Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Messaggio del Santo Padre Francesco per la 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 23.01.2021


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 16 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore:

Messaggio del Santo Padre

«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono

Cari fratelli e sorelle,

l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido[1] ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.

Consumare le suole delle scarpe

Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero.

Quei dettagli di cronaca nel Vangelo

Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: «Venite e vedrete» (Gv 1,39), invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli “di cronaca” che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita: «Era circa l’ora decima», annota, cioè le quattro del pomeriggio (cfr v. 39). Il giorno dopo – racconta ancora Giovanni – Filippo comunica a Natanaele l’incontro con il Messia. Il suo amico è scettico: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti: «Vieni e vedi», gli dice (cfr vv. 45-46). Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia. La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio (cfr Gv 4,39-42). Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.

Grazie al coraggio di tanti giornalisti

Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti – giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.

Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a “venire e vedere”. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una “doppia contabilità”. Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza. Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri.

Opportunità e insidie nel web

La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.

Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.

Nulla sostituisce il vedere di persona

Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare. Infatti in Lui – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto, il Dio invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare, come scrive lo stesso Giovanni (cfr 1 Gv 1,1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.

Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica. «Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca».[2] Le sferzanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani. La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: “Vieni e vedi”, e sono rimaste colpite da un “di più” di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo. Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale. Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava (cfr 1 Cor 4,17).

«Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino,[3] esortando a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.

Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi,
e a incamminarci alla ricerca della verità.
Insegnaci ad andare e vedere,
insegnaci ad ascoltare,
a non coltivare pregiudizi,
a non trarre conclusioni affrettate.
Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare,
a prenderci il tempo per capire,
a porre attenzione all’essenziale,
a non farci distrarre dal superfluo,
a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.
Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo
e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto.

Roma, San Giovanni in Laterano, 23 gennaio 2021, Vigilia della Memoria di San Francesco di Sales.

FRANCISCUS

_______________________

[1] Giornalista spagnolo, nato nel 1920 e morto nel 1971, beatificato nel 2010.
[2]
W. Shakespeare, Il mercante di Venezia, Atto I, Scena I.
[3]
Sermo 360/B, 20.

[00090-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

« Viens et vois » (Jn 1,46). Communiquer en rencontrant les personnes où et comme elles sont

Chers frères et sœurs,

L'invitation à « venir et voir », qui accompagne les premières rencontres émotionnantes de Jésus avec les disciples, est également la démarche de toute authentique communication humaine. Pour raconter la vérité de la vie qui devient histoire (cf. Message pour la 54e Journée Mondiale des Communications Sociales, 24 janvier 2020), il est nécessaire de sortir de la présomption commode de « déjà savoir » et de se mettre en marche, aller voir, être avec les personnes, les écouter, recueillir les suggestions de la réalité qui nous surprendra toujours par l'un ou l’autre de ses aspects. « Ouvre avec émerveillement les yeux à ce que tu verras, et laisse tes mains se remplir de la fraîcheur de la sève, de sorte que lorsque les autres te liront, ils toucheront du doigt le miracle palpitant de la vie », conseillait le bienheureux Manuel Lozano Garrido[1] à ses collègues journalistes. Cette année, je désire donc consacrer le Message à l'appel à « venir et voir », comme suggestion pour toute expression de communication qui se veut limpide et honnête : dans la rédaction d'un journal comme dans le monde d'internet, dans la prédication ordinaire de l'Eglise comme dans la communication politique ou sociale. « Viens et vois » est la façon dont la foi chrétienne s'est communiquée, à partir des premières rencontres sur les rives du Jourdain et du lac de Galilée.

User les semelles des chaussures

Pensons au grand thème de l'information. Des voix attentives déplorent depuis longtemps le risque d'un aplatissement dans les “journaux photocopie” ou dans les informations, à la télévision et à la radio, et les sites internet identiques sur le fond, où le genre de l'enquête et du reportage perdent en place et en qualité au profit d'une information préfabriquée, “qui vient d'en haut”, autoréférentielle, qui réussit toujours moins à intercepter la vérité des choses et la vie concrète des personnes, et qui ne sait plus saisir ni les phénomènes sociaux les plus graves, ni les énergies positives qui proviennent de la base de la société. La crise de l'édition risque de conduire à une information fabriquée dans les rédactions, devant les ordinateurs, les écrans des agences, sur les réseaux sociaux, sans jamais sortir dans la rue, sans plus “user les semelles des chaussures”, sans rencontrer les personnes pour chercher des histoires ou vérifier de visu certaines situations. Si nous ne nous ouvrons pas à la rencontre, nous demeurons des spectateurs extérieurs, en dépit des innovations technologiques qui ont la capacité de nous placer face à une réalité amplifiée dans laquelle il semble que nous sommes plongés. Tout instrument n'est utile et précieux que s'il nous pousse à aller et à voir des choses que nous ne saurions pas autrement, s'il met en réseau des connaissances qui autrement ne circuleraient pas, s'il permet des rencontres qui autrement n'auraient pas lieu.

Ces détails d'actualité dans l'Evangile

Aux premiers disciples qui veulent le connaître, après le baptême dans le Jourdain, Jésus répond : « Venez et voyez » (Jn 1, 39), les invitant à habiter la relation avec lui. Plus d'un demi-siècle plus tard, quand Jean, très âgé, rédige son Evangile, il rappelle certains détails “d'actualité” qui révèlent sa présence sur le lieu, et l'impact que cette expérience a eu dans sa vie : « C'était environ la dixième heure », souligne-t-il, c'est-à-dire quatre heures de l'après-midi (cf. v. 39). Le lendemain – rapporte encore Jean – Philippe fait part à Nathanaël de sa rencontre avec le Messie. Son ami est sceptique. « De Nazareth, peut-il sortir quelque chose de bon ? ». Philippe ne cherche pas à le convaincre par des raisonnements : « Viens et vois », lui dit-il (cf. vv. 45-46). Nathanaël va et voit, et à partir de ce moment, sa vie change. La foi chrétienne commence ainsi. Et elle se communique ainsi : comme une connaissance directe, née de l'expérience, pas par ouï-dire. « Ce n'est plus sur tes dires que nous croyons ; nous l'avons nous-mêmes entendu », disent les gens à la Samaritaine, après que Jésus se soit arrêté dans leur village (cf. Jn 4, 39-42). Le « viens et vois » est la méthode la plus simple pour connaître une réalité. C'est la vérification la plus honnête de toute annonce, parce que pour connaître, il faut rencontrer, permettre que celui qui est en face me parle, laisser son témoignage m’arriver.

Merci au courage de nombreux journalistes

Le journalisme également, en tant que récit de la réalité, exige la capacité d'aller là où personne ne va : un déplacement et un désir de voir. Une curiosité, une ouverture, une passion. Nous devons dire merci au courage et à l'engagement de nombreux professionnels – journalistes, cameramen, monteurs, réalisateurs, qui travaillent souvent en courant de grands risques – si nous connaissons aujourd'hui, par exemple, la difficile condition des minorités persécutées dans diverses parties du monde ; si de nombreux abus et injustices contre les pauvres et contre la création ont été dénoncés ; si tant de guerres oubliées ont été racontées. Ce serait une perte non seulement pour l'information, mais pour toute la société et pour la démocratie si ces voix disparaissaient : un appauvrissement pour notre humanité.

De nombreuses réalités de la planète, encore plus en ce temps de pandémie, adressent au monde de la communication l'invitation à “venir et voir”. Il existe le risque de raconter la pandémie, et de la même façon chaque crise, uniquement avec les yeux du monde plus riche, de tenir une “double comptabilité”. Pensons à la question des vaccins, comme à celle des traitements médicaux en général, au risque d'exclusion des populations les plus indigentes. Qui nous racontera l'attente de guérison dans les villages les plus pauvres de l'Asie, de l'Amérique latine et de l'Afrique ? Ainsi, les différences sociales et économiques au niveau planétaire risquent de caractériser l'ordre de la distribution des vaccins anti-Covid ; avec les pauvres toujours derniers, et le droit à la santé pour tous affirmé sur le principe, mais dépouillé de sa valeur réelle. Mais également dans le monde des plus chanceux, le drame social des familles qui sont rapidement tombées dans la pauvreté reste en grande partie caché : les personnes qui, surmontant la honte, font la queue devant les centres de la Caritas pour recevoir un colis de nourriture font souffrir, et ne font pas beaucoup de bruit.

Opportunités et dangers d'internet

Le réseau, avec ses innombrables expressions sociales, peut multiplier la capacité de récit et de partage : de nombreux regards supplémentaires ouverts sur le monde, un flux constant d'images et de témoignages. La technologie numérique nous donne la possibilité d'une information directe et rapide, parfois très utile : pensons à certaines situations d'urgence à l'occasion desquelles les premières nouvelles, et également les premières communications de service aux populations, circulent précisément sur internet. C'est un instrument formidable qui nous rend tous responsables en tant qu'usagers et bénéficiaires. Nous pouvons tous potentiellement devenir témoins d'événements, qui autrement seraient négligés par les media traditionnels, apporter notre contribution citoyenne, fait émerger davantage d'histoires, notamment positives. Grâce à internet, nous avons la possibilité de raconter ce que nous voyons, ce qui a lieu sous nos yeux, de partager des témoignages.

Mais tous sont désormais conscients également des risques d'une communication sociale privée de vérifications. Nous avons appris depuis longtemps déjà que les nouvelles, et même les images, sont facilement manipulables pour mille raisons, parfois même uniquement par banal narcissisme. Cette conscience critique pousse à ne pas diaboliser l'instrument, mais à une plus grande capacité de discernement et à un sens plus mûr de responsabilité, tant lorsque ces contenus se diffusent que lorsqu'ils se reçoivent. Nous sommes tous responsables de la communication que nous faisons, des informations que nous donnons, du contrôle que nous pouvons exercer ensemble sur les fausses nouvelles, en les démasquant. Nous sommes tous appelés à être témoins de la vérité : à aller, voir et partager.

Rien ne remplace le fait de voir en personne

Dans la communication, rien ne peut jamais complètement remplacer le fait de voir en personne. Certaines choses ne peuvent s'apprendre qu'en en faisant l'expérience. En effet, on ne communique pas seulement à travers les paroles, mais avec les yeux, avec le ton de la voix, avec les gestes. La force d'attraction de Jésus sur ceux qui le rencontrent dépendait de la vérité de sa prédication, mais l'efficacité de ce qu'il disait était indissociable de son regard, de son comportement, et même de ses silences. Les disciples non seulement écoutaient ses paroles, mais ils le regardaient parler. En effet, en lui – le Logos incarné – la Parole s'est faite Visage, le Dieu invisible s'est laissé voir, entendre et toucher, comme l'écrit Jean lui-même (cf. 1 Jn 1, 1-3). La parole n'est efficace que si elle se “voit”, si elle nous fait participer à une expérience, à un dialogue. C'est pour cette raison que le “viens et vois” était, et est, essentiel.

