe empört sich nicht, sondern beginnt immer wieder neu. Sie verwelkt nicht, sondern belebt neu; sie wird nicht mutlos, sondern bleibt schöpferisch. Im Angesicht des Bösen gibt sie nicht auf, sie findet sich nicht damit ab. Wer liebt, der verschließt sich nicht in sich selbst, wenn die Dinge schlecht laufen, sondern antwortet auf das Böse mit dem Guten und erinnert dabei an die siegreiche Weisheit des Kreuzes. So lebt der Zeuge Gottes: nicht passiv oder fatalistisch, nicht den Umständen, Neigungen oder momentanen Geschehnissen ausgesetzt. Er ist immer voll der Hoffnung, denn die Liebe, in der er gründet, »erträgt alles, glaubt alles, hofft alles, hält allem stand« (V. 7).

Wir könnten uns fragen: wie reagiere ich auf schwierige Situationen? Angesichts von Problemen gibt es immer zweierlei Arten der Versuchung. Die erste ist die Flucht: weglaufen, sich abwenden, nichts mehr davon wissen wollen. Die zweite Versuchung ist, mit Wut zu reagieren, mit Gewalt. So geht es den Jüngern in Getsemani: aus ihrer Fassungslosigkeit heraus ergriffen viele die Flucht, Petrus griff zum Schwert. Aber weder die Flucht noch das Schwert hatten Erfolg. Jesus hingegen hat die Geschichte verändert. Wie das? Mit der stillen Kraft der Liebe, mit seinem geduldigen Zeugnis. Und dazu sind auch wir aufgerufen; so verwirklicht Gott seine Verheißungen.

Verheißungen. Die Weisheit Jesu, die in den Seligpreisungen lebendig wird, ruft nach Zeugnis und verspricht den Lohn, der in den göttlichen Verheißungen enthalten ist. Wir sehen, dass auf jede Seligpreisung eine Verheißung folgt: wer sie umsetzt, wird das Himmelreich gewinnen, wird getröstet werden, wird gesättigt, er wird Gott schauen … (vgl. Mt 5,3-12). Die Verheißungen Gottes sichern eine unvergleichliche Freude und enttäuschen nicht. Aber wie werden sie verwirklicht? Durch unsere Schwächen. Gott macht den selig, der den Weg seiner inneren Armseligkeit bis zu Ende geht. Das ist der einzig mögliche Weg, es gibt keinen anderen. Schauen wir auf den Patriarchen Abraham. Gott verspricht ihm eine zahlreiche Nachkommenschaft, aber er und Sara sind alt und kinderlos. Genau über ihre geduldige und vertrauensvolle Betagtheit hindurch wirkt Gott Wunder und schenkt ihnen einen Sohn. Schauen wir auf Mose: Gott verspricht, dass er das Volk aus der Sklaverei befreien wird und verlangt deshalb von ihm, mit dem Pharao zu sprechen. Mose weist darauf hin, dass er im Reden unbeholfen ist. Und doch wird Gott die Verheißung durch seine Worte verwirklichen. Schauen wir auf die Jungfrau Maria, die genau dann, wenn sie von Gesetzes wegen kein Kind haben darf, dazu berufen wird, Mutter zu werden. Und schauen wir auf Petrus: er verleugnet den Herrn, doch Jesus ruft gerade ihn, um die Brüder zu stärken. Liebe Brüder und Schwestern, manchmal fühlen wir uns unfähig, nutzlos. Daran dürfen wir nicht glauben, denn Gott will genau durch unsere Schwäche hindurch große Wunder wirken.

Er liebt es, genau so zu handeln, und heute Abend hat er uns acht Mal ţūb’ā [selig] gesagt, damit wir begreifen, dass wir es in seiner Gegenwart wirklich sind. Natürlich werden wir versucht, wir scheitern oft; doch wir dürfen nicht vergessen, dass wir mit Jesus selig sind. Wenn uns die Welt etwas wegnimmt, ist das nichts im Vergleich zu der zärtlichen und geduldigen Liebe, mit der der Herr seine Verheißungen wahrmacht. Liebe Schwester, lieber Bruder, vielleicht schaust du auf deine Hände, und sie scheinen dir leer. Vielleicht schleicht sich in dein Herz Misstrauen ein, und du fühlst dich vom Leben betrogen. Wenn das so ist, dann hab keine Angst: die Seligpreisungen sind für dich; für dich, der du niedergeschlagen bist, der du nach Gerechtigkeit hungerst und dürstest, der du verfolgt wirst. Der Herr verspricht dir, dass dein Name in sein Herz eingeschrieben ist, im Himmel! Und ich danke ihm heute mit euch zusammen und für euch, denn von hier aus, wo in alten Zeiten die Weisheit entstanden ist, sind in dieser Zeit viele Zeugen hervorgegangen, die häufig von den Nachrichten übergangen werden, aber wertvoll in den Augen Gottes sind; Zeugen, welche die Seligpreisungen leben und so Gott dabei helfen, seine Friedensverheißung zu verwirklichen.

[00275-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

La Palabra de Dios nos habla hoy de sabiduría, testimonio y promesas.

La sabiduría ha sido cultivada en estas tierras desde la antigüedad. Su búsqueda ha fascinado al hombre desde siempre; sin embargo, a menudo quien posee más medios puede adquirir más conocimientos y tener más oportunidades, mientras que el que tiene menos queda relegado. Se trata de una desigualdad inaceptable, que hoy se ha ampliado. Pero el Libro de la Sabiduría nos sorprende cambiando la perspectiva. Dice que «el que es pequeño será perdonado por misericordia, pero los poderosos serán examinados con rigor» (Sb 6,6). Para el mundo, quien posee poco es descartado y quien tiene más es privilegiado. Pero para Dios, no; quien tiene más poder es sometido a un examen riguroso, mientras que los últimos son los privilegiados de Dios.

