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Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 13 nuovi Cardinali, 28.11.2020


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 16 di questo pomeriggio, all’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha tenuto un Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 13 nuovi Cardinali, l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del Titolo o Diaconia.

All’inizio della celebrazione il primo dei nuovi Cardinali, l’Em.mo Card. Mario Grech, Vescovo emerito di Gozo e Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha rivolto al Papa, a nome di tutti, un indirizzo di omaggio e di ringraziamento. Quindi dopo l’orazione e la lettura di un passo del Vangelo secondo Marco (10,32-45), il Santo Padre ha pronunciato la sua omelia.

Il Papa ha letto poi la formula di creazione e proclamato solennemente i nomi dei nuovi Cardinali, annunciandone l’Ordine presbiterale o diaconale.

Il Rito è proseguito con la professione di fede dei nuovi Cardinali davanti al popolo di Dio e il giuramento di fedeltà e obbedienza a Papa Francesco e ai Suoi successori.

I nuovi Cardinali, secondo l’ordine di creazione, si sono inginocchiati dinanzi al Santo Padre che ha imposto loro lo zucchetto e la berretta cardinalizia, ha consegnato l’anello cardinalizio e assegnato a ciascuno una chiesa di Roma quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Papa nell’Urbe, consegnando loro la Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del Titolo o della Diaconia.

Tra i nuovi Cardinali creati questo pomeriggio, non erano presenti in Basilica - a motivo della contingente situazione sanitaria - l’Em.mo Card. Cornelius Sim, Vicario Apostolico di Brunei, e l’Em.mo Card. Jose Fuerte. Advincula, Arcivescovo di Capiz (Filippine).

Riportiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Santo Padre Francesco ha pronunciato nel corso del Concistoro:

Omelia del Santo Padre

Gesù e i discepoli erano in strada, per la strada. La strada è l’ambiente in cui si svolge la scena descritta dall’evangelista Marco (cfr 10,32-45). Ed è l’ambiente in cui sempre si svolge il cammino della Chiesa: la strada della vita, della storia, che è storia di salvezza nella misura in cui è fatta con Cristo, orientata al suo Mistero pasquale. Gerusalemme è sempre davanti a noi. La Croce e la Risurrezione appartengono alla nostra storia, sono il nostro oggi, ma sono sempre anche la meta del nostro cammino.

Questa Parola evangelica ha accompagnato spesso i Concistori per la creazione di nuovi Cardinali. Non è solo uno “sfondo”, è una “indicazione di percorso” per noi che, oggi, siamo in cammino insieme con Gesù, che procede sulla strada davanti a noi. Lui è la forza e il senso della nostra vita e del nostro ministero.

Dunque, cari Fratelli, oggi tocca a noi misurarci con questa Parola.

Marco mette in risalto che, lungo la strada, i discepoli «erano sgomenti […] erano impauriti» (v. 32). Ma perché? Perché sapevano quello che li attendeva a Gerusalemme; lo intuivano, anzi, lo sapevano, perché Gesù ne aveva già parlato a loro più volte apertamente. Il Signore conosce lo stato d’animo di quelli che lo seguono, e questo non lo lascia indifferente. Gesù non abbandona mai i suoi amici; non li trascura mai. Anche quando sembra che vada dritto per la sua strada, Lui sempre lo fa per noi. E tutto quello che fa, lo fa per noi, per la nostra salvezza. E, nel caso specifico dei Dodici, lo fa per prepararli alla prova, perché possano essere con Lui, adesso, e soprattutto dopo, quando Lui non sarà più in mezzo a loro. Perché siano sempre con Lui sulla sua strada.

Sapendo che il cuore dei discepoli è turbato, Gesù chiama i Dodici in disparte e, «di nuovo», dice loro «quello che stava per accadergli» (v. 32). Lo abbiamo ascoltato: è il terzo annuncio della sua passione, morte e risurrezione. Questa è la strada del Figlio di Dio. La strada del Servo del Signore. Gesù si identifica con questa strada, al punto che Lui stesso è questa strada. «Io sono la via» (Gv 14,6). Questa via, e non un’altra.

E a questo punto succede il “colpo di scena”, che smuove la situazione e consentirà a Gesù di rivelare a Giacomo e a Giovanni – ma in realtà a tutti gli Apostoli e a tutti noi – il destino che li attende. Immaginiamo la scena: Gesù, dopo aver nuovamente spiegato ciò che gli deve accadere a Gerusalemme, guarda bene in faccia i Dodici, li fissa negli occhi, come a dire: “È chiaro?”. Poi riprende il cammino, in testa al gruppo. E dal gruppo si staccano due, Giacomo e Giovanni. Si avvicinano a Gesù e gli esprimono il loro desiderio: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (v. 37). E questa è un’altra strada. Non è la strada di Gesù, è un’altra. È la strada di chi, magari senza nemmeno rendersene conto, “usa” il Signore per promuovere sé stesso; di chi – come dice San Paolo – cerca i propri interessi e non quelli di Cristo (cfr Fil 2,21). Su questo Sant’Agostino ha quel Discorso stupendo sui pastori (n. 46), che sempre ci fa bene rileggere nell’Ufficio delle Letture.

Gesù, dopo aver ascoltato Giacomo e Giovanni, non si altera, non si arrabbia. La sua pazienza è davvero infinita. Anche con noi, c’è stata, c’è pazienza, e ci sarà. E risponde: «Voi non sapete quello che chiedete» (v. 38). Li scusa, in un certo senso, ma contemporaneamente li accusa: “Voi non vi rendete conto che siete fuori strada”. In effetti, subito dopo saranno gli altri dieci apostoli a dimostrare, con la loro reazione sdegnata verso i figli di Zebedeo, quanto tutti fossero tentati di andare fuori strada.

Cari Fratelli, tutti noi vogliamo bene a Gesù, tutti vogliamo seguirlo, ma dobbiamo essere sempre vigilanti per rimanere sulla sua strada. Perché con i piedi, con il corpo possiamo essere con Lui, ma il nostro cuore può essere lontano, e portarci fuori strada. Pensiamo a tanti generi di corruzione nella vita sacerdotale. Così, ad esempio, il rosso porpora dell’abito cardinalizio, che è il colore del sangue, può diventare, per lo spirito mondano, quello di una eminente distinzione. E tu non sarai più il pastore vicino al popolo, sentirai di essere soltanto “l’eminenza”. Quando tu sentirai questo, sarai fuori strada.