Pensons combien l'éloquence vide abonde également à notre époque dans les milieux de la vie publique, dans le commerce comme dans la politique. « Il sait parler à l’infini sans rien dire. Ce qu’il y a de bon dans tous ses discours est comme deux grains de blé cachés dans deux boisseaux de son. On les cherche un jour entier avant de les trouver, et quand on les a, ils ne valent pas la peine qu’on a prise ».[2] Les paroles cinglantes du dramaturge anglais valent également pour nous, communicateurs chrétiens. La bonne nouvelle de l'Evangile s'est diffusée dans le monde grâce à des rencontres de personne à personne, de cœur à cœur. Des hommes et des femmes qui ont accepté la même invitation, “Viens et vois”, et qui ont été frappées par un “surplus” d'humanité qui transparaissait dans le regard, dans la parole et dans les gestes de personnes qui témoignaient de Jésus Christ. Tous les instruments sont importants, et ce grand communicateur qui s'appelait Paul de Tarse aurait certainement utilisé la poste électronique et les messages sociaux. Mais ce furent sa foi, son espérance et sa charité qui impressionnèrent ses contemporains qui l'écoutaient prêcher et qui eurent la chance de passer du temps avec lui, de le voir au cours d'une assemblée ou d'un entretien individuel. Ils constataient, en le voyant à l'action dans les lieux où il se trouvait, combien son annonce de salut dont il était porteur par la grâce de Dieu était vraie et féconde pour la vie. Et même là où ce collaborateur de Dieu ne pouvait être rencontré en personne, sa façon de vivre dans le Christ était témoignée par les disciples qu'il envoyait (cf. 1 Co 4, 17).

« Dans nos mains il y a les livres, dans nos yeux les faits », affirmait saint Augustin,[3] exhortant à vérifier dans la réalité l'accomplissement des prophéties présentes dans les Ecritures Saintes. Ainsi, l'Evangile se reproduit à nouveau aujourd'hui, chaque fois que nous recevons le témoignage limpide de personnes dont la vie a été changée par la rencontre avec Jésus. Depuis plus de deux mille ans, c'est un enchaînement de rencontres qui nous communique la fascination de l'aventure chrétienne. Le défi qui nous attend est donc celui de communiquer en rencontrant les personnes où et comme elles sont.

Seigneur, enseigne-nous à sortir de nous-mêmes,
et à marcher à la recherche de la vérité.
Enseigne-nous à aller et à voir,
enseigne-nous à écouter,
à ne pas avoir de préjugés,
à ne pas tirer de conclusions hâtives.
Enseigne-nous à aller là où personne ne veut aller,
à prendre le temps de comprendre,
à porter l'attention sur l'essentiel,
à ne pas nous laisser distraire par le superflu,
à distinguer l'apparence trompeuse de la vérité.
Donne-nous la grâce de reconnaître tes demeures dans le monde
et l'honnêteté de raconter ce que nous avons vu.

Rome, Saint-Jean de Latran, 23 janvier 2021, veille de la mémoire de saint François de Sales

FRANCISCUS

_______________________

 

[1] Journaliste espagnol, né en 1920 et mort en 1971, béatifié en 2010.
[2]
W. Shakespeare, Le marchand de Venise, Acte I, Scène I.
[3]
Sermo 360/B, 20.

[00090-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Come and See” (Jn 1:46) Communicating by Encountering People as They Are

Dear Brothers and Sisters,

The invitation to “come and see”, which was part of those first moving encounters of Jesus with the disciples, is also the method for all authentic human communication.  In order to tell the truth of life that becomes history (cf. Message for the 54th World Communications Day, 24 January 2020), it is necessary to move beyond the complacent attitude that we “already know” certain things.  Instead, we need to go and see them for ourselves, to spend time with people, to listen to their stories and to confront reality, which always in some way surprises us.  “Open your eyes with wonder to what you see, let your hands touch the freshness and vitality of things, so that when others read what you write, they too can touch first-hand the vibrant miracle of life”. This was the advice that Blessed Manuel Lozano Garrido[1] offered to his fellow journalists.  This year, then, I would like to devote this Message to the invitation to “come and see”, which can serve as an inspiration for all communication that strives to be clear and honest, in the press, on the internet, in the Church’s daily preaching and in political or social communication.  “Come and see!”  This has always been the way that the Christian faith has been communicated, from the time of those first encounters on the banks of the River Jordan and on the Sea of Galilee.

Hitting the streets

Let us look first at the great issue of news reporting.  Insightful voices have long expressed concern about the risk that original investigative reporting in newspapers and television, radio and web newscasts is being replaced by a reportage that adheres to a standard, often tendentious narrative.  This approach is less and less capable of grasping the truth of things and the concrete lives of people, much less the more serious social phenomena or positive movements at the grass roots level.  The crisis of the publishing industry risks leading to a reportage created in newsrooms, in front of personal or company computers and on social networks, without ever “hitting the streets”, meeting people face to face to research stories or to verify certain situations first hand.  Unless we open ourselves to this kind of encounter, we remain mere spectators, for all the technical innovations that enable us to feel immersed in a larger and more immediate reality.  Any instrument proves useful and valuable only to the extent that it motivates us to go out and see things that otherwise we would not know about, to post on the internet news that would not be available elsewhere, to allow for encounters that otherwise would never happen.

The Gospels as news stories

“Come and see” were the first words that Jesus spoke to the disciples who were curious about him following his baptism in the Jordan river (Jn 1:39).  He invited them to enter into a relationship with him.  More than half a century later, when John, now an old man, wrote his Gospel, he recalled several “newsworthy” details that reveal that he was personally present at the events he reports and demonstrate the impact that the experience had on his life.  “It was about the tenth hour”, he noted, that is, about four in the afternoon (cf. v. 39).  The next day – John also tells us – Philip told Nathaniel about his encounter with the Messiah.  His friend is sceptical and asks: “Can anything good come out of Nazareth?”  Philip does not try to win him over with good reasons, but simply tells him: “Come and see” (cf. vv. 45-46).  Nathaniel did go and see, and from that moment his life was changed.  That is how Christian faith begins, and how it is communicated: as direct knowledge, born of experience, and not of hearsay.  “It is no longer because of your words that we believe, for we have heard for ourselves”.  So the townspeople told the Samaritan woman, after Jesus stayed in their village (cf. Jn 4:39-42).  “Come and see” is the simplest method to get to know a situation.  It is the most honest test of every message, because, in order to know, we need to encounter, to let the person in front of me speak, to let his or her testimony reach me.

Thanks to the courage of many journalists

Journalism too, as an account of reality, calls for an ability to go where no one else thinks of going: a readiness to set out and a desire to see.  Curiosity, openness, passion.  We owe a word of gratitude for the courage and commitment of all those professionals – journalists, camera operators, editors, directors – who often risk their lives in carrying out their work.  Thanks to their efforts, we now know, for example, about the hardships endured by persecuted minorities in various parts of the world, numerous cases of oppression and injustice inflicted on the poor and on the environment, and many wars that otherwise would be overlooked.  It would be a loss not only for news reporting, but for society and for democracy as a whole, were those voices to fade away.  Our entire human family would be impoverished.

Many situations in our world, even more so in this time of pandemic, are inviting the communications media to “come and see”.  We can risk reporting the pandemic, and indeed every crisis, only through the lens of the richer nations, of “keeping two sets of books”.  For example, there is the question of vaccines, and medical care in general, which risks excluding the poorer peoples.  Who would keep us informed about the long wait for treatment in the poverty-stricken villages of Asia, Latin America and Africa?  Social and economic differences on the global level risk dictating the order of distribution of anti-Covid vaccines, with the poor always at the end of the line and the right to universal health care affirmed in principle, but stripped of real effect. Yet even in the world of the more fortunate, the social tragedy of families rapidly slipping into poverty remains largely hidden; people who are no longer ashamed to wait in line before charitable organizations in order to receive a package of provisions do not tend to make news.

Opportunities and hidden dangers on the web

The internet, with its countless social media expressions, can increase the capacity for reporting and sharing, with many more eyes on the world and a constant flood of images and testimonies.  Digital technology gives us the possibility of timely first-hand information that is often quite useful.  We can think of certain emergency situations where the internet was the first to report the news and communicate official notices.  It is a powerful tool, which demands that all of us be responsible as users and consumers.  Potentially we can all become witnesses to events that otherwise would be overlooked by the traditional media, offer a contribution to society and highlight more stories, including positive ones.  Thanks to the internet we have the opportunity to report what we see, what is taking place before our eyes, and to share it with others.

At the same time, the risk of misinformation being spread on social media has become evident to everyone.  We have known for some time that news and even images can be easily manipulated, for any number of reasons, at times simply for sheer narcissism.  Being critical in this regard is not about demonizing the internet, but is rather an incentive to greater discernment and responsibility for contents both sent and received.  All of us are responsible for the communications we make, for the information we share, for the control that we can exert over fake news by exposing it.  All of us are to be witnesses of the truth: to go, to see and to share.

Nothing replaces seeing things at first hand

In communications, nothing can ever completely replace seeing things in person.  Some things can only be learned through first-hand experience.  We do not communicate merely with words, but with our eyes, the tone of our voice and our gestures.  Jesus’ attractiveness to those who met him depended on the truth of his preaching; yet the effectiveness of what he said was inseparable from how he looked at others, from how he acted towards them, and even from his silence.  The disciples not only listened to his words; they watched him speak.  Indeed in him – the incarnate Logos – the Word took on a face; the invisible God let himself be seen, heard and touched, as John himself tells us (cf. 1 Jn 1:1-3).  The word is effective only if it is “seen”, only if it engages us in experience, in dialogue.  For this reason, the invitation to “come and see” was, and continues to be, essential.

We think of how much empty rhetoric abounds, even in our time, in all areas of public life, in business as well as politics.  This or that one “speaks an infinite deal of nothing... His reasons are as two grains of wheat hid in two bushels of chaff: you shall seek all day ere you find them, and when you have them, they are not worth the search.[2]  The blistering words of the English playwright also apply to us as Christian communicators.  The Good News of the Gospel spread throughout the world as a result of person-to-person, heart-to-heart encounters with men and women who accepted the invitation to “come and see”, and were struck by the “surplus” of humanity that shone through the gaze, the speech and the gestures of those who bore witness to Jesus Christ.  Every tool has its value, and that great communicator who was Paul of Tarsus would certainly have made use of email and social messaging.  Yet it was his faith, hope and charity that impressed those of his contemporaries who heard him preach or had the good fortune to spend time with him, to see him during an assembly or in individual conversation.  Watching him in action wherever he was, they saw for themselves how true and fruitful for their lives was the message of salvation that, by God’s grace, he had come to preach.  Even where this servant of God could not be encountered personally, the disciples whom he sent bore witness to his way of life in Christ (cf. 1 Cor 4:17).

“We have books in our hands, but the facts before our eyes”, said Saint Augustine[3] in speaking of fulfilment of the prophecies found in sacred Scripture.  So too, the Gospel comes alive in our own day, whenever we accept the compelling witness of people whose lives have been changed by their encounter with Jesus. For two millennia, a chain of such encounters has communicated the attractiveness of the Christian adventure. The challenge that awaits us, then, is to communicate by encountering people, where they are and as they are.

Lord, teach us to move beyond ourselves,
and to set out in search of truth.
Teach us to go out and see,
teach us to listen,
not to entertain prejudices
or draw hasty conclusions.
Teach us to go where no one else will go,
to take the time needed to understand,
to pay attention to the essentials,
not to be distracted by the superfluous,
to distinguish deceptive appearances from the truth.
Grant us the grace to recognize your dwelling places in our world

Rome, Saint John Lateran, 23 January 2021, Vigil of the Memorial of Saint Francis de Sales

FRANCISCUS

_____________________

[1] Spanish journalist (1920-1971), beatified in 2010.
[2]
WILLIAM SHAKESPEARE, The Merchant of Venice, Act 1, Scene 1.
[3]
Sermo 360/B, 20.

