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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Iraq (5-8 marzo 2021) – Visita di cortesia al Grand Ayatollah Al-Sistani e Incontro Interreligioso ad Ur, 06.03.2021


Visita di cortesia al Grand Ayatollah Sayyd Ali Al-Husayni Al-Sistani a Najaf

Incontro Interreligioso ad Ur

Visita di cortesia al Grand Ayatollah Sayyd Ali Al-Husayni Al-Sistani a Najaf

Questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Baghdad da dove, a bordo di un aereo dell’Iraqi Airways, è partito alla volta di Najaf.

Al Suo arrivo all’Aeroporto di Najaf, alle ore 8.20 locali (6.20 ora di Roma), il Papa è stato accolto in forma privata dal Governatore di Najaf. Quindi si è recato in auto alla Residenza del Grand Ayatollah Sayyd Ali Al-Husayni Al-Sistani, Leader della Comunità sciita irachena, per la Visita di Cortesia.

Papa Francesco è stato accolto all’ingresso della Residenza del Grand Ayatollah dal figlio Mohammed Rida che lo ha accompagnato nella sala dove ha avuto luogo il colloquio privato con il Grand Ayatollah Al-Sistani.

Al termine dell’incontro privato, dopo aver posato per la foto ufficiale, il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto di Najaf da dove, alle ore 10.30 locali (8.30 ora di Roma), è partito per Nassiriya.

Al Suo arrivo all’Aeroporto di Nassiriya, il Papa è stato accolto dall’Arcivescovo di Bassorah dei Caldei, S.E. Mons. Habib Hermiz Jajou Al Nawfali, dall’Esarca Patriarcale di Bassorah e Golfo, S.E. Mons. Firas Drdr, da alcune autorità civili e religiose e da due bambini che gli hanno recato un omaggio floreale. Quindi si è trasferito in auto ad Ur dei Caldei per l’incontro interreligioso.

[00289-IT.02]

Incontro Interreligioso ad Ur

Discorso del Santo Padre

Preghiera dei figli di Abramo

Alle ore 11.20 locali (9.20 ora di Roma), ha avuto luogo ad Ur l’Incontro Interreligioso.

Dopo il canto iniziale, il canto della lettura tratta dal Libro della Genesi e di un brano del Corano, due giovani hanno portato la loro testimonianza a cui hanno fatto seguito le testimonianze di una donna di religione sabea mandea e di un uomo di religione musulmana.

Quindi il Santo Padre Francesco ha pronunciato il Suo discorso. Al termine, dopo la preghiera dei figli di Abramo e il canto finale e dopo aver posato con i leader religiosi per la foto di gruppo, il Papa si è trasferito in auto all’Aeroporto di Nassiriya. Qui, dopo essersi congedato dall’Arcivescovo di Bassorah dei Caldei, S.E. Mons. Habib Hermiz Jajou Al Nawfali, dall’Esarca Patriarcale di Bassorah e Golfo, S.E. Mons. Firas Drdr, ha fatto rientro a Baghdad a bordo di un aereo delle linee Iraqi Airways.

Al Suo arrivo a Baghdad, il Papa si è trasferito in auto alla Nunziatura Apostolica.

Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell’Incontro Interreligioso e la Preghiera dei figli di Abramo recitata alla fine dell’incontro:

Discorso del Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle,

questo luogo benedetto ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse Abramo nostro padre, ci sembra di tornare a casa. Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio. Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle (cfr Gen 15,5). In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra.

1. Guardiamo il cielo. Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo. Noi, discendenza di Abramo e rappresentanti di diverse religioni, sentiamo di avere anzitutto questo ruolo: aiutare i nostri fratelli e sorelle a elevare lo sguardo e la preghiera al Cielo. Tutti ne abbiamo bisogno, perché non bastiamo a noi stessi. L’uomo non è onnipotente, da solo non ce la può fare. E se estromette Dio, finisce per adorare le cose terrene. Ma i beni del mondo, che a tanti fanno scordare Dio e gli altri, non sono il motivo del nostro viaggio sulla Terra. Alziamo gli occhi al Cielo per elevarci dalle bassezze della vanità; serviamo Dio, per uscire dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi, che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità.

Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio! Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose. Vorrei ricordare in particolare quella yazida, che ha pianto la morte di molti uomini e ha visto migliaia di donne, ragazze e bambini rapiti, venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e a conversioni forzate. Oggi preghiamo per quanti hanno subito tali sofferenze, per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro case. E preghiamo perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l’uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato.

Il terrorismo, quando ha invaso il nord di questo caro Paese, ha barbaramente distrutto parte del suo meraviglioso patrimonio religioso, tra cui chiese, monasteri e luoghi di culto di varie comunità. Ma anche in quel momento buio sono brillate delle stelle. Penso ai giovani volontari musulmani di Mosul, che hanno aiutato a risistemare chiese e monasteri, costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell’odio, e a cristiani e musulmani che oggi restaurano insieme moschee e chiese. Il professor Ali Thajeel ci ha anche raccontato il ritorno dei pellegrini in questa città. È importante peregrinare verso i luoghi sacri: è il segno più bello della nostalgia del Cielo sulla Terra. Perciò amare e custodire i luoghi sacri è una necessità esistenziale, nel ricordo del nostro padre Abramo, che in diversi posti innalzò verso il cielo altari al Signore (cfr Gen 12,7.8; 13,18; 22,9). Il grande patriarca ci aiuti a rendere i luoghi sacri di ciascuno oasi di pace e d’incontro per tutti! Egli, per la sua fedeltà a Dio, divenne benedizione per tutte le genti (cfr Gen 12,3); il nostro essere oggi qui sulle sue orme sia segno di benedizione e di speranza per l’Iraq, per il Medio Oriente e per il mondo intero. Il Cielo non si è stancato della Terra: Dio ama ogni popolo, ogni sua figlia e ogni suo figlio! Non stanchiamoci mai di guardare il cielo, di guardare queste stelle, le stesse che, a suo tempo, guardò il nostro padre Abramo.

2. Camminiamo sulla terra. Gli occhi al cielo non distolsero, ma incoraggiarono Abramo a camminare sulla terra, a intraprendere un viaggio che, attraverso la sua discendenza, avrebbe toccato ogni secolo e latitudine. Ma tutto cominciò da qui, dal Signore che “lo fece uscire da Ur” (cfr Gen 15,7). Il suo fu dunque un cammino in uscita, che comportò sacrifici: dovette lasciare terra, casa e parentela. Ma, rinunciando alla sua famiglia, divenne padre di una famiglia di popoli. Anche a noi succede qualcosa di simile: nel cammino, siamo chiamati a lasciare quei legami e attaccamenti che, chiudendoci nei nostri gruppi, ci impediscono di accogliere l’amore sconfinato di Dio e di vedere negli altri dei fratelli. Sì, abbiamo bisogno di uscire da noi stessi, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri. La pandemia ci ha fatto comprendere che «nessuno si salva da solo» (Lett. enc. Fratelli tutti, 54). Eppure ritorna sempre la tentazione di prendere le distanze dagli altri. Ma «il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia» (ibid., 36). Nelle tempeste che stiamo attraversando non ci salverà l’isolamento, non ci salveranno la corsa a rafforzare gli armamenti e ad erigere muri, che anzi ci renderanno sempre più distanti e arrabbiati. Non ci salverà l’idolatria del denaro, che rinchiude in sé stessi e provoca voragini di disuguaglianza in cui l’umanità sprofonda. Non ci salverà il consumismo, che anestetizza la mente e paralizza il cuore.

La via che il Cielo indica al nostro cammino è un’altra, è la via della pace. Essa chiede, soprattutto nella tempesta, di remare insieme dalla stessa parte. È indegno che, mentre siamo tutti provati dalla crisi pandemica, e specialmente qui dove i conflitti hanno causato tanta miseria, qualcuno pensi avidamente ai propri affari. Non ci sarà pace senza condivisione e accoglienza, senza una giustizia che assicuri equità e promozione per tutti, a cominciare dai più deboli. Non ci sarà pace senza popoli che tendono la mano ad altri popoli. Non ci sarà pace finché gli altri saranno un loro e non un noi. Non ci sarà pace finché le alleanze saranno contro qualcuno, perché le alleanze degli uni contro gli altri aumentano solo le divisioni. La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità. Chiediamolo nella preghiera per tutto il Medio Oriente, penso in particolare alla vicina, martoriata Siria.

Il patriarca Abramo, che oggi ci raduna in unità, fu profeta dell’Altissimo. Un’antica profezia dice che i popoli «spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci» (Is 2,4). Questa profezia non si è realizzata, anzi spade e lance sono diventate missili e bombe. Da dove può cominciare allora il cammino della pace? Dalla rinuncia ad avere nemici. Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare, che sta alla porta del cuore e bussa per entrare: è l’inimicizia. Mentre alcuni cercano di avere nemici più che di essere amici, mentre tanti cercano il proprio utile a discapito di altri, chi guarda le stelle delle promesse, chi segue le vie di Dio non può essere contro qualcuno, ma per tutti. Non può giustificare alcuna forma di imposizione, oppressione e prevaricazione, non può atteggiarsi in modo aggressivo.

Cari amici, tutto ciò è possibile? Il padre Abramo, egli che seppe sperare contro ogni speranza (cfr Rm 4,18) ci incoraggia. Nella storia abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio. Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa.

Il cammino di Abramo fu una benedizione di pace. Ma non fu facile: egli dovette affrontare lotte e imprevisti. Anche noi abbiamo davanti un cammino accidentato, ma abbiamo bisogno, come il grande patriarca, di fare passi concreti, di peregrinare alla scoperta del volto dell’altro, di condividere memorie, sguardi e silenzi, storie ed esperienze. Mi ha colpito la testimonianza di Dawood e Hasan, un cristiano e un musulmano che, senza farsi scoraggiare dalle differenze, hanno studiato e lavorato insieme. Insieme hanno costruito il futuro e si sono scoperti fratelli. Anche noi, per andare avanti, abbiamo bisogno di fare insieme qualcosa di buono e di concreto. Questa è la via, soprattutto per i giovani, che non possono vedere i loro sogni stroncati dai conflitti del passato! È urgente educarli alla fraternità, educarli a guardare le stelle. È una vera e propria emergenza; sarà il vaccino più efficace per un domani di pace. Perché siete voi, cari giovani, il nostro presente e il nostro futuro!

Solo con gli altri si possono sanare le ferite del passato. La signora Rafah ci ha raccontato l’eroico esempio di Najy, della comunità sabeana mandeana, che perse la vita nel tentativo di salvare la famiglia del suo vicino musulmano. Quanta gente qui, nel silenzio e nel disinteresse del mondo, ha avviato cammini di fraternità! Rafah ci ha raccontato pure le indicibili sofferenze della guerra, che ha costretto molti ad abbandonare casa e patria in cerca di un futuro per i loro figli. Grazie, Rafah, per aver condiviso con noi la ferma volontà di restare qui, nella terra dei tuoi padri. Quanti non ci sono riusciti e hanno dovuto fuggire, trovino un’accoglienza benevola, degna di persone vulnerabili e ferite.

Fu proprio attraverso l’ospitalità, tratto distintivo di queste terre, che Abramo ricevette la visita di Dio e il dono ormai insperato di un figlio (cfr Gen 18,1-10). Noi, fratelli e sorelle di diverse religioni, ci siamo trovati qui, a casa, e da qui, insieme, vogliamo impegnarci perché si realizzi il sogno di Dio: che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra.

[00273-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs,

Ce lieu béni nous reporte aux origines, aux sources de l’œuvre de Dieu, à la naissance de nos religions. Ici, où vécut Abraham, notre père, il nous semble revenir à la maison. C’est ici qu’il entendit l’appel de Dieu, d’ici il partit pour un voyage qui devait changer l’histoire.Nous sommes le fruit de cet appel et de ce voyage.Dieu demanda à Abraham de lever les yeux vers le ciel et d’y compter les étoiles (cf Gn 15, 5). Dans ces étoiles, il vit la promesse de sa postérité, il nous vit.Et aujourd’hui, nous, juifs, chrétiens et musulmans, avec nos frères et sœurs d’autres religions, nous honorons notre père Abraham en faisant comme lui: nous regardons le ciel et nous marchons sur la terre.

1. Nous regardons le ciel. En contemplant, après des millénaires, le même ciel, les mêmes étoiles apparaissent. Elles illuminent les nuits les plus obscures parce qu’elles brillent ensemble. Le ciel nous livre ainsi un message d’unité: le Très-Haut au-dessus de nous nous invite à ne jamais nous séparer du frère qui est à côté de nous. L’Au-delà de Dieu nous renvoie à l’autre du frère.Mais si nous voulons préserver la fraternité, nous ne devons pas perdre de vue le ciel.Nous, descendance d’Abraham et représentants de diverses religions, nous sentons avoir avant tout ce rôle: aider nos frères et sœurs à élever le regard et la prière vers le ciel.Nous en avons tous besoin parce que nous ne nous suffisons pas à nous-mêmes.L’homme n’est pas tout-puissant, il ne peut pas s’en sortir tout seul.Et s’il expulse Dieu, il finit par adorer les choses terrestres.Mais les biens du monde, qui font que beaucoup oublient Dieu et les autres, ne sont pas le motif de notre voyage sur la Terre. Nous levons les yeux vers le ciel pour nous élever des bassesses de la vanité; nous servons Dieu afin de sortir de l’esclavage du moi, parce que Dieu nous pousse à aimer. Voici la vraie religiosité: adorer Dieu et aimer le prochain. Dans le monde d’aujourd’hui, qui oublie souvent le Très-Haut ou en présente une image déformée, les croyants sont appelés à témoigner de sa bonté, à montrer sa paternité à travers leur fraternité.

De ce lieu source de foi, de la terre de notre père Abraham, nous affirmons que Dieu est miséricordieux et que l’offense la plus blasphématoire est de profaner son nom en haïssant le frère.Hostilité, extrémisme et violence ne naissent pas d’une âme religieuse: ce sont des trahisons de la religion.Et nous, croyants, nous ne pouvons pas nous taire lorsque le terrorisme abuse de la religion.Au contraire, c’est à nous de dissiper avec clarté les malentendus.Ne permettons pas que la lumière du Ciel soit couverte par les nuages de la haine ! Au-dessus de ce pays, se sont accumulés les sombres nuages du terrorisme, de la guerre et de la violence.Toutes les communautés ethniques et religieuses en ont souffert.Je voudrais rappeler en particulier la communauté yézidie, qui a pleuré la mort de nombreux hommes et a vu des milliers de femmes, de jeunes filles et d’enfants enlevés, vendus comme esclaves et soumis à des violences physiques et à des conversions forcées. Aujourd’hui nous prions pour tous ceux qui ont subi de telles souffrances, pour tous ceux qui sont encore dispersés et séquestrés, afin qu’ils puissent vite revenir chez eux. Et nous prions pour que la liberté de conscience et la liberté religieuse soient respectées et reconnues partout: ce sont des droits fondamentaux parce qu’ils rendent l’homme libre de contempler le Ciel pour lequel il a été créé.

Le terrorisme, quand il a envahi le nord de ce cher pays, a détruit de façon barbare une partie de son merveilleux patrimoine religieux, dont des églises, des monastères et des lieux de culte de diverses communautés. Mais, même durant ce moment sombre, des étoiles ont brillé. Je pense aux jeunes volontaires musulmans de Mossoul qui ont aidé à réaménager des églises et des monastères en construisant des amitiés fraternelles sur les décombres de la haine, et aux chrétiens et musulmans qui ensemble restaurent aujourd’hui des mosquées et des églises.Le professeur Ali Thajeel nous a aussi raconté le retour des pèlerins dans cette ville.Il est important de pérégriner vers les lieux sacrés: c’est le plus beau signe de la nostalgie du Ciel sur la Terre.C’est pourquoi aimer et préserver les lieux sacrés est une nécessité existentielle, en souvenir de notre père Abraham qui, en divers endroits, éleva vers le ciel des autels au Seigneur (cf Gn 12, 7.8;13, 18;22, 9). Que le grand patriarche nous aide à faire, des lieux sacrés de chacun, des oasis de paix et de rencontre pour tous !Par sa fidélité à Dieu, il devint une bénédiction pour toutes les nations (cf. Gn 12, 3); que notre présence ici aujourd’hui sur ses traces soit un signe de bénédiction et d’espérance pour l’Irak, pour le Moyen-Orient et pour le monde entier. Le Ciel ne s’est pas lassé de la Terre: Dieu aime chaque peuple, chacune de ses filles et chacun de ses fils! Ne nous lassons jamais de regarder le ciel, de regarder ces étoiles, les mêmes que, en son temps, notre père Abraham regarda.