In questo racconto evangelico, ciò che sempre colpisce è il netto contrasto tra Gesù e i discepoli. Gesù lo sa, lo conosce, e lo sopporta. Ma il contrasto rimane: Lui sulla strada, loro fuori strada. Due percorsi inconciliabili. Solo il Signore, in realtà, può salvare i suoi amici sbandati e a rischio di perdersi, solo la sua Croce e la sua Risurrezione. Per loro, oltre che per tutti, Lui sale a Gerusalemme. Per loro, e per tutti, spezzerà il suo corpo e verserà il suo sangue. Per loro, e per tutti, risorgerà dai morti, e col dono dello Spirito li perdonerà e li trasformerà. Li metterà finalmente in cammino sulla sua strada.

San Marco – come pure Matteo e Luca – ha inserito questo racconto nel suo Vangelo perché è una Parola che salva, una Parola necessaria alla Chiesa di tutti i tempi. Anche se i Dodici vi fanno una brutta figura, questo testo è entrato nel Canone perché mostra la verità su Gesù e su di noi. È una Parola salutare anche per noi oggi. Anche noi, Papa e Cardinali, dobbiamo sempre rispecchiarci in questa Parola di verità. È una spada affilata, ci taglia, è dolorosa, ma nello stesso tempo ci guarisce, ci libera, ci converte. Conversione è proprio questo: da fuori strada, andare sulla strada di Dio.

Che lo Spirito Santo ci doni, oggi e sempre, questa grazia.

[01448-IT.02] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua francese

Jésus et ses disciples étaient en route, sur la route. La route est le cadre où se déroule la scène décrite par l’évangéliste Marc (cf. 10, 32-45). Et c’est le cadre où se déroule toujours la marche de l’Eglise: la route de la vie, de l’histoire, qui est histoire de salut dans la mesure où elle est faite avec le Christ, orientée à son Mystère pascal. Jérusalem est toujours devant nous. La Croix et la Résurrection appartiennent à notre histoire, elles sont notre présent, mais elles sont toujours aussi le but de notre marche.

Cette Parole évangélique a souvent accompagné les Consistoires pour la création de nouveaux Cardinaux. Elle n’est pas seulement un “arrière-plan”, elle est une “indication de parcours” pour nous qui, aujourd’hui, sommes en marche ensemble avec Jésus, qui avance sur la route devant nous. Il est la force et le sens de notre vie et de notre ministère.

Donc, chers Frères, aujourd’hui il nous appartient de nous mesurer à cette Parole.

Marc souligne que, en route, les disciples «étaient saisis de frayeur […] ils étaient dans la crainte» (v. 32). Mais pourquoi? Parce qu’ils savaient ce qui les attendait à Jérusalem; ils le présentaient, ou mieux, ils le savaient, parce que Jésus leur en avait déjà parlé plusieurs fois ouvertement. Le Seigneur connaît l’état d’âme de ceux qui le suivent, et cela ne le laisse pas indifférent. Jésus n’abandonne jamais ses amis; il ne les délaisse jamais. Même quand il semble qu’il va tout droit sur son chemin, il le fait toujours pour nous. Et tout ce qu’il fait, il le fait pour nous, pour notre salut. Et, dans le cas spécifique des Douze, il le fait pour les préparer à l’épreuve, pour qu’ils puissent être avec lui, maintenant, et surtout après, quand il ne sera plus au milieu d’eux. Pour qu’ils soient toujours avec lui sur son chemin.

Sachant que le cœur des disciples est troublé, Jésus appelle les Douze à l’écart et, «de nouveau», il leur dit «ce qui allait lui arriver» (v. 32). Nous l’avons écouté: c’est la troisième annonce de sa passion, mort et résurrection. Celle-ci est la route du Fils de Dieu. La route du Serviteur du Seigneur. Jésus s’identifie avec cette route, au point qu’il est lui-même cette route. «Moi, je suis le Chemin» (Jn 14, 6). Ce chemin-là, et pas un autre.

Et à ce point se produit le “coup de théâtre” qui bouscule la situation et permettra à Jésus de révéler à Jacques et à Jean – mais en réalité à tous les Apôtres et à nous tous – le destin qui les attend. Imaginons la scène: Jésus, après avoir de nouveau expliqué ce qui doit lui arriver à Jérusalem, regarde bien en face les Douze, les fixe dans les yeux, comme pour dire: “C’est clair?”. Ensuite il reprend la route, en tête du groupe. Et deux disciples se détachent du groupe, Jacques et Jean. Ils s’approchent de Jésus et lui expriment leur désir: «Donne-nous de siéger, l’un à ta droite et l’autre à ta gauche, dans ta gloire» (v. 37). Et cela, c’est une autre route. Ce n’est pas la route de Jésus, c’en est une autre. C’est la route de celui qui, peut-être sans même s’en rendre compte, “utilise” le Seigneur pour se promouvoir soi-même; de celui qui – comme dit saint Paul – cherche ses intérêts et non ceux du Christ (cf. Ph 2, 21). A ce sujet saint Augustin a ce Discours magnifique sur les pasteurs (n. 46), qui nous fait toujours du bien de relire dans l’Office des Lectures.

Jésus, après avoir écouté Jacques et Jean, ne s’irrite pas, ne se met pas en colère. Sa patience est vraiment infinie. Avec nous aussi, il y en a eu, il y’a de la patience, et il y en aura. Et il répond: «Vous ne savez pas ce que vous demandez» (v. 38). Il les excuse, en quelque sorte, mais en même temps il les accuse: “Vous vous rendez compte que vous faites fausse route”. En effet, juste après, les dix autres disciples montreront, par leur réaction indignée vis-à-vis des fils de Zébédée, que tous étaient tentés de prendre une fausse route.

Chers Frères, tous nous aimons Jésus, tous nous voulons le suivre, mais nous devons être toujours vigilants pour rester sur sa route. Parce qu’avec les pieds, avec le corps nous pouvons être avec lui, mais notre cœur peut être loin et nous amener hors de la route. Pensons à tous les genres de corruption dans la vie sacerdotale. Ainsi, par exemple, le rouge pourpre de l’habit cardinalice, qui est la couleur du sang, peut devenir, pour l’esprit mondain, celle d’une distinction éminente. Et tu ne seras plus le pasteur proche du peuple, tu sentiras d’être seulement "l’éminence". Quand tu sentiras cela, tu seras hors de la route.

Dans ce récit évangélique, ce qui frappe toujours c’est le net contraste entre Jésus et les disciples. Jésus le sait, le connaît, le supporte. Mais le contraste demeure: lui sur la route, eux hors de la route. Deux parcours inconciliables. En réalité, seul le Seigneur peut sauver ses amis égarés et risquant de se perdre, seulement sa Croix et sa Résurrection. Pour eux, et pour tous, il monte à Jérusalem. Pour eux, et pour tous, il rompra son corps et versera son sang. Pour eux, et pour tous, il ressuscitera des morts, et par le don de l’Esprit il leur pardonnera et les transformera. Il les mettra finalement en chemin sur sa route.