[00090-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Komm und sieh« (Joh 1,46). Kommunizieren, indem man den Menschen begegnet, wo und wie sie sind.

Liebe Brüder und Schwestern,

die Einladung, “zu kommen und zu sehen”, von der die ersten stimulierenden Begegnungen Jesu mit den Jüngern geprägt sind, ist auch die Methode jeder echten menschlichen Kommunikation. Um die Wahrheit des Lebens, das zur Geschichte wird, erzählen zu können (vgl. Botschaft zum 54. Welttag der sozialen Kommunikationsmittel, 24. Januar 2020), ist es notwendig, die bequeme Überheblichkeit des “Weiß ich schon!” abzulegen und sich in Bewegung zu setzen; zu gehen, um zu sehen, bei den Menschen zu sein, ihnen zuzuhören und die Anregungen der Wirklichkeit zu sammeln, die uns unter vielerlei Gesichtspunkten immer wieder überraschen wird. »Halte staunend die Augen offen für das, was du siehst, und lass deine Hände von frischer Lebenskraft erfüllt sein, damit die anderen, wenn sie dich lesen, mit eigenen Händen das pulsierende Wunder des Lebens berühren«, riet der selige Manuel Lozano Garrido[1] seinen Journalistenkollegen. Ich möchte daher die diesjährige Botschaft dem Aufruf “komm und sieh” widmen, als Anregung für jede kommunikative Ausdrucksform, die klar und ehrlich sein will: in der Redaktion einer Zeitung ebenso wie in der Welt des Internets, in der alltäglichen Verkündigung der Kirche wie in der politischen oder gesellschaftlichen Kommunikation. “Komm und sieh” ist die Art und Weise, auf die der christliche Glaube mitgeteilt wird, beginnend bei jenen ersten Begegnungen an den Ufern des Jordan und des Sees Gennesaret.

 

Sich die Schuhsohlen ablaufen

Wenden wir uns dem weiten Themenbereich der Information zu. Aufmerksame Stimmen beklagen seit langem die Gefahr einer Verflachung in “voneinander abkopierten Zeitungen” oder in einander stark ähnelnden Nachrichtensendungen in Radio und Fernsehen sowie auf Internetseiten, in denen das Genre der Recherche und Reportage an Raum und Qualität verliert und durch eine vorgefertigte, autoreferentielle Information in Form einer “Hofberichterstattung” ersetzt wird, der es immer weniger gelingt, die Wahrheit der Dinge und das konkrete Leben der Menschen einzufangen, und die weder die schwerwiegendsten gesellschaftlichen Phänomene, noch die positiven Kräfte, die von der Basis der Gesellschaft freigesetzt werden, zu erfassen vermag. Die Krise in der Verlagsbranche droht dazu zu führen, dass Informationen in Redaktionen, vor dem Computer, in den Presseagenturen und in sozialen Netzwerken hergestellt werden, ohne jemals auf die Straße zu gehen, ohne “sich die Schuhsohlen abzulaufen”, ohne Menschen zu begegnen, um nach Geschichten zu suchen oder bestimmte Situationen de visu zu verifizieren. Wenn wir nicht für Begegnungen offen sind, bleiben wir außenstehende Zuschauer, trotz der technologischen Innovationen, die uns eine immer umfassendere Wirklichkeit vor Augen führen können, in der wir scheinbar versunken sind. Jedes Hilfsmittel ist nur dann nützlich und wertvoll, wenn es uns dazu führt, hinauszugehen und Dinge zu sehen, von denen wir sonst nichts wüssten, wenn es Erkenntnisse ins Netz stellt, die sonst nicht verbreitet würden, und wenn es Begegnungen ermöglicht, die sonst nicht stattfinden würden.

Jener detaillierte Bericht im Evangelium

Nach seiner Taufe im Jordan gibt Jesus den ersten Jüngern, die ihn kennenlernen wollen, zur Antwort: “Kommt und seht” (Joh 1,39), und er lädt sie ein, in der Beziehung zu ihm zu verweilen. Mehr als ein halbes Jahrhundert später, als Johannes in hohem Alter sein Evangelium schreibt, erinnert er an einige Details jenes “Berichts”, die seine Anwesenheit vor Ort und die Auswirkungen, die jene Erfahrung auf sein Leben hatte, offenbaren: »Es war um die zehnte Stunde«, schreibt er nieder, also um vier Uhr nachmittags (vgl. V. 39). Tags darauf – so Johannes weiter in seinem Bericht - erzählt Philippus dem Natanaël von der Begegnung mit dem Messias. Sein Freund ist skeptisch: »Kann aus Nazaret etwas Gutes kommen?« Philippus versucht nicht, ihn mit Argumenten zu überzeugen: »Komm und sieh«, sagt er ihm (vgl. V. 45-46). Natanaël geht hin und sieht, und von jenem Moment an ändert sich sein Leben. Der christliche Glaube beginnt auf diese Weise. Und er wird so weitergegeben: als direkte Erkenntnis, hervorgegangen aus Erfahrung, nicht nur vom Hörensagen. »Nicht mehr aufgrund deiner Rede glauben wir, denn wir haben selbst gehört«, sagen die Leute zu der Frau aus Samarien, nachdem sich Jesus in ihrem Dorf aufgehalten hatte (vgl. Joh 4,39-42). Das “Komm und sieh” ist die einfachste Methode, eine Wirklichkeit zu erkennen. Es ist die ehrlichste Überprüfung jeder Verkündigung, denn um zu erkennen, muss man sich begegnen. Ich muss dem Menschen, den ich vor mir habe, ermöglichen, zu mir zu sprechen, und zulassen, dass sein Zeugnis mich erreicht.

Dank des Mutes vieler Journalisten

Auch der Journalismus als Erzählung der Wirklichkeit erfordert die Fähigkeit, dorthin zu gehen, wo sonst niemand hingeht, also einen Aufbruch und den Wunsch, zu sehen. Neugierde, Offenheit und Leidenschaft. Wir müssen danken für den Mut und den Einsatz so vieler Medienschaffender - Journalisten, Kameraleute, Filmeditoren und Regisseure, die oft unter großen Gefahren arbeiten -, wenn wir heute zum Beispiel etwas über die schwierige Lage verfolgter Minderheiten in verschiedenen Teilen der Welt erfahren; wenn die vielfältige Gewalt und Ungerechtigkeit gegen die Armen und gegen die Schöpfung angeprangert werden; wenn über so viele vergessene Kriege berichtet wird. Es wäre ein Verlust nicht nur für die Information, sondern für die gesamte Gesellschaft und für die Demokratie, wenn diese Stimmen verschwinden würden: unsere Menschheit würde ärmer werden.

Zahlreiche Begebenheiten auf unserem Planeten, erst recht in dieser Zeit der Pandemie, richten an die Welt der Kommunikation die Einladung, “zu kommen und zu sehen”. Es besteht die Gefahr, die Pandemie und somit jede Krise nur unter dem Blickwinkel der reicheren Welt zu erzählen, eine “doppelte Buchführung” zu betreiben. Denken wir nur an die Frage der Impfstoffe wie auch an die medizinische Versorgung im Allgemeinen, an die Gefahr der Ausgrenzung der ärmsten Bevölkerungsteile. Wer wird uns über die Menschen berichten, die in den ärmsten Dörfern Asiens, Lateinamerikas und Afrikas auf Heilung warten? Es besteht also die Gefahr, dass die sozialen und wirtschaftlichen Ungleichheiten auf weltweiter Ebene über die Reihenfolge bei der Verteilung von Anti-Covid-Impfstoffen entscheiden. Mit den Armen immer an letzter Stelle und dem Recht auf Gesundheit für alle, das zwar prinzipiell verkündet, aber seines realen Wertes beraubt wird. Doch selbst in der Welt der besser Gestellten bleibt das soziale Drama von Familien, die plötzlich in die Armut abrutschen, weitgehend verborgen: Menschen, die, nachdem sie ihre Scham überwunden haben, vor Caritas-Zentren Schlange stehen, um ein Paket mit Lebensmitteln zu erhalten, tun weh und machen nicht allzu viel von sich reden.

Chancen und Fallstricke im Internet

Das Internet mit seinen zahllosen Ausdrucksformen sozialer Netzwerke kann die Fähigkeit zum Erzählen und Teilen vervielfachen: viel mehr auf die Welt gerichtete Blicke, ein ständiger Fluss von Bildern und Zeugnissen. Die digitale Technologie gibt uns die Möglichkeit, Informationen aus erster Hand und zeitnah zu bekommen, was mitunter sehr nützlich ist: Denken wir nur an bestimmte Notsituationen, bei denen die ersten Nachrichten und auch die ersten amtlichen Durchsagen an die Bevölkerung über das Internet verbreitet werden. Es ist ein hervorragendes Instrument, das uns alle als Nutzer und als Anwender in die Verantwortung nimmt. Potenziell können wir alle zu Zeugen von Ereignissen werden, die sonst von den traditionellen Medien vernachlässigt worden wären, wir können unseren Beitrag als Bürger dazu leisten, mehr Geschichten, auch positive, bekannt zu machen. Dank des Internets haben wir die Möglichkeit, das, was wir sehen und was vor unseren Augen geschieht, zu erzählen und Zeugnisse miteinander zu teilen.

Aber auch die Risiken einer Kommunikation in den sozialen Netzwerken, die nicht nachgeprüft wurde, sind mittlerweile für jeden offenkundig geworden. Wir wissen seit geraumer Zeit, wie leicht Nachrichten und sogar Bilder manipuliert werden können, aus tausenderlei Gründen, manchmal auch nur aus banalem Narzissmus. Dieses kritische Bewusstsein führt nicht dazu, dieses Instrument an sich zu verteufeln, sondern es verhilft zu einem besseren Unterscheidungsvermögen und einem reiferen Verantwortungsbewusstsein sowohl bei der Verbreitung als auch beim Empfang von Inhalten. Wir alle sind verantwortlich für die Kommunikation, die wir betreiben, für die Informationen, die wir verbreiten, für die Kontrolle, die wir gemeinsam über falsche Nachrichten ausüben können, indem wir sie entlarven. Wir alle sind aufgerufen, Zeugen der Wahrheit zu sein: zu gehen, zu sehen und zu teilen.

Nichts kann das persönliche Sehen ersetzen

In der Kommunikation kann nichts jemals das persönliche Sehen komplett ersetzen. Einige Dinge kann man nur durch Erfahrung lernen. Denn man kommuniziert nicht nur mit Worten, sondern mit den Augen, mit dem Tonfall der Stimme, mit Gesten. Die starke Anziehungskraft, die Jesus auf all jene ausübte, die ihm begegneten, hing vom Wahrheitsgehalt seiner Verkündigung ab, aber die Wirksamkeit dessen, was er sagte, war untrennbar mit seinem Blick, seiner Haltung und selbst mit seinem Schweigen verbunden. Die Jünger hörten nicht nur seine Worte, sie sahen ihn sprechen. Denn in ihm - dem fleischgewordenen Logos – wurde das Wort zum Antlitz, der unsichtbare Gott ließ sich sehen, hören und berühren, wie Johannes schreibt (vgl. 1 Joh 1,1-3). Das Wort ist nur dann wirksam, wenn man es “sieht”, nur dann, wenn es dich in eine Erfahrung einbezieht, in einen Dialog verwickelt. Aus diesem Grund war und ist das “Komm und sieh” von grundlegender Bedeutung.