2. Nous marchons sur la terre.Les yeux levés au ciel ne détournèrent pas, mais encouragèrent Abraham à marcher sur la terre, à entreprendre un voyage qui, à travers sa descendance, devait toucher chaque siècle et chaque latitude. Mais tout commença ici, avec le Seigneur qui “le fit sortir d’Ur” (cf. Gn 15, 7). Son chemin fut donc un chemin en sortie, qui exigea des sacrifices : il dut laisser terre, maison et parenté. Mais, en renonçant à sa famille, il devint père d’une famille de peuples. Il nous arrive aussi quelque chose de semblable : en chemin, nous sommes appelés à laisser ces liens et ces attachements qui, en nous enfermant dans nos groupes, nous empêchent d’accueillir l’amour infini de Dieu et de voir dans les autres des frères. Oui, nous avons besoin de sortir de nous-mêmes, parce que nous avons besoin les uns des autres. La pandémie nous a fait comprendre que «personne ne se sauve tout seul» (Lett. enc. Fratelli tutti, n. 54). Pourtant, la tentation de prendre des distances par rapport aux autres revient souvent. Mais «le “sauve qui peut” deviendra vite “tous contre tous”, et ceci sera pire qu’une pandémie» (ibid., n. 36). Dans les tempêtes que nous sommes en train de traverser, l’isolement ne nous sauvera pas, la course pour renforcer les armements et pour ériger des murs, qui nous rendront au contraire toujours plus distants et fâchés, ne nous sauvera pas. L’idolâtrie de l’argent, qui enferme sur soi et provoque des gouffres d’inégalités dans lesquelles l’humanité s’enfonce, ne nous sauvera pas. Le consumérisme, qui anesthésie l’esprit et paralyse le cœur ne nous sauvera pas.

La voie que le Ciel indique à notre marche est autre, c’est la voie de la paix.Elle demande, surtout dans la tempête, de ramer ensemble du même côté.Il est indigne, alors que nous sommes tous éprouvés par la crise pandémique, et surtout ici où les conflits ont causé tant de misère, que l’on pense avidement à ses propres affaires.Il n’y aura pas de paix sans partage et accueil, sans une justice qui assure équité et promotion pour tous, à commencer par les plus faibles.Il n’y aura pas de paix sans des peuples qui tendent la main à d’autres peuples.Il n’y aura pas de paix tant que les autres seront un eux et non un nous. Il n’y aura pas de paix tant que les alliances seront contre quelqu’un, parce que les alliances des uns contre les autres augmentent seulement les divisions. La paix n’exige ni vainqueurs ni vaincus, mais des frères et des sœurs qui, malgré les incompréhensions et les blessures du passé, cheminent du conflit à l’unité. Demandons-le dans la prière pour tout le Moyen-Orient, je pense en particulier à la Syrie voisine, martyrisée.

Le patriarche Abraham, qui nous rassemble aujourd’hui dans l’unité, fut un prophète du Très-Haut.Une ancienne prophétie dit que les peuples, « de leurs épées, forgeront des socs, et de leurs lances, des faucilles » (Is 2, 4). Cette prophétie ne s’est pas réalisée; au contraire épées et lances sont devenues missiles et bombes.D’où le chemin de la paix peut-il alors commencer?Du renoncement à avoir des ennemis.Celui qui a le courage de regarder les étoiles, celui qui croit en Dieu, n’a pas d’ennemis à combattre.Il a un seul ennemi à affronter, qui se tient à la porte du cœur et frappe pour entrer: c’est l’inimitié.Tandis que certains cherchent à avoir des ennemis plus qu’à être amis, tandis que beaucoup cherchent leur propre bénéfice au détriment des autres, celui qui regarde les étoiles des promesses, celui qui suit les voies de Dieu ne peut pas être contre quelqu’un, mais pour tous.Il ne peut justifier aucune forme d’imposition, d’oppression et de prévarication, il ne peut pas se comporter de manière agressive.

Chers amis, tout cela est-il possible? Le père Abraham, qui a su espérer contre toute espérance (cf. Rm 4, 18) nous encourage. Au cours de l’histoire, nous avons souvent poursuivi des buts trop terrestres et nous avons cheminé chacun pour son propre compte; mais avec l’aide de Dieu nous pouvons changer en mieux. Il nous revient, humanité d’aujourd’hui, et surtout à nous, croyants de toute religion, de convertir les instruments de haine en instruments de paix. Il nous revient d’exhorter avec force les responsables des nations afin que la prolifération croissante des armes cède le pas à la distribution de nourriture pour tous. Il nous revient de réduire au silence les accusations réciproques pour donner une voix au cri des opprimés et des rejetés sur la planète: trop sont privés de pain, de médicaments, d’instruction, de droit et de dignité! Il nous revient de mettre en lumière les manœuvres douteuses qui tournent autour de l’argent et de demander avec force que l’argent ne finisse pas toujours et seulement par alimenter le confort effréné de quelques-uns.Il nous revient de protéger la maison commune de nos intentions prédatrices.Il nous revient de rappeler au monde que la vie humaine vaut pour ce qu’elle est et non pour ce qu’elle a, et que les vies des enfants à naître, des personnes âgées, des migrants, des hommes et des femmes de toutes couleurs et nationalités sont toujours sacrées et comptent comme celles de chacun !Il nous revient d’avoir le courage de lever les yeux et de regarder les étoiles, les étoiles que notre père Abraham a vues, les étoiles de la promesse.

Le chemin d’Abraham fut une bénédiction de paix.Mais ce ne fut pas facile: il dut affronter des luttes et des imprévus.Nous aussi, nous avons devant nous un chemin accidenté, mais nous avons besoin, comme le grand patriarche, de faire des pas concrets, de pérégriner à la découverte du visage de l’autre, de partager des souvenirs, des regards et des silences, des histoires et des expériences.J’ai été frappé par le témoignage de Dawood et de Hasan, un chrétien et un musulman qui, sans se laisser décourager par les différences, ont étudié et travaillé ensemble.Ensemble, ils ont construit l’avenir et ils se sont découverts frères. Nous aussi, pour aller de l’avant, nous avons besoin de faire ensemble quelque chose de bon et de concret. Telle est la voie, surtout pour les jeunes qui ne peuvent voir leurs rêves anéantis par les conflits du passé! Il est urgent de les éduquer à la fraternité, de les éduquer à regarder les étoiles.C’est une véritable urgence;ce sera le vaccin le plus efficace pour un lendemain de paix. Parce que vous êtes, vous chers jeunes, notre présent et notre avenir !

C’est seulement avec les autres qu’on peut soigner les blessures du passé. Madame Rafah nous a raconté l’exemple héroïque de Najy, de la communauté sabéenne mandéenne, qui a perdu la vie en essayant de sauver la famille de son voisin musulman. Combien de personnes ici, dans le silence et dans le désintérêt du monde, ont entamé des chemins de fraternité! Rafah nous a aussi raconté les souffrances indicibles de la guerre qui a contraint de nombreuses personnes à abandonner leur maison et leur patrie à la recherche d’un avenir pour leurs enfants.Merci, Rafah, d’avoir partagé avec nous ta ferme volonté de rester ici, sur la terre de tes pères.Que ceux qui n’y sont pas parvenus et ont dû fuir trouvent un accueil bienveillant, digne de personnes vulnérables et blessées.

Ce fut précisément à travers l’hospitalité, trait distinctif de ces terres, que Abraham reçut la visite de Dieu et le don désormais inespéré d’un fils (cf. Gn 18, 1-10). Nous, frères et sœurs de diverses religions, nous nous sommes retrouvés ici, à la maison, et d’ici, ensemble, nous voulons nous engager afin que se réalise le rêve de Dieu: que la famille humaine devienne hospitalière et accueillante envers tous ses fils; qu’en regardant le même ciel, elle chemine dans la paix sur la même terre.

[00273-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters,

This blessed place brings us back to our origins, to the sources of God’s work, to the birth of our religions. Here, where Abraham our father lived, we seem to have returned home. It was here that Abraham heard God’s call; it was from here that he set out on a journey that would change history. We are the fruits of that call and that journey. God asked Abraham to raise his eyes to heaven and to count its stars (cf. Gen 15:5). In those stars, he saw the promise of his descendants; he saw us. Today we, Jews, Christians and Muslims, together with our brothers and sisters of other religions, honour our father Abraham by doing as he did: we look up to heaven and we journey on earth.

1. We look up to heaven. Thousands of years later, as we look up to the same sky, those same stars appear. They illumine the darkest nights because they shine together. Heaven thus imparts a message of unity: the Almighty above invites us never to separate ourselves from our neighbours. The otherness of God points us towards others, towards our brothers and sisters. Yet if we want to preserve fraternity, we must not lose sight of heaven. May we – the descendants of Abraham and the representatives of different religions – sense that, above all, we have this role: to help our brothers and sisters to raise their eyes and prayers to heaven. We all need this because we are not self-sufficient. Man is not omnipotent; we cannot make it on our own. If we exclude God, we end up worshiping the things of this earth. Worldly goods, which lead so many people to be unconcerned with God and others, are not the reason why we journey on earth. We raise our eyes to heaven in order to raise ourselves from the depths of our vanity; we serve God in order to be set free from enslavement to our egos, because God urges us to love. This is true religiosity: to worship God and to love our neighbour. In today’s world, which often forgets or presents distorted images of the Most High, believers are called to bear witness to his goodness, to show his paternity through our fraternity.

From this place, where faith was born, from the land of our father Abraham, let us affirm that God is merciful and that the greatest blasphemy is to profane his name by hating our brothers and sisters. Hostility, extremism and violence are not born of a religious heart: they are betrayals of religion. We believers cannot be silent when terrorism abuses religion; indeed, we are called unambiguously to dispel all misunderstandings. Let us not allow the light of heaven to be overshadowed by the clouds of hatred! Dark clouds of terrorism, war and violence have gathered over this country. All its ethnic and religious communities have suffered. In particular, I would like to mention the Yazidi community, which has mourned the deaths of many men and witnessed thousands of women, girls and children kidnapped, sold as slaves, subjected to physical violence and forced conversions. Today, let us pray for those who have endured these sufferings, for those who are still dispersed and abducted, that they may soon return home. And let us pray that freedom of conscience and freedom of religion will everywhere be recognized and respected; these are fundamental rights, because they make us free to contemplate the heaven for which we were created.

When terrorism invaded the north of this beloved country, it wantonly destroyed part of its magnificent religious heritage, including the churches, monasteries and places of worship of various communities. Yet, even at that dark time, some stars kept shining. I think of the young Muslim volunteers of Mosul, who helped to repair churches and monasteries, building fraternal friendships on the rubble of hatred, and those Christians and Muslims who today are restoring mosques and churches together. Professor Ali Thajeel spoke too of the return of pilgrims to this city. It is important to make pilgrimages to holy places, for it is the most beautiful sign on earth of our yearning for heaven. To love and protect holy places, therefore, is an existential necessity, in memory of our father Abraham, who in various places raised to heaven altars of the Lord (cf. Gen 12:7.8; 13:18; 22:9). May the great Patriarch help us to make our respective sacred places oases of peace and encounter for all! By his fidelity to God, Abraham became a blessing for all peoples (cf. Gen 12:3); may our presence here today, in his footsteps, be a sign of blessing and hope for Iraq, for the Middle East and for the whole world. Heaven has not grown weary of the earth: God loves every people, every one of his daughters and sons! Let us never tire of looking up to heaven, of looking up to those same stars that, in his day, our father Abraham contemplated.

2. We journey on earth. For Abraham, looking up to heaven, rather than being a distraction, was an incentive to journey on earth, to set out on a path that, through his descendants, would lead to every time and place. It all started from here, with the Lord who brought him forth from Ur (cf. Gen 15:7). His was a journey outwards, one that involved sacrifices. Abraham had to leave his land, home and family. Yet by giving up his own family, he became the father of a family of peoples. Something similar also happens to us: on our own journey, we are called to leave behind those ties and attachments that, by keeping us enclosed in our own groups, prevent us from welcoming God’s boundless love and from seeing others as our brothers and sisters. We need to move beyond ourselves, because we need one another. The pandemic has made us realize that “no one is saved alone” (Fratelli Tutti, 54). Still, the temptation to withdraw from others is never-ending, yet at the same time we know that “the notion of ‘every man for himself’ will rapidly degenerate into a free-for-all that would prove worse than any pandemic” (ibid., 36). Amid the tempests we are currently experiencing, such isolation will not save us. Nor will an arms race or the erection of walls that will only make us all the more distant and aggressive. Nor the idolatry of money, for it closes us in on ourselves and creates chasms of inequality that engulf humanity. Nor can we be saved by consumerism, which numbs the mind and deadens the heart.

The way that heaven points out for our journey is another: the way of peace. It demands, especially amid the tempest, that we row together on the same side. It is shameful that, while all of us have suffered from the crisis of the pandemic, especially here, where conflicts have caused so much suffering, anyone should be concerned simply for his own affairs. There will be no peace without sharing and acceptance, without a justice that ensures equity and advancement for all, beginning with those most vulnerable. There will be no peace unless peoples extend a hand to other peoples. There will be no peace as long as we see others as them and not us. There will be no peace as long as our alliances are against others, for alliances of some against others only increase divisions. Peace does not demand winners or losers, but rather brothers and sisters who, for all the misunderstandings and hurts of the past, are journeying from conflict to unity. Let us ask for this in praying for the whole Middle East. Here I think especially of neighbouring war-torn Syria.

The Patriarch Abraham, who today brings us together in unity, was a prophet of the Most High. An ancient prophecy says that the peoples “shall beat their swords into ploughshares, and their spears into pruning hooks” (Is 2:4). This prophecy has not been fulfilled; on the contrary, swords and spears have turned into missiles and bombs. From where, then, can the journey of peace begin? From the decision not to have enemies. Anyone with the courage to look at the stars, anyone who believes in God, has no enemies to fight. He or she has only one enemy to face, an enemy that stands at the door of the heart and knocks to enter. That enemy is hatred. While some try to have enemies more than to be friends, while many seek their own profit at the expense of others, those who look at the stars of the promise, those who follow the ways of God, cannot be against someone, but for everyone. They cannot justify any form of imposition, oppression and abuse of power; they cannot adopt an attitude of belligerence.

Dear friends, is all this possible? Father Abraham, who was able to hope against all hope (cf. Rom 4:18), encourages us. Throughout history, we have frequently pursued goals that are overly worldly and journeyed on our own, but with the help of God, we can change for the better. It is up to us, today’s humanity, especially those of us, believers of all religions, to turn instruments of hatred into instruments of peace. It is up to us to appeal firmly to the leaders of nations to make the increasing proliferation of arms give way to the distribution of food for all. It is up to us to silence mutual accusations in order to make heard the cry of the oppressed and discarded in our world: all too many people lack food, medicine, education, rights and dignity! It is up to us to shed light on the shady maneuvers that revolve around money and to demand that money not end up always and only reinforcing the unbridled luxury of a few. It is up to us preserve our common home from our predatory aims. It is up to us to remind the world that human life has value for what it is and not for what it has. That the lives of the unborn, the elderly, migrants and men and women, whatever the colour of their skin or their nationality, are always sacred and count as much as the lives of everyone else! It is up to us to have the courage to lift up our eyes and look at the stars, the stars that our father Abraham saw, the stars of the promise.

The journey of Abraham was a blessing of peace. Yet it was not easy: he had to face struggles and unforeseen events. We too have a rough journey ahead, but like the great Patriarch, we need to take concrete steps, to set out and seek the face of others, to share memories, gazes and silences, stories and experiences. I was struck by the testimony of Dawood and Hasan, a Christian and a Muslim who, undaunted by the differences between them, studied and worked together. Together they built the future and realized that they are brothers. In order to move forward, we too need to achieve something good and concrete together. This is the way, especially for young people, who must not see their dreams cut short by the conflicts of the past! It is urgent to teach them fraternity, to teach them to look at the stars. This is a real emergency; it will be the most effective vaccine for a future of peace. For you, dear young people, are our present and our future!

Only with others can the wounds of the past be healed. Rafah told us of the heroic example of Najy, from the Sabean Mandean community, who lost his life in an attempt to save the family of his Muslim neighbour. How many people here, amid the silence and indifference of the world, have embarked upon journeys of fraternity! Rafah also told us of the unspeakable sufferings of the war that forced many to abandon home and country in search of a future for their children. Thank you, Rafah, for having shared with us your firm determination to stay here, in the land of your fathers. May those who were unable to do so, and had to flee, find a kindly welcome, befitting those who are vulnerable and suffering.

It was precisely through hospitality, a distinctive feature of these lands, that Abraham was visited by God and given the gift of a son, when it seemed that all hope was past (cf. Gen 18:1-10). Brothers and sisters of different religions, here we find ourselves at home, and from here, together, we wish to commit ourselves to fulfilling God’s dream that the human family may become hospitable and welcoming to all his children; that looking up to the same heaven, it will journey in peace on the same earth.

