Messaggio del Santo Padre
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Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 94.ma Giornata Missionaria Mondiale che si celebra domenica 18 ottobre 2020:
Messaggio del Santo Padre
«Eccomi, manda me» (Is 6,8)
Cari fratelli e sorelle,
Desidero esprimere la mia gratitudine a Dio per l’impegno con cui in tutta la Chiesa è stato vissuto, lo scorso ottobre, il Mese Missionario Straordinario. Sono convinto che esso ha contribuito a stimolare la conversione missionaria in tante comunità, sulla via indicata dal tema “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.
In questo anno, segnato dalle sofferenze e dalle sfide procurate dalla pandemia da covid 19, questo cammino missionario di tutta la Chiesa prosegue alla luce della parola che troviamo nel racconto della vocazione del profeta Isaia: «Eccomi, manda me» (Is 6,8). È la risposta sempre nuova alla domanda del Signore: «Chi manderò?» (ibid.). Questa chiamata proviene dal cuore di Dio, dalla sua misericordia che interpella sia la Chiesa sia l’umanità nell’attuale crisi mondiale. «Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca... ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “Siamo perduti” (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme» (Meditazione in Piazza San Pietro, 27 marzo 2020). Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; ma nello stesso tempo ci riconosciamo tutti partecipi di un forte desiderio di vita e di liberazione dal male. In questo contesto, la chiamata alla missione, l’invito ad uscire da sé stessi per amore di Dio e del prossimo si presenta come opportunità di condivisione, di servizio, di intercessione. La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé.
Nel sacrificio della croce, dove si compie la missione di Gesù (cfr Gv 19,28-30), Dio rivela che il suo amore è per ognuno e per tutti (cfr Gv 19,26-27). E ci chiede la nostra personale disponibilità ad essere inviati, perché Egli è Amore in perenne movimento di missione, sempre in uscita da sé stesso per dare vita. Per amore degli uomini, Dio Padre ha inviato il Figlio Gesù (cfr Gv 3,16). Gesù è il Missionario del Padre: la sua Persona e la sua opera sono interamente obbedienza alla volontà del Padre (cfr Gv 4,34; 6,38; 8,12-30; Eb 10,5-10). A sua volta Gesù, crocifisso e risorto per noi, ci attrae nel suo movimento di amore, con il suo stesso Spirito, il quale anima la Chiesa, fa di noi dei discepoli di Cristo e ci invia in missione verso il mondo e le genti.
«La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa. Nella missione di annunciare il Vangelo, tu ti muovi perché lo Spirito ti spinge e ti porta» (Senza di Lui non possiamo far nulla, LEV-San Paolo, 2019, 16-17). Dio ci ama sempre per primo e con questo amore ci incontra e ci chiama. La nostra vocazione personale proviene dal fatto che siamo figli e figlie di Dio nella Chiesa, sua famiglia, fratelli e sorelle in quella carità che Gesù ci ha testimoniato. Tutti, però, hanno una dignità umana fondata sulla chiamata divina ad essere figli di Dio, a diventare, nel sacramento del Battesimo e nella libertà della fede, ciò che sono da sempre nel cuore di Dio.
Già l’aver ricevuto gratuitamente la vita costituisce un implicito invito ad entrare nella dinamica del dono di sé: un seme che, nei battezzati, prenderà forma matura come risposta d’amore nel matrimonio e nella verginità per il Regno di Dio. La vita umana nasce dall’amore di Dio, cresce nell’amore e tende verso l’amore. Nessuno è escluso dall’amore di Dio, e nel santo sacrificio di Gesù Figlio sulla croce Dio ha vinto il peccato e la morte (cfr Rm 8,31-39). Per Dio, il male – persino il peccato – diventa una sfida ad amare e amare sempre di più (cfr Mt 5,38-48; Lc 23,33-34). Perciò, nel Mistero pasquale, la divina misericordia guarisce la ferita originaria dell’umanità e si riversa sull’universo intero. La Chiesa, sacramento universale dell’amore di Dio per il mondo, continua nella storia la missione di Gesù e ci invia dappertutto affinché, attraverso lanostra testimonianza della fede e l’annuncio del Vangelo, Dio manifesti ancora il suo amore e possa toccare e trasformare cuori, menti, corpi, società e culture in ogni luogo e tempo.