Jesús, la Sabiduría en persona, completa este vuelco en el Evangelio, no en cualquier momento, sino al principio del primer discurso, con las Bienaventuranzas. El cambio es total. Los pobres, los que lloran, los perseguidos son llamados bienaventurados. ¿Cómo es posible? Bienaventurados, para el mundo, son los ricos, los poderosos, los famosos. Vale quien tiene, quien puede y quien cuenta. Pero no para Dios. Para Él no es más grande el que tiene más, sino el que es pobre de espíritu; no el que domina a los demás, sino el que es manso con todos; no el que es aclamado por las multitudes, sino el que es misericordioso con su hermano. A este punto nos puede venir la duda: Si vivo como pide Jesús, ¿qué gano? ¿No corro el riesgo de que los demás me pisoteen? ¿Vale la pena la propuesta de Jesús? ¿O es un perdedor? No es perdedor sino sabio.

La propuesta de Jesús es sabia porque el amor, que es el corazón de las bienaventuranzas, aunque parezca débil a los ojos del mundo, en realidad vence. En la cruz demostró ser más fuerte que el pecado, en el sepulcro venció a la muerte. Es el mismo amor que hizo que los mártires salieran victoriosos de las pruebas, ¡y cuántos hubo en el último siglo, más que en los anteriores! El amor es nuestra fuerza, la fuerza de tantos hermanos y hermanas que aquí también han sufrido prejuicios y ofensas, maltratos y persecuciones por el nombre de Jesús. Pero mientras el poder, la gloria y la vanidad del mundo pasan, el amor permanece, como nos dijo el apóstol Pablo, «no pasa nunca» (1 Co 13,8). Vivir las bienaventuranzas, pues, es hacer eterno lo que pasa. Es traer el cielo a la tierra.

Pero, ¿cómo practicamos las bienaventuranzas? Estas no nos piden que hagamos cosas extraordinarias, que realicemos acciones que están por encima de nuestras capacidades. Nos piden un testimonio cotidiano. Bienaventurado es el que vive con mansedumbre, el que practica la misericordia allí donde se encuentra, el que mantiene puro su corazón allí donde vive. Para convertirse en bienaventurado no es necesario ser un héroe de vez en cuando, sino un testigo todos los días. El testimonio es el camino para encarnar la sabiduría de Jesús. Así es como se cambia el mundo, no con el poder o con la fuerza, sino con las bienaventuranzas. Porque así lo hizo Jesús, viviendo hasta el final lo que había dicho al principio. Se trata de dar testimonio del amor de Jesús, aquella misma caridad que san Pablo describe de manera tan hermosa en la segunda lectura de hoy. Veamos cómo la presenta.

Primero dice que la caridad «es magnánima» (v. 4). No nos esperábamos este adjetivo. El amor parece sinónimo de bondad, de generosidad, de buenas obras, pero Pablo dice que la caridad es ante todo magnánima. Es una palabra que, en la Biblia, habla de la paciencia de Dios. A lo largo de la historia el hombre ha seguido traicionando la alianza con Él, cayendo en los pecados de siempre y el Señor, en lugar de cansarse y marcharse, siempre ha permanecido fiel, ha perdonado, ha comenzado de nuevo. La paciencia para comenzar de nuevo es la primera característica del amor, porque el amor no se indigna, sino que siempre vuelve a empezar. No se entristece, sino que da nuevas fuerzas; no se desanima, sino que sigue siendo creativo. Ante el mal no se rinde, no se resigna. Quien ama no se encierra en sí mismo cuando las cosas van mal, sino que responde al mal con el bien, recordando la sabiduría victoriosa de la cruz. El testigo de Dios actúa así, no es pasivo, ni fatalista, no vive a merced de las circunstancias, del instinto y del momento, sino que está siempre esperanzado, porque está cimentado en el amor que «siempre disculpa y confía, siempre espera y soporta» (v. 7).

Podemos preguntarnos: ¿Y yo cómo reacciono ante las situaciones que no van bien? Ante la adversidad hay siempre dos tentaciones. La primera es la huida. Escapar, dar la espalda, no querer saber más. La segunda es reaccionar con rabia, con la fuerza. Es lo que les ocurrió a los discípulos en Getsemaní; en su desconcierto, muchos huyeron y Pedro tomó la espada. Pero ni la huida ni la espada resolvieron nada. Jesús, en cambio, cambió la historia. ¿Cómo? Con la humilde fuerza del amor, con su testimonio paciente. Esto es lo que estamos llamados a hacer; es así como Dios cumple sus promesas.

Promesas. La sabiduría de Jesús, que se encarna en las bienaventuranzas, exige el testimonio y ofrece la recompensa, contenida en las promesas divinas. De hecho, vemos que a cada bienaventuranza sigue una promesa. Quien la vive poseerá el reino de los cielos, será consolado, será saciado, verá a Dios (cf. Mt 5,3-12). Las promesas de Dios garantizan una alegría sin igual y no defraudan. Pero, ¿cómo se cumplen? A través de nuestras debilidades. Dios hace bienaventurados a los que recorren el camino de su pobreza interior hasta el final. Este es el camino, no hay otro. Fijémonos en el patriarca Abraham. Dios le promete una gran descendencia, pero él y Sara son ancianos y no tienen hijos. Y es precisamente en su vejez paciente y confiada cuando Dios obra maravillas y les da un hijo. Veamos a Moisés. Dios le promete que liberará al pueblo de la esclavitud y por eso le pide que hable con el faraón. Moisés le dice que no es capaz de hablar, porque es tartamudo; sin embargo, Dios cumplirá la promesa a través de sus palabras. Fijémonos en la Virgen que, según lo establecido en la ley, no puede tener hijos, y es llamada a ser madre. Y veamos a Pedro, que niega al Señor, y Jesús lo llama para que confirme a sus hermanos. Queridos hermanos y hermanas, a veces podemos sentirnos incapaces, inútiles. Pero no hagamos caso, porque Dios quiere hacer maravillas precisamente a través de nuestras debilidades.