[00273-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

dieser gesegnete Ort führt uns zurück zu den Anfängen, zu den Quellen des göttlichen Werkes, zum Ursprung unserer Religionen. Hier, wo unser Vater Abraham lebte, scheint es uns, als würden wir nach Hause zurückkehren. Hier hörte er den Ruf Gottes, von hier aus brach er zu einer Reise auf, die die Geschichte verändern sollte. Wir sind die Frucht dieses Rufs und dieser Reise. Gott forderte Abraham auf, zum Himmel hinaufzusehen und die Sterne zu zählen (vgl. Gen 15,5). In diesen Sternen sah er die Verheißung seiner Nachkommenschaft, sah er uns. Und heute ehren wir – Juden, Christen und Muslime – gemeinsam mit den Brüdern und Schwestern anderer Religionen unseren Vater Abraham, indem wir es ihm gleichtun: Wir sehen zum Himmel hinauf und gehen unseren Weg auf Erden.

1. Wir sehen zum Himmel hinauf. Wenn wir nach tausenden Jahren den gleichen Himmel betrachten, erscheinen dieselben Sterne. Sie erhellen die dunkelsten Nächte, weil sie gemeinsam leuchten. Auf diese Weise gibt uns der Himmel eine Botschaft der Einheit: Der Allerhöchste über uns lädt uns ein, uns niemals von unserem Bruder, unserer Schwester neben uns zu trennen. Das „Über“ Gottes verweist uns auf das „Andere“ des Bruders, der Schwester. Wenn wir aber die Geschwisterlichkeit bewahren wollen, dürfen wir den Himmel nicht aus den Augen verlieren. Wir, Nachkommen Abrahams und Vertreter verschiedener Religionen, fühlen, vor allem diese Aufgabe zu haben: unseren Brüdern und Schwestern zu helfen, ihren Blick und ihr Gebet zum Himmel zu erheben. Wir alle benötigen das, denn nur wir selbst genügen nicht. Der Mensch ist nicht allmächtig, allein kann er es nicht schaffen. Und wenn er Gott ausschließt, betet er am Ende irdische Dinge an. Aber die Güter der Welt, welche viele Gott und die anderen vergessen lassen, sind nicht der Grund für unsere irdische Reise. Wir richten unseren Blick zum Himmel, um uns aus den Niederungen der Eitelkeit zu erheben; wir dienen Gott, um aus der Sklaverei des Ichs herauszukommen, denn Gott drängt uns zur Liebe. Das ist wahre Religiosität: Gott anbeten und den Nächsten lieben. In der Welt von heute, die den Allerhöchsten oft vergisst oder ein verzerrtes Bild von ihm bietet, sind die Gläubigen aufgerufen, seine Güte zu bezeugen und seine Väterlichkeit durch die Geschwisterlichkeit sichtbar zu machen.

Von diesem Quellort des Glaubens aus, vom Land unseres Vaters Abraham aus bekräftigen wir: Gott ist barmherzig und die größte Beleidigung und Lästerung ist es, seinen Namen zu entweihen, indem man den Bruder oder die Schwester hasst. Feindseligkeit, Extremismus und Gewalt entspringen nicht einer religiösen Seele – sie sind Verrat an der Religion. Und wir Gläubigen dürfen nicht schweigen, wenn der Terrorismus die Religion missbraucht. Im Gegenteil, es liegt an uns, Missverständnisse durch Klarheit aufzulösen. Lassen wir nicht zu, dass das Licht des Himmels von den Wolken des Hasses verdeckt wird! Über diesem Land brauten sich die dunklen Wolken des Terrorismus, des Krieges und der Gewalt zusammen. Alle ethnischen und religiösen Gemeinschaften haben darunter gelitten. Ich möchte insbesondere an die jesidische Gemeinschaft erinnern, die den Tod vieler Männer zu beklagen hatte und mit ansehen musste, wie tausende Frauen, Mädchen und Kinder entführt, als Sklaven verkauft sowie körperlicher Gewalt und Zwangskonvertierungen unterworfen wurden. Heute beten wir für alle, die solche Leiden erfahren haben, für alle, die immer noch vermisst und entführt sind, dass sie bald nach Hause zurückkehren. Und wir beten dafür, dass die Gewissensfreiheit und die Religionsfreiheit überall respektiert und anerkannt werden: Dies sind Grundrechte, denn sie machen den Menschen frei, den Himmel zu betrachten, für den er geschaffen wurde.

Als der Terrorismus im Norden dieses werten Landes wütete, zerstörte er auf barbarische Weise einen Teil des wunderbaren religiösen Erbes, darunter Kirchen, Klöster und Gebetsstätten verschiedener Gemeinschaften. Aber selbst in diesem dunklen Moment leuchteten Sterne. Ich denke an die jungen muslimischen Freiwilligen von Mosul, die bei der Wiederinstandsetzung von Kirchen und Klöstern geholfen und so auf den Trümmern des Hasses brüderliche Freundschaften aufgebaut haben, und an die Christen und Muslime, die heute gemeinsam Moscheen und Kirchen restaurieren. Professor Ali Thajeel hat uns auch von der Rückkehr der Pilger in diese Stadt erzählt. Es ist wichtig, zu den heiligen Orten zu pilgern: Es ist das schönste Zeichen der Sehnsucht nach dem Himmel auf Erden. Die heiligen Stätten zu lieben und zu hüten ist daher eine existenzielle Notwendigkeit im Gedenken an unseren Vater Abraham, der an verschiedenen Orten Altäre für den Herrn gen Himmel errichtete (vgl. Gen 12,7.8; 13,18; 22,9). Der große Patriarch helfe uns, die heiligen Orte eines jeden zu einer Oase des Friedens und der Begegnung für alle zu machen! Durch seine Treue zu Gott wurde er zum Segen für alle Völker (vgl. Gen 12,3); dass wir uns heute hier auf seinen Spuren befinden, dies möge ein Zeichen des Segens und der Hoffnung sein für den Irak, für den Nahen Osten und für die ganze Welt. Der Himmel ist der Erde nicht müde geworden: Gott liebt jedes Volk, jede seiner Töchter und jeden seiner Söhne! Lasst uns nie müde werden, zum Himmel hinaufzusehen, diese Sterne zu betrachten, dieselben Sterne, die schon unser Vater Abraham zu seiner Zeit betrachtete.

2. Wir gehen unseren Weg auf Erden. Der Blick zum Himmel lenkte Abraham nicht davon ab, sondern ermutigte ihn, seinen Weg auf Erden zu gehen, sich auf eine Reise zu begeben, die durch seine Nachkommen alle Jahrhunderte und Orte umfassen sollte. Doch alles begann hier, mit dem Herrn, der ihn »aus Ur […] herausgeführt hat« (Gen 15,7). Seine Reise war also ein Aufbruch, der mit Opfern verbunden war: Er musste Land, Haus und Familie verlassen. Indem er aber seine Familie aufgab, wurde er zum Vater einer Familie von Völkern. Etwas Ähnliches geschieht auch mit uns: Auf unserem Weg sind wir aufgerufen, die Bindungen und Formen von Anhänglichkeit hinter uns zu lassen, die uns in unseren eigenen Gruppen einschließen und daran hindern, Gottes grenzenlose Liebe anzunehmen und in den anderen unsere Brüder und Schwestern zu sehen. Ja, wir müssen aus uns herausgehen, denn wir brauchen einander. Die Pandemie hat uns bewusstgemacht, dass »niemand sich allein rettet« (Enzyklika Fratelli tutti, 54). Die Versuchung, zu den anderen auf Abstand zu gehen, kommt jedoch immer wieder. »Das „Rette sich wer kann“ wird schnell zu einem „Alle gegen alle“, und das wird schlimmer als eine Pandemie sein« (ebd., 36). In den Stürmen, die wir gerade durchleben, wird uns die Abschottung nicht retten, ebenso wenig wie der Rüstungswettlauf und die Errichtung von Mauern; dies wird uns vielmehr immer weiter entfernen und mit Wut erfüllen. Es wird uns nicht die Vergötzung des Geldes retten, die uns verschließt und Abgründe der Ungleichheit hervorbringt, in welche die Menschheit versinkt. Es wird uns nicht der Konsumismus retten, der den Verstand betäubt und das Herz lähmt.

Der Weg, den der Himmel für unsere Reise angibt, ist ein anderer, nämlich der Weg des Friedens. Dieser erfordert, besonders im Sturm, dass wir auf der gleichen Seite gemeinsam rudern. Es ist unwürdig, dass jemand gierig an seine Geschäfte denkt, während wir alle von der Krise der Pandemie heimgesucht werden, speziell hier, wo Konflikte so viel Elend verursacht haben. Es wird keinen Frieden geben ohne Teilen und Aufnahme, ohne eine Gerechtigkeit, welche die Gleichheit und Förderung aller, angefangen bei den Schwächsten, gewährleistet. Es wird keinen Frieden geben ohne Völker, die anderen Völkern die Hand reichen. Es wird keinen Frieden geben, solange die anderen als sie bezeichnet werden und nicht als wir. Es wird keinen Frieden geben, solange Bündnisse gegen jemanden bestehen, denn Bündnisse der einen gegen die anderen verstärken nur die Spaltungen. Frieden erfordert weder Sieger noch Besiegte, sondern Brüder und Schwestern, die trotz der Missverständnisse und Wunden der Vergangenheit den Weg vom Konflikt zur Einheit gehen. Bitten wir darum im Gebet für den ganzen Nahen Osten, und ich denke dabei besonders an das gepeinigte Nachbarland Syrien.

Der Patriarch Abraham, der uns heute in Einheit versammelt, war Prophet des Allerhöchsten. Eine alte Prophezeiung sagt, die Völker werden »ihre Schwerter zu Pflugscharen umschmieden und ihre Lanzen zu Winzermessern« (Jes 2,4). Diese Prophezeiung hat sich nicht verwirklicht, aus Schwertern und Lanzen sind vielmehr Raketen und Bomben geworden. Wo kann dann der Weg des Friedens beginnen? Beim Verzicht, Feinde zu haben. Wer den Mut hat, die Sterne zu betrachten, wer an Gott glaubt, der hat keine Feinde, die er bekämpfen muss. Er hat nur einen Feind, dem er entgegentreten muss, der nämlich an der Tür seines Herzens steht und anklopft, um einzutreten: die Feindschaft. Während einige eher danach trachten, Feinde zu haben, als Freunde zu sein, während viele ihren eigenen Vorteil auf Kosten anderer suchen, kann derjenige, der die Sterne der Verheißungen betrachtet, der den Wegen Gottes folgt, nicht gegen jemanden sein, sondern nur für alle. Er kann keine Form von Zwang, Unterdrückung und Missbrauch rechtfertigen, er kann sich nicht auf aggressive Weise gebärden.

Liebe Freunde, ist all das möglich? Unser Vater Abraham, der gegen alle Hoffnung zu hoffen wusste (vgl. Röm 4,18), ermutigt uns. In der Geschichte haben wir oft allzu irdische Ziele verfolgt und sind jeder für sich eigene Wege gegangen, aber mit Gottes Hilfe können wir uns zum Besseren verändern. Es liegt an uns Menschen heute und vor allem an uns Gläubigen jeder Religion, die Werkzeuge des Hasses in Werkzeuge des Friedens zu verwandeln. Es liegt an uns, die Verantwortlichen der Nationen nachdrücklich aufzufordern, dass die zunehmende Verbreitung von Waffen der Verteilung von Nahrung für alle weicht. Es liegt an uns, die gegenseitigen Beschuldigungen zum Schweigen zu bringen, um dem Schrei der Unterdrückten und Ausgestoßenen auf dem Planeten eine Stimme zu geben: Zu viele sind ohne Brot, Medizin, Bildung, Rechte und Würde! Es liegt an uns, Licht in die zwielichtigen Machenschaften rund um das Geld zu bringen und mit Nachdruck einzufordern, dass das Geld nicht immer nur dem maßlosen Wohlstand einiger weniger dient. Es liegt an uns, das gemeinsame Haus vor unseren räuberischen Absichten zu schützen. Es liegt an uns, die Welt daran zu erinnern, dass das menschliche Leben das wert ist, was es ist, und nicht, was es hat, und dass das Leben der Ungeborenen, der alten Menschen, der Migranten, der Männer und Frauen jeder Hautfarbe und Nationalität immer heilig ist und wie das aller anderen zählt! Es liegt an uns, den Mut zu haben, den Blick zu erheben und die Sterne zu betrachten, die Sterne, die unser Vater Abraham gesehen hat, die Sterne der Verheißung.

Der Weg Abrahams war ein Segen voll Frieden. Aber es war nicht einfach: Er musste sich Auseinandersetzungen und unvorhergesehenen Ereignissen stellen. Auch wir haben einen holprigen Weg vor uns, aber wir müssen, wie der große Patriarch, konkrete Schritte tun, auf der Suche nach dem Gesicht des anderen unterwegs sein sowie Erinnerungen, Blicke und Schweigen, Geschichten und Erfahrungen teilen. Mich hat das Zeugnis von Dawood und Hasan, einem Christen und einem Muslim, berührt. Ohne sich von den Unterschieden entmutigen zu lassen, haben sie gemeinsam studiert und gearbeitet. Gemeinsam haben sie ihre Zukunft aufgebaut und entdeckt, dass sie Brüder sind. Um vorwärts zu gehen, müssen auch wir gemeinsam Gutes und Konkretes tun. Das ist der Weg, vor allem für die jungen Menschen. Es darf nicht sein, dass sie ihre Träume von den Konflikten der Vergangenheit zerstört sehen! Es ist dringend notwendig, sie zur Geschwisterlichkeit zu erziehen, sie dazu zu erziehen, die Sterne zu betrachten. Dies ist eine regelrechte Notwendigkeit; es wird der wirksamste Impfstoff für ein friedliches Morgen sein. Denn ihr, liebe junge Menschen, seid unsere Gegenwart und unsere Zukunft!

Nur mit den anderen kann man die Wunden der Vergangenheit heilen. Frau Rafah hat uns vom heldenhaften Beispiel von Najy aus der sabäisch-mandäischen Gemeinde erzählt, der sein Leben bei dem Versuch verlor, die Familie seines muslimischen Nachbarn zu retten. Wie viele Menschen haben hier, still und von der Welt unbeachtet, Wege der Geschwisterlichkeit begonnen! Rafah hat uns auch von dem unsagbaren Leid des Krieges erzählt, der viele gezwungen hat, auf der Suche nach einer Zukunft für ihre Kinder Haus und Heimat zu verlassen. Danke, Rafah, dass du uns an deinem festen Willen teilhaben lässt, hier im Land deiner Vorfahren zu bleiben. Mögen alle, denen dies nicht gelungen ist und die fliehen mussten, eine wohlwollende Aufnahme finden, welche verletzlichen und verwundeten Menschen würdig ist.

Gerade durch die Gastfreundschaft, ein charakteristisches Merkmal dieser Region, erhielt Abraham den Besuch Gottes und das schon nicht mehr erhoffte Geschenk eines Sohnes (vgl. Gen 18,1-10). Wir, Brüder und Schwestern verschiedener Religionen, haben uns hier – zu Hause – eingefunden, und von hier aus wollen wir uns gemeinsam für die Verwirklichung des Traumes Gottes einsetzen: dass die Menschheitsfamilie für alle ihre Kinder gastfreundlich und aufnahmebereit werde; dass wir mit dem Blick zum selben Himmel in Frieden unseren Weg auf der gleichen Erde gehen.

 

[00273-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Este lugar bendito nos remite a los orígenes, a las fuentes de la obra de Dios, al nacimiento de nuestras religiones. Aquí, donde vivió nuestro padre Abrahán, nos parece que volvemos a casa. Él escuchó aquí la llamada de Dios, desde aquí partió para un viaje que iba a cambiar la historia. Nosotros somos el fruto de esa llamada y de ese viaje. Dios le pidió a Abrahán que mirara el cielo y contara las estrellas (cf. Gen 15,5). En esas estrellas vio la promesa de su descendencia, nos vio a nosotros. Y hoy nosotros, judíos, cristianos y musulmanes, junto con los hermanos y las hermanas de otras religiones, honramos al padre Abrahán del mismo modo que él: miramos al cielo y caminamos en la tierra.

1. Miramos al cielo. Contemplando el mismo cielo después de milenios, aparecen las mismas estrellas. Estas iluminan las noches más oscuras porque brillan juntas. El cielo nos da así un mensaje de unidad: el Altísimo que está por encima de nosotros nos invita a no separarnos nunca del hermano que está junto a nosotros. El más allá de Dios nos remite al más acá del hermano. Pero si queremos mantener la fraternidad, no podemos perder de vista el Cielo. Nosotros, descendencia de Abrahán y representantes de distintas religiones, sentimos que tenemos sobre todo la función de ayudar a nuestros hermanos y hermanas a elevar la mirada y la oración al Cielo. Todos lo necesitamos, porque no nos bastamos a nosotros mismos. El hombre no es omnipotente, por sí solo no puede hacer nada. Y si elimina a Dios, acaba adorando a las cosas mundanas. Pero los bienes del mundo, que hacen que muchos se olviden de Dios y de los demás, no son el motivo de nuestro viaje en la tierra. Alzamos los ojos al Cielo para elevarnos de la bajeza de la vanidad; servimos a Dios para salir de la esclavitud del yo, porque Dios nos impulsa a amar. La verdadera religiosidad es adorar a Dios y amar al prójimo. En el mundo de hoy, que a menudo olvida al Altísimo y propone una imagen suya distorsionada, los creyentes están llamados a testimoniar su bondad, a mostrar su paternidad mediante la fraternidad.

