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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Iraq (5-8 marzo 2021) – Accoglienza all’Aeroporto di Baghdad, breve incontro con il Primo Ministro della Repubblica d’Iraq, Cerimonia di Benvenuto e Visita di Cortesia al Presidente e Incontro con le Autorità, 05.03.2021


Accoglienza Ufficiale all’Aeroporto Internazionale di Baghdad e breve incontro con il Primo Ministro della Repubblica d’Iraq

Cerimonia Ufficiale di Benvenuto al Palazzo Presidenziale e Visita di cortesia al Presidente della Repubblica d’Iraq

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico nel Palazzo Presidenziale di Baghdad

Accoglienza Ufficiale all’Aeroporto Internazionale di Baghdad e breve incontro con il Primo Ministro della Repubblica d’Iraq

All’arrivo all’Aeroporto Internazionale di Baghdad, il Santo Padre Francesco è stato accolto dal Primo Ministro della Repubblica d’Iraq, Sig. Mustafa Abdellatif Mshatat, conosciuto come Al-Kadhimi. Due bambini in abito tradizionale hanno consegnato un omaggio floreale al Papa.

Dopo la presentazione delle rispettive Delegazioni e la Guardia d’Onore, il Santo Padre e il Primo Ministro si sono recati nella Sala VIP dell’Aeroporto per un breve incontro in privato.

Al termine dell’incontro, dopo le foto ufficiali, Papa Francesco si è trasferito in auto al Palazzo Presidenziale per la Cerimonia Ufficiale di Benvenuto.

[00287-IT.02]

Cerimonia Ufficiale di Benvenuto al Palazzo Presidenziale e Visita di cortesia al Presidente della Repubblica d’Iraq

Alle ore 15.00 locali (13.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco è arrivato al Palazzo Presidenziale di Baghdad dove ha avuto luogo la Cerimonia Ufficiale di Benvenuto.

Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Presidente della Repubblica d’Iraq, Sig. Barham Ahmed Salih Qassim, e dalla Consorte all’ingresso del Palazzo Presidenziale.

Dopo l’esecuzione degli inni e la presentazione delle rispettive Delegazioni, il Santo Padre ha ricevuto un omaggio floreale da due bambini. Quindi, dopo la foto ufficiale insieme al Presidente della Repubblica e alla Consorte, nello Studio ha avuto luogo la visita di cortesia.

Dopo l’incontro privato e la presentazione della famiglia, il Presidente ha accompagnato il Papa nella sala dove è avvenuto lo scambio dei doni.

Al termine della visita di cortesia si sono recati nel grande salone del Palazzo Presidenziale dove ha avuto luogo l’incontro con le Autorità, i rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico.

[00288-IT.02]

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico nel Palazzo Presidenziale di Baghdad

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 15.45 locali (13.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato nel salone del Palazzo Presidenziale le Autorità politiche e religiose, i rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico.

Dopo il saluto del Presidente della Repubblica d’Iraq, Sig. Barham Ahmed Salih Qassim, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine, il Santo Padre e il Presidente si sono congedati all’ingresso del Palazzo Presidenziale. Quindi Papa Francesco si è trasferito in auto alla Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza per l’incontro con i Vescovi e i Religiosi.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’Incontro con le Autorità politiche e religiose, i rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico:

Discorso del Santo Padre

Signor Presidente,
Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
distinte Autorità,
Rappresentanti della società civile,
Signore e Signori!

Sono grato dell’opportunità di compiere questa Visita, a lungo attesa e desiderata, nella Repubblica di Iraq; di poter venire in questa terra, culla della civiltà strettamente legata, attraverso il Patriarca Abramo e numerosi profeti, alla storia della salvezza e alle grandi tradizioni religiose dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam. Esprimo la mia gratitudine al Signor Presidente Salih per l’invito e per le cortesi parole di benvenuto, che mi ha rivolto anche a nome delle Autorità e del suo amato popolo. Ugualmente saluto i Membri del Corpo diplomatico e i Rappresentanti della società civile.

Saluto con affetto i Vescovi e i presbiteri, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli della Chiesa Cattolica. Vengo come pellegrino per incoraggiarli nella loro testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena. Saluto anche i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all’Islam e i rappresentanti di altre tradizioni religiose. Dio ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, nella «forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, […] della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019).

La mia visita avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità. Questa crisi richiede sforzi comuni da parte di ciascuno per fare i tanti passi necessari, tra cui un’equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a «ripensare i nostri stili di vita […], il senso della nostra esistenza» (Enc. Fratelli tutti, 33). Si tratta di uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima; di costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide.

Negli scorsi decenni, l’Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni e anni per guarire. E qui, tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio. Pertanto, solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano. A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile.

La coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto. Non è un compito facile: richiede fatica e impegno da parte di tutti per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi a partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio e Creatore (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 5). In base a questo principio la Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle Autorità competenti perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione. Apprezzo gli sforzi già intrapresi in questo senso e unisco la mia voce a quella degli uomini e delle donne di buona volontà affinché essi proseguano a beneficio del Paese.

Una società che porta l’impronta dell’unità fraterna è una società i cui membri vivono tra loro in solidarietà. «La solidarietà ci aiuta a vedere l’altro […] come nostro prossimo, compagno di strada» (Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2021). È una virtù che ci porta a compiere gesti concreti di cura e di servizio, con particolare riguardo per i più vulnerabili e bisognosi. Penso a coloro che, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo hanno perduto familiari e persone care, casa e beni primari. Ma penso a tutta la gente che lotta ogni giorno in cerca di sicurezza e di mezzi per andare avanti, mentre aumentano disoccupazione e povertà. Il «saperci responsabili della fragilità degli altri» (Enc. Fratelli tutti, 115) dovrebbe ispirare ogni sforzo per creare concrete opportunità sia sul piano economico sia nell’ambito dell’educazione, come pure per la cura del creato, nostra casa comune. Dopo una crisi, non basta ricostruire, bisogna farlo bene: in modo che tutti possano avere una vita dignitosa. Da una crisi non si esce uguali a prima: si esce o migliori o peggiori.

In quanto responsabili politici e diplomatici, siete chiamati a promuovere questo spirito di solidarietà fraterna. È necessario contrastare la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, ma non è sufficiente. Occorre nello stesso tempo edificare la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni a ciò preposte. In tal modo può crescere la stabilità e svilupparsi una politica sana, capace di offrire a tutti, specialmente ai giovani – così numerosi in questo Paese –, la speranza di un avvenire migliore.

Signor Presidente, distinte Autorità, cari amici! Vengo come penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà e vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della Pace. Quanto abbiamo pregato, in questi anni, per la pace in Iraq! San Giovanni Paolo II non ha risparmiato iniziative, e soprattutto ha offerto preghiere e sofferenze per questo. E Dio ascolta, Dio ascolta sempre! Sta a noi ascoltare Lui, camminare nelle sue vie. Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace. Basta violenze, basta estremismi, fazioni, intolleranze! Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi. In questi anni l’Iraq ha cercato di porre le basi per una società democratica. È indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia.

Anche la comunità internazionale ha un ruolo decisivo da svolgere nella promozione della pace in questa terra e in tutto il Medio Oriente. Come abbiamo visto durante il lungo conflitto nella vicina Siria – dal cui inizio si compiono in questi giorni ben dieci anni! –, le sfide interpellano sempre più l’intera famiglia umana. Esse richiedono una cooperazione su scala globale al fine di affrontare anche le disuguaglianze economiche e le tensioni regionali che mettono a rischio la stabilità di queste terre. Ringrazio gli Stati e le Organizzazioni internazionali, che si stanno adoperando in Iraq per la ricostruzione e per provvedere assistenza ai rifugiati, agli sfollati interni e a chi fatica a ritornare nelle proprie case, rendendo disponibili nel Paese cibo, acqua, alloggi, servizi sanitari e igienici, come pure programmi volti alla riconciliazione e alla costruzione della pace. E qui non posso non ricordare le tante agenzie, tra cui diverse cattoliche, che da anni assistono con grande impegno le popolazioni civili. Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura. Auspico che le nazioni non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a operare in spirito di comune responsabilità con le Autorità locali, senza imporre interessi politici e ideologici.

La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per «giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia. Anche in Iraq la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace. L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese.

Cari amici, desidero esprimere ancora una volta sentita gratitudine per tutto quello che avete fatto e continuate a fare al fine di edificare una società improntata all’unità fraterna, alla solidarietà e alla concordia. Il vostro servizio al bene comune è un’opera nobile. Chiedo all’Onnipotente di sostenervi nelle vostre responsabilità e di guidarvi tutti sulla via della sapienza, della giustizia e della verità. Su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie e sui vostri cari, e sull’intero popolo iracheno invoco l’abbondanza delle benedizioni divine. Grazie!

[00271-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Monsieur le Président,
Membres du Gouvernement et du Corps diplomatique
Autorités distinguées,
Représentants de la Société civile,
Mesdames et Messieurs,

je suis heureux de l’opportunité qui m’est offerte de faire cette Visite, longtemps attendue et désirée, en République d’Irak, de venir sur cette terre, berceau de la civilisation, étroitement liée, à travers le Patriarche Abraham et de nombreux prophètes, à l’histoire du salut et aux grandes traditions religieuses du judaïsme, du christianisme et de l’islam. J’exprime ma gratitude à Monsieur le Président Salih pour son invitation et pour les aimables paroles de bienvenue qu’il m’a adressées également au nom des autres Autorités et de son bien aimé peuple. Je salue également les Membres du Corps diplomatique et les Représentants de la société civile.

Je salue affectueusement les évêques et les prêtres, les religieux et les religieuses et tous les fidèles de l’Eglise catholique. Je viens en pèlerin pour les encourager dans leur témoignage de foi, d’espérance et de charité dans la société irakienne. Je salue aussi les membres des autres Eglises et Communautés ecclésiales chrétiennes, les musulmans et les représentants des autres traditions religieuses. Que Dieu nous accorde de marcher ensemble, comme des frères et des sœurs, dans «la forte conviction que les vrais enseignements des religions invitent à demeurer ancrés dans les valeurs de la paix […] de la connaissance réciproque, de la fraternité humaine et de la coexistence commune» (Document sur la fraternité humaine, Abu Dhabi, 4 février 2019).

Ma visite a lieu au moment où le monde entier cherche à sortir de la crise de la pandémie de la Covid-19 qui non seulement a touché la santé de nombreuses personnes, mais qui a aussi provoqué la détérioration de conditions sociales et économiques déjà marquées par la fragilité et l’instabilité. Cette crise exige des efforts communs de la part de chacun pour faire les nombreux pas nécessaires, parmi lesquels une distribution équitable des vaccins pour tous. Mais cela ne suffit pas: cette crise est surtout un appel à «repenser nos modes de vie, […] le sens de notre existence » (Enc. Fratelli tutti, n. 33). Il s’agit de sortir de ce temps d’épreuve meilleurs que nous étions avant; de construire un avenir fondé davantage sur ce qui nous unit que sur ce qui nous divise.

Au cours des dernières décennies, l’Irak a souffert des désastres des guerres, du fléau du terrorisme et des conflits sectaires souvent fondés sur un fondamentalisme qui ne peut accepter la coexistence pacifique de différents groupes ethniques et religieux, d’idées et de cultures diverses. Tout cela a apporté mort, destructions, ruines encore visibles, et pas seulement au niveau matériel: les dommages sont encore plus profonds si l’on pense aux blessures des cœurs de tant de personnes et de communautés qui auront besoin d’années pour guérir. Et ici, parmi les nombreuses personnes qui ont souffert, je ne peux pas ne pas rappeler les Yézidis, victimes innocentes de barbaries insensées et inhumaines, persécutés et tués en raison de leur appartenance religieuse dont l’identité même et la survie ont été menacées. Par conséquent, c’est seulement si nous réussissons à nous regarder entre nous avec nos différences, en tant que membres de la même famille humaine, que nous pourrons engager un véritable processus de reconstruction et laisser aux générations futures un monde meilleur, plus juste et plus humain. A cet égard, la diversité religieuse, culturelle et ethnique, qui a caractérisé la société irakienne pendant des millénaires, est une précieuse ressource à laquelle puiser, non pas un obstacle à éliminer. Aujourd’hui, l’Irak est appelé à montrer à tous, en particulier au Moyen Orient, que les différences, plutôt que de donner lieu à des conflits doivent coopérer en harmonie dans la vie civile.