La missione è risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio. Ma questa chiamata possiamo percepirla solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa. Chiediamoci: siamo pronti ad accogliere la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare la chiamata alla missione, sia nella via del matrimonio, sia in quella della verginità consacrata o del sacerdozio ordinato, e comunque nella vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati ovunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso, per proclamare il Vangelo della salvezza di Gesù Cristo, per condividere la vita divina dello Spirito Santo edificando la Chiesa? Come Maria, la madre di Gesù, siamo pronti ad essere senza riserve al servizio della volontà di Dio (cfr Lc 1,38)? Questa disponibilità interiore è molto importante per poter rispondere a Dio: “Eccomi, Signore, manda me” (cfr Is 6,8). E questo non in astratto, ma nell’oggi della Chiesa e della storia.
Capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia diventa una sfida anche per la missione della Chiesa. La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. Obbligati alla distanza fisica e a rimanere a casa, siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno delle relazioni sociali, e anche della relazione comunitaria con Dio. Lungi dall’aumentare la diffidenza e l’indifferenza, questa condizione dovrebbe renderci più attenti al nostro modo di relazionarci con gli altri. E la preghiera, in cui Dio tocca e muove il nostro cuore, ci apre ai bisogni di amore, di dignità e di libertà dei nostri fratelli, come pure alla cura per tutto il creato. L’impossibilità di riunirci come Chiesa per celebrare l’Eucaristia ci ha fatto condividere la condizione di tante comunità cristiane che non possono celebrare la Messa ogni domenica. In questo contesto, la domanda che Dio pone: «Chi manderò?», ci viene nuovamente rivolta e attende da noi una risposta generosa e convinta: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Dio continua a cercare chi inviare al mondo e alle genti per testimoniare il suo amore, la sua salvezza dal peccato e dalla morte, la sua liberazione dal male (cfr Mt 9,35-38; Lc 10,1-12).
Celebrare la Giornata Missionaria Mondiale significa anche riaffermare come la preghiera, la riflessione e l’aiuto materiale delle vostre offerte sono opportunità per partecipare attivamente alla missione di Gesù nella sua Chiesa. La carità espressa nelle collette delle celebrazioni liturgiche della terza domenica di ottobre ha lo scopo di sostenere il lavoro missionario svolto a mio nome dalle Pontificie Opere Missionarie, per andare incontro ai bisogni spirituali e materiali dei popoli e delle Chiese in tutto il mondo per la salvezza di tutti.
La Santissima Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione e Consolatrice degli afflitti, discepola missionaria del proprio Figlio Gesù, continui a intercedere per noi e a sostenerci.
Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2020, Solennità di Pentecoste.
FRANCESCO
[00694-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
«Me voici: envoie-moi!» (Is 6, 8)
Chers frères et sœurs,
Je désire rendre grâce à Dieu pour l’engagement avec lequel le Mois Missionnaire Extraordinaire a été vécu dans toute l’Eglise, durant le mois d’octobre passé. Je suis convaincu qu’il a contribué à stimuler la conversion missionnaire dans beaucoup de communautés, sur le chemin indiqué par le thème "Baptisés et envoyés: l’Eglise du Christ en mission dans le monde".