Saint Marc – comme aussi Matthieu et Luc – a inséré ce récit dans son Evangile parce que c’est une Parole qui sauve, une Parole nécessaire à l’Eglise de tous les temps. Même si les Douze y font mauvaise figure, ce texte est entré dans le Canon parce qu’il montre la vérité sur Jésus et sur nous. C’est une Parole salutaire même pour nous aujourd’hui. Nous aussi, Pape et Cardinaux, nous devons toujours nous regarder dans cette Parole de vérité. C’est une épée affilée, elle nous coupe, elle est douloureuse, mais en même temps elle nous guérit, nous libère, nous convertit. La conversion c’est précisément cela: de la fausse route, aller sur la route de Dieu.

Que l’Esprit Saint nous donne, aujourd’hui et toujours, cette grâce.

[01448-FR.02] [Texte original: Italien]

 

Traduzione in lingua inglese

Jesus and his disciples were on the road. The road is the setting for the scene just recounted by the Evangelist Mark (10:32-45). It is always the setting, too, for the Church’s journey: the road of life and history, which is salvation history insofar as it is travelled with Christ and leads to his paschal mystery. Jerusalem always lies ahead of us. The cross and the resurrection are part of our history; they are our “today” but also and always the goal of our journey.

This Gospel passage has often accompanied consistories for the creation of new Cardinals. It is not merely a “backdrop” but also a “road sign” for us who today are journeying together with Jesus. For he is our strength, who gives meaning to our lives and our ministry.

Consequently, dear brothers, we need carefully to consider the words we have just heard.

Mark emphasizes that, on the road, the disciples were “amazed” and “afraid” (v. 32). Why? Because they knew what was ahead of them in Jerusalem. They not only had a sense of it; they knew well what was ahead, because, more than once, Jesus had already spoken to them openly about it. The Lord knew what his followers were experiencing, nor was he indifferent to it. Jesus never abandons his friends; he never neglects them. Even when it seems that he is going his own way, he is always doing so for our sake. All that he does, he does for us and for our salvation. In the specific case of the Twelve, he did this to prepare them for the trials to come, so that they could be with him, now and especially later, when he would no longer be in their midst. So that that they could always be with him, on his road.

Knowing that the hearts of his disciples were troubled, Jesus “once more” called the Twelve and told them “what was to happen to him” (v. 32). We have just heard it ourselves: the third announcement of his passion, death and resurrection. This is the road taken by the Son of God. The road taken by the Servant of the Lord. Jesus identifies himself with this road, so much so that he himself is the road. “I am the way” (Jn 14:6), he says. This way, and none other.

At this point, a sudden shift takes place, which enables Jesus to reveal to James and John – but really to all the Apostles, and to us – the fate in store for them. Let us imagine the scene: after once again explaining what will happen to him in Jerusalem, Jesus looks the Twelve squarely in the eye, as if to say: “Is this clear?” Then he resumes his journey, walking ahead of the group. Two of his disciples break away from the others: James and John. They approach Jesus and tell him what they want: “Grant us to sit, one at your right hand and one at your left, in your glory” (v. 37). They want to take a different road. Not Jesus’ road, but a different one. The road of those who, perhaps even without realizing it, “use” the Lord for their own advancement. Those who – as Saint Paul says – look to their own interests and not those of Christ (cf. Phil 2:21). Saint Augustine speaks of this in his magnificent sermon on shepherds (No. 46). A sermon we always benefit from rereading in the Office of Readings.

Jesus listens to James and John. He does not get upset or angry. His patience is indeed infinite, also towards us. He tells the two: “You do not know what you are asking” (v. 38). In a way, he excuses them, while at the same time reproaching them: “You do not realize that you have gone off the road”. Immediately after this, the other ten apostles will show by their indignant reaction to the sons of Zebedee how much all of them were tempted to go off the road.

Dear brothers, all of us love Jesus, all of us want to follow him, yet we must always be careful to remain on the road. For our bodies can be with him, but our hearts can wander far afield and so lead us off the road. We can think of so many kinds of corruption in the priestly life. The scarlet of a Cardinal’s robes, which is the colour of blood, can, for a worldly spirit, become the colour of a secular “eminence”. In that case, you will no longer be a shepherd who is close to his people. You will simply think that you are an “eminence”. Once you feel that way, you are already off the road.

In this passage of the Gospel, we are always struck by the sharp contrast between Jesus and his disciples. Jesus is aware of this; he knows it and he accepts it. Yet the contrast is still there: Jesus is on the road, while they are off the road. Two roads that cannot meet. Only the Lord, through his cross and resurrection, can save his straying friends who risk getting lost. It is for them, as well as for all the others, that Jesus is journeying to Jerusalem. For them, and for everyone, will he let his body be broken and his blood shed. For them, and for all, will he rise from the dead, and forgive and transform them by the gift of the Spirit. He will at last put them back on his road.

Saint Mark – like Matthew and Luke – included this story in his Gospel because it contains a saving truth necessary for the Church in every age. Even though the Twelve come off badly, this text entered the canon of Scripture because it reveals the truth about Jesus and about us. For us too, in our day, it is a message of salvation. We too, Pope and Cardinals, must always see ourselves reflected in this word of truth. It is a sharpened sword; it cuts, it proves painful, but it also heals, liberates and converts us. For conversion means precisely this: that we pass from being off the road to journeying on God’s road.

May the Holy Spirit give us this grace, today and forever.

[01448-EN.02] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

 

Jesus und die Jünger befanden sich auf dem Weg, sie waren unterwegs. Der Weg ist der Schauplatz für die vom Evangelisten Markus beschriebene Szene. Und er ist das Umfeld, in dem sich das Unterwegssein der Kirche immer abspielt: der Weg des Lebens, der Geschichte, die in dem Maß Heilsgeschichte ist, in dem sie mit Christus erfolgt und sich an seinem Ostergeheimnis ausrichtet. Jerusalem liegt immer vor uns. Kreuz und Auferstehung gehören zu unserer Geschichte, sie sind Teil unseres Heute, aber sie sind immer auch das Ziel unseres Unterwegsseins.

Dieses Wort des Evangeliums hat die Konsistorien zur Kreierung neuer Kardinäle schon oft begleitet. Es ist nicht nur ein „Hintergrund“, sondern ein „Wegweiser“ für uns, die wir heute gemeinsam mit Jesus auf dem Weg sind, der uns auf dem Weg vorausgeht. Er ist die Stärke und der Sinn unseres Lebens und unseres Dienstes.

Deshalb, liebe Brüder, müssen wir heute an diesem Wort Maß nehmen.