La coexistence fraternelle a besoin du dialogue patient et sincère, protégé par la justice et le respect du droit. Ce n’est pas un exercice facile. Il demande effort et engagement de la part de tous pour dépasser rivalités et oppositions, et il requiert de se parler à partir de l’identité la plus profonde que nous avons, celle de fils de l’unique Dieu et Créateur (cf. Conc. œcum. Vat. II, Décl. Nostra aetate, n. 5). Sur la base de ce principe, le Saint-Siège, en Irak comme ailleurs, ne se lasse pas d’en appeler aux Autorités compétentes afin qu’elles accordent à toutes les communautés religieuses reconnaissance, respect, droits et protection. J’apprécie les efforts déjà entrepris en ce sens et j’unis ma voix à celle des hommes et des femmes de bonne volonté pour qu’elles persévèrent au bénéfice du pays.

Une société qui porte l’empreinte de l’unité fraternelle est une société dont les membres vivent dans la solidarité. «La solidarité nous aide à regarder l’autre […] comme notre prochain, compagnon de route » (Message pour la 54ème Journée Mondiale de la Paix, 1er janvier 2021). Elle est une vertu qui nous porte à faire des gestes concrets de soin et de service, avec une attention particulière aux plus vulnérables et aux plus nécessiteux. Je pense à ceux qui, à cause de la violence, de la persécution et du terrorisme, ont perdu des membres de leurs familles et des personnes chères, leur maison ou des biens de première nécessité. Mais je pense à tous ceux qui luttent chaque jour à la recherche de sécurité et de moyens pour avancer, alors que le chômage et la pauvreté augmentent. «La conscience que nous avons d’être responsables de la fragilité des autres » (Fratelli tutti, n. 115) devrait inspirer tout effort pour créer des possibilités concrètes, que ce soit sur le plan économique ou dans le domaine de l’éducation, comme aussi pour le soin de la création, notre maison commune. Après une crise, il ne suffit pas de reconstruire, il faut le faire bien, de manière à ce que tous puissent mener une vie digne. On ne sort pas d’une crise pareils qu’avant : on en sort ou meilleurs, ou pires.

En tant que responsables politiques et diplomatiques, vous êtes appelés à promouvoir cet esprit de solidarité fraternelle. Il est nécessaire de lutter contre la plaie de la corruption, les abus de pouvoir et l’illégalité, mais ce n’est pas suffisant. Il faut en même temps édifier la justice, faire grandir l’honnêteté, la transparence et renforcer les institutions à cet effet. De cette manière, la stabilité peut grandir et une saine politique peut se développer, capable d’offrir à tous, en particulier aux jeunes – si nombreux dans ce pays –, l’espérance d’un avenir meilleur.

Monsieur le Président, Autorités distinguées, chers amis! Je viens comme un pénitent qui demande pardon au Ciel et aux frères pour de nombreuses destructions et cruautés. Je viens comme pèlerin de paix, au nom du Christ, Prince de la paix. Combien nous avons prié, ces années, pour la paix en Irak! Saint Jean-Paul II n’a pas épargné les initiatives, et il a surtout offert prières et souffrances pour cela. Et Dieu écoute, écoute toujours! C’est à nous de l’écouter, de marcher dans ses voies. Que se taisent les armes! Que la diffusion en soit limitée, ici et partout! Que cessent les intérêts partisans, ces intérêts extérieurs qui se désintéressent de la population locale. Que l’on donne la parole aux bâtisseurs, aux artisans de paix; aux petits, aux pauvres, aux personnes simples qui veulent vivre, travailler, prier en paix! Assez de violences, d’extrémismes, de factions, d’intolérances! Qu’on laisse de la place à tous les citoyens qui veulent construire ensemble ce pays dans le dialogue, dans une confrontation franche et sincère, constructive; à celui qui s’engage pour la réconciliation et qui, pour le bien commun, est prêt à mettre de côté ses intérêts particuliers! Durant ces années, l’Irak a cherché à poser les bases d’une société démocratique. Il est indispensable en ce sens d’assurer la participation de tous les groupes politiques, sociaux et religieux, et de garantir les droits fondamentaux de tous les citoyens. Que personne ne soit considéré comme citoyen de deuxième classe. J’encourage les pas accomplis jusqu’ici sur ce parcours et j’espère qu’ils renforceront la sécurité et la concorde.

La Communauté internationale a, elle aussi, un rôle décisif à jouer dans la promotion de la paix sur cette terre et dans tout le Moyen Orient. Comme nous l’avons vu pendant le long conflit en Syrie toute proche – commencé cela fait dix ans ces jours-ci! –, les défis interpellent toujours davantage l’ensemble de la famille humaine. Ceux-ci requièrent une coopération à l’échelle mondiale dans le but d’affronter également les inégalités économiques et les tensions régionales qui menacent la stabilité de ces terres. Je remercie les Etats et les Organisations internationales qui œuvrent en Irak pour la reconstruction et pour procurer assistance aux réfugiés, aux déplacés internes et à ceux qui ont du mal à retourner chez eux, en rendant disponibles dans le pays nourriture, eau, logements, services sanitaires et hygiéniques, comme aussi des programmes en faveur de la réconciliation et de l’édification de la paix. Et là, je ne peux pas ne pas rappeler les nombreuses agences, dont plusieurs catholiques, qui assistent avec grand dévouement depuis des années les populations civiles. Venir à la rencontre des besoins essentiels de tant de frères et sœurs est un acte de charité et de justice, et contribue à une paix durable. Je souhaite que les nations ne retirent pas du peuple irakien la main tendue de l’amitié et de l’engagement constructif, mais qu’elles continuent à œuvrer en esprit de commune responsabilité avec les Autorités locales, sans imposer des intérêts politiques ou idéologiques.

La religion, de par sa nature, doit être au service de la paix et de la fraternité. Le nom de Dieu ne peut pas être utilisé pour « justifier des actes d’homicide, d’exil, de terrorisme et d’oppression » (Document sur la fraternité humaine, Abu Dhabi, 4 février 2019). Au contraire, Dieu, qui a créé les êtres humains égaux en dignité et en droit, nous appelle à répandre amour, bienveillance, concorde. En Irak aussi l’Eglise catholique désire être amie de tous et, par le dialogue, collaborer de façon constructive avec les autres religions, à la cause de la paix. La présence très ancienne des chrétiens sur cette terre et leur contribution à la vie du pays constituent un riche héritage qui veut pouvoir se poursuivre au service de tous. Leur participation à la vie publique, en tant que citoyens jouissant pleinement de droits, de liberté et de responsabilité, témoignera qu’un sain pluralisme religieux, ethnique et culturel peut contribuer à la prospérité et à l’harmonie du pays.

Chers amis, je désire exprimer encore une fois ma sincère gratitude pour tout ce que vous avez fait et continuez de faire afin d’édifier une société empreinte d’unité fraternelle, de solidarité et de concorde. Le service du bien commun qui est le vôtre est une œuvre noble. Je demande au Tout-Puissant de vous soutenir dans vos responsabilités et de vous guider tous sur la voie de la sagesse, de la justice et de la vérité. Sur chacun de vous, sur vos familles et sur les personnes qui vous sont chères, et sur tout le peuple irakien, j’invoque l’abondance des bénédictions divines. Merci.

[00271-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Mr President,
Members of Government and the Diplomatic Corps,
Distinguished Authorities,
Representatives of Civil Society,
Ladies and Gentlemen,

I am grateful for the opportunity to make this long-awaited and desired Visit to the Republic of Iraq, and to come to this land, a cradle of civilization closely linked through the Patriarch Abraham and a number of the Prophets to the history of salvation and to the great religious traditions of Judaism, Christianity and Islam. I express my gratitude to His Excellency President Salih for his invitation and for his gracious words of welcome, offered also in the name of the other authorities of the nation and its beloved people. I likewise greet the members of the diplomatic corps and the representatives of civil society.

I greet with affection the bishops and priests, men and women religious and all the faithful of the Catholic Church. I have come as a pilgrim to encourage them in their witness of faith, hope and love in the midst of Iraqi society. I also greet the members of other Christian Churches and Ecclesial Communities, the followers of Islam and the representatives of other religious traditions. May God grant that we journey together as brothers and sisters in “the firm conviction that authentic teachings of religions invite us to remain rooted in the values of peace… mutual understanding, human fraternity and harmonious coexistence” (Document on Human Fraternity, Abu Dhabi, 4 February 2019).

My visit is taking place at a time when the world as a whole is trying to emerge from the crisis of the Covid-19 pandemic, which has affected not only the health of countless individuals but has also contributed to a worsening of social and economic conditions already marked by fragility and instability. This crisis calls for concerted efforts by all to take necessary steps, including an equitable distribution of vaccines for everyone. But this is not enough: this crisis is above all a summons to “rethink our styles of life… and the meaning of our existence” (Fratelli Tutti, 33). It has to do with coming out of this time of trial better than we were before, and with shaping a future based more on what unites us than on what divides us.

Over the past several decades, Iraq has suffered the disastrous effects of wars, the scourge of terrorism and sectarian conflicts often grounded in a fundamentalism incapable of accepting the peaceful coexistence of different ethnic and religious groups, different ideas and cultures. All this has brought in its wake death, destruction and ruin, not only materially: the damage is so much deeper if we think of the heartbreak endured by so many individuals and communities, and wounds that will take years to heal. Here, among so many who have suffered, my thoughts turn to the Yazidis, innocent victims of senseless and brutal atrocities, persecuted and killed for their religion, and whose very identity and survival was put at risk. Only if we learn to look beyond our differences and see each other as members of the same human family, will we be able to begin an effective process of rebuilding and leave to future generations a better, more just and more humane world. In this regard, the religious, cultural and ethnic diversity that has been a hallmark of Iraqi society for millennia is a precious resource on which to draw, not an obstacle to be eliminated. Iraq today is called to show everyone, especially in the Middle East, that diversity, instead of giving rise to conflict, should lead to harmonious cooperation in the life of society.

Fraternal coexistence calls for patient and honest dialogue, protected by justice and by respect for law. This task is not easy; it demands hard work and a commitment on the part of all to set aside rivalries and contrapositions and instead to speak with one another from our deepest identity as fellow children of the one God and Creator (cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Declaration Nostra Aetate, 5). On the basis of this principle, the Holy See, in Iraq as elsewhere, tirelessly appeals to competent authorities to grant all religious communities recognition, respect, rights and protection. I appreciate the efforts already being made in this regard, and I join men and women of good will in calling for these efforts to continue for the benefit of the nation.

A society that bears the imprint of fraternal unity is one whose members live in solidarity with one another. “Solidarity helps us to regard others… as our neighbours, companions on our journey” (Message for the 2021 World Day of Peace). It is a virtue that leads us to carry out concrete acts of care and service with particular concern for the vulnerable and those most in need. Here, I think of all those who have lost family members and loved ones, home and livelihood due to violence, persecution or terrorism. I think too of those who continue to struggle for security and the means of personal and economic survival at a time of growing unemployment and poverty. The “consciousness that we are responsible for the fragility of others” (Fratelli Tutti, 115) ought to inspire every effort to create concrete opportunities for progress, not only economically, but also in terms of education and care for our common home. Following a crisis, it is not enough simply to rebuild; we need to rebuild well, so that all can enjoy a dignified life. We never emerge from a crisis the same as we were; we emerge from it either better or worse.

As governmental leaders and diplomats, you are called to foster this spirit of fraternal solidarity. It is necessary, but not sufficient, to combat the scourge of corruption, misuse of power and disregard for law. Also necessary is the promotion of justice and the fostering of honesty, transparency and the strengthening of the institutions responsible in this regard. In this way, stability within society grows and a healthy politics arises, able to offer to all, especially the young of whom there are so many in this country, sure hope for a better future.