Denken wir daran, wie viel leere Beredsamkeit es auch in unserer Zeit im Übermaß gibt, in jedem Bereich des öffentlichen Lebens, im Handel wie auch in der Politik. »Er spricht unendlich viel nichts… Seine Gedanken sind wie zwei Weizenkörner in zwei Scheffel Spreu versteckt; Ihr sucht den ganzen Tag, bis Ihr sie findet, und wenn Ihr sie habt, so verlohnen sie das Suchen nicht.«[2] Diese beißenden Worte des englischen Dramatikers treffen auch auf uns christliche Kommunikatoren zu. Die frohe Botschaft des Evangeliums hat sich dank der Begegnungen von Mensch zu Mensch, von Herz zu Herz in der ganzen Welt ausgebreitet. Männer und Frauen, die der selben Einladung folgten: “Komm und sieh”, und die beeindruckt waren von einem “Mehr” an Menschlichkeit, das in den Blicken, den Worten und den Gesten von Menschen durchschien, die Zeugnis von Jesus Christus gaben. Alle Hilfsmittel sind wichtig, und jener große Kommunikator namens Paulus von Tarsus hätte sicher von E-Mail und Mitteilungen in den sozialen Netzwerken Gebrauch gemacht. Aber es waren sein Glaube, seine Hoffnung und seine Liebe, die seine Zeitgenossen beeindruckten, die ihn predigen hörten und das Glück hatten, Zeit mit ihm zu verbringen, ihn bei einer Versammlung oder in einem persönlichen Gespräch zu sehen. An den Orten, an denen er sich befand, sahen sie ihn wirken und dachten darüber nach, wie wahr und fruchtbar für ihr Leben die Verkündigung des Heils war, die er durch Gottes Gnade brachte. Und selbst da, wo man diesem Mitarbeiter Gottes nicht persönlich begegnen konnte, wurde seine Art, in Christus zu leben, von den Jüngern bezeugt, die er aussandte (vgl. 1 Kor 4,17).

»In unseren Händen sind Bücher, in unseren Augen Tatsachen«, bekräftigte der heilige Augustinus,[3] und er mahnte uns, die Erfüllung der Prophezeiungen, von denen wir in der Heiligen Schrift lesen, in der Wirklichkeit zu finden. So ereignet sich das Evangelium auch heute jedes Mal von Neuem, wenn wir das klare Zeugnis von Menschen empfangen, deren Leben durch die Begegnung mit Jesus verändert wurde. Seit über zweitausend Jahren ist es eine Kette von Begegnungen, die die Faszination des christlichen Abenteuers vermittelt. Die Herausforderung, die uns erwartet, besteht also darin, zu kommunizieren, indem wir den Menschen dort begegnen, wo und wie sie sind.

Herr, lehre uns, aus uns selbst herauszugehen,
und uns auf den Weg der Suche nach Wahrheit zu machen.
Lehre uns, zu gehen und zu sehen,
lehre uns zuzuhören,
nicht vorschnell zu urteilen,
keine voreiligen Schlüsse zu ziehen.
Lehre uns, dorthin zu gehen, wohin sonst niemand gehen will,
uns die Zeit zu nehmen, zu verstehen,
auf das Wesentliche zu achten,
uns nicht von Überflüssigem ablenken zu lassen,
den trügerischen Schein von der Wahrheit zu unterscheiden.
Schenke uns die Gnade, deine Wohnstätten in der Welt zu erkennen,
und die Ehrlichkeit, zu erzählen, was wir gesehen haben.

Rom, Sankt Johannes im Lateran, am 23. Januar 2021, Vigil des Gedenktags des heiligen Franz von Sales

FRANCISCUS

_______________________

[1] Spanischer Journalist, geboren 1920 und gestorben 1971, seliggesprochen im Jahr 2010.
[2]
W. Shakespeare, Der Kaufmann von Venedig, Erster Aufzug, Erste Szene.
[3]
Sermo 360/B, 20.

[00090-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«Ven y lo verás» (Jn 1,46). Comunicar encontrando a las personas donde están y como son

Queridos hermanos y hermanas:

La invitación a “ir y ver” que acompaña los primeros y emocionantes encuentros de Jesús con los discípulos, es también el método de toda comunicación humana auténtica. Para poder relatar la verdad de la vida que se hace historia (cf. Mensaje para la 54.ª Jornada Mundial de las Comunicaciones Sociales, 24 enero 2020) es necesario salir de la cómoda presunción del “como es ya sabido” y ponerse en marcha, ir a ver, estar con las personas, escucharlas, recoger las sugestiones de la realidad, que siempre nos sorprenderá en cualquier aspecto. «Abre pasmosamente tus ojos a lo que veas y deja que se te llene de sabia y frescura el cuenco de las manos, para que los otros puedan tocar ese milagro de la vida palpitante cuando te lean», aconsejaba el beato Manuel Lozano Garrido[1] a sus compañeros periodistas. Deseo, por lo tanto, dedicar el Mensaje de este año a la llamada a “ir y ver”, como sugerencia para toda expresión comunicativa que quiera ser límpida y honesta: en la redacción de un periódico como en el mundo de la web, en la predicación ordinaria de la Iglesia como en la comunicación política o social. “Ven y lo verás” es el modo con el que se ha comunicado la fe cristiana, a partir de los primeros encuentros en las orillas del río Jordán y del lago de Galilea.

Desgastar las suelas de los zapatos

Pensemos en el gran tema de la información. Opiniones atentas se lamentan desde hace tiempo del riesgo de un aplanamiento en los “periódicos fotocopia” o en los noticieros de radio y televisión y páginas web que son sustancialmente iguales, donde el género de la investigación y del reportaje pierden espacio y calidad en beneficio de una información preconfeccionada, “de palacio”, autorreferencial, que es cada vez menos capaz de interceptar la verdad de las cosas y la vida concreta de las personas, y ya no sabe recoger ni los fenómenos sociales más graves ni las energías positivas que emanan de las bases de la sociedad. La crisis del sector editorial puede llevar a una información construida en las redacciones, frente al ordenador, en los terminales de las agencias, en las redes sociales, sin salir nunca a la calle, sin “desgastar las suelas de los zapatos”, sin encontrar a las personas para buscar historias o verificar de visu ciertas situaciones. Si no nos abrimos al encuentro, permaneceremos como espectadores externos, a pesar de las innovaciones tecnológicas que tienen la capacidad de ponernos frente a una realidad aumentada en la que nos parece estar inmersos. Cada instrumento es útil y valioso sólo si nos empuja a ir y a ver la realidad que de otra manera no sabríamos, si pone en red conocimientos que de otro modo no circularían, si permite encuentros que de otra forma no se producirían.

Esos detalles de crónica en el Evangelio

A los primeros discípulos que quieren conocerlo, después del bautismo en el río Jordán, Jesús les responde: «Vengan y lo verán» (Jn 1,39), invitándolos a vivir su relación con Él. Más de medio siglo después, cuando Juan, muy anciano, escribe su Evangelio, recuerda algunos detalles “de crónica” que revelan su presencia en el lugar y el impacto que aquella experiencia tuvo en su vida: «Era como la hora décima», anota, es decir, las cuatro de la tarde (cf. v. 39). El día después —relata de nuevo Juan— Felipe comunica a Natanael el encuentro con el Mesías. Su amigo es escéptico: «¿Acaso de Nazaret puede salir algo bueno?». Felipe no trata de convencerlo con razonamientos: «Ven y lo verás», le dice (cf. vv. 45-46). Natanael va y ve, y desde aquel momento su vida cambia. La fe cristiana inicia así. Y se comunica así: como un conocimiento directo, nacido de la experiencia, no de oídas. «Ya no creemos por lo que tú nos dijiste, sino porque nosotros mismos lo hemos oído», dice la gente a la Samaritana, después de que Jesús se detuvo en su pueblo (cf. Jn 4,39-42). El “ven y lo verás” es el método más sencillo para conocer una realidad. Es la verificación más honesta de todo anuncio, porque para conocer es necesario encontrar, permitir que aquel que tengo de frente me hable, dejar que su testimonio me alcance.

Gracias a la valentía de tantos periodistas

También el periodismo, como relato de la realidad, requiere la capacidad de ir allá donde nadie va: un movimiento y un deseo de ver. Una curiosidad, una apertura, una pasión. Gracias a la valentía y al compromiso de tantos profesionales —periodistas, camarógrafos, montadores, directores que a menudo trabajan corriendo grandes riesgos— hoy conocemos, por ejemplo, las difíciles condiciones de las minorías perseguidas en varias partes del mundo; los innumerables abusos e injusticias contra los pobres y contra la creación que se han denunciado; las muchas guerras olvidadas que se han contado. Sería una pérdida no sólo para la información, sino para toda la sociedad y para la democracia si estas voces desaparecieran: un empobrecimiento para nuestra humanidad.

Numerosas realidades del planeta, más aún en este tiempo de pandemia, dirigen al mundo de la comunicación la invitación a “ir y ver”. Existe el riesgo de contar la pandemia, y cada crisis, sólo desde los ojos del mundo más rico, de tener una “doble contabilidad”. Pensemos en la cuestión de las vacunas, como en los cuidados médicos en general, en el riesgo de exclusión de las poblaciones más indigentes. ¿Quién nos hablará de la espera de curación en los pueblos más pobres de Asia, de América Latina y de África? Así, las diferencias sociales y económicas a nivel planetario corren el riesgo de marcar el orden de la distribución de las vacunas contra el COVID. Con los pobres siempre como los últimos y el derecho a la salud para todos, afirmado como un principio, vaciado de su valor real. Pero también en el mundo de los más afortunados el drama social de las familias que han caído rápidamente en la pobreza queda en gran parte escondido: hieren y no son noticia las personas que, venciendo a la vergüenza, hacen cola delante de los centros de Cáritas para recibir un paquete de alimentos.

Oportunidades e insidias en la web

La red, con sus innumerables expresiones sociales, puede multiplicar la capacidad de contar y de compartir: tantos ojos más abiertos sobre el mundo, un flujo continuo de imágenes y testimonios. La tecnología digital nos da la posibilidad de una información de primera mano y oportuna, a veces muy útil: pensemos en ciertas emergencias con ocasión de las cuales las primeras noticias y también las primeras comunicaciones de servicio a las poblaciones viajan precisamente en la web. Es un instrumento formidable, que nos responsabiliza a todos como usuarios y como consumidores. Potencialmente todos podemos convertirnos en testigos de eventos que de otra forma los medios tradicionales pasarían por alto, dar nuestra contribución civil, hacer que emerjan más historias, también positivas. Gracias a la red tenemos la posibilidad de relatar lo que vemos, lo que sucede frente a nuestros ojos, de compartir testimonios.