A Él le encanta comportarse así, y esta tarde, ocho veces nos ha dicho ţūb'ā [bienaventurados], para hacernos entender que con Él lo somos realmente. Claro, pasamos por pruebas, caemos a menudo, pero no debemos olvidar que, con Jesús, somos bienaventurados. Todo lo que el mundo nos quita no es nada comparado con el amor tierno y paciente con que el Señor cumple sus promesas. Querida hermana, querido hermano: Tal vez miras tus manos y te parecen vacías, quizás la desconfianza se insinúa en tu corazón y no te sientes recompensado por la vida. Si te sientes así, no temas; las bienaventuranzas son para ti, para ti que estás afligido, hambriento y sediento de justicia, perseguido. El Señor te promete que tu nombre está escrito en su corazón, en el cielo. Y hoy le doy gracias con ustedes y por ustedes, porque aquí, donde en tiempos remotos surgió la sabiduría, en los tiempos actuales han aparecido muchos testigos, que las crónicas a menudo pasan por alto, y que sin embargo son preciosos a los ojos de Dios; testigos que, viviendo las bienaventuranzas, ayudan a Dios a cumplir sus promesas de paz.

[00275-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Hoje a Palavra de Deus fala-nos de sabedoria, testemunho e promessas.

A sabedoria foi cultivada nestas terras desde tempos muito antigos. Desde sempre, a sua busca tem fascinado o homem; mas, frequentemente, quem possui mais recursos pode adquirir mais conhecimentos e ter mais oportunidades, ao passo que quantos têm menos são excluídos. É uma desigualdade inaceitável, atualmente em aumento. Entretanto o livro da Sabedoria surpreende-nos, ao inverter a perspetiva. Nele se diz que «o pequeno encontrará misericórdia, mas os poderosos serão examinados com rigor» (Sab 6, 6). Para o mundo, quem tem menos é descartado e quem tem mais é privilegiado; para Deus, não: quem tem mais poder é sujeito a um exame rigoroso, enquanto os últimos são os privilegiados de Deus.

Jesus, a Sabedoria em pessoa, completa esta inversão no Evangelho: não num momento qualquer, mas no início do primeiro discurso, com as Bem-aventuranças. A inversão é total: os pobres, os que choram, os perseguidos são declarados bem-aventurados. Como é possível? Bem-aventurados, para o mundo, são os ricos, os poderosos, os famosos! Vale quem tem, quem pode, quem conta! Para Deus, não: não é maior quem tem, mas quem é pobre em espírito; não quem pode tudo sobre os outros, mas quem é manso com todos; não quem é aclamado pelas multidões, mas quem é misericordioso com o irmão. Chegados aqui, pode-nos vir a dúvida: Se vivo como Jesus pede, que ganho com isso? Não corro o risco de ser espezinhado pelos outros? A proposta de Jesus será conveniente? Ou é perdedora? Não é perdedora, mas sapiente.

A proposta de Jesus é sapiente, porque o amor, que é o coração das Bem-aventuranças, embora pareça frágil aos olhos do mundo, na realidade vence. Na cruz, provou ser mais forte do que o pecado; no sepulcro, derrotou a morte. Foi este mesmo amor que tornou os mártires vitoriosos na provação… E houve tantos no último século! Mais do que nos anteriores. O amor é a nossa força, a força de tantos irmãos e irmãs que também aqui foram vítimas de preconceitos e ofensas, sofreram maus tratos e perseguições pelo nome de Jesus. Mas, enquanto o poder, a glória e a vaidade do mundo passam, o amor permanece, como nos disse o apóstolo Paulo: «o amor jamais passará» (1 Cor 13, 8). Assim, viver as Bem-aventuranças é tornar eterno aquilo que passa, é trazer o Céu à terra.

Mas como se vivem as Bem-aventuranças? Não exigem que se façam coisas extraordinárias, empreendimentos acima das nossas capacidades. Exigem o testemunho diário. Bem-aventurado é quem vive com mansidão, quem pratica a misericórdia no lugar onde se encontra, quem mantém o coração puro lá onde vive. Para se tornar bem-aventurado, não é preciso ser herói de vez em quando, mas testemunha todos os dias. O testemunho é o caminho para encarnar a sabedoria de Jesus. É assim que se muda o mundo: não com o poder nem com a força, mas com as Bem-aventuranças. Pois foi assim que fez Jesus, vivendo até ao fim aquilo que dissera ao início. Tudo se resume em testemunhar o amor de Jesus, aquela caridade que São Paulo descreve de forma estupenda na segunda Leitura de hoje. Vejamos como a apresenta.

Em primeiro lugar diz que «a caridade é paciente» (1 Cor 13, 4). Não esperávamos este adjetivo; amor parece sinónimo de bondade, generosidade, bem-fazer. Mas Paulo diz que a caridade é, antes de tudo, paciente. Trata-se de um termo que exprime, na Bíblia, a paciência de Deus. Ao longo da história, o homem continuou a trair a aliança com Ele, a cair nos pecados habituais, e o Senhor, em vez de Se cansar e abandoná-lo, permaneceu sempre fiel, perdoou, recomeçou. A paciência de recomeçar sempre é a primeira qualidade do amor, porque o amor não se indigna, mas sempre recomeça. Não se abate, mas relança; não desanima, mas permanece criativo. Perante o mal, não se rende, não se resigna. Quem ama não se fecha em si mesmo, quando as coisas correm mal, mas responde ao mal com o bem, lembrando-se da sabedoria vitoriosa da cruz. Assim procede a testemunha de Deus: não é passiva, fatalista, não vive à mercê das circunstâncias, do instinto e do momento, mas mostra-se sempre esperançosa, pois está fundada no amor que «tudo desculpa, tudo crê, tudo espera, tudo suporta» (13, 7).