Mr President, distinguished authorities, dear friends! I come as a penitent, asking forgiveness of heaven and my brothers and sisters for so much destruction and cruelty. I come as a pilgrim of peace in the name of Christ, the Prince of Peace. How much we have prayed in these years for peace in Iraq! Saint John Paul II spared no initiatives and above all offered his prayers and sufferings for this intention. And God listens, he always listens! It is up to us to listen to him and to walk in his ways. May the clash of arms be silenced! May their spread be curbed, here and everywhere! May partisan interests cease, those outside interests uninterested in the local population. May the voice of builders and peacemakers find a hearing! The voice of the humble, the poor, the ordinary men and women who want to live, work and pray in peace. May there be an end to acts of violence and extremism, factions and intolerance! May room be made for all those citizens who seek to cooperate in building up this country through dialogue and through frank, sincere and constructive discussion. Citizens committed to reconciliation and prepared, for the common good, to set aside their own interests. Iraq has sought in these years to lay the foundations for a democratic society. For this, it is essential to ensure the participation of all political, social and religious groups and to guarantee the fundamental rights of all citizens. May no one be considered a second-class citizen. I encourage the strides made so far on this journey and I trust that they will strengthen tranquility and concord.

The international community also has a role to play in the promotion of peace in this land and in the Middle East as a whole. As we have seen during the lengthy conflict in neighbouring Syria – which began ten years ago these very days! – the challenges facing our world today engage the entire human family. They call for cooperation on a global scale in order to address, among other things, the economic inequalities and regional tensions that threaten the stability of these lands. I thank the countries and international organizations working in Iraq to rebuild and to provide humanitarian assistance to refugees, the internally displaced and those attempting to return home, by making food, water, shelter, health care and hygiene services available throughout the country, together with programmes of reconciliation and peacebuilding. Here I cannot fail to mention the many agencies, including a number of Catholic agencies, that for many years have been committed to helping the people of this country. Meeting the basic needs of so many of our brothers and sisters is an act of charity and justice, and contributes to a lasting peace. It is my prayerful hope that the international community will not withdraw from the Iraqi people the outstretched hand of friendship and constructive engagement, but will continue to act in a spirit of shared responsibility with the local authorities, without imposing political or ideological interests.

Religion, by its very nature, must be at the service of peace and fraternity. The name of God cannot be used “to justify acts of murder, exile, terrorism and oppression” (Document on Human Fraternity, Abu Dhabi, 4 February 2019). On the contrary, God, who created human beings equal in dignity and rights, calls us to spread the values of love, good will and concord. In Iraq too, the Catholic Church desires to be a friend to all and, through interreligious dialogue, to cooperate constructively with other religions in serving the cause of peace. The age-old presence of Christians in this land, and their contributions to the life of the nation, constitute a rich heritage that they wish to continue to place at the service of all. Their participation in public life, as citizens with full rights, freedoms and responsibilities, will testify that a healthy pluralism of religious beliefs, ethnicities and cultures can contribute to the nation’s prosperity and harmony.

Dear friends, I would like to express once again my heartfelt gratitude for all you have done and continue to do in building a society of fraternal union, solidarity and concord. Your service to the common good is a noble one. I ask the Almighty to sustain you in your responsibilities and to guide you in the ways of wisdom, justice and truth. Upon each of you, your families and loved ones, and upon all the Iraqi people, I invoke an abundance of divine blessings. Thank you!

[00271-EN.02] [Original text: English]

Traduzione in lingua tedesca

Herr Präsident,
verehrte Mitglieder der Regierung und des Diplomatischen Korps,
sehr geehrte Verantwortungsträger,
werte Vertreter der Zivilgesellschaft,
meine Damen und Herren!

Ich bin dankbar, dass dieser lang erwartete und ersehnte Besuch in der Republik Irak möglich ist; dass ich in dieses Land kommen kann, die Wiege der Zivilisation, die über den Patriarchen Abraham und zahlreiche Propheten mit der Heilsgeschichte und mit den großen religiösen Traditionen des Judentums, des Christentums und des Islam eng verbunden ist. Ich danke Präsident Salih für die Einladung und für seine freundlichen Begrüßungsworte, die er auch im Namen der anderen Verantwortungsträger und seines geliebten Volkes an mich gerichtet hat. Ebenso grüße ich die Mitglieder des Diplomatischen Korps und die Vertreter der Zivilgesellschaft.

Herzlich begrüße ich die Bischöfe und Priester, die Ordensleute und alle Gläubigen der katholischen Kirche. Ich komme als Pilger, um sie in ihrem Zeugnis des Glaubens, der Hoffnung und der Liebe zu bestärken, das sie inmitten der irakischen Gesellschaft geben. Ich grüße auch die Mitglieder der anderen christlichen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, die Anhänger des Islam und die Vertreter anderer religiöser Traditionen. Gott lasse uns als Brüder und Schwestern gemeinsam unterwegs sein, in der »festen Überzeugung, dass die wahren Lehren der Religionen dazu einladen, in den Werten des Friedens verankert zu bleiben, [den Werten] des gegenseitigen Kennens, der Brüderlichkeit aller Menschen und des allgemeinen Miteinanders« (Dokument über die Brüderlichkeit aller Menschen, Abu Dhabi, 4. Februar 2019).

Mein Besuch fällt in eine Zeit, in der die ganze Welt versucht, die Krise der Covid-19-Pandemie zu überwinden, die nicht nur die Gesundheit so vieler Menschen beeinträchtigt, sondern auch eine Verschlechterung der sozialen und wirtschaftlichen Lage verursacht hat, die bereits von Fragilität und Instabilität geprägt war. Diese Krise erfordert die solidarische Anstrengung eines jeden, um die vielen notwendigen Schritte zu unternehmen, einschließlich einer gerechten Verteilung der Impfstoffe für alle. Doch das genügt nicht: Diese Krise ist vor allem ein Aufruf, »unsere Lebensstile, […] den Sinn unserer Existenz zu überdenken« (Enzyklika Fratelli tutti, 33). Es geht darum, aus dieser Zeit der Prüfung besser als vorher herauszukommen und die Zukunft mehr auf dem aufzubauen, was uns eint, als auf dem, was uns trennt.

In den letzten Jahrzehnten hat der Irak unter den Katastrophen der Kriege, der Geißel des Terrorismus und konfessionellen Konflikten gelitten, die oft auf einen Fundamentalismus zurückgehen, der die friedliche Koexistenz verschiedener ethnischer und religiöser Gruppen, unterschiedlicher Ideen und Kulturen nicht akzeptieren kann. All das hat zu Tod, Zerstörung und Trümmern geführt, die immer noch sichtbar sind – und das nicht nur auf materieller Ebene. Die Schäden sitzen noch tiefer, wenn man an die Wunden in den Herzen so vieler Menschen und Gemeinschaften denkt, die noch Jahre brauchen werden, um zu heilen. Unter den vielen, die gelitten haben, kann ich nicht umhin, die Jesiden zu erwähnen: unschuldige Opfer sinnloser und unmenschlicher Barbarei, die wegen ihrer Religionszugehörigkeit verfolgt und getötet wurden und deren Identität und Überleben selbst gefährdet war. Daher können wir nur dann, wenn wir in der Lage sind, uns mit unseren Unterschieden als Mitglieder der einen Menschheitsfamilie zu sehen, einen wirksamen Prozess des Wiederaufbaus beginnen und den künftigen Generationen eine bessere, gerechtere und menschlichere Welt hinterlassen. In dieser Hinsicht ist die religiöse, kulturelle und ethnische Vielfalt, die die irakische Gesellschaft seit Jahrtausenden prägt, eine wertvolle Ressource, die genutzt werden muss, und nicht ein Hindernis, das es zu beseitigen gilt. Heute ist der Irak gerufen, allen, besonders den Menschen im Nahen Osten, zu zeigen, dass Unterschiede im zivilen Leben harmonisch zusammenwirken müssen, anstatt Anlass zu Konflikten zu geben.

Das geschwisterliche Zusammenleben erfordert einen geduldigen und aufrichtigen Dialog, der von der Gerechtigkeit und der Achtung des Rechts geschützt wird. Das ist keine leichte Aufgabe. Es braucht dazu das Bemühen und den Einsatz aller, Rivalitäten und Gegensätze zu überwinden und ausgehend von unserer tieferen Identität als Kinder des einen Gottes und Schöpfers miteinander zu sprechen (vgl. Zweites Vatikanisches Konzil, Erklärung Nostra aetate, 5). Nach diesem Grundsatz wird der Heilige Stuhl im Irak wie auch anderswo nicht müde, die zuständigen Verantwortungsträger aufzurufen, allen religiösen Gemeinschaften Anerkennung, Achtung, Rechte und Schutz zu gewähren. Ich schätze die Anstrengungen, die in dieser Hinsicht bereits unternommen wurden, und vereine meine Stimme mit jener der Männer und Frauen guten Willens, damit sie zum Wohle des Landes fortgesetzt werden können.

Eine Gesellschaft, die geprägt ist von geschwisterlicher Einheit, ist eine Gesellschaft, deren Glieder untereinander solidarisch sind. »Die Solidarität hilft uns, den anderen […] als unseren Nächsten, als einen Weggefährten [zu sehen]« (Botschaft zum 54. Weltfriedenstag, 1. Januar 2021). Sie ist eine Tugend, die uns, unter besonderer Rücksicht auf die Schwächsten und Bedürftigsten, zu konkreten Gesten der Fürsorge und des Dienens befähigt. Ich denke an alle, die aufgrund von Gewalt, Verfolgung und Terrorismus Familienangehörige und geliebte Menschen, Heim und Primärguter verloren haben. Ich denke aber auch an all die Menschen im täglichen Kampf auf der Suche nach Sicherheit und Auskommen, während Arbeitslosigkeit und Armut zunehmen. Da »wir uns für die Schwäche anderer verantwortlich fühlen« (Enzyklika Fratelli tutti, 115), sollte dies alle Bemühungen hinsichtlich der Schaffung konkreter Möglichkeiten sowohl auf wirtschaftlicher Ebene als auch im Bereich der Bildung und hinsichtlich der Sorge um die Schöpfung, unser gemeinsames Haus, inspirieren. Nach einer Krise ist es mit einem Wiederaufbau nicht getan – dieser muss auch gut gemacht sein, und zwar so, dass alle ein würdevolles Leben führen können. Man geht aus einer Krise nicht unverändert hervor – entweder besser oder schlechter.

Als Verantwortliche in der Politik und im diplomatischen Dienst sollen Sie diesen Geist geschwisterlicher Solidarität fördern. Es ist notwendig, die Geißeln der Korruption, den Machtmissbrauch und die Illegalität zu bekämpfen, aber das ist nicht genug. Gleichzeitig ist es notwendig, Gerechtigkeit aufzubauen, für mehr Ehrlichkeit und Transparenz zu sorgen und die hierfür übergeordneten Institutionen zu stärken. So kann Stabilität wachsen und sich eine gesunde Politik entwickeln, die in der Lage ist, allen, insbesondere den jungen Menschen – so viele in diesem Land –, die Hoffnung auf eine bessere Zukunft zu geben.

Herr Präsident, werte Verantwortungsträger, liebe Freunde! Ich komme als Büßer und bitte den Himmel und meine Brüder und Schwestern um Vergebung für so viel Zerstörung und Grausamkeit. Ich komme als Pilger des Friedens, im Namen Christi, des Friedensfürsten. Wie sehr haben wir in diesen Jahren für den Frieden im Irak gebetet! Der heilige Johannes Paul II. ließ hier keine Unternehmung unversucht, vor allem aber hat er dafür gebetet und gelitten. Und Gott hört uns, er hört immer! Es liegt an uns, auf ihn zu hören und auf seinen Wegen zu gehen. Die Waffen sollen schweigen! Ihre Verbreitung möge hier und überall eingeschränkt werden! Die Durchsetzung selbstsüchtiger Eigeninteressen, der von außen kommenden Interessen, die sich nicht um die lokale Bevölkerung kümmern, muss aufhören! Man lasse die Friedensstifter, die Gestalter des Friedens zu Wort kommen! Die Kleinen, die Armen, die einfachen Menschen, die in Frieden leben, arbeiten und beten wollen. Genug der Gewalt, des Extremismus, der Gruppenbildungen und der Intoleranz! Man gebe allen Bürgern Raum, die dieses Land im Dialog, in offener und aufrichtiger, konstruktiver Auseinandersetzung gemeinsam aufbauen wollen. All denen, die sich für Versöhnung einsetzen und bereit sind, für das Gemeinwohl ihre eigenen Interessen zurückzustellen. In diesen Jahren hat der Irak versucht, die Grundlagen für eine demokratische Gesellschaft zu schaffen. Dabei ist es von entscheidender Notwendigkeit, die Beteiligung aller politischen, sozialen und religiösen Gruppen sicherzustellen und die Grundrechte aller Bürger zu garantieren. Niemand darf als Bürger zweiter Klasse angesehen werden. Ich begrüße die bisher auf diesem Weg unternommenen Schritte auf diesem Weg und hoffe, dass sie zu einer weiteren Beruhigung und zu immer größerer Eintracht beitragen.