Pero ya se han vuelto evidentes para todos también los riesgos de una comunicación social carente de controles. Hemos descubierto, ya desde hace tiempo, cómo las noticias y las imágenes son fáciles de manipular, por miles de motivos, a veces sólo por un banal narcisismo. Esta conciencia crítica empuja no a demonizar el instrumento, sino a una mayor capacidad de discernimiento y a un sentido de la responsabilidad más maduro, tanto cuando se difunden, como cuando se reciben los contenidos. Todos somos responsables de la comunicación que hacemos, de las informaciones que damos, del control que juntos podemos ejercer sobre las noticias falsas, desenmascarándolas. Todos estamos llamados a ser testigos de la verdad: a ir, ver y compartir.

Nada reemplaza el hecho de ver en persona

En la comunicación, nada puede sustituir completamente el hecho de ver en persona. Algunas cosas se pueden aprender sólo con la experiencia. No se comunica, de hecho, solamente con las palabras, sino con los ojos, con el tono de la voz, con los gestos. La fuerte atracción que ejercía Jesús en quienes lo encontraban dependía de la verdad de su predicación, pero la eficacia de lo que decía era inseparable de su mirada, de sus actitudes y también de sus silencios. Los discípulos no escuchaban sólo sus palabras, lo miraban hablar. De hecho, en Él —el Logos encarnado— la Palabra se hizo Rostro, el Dios invisible se dejó ver, oír y tocar, como escribe el propio Juan (cf. 1 Jn 1,1-3). La palabra es eficaz solamente si se “ve”, sólo si te involucra en una experiencia, en un diálogo. Por este motivo el “ven y lo verás” era y es esencial.

Pensemos en cuánta elocuencia vacía abunda también en nuestro tiempo, en cualquier ámbito de la vida pública, tanto en el comercio como en la política. «Sabe hablar sin cesar y no decir nada. Sus razones son dos granos de trigo en dos fanegas de paja. Se debe buscar todo el día para encontrarlos y cuando se encuentran, no valen la pena de la búsqueda»[2]. Las palabras mordaces del dramaturgo inglés también valen para nuestros comunicadores cristianos. La buena nueva del Evangelio se difundió en el mundo gracias a los encuentros de persona a persona, de corazón a corazón. Hombres y mujeres que aceptaron la misma invitación: “Ven y lo verás”, y quedaron impresionados por el “plus” de humanidad que se transparentaba en su mirada, en la palabra y en los gestos de personas que daban testimonio de Jesucristo. Todos los instrumentos son importantes y aquel gran comunicador que se llamaba Pablo de Tarso hubiera utilizado el correo electrónico y los mensajes de las redes sociales; pero fue su fe, su esperanza y su caridad lo que impresionó a los contemporáneos que lo escucharon predicar y tuvieron la fortuna de pasar tiempo con él, de verlo durante una asamblea o en una charla individual. Verificaban, viéndolo en acción en los lugares en los que se encontraba, lo verdadero y fructuoso que era para la vida el anuncio de salvación del que era portador por la gracia de Dios. Y también allá donde este colaborador de Dios no podía ser encontrado en persona, su modo de vivir en Cristo fue atestiguado por los discípulos que enviaba (cf. 1 Co 4,17).

«En nuestras manos hay libros, en nuestros ojos hechos», afirmaba san Agustín[3] exhortando a encontrar en la realidad el cumplimiento de las profecías presentes en las Sagradas Escrituras. Así, el Evangelio se repite hoy cada vez que recibimos el testimonio límpido de personas cuya vida ha cambiado por el encuentro con Jesús. Desde hace más de dos mil años es una cadena de encuentros la que comunica la fascinación de la aventura cristiana. El desafío que nos espera es, por lo tanto, el de comunicar encontrando a las personas donde están y como son.

Señor, enséñanos a salir de nosotros mismos,
y a encaminarnos hacia la búsqueda de la verdad.
Enséñanos a ir y ver,
enséñanos a escuchar,
a no cultivar prejuicios,
a no sacar conclusiones apresuradas.
Enséñanos a ir allá donde nadie quiere ir,
a tomarnos el tiempo para entender,
a prestar atención a lo esencial,
a no dejarnos distraer por lo superfluo,
a distinguir la apariencia engañosa de la verdad.
Danos la gracia de reconocer tus moradas en el mundo
y la honestidad de contar lo que hemos visto.

Roma, San Juan de Letrán, 23 de enero de 2021, Vigilia de la Memoria de San Francisco de Sales.

FRANCISCUS

_______________________

[1]Periodista español, que nació en 1920 y falleció en 1971; fue beatificado en 2010.
[2]
W. Shakespeare, El Mercader de Venecia, Acto I, Escena I.
[3]
Sermón 360/B, 20.

[00090-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«“Vem e verás” (Jo 1, 46). Comunicar encontrando as pessoas onde estão e como são»

Queridos irmãos e irmãs!

O convite a «ir e ver», que acompanha os primeiros e comovedores encontros de Jesus com os discípulos, é também o método de toda a comunicação humana autêntica. Para poder contar a verdade da vida que se faz história (cf. Mensagem para o LIV Dia Mundial das Comunicações Sociais, 24 de janeiro de 2020), é necessário sair da presunção cómoda do «já sabido» e mover-se, ir ver, estar com as pessoas, ouvi-las, recolher as sugestões da realidade, que nunca deixará de nos surpreender em algum dos seus aspetos. «Abre, maravilhado, os olhos ao que vires e deixa as tuas mãos cumular-se do vigor da seiva, de tal modo que os outros possam, ao ler-te, tocar com as mãos o milagre palpitante da vida»: aconselhava o Beato Manuel Lozano Garrido[1] aos seus colegas jornalistas. Por isso, este ano, desejo dedicar a Mensagem à chamada a «ir e ver», como sugestão para toda a expressão comunicativa que queira ser transparente e honesta: tanto na redação dum jornal como no mundo da web, tanto na pregação comum da Igreja como na comunicação política ou social. «Vem e verás» foi o modo como a fé cristã se comunicou a partir dos primeiros encontros nas margens do rio Jordão e do lago da Galileia.

Gastar as solas dos sapatos

Pensemos no grande tema da informação. Há já algum tempo que vozes atentas se queixam do risco dum nivelamento em «jornais fotocópia» ou em noticiários de televisão, rádio e websites que são substancialmente iguais, onde os géneros da entrevista e da reportagem perdem espaço e qualidade em troca duma informação pré-fabricada, «de palácio», autorreferencial, que cada vez menos consegue intercetar a verdade das coisas e a vida concreta das pessoas, e já não é capaz de individuar os fenómenos sociais mais graves nem as energias positivas que se libertam da base da sociedade. A crise editorial corre o risco de levar a uma informação construída nas redações, diante do computador, nos terminais das agências, nas redes sociais, sem nunca sair à rua, sem «gastar a sola dos sapatos», sem encontrar pessoas para procurar histórias ou verificar com os próprios olhos determinadas situações. Mas, se não nos abrimos ao encontro, permanecemos espectadores externos, apesar das inovações tecnológicas com a capacidade que têm de nos apresentar uma realidade engrandecida onde nos parece estar imersos. Todo o instrumento só é útil e válido, se nos impele a ir e ver coisas que de contrário não chegaríamos a saber, se coloca em rede conhecimentos que de contrário não circulariam, se consente encontro que de contrário não teriam lugar.

Aqueles detalhes de crónica no Evangelho

Aos primeiros discípulos que querem conhecer Jesus, depois do seu Batismo no rio Jordão, Ele responde: «Vinde e vereis» (Jo 1, 39), convidando-os a permanecer em relação com Ele. Passado mais de meio século, quando João, já muito idoso, escreve o seu Evangelho, recorda alguns detalhes «de crónica» que revelam a sua presença no local e o impacto que teve na sua vida aquela experiência: «era cerca da hora décima», observa ele! Isto é, as quatro horas da tarde (cf. 1, 39). No dia seguinte (narra ainda João), Filipe informa Natanael do encontro com o Messias. O seu amigo, porém, mostra-se cético: «De Nazaré pode vir alguma coisa boa?» Filipe não procura convencê-lo com raciocínios, mas diz-lhe: «vem e verás» (cf. 1, 45-46). Natanael vai e vê, e a partir daquele momento a sua vida muda. A fé cristã começa assim; e comunica-se assim: com um conhecimento direto, nascido da experiência, e não por ouvir dizer. «Já não é pelas tuas palavras que acreditamos; nós próprios ouvimos…»: dizem as pessoas à Samaritana, depois de Jesus Se ter demorado na sua aldeia (cf. Jo 4, 39-42). O método «vem e verás» é o mais simples para se conhecer uma realidade; é a verificação mais honesta de qualquer anúncio, porque, para conhecer, é preciso encontrar, permitir à pessoa que tenho à minha frente que me fale, deixar que o seu testemunho chegue até mim.

Agradecimento pela coragem de muitos jornalistas

O próprio jornalismo, como exposição da realidade, requer a capacidade de ir aonde mais ninguém vai: mover-se com desejo de ver. Uma curiosidade, uma abertura, uma paixão. Temos que agradecer à coragem e determinação de tantos profissionais (jornalistas, operadores de câmara, editores, cineastas que trabalham muitas vezes sob grandes riscos), se hoje conhecemos, por exemplo, a difícil condição das minorias perseguidas em várias partes do mundo, se muitos abusos e injustiças contra os pobres e contra a criação foram denunciados, se muitas guerras esquecidas foram noticiadas. Seria uma perda não só para a informação, mas também para toda a sociedade e para a democracia, se faltassem estas vozes: um empobrecimento para a nossa humanidade.

Numerosas realidades do planeta – e mais ainda neste tempo de pandemia – dirigem ao mundo da comunicação um convite a «ir e ver». Há o risco de narrar a pandemia ou qualquer outra crise só com os olhos do mundo mais rico, de manter uma «dupla contabilidade». Por exemplo, na questão das vacinas e dos cuidados médicos em geral, pensemos no risco de exclusão que correm as pessoas mais indigentes. Quem nos contará a expetativa de cura nas aldeias mais pobres da Ásia, América Latina e África? Deste modo as diferenças sociais e económicas a nível planetário correm o risco de marcar a ordem da distribuição das vacinas anti-Covid, com os pobres sempre em último lugar; e o direito à saúde para todos, afirmado em linha de princípio, acaba esvaziado da sua valência real. Mas, também no mundo dos mais afortunados, permanece oculto em grande parte o drama social das famílias decaídas rapidamente na pobreza: causam impressão, mas sem merecer grande espaço nas notícias, as pessoas que, vencendo a vergonha, fazem a fila à porta dos centros da Cáritas para receber uma ração de víveres.

Oportunidades e insídias na web

A rede, com as suas inumeráveis expressões nos social, pode multiplicar a capacidade de relato e partilha: muitos mais olhos abertos sobre o mundo, um fluxo contínuo de imagens e testemunhos. A tecnologia digital dá-nos a possibilidade duma informação em primeira mão e rápida, por vezes muito útil; pensemos nas emergências em que as primeiras notícias e mesmo as primeiras informações de serviço às populações viajam precisamente na web. É um instrumento formidável, que nos responsabiliza a todos como utentes e desfrutadores. Potencialmente, todos podemos tornar-nos testemunhas de acontecimentos que de contrário seriam negligenciados pelos meios de comunicação tradicionais, oferecer a nossa contribuição civil, fazer ressaltar mais histórias, mesmo positivas. Graças à rede, temos a possibilidade de contar o que vemos, o que acontece diante dos nossos olhos, de partilhar testemunhos.