Podemos interrogar-nos: Como reajo eu às situações funestas? À vista das adversidades, apresentam-se sempre duas tentações. A primeira é a fuga: fugir, virar as costas, desinteressar-se. A segunda é reagir, como irritados, com a força. Assim aconteceu com os discípulos no Getsémani: no alvoroço geral, vários fugiram e Pedro puxou da espada. Mas nem a fuga nem a espada resolveram coisa alguma. Ao contrário, Jesus mudou a história. Como? Com a força humilde do amor, com o seu paciente testemunho. O mesmo somos nós chamados a fazer; assim Deus realiza as suas promessas.

Promessas. A sabedoria de Jesus, encarnada nas Bem-aventuranças, pede o testemunho e oferece a recompensa, contida nas promessas divinas. De facto, vemos que a cada Bem-aventurança segue uma promessa: quem as vive terá o reino dos céus, será consolado, saciado, verá a Deus… (cf. Mt 5, 3-12). As promessas de Deus asseguram uma alegria incomparável e não dececionam. Mas como se realizam? Através das nossas fraquezas. Deus faz bem-aventurados aqueles que percorrem até ao fim o caminho da sua pobreza interior. Esta é a estrada; não há outra. Olhemos para o patriarca Abraão: Deus promete-lhe uma grande descendência, mas ele e Sara são idosos e sem filhos. Precisamente na velhice paciente e confiante deles, Deus realiza maravilhas e dá-lhes um filho. Vejamos Moisés: Deus promete-lhe que libertará o povo da escravidão e, para isso, pede-lhe para ir falar ao Faraó. Moisés observa que tem dificuldade na fala; e no entanto Deus cumprirá a promessa através das suas palavras. Olhemos para Nossa Senhora, que é chamada a ser mãe, justamente quando, nos termos da Lei, não pode ter filhos. E olhemos para Pedro: renega o Senhor e, todavia, é precisamente a ele que Jesus chama para confirmar os seus irmãos. Às vezes, queridos irmãos e irmãs, podemos sentir-nos incapazes, inúteis. Não lhe demos crédito, pois Deus quer fazer maravilhas precisamente através das nossas fraquezas.

Ele gosta de proceder assim e, nesta tarde, repetiu oito vezes ţūb’ā [bem-aventurados] para nos fazer compreender que, com Ele, o somos realmente. É certo que somos provados, muitas vezes caímos, mas não devemos esquecer que, com Jesus, somos bem-aventurados. Tudo aquilo que o mundo nos tira, não é nada em comparação ao amor terno e paciente com que o Senhor cumpre as suas promessas. Querida irmã, querido irmão, talvez olhes para as tuas mãos e te pareçam vazias, talvez sintas insinuar-se no coração a desconfiança e penses que a vida é injusta contigo. Se tal suceder, não temas! As Bem-aventuranças são para ti, para ti que estás na aflição, com fome e sede de justiça, perseguido. O Senhor promete que o teu nome está escrito no seu coração, nos Céus. E hoje agradeço-Lhe convosco e por vós, porque aqui, onde na antiguidade surgiu a sabedoria, nestes tempos se levantaram tantas testemunhas, muitas vezes transcuradas nos noticiários mas preciosas aos olhos de Deus; testemunhas que, vivendo as Bem-aventuranças, ajudam Deus a realizar as suas promessas de paz.

[00275-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in língua polacca

Słowo Boże mówi nam dzisiaj o mądrości, świadectwie i obietnicy.

Mądrość była kultywowana na tych ziemiach od czasów starożytnych. Dążenie do niej zawsze fascynowało człowieka; często jednak ci, którzy mają więcej środków, mogą zdobyć więcej wiedzy i mieć większe szanse, podczas gdy ci, którzy mają mniej, są spychani na margines. Jest to niedopuszczalna nierówność, która dziś jeszcze pogłębiła się. Księga Mądrości zaskakuje nas jednak odwróceniem perspektywy. Mówi, że „najmniejszy znajdzie litościwe przebaczenie, ale mocnych czeka mocna kara” (Mdr 6, 6). Dla świata ci, który ma mniej, jest odrzucany, a ten, który ma więcej, jest uprzywilejowany. Ale nie dla Boga: temu, który ma więcej władzy, grozi szczegółowe dociekanie, podczas gdy najmniejsi są uprzywilejowani przez Boga.

Jezus, uosobiona Mądrość, dopełnia tego odwrócenia w Ewangelii: nie w jakimś mało ważnym momencie, ale na początku pierwszej mowy, w Błogosławieństwach. Odwrócenie jest całkowite: ubodzy, ci, którzy się smucą, prześladowani są nazwani błogosławionymi. Jak to możliwe? Błogosławionymi dla świata są bogaci, możni, sławni! Ważny jest ten, który posiada, ten, który może, ten, co się liczy! Ale nie dla Boga: nie ten, kto ma, jest największy, lecz ten, kto jest ubogi w duchu; nie ten, kto może wszystko uczynić z innymi, lecz ten, kto jest cichy wobec wszystkich; nie ten, kto jest oklaskiwany przez tłumy, lecz ten, kto jest miłosierny dla swego brata. W tym momencie może pojawić się wątpliwość: jeśli będę żył tak, jak tego żąda Jezus, to co zyskam? Czy nie grozi mi, że inni będą chodzili mi po głowie? Czy propozycja Jezusa opłaca się? A może jest dla przegranych? Nie jest dla przegranych, lecz jest mądra.

Propozycja Jezusa jest mądra, ponieważ miłość, będąca sercem Błogosławieństw, nawet jeśli wydaje się słaba w oczach świata, w rzeczywistości zwycięża. Na krzyżu okazała się silniejsza od grzechu, w grobie pokonała śmierć. Jest to ta sama miłość, która sprawiła, że męczennicy zwyciężyli w swoich próbach, a jak wielu ich było w minionym wieku – więcej niż w poprzednich! Miłość jest naszą siłą, siłą wielu braci i sióstr, którzy także tutaj doznawali krzywd i zniewag, złego traktowania i prześladowań dla imienia Jezusa. Ale podczas gdy moc, chwała i próżność świata przemijają, miłość trwa: jak powiedział nam apostoł Paweł, „nigdy nie ustaje” (1 Kor 13, 8). Zatem żyć Błogosławieństwami to uwieczniać to, co przemija. Jest to sprowadzenie Nieba na ziemię.