Auch der internationalen Gemeinschaft kommt eine entscheidende Rolle bei der Förderung des Friedens in diesem Land und im gesamten Nahen Osten zu. Wie wir während des langen Konflikts im benachbarten Syrien gesehen haben – in diesen Tagen sind es zehn Jahre, dass der Konflikt begann! –, betreffen diese Herausforderungen zunehmend die gesamte Menschheitsfamilie. Sie erfordern eine Zusammenarbeit auf globaler Ebene, um auch den wirtschaftlichen Ungleichheiten und regionalen Spannungen begegnen zu können, welche die Stabilität dieser Länder bedrohen. Ich danke den Staaten und internationalen Organisationen, die sich im Irak für den Wiederaufbau einsetzen und den Flüchtlingen, den Binnenvertriebenen und denen, die sich um eine Rückkehr in ihre Häuser bemühen, Hilfe leisten, indem sie im Land für Nahrungsmittel, Wasser, Unterkünfte, Gesundheitseinrichtungen und Sanitäranlagen sowie Programme zur Versöhnung und Festigung des Friedens sorgen. Und hier möchte ich nicht die vielen Organisationen unerwähnt lassen, darunter auch einige katholische, die seit Jahren mit großem Engagement der Zivilbevölkerung zur Seite stehen. Die Sorge um die Grundbedürfnisse so vieler Brüder und Schwestern ist ein Akt der Nächstenliebe und der Gerechtigkeit und ein Beitrag zu einem dauerhaften Frieden. Ich hoffe, dass die Nationen ihre dem irakischen Volk in Freundschaft und im konstruktiven Engagement gereichte Hand nicht zurückziehen, sondern im Geiste gemeinsamer Verantwortung mit den lokalen Verantwortlichen weiter zusammenarbeiten, ohne dabei politische oder ideologische Interessen durchzusetzen.

Die Religion muss von ihrer Natur her im Dienst des Friedens und der Geschwisterlichkeit stehen. Der Name Gottes kann nicht dazu benutzt werden, um »Mord, Exil, Terrorismus und Unterdrückung zu rechtfertigen« (Dokument über die Brüderlichkeit aller Menschen, Abu Dhabi, 4. Februar 2019). Im Gegenteil, Gott, der die Menschen gleich an Würde und Rechten geschaffen hat, ruft uns auf, Liebe, Wohlwollen und Eintracht zu verbreiten. Auch im Irak möchte die katholische Kirche allen freundschaftlich begegnen und durch den Dialog auf konstruktive Weise mit den anderen Religionen für die Sache des Friedens zusammenarbeiten. Die Präsenz der Christen in diesem Gebiet seit uralten Zeiten und ihr Beitrag zum Leben dieses Landes stellen ein reiches Erbe dar, das die Kirche im Dienste aller nach Möglichkeit fortführen möchte. Ihre Teilnahme am öffentlichen Leben, als Bürger, die volle Rechte, Freiheit und Verantwortung genießen, wird Zeugnis davon ablegen, dass ein gesunder religiöser, ethnischer und kultureller Pluralismus zum Wohlstand und zur Harmonie des Landes beitragen kann.

Liebe Freunde, ich möchte Ihnen noch einmal meinen herzlichen Dank für alles aussprechen, was Sie getan haben und weiterhin tun, um eine Gesellschaft aufzubauen, die von geschwisterlicher Einheit, Solidarität und Eintracht geprägt ist. Ihr Dienst am Gemeinwohl ist eine edle Aufgabe. Ich bitte den Allmächtigen, er möge Sie in Ihren verantwortungsvollen Aufgaben unterstützen und Sie auf dem Pfad der Weisheit, Gerechtigkeit und Wahrheit geleiten. Auf einen jeden von Ihnen, auf Ihre Familien und Angehörigen und auf das gesamte irakische Volk rufe ich die Fülle des göttlichen Segens herab. Vielen Dank!

[00271-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Señor Presidente,
Miembros del Gobierno y del Cuerpo diplomático,
distinguidas Autoridades,
Representantes de la sociedad civil,
Señoras y Señores:

Agradezco la oportunidad de realizar esta Visita, tan esperada y deseada, a la República de Irak; de poder venir a esta tierra, cuna de la civilización que está estrechamente ligada —por medio del Patriarca Abrahán y numerosos profetas— a la historia de la salvación y a las grandes tradiciones religiosas del judaísmo, del cristianismo y del islam. Expreso mi gratitud al señor Presidente Salih por la invitación y por las amables palabras de bienvenida, que me ha dirigido también en nombre de las otras Autoridades y de su amado pueblo. Asimismo, saludo a los miembros del Cuerpo diplomático y a los Representantes de la sociedad civil.

Saludo con afecto a los obispos y sacerdotes, a los religiosos y religiosas y a todos los fieles de la Iglesia católica. Vengo como peregrino para animarlos en su testimonio de fe, esperanza y caridad en medio de la sociedad iraquí. Saludo también a los fieles de las otras Iglesias y Comunidades eclesiales cristianas, a los miembros del islam y a los representantes de otras tradiciones religiosas. Que Dios nos conceda caminar juntos, como hermanos y hermanas, con la «fuerte convicción de que las enseñanzas verdaderas de las religiones invitan a permanecer anclados en los valores de la paz; […] del conocimiento recíproco, de la fraternidad humana y de la convivencia común» (Documento sobre la fraternidad humana, Abu Dabi, 4 febrero 2019).

Mi visita se lleva a cabo en un tiempo en que el mundo entero está tratando de salir de la crisis por la pandemia de Covid-19, que no sólo ha afectado la salud de tantas personas, sino que también ha provocado el deterioro de las condiciones sociales y económicas, marcadas ya por la fragilidad y la inestabilidad. Esta crisis requiere esfuerzos comunes por parte de cada uno para dar los pasos necesarios, entre ellos una distribución equitativa de las vacunas para todos. Pero no es suficiente; esta crisis es sobre todo una llamada a «repensar nuestros estilos de vida […], el sentido de nuestra existencia» (Carta enc. Fratelli tutti, 33). Se trata de que salgamos de este tiempo de prueba mejores que antes; de que construyamos el futuro en base a lo que nos une, más que en lo que nos divide.

En las últimas décadas, Irak ha sufrido los desastres de las guerras, el flagelo del terrorismo y conflictos sectarios basados a menudo en un fundamentalismo que no puede aceptar la pacífica convivencia de varios grupos étnicos y religiosos, de ideas y culturas diversas. Todo esto ha traído muerte, destrucción, ruinas todavía visibles, y no sólo a nivel material: los daños son aún más profundos si se piensa en las heridas del corazón de muchas personas y comunidades, que necesitarán años para sanar. Y aquí, entre tantos que han sufrido, no puedo dejar de recordar a los yazidíes, víctimas inocentes de una barbarie insensata y deshumana, perseguidos y asesinados a causa de sus creencias religiosas, cuya propia identidad y supervivencia se han puesto en peligro. Por lo tanto, sólo si logramos mirarnos entre nosotros, con nuestras diferencias, como miembros de la misma familia humana, podremos comenzar un proceso efectivo de reconstrucción y dejar a las generaciones futuras un mundo mejor, más justo y más humano. A este respecto, la diversidad religiosa, cultural y étnica que ha caracterizado a la sociedad iraquí por milenios, es un recurso valioso para aprovechar, no un obstáculo a eliminar. Hoy, Irak está llamado a mostrar a todos, especialmente en Oriente Medio, que las diferencias, más que dar lugar a conflictos, deben cooperar armónicamente en la vida civil.

La coexistencia fraterna necesita del diálogo paciente y sincero, salvaguardado por la justicia y el respeto del derecho. No es una tarea fácil: requiere esfuerzo y compromiso por parte de todos para superar rivalidades y contraposiciones, y dialogar a partir de la identidad más profunda que tenemos, la de hijos del único Dios y Creador (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dec. Nostra aetate, 5). En base a este principio, la Santa Sede, en Irak como en todas partes, no se cansa de acudir a las Autoridades competentes para que concedan a todas las comunidades religiosas reconocimiento, respeto, derechos y protección. Aprecio los esfuerzos que ya se han realizado en esta dirección y uno mi voz a la de los hombres y mujeres de buena voluntad para que avancen en beneficio del país.

Una sociedad que lleva la impronta de la unidad fraterna es una sociedad cuyos miembros viven entre ellos solidariamente. «La solidaridad nos ayuda a ver al otro […] como nuestro prójimo, compañero de camino» (Mensaje para la 54.ª Jornada Mundial de la Paz, 1 enero 2021). Es una virtud que nos lleva a realizar gestos concretos de cuidado y de servicio, con particular atención a los más vulnerables y necesitados. Pienso en quienes, a causa de la violencia, de la persecución y del terrorismo han perdido familiares y seres queridos, casa y bienes esenciales. Pero también pienso en toda la gente que lucha cada día buscando seguridad y medios para seguir adelante, mientras que aumenta la desocupación y la pobreza. El «sabernos responsables de la fragilidad de los demás» (Carta enc. Fratelli tutti, 115) debería inspirar todo esfuerzo por crear oportunidades concretas tanto en el ámbito económico y en el ámbito de la educación, como también en el cuidado de la creación, nuestra casa común. Después de una crisis no basta reconstruir, es necesario hacerlo bien, de modo que todos puedan tener una vida digna. De una crisis no se sale iguales que antes: se sale mejores o peores.

Como responsables políticos y diplomáticos, ustedes están llamados a promover este espíritu de solidaridad fraterna. Es necesario combatir la plaga de la corrupción, los abusos de poder y la ilegalidad, pero no es suficiente. Se necesita al mismo tiempo edificar la justicia, que crezca la honestidad y la transparencia, y que se refuercen las instituciones competentes. De ese modo puede crecer la estabilidad y desarrollarse una política sana, capaz de ofrecer a todos, especialmente a los jóvenes —tan numerosos en este país—, la esperanza de un futuro mejor.

Señor Presidente, distinguidas Autoridades, queridos amigos: Vengo como penitente que pide perdón al Cielo y a los hermanos por tantas destrucciones y crueldad. Vengo como peregrino de paz, en nombre de Cristo, Príncipe de la Paz. ¡Cuánto hemos rezado en estos años por la paz en Irak! San Juan Pablo II no escatimó iniciativas, y sobre todo ofreció oraciones y sufrimientos por esto. Y Dios escucha, escucha siempre. Depende de nosotros que lo escuchemos a Él y caminemos por sus sendas. Que callen las armas, que se evite su proliferación, aquí y en todas partes. Que cesen los intereses particulares, esos intereses externos que son indiferentes a la población local. Que se dé voz a los constructores, a los artesanos de la paz, a los pequeños, a los pobres, a la gente sencilla, que quiere vivir, trabajar y rezar en paz. No más violencia, extremismos, facciones, intolerancias; que se dé espacio a todos los ciudadanos que quieren construir juntos este país, desde el diálogo, desde la discusión franca y sincera, constructiva; a quienes se comprometen por la reconciliación y están dispuestos a dejar de lado, por el bien común, los propios intereses. En estos años, Irak ha tratado de poner las bases para una sociedad democrática. A este respecto, es indispensable asegurar la participación de todos los grupos políticos, sociales y religiosos, y garantizar los derechos fundamentales de todos los ciudadanos. Que ninguno sea considerado ciudadano de segunda clase. Aliento los pasos que se han dado hasta el momento en este proceso y espero que consoliden la serenidad y la concordia.