Entretanto foram-se tornando evidentes, para todos, os riscos duma comunicação social não verificável. Há tempo que nos demos conta de como as notícias e até as imagens sejam facilmente manipuláveis, por infinitos motivos, às vezes por um banal narcisismo. Uma tal consciência crítica impele-nos, não a demonizar o instrumento, mas a uma maior capacidade de discernimento e a um sentido de responsabilidade mais maduro, seja quando se difundem seja quando se recebem conteúdos. Todos somos responsáveis pela comunicação que fazemos, pelas informações que damos, pelo controlo que podemos conjuntamente exercer sobre as notícias falsas, desmascarando-as. Todos estamos chamados a ser testemunhas da verdade: a ir, ver e partilhar.

Nada substitui o ver pessoalmente

Na comunicação, nada pode jamais substituir, de todo, o ver pessoalmente. Algumas coisas só se podem aprender, experimentando-as. Na verdade, não se comunica só com as palavras, mas também com os olhos, o tom da voz, os gestos. O intenso fascínio de Jesus sobre quem O encontrava dependia da verdade da sua pregação, mas a eficácia daquilo que dizia era inseparável do seu olhar, das suas atitudes e até dos seus silêncios. Os discípulos não só ouviam as suas palavras, mas viam-No falar. Com efeito, n’Ele – Logos encarnado – a Palavra ganhou Rosto, o Deus invisível deixou-Se ver, ouvir e tocar, como escreve o próprio João (cf. 1 Jo 1, 1-3). A palavra só é eficaz, se se «vê», se te envolve numa experiência, num diálogo. Por esta razão, o «vem e verás» era e continua a ser essencial.

Pensemos na quantidade de eloquência vazia que abunda no nosso tempo, em todas as esferas da vida pública, tanto no comércio como na política. «Fala muito, diz uma infinidade de nadas. As suas razões são dois grãos de trigo perdidos em dois feixes de palha. Têm-se de procurar o dia todo para os achar, e, quando se encontram, não valem a procura».[2] Estas palavras ríspidas do dramaturgo inglês aplicam-se também a nós, comunicadores cristãos. A boa nova do Evangelho difundiu-se pelo mundo, graças a encontros pessoa a pessoa, coração a coração: homens e mulheres que aceitaram o mesmo convite – «vem e verás –, conquistados por um «extra» de humanidade que transparecia brilhou no olhar, na palavra e nos gestos de pessoas que testemunhavam Jesus Cristo. Todos os instrumentos são importantes, e aquele grande comunicador que se chamava Paulo de Tarso ter-se-ia certamente servido do e-mail e das mensagens eletrónicas; mas foram a sua fé, esperança e caridade que impressionaram os contemporâneos que o ouviram pregar e tiveram a sorte de passar algum tempo com ele, de o ver durante uma assembleia ou numa conversa pessoal. Ao vê-lo agir nos lugares onde se encontrava, verificavam como era verdadeiro e frutuoso para a vida aquele anúncio da salvação de que ele era portador por graça de Deus. E mesmo onde não se podia encontrar pessoalmente este colaborador de Deus, o seu modo de viver em Cristo era testemunhado pelos discípulos que enviava (cf. 1 Cor 4, 17).

«Nas nossas mãos, temos os livros; nos nossos olhos, os acontecimentos»: afirmava Santo Agostinho,[3] exortando-nos a verificar na realidade o cumprimento das profecias que se encontram na Sagrada Escritura. Assim, o Evangelho volta a acontecer hoje, sempre que recebemos o testemunho transparente de pessoas cuja vida foi mudada pelo encontro com Jesus. Há mais de dois mil anos que uma corrente de encontros comunica o fascínio da aventura cristã. Por isso, o desafio que nos espera é o de comunicar, encontrando as pessoas onde estão e como são.

Senhor, ensinai-nos a sair de nós mesmos,
e partir à procura da verdade.
Ensinai-nos a ir e ver,
ensinai-nos a ouvir,
a não cultivar preconceitos,
a não tirar conclusões precipitadas.
Ensinai-nos a ir aonde não vai ninguém,
a reservar tempo para compreender,
a prestar atenção ao essencial,
a não nos distrairmos com o supérfluo,
a distinguir entre a aparência enganadora e a verdade.
Concedei-nos a graça de reconhecer as vossas moradas no mundo
e a honestidade de contar o que vimos.

Roma, em São João de Latrão, na véspera da Memória de São Francisco de Sales, 23 de janeiro de 2021.

FRANCISCUS

_______________________

[1] Jornalista espanhol, nascido em 1920, falecido em 1971 e beatificado em 2010.
[2]
W. Shakespeare, O mercador de Veneza, Ato I, Cena I.
[3]
Sermão 360/B, 20.

[00090-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

«Chodź i zobacz» (J 1, 46). Komunikować, spotykając osoby, tam gdzie są, i takie, jakie są

Drodzy Bracia i Siostry!

Zaproszenie do «pójścia i zobaczenia», które towarzyszy pierwszym emocjonującym spotkaniom Jezusa z uczniami, jest także metodą każdego autentycznego przekazu międzyludzkiego. Aby móc opowiadać prawdę o życiu, które staje się historią (por. Orędzie na 54. Światowy Dzień Środków Społecznego Przekazu, 24 stycznia 2020 r.), konieczne jest wyjście z wygodnego przeświadczenia «już to wiem» i wyruszenie, pójście i zobaczenie, bycie z ludźmi, słuchanie, korzystanie z sugestii rzeczywistości, która pod pewnymi względami zawsze będzie nas zaskakiwać. «Otwórz ze zdumieniem oczy na to, co zobaczysz, i pozwól, aby twoje ręce napełniły się świeżością limfy życia, tak aby inni, gdy będą cię czytać, dotykali żywego cudu życia», radził bł. Emanuel Lozano Garrido[1] swoim kolegom dziennikarzom. Pragnę więc poświęcić tegoroczne Orędzie wezwaniu do «pójścia i zobaczenia», jako wskazówce dla każdej formy komunikacji, która chce być przejrzysta i uczciwa – w redagowaniu gazety, jak i w świecie internetu, w zwyczajnym głoszeniu Kościoła, a także w przekazie politycznym i społecznym. «Chodź i zobacz» jest sposobem, w jaki wiara chrześcijańska była przekazywana, począwszy od tamtych pierwszych spotkań na brzegu Jordanu i Jeziora Galilejskiego.

Zdzierać buty

Pomyślmy o ważnym zagadnieniu informacji. Uważne głosy od dawna narzekają na ryzyko spłaszczenia w «gazetach kopiach» czy w wiadomościach telewizyjnych, radiowych i na stronach internetowych, zasadniczo jednakowych, gdzie gatunek wywiadu i reportażu traci miejsce i jakość na rzecz informacji, która się sprzeda, «pałacowej», autoreferencyjnej, która w coraz mniejszym stopniu ukazuje prawdziwy stan rzeczy i konkretne życie ludzi i która nie jest już zdolna uchwycić najpoważniejszych zjawisk społecznych ani pozytywnej energii, uwalniającej się u podstaw społeczeństwa. Kryzys w przemyśle wydawniczym niesie niebezpieczeństwo informacji tworzonych w redakcjach, przed komputerem, w agencjach, w sieciach społecznościowych, bez wychodzenia na ulice, bez «zdzierania butów», bez spotykania osób w celu poszukiwania historii czy zweryfikowania de visu niektórych sytuacji. Jeśli nie otworzymy się na spotkanie, pozostaniemy widzami z zewnątrz, pomimo technologicznych innowacji, które mogą stawiać nas wobec rzeczywistości poszerzonej, w której, jak się nam wydaje, jesteśmy zanurzeni. Każde narzędzie jest użyteczne i cenne tylko wtedy, gdy skłania nas do pójścia i zobaczenia rzeczy, o których inaczej byśmy nie wiedzieli, gdy umieszcza w sieci informacje, które w innym przypadku nie znalazłyby się w obiegu, gdy umożliwia spotkania, do których inaczej by nie doszło.

Szczegóły kroniki w Ewangelii

Pierwszym uczniom, którzy chcą Go poznać, po chrzcie w Jordanie, Jezus odpowiada: «Chodźcie, a zobaczycie» (J 1, 39), zapraszając ich do wejścia w relację z Nim. Ponad pół wieku później, kiedy Jan, bardzo stary, spisuje swoją Ewangelię, przypomina pewne szczegóły «kroniki», które ujawniają jego obecność w danym miejscu oraz wpływ, jaki to doświadczenie miało na jego życie: «Było to około godziny dziesiątej», zapisuje, czyli czwartej po południu (por. w. 39). Następnego dnia – opowiada dalej Jan – Filip informuje Natanaela o spotkaniu z Mesjaszem. Jego przyjaciel jest sceptyczny: «Czy może być co dobrego z Nazaretu?». Filip nie próbuje przekonać go argumentami, mówi do niego: «Chodź i zobacz» (por. w. 46). Natanael idzie i widzi, i od tej chwili jego życie się zmienia. Tak się zaczyna wiara chrześcijańska. I tak jest przekazywana – jako bezpośrednia wiedza, pochodząca z doświadczenia, nie ze słyszenia. «Wierzymy już nie dzięki twemu opowiadaniu, usłyszeliśmy bowiem na własne uszy», mówią ludzie do Samarytanki po tym, jak Jezus zatrzymał się w ich miasteczku (por. J 4, 39-42). «Chodź i zobacz» jest najprostszym sposobem, aby poznać rzeczywistość. To najbardziej uczciwa weryfikacja każdej wiadomości, ponieważ, aby poznać, trzeba spotkać, pozwolić, aby ten, kto stoi przede mną, opowiedział mi, pozwolić, aby jego świadectwo dotarło do mnie.

Dzięki odwadze wielu dziennikarzy

Również dziennikarstwo, jako opowiadanie o rzeczywistości, wymaga zdolności pójścia tam, dokąd nikt nie idzie – ruszenia się i pragnienia zobaczenia. Ciekawości, otwartości, pasji. Musimy dziękować za odwagę i zaangażowanie wielu profesjonalistów – dziennikarzy, operatorów filmowych, montażystów, reżyserów, którzy często pracują z wielkim narażeniem – za to, że dziś znamy, na przykład, trudną sytuację mniejszości prześladowanych w różnych częściach świata; że zostały ujawnione wielkie nadużycia władzy i niesprawiedliwość wobec ubogich i wobec stworzenia; że wiele zapomnianych wojen zostało opowiedzianych. Byłoby wielką stratą, nie tylko dla informacji, ale dla całego społeczeństwa i demokracji, gdyby zabrakło tych głosów – zubożeniem dla naszego człowieczeństwa.

Liczne sytuacje na kuli ziemskiej, tym bardziej w obecnym czasie pandemii, kierują do świata komunikacji zaproszenie: «chodź i zobacz». Istnieje niebezpieczeństwo opowiadania o pandemii, jak i o każdym kryzysie, tylko z punktu widzenia świata najbogatszego, prowadzenia «podwójnej rachunkowości». Pomyślmy o kwestii szczepionek, a także ogólnie o opiece medycznej, o niebezpieczeństwie wykluczenia najuboższej ludności. Kto opowie nam o oczekiwaniu na wyleczenie w najuboższych wioskach Azji, Ameryki Łacińskiej i Afryki? Tak więc różnice społeczne i gospodarcze w skali globalnej mogą wpłynąć na kolejność dystrybucji szczepionek przeciwko COVID, z biednymi, którzy są zawsze ostatni, prawem do zdrowia dla wszystkich, zasadniczo potwierdzonym, pozbawionym swojego rzeczywistego znaczenia. Ale również w świecie większych szczęściarzy dramat społeczny rodzin, które szybko popadły w ubóstwo, pozostaje w znacznej mierze ukryty – rażą i nie budzą zbytniego zainteresowania mediów osoby, które, pokonując wstyd, stają w kolejce przed ośrodkami Caritasu, aby otrzymać paczkę żywnościową.