Markus hebt hervor, dass die Jünger sich auf dem Weg »wunderten«; sie »hatten Angst« (10,32). Aber warum? Weil sie wussten, was sie in Jerusalem erwartete; sie ahnten es, ja, sie wussten es, denn Jesus hatte bereits mehrmals offen zu ihnen darüber gesprochen. Der Herr kennt die Gemütslage derer, die ihm nachfolgen, und das lässt ihn nicht gleichgültig. Jesus lässt seine Freunde niemals im Stich; er vernachlässigt sie nie. Auch wenn er seinen Weg geradeaus zu gehen scheint, so tut er es immer für uns. Alles, was er tut, tut er für uns, um unseres Heiles willen. Und im vorliegenden Fall der Zwölf tut er es, um sie auf die Prüfung vorzubereiten, damit sie jetzt bei ihm sein können und vor allem dann, wenn er nicht mehr unter ihnen sein wird. Damit sie immer mit ihm auf seinem Weg gehen mögen.

Da er weiß, dass die Herzen der Jünger beunruhigt sind, ruft Jesus die Zwölf beiseite und sagt ihnen »wieder«, »was ihm bevorstand« (V. 32). Wir haben es gehört: Es ist die dritte Ankündigung seines Leidens, seines Todes und seiner Auferstehung. Dies ist der Weg des Sohnes Gottes. Der Weg des Gottesknechts. Jesus identifiziert sich mit diesem Weg so sehr, dass er selbst dieser Weg ist. »Ich bin der Weg« (Joh 14,6). Dieser Weg und kein anderer.

Und an diesem Punkt geschieht die „Wendung“, die Bewegung in die Situation bringt und es Jesus erlaubt, Jakobus und Johannes – in Wirklichkeit aber allen Aposteln und auch uns allen – die Bestimmung zu offenbaren, die sie erwartet. Stellen wir uns die Szene vor: Nachdem Jesus erneut erklärt hat, was mit ihm in Jerusalem geschehen muss, schaut er den Zwölf ins Gesicht, er starrt ihnen in die Augen, als wolle er sagen: „Ist das klar?“ Dann setzt er den Weg an der Spitze der Gruppe wieder fort. Und zwei trennen sich von der Gruppe, Jakobus und Johannes. Sie treten an Jesus heran und sagen ihm ihren Wunsch: »Lass in deiner Herrlichkeit einen von uns rechts und den andern links neben dir sitzen!« (V. 37). Und dies ist ein anderer Weg. Das ist nicht der Weg Jesu, es ist ein anderer. Es ist der Weg derer, die, vielleicht ohne sich dessen überhaupt bewusst zu sein, den Herrn „benutzten“, um sich selbst zu fördern; derer, die – wie der heilige Paulus sagt – »ihren Vorteil« suchen und »nicht, was Jesu Christi ist« (Phil 2,21). Dazu gibt es vom heiligen Augustinus jene wunderbare Predigt über die Hirten (Sermo 46), und es tut uns immer wieder gut, sie in der Lesehore stets neu zu lesen.

Nachdem Jesus Jakobus und Johannes angehört hat, regt er sich nicht auf, ärgert er sich nicht. Seine Geduld ist wirklich unendlich. Auch mit uns war und ist er geduldig und er wird es auch weiterhin sein. Und er antwortet: »Ihr wisst nicht, um was ihr bittet« (V. 38). Er entschuldigt sie in gewisser Weise, aber gleichzeitig beschuldigt er sie: „Ihr merkt gar nicht, dass ihr abseits des Weges geht.“ Tatsächlich sind es unmittelbar danach die anderen zehn Apostel, die mit ihrer empörten Reaktion auf die Söhne des Zebedäus zeigen, wie sehr alle der Versuchung unterliegen, abseits des Weges zu gehen.

Liebe Brüder, wir alle lieben Jesus, wir alle wollen ihm nachfolgen, aber wir müssen immer wachsam sein, um auf seinem Weg zu bleiben. Denn mit unseren Füßen, physisch können wir bei ihm sein, während unsere Herzen weit weg sein und uns abseits des Weges führen können. Denken wir an die vielfältigen Verfallserscheinungen im Leben von Geistlichen. So kann z. B. das Purpurrot des Kardinalsgewandes, das für die Farbe des Blutes steht, für den weltlichen Geist zu einer eminenten Auszeichnung werden. Und dann wirst du kein Hirte mehr sein, der nahe am Volk ist, du wirst dich nur noch als „Eminenz“ fühlen. Und wenn du solches verspürst, bist du vom Weg abgekommen.

In dieser Erzählung des Evangeliums fällt immer wieder der scharfe Kontrast zwischen Jesus und den Jüngern auf. Jesus weiß um ihn, er kennt und erträgt ihn. Aber der Kontrast bleibt: er auf dem Weg, sie abseits des Weges. Zwei unvereinbare Wege. Tatsächlich kann nur der Herr seine Freunde retten, die orientierungslos sind und Gefahr laufen, verloren zu gehen, nur sein Kreuz und seine Auferstehung. Für sie, wie auch für alle, geht er nach Jerusalem hinauf. Für sie und für alle wird er seinen Leib brechen und sein Blut vergießen. Für sie und für alle wird er von den Toten auferstehen, und durch die Gabe des Geistes wird er ihnen vergeben und sie verwandeln. Er wird sie endlich auf seinen Weg führen.

Der heilige Markus – wie auch Matthäus und Lukas – hat diese Erzählung in sein Evangelium aufgenommen, weil sie ein heilbringendes Wort ist, ein Wort, das die Kirche zu allen Zeiten braucht. Auch wenn darin die Zwölf eine schlechte Figur machen, ist dieser Text in den Schriftkanon eingegangen, weil er die Wahrheit über Jesus und über uns erkennen lässt. Es ist auch für uns heute ein heilbringendes Wort. Auch wir – Papst und Kardinäle – müssen uns immer in diesem Wort der Wahrheit widerspiegeln. Es ist ein scharfes Schwert, es schneidet uns, es ist schmerzlich, aber gleichzeitig heilt, befreit, bekehrt es uns. Bekehrung ist genau das: von abseits des Weges zurück auf den Weg Gottes zu gehen.

Möge der Heilige Geist uns heute und immer diese Gnade schenken.

[01448-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

Jesús y los discípulos estaban en el camino, iban de camino. El camino. El camino es el lugar donde se realiza la escena que describe el evangelista Marcos (cf. 10, 32-45). Y es el lugar donde se desarrolla siempre la trayectoria de la Iglesia: el camino de la vida, de la historia, que es historia de salvación en la medida en que se hace con Cristo, orientado a su Misterio pascual. Jerusalén siempre está ante nosotros. La cruz y la resurrección pertenecen a nuestra historia, son nuestro presente, pero también son la meta de nuestro camino.