También la comunidad internacional tiene un rol decisivo que desempeñar en la promoción de la paz en esta tierra y en todo el Oriente Medio. Como hemos visto durante el largo conflicto en la vecina nación de Siria —de cuyo inicio se cumplen en estos días ya diez años—, los desafíos interpelan cada vez más a toda la familia humana. Estos requieren una cooperación a escala global para poder afrontar también las desigualdades económicas y las tensiones regionales que ponen en peligro la estabilidad de estas tierras. Agradezco a los Estados y a las Organizaciones internacionales que están trabajando en Irak por la reconstrucción y para brindar asistencia a los refugiados, a los desplazados internos y a quienes tienen dificultades para regresar a sus propias casas, facilitando en el país comida, agua, viviendas, atención médica y de salud, como también programas orientados a la reconciliación y a la construcción de la paz. Y aquí no puedo dejar de recordar los numerosos organismos, entre ellos muchos católicos, que desde hace años asisten con gran esfuerzo a las poblaciones civiles. Atender las necesidades básicas de tantos hermanos y hermanas es un acto de caridad y justicia, y contribuye a una paz duradera. Espero que las naciones no retiren del pueblo iraquí la mano extendida de la amistad y del compromiso constructivo, sino que sigan trabajando con espíritu de responsabilidad común con las Autoridades locales, sin imponer intereses políticos o ideológicos.

La religión, por su naturaleza, debe estar al servicio de la paz y la fraternidad. El nombre de Dios no puede ser usado para «justificar actos de homicidio, exilio, terrorismo y opresión» (Documento sobre la fraternidad humana, Abu Dabi, 4 febrero 2019). Al contrario, Dios ha creado a los seres humanos iguales en dignidad y en derechos, nos llama a difundir amor, bondad y concordia. También en Irak la Iglesia católica desea ser amiga de todos y, a través del diálogo, colaborar de manera constructiva con las otras religiones, por la causa de la paz. La antiquísima presencia de los cristianos en esta tierra y su contribución a la vida del país constituyen una rica herencia, que quiere poder seguir al servicio de todos. Su participación en la vida pública, como ciudadanos que gozan plenamente de derechos, libertad y responsabilidad, testimoniará que un sano pluralismo religioso, étnico y cultural puede contribuir a la prosperidad y a la armonía del país.

Queridos amigos: Deseo expresar una vez más mi profunda gratitud por todo lo que han hecho y siguen haciendo para edificar una sociedad orientada hacia la unidad fraterna, la solidaridad y la concordia. Vuestro servicio al bien común es una obra noble. Pido al Omnipotente que los sostenga en sus responsabilidades y los guíe a todos en el camino de la sabiduría, la justicia y la verdad. Sobre cada uno de ustedes, sus familias y seres queridos, y sobre todo el pueblo iraquí invoco la abundancia de las bendiciones divinas. Gracias.

[00271-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Senhor Presidente,
Membros do Governo e do Corpo Diplomático,
Ilustres Autoridades,
Representantes da sociedade civil,
Senhoras e senhores!

Sinto-me agradecido pela oportunidade de fazer esta Visita, longamente esperada e desejada, à República do Iraque, pela possibilidade de vir a esta terra, berço duma civilização estreitamente ligada, através do Patriarca Abraão e de numerosos profetas, à história da salvação e às grandes tradições religiosas do Judaísmo, Cristianismo e Islão. Expresso a minha gratidão ao Senhor Presidente Salih pelo convite e as amáveis palavras de boas-vindas que me dirigiu em nome também das outras Autoridades e do seu amado povo. De igual modo saúdo os membros do Corpo Diplomático e os representantes da sociedade civil.

Saúdo com afeto os bispos e os presbíteros, os religiosos e as religiosas e todos os fiéis da Igreja Católica. Venho como peregrino para os animar no testemunho de fé, esperança e caridade que dão no meio da sociedade iraquiana. Saúdo também os membros das outras Igrejas e Comunidades eclesiais cristãs, os seguidores do Islão e os representantes de outras tradições religiosas. Que Deus nos faça caminhar juntos, como irmãos e irmãs, na «forte convicção de que os verdadeiros ensinamentos das religiões convidam a permanecer ancorados aos valores da paz, (...) do conhecimento mútuo, da fraternidade humana e da convivência comum» (Francisco e Ahmad Al-Tayyeb, Documento sobre a Fraternidade Humana, Abu Dhabi, 4/II/2019).

A minha visita acontece num momento em que o mundo inteiro está procurando sair da crise pandémica de Covid-19, que não só atingiu a saúde de muitas pessoas, mas provocou também o deterioramento das condições sociais e económicas já contusas por fragilidade e instabilidade. Esta crise requer da parte de cada um esforços conjuntos para se realizar os inúmeros passos necessários, incluindo uma justa distribuição das vacinas para todos. Mas não basta! Esta crise é sobretudo um apelo a «repensar os nossos estilos de vida, (...) o sentido da nossa existência» (Francisco, Carta enc. Fratelli tutti, 33). Trata-se de sair deste tempo de provação melhores do que éramos antes; de construir o futuro mais sobre o que nos une do que sobre o que nos divide.

Nas últimas décadas, o Iraque sofreu os infortúnios das guerras, o flagelo do terrorismo e conflitos sectários muitas vezes baseados num fundamentalismo incapaz de aceitar a convivência pacífica de vários grupos étnicos e religiosos, de ideias e culturas diferentes. Tudo isto trouxe morte, destruição, ruínas ainda visíveis… E não só a nível material! Os danos são ainda mais profundos, quando se pensa nas feridas dos corações de tantas pessoas e comunidades que precisarão de anos para se curar. E aqui, dentre tantos que sofreram, não posso deixar de lembrar os yazidis, vítimas inocentes duma barbárie insensata e desumana, perseguidos e mortos por causa da sua filiação religiosa, estando em risco a sua própria identidade e sobrevivência. Ora, só se conseguirmos olhar-nos uns aos outros, com as respetivas diferenças, como membros da mesma família humana, é que podemos iniciar um efetivo processo de reconstrução e deixar às gerações futuras um mundo melhor, mais justo e mais humano. A propósito, a diversidade religiosa, cultural e étnica, que há milénios carateriza a sociedade iraquiana, é um recurso precioso de que lançar mão, e não um obstáculo a ser eliminado. Hoje o Iraque é chamado a mostrar a todos, especialmente no Médio Oriente, que as diferenças, em vez de gerar conflitos, devem cooperar harmoniosamente na vida civil.

A convivência fraterna precisa do diálogo paciente e sincero, tutelado pela justiça e o respeito do direito. Não é uma tarefa fácil: exige esforço e empenho por parte de todos para superar rivalidades e contrastes e dialogar a partir da identidade mais profunda que temos: a de filhos do único Deus e Criador (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Nostra aetae, 5). Com base neste princípio, a Santa Sé não se cansa de apelar às Autoridades competentes no Iraque, como noutros lugares, para que concedam a todas as comunidades religiosas reconhecimento, respeito, direitos e proteção. Congratulo-me com os esforços já empreendidos neste sentido e uno a minha voz à dos homens e mulheres de boa vontade para pedir que os mesmos continuem em benefício do país.

Numa sociedade que se distingue pela unidade fraterna, os seus membros vivem solidariamente entre si. «A solidariedade ajuda-nos a ver o outro (…) como nosso próximo, companheiro de viagem» (Francisco, Mensagem para o LIV Dia Mundial da Paz, 1/I/2021, 6). É uma virtude que nos leva a praticar gestos concretos de cuidado e serviço, com particular atenção aos mais vulneráveis e necessitados. Penso naqueles que perderam familiares e entes queridos, casa e bens primários, por causa da violência, da perseguição e do terrorismo; mas penso também em todas as pessoas que lutam diariamente à procura de segurança e dos meios necessários para sobreviver, enquanto aumentam desemprego e pobreza. «O facto de nos sabermos responsáveis pela fragilidade dos outros» (Francisco, Carta enc. Fratelli tutti, 115) deveria inspirar todos os esforços para criar oportunidades concretas tanto no plano económico como no campo da educação, e também no cuidado da criação, a nossa casa comum. Depois duma crise, não basta reconstruir; é preciso fazê-lo bem, de modo que todos possam ter uma vida digna. Duma crise, não se sai igual ao que se era antes: sai-se ou melhor ou pior.

Como responsáveis políticos e diplomáticos, sois chamados a promover este espírito de solidariedade fraterna. Há necessidade de contrastar o flagelo da corrupção, os abusos de poder e a ilegalidade. Mas não basta! Ao mesmo tempo, é preciso edificar a justiça, aumentar a honestidade, a transparência e reforçar as instituições que a isso presidem. Assim pode crescer a estabilidade e desenvolver-se uma política sadia, capaz de oferecer a todos, especialmente aos jovens (tão numerosos neste país), a esperança dum futuro melhor.

Senhor Presidente, ilustres Autoridades, queridos amigos! Venho como penitente que pede perdão ao Céu e aos irmãos por tanta destruição e crueldade. Venho como peregrino de paz, em nome de Cristo, Príncipe da Paz. Quanto rezamos ao longo destes anos pela paz no Iraque! São João Paulo II não se poupou a iniciativas, e sobretudo ofereceu súplicas e sofrimentos por isso. E Deus escuta; escuta sempre! Cabe a nós ouvi-Lo a Ele, andar nos seus caminhos. Calem-se as armas! Limite-se a sua difusão, aqui e em toda a parte! Cessem os interesses de parte, os interesses externos que se desinteressam da população local. Dê-se voz aos construtores, aos artífices da paz; aos humildes, aos pobres, ao povo simples que quer viver, trabalhar, rezar em paz! Chega de violências, extremismos, fações, intolerâncias! Dê-se espaço a todos os cidadãos que querem construir juntos este país, no diálogo, no confronto franco e sincero, construtivo. Quem se empenha pela reconciliação e o bem comum esteja disposto a deixar os seus interesses de lado. Nestes anos, o Iraque procurou lançar as bases para uma sociedade democrática. Neste sentido, é indispensável assegurar a participação de todos os grupos políticos, sociais e religiosos e garantir os direitos fundamentais de todos os cidadãos. Que ninguém seja considerado cidadão de segunda classe. Animo os passos dados até agora neste caminho e espero que reforcem a serenidade e a concórdia.

A própria comunidade internacional tem um papel decisivo a desempenhar na promoção da paz nesta terra e em todo o Médio Oriente. Como vimos durante o longo conflito na vizinha Síria – completam-se nestes dias dez anos do início do mesmo –, os desafios interpelam cada vez mais toda a família humana. Os mesmos exigem uma cooperação à escala global, para enfrentar também as desigualdades económicas e as tensões regionais que ameaçam a estabilidade destas terras. Agradeço aos Estados e às Organizações Internacionais que estão a trabalhar em prol da reconstrução do Iraque e a dar assistência aos refugiados, aos deslocados internos e àqueles que têm dificuldade em retornar à própria casa, disponibilizando alimentos, água, abrigo, serviços de saúde e saneamento no país, bem como programas visando a reconciliação e a construção da paz. Neste ponto, não posso deixar de lembrar as numerosas agências, entre as quais se contam diversas católicas, que há anos assistem com grande empenho as populações civis; atender às necessidades essenciais de tantos irmãos e irmãs é um ato de caridade e justiça, e contribui para uma paz duradoura. Espero que as nações não retirem a mão amiga e construtora estendida ao povo iraquiano, mas continuem a operar em espírito de responsabilidade comum com as Autoridades locais, sem impor interesses políticos ou ideológicos.

A religião, por sua natureza, deve estar ao serviço da paz e da fraternidade. O nome de Deus não pode ser usado para «justificar atos de homicídio, de exílio, de terrorismo e de opressão» (Francisco e Ahmad Al-Tayyeb, Documento sobre a Fraternidade Humana, Abu Dhabi, 4/II/2019). Pelo contrário, Deus, que criou os seres humanos iguais em dignidade e direitos, chama-nos a difundir amor, benevolência, concórdia. Também no Iraque, a Igreja Católica deseja ser amiga de todos e, através do diálogo, colaborar de forma construtiva com as outras religiões, para a causa da paz. A presença muito antiga dos cristãos nesta terra e o seu contributo para a vida do país constituem um rico legado que pretende continuar a servir a todos. A sua participação na vida pública, como cidadãos que gozam plenamente de direitos, liberdades e responsabilidades, testemunhará que um são pluralismo religioso, étnico e cultural pode contribuir para a prosperidade e a harmonia do país.