En cette année, marquée par les souffrances et les défis causés par la pandémie de COVID-19, ce cheminement missionnaire de toute l’Eglise se poursuit à la lumière de la parole que nous trouvons dans le récit de la vocation du prophète Isaïe: «Me voici: envoie-moi!» (Is 6, 8). C’est la réponse toujours renouvelée à la question du Seigneur: «Qui enverrai-je?» (ibid.). Cet appel provient du cœur de Dieu, de sa miséricorde qui interpelle tant l’Eglise que l’humanité, dans la crise mondiale actuelle. « Comme les disciples de l’Evangile, nous avons été pris au dépourvu par une tempête inattendue et furieuse. Nous nous rendons compte que nous nous trouvons dans la même barque, tous fragiles et désorientés, mais en même temps importants et nécessaires, tous appelés à ramer ensemble, tous ayant besoin de nous réconforter mutuellement. Dans cette barque… nous nous trouvons tous. Comme ces disciples qui parlent d’une seule voix et dans l’angoisse disent : "Nous sommes perdus" (v. 38), nous aussi, nous nous sommes aperçus que nous ne pouvons pas aller de l’avant chacun tout seul, mais seulement ensemble » (Méditation à la Place Saint Pierre, 27 mars 2020). Nous sommes vraiment effrayés, désorientés et apeurés. La douleur et la mort nous font expérimenter notre fragilité humaine; mais en même temps, nous reconnaissons que nous sommes tous habités par un profond désir de vie et de libération du mal. Dans ce contexte, l’appel à la mission, l’invitation à sortir de soi-même par amour de Dieu et du prochain, se présente comme une opportunité de partage, de service, d’intercession. La mission, que Dieu confie à chacun, fait passer du moi peureux et fermé au moi retrouvé et renouvelé par le don de soi.
Dans le sacrifice de la croix, où s’accomplit la mission de Jésus (cf. Jn 19, 28-30), Dieu révèle que son amour est pour chacun et pour tous (cf. Jn 19, 26-27). Et il nous demande notre disponibilité personnelle à être envoyés, parce qu’il est Amour en perpétuel mouvement de mission, toujours en sortie de soi-même pour donner vie. Par amour pour les hommes, Dieu le Père a envoyé son Fils Jésus (cf. Jn 3, 16). Jésus est le Missionnaire du Père: sa Personne et son œuvre sont entièrement obéissance à la volonté du Père (cf. Jn 4, 34; 6, 38; 8, 12-30; He 10, 5-10). A son tour Jésus, crucifié et ressuscité pour nous, nous attire dans son mouvement d’amour, par son Esprit même, lequel anime l’Eglise, il fait de nous des disciples du Christ et nous envoie en mission vers le monde et les nations.
« La mission, "l'Église en sortie", ne constituent pas un programme à réaliser, une intention à concrétiser par un effort de volonté. C'est le Christ qui fait sortir l'Église d'elle-même. Dans la mission d'annoncer l'Évangile, vous vous mettez en mouvement parce que l'Esprit Saint vous pousse et vous porte » (Sans Jésus nous ne pouvons rien faire, LEV-Bayard, 2020, p. 23). Dieu nous aime toujours le premier et avec cet amour, il nous rencontre et nous appelle. Notre vocation personnelle provient du fait que nous sommes tous fils et filles de Dieu dans l’Eglise, sa famille, frères et sœurs dans cette charité que Jésus nous a témoignée. Tous, cependant, ont une dignité humaine fondée sur l’appel divin à être enfants de Dieu, à devenir, par le sacrement du baptême et dans la liberté de la foi, ce qu’ils sont depuis toujours dans le cœur de Dieu.
Déjà dans le fait de l’avoir reçue gratuitement, la vie constitue une invitation implicite à entrer dans la dynamique du don de soi: une semence qui, chez les baptisés, prendra une forme mature en tant que réponse d’amour dans le mariage et dans la virginité pour le Règne de Dieu. La vie humaine naît de l’amour de Dieu, grandit dans l’amour et tend vers l’amour. Personne n’est exclu de l’amour de Dieu, et dans le sacrifice du Fils Jésus sur la croix, Dieu a vaincu le péché et la mort (cf. Rm 8, 31-39). Pour Dieu, le mal – même le péché – devient un défi d’aimer et d’aimer toujours plus (cf. Mt 5, 38-48; Lc 23, 33-34). Pour cela, dans le Mystère pascal, la divine miséricorde guérit la blessure originelle de l’humanité et se déverse sur l’univers entier. L’Eglise, sacrement universel de l’amour de Dieu pour le monde, continue dans l’histoire la mission de Jésus et nous envoie partout afin que, à travers notre témoignage de foi et l’annonce de l’Evangile, Dieu manifeste encore son amour et puisse toucher et transformer les cœurs, les esprits, les corps, les sociétés et les cultures en tout lieu et en tout temps.