Este relato evangélico ha estado presente con frecuencia en los consistorios para la creación de nuevos cardenales. No es sólo un “trasfondo”, sino la “hoja de ruta” para nosotros que estamos hoy en camino con Jesús, que va delante de nosotros. Él es la fuerza y el sentido de nuestra vida y de nuestro ministerio.

Por tanto, queridos hermanos, hoy nos toca a nosotros confrontarnos con esta Palabra.

Marcos subraya que, en el camino, los discípulos «estaban asombrados […] tenían miedo» (v. 32). Pero ¿por qué? Porque sabían lo que les esperaba en Jerusalén; lo intuían, es más, lo sabían, porque Jesús ya les había hablado abiertamente en otras ocasiones. El Señor conoce el estado de ánimo de los que lo siguen, y esto no lo deja indiferente. Jesús no abandona jamás a sus amigos; no los olvida nunca. Aun cuando parece que vaya derecho por su camino, Él siempre lo hace por nosotros. Y todo lo que hace, lo hace por nosotros, por nuestra salvación. Y, en el caso específico de los Doce, lo hace para prepararlos a la prueba, para que puedan estar con Él, ahora, y sobre todo después, cuando Él no esté más con ellos. Para que estén siempre con Él en su camino.

Sabiendo que el corazón de los discípulos estaba turbado, Jesús llamó aparte a los Doce y, «otra vez», les dijo «lo que le iba a suceder» (v. 32). Lo hemos escuchado: es el tercer anuncio de su pasión, muerte y resurrección. Este es el camino del Hijo de Dios. El camino del Siervo del Señor. Jesús se identifica con este camino, hasta el punto de que Él mismo es este camino. «Yo soy el camino» (Jn 14,6). Este camino, y ningún otro.

Y en este momento sucedió un “golpe de efecto” que trastocó e hizo posible que Jesús pudiera revelarles a Santiago y a Juan —pero en realidad a todos los Apóstoles y a todos nosotros— el destino que les esperaba. Imaginemos la escena: Jesús, después de haberles explicado nuevamente lo que le iba a suceder en Jerusalén, miró a los Doce, fijó en ellos sus ojos, como diciendo: “¿Está claro?”. Después retomó el camino, a la cabeza del grupo, y del grupo se separaron dos: Santiago y Juan. Se acercaron a Jesús y le expresaron su deseo: «Concédenos sentarnos en tu gloria uno a tu derecha y otro a tu izquierda» (v. 37). Y este es otro camino. No es el camino de Jesús, es otro. Es el camino de quien, quizás, sin ni siquiera darse cuenta, “usa” al Señor para promoverse a sí mismo; de quien —como dice san Pablo— busca su propio interés, no el de Cristo (cf. Flp 2,21). Sobre esto, san Agustín tiene un estupendo Sermón sobre los pastores (n. 46), que siempre nos hace bien releer en el Oficio de Lecturas.

Jesús, después de haber escuchado a Santiago y Juan, no se alteró, no se enojó. Su paciencia fue verdaderamente infinita. También con nosotros tuvo, tiene y tendrá paciencia. Y les respondió: «No sabéis lo que pedís» (v. 38). Los disculpó, en cierto sentido, pero al mismo tiempo también los acusó: “Ustedes no se dan cuenta de que se salieron del camino”. En efecto, inmediatamente después fueron los otros diez apóstoles los que demostraron, con su actitud de indignación hacia los hijos de Zebedeo, que todos estaban tentados de salirse del camino.

Queridos hermanos: Todos nosotros queremos a Jesús, todos deseamos seguirlo, pero tenemos que estar siempre vigilantes para permanecer en su camino. Porque con los pies, con el cuerpo podemos estar con Él, pero nuestro corazón puede estar lejos y llevarnos fuera del camino. Pensemos en los muchos tipos de corrupción en la vida sacerdotal. Así, por ejemplo, el rojo púrpura del hábito cardenalicio, que es el color de la sangre, se puede convertir, por el espíritu mundano, en el de una distinción eminente. Y tú ya no serás el pastor cercano al pueblo, sentirás que eres sólo “la eminencia”. Cuando sientas esto, estarás fuera del camino.

En este relato evangélico, lo que siempre sorprende es el claro contraste entre Jesús y los discípulos. Jesús lo sabe, lo conoce, y lo soporta. Pero el contraste permanece: Él en el camino, ellos fuera del camino. Dos recorridos opuestos. Sólo el Señor, en realidad, puede salvar a sus amigos desorientados y con el riesgo de perderse; sólo su cruz y su resurrección. Por ellos y por todos, Él subió a Jerusalén. Por ellos y por todos, entregó su cuerpo y derramó su sangre. Por ellos y por todos, resucitó de entre los muertos, y con el don del Espíritu los perdonó y los transformó. Finalmente, los orientó para que lo siguieran en su camino.

San Marcos —como también Mateo y Lucas— agregó este relato en su Evangelio porque es una Palabra que salva, una Palabra necesaria para la Iglesia de todos los tiempos. Aun cuando los Doce hacen un mal papel, este texto entró en el Canon porque muestra la verdad sobre Jesús y sobre nosotros. Es una Palabra beneficiosa también para nosotros hoy. También nosotros, Papa y cardenales, tenemos que reflejarnos siempre en esta Palabra de verdad. Es una espada afilada, nos corta, es dolorosa, pero al mismo tiempo nos cura, nos libera, nos convierte. Conversión es justamente esto: desde fuera del camino, volver al camino de Dios.

Que el Espíritu Santo nos conceda, hoy y siempre, esta gracia.

[01448-ES.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua portoghese

Jesus e os discípulos «iam a caminho...». A cena descrita pelo evangelista Marcos (10, 32-45) passa-se no caminho. E, no mesmo ambiente, se desenrola o percurso da Igreja: o caminho da vida, da história, que é história de salvação na medida em que o percorrermos com Cristo, rumo ao seu Mistério Pascal. À nossa frente, sempre temos Jerusalém. A Cruz e a Ressurreição pertencem à nossa história: são o nosso hoje, mas constituem sempre também a meta do nosso caminho.

Este texto do Evangelho já várias vezes acompanhou os Consistórios para a criação de novos Cardeais. Não é apenas o «pano de fundo», mas uma «indicação de percurso» para nós, que hoje estamos a caminho juntos com Jesus. Ele avança à nossa frente; é a força e o sentido da nossa vida e do nosso ministério.

Assim, amados irmãos, hoje cabe a nós medir-nos com esta Palavra evangélica.