Ale jak praktykujemy Błogosławieństwa? Błogosławieństwa nie wymagają od nas czynienia rzeczy nadzwyczajnych, dokonywania rzeczy, które przekraczają nasze możliwości. Wymagają codziennego świadectwa. Błogosławiony jest ten, kto żyje łagodnie, kto praktykuje miłosierdzie tam, gdzie się znajduje, kto zachowuje czyste serce tam, gdzie mieszka. Aby stać się błogosławionymi, nie trzeba być bohaterami od czasu do czasu, ale świadkami każdego dnia. Dawanie świadectwa jest sposobem urzeczywistniania mądrości Jezusa. W ten sposób zmienia się świat: nie za pomocą władzy czy siły, ale poprzez Błogosławieństwa. Bo tak właśnie czynił Jezus, żyjąc aż do końca tym, co powiedział na samym początku. Chodzi o dawanie świadectwa miłości Jezusa, tej samej miłości, którą św. Paweł tak pięknie opisuje w dzisiejszym drugim czytaniu. Przyjrzyjmy się, jak on to przedstawia.

Po pierwsze, mówi, że „miłość jest cierpliwa” (w. 4). Nie spodziewaliśmy się tego przymiotnika. Miłość zdaje się być synonimem dobroci, szczodrości, dobrych uczynków, a jednak Paweł mówi, że miłość jest przede wszystkim cierpliwa. Jest to słowo, które w Biblii mówi o cierpliwości Boga. Na przestrzeni dziejów człowiek stale zdradzał przymierze z Nim, popadał w te same grzechy, a Pan, zamiast znużyć się i odejść, za każdym razem powracał, przebaczał, zaczynał od nowa. Cierpliwość, by za każdym razem zaczynać od nowa, jest pierwszą cechą miłości, ponieważ miłość się nie oburza, ale zawsze zaczyna od nowa. Nie smuci się, ale wyrusza ponownie; nie zniechęca się, lecz pozostaje twórcza. W obliczu zła nie poddaje się, nie rezygnuje. Ten, kto kocha, nie zamyka się w sobie, gdy wszystko zmierza w złym kierunku, ale na zło odpowiada dobrem, pamiętając o zwycięskiej mądrości krzyża. Świadek Boga tak właśnie postępuje: nie jest bierny, fatalistyczny, nie żyje pod wpływem okoliczności, pod wpływem instynktu i chwili, ale jest zawsze pełen nadziei, ponieważ opiera się na miłości, która „wszystko znosi, wszystkiemu wierzy, we wszystkim pokłada nadzieję, wszystko przetrzyma” (w. 7).

Możemy zadać sobie pytanie: a co ze mną, jak reaguję na sytuacje, które nie układają się po mojej myśli? W obliczu przeciwności losu zawsze pojawiają się dwie pokusy. Pierwszą z nich jest ucieczka: uciec, odwrócić się, nie chcieć już więcej wiedzieć. Druga to reakcja w gniewie, z użyciem siły. To właśnie stało się z uczniami w Getsemani: w swoim zagubieniu wielu uciekło, a Piotr chwycił za miecz. Ale ani ucieczka, ani miecz niczego nie rozwiązały. Natomiast Jezus zmienił historię. Jak? Z pokorną siłą miłości, swoim cierpliwym świadectwem. To jest to, do czego jesteśmy powołani; w ten sposób Bóg wypełnia swoje obietnice.

Obietnice. Mądrość Jezusa, która jest zawarta w Błogosławieństwach, wymaga świadectwa i oferuje nagrodę, zawartą w Bożych obietnicach. Widzimy bowiem, że po każdym błogosławieństwie następuje obietnica: kto nim żyje, będzie miał królestwo niebieskie, będzie pocieszony, będzie nasycony, będzie oglądał Boga... (por. Mt 5, 3-12). Boże obietnice zapewniają niezrównaną radość i nie zawodzą. Ale w jaki sposób się wypełniają? Poprzez nasze słabości. Bóg czyni błogosławionymi tych, którzy aż do końca kroczą drogą swojego wewnętrznego ubóstwa. To jest ta droga, nie ma innej. Spójrzmy na patriarchę Abrahama, naszego ojca w wierze. Bóg obiecuje mu wspaniałych potomków, ale jest on stary i bezdzietny. To właśnie w jego cierpliwej i ufnej starości Bóg czyni cuda i daje mu syna. Spójrzmy na Mojżesza: Bóg obiecuje mu, że wyzwoli lud z niewoli i dlatego żąda od niego, by rozmawiał z faraonem. Ale Mojżesz zgłasza, że jąka się, gdy mówi. A jednak Bóg spełni obietnicę poprzez jego słowa. Spójrzmy na Matkę Bożą, która właśnie wtedy, gdy według Prawa nie może mieć dzieci, jest powołana, aby stać się matką. I spójrzmy na Piotra: zapiera się Pana, a Jezus powołuje właśnie jego, aby umacniał swoich braci. Drodzy bracia i siostry, czasami możemy czuć się niezdolni, bezużyteczni. Nie wierzmy w to, bo Bóg chce dokonywać cudów właśnie poprzez nasze słabości.