La mission est une réponse, libre et consciente, à l’appel de Dieu. Mais cet appel, nous ne pouvons le percevoir que lorsque nous vivons une relation personnelle d’amour avec Jésus vivant dans son Eglise. Demandons-nous: sommes-nous prêts à accueillir la présence de l’Esprit Saint dans notre vie, à écouter l’appel à la mission, soit à travers la voie du mariage, soit à travers celle de la virginité consacrée ou du sacerdoce ordonné, et de toute façon dans la vie ordinaire de tous les jours? Sommes-nous disposés à être envoyés partout, pour témoigner de notre foi en Dieu Père miséricordieux, pour proclamer l’Evangile du salut de Jésus Christ, pour partager la vie divine de l’Esprit Saint en édifiant l’Eglise? Comme Marie, la mère de Jésus, sommes-nous prêts à être sans réserve au service de la volonté de Dieu (cf. Lc 1, 38)? Cette disponibilité intérieure est très importante pour répondre à Dieu:Me voici, Seigneur: envoie-moi! (cf. Is 6, 8). Et cela non pas dans l’abstrait, mais dans l’aujourd’hui de l’Eglise et de l’histoire.
Comprendre ce que Dieu est en train de nous dire en ce temps de pandémie devient aussi un défi pour la mission de l’Eglise. La maladie, la souffrance, la peur, l’isolement nous interpellent. La pauvreté de qui meurt seul, de qui est abandonné à lui-même, de qui perd son travail et son salaire, de qui n’a pas de maison et de nourriture nous interroge. Obligés à la distance physique et à rester à la maison, nous sommes invités à redécouvrir que nous avons besoin de relations sociales, et aussi de la relation communautaire avec Dieu. Loin d’augmenter la méfiance et l’indifférence, cette condition devrait nous rendre plus attentifs à notre façon d’entretenir nos relations avec les autres. Et la prière, par laquelle Dieu touche et meut notre cœur, nous ouvre aux besoins d’amour, de dignité et de liberté de nos frères, de même qu’au soin de toute la création. L’impossibilité de nous réunir en tant qu’Eglise pour célébrer l’Eucharistie nous a fait partager la condition de nombreuses communautés chrétiennes qui ne peuvent pas célébrer la Messe chaque dimanche. Dans ce contexte, la question que Dieu pose: «Qui enverrai-je? », nous est adressée de nouveau et attend de nous une réponse généreuse et convaincue: «Me voici: envoie-moi!» (Is 6, 8). Dieu continue de chercher qui envoyer au monde et aux nations pour témoigner de son amour, de son salut du péché et de la mort, de sa libération du mal (cf. Mt 9, 35-38; Lc 10, 1-12).
Célébrer la Journée Missionnaire Mondiale signifie aussi réaffirmer comment la prière, la réflexion et l’aide matérielle de vos offrandes sont une opportunité permettant de participer activement à la mission de Jésus dans son Eglise. La charité, exprimée dans les collectes des célébrations liturgiques du troisième dimanche d’octobre, a pour objectif de soutenir le travail missionnaire accompli en mon nom par les Œuvres Pontificales Missionnaires, pour répondre aux nécessités spirituelles et matérielles des peuples et des Eglises dans le monde entier, pour le salut de tous.
Que la Très Sainte Vierge Marie, Etoile de l’évangélisation et Consolatrice des affligés, disciple missionnaire de son Fils Jésus, continue d’intercéder pour nous et de nous soutenir.
Rome, Saint Jean de Latran, 31 mai 2020, Solennité de la Pentecôte.