Marcos destaca que, ao longo do caminho, os discípulos «estavam espantados (...) estavam cheios de medo» (10, 32). Mas porquê? Porque sabiam aquilo que os esperava em Jerusalém; intuíam-no; melhor, sabiam-no porque Jesus já lhes falara disso, abertamente, mais do que uma vez. O Senhor conhece o estado de ânimo daqueles que O seguem, e isso não O deixa indiferente. Jesus nunca abandona os seus amigos; jamais os transcura. Mesmo quando parece cortar a direito pelo seu caminho, sempre o faz por nós: tudo o que faz, fá-lo por nós, pela nossa salvação. E, neste caso específico dos Doze, fá-lo para os preparar para a provação, a fim de conseguirem estar com Ele agora e sobretudo depois, quando Jesus já não estiver no meio deles. Para que estejam sempre com Ele e sigam pelo seu caminho.

Sabendo que o coração dos discípulos está turbado, Jesus chama aparte os Doze e diz-lhes «de novo (…) o que Lhe ia acontecer» (10, 32). Foi o que ouvimos: é o terceiro anúncio da sua paixão, morte e ressurreição. Este é o caminho do Filho de Deus, o caminho do Servo do Senhor. E Jesus identifica-Se de tal modo com esse caminho, que Ele próprio é este caminho: «Eu sou o caminho» (Jo 14, 6). Este caminho; e não outro.

E, neste ponto, sucede um imprevisto que agita a situação, permitindo a Jesus revelar a Tiago e a João – na realidade, porém, a todos os Apóstolos e a nós todos – o destino que os espera. Imaginemos a cena: depois de voltar a explicar o que Lhe deve acontecer em Jerusalém, Jesus fixa bem os Doze, olhos nos olhos, como se dissesse: «Está claro?» Em seguida, retoma o caminho à cabeça do grupo. Mas, do grupo, separam-se dois: Tiago e João. Aproximam-se de Jesus e exprimem-Lhe um desejo: «Concede-nos que, na tua glória, nos sentemos um à tua direita e outro à tua esquerda» (10, 37). E este é outro caminho. Não é o caminho de Jesus; é outro. É o caminho de quem, talvez sem se dar conta sequer, se aproveita do Senhor para se promover a si mesmo; o caminho de quem – como diz São Paulo – procura os próprios interesses, e não os de Cristo (cf. Flp 2, 21). A propósito disto compôs Santo Agostinho aquele Discurso estupendo sobre os pastores (n. 46), que sempre nos faz bem reler no Ofício de Leituras.

Depois de ter ouvido Tiago e João, Jesus não Se descompõe, nem Se zanga; a sua paciência é verdadeiramente infinita! Também connosco, teve paciência, tem e terá… E responde: vós «não sabeis o que pedis» (10, 38). De certo modo desculpa-os, mas ao mesmo tempo censura-os: «Não vos dais conta de que estais fora do caminho». Com efeito, imediatamente depois serão os outros dez apóstolos a demonstrar, com a sua reação indignada contra os filhos de Zebedeu, como todos estivessem tentados a seguir fora do caminho.

Queridos irmãos, todos nós amamos Jesus, todos queremos segui-Lo, mas devemos estar sempre vigilantes para permanecer no seu caminho. Pois com os pés, com o corpo, podemos estar com Ele, mas o nosso coração pode estar longe e levar-nos para fora do caminho. Pensemos em tantos géneros de corrupção na vida sacerdotal. Assim, por exemplo, o vermelho purpúreo das vestes cardinalícias, que é a cor do sangue, pode tornar-se, para o espírito mundano, a cor duma distinção eminente. E deixarás de ser o pastor próximo do povo; sentir-te-ás apenas «a eminência». Quando sentires isto, estás fora do caminho.

Nesta narração evangélica, sempre impressiona o contraste nítido entre Jesus e os discípulos. Jesus sabe-o, conhece-o e suporta-o. Mas o contraste permanece: Ele, no caminho; os discípulos, fora do caminho. Dois percursos inconciliáveis. Na realidade, só o Senhor pode salvar os seus amigos desvairados, em risco de se perderem. Só a sua Cruz e a sua Ressurreição... Por eles, e por todos, Jesus sobe a Jerusalém. Por eles, e por todos, dividirá em pedaços o seu corpo e derramará o seu sangue. Por eles, e por todos, ressuscitará dos mortos e, com o dom do Espírito, perdoar-lhes-á e transformá-los-á. Enfim encaminhá-los-á pelo seu caminho.

São Marcos – como aliás São Mateus e São Lucas – inseriram esta narração no próprio Evangelho, porque é uma Palavra que salva, uma Palavra necessária à Igreja de todos os tempos. Apesar da má figura que nela fazem os Doze, a mesma entrou no Cânon, porque mostra a verdade acerca de Jesus e de nós próprios. É uma palavra salutar também para nós hoje. Também nós, Papa e Cardeais, devemos espelhar-nos sempre nesta Palavra de verdade. É uma espada afiada: corta, é dolorosa, mas ao mesmo tempo cura-nos, liberta-nos, converte-nos. A conversão é precisamente isto: sair de fora do caminho, ir para o caminho de Deus.

Que o Espírito Santo nos dê, hoje e sempre, esta graça!

[01448-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Jezus i uczniowie byli w drodze, na drodze. Droga jest scenerią w której rozgrywa się scena opisana przez św. Marka ewangelistę. I jest ona środowiskiem, w którym zawsze przebiega wędrówka Kościoła: droga życia, historii, która jest historią zbawienia w takiej mierze, w jakiej dokonuje się ona z Chrystusem, ukierunkowana na Jego tajemnicę paschalną. Jerozolima jest zawsze przed nami. Krzyż i zmartwychwstanie należą do naszej historii, są naszym dzisiaj, ale zawsze są też celem naszej drogi.

To ewangeliczne Słowo często towarzyszyło konsystorzowi zwołanemu dla ustanowienia nowych kardynałów. Nie jest to jedynie „tło”, ale „wskazanie szlaku” dla nas, dzisiaj idących wraz z Jezusem, który poprzedza nas w drodze. On jest siłą i sensem naszego życia i naszej posługi.

Zatem, drodzy Bracia, teraz na nas przyszła kolej, by zmierzyć się z tym Słowem.

Marek podkreśla, że po drodze uczniowie „byli zadziwieni [...], byli strwożeni” (w. 32). Dlaczego? Ponieważ wiedzieli, co ich czeka w Jerozolimie; domyślali się, więcej, wiedzieli, ponieważ Jezus już kilka razy mówił im o tym otwarcie. Pan zna stan umysłu tych, którzy za Nim idą, i to nie pozostawia Go obojętnym. Jezus nigdy nie opuszcza swoich przyjaciół, nigdy ich nie zaniedbuje. Nawet gdy wydaje się, że idzie prosto swoją drogą, zawsze czyni to dla nas. A wszystko to, co czyni, czyni dla nas, dla naszego zbawienia. A w konkretnym przypadku Dwunastu czyni to, aby ich przygotować na próbę, aby mogli być z Nim obecnie, a szczególnie później, kiedy nie będzie już pośród nich. Aby zawsze byli z Nim na Jego drodze.