Desde este lugar que es fuente de fe, desde la tierra de nuestro padre Abrahán, afirmamos que Dios es misericordioso y que la ofensa más blasfema es profanar su nombre odiando al hermano. Hostilidad, extremismo y violencia no nacen de un espíritu religioso; son traiciones a la religión. Y nosotros creyentes no podemos callar cuando el terrorismo abusa de la religión. Es más, nos corresponde a nosotros resolver con claridad los malentendidos. No permitamos que la luz del Cielo se ofusque con las nubes del odio. Sobre este país se cernieron las nubes oscuras del terrorismo, de la guerra y de la violencia. Todas las comunidades étnicas y religiosas sufrieron. Quisiera recordar en particular a la comunidad yazidí, que ha llorado la muerte de muchos hombres y ha visto a miles de mujeres, jóvenes y niños raptados, vendidos como esclavos y sometidos a violencias físicas y a conversiones forzadas. Hoy rezamos por todos los que han padecido semejantes sufrimientos y por los que todavía se encuentran desaparecidos y secuestrados, para que pronto regresen a sus hogares. Y rezamos para que en todas partes se respete la libertad de conciencia y la libertad religiosa; que son derechos fundamentales, porque hacen al hombre libre de contemplar el Cielo para el que ha sido creado.

El terrorismo, cuando invadió el norte de este querido país, destruyó de manera brutal parte de su maravilloso patrimonio religioso, incluyendo iglesias, monasterios y lugares de culto de diversas comunidades. Sin embargo, incluso en ese momento oscuro brillaron las estrellas. Pienso en los jóvenes voluntarios musulmanes de Mosul, que ayudaron a reconstruir iglesias y monasterios, construyendo amistades fraternas sobre los escombros del odio, y a cristianos y musulmanes que hoy restauran juntos mezquitas e iglesias. El profesor Ali Thajeel también nos ha contado sobre el regreso de peregrinos a esta ciudad. Es importante peregrinar hacia los lugares sagrados, es el signo más hermoso de la nostalgia del Cielo en la tierra. Por eso, amar y proteger los lugares sagrados es una necesidad existencial, recordando a nuestro padre Abrahán, que en diversos sitios levantó hacia el cielo altares al Señor (cf. Gen 12,7.8; 13,18; 22,9). Que el gran patriarca nos ayude a convertir los lugares sagrados de cada uno en oasis de paz y de encuentro para todos. Él, por su fidelidad a Dios, llegó a ser bendición para todas las familias de la tierra (cf. Gen 12,3). Que nuestra presencia aquí, siguiendo sus huellas, sea signo de bendición y esperanza para Irak, para Oriente Medio y para el mundo entero. El cielo no se ha cansado de la tierra, Dios ama a cada pueblo, a cada una de sus hijas y a cada uno de sus hijos. No nos cansemos nunca de mirar al cielo, de contemplar estas estrellas, las mismas que, en su época, miró nuestro padre Abrahán.

2. Caminamos en la tierra. Los ojos fijos en el cielo no distrajeron a Abrahán, sino que lo animaron a caminar en la tierra, a comenzar un viaje que, por medio de su descendencia, iba a alcanzar todos los siglos y latitudes. Pero todo comenzó aquí, a partir del momento en que el Señor “lo hizo salir de Ur” (cf. Gen 15,7). El suyo fue, por tanto, un camino en salida que comportó sacrificios; tuvo que dejar tierra, casa y parientes. Pero, renunciando a su familia, se convirtió en padre de una familia de pueblos. También a nosotros nos sucede algo parecido. En el camino, estamos llamados a dejar esos vínculos y apegos que, encerrándonos en nuestros grupos, nos impiden que acojamos el amor infinito de Dios y que veamos hermanos en los demás. Sí, necesitamos salir de nosotros mismos, porque nos necesitamos unos a otros. La pandemia nos ha hecho comprender que «nadie se salva solo» (Carta enc. Fratelli tutti, 54). Aun así, la tentación de distanciarnos de los demás siempre vuelve. Entonces «el “sálvese quien pueda” se traducirá rápidamente en el “todos contra todos”, y eso será peor que una pandemia» (ibíd., 36). En las tempestades que estamos atravesando no nos salvará el aislamiento, no nos salvará la carrera para reforzar los armamentos y para construir muros, al contrario, nos hará cada vez más distantes e irritados. No nos salvará la idolatría del dinero, que encierra a la gente en sí misma y provoca abismos de desigualdad que hunden a la humanidad. No nos salvará el consumismo, que anestesia la mente y paraliza el corazón.

El camino que el Cielo indica a nuestro recorrido es otro, es el camino de la paz. Este requiere, sobre todo en la tempestad, que rememos juntos en la misma dirección. No es digno que, mientras todos estamos sufriendo por la crisis pandémica, y especialmente aquí donde los conflictos han causado tanta miseria, alguno piense ávidamente en su beneficio personal. No habrá paz sin compartir y acoger, sin una justicia que asegure equidad y promoción para todos, comenzando por los más débiles. No habrá paz sin pueblos que tiendan la mano a otros pueblos. No habrá paz mientras los demás sean ellos y no parte de un nosotros. No habrá paz mientras las alianzas sean contra alguno, porque las alianzas de unos contra otros sólo aumentan las divisiones. La paz no exige vencedores ni vencidos, sino hermanos y hermanas que, a pesar de las incomprensiones y las heridas del pasado, se encaminan del conflicto a la unidad. Pidámoslo en la oración para todo Oriente Medio, pienso en particular en la vecina y martirizada Siria.

El patriarca Abrahán, que hoy nos congrega en la unidad, fue profeta del Altísimo. Una profecía antigua dice que los pueblos «de las espadas forjarán arados, de las lanzas, podaderas» (Is 2,4). Esta profecía no se ha cumplido, al contrario, espadas y lanzas se han convertido en misiles y bombas. ¿Dónde puede comenzar el camino de la paz? En la renuncia a tener enemigos. Quien tiene la valentía de mirar a las estrellas, quien cree en Dios, no tiene enemigos que combatir. Sólo tiene un enemigo que afrontar, que está llamando a la puerta del corazón para entrar: es la enemistad. Mientras algunos buscan más tener enemigos que ser amigos, mientras tantos buscan el propio beneficio en detrimento de los demás, el que mira las estrellas de las promesas, el que sigue los caminos de Dios no puede estar en contra de nadie, sino en favor de todos. No puede justificar ninguna forma de imposición, opresión o prevaricación, no puede actuar de manera agresiva.

Queridos amigos, ¿todo esto es posible? El padre Abrahán, que supo esperar contra toda esperanza (cf. Rm 4,18), nos anima. En la historia, hemos perseguido con frecuencia metas demasiado terrenas y hemos caminado cada uno por cuenta propia, pero con la ayuda de Dios podemos cambiar para mejor. Depende de nosotros, humanidad de hoy, y sobre todo de nosotros, creyentes de cada religión, transformar los instrumentos de odio en instrumentos de paz. Nos toca a nosotros exhortar con fuerza a los responsables de las naciones para que la creciente proliferación de armas ceda el paso a la distribución de alimentos para todos. Nos corresponde a nosotros acallar los reproches mutuos para dar voz al grito de los oprimidos y de los descartados del planeta; demasiados carecen de pan, medicinas, educación, derechos y dignidad. De nosotros depende que salgan a la luz las turbias maniobras que giran alrededor del dinero y pedir con fuerza que este no sirva siempre y sólo para alimentar las ambiciones sin freno de unos pocos. A nosotros nos corresponde proteger la casa común de nuestras intenciones depredadoras. Nos toca a nosotros recordarle al mundo que la vida humana vale por lo que es y no por lo que tiene, y que la vida de los niños por nacer, ancianos, migrantes, hombres y mujeres de todo color y nacionalidad siempre son sagradas y cuentan como las de todos los demás. Nos corresponde a nosotros tener la valentía de levantar los ojos y mirar a las estrellas, las estrellas que vio nuestro padre Abrahán, las estrellas de la promesa.

El camino de Abrahán fue una bendición de paz. Sin embargo, no fue fácil, tuvo que afrontar luchas e imprevistos. También nosotros estamos ante un camino escarpado, pero necesitamos, como el gran patriarca, dar pasos concretos, peregrinar para descubrir el rostro del otro, compartir recuerdos, miradas y silencios, historias y experiencias. Me impactó el testimonio de Dawood y Hasan, un cristiano y un musulmán que, sin dejarse desalentar por las diferencias, estudiaron y trabajaron juntos. Juntos construyeron el futuro y se descubrieron hermanos. También nosotros, para seguir adelante, necesitamos hacer juntos algo bueno y concreto. Este es el camino, sobre todo para los jóvenes, que no pueden ver sus sueños destruidos por los conflictos del pasado. Es urgente educarlos en la fraternidad, educarlos para que miren a las estrellas. Es una auténtica emergencia; será la vacuna más eficaz para un futuro de paz. ¡Porque son ustedes, queridos jóvenes, nuestro presente y nuestro futuro!

Las heridas del pasado sólo se pueden sanar con los demás. La señora Rafah nos contó el ejemplo heroico de Najy, de la comunidad sabea mandea, que perdió la vida intentando salvar a la familia de su vecino musulmán. ¡Cuántas personas aquí, en el silencio y la indiferencia del mundo, han emprendido caminos de fraternidad! Rafah nos relató también los sufrimientos indescriptibles de la guerra, que ha obligado a muchos a abandonar casa y patria en busca de un futuro para sus hijos. Gracias, Rafah, por haber compartido con nosotros la voluntad firme de permanecer aquí, en la tierra de tus padres. Que quienes no lo lograron y tuvieron que huir encuentren una acogida benévola, digna de personas vulnerables y heridas.

Fue precisamente a través de la hospitalidad, rasgo distintivo de estas tierras, que Abrahán recibió la visita de Dios y el don, que ya no esperaba, de un hijo (cf. Gen 18,1-10). Nosotros, hermanos y hermanas de distintas religiones, aquí nos hemos encontrado en casa y desde aquí, juntos, queremos comprometernos para que se realice el sueño de Dios: que la familia humana sea hospitalaria y acogedora con todos sus hijos y que, mirando el mismo cielo, camine en paz en la misma tierra.

[00273-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs!

Este lugar abençoado faz-nos pensar nas origens, nos primórdios da obra de Deus, no nascimento das nossas religiões. Aqui, onde viveu o nosso pai Abraão, temos a impressão de regressar a casa. Aqui ele ouviu a chamada de Deus, daqui partiu para uma viagem que mudaria a história. Somos o fruto daquela chamada e daquela viagem. Deus pediu a Abraão que levantasse os olhos para o céu e contasse as estrelas (cf. Gn 15, 5). Naquelas estrelas, viu a promessa da sua descendência, viu-nos a nós. E hoje nós, judeus, cristãos e muçulmanos, juntamente com os irmãos e irmãs doutras religiões, honramos o pai Abraão fazendo como ele: olhamos para o céu e caminhamos sobre a terra.

1. Olhamos para o céu. Ao contemplarmos o mesmo céu alguns milénios depois, aparecem as mesmas estrelas. Iluminam as noites mais escuras, porque brilham juntas. O céu oferece-nos assim uma mensagem de unidade: sobre nós, o Altíssimo convida a não nos separarmos jamais do irmão que está ao nosso lado. O Além de Deus envia-nos mais além de nós, ao outro, ao irmão. Mas, se quisermos salvaguardar a fraternidade, não podemos perder de vista o Céu. Nós, descendência de Abraão e representantes de várias religiões, sentimos que a nossa função primeira é esta: ajudar os nossos irmãos e irmãs a elevarem o olhar e a oração para o Céu. E disto todos precisamos, porque não nos bastamos a nós próprios. O homem não é omnipotente; sozinho, não é capaz. E se escorraça Deus, acaba por adorar as coisas terrenas. Mas os bens do mundo, que fazem muitos esquecer-se de Deus e dos outros, não são o motivo da nossa viagem sobre a terra. Erguemos os olhos ao Céu para nos elevarmos das torpezas da vaidade; servimos a Deus, para sair da escravidão do próprio eu, porque Deus nos impele a amar. Esta é a verdadeira religiosidade: adorar a Deus e amar o próximo. No mundo atual, que muitas vezes se esquece do Altíssimo ou oferece uma imagem distorcida d’Ele, os crentes são chamados a testemunhar a sua bondade, mostrar a sua paternidade através da nossa fraternidade.

A partir deste lugar fontal da fé, da terra do nosso pai Abraão, afirmamos que Deus é misericordioso e que a ofensa mais blasfema é profanar o seu nome odiando o irmão. Hostilidade, extremismo e violência não nascem dum ânimo religioso: são traições da religião. E nós, crentes, não podemos ficar calados, quando o terrorismo abusa da religião. Antes, cabe a nós dissipar com clareza os mal-entendidos. Não permitamos que a luz do Céu seja ocultada pelas nuvens do ódio! Sobre este país, acumularam-se as nuvens negras do terrorismo, da guerra e da violência. Com isso, sofreram todas as comunidades étnicas e religiosas; de modo particular quero recordar a comunidade yazidi, que chorou a morte de muitos homens e viu milhares de mulheres, donzelas e crianças raptadas, vendidas como escravas e sujeitas a violências físicas e conversões forçadas. Hoje rezamos por todas as vítimas de tais sofrimentos, por quantos ainda estão dispersos e sequestrados para que regressem brevemente às suas casas. E rezamos para que em toda a parte se respeitem e reconheçam a liberdade de consciência e a liberdade religiosa: são direitos fundamentais, porque tornam o homem livre para contemplar o Céu para o qual foi criado.

O terrorismo, quando invadiu o norte deste amado país, destruiu barbaramente parte do seu maravilhoso património religioso, incluindo igrejas, mosteiros e lugares de culto de várias comunidades. Mas, mesmo naquele momento escuro, brilharam estrelas. Penso nos jovens voluntários muçulmanos de Mossul, que ajudaram a refazer igrejas e mosteiros, construindo amizades fraternas sobre as ruínas do ódio, e penso nos cristãos e muçulmanos que hoje restauram conjuntamente mesquitas e igrejas. O professor Ali Thajeel referiu-nos também o regresso dos peregrinos a esta cidade. É importante peregrinar rumo aos lugares sagrados: é o sinal mais belo da saudade do Céu na terra. Por isso, amar e preservar os lugares sagrados é uma necessidade existencial em memória do nosso pai Abraão, que em vários lugares ergueu para o céu altares ao Senhor (cf. Gn 12, 7.8; 13, 18; 22, 9). Que o grande patriarca nos ajude a tornar oásis de paz e de encontro para todos os lugares sagrados de cada um. Pela sua fidelidade a Deus, tornou-se uma bênção para todos os povos (cf. Gn 12, 3); a nossa estada hoje aqui, seguindo os seus passos, seja sinal de bênção e esperança para o Iraque, o Médio Oriente e o mundo inteiro. O Céu não se cansou da terra: Deus ama cada povo, cada uma das suas filhas e cada um dos seus filhos! Nunca nos cansemos de olhar para o céu, de olhar para estas estrelas, as mesmas que outrora viu o nosso pai Abraão.

2. Caminhamos sobre a terra. Os seus olhos erguidos para o céu não desviaram, antes encorajaram Abraão a caminhar sobre a terra, a empreender uma viagem que, através da sua descendência, tocaria todos os séculos e latitudes. Mas tudo começou a partir daqui, do Senhor que o «mandou sair de Ur» (Gn 15, 7). Por conseguinte, o seu foi um caminho em saída, que implicou sacrifícios: teve de deixar terra, casa e parentes. Mas, renunciando à sua família, tornou-se pai duma família de povos. Algo de semelhante acontece também connosco: no caminho, somos chamados a deixar aqueles vínculos e apegos que, fechando-nos no nosso grupo, impedem-nos de acolher o amor ilimitado de Deus e ver os outros como irmãos. É verdade! Precisamos de sair de nós mesmos, porque temos necessidade uns dos outros. A pandemia fez-nos compreender que «ninguém se salva sozinho» (Francisco, Carta enc. Fratelli tutti, 54); mas volta sempre a tentação de nos distanciarmos dos outros. Todavia «o principio “salve-se quem puder” traduzir-se-á rapidamente no lema “todos contra todos”, e isso será pior que uma pandemia» (Ibid., 36). Nas tormentas que estamos a atravessar, não nos salvará o isolamento, não nos salvarão a corrida armamentista e a construção de muros, que aliás nos tornarão cada vez mais distantes e irados. Não nos salvará a idolatria do dinheiro, que nos fecha em nós mesmos e provoca abismos de desigualdade onde se afunda a humanidade. Não nos salvará o consumismo, que anestesia a mente e paralisa o coração.