FRANÇOIS
[00694-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Here am I, send me (Is 6:8)
Dear Brothers and Sisters,
I wish to express my gratitude to God for the commitment with which the Church throughout the world carried out the Extraordinary Missionary Month last October. I am convinced that it stimulated missionary conversion in many communities on the path indicated by the theme: “Baptized and Sent: the Church of Christ on Mission in the World”.
In this year marked by the suffering and challenges created by the Covid-19 pandemic, the missionary journey of the whole Church continues in light of the words found in the account of the calling of the prophet Isaiah: “Here am I, send me” (6:8). This is the ever new response to the Lord’s question: “Whom shall I send?” (ibid.). This invitation from God’s merciful heart challenges both the Church and humanity as a whole in the current world crisis. “Like the disciples in the Gospel we were caught off guard by an unexpected, turbulent storm. We have realized that we are on the same boat, all of us fragile and disoriented, but at the same time important and needed, all of us called to row together, each of us in need of comforting the other. On this boat… are all of us. Just like those disciples, who spoke anxiously with one voice, saying ‘We are perishing’ (v. 38), so we too have realized that we cannot go on thinking of ourselves, but only together can we do this” (Meditation in Saint Peter’s Square, 27 March 2020). We are indeed frightened, disoriented and afraid. Pain and death make us experience our human frailty, but at the same time remind us of our deep desire for life and liberation from evil. In this context, the call to mission, the invitation to step out of ourselves for love of God and neighbour presents itself as an opportunity for sharing, service and intercessory prayer. The mission that God entrusts to each one of us leads us from fear and introspection to a renewed realization that we find ourselves precisely when we give ourselves to others.
In the sacrifice of the cross, where the mission of Jesus is fully accomplished (cf. Jn 19:28-30), God shows us that his love is for each and every one of us (cf. Jn 19:26-27). He asks us to be personally willing to be sent, because he himself is Love, love that is always “on mission”, always reaching out in order to give life. Out of his love for us, God the Father sent his Son Jesus (cf. Jn 3:16). Jesus is the Father’s Missionary: his life and ministry reveal his total obedience to the Father’s will (cf. Jn 4:34; 6:38; 8:12-30; Heb 10:5-10). Jesus, crucified and risen for us, draws us in turn into his mission of love, and with his Spirit which enlivens the Church, he makes us his disciples and sends us on a mission to the world and to its peoples.
“The mission, the ‘Church on the move’, is not a programme, an enterprise to be carried out by sheer force of will. It is Christ who makes the Church go out of herself. In the mission of evangelization, you move because the Holy Spirit pushes you, and carries you” (Senza di Lui non possiamo fare nulla: Essere missionari oggi nel mondo. Una conversazione con Gianni Valente, Libreria Editrice Vaticana: San Paolo, 2019, 16-17). God always loves us first and with this love comes to us and calls us. Our personal vocation comes from the fact that we are sons and daughters of God in the Church, his family, brothers and sisters in that love that Jesus has shown us. All, however, have a human dignity founded on the divine invitation to be children of God and to become, in the sacrament of Baptism and in the freedom of faith, what they have always been in the heart of God.
Life itself, as a gift freely received, is implicitly an invitation to this gift of self: it is a seed which, in the baptized, will blossom as a response of love in marriage or in virginity for the kingdom of God. Human life is born of the love of God, grows in love and tends towards love. No one is excluded from the love of God, and in the holy sacrifice of Jesus his Son on the cross, God conquered sin and death (cf. Rom8:31-39). For God, evil – even sin – becomes a challenge to respond with even greater love (cf. Mt 5:38-48; Lk 22:33-34). In the Paschal Mystery, divine mercy heals our wounded humanity and is poured out upon the whole universe. The Church, the universal sacrament of God’s love for the world, continues the mission of Jesus in history and sends us everywhere so that, through our witness of faith and the proclamation of the Gospel, God may continue to manifest his love and in this way touch and transform hearts, minds, bodies, societies and cultures in every place and time.