Szanse i pułapki w sieci

Sieć ze swoimi niezliczonymi formami social może zwiększać możliwości opowiadania i dzielenia się – wiele więcej oczu otwartych na świat, ciągły przepływ obrazów i świadectw. Technologia cyfrowa daje nam możliwość informacji z pierwszej ręki, szybkiej, czasami bardzo przydatnej – pomyślmy o pewnych wypadkach, kiedy to pierwsze doniesienia, a także pierwsze komunikaty dla ludności rozpowszechniane są właśnie w sieci. Jest to niezwykłe narzędzie, które czyni nas wszystkich odpowiedzialnymi, jako użytkowników i jako odbiorców. Potencjalnie wszyscy możemy stać się świadkami wydarzeń, które w przeciwnym razie zostałyby pominięte przez media tradycyjne, możemy wnieść nasz obywatelski wkład, ujawnić więcej historii, również pozytywnych. Dzięki sieci mamy możliwość opowiedzenia tego, co widzimy, tego, co dzieje się na naszych oczach, podzielenia się świadectwami.

Stały się już jednak oczywiste dla wszystkich również zagrożenia związane z komunikacją social pozbawioną weryfikacji. Już od dawna wiemy o tym, że wiadomości, a nawet obrazy są łatwe do zmanipulowania, z wielu powodów, czasem jedynie przez banalny narcyzm. Ta krytyczna świadomość skłania nie do tego, by demonizować to narzędzie, ale do bardziej umiejętnego rozeznawania i do bardziej dojrzałego poczucia odpowiedzialności, zarówno wtedy, gdy treści są rozpowszechniane, jak i wtedy, gdy są przyjmowane. Wszyscy jesteśmy odpowiedzialni za nasz przekaz, za informacje, które podajemy, za kontrolę, której razem możemy dokonywać odnośnie do fałszywych wiadomości, demaskując je. Wszyscy jesteśmy wezwani, by być świadkami prawdy – aby pójść, zobaczyć i się podzielić.

Nic nie zastąpi zobaczenia na własne oczy

W przekazie nic nigdy nie może w pełni zastąpić zobaczenia na własne oczy. Niektórych rzeczy można się nauczyć jedynie z własnego doświadczenia. Porozumiewamy się nie tylko słowami, ale oczami, tonem głosu, gestami. Wielka atrakcyjność Jezusa dla tego, kto Go spotykał, wynikała z prawdziwości Jego głoszenia, ale skuteczność tego, co mówił, była związana z Jego spojrzeniem, Jego postawą, a nawet z Jego milczeniem. Uczniowie nie tylko słuchali Jego słów, patrzyli na Niego, gdy mówił. W rzeczywistości w Nim – wcielonym Logosie – Słowo zyskało Oblicze, Bóg niewidzialny pozwolił się zobaczyć, usłyszeć i dotknąć, jak pisze Jan (por. 1 J 1, 1-3). Słowo jest skuteczne tylko wtedy, gdy je «widać», tylko wtedy, gdy włącza nas w doświadczenie, w dialog. Z tego powodu «chodź i zobacz» miało i ma zasadnicze znaczenie.

Pomyślmy, jak wiele jest pustej elokwencji także w naszych czasach, w każdej dziedzinie życia społecznego, w handlu, jak i w polityce. «Wypowiada nieskończenie wiele byle czego, a przyczyny tego są zwykle podobne do dwóch ziarenek pszenicy skrytych w dwóch korcach plew: musisz poszukiwać ich przez dzień cały, nim je odnajdziesz, a gdy będziesz je już miał, okaże się, że niewarte były poszukiwań»[2]. Ostre słowa angielskiego dramaturga mają zastosowanie także do nas, głoszących chrześcijan. Dobra Nowina Ewangelii rozpowszechniła się na całym świecie dzięki spotkaniom człowieka z człowiekiem, serca z sercem. Mężczyzn i kobiet, którzy przyjęli to samo zaproszenie: «chodź i zobacz», i zachwycili się «dodatkiem» człowieczeństwa, które przejawiało się w spojrzeniu, w słowie, w gestach osób, które świadczyły o Jezusie Chrystusie. Wszystkie narzędzia są ważne, i ten wspaniały mówca, który nazywał się Paweł z Tarsu, z pewnością posługiwałby się pocztą elektroniczną i wiadomościami social; ale to jego wiara, jego nadzieja i jego miłość wywierały wrażenie na współczesnych mu ludziach, którzy słuchali jego głoszenia i mieli szczęście spędzać z nim czas, widzieć go podczas zgromadzenia czy indywidualnej rozmowy. Widząc go w działaniu w miejscach, w których się znajdował, weryfikowali, jak prawdziwe i owocne dla życia było głoszenie zbawienia, którego był zwiastunem dzięki łasce Bożej. A również tam, gdzie nie można było osobiście spotkać tego Bożego współpracownika, o jego sposobie życia w Chrystusie świadczyli uczniowie, których posyłał (por. 1 Kor 4, 17).

«W naszych rękach są książki, w naszych oczach fakty», twierdził św. Augustyn[3], namawiając do dostrzegania w rzeczywistości wypełniania się proroctw obecnych w Piśmie Świętym. Tak więc Ewangelia wydarza się na nowo dzisiaj, za każdym razem, gdy otrzymujemy jasne świadectwo osób, których życie zostało zmienione przez spotkanie z Jezusem. Od ponad dwóch tysięcy lat to łańcuch spotkań przekazuje urok przygody chrześcijańskiej. Wyzwaniem, przed którym wszyscy stoimy, jest zatem komunikowanie, spotykając osoby, tam gdzie są, i takie, jakie są.

Panie, naucz nas wychodzić poza nasze «ja»
i wyruszać na poszukiwanie prawdy.
Naucz nas iść, by zobaczyć,
naucz nas słuchać,
nie pielęgnować uprzedzeń,
nie wyciągać pospiesznych wniosków.
Naucz nas chodzić tam, gdzie nikt nie chce pójść,
poświęcić czas na zrozumienie,
zwracać uwagę na to, co najważniejsze,
nie dać się rozproszyć przez to, co zbędne,
odróżniać mylące pozory od prawdy.
Obdarz nas łaską rozpoznawania miejsca Twojego przebywania w świecie
i szczerością opowiadania o tym, co zobaczyliśmy.

Rzym, u św. Jana na Lateranie, 23 stycznia 2021 r., w wigilię wspomnienia św. Franciszka Salezego

FRANCISCUS

_______________________

[1] Hiszpański dziennikarz, ur. 1920 r., zm. 1971 r., beatyfikowany w 2010 r.
[2]
W. SHAKESPEARE, Kupiec wenecki, akt I, scena 1 (tłum. M. Słomczyński).
[3]
Kazanie 360/B, 20.

[00090-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا فرنسيس

في مناسبة اليوم العالمي لوسائل التواصل الاجتماعيّة

"هلُمَّ فانْظُرْ" (يو 1، 46).

التواصل من خلال لقاء الأشخاص أينما هم وكيفما هم

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء،

إنّ الدعوة "هلُمَّ فانظُر" التي ترافق أوّل لقاءات مؤثِّرة ليسوع مع التلاميذ، هي أيضًا طريقة كلّ تواصل بشري حقيقي. لكي نتمكّن من أن نروي حقيقة الحياة التي أصبحت قصّة (را. رسالة اليوم العالمي الرابع والخمسين للاتصالات الاجتماعية، 24 كانون الثاني/يناير 2020)، من الضروري أن نخرج من الافتراض المريح لـ "ما نعرفه" ونتحرّك، لنذهب وننظر، ونقيم مع الأشخاص، ونصغي إليهم، ونجمع اقتراحات الواقع، التي ستفاجئنا على الدوام في بعض جوانبها. لقد نصح الطوباوي مانويل لوزانو غاريدو[1] زملائه الصحفيين قائلاً: "افتح عينيك بذهول على ما ستراه، ودع يديك تمتلآن من نضارة الحيويّة، لكي وعندما يقرؤك الآخرون، يلمسون بأيديهم معجزة الحياة النابضة". لذلك أرغب في أن أكرّس الرسالة، هذه السنة، للدعوة "هلُمَّ فانظُر"، كاقتراح لأي تعبير تواصلي يريد أن يكون واضحًا وصادقًا: في تحرير صحيفة ما كما في عالم الويب، في الوعظ العادي في الكنيسة كما في التواصل السياسي أو الاجتماعي. "هلُمَّ فانظُر" هي الطريقة التي من خلالها نُقِل الإيمان المسيحي، بدءًا من تلك اللقاءات الأولى على ضفاف نهر الأردن وبحيرة الجليل.

استهلك نعل حذائك

لنفكر في موضوع المعلومات الكبير. لطالما اشتكت الأصوات اليقظة من خطر الرتابة في "صحف نسخة عن بعضها البعض" أو في أخبار مشابهة تلفزيونيّة وإذاعية وعلى المواقع الإلكترونية، حيث يفقد نوع التحقيق والتقرير المساحة والجودة لصالح معلومات اعتياديّة وسائدة، ذات مرجعية ذاتيّة، وأقل قدرة على مواجهة حقيقة الأشياء وحياة الأشخاص الملموسة، وغير قادرة على فهم أخطر الظواهر الاجتماعية أو الطاقات الإيجابيّة التي تنبعث من قاعدة المجتمع. هناك خطر بأن تؤدي أزمة النشر إلى تركيب المعلومات في غرف الأخبار، أمام أجهزة الكمبيوتر، في محطات الوكالات، وعلى الشبكات الاجتماعيّة، بدون الخروج إلى الشارع على الإطلاق، وبدون "استهلاك نعال الأحذية"، وبدون لقاء الأشخاص للبحث عن قصص أو التحقق من مواقف معينة وجهًا لوجه. إذا لم ننفتح على اللقاء، فإننا نبقى مجرّد متفرجين خارجيين، على الرغم من الابتكارات التكنولوجيّة التي لديها القدرة على وضعنا أمام الواقع المعزز الذي يبدو لنا أننا منغمسون فيه. كلّ أداة هي مفيدة وثمينة فقط إذا دفعتنا لكي نذهب وننظر إلى الأشياء التي لن نعرفها بطريقة أخرى، وإذا وضعت على الإنترنت معارف لا يمكن تداولها بطريقة أخرى، وإذا سمحت بلقاءات لن تحدث بدون ذلك.