O caminho que o Céu aponta para o nosso percurso é outro: é o caminho da paz. E este requer, sobretudo na tormenta, que rememos juntos na mesma direção. É indigno que, enquanto todos somos provados pela crise pandémica, e especialmente aqui onde os conflitos causaram tanta miséria, alguém pense avidamente nos seus negócios. Não haverá paz sem partilha e acolhimento, sem uma justiça que assegure equidade e promoção para todos, a começar pelos mais frágeis. Não haverá paz sem povos que estendam a mão a outros povos. Não haverá paz enquanto se olhar os outros como um «eles», e não como um «nós». Não haverá paz enquanto as alianças forem contra alguém, porque as alianças de uns contra os outros só aumentam as divisões. A paz não exige vencedores nem vencidos, mas irmãos e irmãs que, não obstante as incompreensões e as feridas do passado, passem do conflito à unidade. Na oração, peçamos isto para todo o Médio Oriente; penso em particular na vizinha e atormentada Síria.

O patriarca Abraão, que hoje nos reúne em unidade, foi profeta do Altíssimo. Uma antiga profecia diz que os povos «transformarão as suas espadas em relhas de arados, e as suas lanças, em foices» (Is 2, 4). Esta profecia não se realizou; antes, espadas e lanças tornaram-se mísseis e bombas. Então donde pode começar o caminho da paz? Da renúncia a ter inimigos. Quem tem a coragem de olhar as estrelas, quem acredita em Deus, não tem inimigos para combater. Tem apenas um inimigo a enfrentar, que está à porta do coração e insiste para entrar: é a inimizade. Enquanto alguns procuram mais ter inimigos do que ser amigos, enquanto muitos buscam o próprio benefício à custa de outros, quem olha as estrelas da promessa, quem segue os caminhos de Deus não pode ser contra ninguém, mas por todos; não pode justificar qualquer forma de imposição, opressão e prevaricação, não se pode comportar de modo agressivo.

Queridos amigos, será possível tudo isto? Encoraja-nos o pai Abraão, que teve esperança para além do que se podia esperar (cf. Rm 4, 18). Na história, muitas vezes corremos atrás de metas demasiado terrenas e caminhamos cada um por conta própria, mas, com a ajuda de Deus, podemos mudar para melhor. Cabe a nós, a humanidade de hoje e principalmente os crentes das diferentes religiões, transformar os instrumentos do ódio em instrumentos de paz. Cabe a nós instar fortemente os responsáveis das nações para que a proliferação crescente de armas ceda o lugar à distribuição de alimentos para todos. Cabe a nós fazer calar as mútuas acusações para dar voz ao grito dos oprimidos e descartados no planeta: muitos estão privados de pão, remédios, instrução, direitos e dignidade. Cabe a nós colocar à luz do dia as foscas manobras que giram à volta do dinheiro e pedir com veemência que o dinheiro não acabe sempre e só por nutrir a desenfreada comodidade de poucos. Cabe a nós salvaguardar a casa comum das nossas ambições predatórias. Cabe a nós lembrar ao mundo que a vida humana vale pelo que é e não pelo que tem, e que a vida de nascituros, idosos, migrantes, homens e mulheres de todas as cores e nacionalidades é sempre sagrada e conta como a de todos os outros. Cabe a nós ter a coragem de levantar os olhos e olhar as estrelas, as estrelas que viu o nosso pai Abraão, as estrelas da promessa.

O caminho de Abraão foi uma bênção de paz. Mas não foi fácil! Teve que enfrentar lutas e imprevistos. Também nós temos pela frente um caminho acidentado, mas precisamos, como o grande patriarca, de dar passos concretos, peregrinar para descobrir o rosto do outro, partilhar memórias, olhares e silêncios, histórias e experiências. Impressionou-me o testemunho de Dawood e Hasan, um cristão e outro muçulmano, que, sem se deixar abater pelas diferenças, estudaram e trabalharam juntos. Juntos, construíram o futuro e descobriram-se irmãos. Também nós, para prosseguir, precisamos de fazer, juntos, algo de bom e concreto. Este é o caminho, sobretudo para os jovens, que não podem ver os seus sonhos truncados pelos conflitos do passado. Urge educá-los para a fraternidade, educá-los para olharem as estrelas. Trata-se duma verdadeira e própria emergência; será a vacina mais eficaz para um amanhã pacífico. Porque sois vós, queridos jovens, o nosso presente e o nosso futuro!

Somente com os outros é que se podem curar as feridas do passado. A senhora Rafah contou-nos o exemplo heroico de Najy, da comunidade sabeia mandeia, que perdeu a vida na tentativa de salvar a família do seu vizinho muçulmano. Quantas pessoas aqui, no silêncio e ignorados pelo mundo, iniciaram caminhos de fraternidade! Rafah contou ainda as tribulações indescritíveis da guerra, que forçou muitos a abandonarem casa e pátria à procura dum futuro para os seus filhos. Obrigado, Rafah, por partilhares connosco a firme vontade de permanecer aqui, na terra dos teus pais! Oxalá todos aqueles que não o conseguiram fazer e tiveram de fugir encontrem um acolhimento benévolo, digno de pessoas vulneráveis e feridas.

Foi precisamente através da hospitalidade, traço caraterístico destas terras, que Abraão recebeu a visita de Deus e o dom, já não esperado, dum filho (cf. Gn 18, 1-10). Nós, irmãos e irmãs de diversas religiões, encontramo-nos aqui, em casa, e a partir daqui, juntos, queremos empenhar-nos para que se realize o sonho de Deus: que a família humana se torne hospitaleira e acolhedora para com todos os seus filhos; que, olhando o mesmo céu, caminhe em paz sobre a mesma terra.

[00273-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry,

to święte miejsce przyprowadza nas do początków, do źródeł Bożego dzieła, do narodzin naszych religii. Tu, gdzie żył Abraham, nasz ojciec, wydaje się nam, że wracamy do domu. Tutaj usłyszał on Boże wezwanie, stąd wyruszył w podróż, która miała zmienić historię. Jesteśmy owocem tego wezwania i tej podróży. Bóg zażądał od Abrahama, by spojrzał w niebo i policzył gwiazdy (por. Rdz 15, 5). W tych gwiazdach widział obietnicę swojego potomstwa, widział nas. I dzisiaj my, Żydzi, chrześcijanie i muzułmanie, wraz z naszymi braćmi i siostrami wyznającymi inne religie, oddajemy cześć naszemu ojcu Abrahamowi, czyniąc tak jak on: spoglądamy ku niebu i pielgrzymujemy na ziemi.

1. Spoglądamy ku niebu. Gdy kontemplujemy to samo niebo tysiące lat później, pojawiają się na nim te same gwiazdy. Rozświetlają najciemniejsze noce, bo świecą wspólnie. W ten sposób niebo przekazuje nam przesłanie jedności: Najwyższy, górujący nad nami, zachęca nas, abyśmy nigdy nie odłączali się od naszego brata, który jest obok nas. To, co stanowi Boże Ponad odsyła nas do tego, co inne w naszym bliźnim. Jeśli jednak chcemy strzec braterstwa, to nie możemy stracić z oczu Nieba. My, potomkowie Abrahama i przedstawiciele różnych religii, czujemy, że mamy przede wszystkim następujące zadanie: dopomóc naszym braciom i siostrom, aby wznieśli spojrzenie i modlitwy ku Niebu. Wszyscy tego potrzebujemy, bo nie jesteśmy samowystarczalni. Człowiek nie jest wszechmocny, sam nie daje rady. A jeśli wyklucza Boga, to w ostateczności oddaje cześć rzeczom ziemskim. Ale dobra tego świata, które sprawiają, że tak wielu zapomina o Bogu i o innych ludziach, nie są motywem naszej wędrówki na ziemi. Wznosimy oczy ku Niebu, aby podnieść się z nizin próżności; służymy Bogu, aby wyjść z niewoli własnego „ja”, ponieważ Bóg pobudza nas do miłości. Na tym polega prawdziwa religijność: oddawać cześć Bogu i miłować bliźniego. W dzisiejszym świecie, który często zapomina o Najwyższym lub przedstawia Jego wypaczony obraz, ludzie wierzący są wezwani do dawania świadectwa o Jego dobroci, do ukazywania swoim braterstwem Jego ojcostwa.

Z tego miejsca, będącego źródłem wiary, z ziemi naszego ojca Abrahama, potwierdzamy, że Bóg jest miłosierny, i że najbardziej bluźnierczym wykroczeniem jest profanowanie Jego imienia poprzez nienawiść do brata. Wrogość, ekstremizm i przemoc nie rodzą się z ducha religijnego: są zdradą religii. A my, ludzie wierzący, nie możemy milczeć, gdy terroryzm nadużywa religii. Przeciwnie, naszym zadaniem jest jednoznaczne wyjaśnianie nieporozumień. Nie pozwólmy, aby światło Nieba zostało przesłonięte chmurami nienawiści! Nad tym krajem zebrały się ciemne chmury terroryzmu, wojny i przemocy. Ucierpiały z tego powodu wszystkie wspólnoty etniczne i religijne. Chciałabym przypomnieć w szczególności o społeczności jazydów, która opłakiwała śmierć wielu mężczyzn i widziała tysiące kobiet, dziewcząt i dzieci uprowadzonych, sprzedawanych ich w niewolę, poddawanych przemocy fizycznej i nawracaniu na siłę. Dziś modlimy się za tych, którzy doznali tych cierpień, za tych, którzy wciąż są zaginieni i uprowadzeni, aby szybko powrócili do swoich domów. Módlmy się też, aby wolność sumienia i wolność religijna były wszędzie szanowane i uznawane: są to prawa podstawowe, ponieważ czynią człowieka wolnym w kontemplacji Nieba, dla którego został on stworzony.

Terroryzm, gdy wtargnął na północ tego umiłowanego kraju, w barbarzyński sposób zniszczył część jego wspaniałego dziedzictwa religijnego, w tym kościoły, klasztory i miejsca kultu różnych wspólnot. Ale nawet w tych mrocznych chwilach zabłysły gwiazdy. Myślę o młodych muzułmańskich wolontariuszach z Mosulu, którzy pomagali w odbudowie kościołów i klasztorów, budując braterskie przyjaźnie na ruinach nienawiści, oraz o chrześcijanach i muzułmanach, którzy dziś wspólnie odbudowują meczety i kościoły. Profesor Ali Thajeel opowiedział nam również o powrocie pielgrzymów do tego miasta. Ważne jest, by pielgrzymować do miejsc świętych: jest to najpiękniejszy znak tęsknoty za Niebem na ziemi. Dlatego koniecznością egzystencjalną jest miłowanie i strzeżenie miejsc świętych, na pamiątkę naszego ojca Abrahama, który w różnych miejscach wznosił ku niebu ołtarze dla Pana (por. Rdz 12, 7. 8; 13, 18; 22, 9). Niech ten wielki Patriarcha pomoże nam uczynić miejsca święte dla każdego z nas oazami pokoju i spotkania dla wszystkich! Dzięki swej wierności Bogu stał się on błogosławieństwem dla wszystkich narodów (por. Rdz 12, 3). Niech dzisiejsza obecność tutaj nas, którzy podążamy jego śladami, będzie znakiem błogosławieństwa i nadziei dla Iraku, dla Bliskiego Wschodu i dla całego świata. Niebo nie jest znużone ziemią: Bóg kocha każdy naród, każdą jego córkę i każdego jego syna! Nigdy nie ulegajmy znużeniu spoglądaniem w niebo, patrzeniem na te gwiazdy, te same gwiazdy, na które w swoim czasie patrzył nasz ojciec Abraham.

2. Pielgrzymujemy na ziemi. Spojrzenie w niebo nie odwodziło, lecz zachęcało Abrahama do pielgrzymowania po drogach ziemi, do wyruszenia w podróż, która dzięki jego potomkom miała trwać w każdym stuleciu i każdej szerokości geograficznej. Ale wszystko zaczęło się tutaj, od Pana, który „wywiódł go z Ur” (por. Rdz 15, 7). Była to więc wędrówka wyjścia, która wiązała się z wyrzeczeniami: musiał opuścić ziemię, dom i rodzinę. Ale wyrzekając się swojej rodziny, stał się ojcem rodziny narodów. Coś podobnego dzieje się także z nami: w naszym pielgrzymowaniu jesteśmy wezwani do pozostawienia za sobą tych więzów i przywiązań, które, zamykając nas w naszych własnych kręgach, nie pozwalają nam zaakceptować bezgranicznej miłości Boga i postrzegać innych jako braci. Tak, musimy wyjść ze swoich ograniczeń, ponieważ potrzebujemy siebie nawzajem. Pandemia uświadomiła nam, że „nikt nie zbawia się sam” (Enc. Fratelli tutti, 54). Jednak stale powraca pokusa dystansowania się od innych. Ale „«ratuj się kto może» szybko przełoży się na «wszyscy przeciwko wszystkim», a to będzie gorsze niż pandemia” (tamże, 36). W burzach, przez które przechodzimy, nie ocali nas izolacja, podobnie jak nie ocali nas wyścig zbrojeń i wznoszenie murów, które, wręcz przeciwnie, sprawią, że będziemy coraz bardziej oddaleni i zacietrzewieni. Nie ocali nas bałwochwalstwo pieniądza, które zamyka nas w sobie i powoduje przepaść nierówności, w której pogrąża się ludzkość. Nie ocali nas konsumpcjonizm, który znieczula umysł i paraliżuje serce.

Droga, którą Niebo wskazuje nam na naszej drodze, jest inna, jest to droga pokoju. Domaga się ona, zwłaszcza w czasie burzy, abyśmy wiosłowali razem po tej samej stronie. To karygodne, aby w czasie, gdy wszyscy jesteśmy doświadczani przez kryzys pandemiczny, a zwłaszcza tutaj, gdzie konflikty spowodowały tak wiele nieszczęść, ktoś zachłannie myślał o własnych interesach. Nie będzie pokoju bez dzielenia się i akceptacji, bez sprawiedliwości, która zapewniłaby równość i promocję dla wszystkich, poczynając od najsłabszych. Nie będzie pokoju, jeśli narody nie wyciągną ręki do innych narodów. Nie będzie pokoju tak długo, jak długo inni będą oni a nie my. Nie będzie pokoju tak długo, jak długo sojusze będą zawierane przeciwko komuś, ponieważ sojusze jednych przeciwko drugim jedynie zwiększają podziały. Pokój nie potrzebuje zwycięzców ani przegranych, ale braci i sióstr, którzy pomimo nieporozumień i ran przeszłości, przechodzą od konfliktu do jedności. Prośmy o to w modlitwie za cały Bliski Wschód, a w szczególności myślę o pobliskiej, udręczonej Syrii.

Patriarcha Abraham, który dziś gromadzi nas w jedności, był prorokiem Najwyższego. Starożytne proroctwo mówi, że narody „swe miecze przekują na lemiesze, a swoje włócznie na sierpy” (Iz 2, 4). Proroctwo to nie wypełniło się, a wręcz przeciwnie, miecze i włócznie stały się pociskami i bombami. Od czego zatem może rozpocząć się droga do pokoju? Od wyrzeczenia się posiadania nieprzyjaciół. Kto ma odwagę patrzeć na gwiazdy, kto wierzy w Boga, nie ma wrogów, których musiałby zwalczać. Ma tylko jednego wroga, który stoi u drzwi jego serca i puka, aby wejść: jest to nieprzyjaźń. Podczas gdy niektórzy szukają raczej wrogów niż przyjaciół, podczas gdy tak wielu szuka własnych korzyści kosztem innych, ten, kto patrzy w gwiazdy obietnicy, ten, kto podąża drogami Boga, nie może być przeciwko komuś, lecz dla wszystkich. Nie może usprawiedliwiać żadnej formy dyktatu, ucisku czy przewrotności, nie może przyjmować postawy agresywnej.

Drodzy przyjaciele, czy jest to możliwe? Otuchy dodaje nam nasz ojciec Abraham, który potrafił mieć nadzieję wbrew wszelkiej nadziei (por. Rz 4, 18). W dziejach, często dążyliśmy do celów nazbyt doczesnych i każdy z nas podążał na własną rękę, jednak z Bożą pomocą możemy zmienić się na lepsze. To my, dzisiejsza ludzkość, a przede wszystkim my, wyznawcy każdej religii, musimy przekształcić narzędzia nienawiści w narzędzia pokoju. To my mamy wznieść stanowczy apel do przywódców narodów, aby coraz większe rozpowszechnianie broni ustąpiło miejsca dystrybucji żywności dla wszystkich. To my mamy uciszać wzajemne oskarżenia, aby oddać głos krzykowi uciśnionych i odrzuconych na naszej planecie: zbyt wielu jest bowiem pozbawionych chleba, lekarstw, wykształcenia, praw i godności! To my mamy zwrócić uwagę na podejrzane działania, które kręcą się wokół pieniądza i stanowczo domagać się, aby pieniądze w ostateczności nie zawsze doprowadzały do niepohamowanego pomnażania bogactwa nielicznych. To do nas należy strzeżenie wspólnego domu przed naszymi drapieżnymi zamiarami. To my mamy przypominać światu, że życie ludzkie posiada wartość ze względu na to, czym jest, a nie ze względu na to co posiada, i że życie nienarodzonych, osób starszych, migrantów, mężczyzn i kobiet każdej rasy i narodowości jest zawsze święte i liczy się tak samo, jak życie wszystkich! To my mamy mieć odwagę wzniesienia oczu i spojrzenia na gwiazdy, te gwiazdy, które widział nasz ojciec Abraham, gwiazdy obietnicy.