Bóg lubi tak to czynić i dziś wieczorem, osiem razy powiedział nam ţūb’ā [błogosławieni], abyśmy zrozumieli, że z Nim naprawdę nimi jesteśmy. Oczywiście, jesteśmy podawani próbom, często upadamy, ale nie możemy zapominać, że z Jezusem jesteśmy błogosławieni. To, co odbiera nam świat, jest niczym w porównaniu do czułej i cierpliwej miłości, z jaką Pan wypełnia swoje obietnice. Droga siostro, drogi bracie, być może patrzysz na swoje ręce i wydają się one tobie puste, być może do twojego serca wkrada się nieufność i nie czujesz się wynagrodzony przez życie. Jeśli tak, nie lękaj się: Błogosławieństwa są dla ciebie, dla ciebie, który jesteś utrudzony, głodny i spragniony sprawiedliwości, prześladowany. Pan obiecuje ci, że twoje imię jest zapisane w Jego sercu, w niebie! I ja dzisiaj Jemu dziękuję z wami i za was, ponieważ tutaj, gdzie w starożytności zrodziła się mądrość, w naszych czasach powstało wielu świadków: świadków często pomijanych w serwisach informacyjnych, ale cennych w oczach Boga; świadków, którzy żyjąc Błogosławieństwami, pomagają Bogu wypełnić Jego obietnice pokoju.

[00275-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى العراق

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في كاتدرائيّة القديس يوسف للكلدان في بغداد

السبت 6 مارس / آذار 2021

تُكلِّمُنا كَلِمَةُ اللهِ اليومَ على الحِكمةِ والشَّهادةِ والوعودِ.

ظَهَرَتْ الحِكمَةُ ونَمَتْ في هذهِ الأرضِ مُنْذُ أقْدَمِ العُصُور، والبَحْثُ عَنْها فَتَنَ الإنسانَ دائمًا. وَمَعَ ذَلِك، في كَثيرٍ مِنَ الأحيان، مَنْ كَثُرَتْ إمكاناتُهُ هو الذي زادَ كَسْبُهُ للمَعارِف، وَزادَتْ فُرَصُ الحياةِ أمامَهُ، أمّا الذي قَلَّتْ إمكاناتُهُ فَقَد تُرِكَ جانِبًا وَصارَ مُهَمَّشًا. وهذا أمرٌ لا يُمْكِنُ القُبولُ بِهِ، مَع أنَّ عَدَمَ المُساواةِ هذهِ قَد اتَّسَعَتْ اليومَ وَزادَتْ. لَكِنْ يُفاجِئُنا سِفْرُ الحِكْمَةِ ويَعْكِسُ وِجْهَةَ النَظَر، فَيَقُول: "إِنَّ الصَّغيرَ أهْلُ الرَّحمَة. أَمّا أَرْبابُ القُوَّةِ فبِقَوَّةٍ يُفحَصُون" (حك 6، 6). في نَظَرِ العالَم، مَنْ لَدَيْهِ القَليلُ يُنبَذُ وَيُهَمَّش، وَمَنْ لَدَيْهِ الكَثيرُ فَهُو المُمَيَّز. وأمَّا في نَظَرِ اللهِ فَصاحِبُ القُوَّةِ يَخْضَعُ لامْتِحانٍ صارِم، والآخِرون هُمُ المُمَيَّزون لدَى الله.

يُكَمِّلُ يسوع، الحِكْمَةُ المُشَخَّصَة، هذا الانقلابَ في الإنجيل، وليسَ في أيَّةِ لَحْظَة، وَلَكِنْ مُنْذُ البِداية، في أوّلِ خِطابٍ لَهُ، في التَطويبات. الانقِلابُ كامِل: قالَ إنَّ الفُقَراءَ والباكينَ والمُضْطَهَدينَ هُمُ المُطَوَّبُون. كيفَ يُمْكِنُ أنْ يكونَ ذَلِك؟ في نَظَرِ العالَم، الأغْنِياءُ والأَقوِياءُ وأَصحابُ الشُهْرَةِ هُمُ المُطَوَّبُون! لَهُ قيمَة مَنْ يَمْلِك، وَمَنْ يَقْدِر، وَمَنْ كانَ مُعْتَبَرًا! ليسَ كَذَلِكَ في نَظَرِ الله. في نَظَرِ الله ليسَ الكَبيرُ مَنْ يَمْلِك، بَلْ الفَقيرُ في الرُّوح. ليسَ الذي يَقْدِرُ أنْ يَفْرِضَ كُلَّ شيءٍ على غَيْرِه، بَلْ الوَديعُ مَعَ الجَميع، ليسَ مَن تَهْتِفُ لَهُ الجُموع، بَلْ مَنْ يَرْحَمُ أخاه. هُنا، يُمْكِنُ أنْ يُراوِدَنا شَكٌّ وَسُؤال: إنْ كُنْتُ أَعيشُ كَما يَطْلُبُ يسوع، ماذا أَكْسَبُ مِنْ ذَلِك؟ ألَا أُخاطِرُ بأَنْ أدَعَ الآخَرِينَ يَدُوسُونَني تَحْتَ أقْدامِهِم؟ عَرْضُ يسوع هَلْ هُوَ مُناسِب؟ أم خاسِر؟ عَرْضُ يسوع ليسَ خاسِرًا، لَكِنَّهُ حَكيم.

عَرْضُ يسوع حَكيم، لأنَّ المَحَبَّةَ التي هيَ قَلْبُ التَطويبات، حتَى لَو بَدَتْ ضَعِيفَةً في نَظَرِ العالَم، فإنَّها في الواقِعِ تَنْتَصِر. بَيَّنَ يسوعُ على الصَّليبِ أنَّهُ أقوَى مِنَ الخَطيئة، وَفي القَبْرِ هَزَمَ المَوْت. إنَّها المَحَبَّةُ نَفْسُها التي جَعَلَتْ الشُهَداءَ يَنْتَصِرونَ في المِحْنَة، وَكَم كانوا كَثيرِينَ في القَرْنِ الماضي، أكْثَرَ مِنْهُم في القُرونِ الماضيَة! المَحَبَّةُ هي قُوَّتُنا، وَقُوَّةُ إخوَةٍ كَثيرِينَ لنا وأخَوات، عانَوْا هُنا أيضًا مِنَ الأحكامِ المُسْبَقَةِ والإساءاتِ وَسُوءِ المُعامَلَةِ والاضْطِهادات، مِنْ أجلِ اسمِ يسوع. وَبَيْنَما تَزُولُ قُوَّةُ العالَمِ وَمَجْدُهُ وَأباطِيلُه، المَحَبَّةُ تَبْقَى، كَما قالَ لنا الرَسُول بولس: المَحَبّةُ "لا تَسْقُطُ أَبَدًا" (1 قور 13، 8). العَيْشُ بِحَسَبِ التَطويبات هو بالتالي أنْ نَجْعَلَ الزَمَنيَّ العابِرَ أبَدِيًا. وأنْ نُنْزِلَ السَّماءَ إلى الأرض.