Wiedząc, że serca uczniów są strwożone, Jezus wzywa Dwunastu na bok i „ponownie” mówi im „co miało Go spotkać” (w. 32). Wysłuchaliśmy tych słów: jest to trzecia zapowiedź Jego męki, śmierci i zmartwychwstania. Oto droga Syna Bożego. Droga Sługi Pańskiego. Jezus utożsamia się z tą drogą, do tego stopnia, że On sam jest tą drogą. „Ja jestem drogą” (J 14, 6). drogą, a nie jakąkolwiek inną.

I w tym momencie następuje „zwrot akcji”, który dynamizuje sytuację i pozwoli Jezusowi zdradzić Jakubowi i Janowi – ale w gruncie rzeczy wszystkim apostołom i nam wszystkim – co ich czeka. Wyobraźmy sobie tę scenę: Jezus, po ponownym wyjaśnieniu, co musi się z nim wydarzyć w Jerozolimie, spojrzał na twarze Dwunastu, głęboko w oczy, jakby chciał powiedzieć: „Czy to jasne?”. Następnie podejmuje znów drogę na czele grupy. A z grupy oddzielają się dwaj, Jakub i Jan. Podchodzą do Jezusa i wyrażają swe pragnienie: „Daj nam, żebyśmy w Twojej chwale siedzieli jeden po prawej, drugi po lewej Twojej stronie” (w. 37). A to jest inna droga. Nie jest to droga Jezusa, ale inna. To droga tych, którzy, być może nawet nie zdając sobie z tego sprawy, „wykorzystują” Pana, aby promować samych siebie; tych, którzy – jak mówi św. Paweł – szukają własnych pożytków, a nie pożytków Chrystusa (por. Flp 2, 21). O tym mówi wspaniałe kazanie św. Augustyna o pasterzach (Kazanie 46), które zawsze warto przeczytać na nowo w Liturgii Czytań.

Jezus, po wysłuchaniu Jakuba i Jana, nie oburza się, nie okazuje złości. Jego cierpliwość jest doprawdy nieskończona. Również dla nas miał, ma i będzie miał cierpliwość. I odpowiada: „Nie wiecie, o co prosicie” (w. 38). W pewnym sensie usprawiedliwia ich, ale jednocześnie oskarża: „Nie zdajecie sobie sprawy, że jesteście na bezdrożach”. Istotnie, za chwilę właśnie dziesięciu innych apostołów okaże swoją oburzoną reakcją na synów Zebedeusza, jak bardzo wszyscy byli kuszeni, by pójść na bezdroża.

Drodzy Bracia, wszyscy kochamy Jezusa, wszyscy chcemy za Nim iść, ale musimy być zawsze czujni, aby trwać na Jego drodze. Możemy bowiem naszymi stopami, naszymi ciałami być z Nim, ale nasze serce może być daleko i prowadzić nas na manowce. Pomyślmy o wielu rodzajach nieprawości w życiu kapłańskim. Zatem, na przykład, purpura szat kardynalskich, która jest kolorem krwi, może stać się dla ducha świata, kolorem wybitnego wyróżnienia. A wtedy nie będziesz już pasterzem bliskim ludowi, ale będziesz czuł jedynie, że jesteś „eminencją”. Kiedy to poczujesz, będziesz na manowcach.

W tym opisie ewangelicznym zawsze uderza ostry kontrast między Jezusem a uczniami. Jezus o tym wie, zna to i znosi. Ale kontrast pozostaje: On w drodze, oni na bezdrożach. Dwie trasy nie dające się pogodzić. Tylko bowiem Pan może ocalić swoich zagubionych przyjaciół, którym grozi zatracenie się, tylko Jego krzyż i Jego zmartwychwstanie. Dla nich, bardziej niż dla wszystkich, wstępuje On do Jerozolimy. Dla nich, i dla wszystkich, połamie On swoje ciało i przeleje swoją krew. Dla nich i dla wszystkich zmartwychwstanie, a przez dar Ducha przebaczy im i przemieni. Umieści ich ostatecznie na swojej drodze.

Święty Marek – podobnie jak Mateusz i Łukasz – włączył tę historię do swojej Ewangelii, ponieważ jest ona zbawczym Słowem – Słowem niezbędnym dla Kościoła wszystkich czasów. Nawet jeśli Dwunastu robi złe wrażenie, ten tekst wszedł do Kanonu, ponieważ ukazuje prawdę o Jezusie i o nas. Jest to słowo zbawienne również dla nas dzisiaj. Także i my, papież i kardynałowie, musimy zawsze spojrzeć na siebie w tym słowie prawdy. Jest to ostry miecz, tnie nas, jest bolesny, ale jednocześnie nas uzdrawia, wyzwala, nawraca. Nawrócenie jest tym właśnie: zejść z bezdroży, aby wejść na drogę Boga.

Niech tą łaską obdarza nas Duch Święty dziś i zawsze.

[01450-PL.01] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

بمناسبة كونسيستوار الكرادلة الجدد

بازليك القدّيس بطرس

السبت 28 تشرين الثاني / نوفمبر 2020

عشيّة الأحد الأوّل من زمن المجيء

كان يسوع مع تلاميذه في الطريق. الطريق. الطريق هو الإطار الذي يحدث فيه المشهد الذي وصفه الإنجيليّ مرقس (10، 32- 45). وهو الإطار الذي تتمّ فيه دائمًا مسيرة الكنيسة: طريق الحياة، وطريق التاريخ الذي هو تاريخ خلاصٍ طالما أنه يتحقّق مع المسيح، ويتطلّع نحو سرّه الفصحيّ. أورشليم العُليا هي أمامنا على الدوام. فالصليب والقيامة ينتميان إلى تاريخنا، ويشكّلان حاضرنا اليوميّ، ولكنهما أيضًا هدف مسيرتنا الأرضيّة على الدوام.

غالبًا ما رافَقَت كلمةُ الإنجيل هذه ليتورجيّا الكونسيستوار لتعيين الكرادلة الجدد. وهي ليست مجرّد "خلفيّة"، بل هي "دليل للطريق" بالنسبة لنا نحن الذين نسير اليوم برفقة يسوع الذي يتقدّمنا في الطريق. إنه قوّة ومعنى حياتنا وخدمتنا.

لذا، أيّها الإخوة الأعزّاء، يتعيّن علينا اليوم أن نتّخذ من هذه الكلمة مقياسًا لنا.