Wędrówka Abrahama była błogosławieństwem pokoju. Nie była jednak łatwa: musiał zmierzyć się z konfliktami i niebezpieczeństwami. My także mamy przed sobą wyboistą drogę, ale musimy, jak wielki patriarcha, podjąć konkretne kroki, pielgrzymować w poszukiwaniu oblicza drugiego człowieka, dzielić się pamięcią, spojrzeniami i milczeniem, opowieściami i doświadczeniami. Uderzyło mnie świadectwo Dawooda i Hasana, chrześcijanina i muzułmanina, którzy nie zrażając się różnicami, razem studiowali i pracowali. Razem budowali przyszłość i odkryli, że są braćmi. Aby iść naprzód, my także musimy wspólnie uczynić coś dobrego i konkretnego. Taka jest droga, zwłaszcza dla ludzi młodych, którzy nie mogą patrzeć na to, że ich marzenia są niweczone konfliktami z przeszłości! Należy pilnie wychowywać ich do braterstwa, wychowywać ich, by patrzyli w gwiazdy. Jest to prawdziwie pilna potrzeba; będzie to najskuteczniejsza szczepionka na pokojową przyszłość. Bo wy, drodzy młodzi, jesteście naszą teraźniejszością i przyszłością!

Jedynie wraz z innymi można uleczyć rany przeszłości. Pani Rafah opowiedziała nam o bohaterskim przykładzie Najy, ze wspólnoty sabeistycznej mandaistycznej, która straciła życie, próbując uratować rodzinę swojego muzułmańskiego sąsiada. Jak wielu ludzi tutaj, przy milczeniu i obojętności świata, rozpoczęło drogę braterstwa! Rafah opowiedziała nam również o nieopisanym cierpieniu spowodowanym wojną, które zmusiło wielu do opuszczenia domu i ojczyzny w poszukiwaniu przyszłości dla swoich dzieci. Dziękuję tobie, Rafah, za podzielenie się z nami zdecydowaną wolą pozostania tutaj, na ziemi twoich ojców. Niech ci, którym się to nie udało i musieli uciekać, znajdą życzliwe przyjęcie, godne osób bezbronnych i zranionych.

To właśnie dzięki gościnności, charakterystycznej dla tej ziemi, Abraham został nawiedzony przez Boga i otrzymał dar syna, którego już nie oczekiwał (por. Rdz 18, 1-10). My, bracia i siostry różnych religii, znaleźliśmy się tutaj, w domu, i stąd, razem, pragniemy dołożyć wszelkich starań w spełnienie marzenia Boga: aby rodzina ludzka stała się gościnna i otwarta dla wszystkich swoich dzieci; abyśmy, spoglądając w to samo niebo, mogli podążać w pokoju na tej samej ziemi.

[00273-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى العراق

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء بين الأديان في سهل أور

السبت 6 مارس / آذار 2021

أيُّها الإخْوَةُ والأخَواتُ الأعِزّاء،

هذا المَكانُ المُبارَكُ هُوَ مَكانُ الأُصُولِ واليَنابِيع، هُنا بَدأَ عَمَلُ الله وَوُلِدَت دِياناتُنا. وَهُنا، حَيْثُ عاشَ أبونا ابراهيم، يَبْدُو وَكَأنَّنا نَعُودُ إلى بَيْتِنا. هُنا سَمِعَ ابراهيمُ دَعْوَةَ الله، وَمِن هُنا انْطَلَقَ في رِحْلَةٍ غَيَّرَتْ التاريخ. وَنَحْنُ ثَمْرَةُ تِلْكَ الدَّعْوَةِ وَتِلْكَ الرِحْلَة. قالَ اللهُ لإبراهيم: انْظُرْ إلى السَماءِ وأَحْصِ النُجُوم (را. تك 15، 5). في تِلْكَ النُجُومِ رأَى ابراهيمُ وَعْدَ نَسْلِه، لَقَدْ رآنا نَحْنُ. واليَوم، نَحْنُ اليَهُودَ والمَسِيحِيينَ والمُسْلِمين، مَعَ إخوَتِنا وأخَواتِنا مِنَ الدِياناتِ الأُخْرَى، نُكَرِّمُ أبانا ابراهيم وَنَعْمَلُ مِثْلَهُ: نَنْظُرُ إلى السَماءِ وَنَسِيرُ علَى الأرْض.

1. نَنْظُرُ إلى السماء. نُشاهِدُ السماءَ نَفْسَها بَعْدَ آلافِ السِنين، وَنَرَى النُجُومَ نَفْسَها. إنَّها تُضيءُ أَحْلَكَ الليالي لأنَّها تُضيءُ مَعًا. وَبِذَلِك، تُعْطِينا السماءُ رِسالَةَ الاتِحاد: يَدْعونا الإلَهُ العليّ، مِن فَوْق، إلى عَدَمِ الانْفِصالِ أبَدًا عَنِ الأخِ المُقيمِ إلى جانِبِنا. اللهُ المُتَعالي مِن فَوْق، يَدْفَعُنا نَحْوَ أخينا المُختَلِفِ عَنَّا. فإذا أرَدْنا أنْ نُحافِظَ علَى الأخُوَّةِ بَيْنَنا، لا يُمْكِنُنا أنْ نُحَوِّلَ نَظَرَنا عَنِ السَماء. نَحْنُ، نَسْلَ ابراهيم وَمُمَثلِي الدِياناتِ المُخْتَلِفَة، نَشْعُرُ قَبْلَ كُلِّ شيءٍ أنَّنا نَحْمِلُ هَذِهِ المَسْؤُولِيَّة: أنْ نُساعِدَ إخوَتَنا وأخَواتِنا لِيَرْفَعُوا نَظَرَهُم وَصَلاتَهُم إلى السَماء. جَميعُنا في حاجَةٍ إلى ذَلِك، لأنَّنا وَحْدَنا لا نَكْفِي أنْفُسَنا. الإنسانُ لَيْسَ كُلّيَّ القُدْرَة، وَلا يَقْدِرُ أنْ يَعيشَ وَحْدَه. إذا أبْعَدَ اللهَ عَن حَياتِه، انْتَهَى بِهِ الأَمْرُ إلى عِبادَةِ الأمُورِ الأرْضِيَّة. لَكِنَّ خَيْراتِ العالَم، التي تَجْعَلُ الكَثيرِينَ يَنْسَوْنَ اللهَ والآخَرين، ليْسَتْ هيَ سَبَبَ رِحْلَتِنا علَى الأرْض. إنَّنا نَرْفَعُ أعْيُنَنا إلى السماءِ لِنَرْتَفِعَ فَوْقَ دُنْيا الأَباطيل، وَنَخْدُمُ اللهَ لِنَخْرُجَ مِن عُبُودِيَّةِ الأنا، لأنَّ اللهَ يَدْفَعُنا إلى المَحَبَّة. هذا هُوَ التَدَيُّنُ الحَقيقيّ: أنْ نَعْبُدَ الله وأنْ نُحِبَّ القريب. في عالَمِ اليَوم، الذي غالِبًا ما يَنْسَى اللهَ العَلِيَّ أو يُقَدِّمُ صُورَةً مُشَوَّهَةً عَنْهُ تَعالى، فإنَّ المُؤْمِنينَ مَدْعُوُّونَ لِيَشْهَدُوا لِصَلاحِه، وَلْيُبَيِّنُوا أُبُوَّتَهُ بأنْ يَكُونوا هُم إخْوَةً فيما بَيْنَهُم.

مِن هذا المَكانِ يَنْبُوعِ الإيمان، مِن أرْضِ أبينا ابراهيم، نُؤَكِّدُ أنَّ اللهَ رَحيمٌ، وأنَّ أَكْبَرَ إساءَةٍ وَتَجْديفٍ هيَ أنْ نُدَنِّسَ اسْمَهُ القُدُوس بِكَراهِيَةِ إخْوَتِنا. لا يَصْدُرُ العَداءُ والتَطَرُّفُ والعُنْفُ مِن نَفْسٍ مُتَدَيِّنَة: بَلْ هذِهِ كُلُّها خِيانَةٌ لِلْدِين. وَنَحْنُ المُؤْمِنين، لا نَقْدِرُ أنْ نَصْمُتَ عِندما يُسيءُ الإرهابُ إلى الدِين. بَلْ واجِبٌ عَلَيْنا إزالَةُ سُوءِ الفَهْم. لا نَسْمَحْ لِنُورِ السَماءِ أنْ تُغَطِّيَهُ غُيُومُ الكَراهِيَة! كانَتْ كَثِيفَةً، فَوْقَ هذا البَلَد، غُيُومُ الإرْهابِ والحَرْبِ والعُنْفِ المُظْلِمَة. وَعانَتْ مِنْها جَميعُ الجَماعاتِ العِرقِيَّةِ والدينيَّة. أَوَدُّ أنْ أذْكُرَ بِصُورَةٍ خاصَّة اليَزِيدِيّين الذينَ بَكَوا لِمَقْتَلِ الكَثيرينَ مِنْهُم، وَشاهَدُوا أُلوفَ النِساءِ والفَتَياتِ والأطْفالِ يُخْطَفُونَ وَيُباعُونَ كَعَبِيد، وَقَدْ أُخْضِعُوا لِلْعُنْفِ الجَسَدِيّ والارْتِدادِ الدينيّ الإجباري. نُصَلّي اليَوْمَ مِن أجلِ الذينَ تَحَمَّلُوا هذهِ الآلام، والذينَ ما زالوا في عِدادِ المَفْقُودِين والمَخْطُوفِين حَتَى يَعُودُوا إلى بُيُوتِهِم قَريبًا. وَنُصَلّي مِن أجلِ احتِرامِ حُرِّيَّةِ الضَّميرِ والحُرِّيَّةِ الدينيَّة والاعتِرافِ بِها في كُلِّ مَكان: إنَّها حُقُوقٌ أَساسِيَّة، لأَنَّها تَجْعَلُ الإنسانَ حُرًّا لِلتَأَمُّلِ في السماءِ التي خُلِقَ لَها.

عِندما اجْتاحَ الإرْهابُ شَمالَ هذا البَلَدِ الحَبيب، دَمَّرَ بِوَحْشِيَّةٍ جُزءًا مِن تُراثِهِ الدينيّ الثَمين، بِما في ذَلِكَ الكَنائِسَ والأَدْيُرَةَ وَدُورَ العِبادَة لِمُخْتَلِفِ الجَماعات. وَلَكِنْ حَتَى في تِلْكَ اللحَظاتِ الحالِكَة، كانَتْ النُجُومُ تَتَألَّق. أُفَكِّرُ في الشَبابِ المُسْلِمين المُتَطَوِّعِين في المُوصِل، الذينَ ساعَدُوا في إعادَةِ تَرْميمِ الكَنائِسِ والأَدْيُرَة، وَبَنَوْا صَداقاتٍ أَخَوِيَّة علَى أنْقاضِ الكَراهِيَة، وأُفَكِّرُ في المَسيحيّينَ والمُسْلِمينَ الذينَ يُرَمِّمُونَ اليَوْمَ مَعًا المَساجِدَ والكَنائِس. كَلَّمَنا الأُسْتاذُ علي ثجيل عَن عَوْدَةِ الحُجَّاجِ إلى هذهِ المَدينة. الحَجُّ إلى الأماكِنِ المُقَدَّسَةِ أَمْرٌ مُهِمّ: إنَّها أَجْمَلُ عَلامَةٍ لِلْحَنينِ إلى السَماءِ وَنَحْنُ علَى الأرْض. لِذَلِك حُبُّ الأماكِنِ المُقَدَّسَة، والمُحافَظَةُ عَلَيْها، ضَرُورَةٌ وُجُودِيَّة، مُتَذَكِرينَ أبانا ابراهيم، الذي أقامَ في أماكِنَ مُخْتَلِفَة مَذابِحَ للهِ مُتَّجِهَةً إلى السماء (را. تك 12، 7 .8؛ 13، 18؛ 22، 9). لِيُساعِدْنا أبونا ابراهيم أنْ نَجْعَلَ الأماكِنَ المُقَدَّسَة، لِكُلِّ واحِدٍ مِنّا، واحَةَ سَلامٍ وَمكانَ لِقاءٍ لِلْجَميع! فَهُوَ، بِأمانَتِهِ لله، صارَ بَرَكَةً لِجَميعِ الشُعُوب (را. تك 12، 3). ولْيَكُنْ وُجُودُنا هُنا اليَوْم علَى خُطاه عَلامَةَ بَرَكَةٍ وَرَجاءٍ لِلْعِراق، والشَرْقِ الأوْسَط، والعالَمِ أجْمَع. السّماءُ لا تَتْعَبُ مِنَ الأرض: اللهُ يُحِبُّ كُلَّ أبْنائِهِ وَكُلَّ الشُعُوب. وَنَحْنُ أيضًا، لا نَتْعَبُ أبَدًا مِنَ النَظَرِ إلى السماء، وَمِنَ النَظَرِ إلى هذهِ النُجُوم، التي نَظَرَتْ وَرَأَتْ أبانا ابراهيم في زَمَنِه.

2. نَسيرُ علَى الأرْض. النَظَرُ إلى السماءِ لَمْ يُبْعِدْ عَيْنَيْ ابراهيم عَنِ الأرْض، بَلْ شَجَّعَهُ لِيَسيرَ علَى الأرْض، وأَنْ يَشْرَعَ في رِحْلَةٍ، شَمَلَتْ مِن خِلالِ نَسْلِهِ، كُلَّ زَمانٍ وَمَكان. وَلَكِنْ، كُلُّ شَيءٍ بَدأَ هُنا، مِن هُنا، أَخْرَجَهُ اللهُ "مِن أُور" (را. تك 15، 7). كانَتْ مَسيرَتُهُ مَسيرَةَ خُروج، وَفيها تَضْحِيات: كانَ عَلَيْهِ أنْ يَتْرُكَ الأرْضَ والبَيْتَ والأقْرباء. وَلَكِنْ، بالتَخَلِّي عَن عائِلَتِه، صارَ أبًا لِعائِلَةِ شُعوبٍ كَثيرة. يَحْدُثُ شَيءٌ مُشابِهٌ لَنا أيضًا: في مَسيرَتِنا، نَحْنُ أيضًا مَدْعُوُّونَ أنْ نَتْرُكَ رَوابِطَ وَعَلاقاتٍ تُغْلِقُ عَلَيْنا في مَجْمُوعاتِنا، فَتَمْنَعُنا مِن أنْ نُرَحِّبَ بِمَحَبَّةِ اللهِ اللامَحْدُودَة، وأنْ نَرَى في الآخَرينَ إخوَة. نَعَم، نَحنُ بِحاجَةٍ إلى أنْ نَخْرُجَ مِن أَنْفُسِنا، لأنَّنا نَحْتاجُ بَعْضُنا لِبَعْض. لَقَد جَعَلَتْنا الجائِحَةُ نَفْهَمُ أنَّ "لا أَحَدَ يَخْلُصُ وَحْدَهُ" (رسالة بابويّة العامة، Fratelli tutti، 54). وَمَعَ ذَلِك، تُعاوِدُنا دائِمًا التَجْرِبَة، لِنَضَعَ المَسافاتِ بَيْنَنا وَبَيْنَ الآخَرين. والمَبْدأُ "لِيَنْجُ كُلُّ واحدٍ بِنَفْسِهِ"، يُصْبِحُ عاجِلًا: "الجَميعُ ضِدَّ الجَميع"، وِذَلِكَ أَسْوأُ مِنَ الجائِحَة (را. نفس المرجع، 36). في العَواصِفِ التي نَمُرُّ بِها، لَنْ تُخَلِّصَنا عُزْلَتُنا، وَلَنْ يُخَلِّصَنا السِباقُ إلى التَسَلُّحِ وَبِناءِ الجُدْران. ذَلِكَ يَزيدُنا بُعْدًا بَعْضُنا عَن بَعْض، وَيَزيدُنا غَضَبًا وَكَراهِيَة. وَلَنْ تُخَلِّصَنا عِبادَةُ المال، التي تُغْلِقُنا على أَنْفُسِنا وَتُوْقِعُنا في هُوَةٍ عَميقَةٍ مِن عَدَمِ المُساواةِ تَغْرَقُ فيها البَشَريَّة. وَلَنْ يُخَلِّصَنا الاسْتِهلاكُ الذي يُخَدِّرُ الذِهْنَ وَيَشُلُّ القَلَب.