وَلَكِن كَيْفَ نَعيشُ التَطويبات؟ لا يَقْتَضي مِنَّا الأمْرُ أنْ نَقومَ بأشياءَ غَيْرِ عادِيَّة، أو بأعمالٍ تَفُوقُ قُدُراتِنا. ما يُطْلَبُ مِنَّا هو شَهادَةُ حَياتِنا اليَومِيَّة. طُوبَى لِمَنْ يَعيشُ بِوَداعَة، وَلِمَنْ يُمارِسُ الرَحْمَةَ أيْنَما كان، وَلِمَنْ يَحْتَفِظُ بَقَلْبٍ نَقيٍّ حَيْثُما كان. حتَى نَكونَ مِن المُطَوَّبِينَ ليسَ مِن الضَروريّ أنْ نَكونَ أبطالًا بَيْنَ الحينِ والآخَر، بَلْ أنْ نَكونَ شُهُودًا كُلَّ يوم. الشَهادَةُ هي الطَريقَةُ لِتَجْسيدِ حِكْمَةِ يسوع. هَكَذا يُغَيَّرُ العالَم: ليسَ بالسُلطانِ أو بالقُوَّة، بَلْ بالتَطويبات. لأنَّ هذا مَا فَعَلَهُ يسوع: عاشَ حتَى النِهاية ما قالَهُ مُنْذُ البِداية. كُلُّ شَيءٍ يَكْمُنُ في الشَهادَةِ لِمَحَبَّةِ يسوع، تِلْكَ المَحَبَّةِ نَفْسِها التي وَصَفَها القِدّيسُ بولس بِصُورَةٍ بَليغَة، في القِراءَةِ الثانيَةِ اليوم. لِنَرَ كَيْفَ وَصَفَها.

قالَ بولس أوَلًا "المَحَبَّةُ تَصْبِر" (آية 4). لمْ نَتَوَقَّعْ هذهِ الصِّفَة. تَبْدُو المَحَبَّةُ مُرادِفَةً لِلصَلاحِ والكَرَمِ وأعمالِ الخَيْر. ومَعَ ذَلِك، قالَ بولس إنَّ المَحَبَّةَ هي قَبْلَ كُلِّ شَيءٍ صابِرة. وَرَدَتْ هذهِ الكَلِمَة، في الكِتابِ المُقَدَّس، في الكَلامِ على صَبْرِ الله. ظَلَّ الإنسانُ عِبْرَ التاريخِ يَخُونُ العَهْدَ مَعَ الله، وَيَقَعُ في خَطاياه المُعْتادَة، والله، لَمْ يَتعَبْ ولَمْ يَتْرُكْ الشَعْب، بَلْ بَقِيَ أمينًا كُلَّ مَرَّة، وَغَفَرَ، وَبَدأَ مِن جَديد. الصَّبْرُ والبَدْءُ مِن جَديد في كُلِّ مَرَّةٍ هُوَ الصِّفَةُ الأولَى لِلمَحَبَّة، لأنَّ المَحَبَّةَ لا تَغْضَب، بَلْ تَنْطَلِقُ دائِمًا مِن جَديد. ولا تَحْزَنُ بَلْ تَفْرَح. ولا تَيأَسُ، بَلْ تَبْقَى خَلَّاقَة. وأمامَ الشَّرِّ لا تَسْتَسْلِم، ولا تَرْضَخ. مَن يُحِبّْ لا يَنْغَلِقْ علَى نَفْسِهِ عِندما تَسُوءُ الأمُور، بَلْ يُجيبُ على الشَّرِّ بالخَيْر، وَيَتَذَكَّرُ حِكْمَةَ الصَّليبِ المُنْتَصِرَة. إنَّ الشاهِدَ للهِ يَفْعَلُ هذا: ليسَ انهزاميًّا، ولا يَخْضَعُ لِلحَتْمِيَّة، ولا يَعيشُ تَحْتَ رَحْمَةِ الظُرُوف والغَريزَةِ واللَحْظَة، بَلْ يَرْجُو دائمًا، لأنَّهُ مُؤَسَّسٌ على المَحَبَّةِ التي "تَعْذِرُ كُلَّ شَيء وَتُصَدِّقُ كُلَّ شَيء وَتَرْجُو كُلَّ شَيء وَتَتَحَمَّلُ كُلَّ شَيء" (آية 7).

يُمْكِنُ أنْ نَسْألَ أَنْفُسَنا: وأنا، كَيْفَ أَتَصَرَّفُ أمامَ المَواقِفِ الصَّعْبَة؟ أمامَ الشَدائِدِ تُراوِدُنا دائِمًا تَجْرِبَتان. التَجْرِبَةُ الأولَى هيَ الهُرُوب: نَهْرُبُ، وَنَتْرُكُ كُلَّ شَيء، ولا نُريدُ أنْ نَعْرِفَ شَيْئًا بَعْدَ الآن. والتَجْرِبَةُ الثانية، هيَ اللجُوءُ إلى الغَضَبِ والقُوَّة. هذا مَا حَدَثَ لِلتلاميذِ في الجُسْمانيَّة: عِنْدَ الارتباك، هَرَبَ الكَثيرون، وأَخَذَ بُطرسُ السَيْف. لَكِنْ لا الهَرَبُ ولا السَيْفُ أفادَ شَيْئًا. أمَّا يسوع فَقَد غيَّرَ التاريخ. كَيْفَ ذَلِك؟ بِقُوَّةِ المَحَبَّةِ المُتَواضِعَة، وَبِشَهادَتِهِ الصَّابِرَة. إلى هذا نَحنُ مَدْعُوُّون. هَكَذا يُتَمِّمُ اللهُ وُعُودَه.