Queridos amigos, desejo expressar mais uma vez sentida gratidão por tudo aquilo que fizestes e continuais a fazer para edificar uma sociedade que se distinga pela unidade fraterna, a solidariedade e a concórdia. Nobre obra é o vosso serviço ao bem comum. Peço a Deus Omnipotente que vos sustente nas vossas responsabilidades e guie a todos pelo caminho da sabedoria, da justiça e da verdade. Sobre cada um de vós, vossas famílias e entes queridos e sobre todo o povo iraquiano, invoco a abundância das bênçãos divinas. Obrigado!

[00271-PO.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua polacca

Panie Prezydencie,
Członkowie rządu i korpusu dyplomatycznego
Szanowni Przedstawiciele władz i społeczeństwa obywatelskiego,
Panie i Panowie!

Jestem wdzięczny za możliwość złożenia tej długo oczekiwanej i upragnionej wizyty w Republice Iraku; za to, że mogę przybyć do tej ziemi będącej kolebką cywilizacji ściśle związanej, poprzez patriarchę Abrahama i licznych proroków, z historią zbawienia i z wielkimi tradycjami religijnymi judaizmu, chrześcijaństwa i islamu. Wyrażam wdzięczność panu Prezydentowi Salihowi za zaproszenie i za uprzejme słowa powitania, które skierował do mnie, także w imieniu innych władz i jego umiłowanego ludu. Pozdrawiam również członków korpusu dyplomatycznego i przedstawicieli społeczeństwa obywatelskiego.

Serdecznie pozdrawiam biskupów i kapłanów, osoby konsekrowane i wszystkich wiernych Kościoła katolickiego. Przybywam jako pielgrzym, aby ich wesprzeć w ich świadectwie wiary, nadziei i miłości pośród społeczeństwa irackiego. Pozdrawiam również członków innych Kościołów chrześcijańskich i wspólnot kościelnych, wyznawców islamu oraz przedstawicieli innych tradycji religijnych. Niech Bóg da nam iść razem, jako bracia i siostry, w „mocnym przekonaniu, że autentyczne nauki religii zachęcają nas do trwania zakorzenionymi w wartościach pokoju, [...] wzajemnym zrozumieniu, braterstwie ludzkim i harmonijnym współistnieniu” (Dokument o ludzkim braterstwie, Abu Zabi, 4 lutego 2019 r.).

Moja wizyta odbywa się w czasie, kiedy cały świat próbuje wyjść z kryzysu związanego z pandemią Covid-19, która nie tylko wpłynęła na zdrowie wielu osób, ale także spowodowała pogorszenie warunków społecznych i gospodarczych, które już wcześniej były naznaczone słabością i niestabilnością. Kryzys ten wymaga wspólnych wysiłków każdego, aby podjąć wiele niezbędnych kroków, w tym sprawiedliwą dystrybucję szczepionek dla wszystkich. To jednak nie wystarcza: ten kryzys jest przede wszystkim wezwaniem do „ponownego przemyślenia naszego stylu życia [...], sensu naszego życia” (Enc. Fratelli tutti, 33). Chodzi o wyjście z tego czasu próby lepszymi, niż byliśmy wcześniej; budowanie przyszłości bardziej na tym, co nas łączy, niż na tym, co nas dzieli.

W minionych dekadach Irak doświadczył dramatu wojny, plagi terroryzmu i konfliktów o podłożu religijnym, często opartych na fundamentalizmie, który nie może zaakceptować pokojowego współistnienia różnych grup etnicznych i religijnych, różnych idei i kultur. Wszystko to przyniosło śmierć, zniszczenie, ruiny, które wciąż są widoczne, i to nie tylko na poziomie materialnym: szkody są jeszcze głębsze, jeśli pomyślimy o ranach w sercach wielu osób i wspólnot, ranach, na których zagojenie potrzeba będzie lat. I w tym miejscu, wśród wielu cierpiących, nie mogę nie wspomnieć o jezydach, niewinnych ofiarach bezsensownego i nieludzkiego barbarzyństwa, prześladowanych i zabijanych z powodu swojej przynależności religijnej, których tożsamość i przetrwanie zostały zagrożone. Toteż tylko wówczas, gdy będziemy w stanie spojrzeć na siebie nawzajem, z naszymi różnicami, jako na członków tej samej rodziny ludzkiej, będziemy mogli rozpocząć skuteczny proces odbudowy i pozostawić przyszłym pokoleniom lepszy, bardziej sprawiedliwy i bardziej ludzki świat. W tym kontekście, różnorodność religijna, kulturowa i etniczna, która charakteryzuje społeczeństwo irackie od tysiącleci, jest cennym bogactwem, z którego należy czerpać, a nie przeszkodą, którą trzeba wyeliminować. Dziś Irak jest powołany do tego, by pokazać wszystkim, zwłaszcza na Bliskim Wschodzie, że różnice, zamiast rodzić konflikty, muszą harmonijnie współdziałać w życiu obywatelskim.

Braterskie współistnienie wymaga cierpliwego i szczerego dialogu, prowadzonego w sprawiedliwości i poszanowaniu prawa. Nie jest to zadanie łatwe: wymaga trudu i zaangażowania ze strony wszystkich, aby przezwyciężyć rywalizację i kontrasty, i rozmawiania ze sobą nawzajem, wychodząc od najgłębszej tożsamości, jaką posiadamy – tożsamości dzieci jedynego Boga i Stwórcy (por. Sobór Wat. II, Dekl. Nostra aetate, 5). W oparciu o tę zasadę Stolica Apostolska, tak w Iraku, jak i gdzie indziej, niestrudzenie apeluje do kompetentnych władz o uznanie wszystkich wspólnot religijnych, o ich poszanowanie, uznanie praw i ochronę. Doceniam wysiłki już podjęte w tym zakresie i dołączam swój głos do głosu mężczyzn i kobiet dobrej woli, aby wysiłki te mogły być kontynuowane dla dobra kraju.

Społeczeństwo, które naznaczone jest jednością braterską, jest społeczeństwem, którego członkowie żyją jedni z drugimi w solidarności. „Solidarność pomaga nam widzieć drugiego [...] jako naszego bliźniego, towarzysza w drodze” (Orędzie na 54 Światowy Dzień Pokoju, 1 stycznia 2021 r.). Jest to cnota, która prowadzi nas do konkretnych gestów troski i służby, zwłaszcza w odniesieniu do najbardziej bezbronnych i potrzebujących. Myślę o tych, którzy z powodu przemocy, prześladowań i terroryzmu stracili członków rodziny i bliskich, domy i podstawowe środki do życia. Myślę jednak o wszystkich ludziach, którzy każdego dnia walczą o bezpieczeństwo i środki do życia, podczas gdy bezrobocie i ubóstwo rosną. „Świadomość, że jesteśmy odpowiedzialni za słabość innych” (Enc. Fratelli tutti, 115), powinna inspirować wszelkie wysiłki na rzecz stworzenia konkretnych możliwości zarówno na płaszczyźnie ekonomicznej, jak i w obszarze edukacji, a także na rzecz troski o stworzenie, o nasz wspólny dom. Po kryzysie nie wystarczy odbudować, ale trzeba zrobić to dobrze: tak, aby wszyscy mogli żyć godnie. Z kryzysu nie wychodzi się takimi samymi jak wcześniej: wychodzi się albo lepszymi, albo gorszymi.

Jako przywódcy polityczni i dyplomatyczni jesteście wezwani do promowania tego ducha braterskiej solidarności. Trzeba zwalczać plagę korupcji, nadużywanie władzy i bezprawie, ale to nie wystarczy. Jednocześnie konieczne jest budowanie sprawiedliwości, sprawienie, by wzrastała uczciwość i przejrzystość oraz wzmocnienie instytucji za to odpowiedzialnych. W ten sposób może wzrastać stabilność i rozwijać się zdrowa polityka, zdolna zaoferować wszystkim, a zwłaszcza młodym – tak licznym w tym kraju – nadzieję na lepszą przyszłość.

Panie Prezydencie, szanowne władze, drodzy przyjaciele! Przybywam jako pokutnik, proszący o przebaczenie Niebios i moich braci i sióstr za tak wiele zniszczenia i okrucieństwa. Przybywam jako pielgrzym pokoju, w imię Chrystusa, Księcia Pokoju. Jakże wiele modliliśmy się w tych latach o pokój w Iraku! Św. Jan Paweł II nie szczędził inicjatyw, a przede wszystkim ofiarowywał w tej intencji modlitwy i cierpienia. A Bóg wysłuchuje, zawsze wysłuchuje! Do nas należy słuchanie Go, podążanie Jego drogami. Niech ucichnie broń! Niech będzie ograniczone jej rozprzestrzenianie tu i wszędzie! Niech skończą się partykularne interesy, owe zewnętrzne interesy, których nie obchodzi ludność lokalna. Oddajmy głos budowniczym, twórcom pokoju! Maluczkim, ubogim, ludziom prostym, którzy chcą żyć, pracować i modlić się w pokoju. Dość przemocy, ekstremizmu, frakcji, nietolerancji! Niech zostanie stworzona przestrzeń dla wszystkich obywateli, którzy chcą wspólnie budować ten kraj, w dialogu, w szczerej i uczciwej, konstruktywnej rywalizacji; dla tych, którzy są zaangażowani w pojednanie i dla wspólnego dobra są gotowi odłożyć na bok własne korzyści. W tych latach Irak starał się położyć podwaliny pod społeczeństwo demokratyczne. Niezbędne jest w tym względzie zapewnienie możliwości udziału wszystkich grup politycznych, społecznych i religijnych oraz zagwarantowanie podstawowych praw wszystkich obywateli. Niech nikt nie będzie uważany za obywatela drugiej kalsy. Popieram kroki podjęte dotychczas na tej drodze i mam nadzieję, że umocnią one spokój i zgodę.

Również wspólnota międzynarodowa ma do odegrania decydującą rolę w promowaniu pokoju na tej ziemi i na całym Bliskim Wschodzie. Jak widzieliśmy podczas długiego konfliktu w sąsiedniej Syrii – od którego rozpoczęcia mija w tych dniach dziesięć lat! – wyzwania w coraz większym stopniu dotyczą całej rodziny ludzkiej. Wymagają one współpracy na skalę światową, aby zmierzyć się również z nierównościami ekonomicznymi i napięciami regionalnymi, które zagrażają stabilności tych ziem. Dziękuję państwom i organizacjom międzynarodowym, które pracują w Iraku nad odbudową i zapewniają pomoc uchodźcom, osobom przesiedlonym wewnętrznie i tym, którym trudno powrócić do swoich domów – dostarczając do kraju żywność, wodę, schronienie, usługi w zakresie opieki zdrowotnej i higieny, a także programy mające na celu pojednanie i budowanie pokoju. I tu nie mogę nie wspomnieć o wielu instytucjach, w tym także katolickich, które od lat z wielkim zaangażowaniem pomagają ludności cywilnej. Zaspokajanie podstawowych potrzeb tak wielu braci i sióstr jest aktem miłosierdzia i sprawiedliwości, i przyczynia się do trwałego pokoju. Mam nadzieję, że narody nie wycofają wyciągniętej do Iraku ręki przyjaźni i konstruktywnego zaangażowania, ale będą nadal pracować w duchu wspólnej odpowiedzialności z władzami lokalnymi, nie narzucając interesów politycznych czy ideologicznych.

Religia, ze swej natury, ma służyć pokojowi i braterstwu. Imię Boga nie może być wykorzystywane do dla „usprawiedliwiania zabójstw, eksterminacji, terroryzmu oraz ucisku” (Dokument o ludzkim braterstwie, Abu Zabi, 4 lutego 2019 r.). Przeciwnie, Bóg, który stworzył istoty ludzkie równe w godności i w prawach, wzywa nas do szerzenia miłości, życzliwości i zgody. Również w Iraku Kościół katolicki pragnie być przyjacielem wszystkich i, poprzez dialog, współpracować w sposób konstruktywny z innymi religiami na rzecz pokoju. Starodawna obecność chrześcijan na tej ziemi i ich wkład w życie kraju stanowią bogate dziedzictwo, które pragnie ona kontynuować służąc wszystkim. Ich udział w życiu publicznym, jako obywateli cieszących się w pełni prawami, swobodami i odpowiedzialnością, będzie świadectwem tego, że zdrowy pluralizm religijny, etniczny i kulturowy może przyczynić się do dobrobytu i zgody w kraju.