تفاصيل الأخبار في الإنجيل

على التلميذين الأولّين اللّذين أرادا أن يتعرّفا عليه، بعد معموديته في نهر الأردن: أجاب يسوع " هَلُمَّا فَانظُرا!" (يو 1، 39)، ودعاهما لكي يكونا في علاقة معه. وبعد أكثر من نصف قرن، عندما كتب يوحنا، الشيخ، إنجيله ذكّر ببعض تفاصيل "الأخبار" التي تكشف عن وجوده في المكان وأثر تلك الخبرة على حياته فكتب: "وكانَتِ السَّاعَةُ نَحوَ الرَّابِعَةِ بَعدَ الظُّهْر" (را. نفس المرجع، 39). في اليوم التالي - يتابع يوحنا – أخبر فيليبس نَتَنائيل عن لقائه مع المسيح. فقال له صديقة مشكّكًا: "أَمِنَ النَّاصِرَةِ يُمكِنُ أَن يَخرُجَ شَيٌ صالِح؟". لكنَّ فيليبس لم يحاول إقناعه بالحجج بل قال له: "هلُمَّ فانْظُرْ" (را. الآيات 45-46).فقام نتنائيل ورأى ومنذ تلك اللحظة تغيّرت حياته. هكذا يبدأ الإيمان المسيحي. ويُنقل بهذه الطريقة: كمعرفة مباشرة، تولد من الخبرة، وليس عن طريق الإشاعات. "لا نُؤمِنُ الآنَ عن قَولِكِ، فقَد سَمِعناهُ نَحنُ وعَلِمنا أَنَّهُ مُخَلِّصُ العالَمِ حَقاً"، هكذا قال الناس للمرأة السامريّة، بعد أن كان يسوع قد توقف في قريتهم (را. يو 4، 39-42). إنَّ الـ "هلُمَّ فانْظُرْ" هي أبسط طريقة لمعرفة واقع ما. هذا هو التحقق الأكثر صدقًا في كلّ إعلان، لأنه لكي أعرف عليّ أن ألتقي وأن أسمح للشخص الذي أمامي بأن يحدّثني، وأن أسمح لشهادته أن تبلُغني.

شكرًا لشجاعة العديد من الصحافيين

إنَّ الصحافة أيضًا، كرواية للواقع، تتطلب القدرة على الذهاب إلى حيث لا يذهب أحد: حركة ورغبة في الرؤية. فضول وانفتاح وشغف. وبالتالي علينا أن نشكر العديد من المهنيّين على شجاعتهم والتزامهم - الصحافيون والمصورون والمحررون والمخرجون الذين غالبًا ما يعملون في خطر كبير - إذا كنا اليوم نعرف، على سبيل المثال، الحالة الصعبة للأقليّات المضطهدة في مختلف أنحاء العالم؛ وإذا تم شجب العديد من أشكال الاستغلال والظلم ضد الفقراء وضد الخليقة؛ وإذا تمّت رواية العديد من الحروب المنسية. ولذلك ستكون خسارة ليس للمعلومات وحسب، وإنما للمجتمع بأسره وللديمقراطيّة إذا غابت هذه الأصوات: سيكون إفقارًا لبشريّتنا.

إنَّ العديد من وقائع الكوكب، ولاسيما في زمن الجائحة هذا، تدعو عالم الاتصالات لكي "يأتي وينظر". هناك خطر سرد الجائحة، وكذلك كلّ أزمة، بعيون العالم الأكثر ثراء فقط، والحصول على "حسابات مزدوجة". لنفكر في مسألة اللقاحات، وكذلك بالرعايّة الطبيّة بشكل عام، وفي خطر استبعاد السكان الأكثر فقرًا. من سيقول لنا عن انتظار الشفاءات في أفقر قرى آسيا وأمريكا اللاتينية وأفريقيا؟ هكذا تخاطر الاختلافات الاجتماعيّة والاقتصاديّة على المستوى العالمي بأن تطبع ترتيب توزيع اللقاحات المضادة لفيروس الكورونا. مع الفقراء دائمًا أخيرين والحق في الصحة للجميع، الذي تم تأكيده من حيث المبدأ، مُفرغًا من قيمته الحقيقيّة. ولكن حتى في عالم الأكثر حظًا، تبقى المأساة الاجتماعيّة للعائلات التي انزلقت سريعًا إلى الفقر مخفيَّةً إلى حد كبير: إنّ الأشخاص الذين يتغلبون على العار ويصطفّون أمام مراكز كاريتاس لينالوا طرود الطعام يجرحون ولكنّهم لا يشكِّلون خبرًا.

فرص وأشراك الشبكة

يمكن للشبكة، بتعبيراتها الاجتماعيّة التي لا تُعدّ، أن تضاعف القدرة على الرواية والمشاركة: عيون كثيرة مفتوحة على العالم، وتدفق مستمر للصور والشهادات. تمنحنا التكنولوجيا الرقميّة إمكانيّة الحصول على معلومات مباشرة وفي الوقت المناسب، وتكون مفيدة جدًا في بعض الأحيان: لنفكر في بعض حالات الطوارئ التي تنتقل فيها الأخبار الأولى وإعلانات الخدمة العامة إلى السكان مباشرة على الشبكة. إنها أداة رائعة تجعلنا جميعًا مسؤولين كمستخدمين ومُنتفعين. يمكننا أن نصبح جميعًا شهودًا على أحداث كان من الممكن أن يتم تجاهلها من قبل وسائل الإعلام التقليديّة، ونقدّم مساهمتنا المدنيّة، ونُظهر المزيد من القصص، حتى القصص الإيجابيّة. بفضل الشبكة لدينا الفرصة لنروي ما نراه، وما يحدث أمام أعيننا، ونشارك الشهادات.

لكن مخاطر التواصل الاجتماعي دون التحقق أصبحت الآن واضحة للجميع. لقد تعلمنا منذ فترة طويلة كيف يمكن التلاعب بسهولة بالأخبار وحتى بالصور، لآلاف الأسباب، وأحيانًا حتى لمجرد نرجسية مبتذلة. هذا الوعي النقدي لا يدفعنا إلى اعتبار هذه الأداة شرّيرة، وإنما إلى قدرة أكبر على التمييز وحسٍّ أكثر نضجًا بالمسؤوليّة، سواء عند انتشار المحتويات أو عند تلقيها. جميعنا مسؤولون عن الاتصالات التي نقوم بها، وعن المعلومات التي نقدمها، وعن التحكم الذي يمكننا أن نمارسه معًا على الأخبار الكاذبة، لنكشفها. جميعنا مدعوون لنكون شهودًا على الحقيقة: لنذهب ونرى ونشارك.

لا شيء يحل مكان الاطلاع شخصيًّا على الوقائع

في التواصل، لا شيء يمكنه أبدًا أن يحل مكان الاطلاع شخصيًّا على الوقائع. هناك بعض الأشياء التي لا يمكن تعلمها إلا من خلال اختبارها. في الواقع، لا يتواصل المرء بالكلمات فقط، وإنما بالعيون ونبرة الصوت والتصرّفات. لقد كان سحر يسوع القوي على الذين التقوا به يعتمد على حقيقة وعظه، لكن فعاليّة ما كان يقوله كانت لا تنفصل عن نظراته ومواقفه وحتى عن صمته. لم يصغِ التلاميذ إلى كلماته فحسب، بل كانوا يرَوه يتكلم. في الواقع، فيه - الكلمة المتجسِّد - أصبح الكلمة وجهًا، وسمح لنا الله غير المنظور بأن نراه ونسمعه ونلمسه، كما كتب يوحنا (را. 1 يو 1، 1-3). تكون الكلمة فعّالة فقط إذا "رأيتها"، وفقط إذا أشركتك في خبرة ما وفي حوار. لهذا السبب كان الـ "هلُمَّ فانْظُرْ" ولا يزال جوهريًّا.

لنفكر في مقدار البلاغة الفارغة السائدة حتى في عصرنا، في كلّ مجال من مجالات الحياة العامة، في التجارة كما في السياسة. "يمكنه أن يتحدّث إلى ما لا نهاية وألا يقول شيئًا. دوافعه هما حبتان من القمح في مكيالين من القش. عليك أن تبحث النهار كلّه لكي تعثر عليهما، ومتى وجدتهما هما لا تستحقان عناء البحث"[2]. إنّ كلمات الكاتب المسرحي الإنجليزي تصلح أيضًا بالنسبة لنا نحن المسيحيّين العاملين في مجال الاتصالات. إنَّ بُشرى الإنجيل السارة قد انتشرت في جميع أنحاء العالم بفضل لقاءات شخصية وجهًا لوجه، وقلبًا لقلب. رجال ونساء قبلوا الدعوة عينها: "هلُمَّ فانْظُرْ"، وأذهلهم "المزيد" من الإنسانيّة التي ظهرت في نظرات وكلمات وتصرفات الأشخاص الذين شهدوا ليسوع المسيح. جميع الأدوات مهمة، ومن المؤكد أن ذلك المحاور العظيم الذي كان يُدعى بولس الطرسوسي كان سيستخدم البريد الإلكتروني والرسائل الاجتماعيّة؛ لكن إيمانه ورجاءه ومحبته هي الأمور التي أثارت إعجاب معاصريه الذين سمعوه وهو يعظ وكانوا محظوظين بأن يقضوا معه بعض الوقت وأن يلتقوه ويروه في اجتماع أو محادثة فرديّة. وقد تحققوا، إذ ورأوه يعمل في الأماكن التي كان فيها، من مدى صحّة وخصوبة إعلان الخلاص الذي حمله بنعمة الله. وحتى حيث لم يكن من الممكن مقابلة معاون الله هذا شخصيًّا، شهد التلاميذ الذين أرسلهم على طريقة عيشه في المسيح (را. 1 قور 4، 17).

قال القديس أغسطينُس: "بين أيدينا الكتب، والحقائق في أعيننا"[3]، فيما كان يحثُّ المؤمنين على أن يجدوا في الواقع تحقق النبوءات الموجودة في الكتاب المقدس. وهكذا يتكرر الإنجيل اليوم مرة أخرى، في كلّ مرة ننال فيها شهادة واضحة من أناس تغيرت حياتهم بسبب لقائهم بيسوع. منذ أكثر من ألفي عام، نقلت سلسلة من اللقاءات سحر المغامرة المسيحيّة. لذلك فإن التحدي الذي ينتظرنا هو التواصل من خلال اللقاء مع الأشخاص أينما كانوا وكيفما كانوا.

علمنا يا ربّ أن نخرج من أنفسنا،

وأن ننطلق في البحث عن الحقيقة.

علمنا أن نذهب ونرى،

علمنا أن نصغي،

وألا نعزز الأحكام المسبقة،

وألا نستخلص استنتاجات متسرعة.

علمنا أن نذهب إلى حيث لا يريد أحد أن يذهب،

وأن نأخذ الوقت الكافي لنفهم،

وأن نولي الاهتمام للجوهري،

وألا نسمح للفائض بأن يلهينا،

وأن نميِّز المظهر المخادع عن الحقيقة.

امنحنا النعمة لكي نتعرّف على مساكنك في العالم

والصدق لنخبر بما رأيناه.

أُعطيت في روما، قرب القديس يوحنا في اللاتران، في الثالث والعشرين من كانون الثاني/ يناير 2021، عشية تذكار القديس فرانسيس دي سال.

فرنسيس

 

[1] صحافي إسباني، ولد عام 1920 وتوفّي عام 1971، وتمَّ إعلان تطويبه عام 2010.

[2] ويليام شكسبير، تاجر البندقية، الفصل الأول، المشهد الأول.

[3] العظة 360/ب، 20.

[00090-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0044-XX.02]