يؤكّد مرقس أن التلاميذ، على طول الطريق، "أَخَذَهُمُ الدَّهَش [...] فكانوا خائِفين" (آية 32). لماذا؟ لأنهم كانوا يدركون ما ينتظرهم في القدس/أورشليم، كان إحساسهم ينبّههم، لا بل كانوا يعرفون لأن يسوع قد سبق أن كلّمهم عن ذلك عدّة مرّات علانية. يعرف الربّ تفكير تلاميذه، وليس غير مبال. يسوع لا يترك أصدقاءه أبدًا، لا يهملهم أبدًا. حتى عندما يبدو أنه يسير في طريقه الخاص، فإنه يفعل ذلك دائمًا من أجلنا. وكلّ ما يفعله، إنما هو من أجلنا ومن أجل خلاصنا. وفيما يتعلّق بالاثني عشر، فهو يفعله من أجل أن يحضّرهم للمحنة، حتى يكونوا معه، الآن، وخاصّة لاحقًا، عندما لن يكون بعد بينهم. حتى يكونوا دائمًا معه في الطريق.

أدرك يسوع أن قلوب التلاميذ مضطربة، فدعا الاثني عشر، وقال لهم "مجدّدًا"، "ما سيحدُثُ لَه" (آية 32). لقد سمعنا القراءة: أعلن فيها يسوعُ للمرّة الثالثة آلامه وموته وقيامته. هذا هو طريق ابن الله. طريق عبد الرب. يسوع يتماهى مع هذا الطريق، لدرجة أنه هو نفسه هذا الطريق. "أنا هو الطريق" (يو 14، 6). هذا الطريق، وليس طريقًا آخر.

وهنا حدث "التطوّر المفاجئ"، الذي غيّر الوضع وسمح ليسوع أن يكشف ليعقوب ويوحنا -ولكن في الواقع لجميع الرسل ولنا نحن أيضًا جميعًا- المصير الذي ينتظرهم. لنتخيّل المشهد: يسوع، بعد أن شرح مجدّدًا ما يجب أن يحدث له في القدس/أورشليم، نظر إلى الاثني عشر في وجوههم مباشرة، وحدّق في أعينهم، وكأنه يقول: "هل هذا واضح؟". ثم استأنف مسيرته متقدمًّا المجموعة. ثمّ انفصل اثنان عن المجموعة، يعقوب ويوحنا، واقتربا من يسوع وعبّرا عن رغبتهم: "امنَحْنا أَن يَجلِسَ أَحَدُنا عن يَمينِك، والآخَرُ عَن شِمالِكَ في مَجدِكَ" (آية 37). وهذا هو طريق آخر. إنه ليس طريق يسوع، إنه طريق آخر. إنه طريق الذين، ربّما دون أن يدركوا، "يستخدمون" الربّ لتعزيز أنفسهم؛ طريق الذين - كما يقول القدّيس بولس - يسعون وراء مصالحهم الخاصّة وليس مصالح المسيح (را. فيل 2، 21). لدى القدّيس أوغسطينوس في هذا الموضوع خطاب رائع حول الرعاة (آية 46)، من المفيد لنا دائمًا إعادة قراءته أثناء ليتورجيّا الساعات.

لم ينزعج يسوع، بعدَ أن استمع إلى يعقوب ويوحنا، ولم يغضب. إن صبره هو حقًا دون نهاية. ومعنا نحن أيضًا، كان صبورًا، وما زال صبورًا، وسوف يبقى صبورًا. أجاب: "إِنَّكُما لا تَعلَمانِ ما تَسألان" (آية 38). لقد عذرهما بمعنى ما، لكنه اتّهمهما في نفس الوقت: "لا تدركان أنكما خارج الطريق". وما لبث أن أظهر في الواقع الرسلُ العشرة الآخرون، من خلال ردّ فعلهم الغاضب على ابنَي زبدى، مدى ميلهم جميعًا إلى الذهاب خارج الطريق.

أيّها الإخوة الأعزّاء، نحن جميعًا نحبّ يسوع، ونريد كلّنا أن نتبعه، لكن يجب أن نكون يقظين دائمًا حتى نبقى في طريقه. لأنه يمكننا أن نكون معه "بالقدمين"، "وبالجسد" لكن يمكن لقلبنا أن يكون بعيدًا، ويدفعنا خارج الطريق. لنفكّر في الكثير من أنواع الفساد في الحياة الكهنوتية. قد يصبح هكذا، على سبيل المثال، بالنسبة للروح الدنيوية، اللونُ الأحمر الأرجواني الخاصّ بثوب الكرادلة، وهو لون الدمّ، لونًا يمنحه تمييزًا بارزًا. وبالتالي لن تبقى أنت راعيًا قريبًا من الشعب، بل ستشعر أنك "صاحب النيافة" وحسب. وإذا شعرت بهذا، صرتَ خارج الطريق.

ما يلفت الانتباه دائمًا في هذا الإنجيل، هو التناقض الواضح بين يسوع والتلاميذ. يسوع يعرف هذا التناقض ويدركه ويحتمله. لكن هذا التناقض يبقى: هو في الطريق، وهم خارج الطريق. مساران لا يمكن التوفيق بينهما. وحده الربّ، في الواقع، يستطيع أن يخلّص أصدقائه الضالّين، مخاطرًا بحياته، بصليبه وقيامته فقط. فهو من أجلهم، ومن أجل الجميع أيضًا، يصعد إلى القدس/أورشليم. من أجلهم ومن أجل الجميع سوف يكسر جسده ويهرق دمه. من أجلهم ومن أجل الجميع، سوف يقوم من بين الأموات، ويغفر لهم بعطيّة الروح القدس ويغيّرهم. وسوف يضعهم أخيرًا في طريقه.

لقد أدرج القدّيس مرقس هذه الرواية في إنجيله - وكذلك متى ولوقا - لأنها كلمة تمنح الخلاص، كلمة ضروريّة للكنيسة في كلّ العصور. على الرغم من أن الاثني عشر قد تركوا انطباعًا سيئًا عنهم، إلّا أن هذا النصّ قد ضُمَّ إلى النصوص القانونية لأنه يُظهِر حقيقة يسوع وحقيقتنا. إنها كلمة خلاصيّة لنا اليوم أيضًا. نحن أيضًا، البابا والكرادلة، يجب أن نتّخذ من كلمة الحقيقة هذه مقياسًا دائمًا لنا. إنها سيف حادّ، قاطع لنا، ومؤلم، لكنها في نفس الوقت تشفينا، وتحرّرنا، وتحوّلنا. فالارتداد هو بالتحديد: أن نعود من خارج الطريق لنسير في طريق الله.

ليمنحنا الروح القدس هذه النعمة اليوم وعلى الدوام.

[01450-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0617-XX.02]