Drodzy przyjaciele, pragnę raz jeszcze wyrazić moją serdeczną wdzięczność za wszystko, co uczyniliście i nadal czynicie, aby budować społeczeństwo naznaczone braterską jednością, solidarnością i zgodą. Wasza służba na rzecz dobra wspólnego jest szlachetnym dziełem. Proszę Wszechmogącego, aby wspierał was w waszych obowiązkach i prowadził was wszystkich drogą mądrości, sprawiedliwości i prawdy. Modlę się o obfitość Bożego błogosławieństwa dla każdego z was, dla waszych rodzin i bliskich, i dla całego narodu irackiego. Dziękuję!

[00271-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى العراق

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع السّلطات والمجتمع المدني والسلك الدبلوماسي

القصر الجمهوري، بغداد

الجمعة 5 مارس / آذار 2021

السَيِّدُ فَخَامَةَ الرَئِيس،

أعضاءَ الحُكُومَةِ والسِلْكِ الدُبلُوماسي،

السُّلُطاتُ المُوَقَرَة،

مُمَثِلي المُجْتَمَعِ المَدَنِي،

سَيِداتي وَسَادَتِي!

إنِّي مُمْتَنٌّ لإتاحَةِ الفُرْصَةِ لي لأنْ أَقُومَ بِهذهِ الزِيارَةِ، التي طالَ انتِظارُها والشَوْقُ إليها إلى جُمْهُورِيَّةِ العِراق. أنا مُمْتَنٌّ لأنِّي اسْتَطَعْتُ أنْ آتِيَ إلى هذهِ الأرْض، مَهْدِ الحَضَارَة، والمُرْتَبِطَةِ ارتِباطًا وَثيقًا، مِن خِلالِ أبِينا ابراهيم والعَدِيدِ مِن الأنْبِياء، بِتاريخِ الخَلاصِ والتَقَاليدِ الدِينِيَّةِ الكُبرى، اليَهودِيَّةِ والمَسِيحِيَّةِ والإسْلام. أَشْكُرُ السَيِّدَ الرَئِيس الدُكتور بَرْهَم صَالِح على دَعْوَتِه لي، وَعَلَى كَلِماتِ التَرحِيبِ الطَيِبَة التي وجَّهَها إليّ، باسْمِهِ وباسمِ السُلُطات، وَشَعْبِهِ الحَبِيب. أُحَيِّي أيضًا أَعضاءَ السِلْكِ الدُبلُوماسي، ومُمَثِّلِي المُجْتَمَعِ المَدَنِي.

أُوَجِّهُ تَحِيَّةً حارَّة إلى الأساقِفَةِ والكَهَنَةِ والرُهبانِ والراهِبات، وَجَميعِ المُؤْمنين في الكَنيسَةِ الكاثُوليكيّة. جِئْتُ حاجًّا لأُشَجِّعَهُم في شَهادَتِهِم للإيِمانِ والرَجاءِ والمَحَبَّة، في وَسَطِ المُجْتَمَعِ العِراقي. أُحَيِّي أَعضاءَ الكَنائِسِ الأُخْرَى والجَماعاتِ الكَنَسِيَّةِ المَسِيحِيَّة، والمُؤْمِنينَ المُسلِمِين وَمُمَثِلِي سائِرِ التَقاليدِ الدينيَّة. لِيَمْنَحْنا اللهُ أنْ نَسيرَ مَعًا، إخْوَةً وأَخَوات، في "القَناعَةِ الراسِخَةِ بأنَّ التَعاليمَ الصَّحيحَة لِلأدْيانِ تَدعُو إلى التَمَسُّكِ بِقِيَمِ السَّلام [...] والتَعارُّفِ المُتَبادَل والأُخُوَّةِ الإنسانيَّة والعَيْشِ المُشْتَرَك (را. وثيقة الأخوّة الإنسانيّة، أبو ظبي، 4 شباط/فبراير 2019).

تَأْتي زِيارَتي في زَمَنٍ يُحَاوِلُ فيهِ العالَمُ بأسْرِهِ أنْ يَخْرُجَ مِن أَزْمَةِ جائِحَةِ فيروس الكورونا، والتي لمْ تُؤَثِّرْ فَقَط في صِحَةِ العَديدِ مِنَ الناس، بَلْ تَسَبَّبَتْ أيضًا في تَدَهْوُرِ الظُروفِ الاجْتِماعِيَّةِ والاقْتِصادِيَّةِ التي كانَتْ تُعاني أصْلًا مِنَ الهَشاشَةِ وَعَدَمِ الاسْتِقرار. تَتَطَلَّبُ هذهِ الأزْمَةُ جُهُودًا مُشْتَرَكَةً مِن كُلِّ واحِد، لاتِخاذِ العَديدِ مِنَ الخَطَواتِ الضَّرُورِيَّة، بِما في ذَلِكَ تَوْزيعٌ عادِلٌ لِلُّقاحٍ يَشْمَلُ الجَميع. وهذا لا يَكْفي: هذهِ الأزْمَة، هيَ قَبْلَ كُلِّ شَيءٍ دَعْوَةٌ إلى "إعادَةِ التَفْكيرِ في أَنْماطِ حَياتِنا [...]، وَفي مَعْنَى وُجودِنا" (رسالة بابوية عامة، Fratelli tutti، 33). وهذا يَعْنِي أنْ نَخْرُجَ مِن زَمَنِ المِحْنَةِ هذا أَفْضَلَ مِمَّا كُنَّا عَلَيْهِ مِن قَبْلُ، وَأنْ نَبْنِيَ المُسْتَقْبَلَ علَى ما يُوَحِّدُنا وَلَيْسَ علَى ما يُفرِّقُ بَيْنَنا.

على مَدَى العُقُودِ الماضِيَّة، عانَى العِراقُ مِن كَوارِثِ الحُروبِ وآفَةِ الإرْهابِ وَمِن صِراعاتٍ طائِفِيَّةٍ تَقُومُ غالِباً على أُصُولِيَّةٍ لا تَسْتَطِيعُ أنْ تَقْبَلَ العَيْشَ مَعًا في سَلام، بَيْنَ مُخْتَلَفِ الجَماعاتِ العِرْقِيَّةِ والدينيَّة، بِمُخْتَلَفِ الأَفكارِ والثَقافات. كلُّ هذا جَلَبَ المَوْتَ والدَمار، وَأَنْقاضًا ما زالَتْ ظاهِرة لِلْعَيان، وَلَيْسَ فَقَط على المُسْتَوَى المادِي: فالأَضْرارُ أَعْمَقُ بِكَثيرٍ في القُلُوبِ، إذا فَكَّرْنا في الجُرُوحِ التي مَسَّتْ قُلُوبَ الكَثيرِ مِن الناسِ والجَماعات، والتي سَتَسْتَغْرِقُ سَنَواتٍ لِلْشِفاء. وَهُنا، مِن بَيْنِ الكَثيرينَ الذينَ عانَوْا وتأَلَّمُوا، لا يَسَعُني إِلّا أنْ أَذْكُرَ اليَزِيدِيّين، الضَّحايا الأَبْرياء لِلْهَمَجِيَّةِ المُتَهَوِّرَة وعَديمَةِ الإنسانيَّة. فَقَدْ تَعَرَّضُوا للاضْطِهادِ والقَتْلِ بِسَبَبِ انْتِمائِهِم الديني، وَتَعَرَّضَتْ هُوِّيَتُهُم وَبَقاؤُهُم نَفْسُهُ لِلْخَطَر. لذَلِك، إذا اسْتَطَعْنا نَحْنُ الآنَ أنْ نَنْظُرَ بَعْضُنا إلى بَعْض، مَعَ اختِلافاتِنا، وَكَأَعْضاءٍ في العائِلَةِ البَشَرِيَّةِ الواحِدَة، يُمْكِنُنَا أنْ نَبْدأَ عَمَلِيَّةَ إعادَةِ بِناءٍ فَعَّالَة، وَيُمْكِنُنَا تَسليمُ عالَمٍ أفضَلَ لِلأَجْيالِ القَادِمَة، أَكْثَرَ عَدْلاً وأَكْثَرَ إنسانِيَّة. في هذا الصَّدَد، فإنَّ الاخْتِلافَ الدينيَّ والثَقافيَّ والعِرقيّ، الذي مَيَّزَ المُجْتَمَعَ العِراقي، مُدَةَ آلافِ السِنين، هُوَ عَوْنٌ ثَمينٌ للاستِفادَةِ مِنْهُ، وَلَيْسَ عائِقًا لِلْتَخَلُّصِ مِنْهُ. والعِراقُ اليَوْمَ مَدْعُوٌّ إلى أنْ يُبَيِّنَ لِلْجَميع، وَخاصَةً في الشَّرْقِ الأَوْسَط، أنَّ الاخْتِلافات، بَدَلًا مِن أنْ تُثيرَ الصِّراعات، يَجِبُ أنْ تَتَعاوَنَ في وِئامٍ في الحَياةِ المَدَنِيَّة.

يَحْتاجُ العَيْشُ الأَخَويُّ مَعًا إلى حِوارٍ صَابِرٍ وَصَادِق، يَحْميهِ العَدْلُ واحتِرامُ القانون. إنَّها ليْسَت مُهِمَّةً سَهْلَة: إنَّها تَتَطَلَّبُ جُهْدًا والتِزامًا مِنَ الجَميع، لِلْتَغَلُبِ علَى رُوحِ العَداءِ والمُجابَهات، وَتَتَطَلَّبُ أنْ نُكَلِّمَ بَعْضُنا بَعْضًا انطِلاقًا مِن أَعْمَقِ هُوِّيَّةٍ تَجْمَعُنا، وَهي هُوِّيَّةُ أبناءِ اللهِ الواحِدِ والخالِق (را. المجمع الفاتيكاني الثاني، بيان حول "علاقة الكنيسة بالديانات غير المسيحية" في عصرنا Nostra Aetate، 5). علَى أَساسِ هذا المَبْدأ، فإنَّ الكُرْسِي الرَّسُولي، في العِراقِ وفي كُلِّ مَكان، لا يَتْعَبُ أبَدًا مِن مُناشَدَةِ السُّلُطاتِ المُخْتَصَة لِمَنْحِ الاعْتِرافِ والاحْتِرامِ والحُقُوقِ والحِمايَةِ لِكُلِّ الجَماعاتِ الدينيّة. إنَّني أُقَدِّرُ الجُهُودَ التي بُذِلَتْ بالفِعْلِ في هذا الاتِجاه، وأَضُمُّ صَوْتي إلى صَوْتِ الرِجالِ والنِساءِ ذَوي النَوايا الحَسَنَة، حتَى يَسْتَمِرُّوا في مَسْعَاهُم لِخَيْرِ البَلَدِ وَمَنْفَعَتِه.