الطَريقُ الذي تُشيرُ إليْهِ السَماءُ لِنسيرَ فيهِ هُوَ طَريقٌ آخَر. إنَّهُ طَريقُ السَّلام. وَيَطْلُبُ مِنّا، خاصَّةً في العاصِفَة، أنْ نَجْتَهِدَ مَعًا بالاتِجاهِ نَفْسِه. بَيْنَما كُلُّنا نُعاني مِنَ الجائِحَة، وَبَيْنَما تَسَبَّبَتْ الصِّراعاتُ هُنا في شَقاءٍ كَثير، إنَّهُ مِن غَيْرِ اللائِقِ أنْ يَهْتَمَّ أَحَدٌ بِشُؤُونِهِ الخاصَّةِ فَقَط. لَنْ يَكونَ سَلامٌ بِدونِ مُشارَكَةٍ وَقُبولِ الجَميعِ لِلْجَميع، وَبِدونِ عَدالَةٍ تَضْمَنُ المُساواةَ والازْدِهارَ لِلْجَميع، بَدْءًا بالمُسْتَضْعَفِين. وَلَنْ يَكونَ سَلامٌ بِدونِ أنْ تَمُدَّ الشُعُوبُ يَدَها إلى الشُعوبِ الأُخْرَى. وَلَنْ يَكونَ سَلامٌ ما زِلْنا نَعْتَبِرُ الآخَرينَ أَنَّهُم آخَرُون، وَلَيْسُوا "نَحنُ"، جُزْءًا مِنّا. وَلَنْ يَكونَ سَلامٌ ما دامَتْ التَحالُفاتُ تَنْشَأُ ضِدَّ أَحَدٍ ما، لأنَّ تَحالُفاتِ البَعْضِ ضِدَّ البَعْض لا تَزيدُ إلّا الانْقِسامات. السَّلامُ ليْسَ فيهِ غالِبونَ وَمَغْلُوبون، بَلْ إخْوَةٌ وأَخَوات، يَسيرونَ مِنَ الصِّراعِ إلى الوَحْدَة، رَغْمَ سُوءِ التَفاهُمِ وَجِراحِ الماضي. لِنُصَلِّ وَلْنَطلُبْ هذا السَّلامَ لِكُلِّ الشَرْقِ الأوْسَط، وَأُفَكِّرُ بِشَكْلٍ خاصّ في سوريا المُجاوِرَة المُعَذَّبَة.

كانَ أبونا ابراهيم نَبيَّ العَليّ، وَهُوَ الذي يَجْمَعُنا اليَوْمَ مُتّحِدِينَ مَعًا. تَقُولُ نُبُوءَةٌ قَديمَةٌ إنَّ الشُعُوبَ "سَيَضْرِبونَ سُيُوفَهُم سِكَكًا وَرِماحَهُم مَناجِل" (أش 2، 4). هَذِهِ النُّبُوءَةُ لَمْ تَتَحَقَّقْ، بَلْ السُيوفُ والرِماحُ صارَتْ صَواريخَ وَقنابِل. فَمِنْ أينَ يُمْكِنُ أنْ يَبْدأَ طَريقُ السَّلام؟ بأَنْ نَعْمَلَ علَى ألَّا يَكونَ لَنا أعْداء. مَنْ كانَتْ لَهُ الشَجاعَةُ لِيَنْظُرَ إلى النُجُوم، وَمَن يُؤْمِنُ بالله، لَيْسَ لَهُ أعْداءٌ يُقاتِلُهُم. لَهُ عَدُوٌّ واحِدٌ فقط، واقِفٌ على بابِ القَلْبِ وَيَقْرَعُ يُريدُ الدُخُول: هُوَ العَداوَة. يَسْعَى البَعْضُ لِيَكونَ لَهُم أعْداء، أَكْثَرَ مِن سَعْيِهِم لِيَكونَ لَهُم أصْدِقاء، وَيَبْحَثُ كَثيرونَ عَن مَصالِحِهِم الخاصَّة علَى حِسابِ الآخَرين. إلّا أنَّ مَنْ يَنْظُرُ إلى النُجُومِ والوُعُود، وَمَن يَتْبَعُ طُرُقَ الله، لا يُمْكِنُ أنْ يَكونَ عَدُوًّا لأَحَد، بَلْ هُوَ مِن أجلِ الجَميع. ولا يُمْكِنُ أنْ يُبَرِّرَ أيَّ شَكْلٍ مِن أشكالِ الهَيْمَنَةِ والظُّلْمِ والانتِهاك، وَلا يُمْكِنُ أنْ يَعْتَدِيَ علَى أَحَد.

أيُّها الأصْدِقاءُ الأعِزّاء، هَلْ كُلُّ هذا مُمْكِن؟ يُشَجِّعُنا أبونا ابراهيم، هُو الذي عَرَفَ أنْ يَرْجُو على غَيْرِ رَجاء (روم 4، 18). في عِبْرِ التاريخ، كَثيرًا ما سَعَيْنا إلى تَحْقيقِ أهْدافٍ أرْضِيَّةٍ فقط، وَسارَ كُلٌّ مِنّا بِمُفْرَدِه، لَكِنْ بِعَوْنِهِ تَعالَى يُمْكِنُنا أنْ نُبَدِّلَ أنْفُسَنا نَحْوَ الأفْضَل. عَلَيْنا نَحْنُ إنْسانِيَّةَ اليوم، وَقَبْلَ كُلِّ شَيء، نَحنُ المُؤْمِنينَ مِن كُلِّ الأدْيان، أنْ نُحَوِّلَ أَدَواتِ الكَراهِيَةِ إلى أَدَواتِ سَلام. عَلَيْنا نَحنُ أنْ نَحُثَّ المَسْؤُولينَ عَنِ الشُعوب، وَبِشِدَّة، حَتَى يُبَدِّلُوا انْتِشارَ الأَسْلِحَةِ المُتَزايِدِ بِتَوزيعِ الغِذاءِ لِلْجَميع. عَلَيْنا نَحْنُ أنْ نُسْكِتَ الِاتِّهاماتِ المُتَبادَلة، لِنَسْمَحَ بِسَماعِ صُراخِ المَظْلومينَ والمُبْعَدِينَ علَى هذا الكَوْكَب: كَثيرُونَ هُمْ المَحْرُومونَ مِنَ الخُبْزِ والدَواءِ والتَعْليمِ والحُقُوقِ والكَرامَة! عَلَيْنا نَحْنُ أنْ نُسَلِّطَ الضَّوْءَ علَى المُناوَراتِ المَشْبُوهَة التي تَدُورُ حَوْلَ المال، وأنْ نَطْلُبَ بِشِدَّةٍ أنْ لا يَذْهَبَ المالُ دائِمًا لِتَغْذِيَةِ شَهْوَةِ البَعْضِ الجامِحَة. عَلَيْنا نَحْنُ أنْ نَحْرُسَ بَيْتَنا المُشْتَرَك مِن نَوايانا المُدَمِّرَة. عَلَيْنا نَحْنُ أنْ نُذَكِّرَ العالَمَ بأنَّ الحَياةَ البَشَريَّة قيمَتُها بِما هي، وليْسَ بِما تَمْلِك، وأنَّ حَياةَ الجَنين، وكِبارِ السِّن، والمُهاجِرين، رِجالًا وَنِساءً مِن كُلِّ لَوْنٍ وَقَوْمِيَّة، هيَ دائِمًا مُقَدَّسَة، وَقيمَتُها مِثْلُها مِثْلُ حَياةِ الجَميع! عَلَيْنا نَحْنُ أنْ نَتَحَلَّى بالشَجاعَةِ لِنَرْفَعَ أَعْيُنَنا وَنَنْظُرَ إلى النُجُوم، نُجُومِ الوَعْد، النُجُومِ التي رأَتْ أبانا ابراهيم.

كانَتْ مَسيرَةُ ابراهيم بَرَكَةَ سَلام. لَكِنْ لَمْ تَكُنْ سَهْلَة: كانَ عَلَيْهِ أنْ يُواجِهَ مَعارِكَ وأحْداثًا غَيْرَ مُتَوَقَّعَة. أمامَنا نَحْنُ أيضًا طَريقٌ وَعْر، وَنَحْتاجُ، مِثْلَ أبينا ابراهيم، أنْ نَتَّخِذَ خَطَواتٍ مَلْموسَة، وأنْ نَحِجَّ نَحْوَ الآخَرِ حتَى نَكْتَشِفَ وَجْهَهُ، وأنْ نَتَبَادَلَ الذِكْرَيات، والنَّظَراتِ ولَحَظاتِ الصَّمْت، والقِصَصَ والخِبرَات. أثَّرَتْ فيَّ شَهادَةُ السَيِّدَين داود وَحَسَن، مَسيحي وَمُسْلِم، دَرَسُوا مَعًا وَعَمِلُوا مَعًا وَلَمْ تُحْبِطْهُم الاخْتِلافات. مَعًا بَنَوْا المُسْتَقْبَل، واكْتَشَفُوا أنَّهُما إخوَة. لِلْمُضِيِّ قُدُمًا، نَحْتاجُ نَحْنُ أيضًا إلى أنْ نَقومَ مَعًا بِشَيءٍ جَيِّدٍ وَعَمَليّ. هذا هُو الطَريق، خاصَةً لِلْشَبابِ الذينَ لا يَسْتَطيعونَ أنْ يَرَوْا أحْلامَهُم تَتَحَطَّمُ بِسَبَبِ صِراعاتِ الماضي! مِنَ الضَّرُوريّ تَنْشِئَتُهُم علَى الأُخُوَّة، مِنَ الضَّرُوريّ تَنْشِئَتُهُم لِلْنَظَرِ إلى النُجُوم. وهذا أمْرٌ عاجِلٌ حقًّا، لأنَّهُ اللُقاحُ الأَكْثَرُ فَعَالِيَّةً لِبُلُوغِ غَدٍ فيهِ سَلام. لأَنَّكُم أَنْتُم، أيُّها الشَبابُ الأعِزّاء، حاضِرُنا وَمُسْتَقْبَلُنا!

مَعَ الآخَرينَ فَقَط يُمْكِنُ أنْ تَلْتَئِمَ جِراحُ الماضي. تَحَدَّثَتْ السَيِّدَة رَفَح عَن مِثالِ ناجي البُطُوليّ، مِن طائِفَةِ الصابِئَةِ المَنْدائِيين، الذي فَقَدَ حَياتَهُ في مُحَاوَلَةٍ لإنْقاذِ عائِلَةِ جارِهِ المُسْلِم. كَمْ مِنَ الناسِ هُنا، في صَمْتِ العالَمِ وَعَدَمِ اهتِمامِه، بَدَأُوا رِحْلاتِ الأُخُوَّة! تَحَدَّثَتْ أيضًا لنا السَيِّدَة رَفَح عَن مُعاناةِ الحَرْبِ التي لا تُوْصَف، والتي أَجْبَرَتْ الكَثيرينَ أنْ يَتْرُكُوا بُيُوتَهُم وَوَطَنَهُم بَحْثًا عَن مُسْتَقْبَلٍ لأَبْنائِهِم. شُكْرًا، رَفَح، علَى مُشارَكَتِنا إرادَتَكِ الراسَخَة لِلْبَقاءِ هُنا في أرْضِ آبائِك. كَثيرونَ لَمْ يَنْجَحُوا واضْطُرُّوا إلى الفِرار. أَتَمَنَّى أنْ يَجِدُوا تَرْحيبًا وِدِّيًّا يَسْتَحِقُّهُ أشْخاصٌ ضُعَفاءُ وَجَرْحَى.

بالتَحْديد، مِن خِلالِ حُسْنِ الضِيافَة، وَهيَ سِمَةٌ مُمَيَّزَة لِهَذِهِ البِلاد، حَظِيَ ابراهيم بِزيارةِ الله، وَوَهَبَهُ اللهُ ابْنًا علَى غَيْرِ تَوَقُّعٍ مِنْهُ. (را. تك 18، 1-10). نَحْنُ، الإخْوَةَ والأَخَواتِ مِن دِياناتٍ مُخْتَلِفَة، التَقَيْنا اليَوْمَ هُنا، في بَيْتِنا، وَمِن هُنا، مَعًا، نُريدُ أنْ نَلْتَزِمَ حتَى نُحَقِّقَ حُلْمَ الله وَهُوَ: أنْ تُصْبِحَ العائِلَةُ البَشَريَّة مِضْيافَةً تُرَحِّبُ بِجَميعِ أبْنائِها. وإذْ نَنْظُرُ مَعًا إلى السَماءِ نَفْسِها، نَسيرُ بِسَلامٍ على الأرْضِ نَفْسِها.

[00273-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Preghiera dei figli di Abramo

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Dio Onnipotente, Creatore nostro che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue mani hanno compiuto, noi, figli e figlie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci donato come padre comune nella fede Abramo, figlio insigne di questa nobile e cara terra.

Ti ringraziamo per il suo esempio di uomo di fede che ti ha obbedito fino in fondo, lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare verso una terra che non conosceva.

Ti ringraziamo anche per l’esempio di coraggio, di resilienza e di forza d’animo, di generosità e di ospitalità che il nostro comune padre nella fede ci ha donato.

Ti ringraziamo, in particolare, per la sua fede eroica, dimostrata dalla disponibilità a sacrificare suo figlio per obbedire al tuo comando. Sappiamo che era una prova difficilissima, dalla quale tuttavia è uscito vincitore, perché senza riserve si è fidato di Te, che sei misericordioso e apri sempre possibilità nuove per ricominciare.

Ti ringraziamo perché, benedicendo il nostro padre Abramo, hai fatto di lui una benedizione per tutti i popoli.

Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse.

Fai di ognuno di noi un testimone della tua cura amorevole per tutti, in particolare per i rifugiati e gli sfollati, le vedove e gli orfani, i poveri e gli ammalati.

Apri i nostri cuori al perdono reciproco e rendici strumenti di riconciliazione, costruttori di una società più giusta e fraterna.

Accogli nella tua dimora di pace e di luce tutti i defunti, in particolare le vittime della violenza e delle guerre.

Assisti le autorità civili nel cercare e trovare le persone rapite, e nel proteggere in modo speciale le donne e i bambini.

Aiutaci ad avere cura del pianeta, casa comune che, nella tua bontà e generosità, hai dato a tutti noi.

Sostieni le nostre mani nella ricostruzione di questo Paese, e dacci la forza necessaria per aiutare quanti hanno dovuto lasciare le loro case e loro terre a rientrare in sicurezza e con dignità, e a iniziare una vita nuova, serena e prospera. Amen.

[00274-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Dieu Tout-Puissant, notre Créateur qui aime la famille humaine et tout ce que tes mains ont accompli, nous, fils et filles d’Abraham appartenant au judaïsme, au christianisme et à l’islam, avec les autres croyants et toutes les personnes de bonne volonté, nous te remercions de nous avoir donné comme père commun dans la foi Abraham, fils éminent de cette noble et bien-aimée terre.

Nous te remercions pour son exemple d’homme de foi qui t’a obéi jusqu’au bout, en laissant sa famille, sa tribu et sa patrie pour aller vers une terre qu’il ne connaissait pas.

Nous te remercions aussi pour l’exemple de courage, de résistance et de force d’âme, de générosité et d’hospitalité que notre père commun dans la foi nous a donné.

Nous te remercions en particulier pour sa foi héroïque, manifestée par sa disponibilité à sacrifier son fils afin d’obéir à ton commandement. Nous savons que c’était une épreuve très difficile dont il est sorti vainqueur parce qu’il t’a fait confiance sans réserve, que tu es miséricordieux et que tu ouvres toujours des possibilités nouvelles pour recommencer.

Nous te remercions parce que, en bénissant notre père Abraham, tu as fait de lui une bénédiction pour tous les peuples.

Nous te demandons, Dieu de notre père Abraham et notre Dieu, de nous accorder une foi forte, active à faire le bien, une foi qui t’ouvre nos cœurs ainsi qu’à tous nos frères et sœurs; et une espérance irrépressible, capable de voir partout la fidélité de tes promesses.

Fais de chacun de nous un témoin du soin affectueux que tu as pour tous, en particulier pour les réfugiés et les déplacés, les veuves et les orphelins, les pauvres et les malades.

Ouvre nos cœurs au pardon réciproque et fais de nous des instruments de réconciliation,

des bâtisseurs d’une société plus juste et plus fraternelle.

Accueille dans ta demeure de paix et de lumière tous les défunts, en particulier les victimes de la violence et des guerres.

Aide les autorités civiles à chercher et à retrouver les personnes qui ont été enlevées, et à protéger de façon particulière les femmes et les enfants.

Aide-nous à prendre soin de la planète, maison commune que, dans ta bonté et générosité, tu nous as donnée à tous.

Soutiens nos mains dans la reconstruction de ce pays, et donne-nous la force nécessaire pour aider ceux qui ont dû laisser leurs maisons et leurs terres à rentrer en sécurité et avec dignité, et à entreprendre une vie nouvelle, sereine et prospère. Amen.