الوُعود. إنَّ حِكْمَةَ يسوعَ التي تَجَسَّدَتْ في التَطويبات تَطْلُبُ الشَهادة، وَتَعِدُ بالمُكافأة، التي تَتَضَمَّنُها الوُعُودُ الإلهيّة. نَرَى في الواقِعِ أنَّ كُلَّ تَطويبَةٍ يَتْبَعُها وَعْد: فَمَن عاشَ بِحَسَبِها كانَ لَهُ مَلَكُوتُ السماوات، أو سَيُعَزَّى، أو يُشْبَع، أو سَيَرَى الله... (را. متى 5، 3 - 12). وُعُودُ اللهِ تَضْمَنُ فَرَحًا لا مَثيلَ لَه، ولا تُخَيِّبُ الآمال. لَكِن كَيْفَ تَتِمّ؟ مِن خِلالِ ضَعْفِنا. طَوَّبَ اللهُ الذينَ يسيرونَ حتَى النِهاية في طَريقِ فَقْرِهِم الداخليّ. هذا هُوَ الطَريق، ولا يُوْجَدُ طَريقٌ آخَرُ غَيْرُه. لِنَنْظُرْ إلى أبينا ابراهيم. وَعَدَهُ اللهُ بِنَسْلٍ كَبير، لَكِنَّهُ هُوَ وَسارة كانا مُتَقَدِمَيْنِ في السِّنِّ وَدونَ أبناء. وَفي شَيْخُوخَتِهِما تَحْدِيدًا، وفي صَبْرِهِما وَثِقَتِهِما بالله، صَنَعَ لَهُما أُمورًا عَظيمة، وأعْطاهُما ابنًا. وَلْنَنْظُرْ إلى موسى: وَعَدَهُ اللهُ أنَّهُ سَيُحَرِّرُ الشَعْبَ مِنَ العُبُودِيَّة، وَلِهذا طَلَبَ مِنْهُ أنْ يُكَلِّمَ فِرعَوْن. فلَفَتَ موسَى نَظَرَ اللهِ إلى أنَّهُ ثَقيلُ اللِسان. وَمَعَ ذَلِكَ فإنَّ اللهَ سَيُتَمِّمُ الوَعْدَ مِن خِلالِ كَلامِه. وَلْنَنْظُرْ إلى سَيِّدَتِنا مَرْيَمَ العَذْراء، بِحَسَبِ الشَريعَةِ لا تَسْتَطيعُ أنْ يكونَ لها ابنٌ، والله دَعاها لتكونَ أُمًّا. وَلْنَنْظُرْ إلى بُطرس: لَقَدْ أَنْكَرَ الرَّبّ، ويسوعُ دَعاهُ هُوَ ليُثَبِّتَ إخوَتَه. إخوَتي وأخَواتي الأعِزّاء، في بَعْضِ الأحيانِ نَسْتَطيعُ أنْ نَشْعُرَ بأنَّنا لا نَقْدِرُ أنْ نَعْمَلَ شَيْئًا، ولا فائِدَةَ لنا. لا نُصَدِّقْ ذَلِك، لأنَّ اللهَ يُريدُ أنْ يَصْنَعَ العَجائِبَ بالتَحْديدِ مِن خِلالِ ضَعْفِنا.

إنَّه يُحِبُّ أنْ يَعْمَلَ ذَلِك، وَقَدْ قالَ لنا في هذا المساءِ ثَمانِي مرَّاتٍ "طُوبى"، حتَى نَفْهَمَ أنَّنا طُوباويُّون حقًا مَعَهُ. بالطَبْع، نَحنُ مُعَرَّضُونَ لِلمِحَن، وَنَقَعُ كَثيرًا، لَكِنْ يَجِبُ ألّا نَنْسَى: مَعَ يسوع، نَحنُ طُوباويُّون. ما يَسْلُبَهُ العالَمُ مِنًّا لا يُقارَنُ بالحُبِّ الحَنونِ والصَّابِرِ الذي بِهِ يُتَمِّمُ الرَّبُّ وُعودَهُ لنا. أُختي العَزيزة، وأَخي العَزيز، رُبَما تَنْظُرُ إلى يَدَيْكَ فَتَراها فارِغة، وَرُبَما يَتَسَرَّبُ إلى قَلْبِكَ عَدَمُ الثِقَة، وَلا تَشْعُرُ بأنَّ الحياةَ تُعَوِّضُكَ. إذا كانَ الأمْرُ كَذَلِك، فَلا تَخَفْ: التَطويباتُ هيَ لكَ، لكَ أنتَ الحَزينُ والجائِعُ والعَطْشانُ لِلعَدالة، والمُضْطَهَد. وَعَدَكَ الرَّبُّ أنَّ اسْمَكَ مَكْتُوبٌ في قَلْبِهِ في السَماوات! واليومَ أنا أَشْكُرُهُ مَعَكُم وَمِن أجلِكُم، لأنَّه هُنا، حَيْثُ نَشَأَتْ الحِكْمَةُ في القَديم، ظَهَرَ في هذهِ الأوْقات شُهُودٌ كَثيرون، غالِبًا مَا تَتَجَاهَلُهُم الأخْبارُ والإعلام، وَلَكِنَّهُم أعِزّاءُ في عَيْنَيْ الله. هَؤُلاءِ الشُهودُ الذينَ يَعيشونَ التَطويبات، هُم أعوانُ اللهِ يُساعِدونَهُ في تَحْقيقِ وَعْدِهِ بالسَّلام.

[00275-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0138-XX.02]