إنَّ المُجْتَمَعَ الذي يَحْمِلُ سِمَةَ الوَحْدَةِ الأَخَوِيَّة، هُوَ مُجْتَمَعٌ يَعيشُ أَفْرادُهُ مُتَضامِنِينَ فيما بَيْنَهُم. "يُساعِدُنا التَضامُنُ علَى رُؤْيَةِ الآخَر [...] بِمَثابَةِ قَريبٍ لنا، وَرَفيقٍ لِلْدَرْب" (رسالة في مناسبة اليوم العالمي الرابع والخمسين للسلام، 1 كانون الثاني/يناير 2021). التَضامُنُ فَضيلَةٌ تَحْمِلُنا علَى القِيامِ بأَعْمالٍ مَلْمُوسَةٍ لِلْرِعايَةِ والخِدْمَة، مَعَ إيلاءِ اعْتِبارٍ خاصّ لأَكْثَرِ الناسِ ضُعْفاً وَحاجَة. أُفَكِرُ في الذينَ فَقَدُوا، نَتيجَةَ العُنْفِ والاضْطِهادِ والإرْهاب، عائِلاتِهِم وَأَحِباءَهُم وَبُيُوتَهُم وَمُمْتَلَكاتِهِم الأَساسِيَّة. وأُفَكِرُ في جَميعِ الذينَ يُكافِحونَ كُلَّ يَوْمٍ بَحْثًا عَنِ الأَمْنِ وَعَنِ الوَسائِلِ التي تُمَكِّنُهُم مِن المُضِيِّ قُدُمًا، بَيْنَما تَزْدادُ البَطالَةُ والفَقْر. إنَّ "مَعْرِفَتَنا بِمَسْؤُولِيَتِنا تُجاهَ ضَعْفِ الآخَرينَ" (رسالة بابوية عامة، Fratelli tutti، 115) يَنْبَغي أنْ تُلْهِمَ كُلَّ جُهْدٍ لِخَلْقِ إمكاناتٍ عَمَلِيَّة على الصَّعيدَين الاقتِصادي والتَرْبَوي، وَكَذَلِكَ لِلْعِنايَةِ بالخَلِيقَة، بَيْتِنا المُشْتَرَك. بَعَدَ الأَزْمَة، لا يَكْفِي إِعادَةُ البِناء، بَلْ يَجِبُ أنْ يَتِمَّ بِشَكْلٍ جَيِد: حَتَى يَتَسَنَى لِلْجَميعِ التَمَتُّعُ بِحياةٍ كَريمَة. لا نَخْرُجُ مِنَ الأَزْمَةِ كَما كُنَّا مِن قَبْل: إمَّا نَخْرُجُ في حالَةٍ أَفْضَل أوْ أَسْوأ.

بِصِفَتِكُم مَسْؤُولينَ سِياسيِّينَ وَدُبْلُوماسيِّين، أنْتُم مَدْعُوُّونَ إلى تَعْزيزِ رُوحِ التَضامُنِ الأَخَويِّ هذا. مِنَ الضَّرُوري التَصَدِّي لآفةِ الفَساد، وَسُوءِ اسْتِعْمالِ السُّلْطَة، وَكُلِّ ما هُوَ غَيْرُ شَرْعي. وَلَكِنْ هذا لا يَكْفي. يَنْبَغي في الوَقْتِ نَفْسِهِ تَحْقِيقُ العَدالَة، وَتَنْمِيَةُ النَزاهَةِ والشَفافِيَّة، وَتَقْوِيَةُ المُؤَسَّساتِ المَسْؤُولَةِ عَن ذَلِك. بِهَذِهِ الطَريقَة، يُمْكِنُ أنْ يَزْدادَ الاسْتِقْرار، وأنْ تَتَطَوَّرَ سِياسَةٌ سَليمَةٌ قادِرَةٌ علَى أنْ تُقَدِّمَ لِلْجَميع، وَبِخاصّةٍ لِلْشَباب – وَهُم كُثْرٌ في هذا البَلَد -، الأمَلَ في مُسْتَقْبَلٍ أفضَل.

السيِّدُ الرَئيس، والسُّلُطاتُ المُوَقّرَة، والأَصْدِقاءُ الأَعِزاء! لَقَدْ أَتَيْتُ بِصَفَةِ تائِبٍ يَطْلُبُ المَغْفِرَةَ مِنَ السَماءِ وَمِنَ الإخْوَة، لِلْدَمارِ الكثيرِ وَقَسْوَةِ البَشَر. أَتَيْتُ حاجًّا يَحْمِلُ السَّلام، باسْمِ السَيِّدِ المَسيحِ أميرِ السَّلام. كَمْ صَلَّيْنا في هذهِ السِنين مِن أجلِ السَّلامِ في العِراق! لَمْ يُوَفِّرْ البابا القدّيس يوحنا بولس الثاني المُبادَرات، ولا سِيَّما الصَّلَوات والآلام مِن أجلِ السَّلام. واللهُ يُصْغِي، إنَّهُ يُصْغِي دائِمًا! عَلَيْنا نَحنُ أنْ نُصْغِيَ إليْه، وأنْ نَسيرَ في طُرُقِه. لِتَصْمُتْ الأَسْلِحَة! وَلْنَضَعْ حدًا لانْتِشارِها هُنا وَفي كُلِّ مكان! وَلْتَتَوَقَّفْ المَصالِحُ الخاصَّة، المَصَالِحُ الخارِجيَّة التي لا تَهْتَمُ بالسُكانِ المَحَلّيين. ولْنَسْتَمِعْ لِمَنْ يَبْني ويَصْنَعُ السَّلام! لِلْصِغارِ والفُقَراء، وَلِلْبُسَطاءِ الذينَ يُريدونَ أنْ يَعيشوا وَيَعْمَلُوا وَيُصَلُّوا في سلام. كَفَى عُنْفٌ وَتَطَرُّفٌ وَتَحَزُّبَاتٌ وَعَدَمُ تَسَامُح! لنُعْطِ المَجالَ لكُلِّ المُواطِنينَ الذينَ يُريدونَ أنْ يَبْنُوا مَعًا هذا البَلَد، في الحِوار، وفي مُواجَهَةٍ صَريحَةٍ وَصَادِقَةٍ وَبَنَّاءَة. لِنُعْطِ المَجالَ لِمَنْ يَلْتَزِمُ السَّعْيَ مِن أجلِ المُصَالَحَة، والخَيْرِ العام، وَهُوَ مُسْتَعِدٌّ أنْ يَضَعَ مَصَالِحَهُ جانِبًا. حاوَلَ العِراق، في هَذِهِ السَنوات، إرْساءَ الأسُسِ لِمُجْتَمَعٍ ديمُقْراطي. مِن أجلِ هذا، مِنَ الضَّرُوري أنْ نَضْمَنَ مُشارَكَةَ جَميعِ الفِئاتِ السِياسيَّةِ والاجتِماعيَّةِ والدينيَّة، وأنْ نُؤَمِّنَ الحُقوقَ الأساسِيَّةَ لِجَميعِ المُواطنين. يَجِبُ ألّا يُعْتَبَرَ أحَدٌ مُواطِنًا مِنَ الدَرَجَةِ الثانِيَّة. أُشَجِّعُ الخُطُواتِ التي تَمَّ اتِخاذُها حتَى الآن في هذا الاتِجاه، وَأَرْجُو أنْ تَتَعَزَّزَ الطُمأْنينَةُ والوِئام.

علَى المُجْتَمَعِ الدَوْلي أيْضًا أنْ يَقومَ بِدَوْرٍ حاسِمٍ في تَعزيزِ السَّلامِ في هذهِ الأرضِ وَفي كُلِّ الشَّرْقِ الأوْسَط. رأَيْنا ذَلِكَ في الصِّراعِ الطَويلِ في سوريا المُجاوِرَة - وَقَدْ مَرَّتْ الآنَ عَشْرُ سَنَواتٍ علَى بِدايَتِه! - إنَّ التَحَدِيّاتِ المُتَزايِدة تَدْعُو الأُسْرَةَ البَشَرِيَّةَ بأَكْمَلِها دَعْوَةً مُلِحَّة. إنَّها تَقْتَضِي تَعاوُنًا علَى نِطاقٍ عالَمِيّ حتَى تُواجِهَ أيْضًا عَدَمَ المُساواةِ في مَجالِ الاقتِصاد، والتَوَتُراتِ الإقليميَّة التي تُهَدِّدُ اسْتِقرارَ هَذِهِ البُلْدان. أَشْكُرُ الدُوَلَ والمُنَظَماتِ الدَوْلِيَّة التي تَعْمَلُ الآنَ في العِراق لإعادَةِ الإعْمار وَتَقْديمِ المُساعَدَةِ لِلاجِئينَ والنازحين، وَلِلَذينَ يَصْعُبُ عَلَيْهِم العَوْدَةُ إلى بيوتِهِم، وَلأَنَّها تُوَفِّرُ الغِذاءَ والماءَ والمأوَى والخَدَماتِ الصِحِيَّة في البَلَد، وَكَذَلِكَ البَرامِجَ الهادِفَة إلى المُصَالَحَةِ وَبِناءِ السَّلام. وَهُنا لا يَسَعُني إلّا أنْ أَذْكُرَ الوِكالاتِ العَديدَة، وَمِن بَيْنِها العَديدَ مِنَ الوِكالاتِ الكاثُوليكِيَّة، التي ظَلَّتْ مُنْذُ سَنَواتٍ تُساعِدُ السُكانَ المَدَنيّين بالتِزامٍ كَبير. إنَّ تَلْبِيَةَ الاحتِياجاتِ الأَساسيَّة لِلْعَديدِ مِنَ الإخْوَةِ والأَخَواتِ هُوَ عَمَلُ مَحَبَّةٍ وَعَدْلٍ، ويُسْهِمُ في سَلامٍ دائِم. أَتَمَنَّى أَلّا تَسْحَبَ الدُوَلُ يَدَ الصَّداقَةِ والالْتِزامِ البَنَّاءِ المَمْدُودَةَ إلى الشَعْبِ العِراقي، بَلْ تُواصِلُ العَمَلَ بِرُوحِ المَسْؤُوليَّةِ المُشْتَرَكَة مَعَ السُّلُطاتِ المَحَلِيَّة، دُونَ أنْ تَفْرِضَ مَصَالِحَ سِياسيَّة أو أَيدْيُولُوجيَّة.

الدينُ بِطَبيعَتِهِ، يَجِبُ أنْ يكونَ في خِدْمَةِ السَّلامِ والأُخُوَّة. لا يَجُوزُ استِخْدامُ اسمِ اللهِ "لتَبْريرِ أَعْمالِ القَتْلِ والتَشْريدِ والإرْهابِ والبَطْش" (وثيقة الأخوّة الإنسانيّة، أبو ظبي، 4 شباط/فبراير 2019). على العَكْسِ مِن ذَلِك، إنَّ اللهَ الذي خَلَقَ البَشَرَ مُتَساوينَ في الكَرامَةِ والحُقوق، يَدْعُونا إلى أنْ نَنْشُرَ المَحَبَّةَ والإحْسانَ والوِئام. وَفي العِراقِ أيضًا، تُريدُ الكَنيسَةُ الكاثوليكيَّة أنْ تَكونَ صَديقَةً لِلْجَميع، وأنْ تَتَعاوَنَ مِن خِلالِ الحِوار، بِشَكْلٍ بَنّاءٍ مَعَ الأدْيانِ الأُخْرَى، مِن أجلِ قَضِيَّةِ السَّلام. إنَّ وُجودَ المَسيحيّينَ العَريق في هذهِ الأرْضِ وإسْهامَهُم في حَياةِ البَلَدِ يُشَكِّلُ إرْثًا غَنِيًّا، ويُريدُ أنْ يكونَ قادِرًا على الاسْتِمْرارِ في خِدْمَةِ الجَميع. إنَّ مُشارَكَتَهُم في الحياةِ العامّة، كمُواطِنين يَتَمَتَعُونَ بِصُورَةٍ كامِلة بالحُقُوقِ والحُرِياتِ والمَسْؤُوليات، سَتَشْهَدُ علَى أنَّ التَعَدُدِيَّةَ الدينيَّةَ والعِرْقِيَّةَ والثَقافيَّةَ السَليمَة، يُمْكِنُ أنْ تُسْهِمَ في ازدِهارِ البَلَدِ وانْسِجامِه.

أيُّها الأصْدِقاءُ الأَعِزّاء، أَوَدُّ أنْ أُعَبِّرَ مَرَةً أُخرَى عَن شُكْرِي الصَّادِق لِكُلِّ ما صَنَعْتُمُوهُ وما زِلْتُم تَصْنَعُونَهُ مِن أجلِ بِناءِ مُجْتَمَعٍ مُؤَسَّسٍ علَى الوَحْدَةِ الأَخَوِيَةِ والتَضامُنِ والوِئام. خِدْمَتُكُم لِلْخَيْرِ العامّ عَمَلٌ نَبيل. أَسْأَلُ اللهَ القَدير أنْ يُؤَيِّدَكُم في مَسْؤُولياتِكُم، وأنْ يُرْشِدَكُم جَميعاً على طَريقِ الحِكْمَةِ والعَدْلِ والحَقيقَة. لِكُلِّ واحِدٍ مِنْكُم، وَلِعائِلاتِكُم وَأَحِبائِكُم وَلِلْشَعْبِ العِراقيّ بِأَسْرِه، أَسْأَلُ اللهَ وافِرَ البَرَكاتِ الإلَهِيَّة. شُكْرًا!

[00271-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0130-XX.02]