[00274-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Almighty God, our Creator, you love our human family and every work of your hands:

As children of Abraham, Jews, Christians and Muslims, together with other believers and all persons of good will, we thank you for having given us Abraham, a distinguished son of this noble and beloved country, to be our common father in faith.

We thank you for his example as a man of faith, who obeyed you completely, left behind his family, his tribe and his native land, and set out for a land that he knew not.

We thank you too, for the example of courage, resilience, strength of spirit, generosity and hospitality set for us by our common father in faith.

We thank you in a special way for his heroic faith, shown by his readiness even to sacrifice his son in obedience to your command. We know that this was an extreme test, yet one from which he emerged victorious, since he trusted unreservedly in you, who are merciful and always offer the possibility of beginning anew.

We thank you because, in blessing our father Abraham, you made him a blessing for all peoples.

We ask you, the God of our father Abraham and our God, to grant us a strong faith, a faith that abounds in good works, a faith that opens our hearts to you and to all our brothers and sisters; and a boundless hope capable of discerning in every situation your fidelity to your promises.

Make each of us a witness of your loving care for all, particularly refugees and the displaced, widows and orphans, the poor and the infirm.

Open our hearts to mutual forgiveness and in this way make us instruments of reconciliation, builders of a more just and fraternal society.

Welcome into your abode of peace and light all those who have died, particularly the victims of violence and war.

Assist the authorities in the effort to seek and find the victims of kidnapping and in a special way to protect women and children.

Help us to care for the earth, our common home, which in your goodness and generosity you have given to all of us.

Guide our hands in the work of rebuilding this country, and grant us the strength needed to help those forced to leave behind their homes and lands, enabling them to return in security and dignity, and to embark upon a new, serene and prosperous life. Amen.

[00274-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Allmächtiger Gott, unser Schöpfer, du liebst die Menschheitsfamilie und auch sonst alles, was deine Hände vollbracht haben. Wir, die Söhne und Töchter Abrahams, die dem Judentum, dem Christentum und dem Islam angehören, danken dir zusammen mit anderen Gläubigen und allen Menschen guten Willens, dass du uns Abraham, einen berühmten Sohn dieses edlen und geschätzten Landes, als gemeinsamen Vater im Glauben geschenkt hast.

Wir danken dir für das Beispiel dieses gläubigen Mannes, der dir bis zum Äußersten gehorchte und seine Familie, seinen Stamm und seine Heimat verließ, um in ein Land zu gehen, das er nicht kannte.

Wir danken dir auch für das Beispiel an Mut, Durchhaltevermögen, Seelenstärke, Großzügigkeit und Gastfreundschaft, das uns unser gemeinsamer Vater im Glauben gegeben hat.

Wir danken dir insbesondere für seinen heroischen Glauben, den er bewies, als er bereit war, seinen Sohn zu opfern, um deinem Befehl zu gehorchen. Wir wissen, dass dies eine äußerst schwierige Prüfung war, aus der er dennoch als Sieger hervorging, weil er dir ohne Vorbehalt traute, der du barmherzig bist und immer neue Wege für einen Neubeginn eröffnest.

Wir danken dir, denn dadurch, dass du unseren Vater Abraham gesegnet hast, hast du ihn zu einem Segen für alle Völker gemacht.

Wir bitten dich, du Gott unseres Vaters Abraham und unser Gott: Schenke uns einen starken Glauben, der sich für das Gute einsetzt, einen Glauben, der unsere Herzen für dich und für alle unsere Brüder und Schwestern öffnet, und eine Hoffnung, die sich nicht unterdrücken lässt und überall die Treue deiner Verheißungen zu erkennen vermag.

Mache jeden von uns zu einem Zeugen deiner liebenden Sorge für alle, besonders für die Flüchtlinge und Vertriebenen, die Witwen und Waisen, die Armen und Kranken.

Öffne unsere Herzen, schenke uns die Bereitschaft, einander zu vergeben und mache uns zu Werkzeugen der Versöhnung, zu Erbauern einer gerechteren und geschwisterlicheren Gesellschaft.

Nimm alle Verstorbenen, besonders die Opfer von Gewalt und Krieg, auf in dein Reich des Lichtes und des Friedens.

Steh den Verantwortlichen darin bei, die Entführten zu suchen und zu finden und vor allem Frauen und Kinder zu schützen.

Hilf uns für den Planeten Sorge zu tragen, das gemeinsame Haus, das du uns allen in deiner Güte und Großzügigkeit gegeben hast.

Komm uns beim Wiederaufbau dieses Landes zu Hilfe und gib uns die Kraft, die wir brauchen, um denen zu helfen, die ihre Heimat und ihr Land verlassen mussten, so dass sie sicher und in Würde zurückzukehren und ein neues Leben in Frieden und Wohlstand beginnen können. Amen.

[00274-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Dios omnipotente, Creador nuestro que amas a la familia humana y a todo lo que han hecho tus manos, nosotros, los hijos e hijas de Abrahán pertenecientes al judaísmo, al cristianismo y al islam, junto a los otros creyentes y a todas las personas de buena voluntad, te agradecemos por habernos dado como padre común en la fe a Abrahán, hijo insigne de esta noble y amada tierra.

Te damos gracias por su ejemplo de hombre de fe que te obedeció hasta el fin, dejando su familia, su tribu y su patria para ir hacia una tierra que no conocía.

También te agradecemos por el ejemplo de valentía, resiliencia y fortaleza, de generosidad y hospitalidad que nuestro padre común en la fe nos ha dado.

Te damos gracias, en particular, por su fe heroica, demostrada por la disponibilidad para sacrificar a su hijo por obedecer tu mandato. Sabemos que era una prueba muy difícil, de la que, no obstante, salió vencedor, porque sin condiciones confió en Ti, que eres misericordioso y abres siempre nuevas posibilidades para volver a empezar.

Te agradecemos porque, bendiciendo a nuestro padre Abrahán, lo has hecho una bendición para todos los pueblos.

Te pedimos, Dios de nuestro padre Abrahán y Dios nuestro, que nos concedas una fe fuerte, diligente en el bien, una fe que abra nuestros corazones a Ti y a todos nuestros hermanos y hermanas; y una esperanza invencible, capaz de percibir en todas partes la fidelidad de tus promesas.

Haz de cada uno de nosotros un testigo de tu cuidado amoroso hacia todos, en particular hacia los refugiados y los desplazados, las viudas y los huérfanos, los pobres y los enfermos.

Abre nuestros corazones al perdón recíproco y haznos instrumentos de reconciliación, constructores de una sociedad más justa y fraterna.

Acoge en tu morada de paz y de luz a todos los difuntos, en particular a las víctimas de la violencia y de las guerras.

Asiste a las autoridades civiles en la búsqueda y el rescate de las personas secuestradas, y en la particular protección de las mujeres y los niños.

Ayúdanos a cuidar el planeta, la casa común que, en tu bondad y generosidad, nos has dado a todos nosotros.

Sostiene nuestras manos en la reconstrucción de este país, y concédenos la fuerza necesaria para ayudar a cuantos han tenido que dejar sus casas y sus tierras con vistas a alcanzar seguridad y dignidad, y a comenzar una vida nueva, serena y próspera. Amén.

[00274-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Deus Todo-Poderoso, nosso Criador, que amais a família humana e tudo o que as vossas mãos fizeram, nós, filhos e filhas de Abraão pertencentes ao Judaísmo, ao Cristianismo e ao Islão, juntamente com os demais crentes e todas as pessoas de boa vontade, agradecemo-Vos por nos terdes dado como pai comum na fé Abraão, filho insigne desta nobre e amada terra.

Agradecemo-Vos pelo seu exemplo de homem de fé que Vos obedeceu completamente, deixando a sua família, a sua tribo e a sua pátria a fim de ir para uma terra que não conhecia.

Agradecemo-Vos também pelo exemplo de coragem, resiliência e força de ânimo, generosidade e hospitalidade que nos deu o nosso pai comum na fé.

Agradecemo-Vos particularmente pela sua fé heroica, demonstrada na disponibilidade em sacrificar o próprio filho para obedecer à vossa ordem. Sabemos que era uma prova muito difícil, da qual todavia saiu vitorioso, porque confiou sem reservas em Vós, que sois misericordioso e sempre abris novas possibilidades para recomeçar.

Agradecemo-Vos porque, abençoando o nosso pai Abraão, fizestes dele uma bênção para todos os povos.

Pedimo-Vos, Deus do nosso pai Abraão e nosso Deus, que nos concedais uma fé forte, operosa no bem, uma fé que abra os nossos corações a Vós e a todos os nossos irmãos e irmãs; e uma esperança irreprimível, capaz de em tudo vislumbrar a fidelidade das vossas promessas.

Fazei de cada um de nós uma testemunha do vosso cuidado amoroso por todos, especialmente os refugiados e os deslocados, as viúvas e os órfãos, os pobres e os doentes.

Abri os nossos corações ao perdão recíproco, tornando-nos instrumentos de reconciliação, construtores duma sociedade mais justa e fraterna.

Acolhei na vossa morada de paz e luz todos os defuntos, de modo particular as vítimas da violência e das guerras.

Assisti as autoridades civis na busca e localização das pessoas sequestradas e na proteção especial das mulheres e crianças.

Ajudai-nos a cuidar da terra, a casa comum que, na vossa bondade e generosidade, destes a todos nós.

Sustentai as nossas mãos na reconstrução deste país e dai-nos a força necessária para ajudar, aqueles que tiveram de deixar as suas casas e terras, a regressar em segurança e com dignidade, e a começar uma vida nova, serena e próspera. Amen.

[00274-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Wszechmogący Boże, nasz Stwórco, który miłujesz rodzinę ludzką i wszystko to, czego dokonały Twoje ręce, my synowie i córki Abrahama – wyznawcy judaizmu, chrześcijaństwa i islamu, wraz z innymi osobami wierzącymi i wszystkimi ludźmi dobrej woli – dziękujemy Ci za to, że dałeś nam jako wspólnego ojca w wierze Abrahama, wybitnego syna tej szlachetnej i umiłowanej ziemi.

Dziękujemy Ci za jego wzór bycia człowiekiem wiary, który był Ci posłuszny aż do końca, opuszczając swoją rodzinę, swoje plemię i swoją ojczyznę, aby udać się do ziemi, której nie znał.

Dziękujemy również za wzór męstwa, niezłomności i siły ducha, wielkoduszności i gościnności, który dał nam nasz wspólny ojciec w wierze.

Dziękujemy Ci zwłaszcza za jego heroiczną wiarę, wyrażoną w gotowości poświęcenia własnego syna, aby być posłusznym Twoim nakazom. Wiemy, że była to najtrudniejsza próba, z której jednak wyszedł zwycięsko, bo bez zastrzeżeń zaufał Tobie, który jesteś miłosierny i zawsze otwierasz możliwości rozpoczynania na nowo.

Dziękujemy Ci, ponieważ, obficie błogosławiąc naszemu ojcu Abrahamowi, uczyniłeś go błogosławieństwem dla wszystkich narodów.

Prosimy Cię, Boże naszego ojca Abrahama i nasz Boże, obdarz nas silną wiarą, czyniącą dobro, wiarą, która otworzyłaby nasze serca na Ciebie i na wszystkich naszych braci i siostry; to niepohamowana nadzieja, zdolna wszędzie dostrzegać wierność Twoich obietnic.

Spraw, aby każdy z nas był świadkiem Twojej miłującej troski o wszystkich, a zwłaszcza o uchodźców i wysiedleńców, wdowy i sieroty, ubogich i chorych.

Otwórz nasze serca na wzajemne przebaczenie i uczyń nas narzędziami pojednania, budowniczymi społeczeństwa bardziej sprawiedliwego i braterskiego.

Przyjmij w swoim przybytku pokoju i światła wszystkich zmarłych, a szczególnie ofiary przemocy i wojny.

Wspieraj władze państwowe w poszukiwaniu i odnajdywaniu osób uprowadzonych oraz w chronieniu w szczególny sposób kobiet i dzieci.

Pomóż nam troszczyć się o planetę, wspólny dom, który w Twojej dobroci i hojności dałeś nam wszystkim.

Wspieraj nasze ręce w odbudowie tego kraju i daj nam niezbędną siłę, abyśmy mogli pomóc tym, którzy musieli opuścić swoje domy i ziemie, by powrócili bezpiecznie i z godnością, i rozpoczęli nowe, spokojne i dostatnie życie. Amen.

[00274-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى العراق

صلاة أبناء ابراهيم

في اللقاء بين الأديان

أور، 6 آذار/مارس 2021

أيُّها الإلَهُ القَدير، يا خَالِقَنا ويا مُحِبَّ البَشَرِ وَكُلِّ ما صَنَعَتْ يَداك، نَحْنُ أبْناءَ وَبَناتِ ابراهيم المُنتَمِينَ إلى اليَهُوديَّةِ والمَسيحيَّةِ والإسْلام، مَعَ كافَةِ المُؤْمِنينَ وَجَميعِ أصْحابِ النَوايا الحَسَنَة، نَشْكُرُكَ لأنّكَ أعطَيْتَنا ابراهيم، ابنَ هذهِ الأرْضِ النَبِيلَةِ والعَزِيزَة، أبًا مُشتَرَكًا في الإيمان.

نَشكُرُكَ لأنَّهُ مِثالُ الرَجُلِ المُؤمِن، الذي أطاعَكَ حتى النِهايَة، فَتَرَكَ عائِلَتَهُ وَقَبِيلَتَهُ وَوَطَنَهُ لِكَي يَذهَبَ إلى أرضٍ لا يَعْرِفُها.

نَشْكُرُكَ أيضًا على المِثالِ الذي قَدَّمَهُ لنا أبونا المُشْتَرَك في الشَجاعةِ، والثَباتِ وقُوَةِ النَفس، والكرَمِ والضِّيافَة.

نَشْكُرُكَ، بِصُورةٍ خاصّة، لإيمانِهِ البُطوليّ، الذي أظْهَرَهُ باسْتِعدادِهِ للتَضْحِيَةِ بِابنِهِ طاعَةً لِأمْرِك. إنَّنا نُدرِكُ أنَّ ذَلِكَ كانَ لَهُ امتِحانًا في غايَةِ الصُّعُوبَة، لَكِنَّهُ خَرَجَ مِنْهُ مُنْتَصِرًا، لأنَّهُ وَثِقَ بِكَ دونَ تَحَفُظ، أنتَ الرَحِيمُ الذي يَمْنَحُ دومًا فُرَصًا لِلْبَدءِ مِن جَديد.

نَشكُرُكَ لأنَّكَ أفَضْتَ بَرَكَتَكَ على أبينا إبراهيم فَجَعَلْتَهُ بَرَكَةً لِجَميعِ الشُعُوب.

يا إِلَهَ أبينا إبراهيمَ وإِلَهَنا، نَسْأَلُكَ أنْ تَمْنَحَنا إيمانًا قَويًّا، جادًّا في عَمَلِ الخَير، إيمانًا يَفْتَحُ قُلُوبَنا لَكَ ولِكُلِّ إخوَتِنا وأخَواتِنا، ورجاءً لا يَخيب، قادِرًا على أنْ يَرَى أمانَةَ وُعُودِكَ في كُلِّ مَكان.

اجْعَلْ كُلَّ واحِدٍ منّا شاهِدًا على اهتِمامِكَ وَحُبِّكَ لِلْجَميعِ وَخاصَّةً اللاجئينَ والمُشَرَّدين، والأرامِلِ والأيتام، والفُقَراءِ والمَرضى.

افتَحْ قُلُوبَنا لِلْمَغْفِرَةِ المُتَبادَلَة، فنُصْبِحَ أَدَواتٍ لِلْمُصَالَحَةِ، فنَبْنِيَ مُجْتَمَعًا أكثرَ عَدالَةً وأُخُوَّة.

اقبَلْ جَميعَ المَوتى في دارِ الأبَديَّة، دارِ السَّلامِ والنُور، وَخاصَّةً ضَحايا العُنْفِ والحُروب.

اعْضُدِ السُّلُطاتِ المَدَنيَّةَ في البَحْثِ عنِ المَخْطُوفينَ والعُثورِ عَلَيْهِم، وفي حِمايَةِ النِساءِ والأطفالِ بِصُورَةٍ خاصَّة.

ساعِدْنا أنْ نَعْتَنِيَ بالأرْض، بَيْتِنا المُشْتَركِ الذي وَهَبْتَهُ، بِجُودِكَ وَصَلاحِكَ، لنا جَميعًا.

أيِّدْنا في إعادَةِ بِناءِ هذهِ البِلاد، وامنَحْنَا القُوَّةَ اللازِمَةَ لمُساعَدَةِ الذينَ اضْطَرُّوا إلى مُغادَرَةِ بيُوتِهِم وأراضِيهِم، لِلْعَوْدَةِ بأمانٍ وَكَرامَة، لبَدْءِ حَياةٍ جَدِيدَةٍ مُطْمَئِنَّةٍ ومُزْدَهِرَة. آمين.

[00274-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0135-XX.02]