Mission is a free and conscious response to God’s call. Yet we discern this call only when we have a personal relationship of love with Jesus present in his Church. Let us ask ourselves: are we prepared to welcome the presence of the Holy Spirit in our lives, to listen to the call to mission, whether in our life as married couples or as consecrated persons or those called to the ordained ministry, and in all the everyday events of life? Are we willing to be sent forth at any time or place to witness to our faith in God the merciful Father, to proclaim the Gospel of salvation in Jesus Christ, to share the divine life of the Holy Spirit by building up the Church? Are we, like Mary, the Mother of Jesus, ready to be completely at the service of God’s will (cf. Lk 1:38)? This interior openness is essential if we are to say to God: “Here am I, Lord, send me” (cf. Is 6:8). And this, not in the abstract, but in this chapter of the life of the Church and of history.
Understanding what God is saying to us at this time of pandemic also represents a challenge for the Church’s mission. Illness, suffering, fear and isolation challenge us. The poverty of those who die alone, the abandoned, those who have lost their jobs and income, the homeless and those who lack food challenge us. Being forced to observe social distancing and to stay at home invites us to rediscover that we need social relationships as well as our communal relationship with God. Far from increasing mistrust and indifference, this situation should make us even more attentive to our way of relating to others. And prayer, in which God touches and moves our hearts, should make us ever more open to the need of our brothers and sisters for dignity and freedom, as well as our responsibility to care for all creation. The impossibility of gathering as a Church to celebrate the Eucharist has led us to share the experience of the many Christian communities that cannot celebrate Mass every Sunday. In all of this, God’s question: “Whom shall I send?” is addressed once more to us and awaits a generous and convincing response: “Here am I, send me!” (Is 6:8). God continues to look for those whom he can send forth into the world and to the nations to bear witness to his love, his deliverance from sin and death, his liberation from evil (cf. Mt 9:35-38; Lk 10:1-12).
The celebration of World Mission Day is also an occasion for reaffirming how prayer, reflection and the material help of your offerings are so many opportunities to participate actively in the mission of Jesus in his Church. The charity expressed in the collections that take place during the liturgical celebrations of the third Sunday of October is aimed at supporting the missionary work carried out in my name by the Pontifical Mission Societies, in order to meet the spiritual and material needs of peoples and Churches throughout the world, for the salvation of all.
May the Most Blessed Virgin Mary, Star of Evangelization and Comforter of the Afflicted, missionary disciple of her Son Jesus, continue to intercede for us and sustain us.
Rome, Saint John Lateran, 31 May 2020, Solemnity of Pentecost
FRANCIS
[00694-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
„Hier bin ich, sende mich“ (Jes 6,8)
Liebe Brüder und Schwestern,
für den Einsatz, mit dem der vergangene Oktober, der außerordentliche Missionsmonat, in der gesamten Kirche begangen wurde, möchte ich Gott danken. Ich bin überzeugt, dass dieser dazu beigetragen hat, viele Gemeinschaften auf dem Weg, der durch das Thema „Getauft und gesandt: die Kirche Christi auf Mission in der Welt“ vorgezeichnet war, zur missionarischen Neuausrichtung zu bewegen.
Wenn das aktuelle Jahr auch von den durch die Covid-19 Pandemie verursachten Leiden und Herausforderungen gekennzeichnet ist, so setzt sich doch der missionarische Weg der gesamten Kirche im Lichte jenes Wortes fort, das wir in der Erzählung der Berufung des Propheten Jesaja finden: »Hier bin ich, sende mich« (Jes 6,8). Es ist die immer neue Antwort auf die Frage des Herrn: »Wen soll ich senden?« (ebd.). Dieser Ruf kommt aus dem Herzen Gottes, aus seiner Barmherzigkeit, der in der gegenwärtigen weltweiten Krise sowohl an die Kirche als auch an die Menschheit ergeht. »Wie die Jünger des Evangeliums wurden wir von einem unerwarteten heftigen Sturm überrascht. Uns wurde klar, dass wir alle im selben Boot sitzen, alle schwach und orientierungslos sind, aber zugleich wichtig und notwendig, denn alle sind wir dazu aufgerufen, gemeinsam zu rudern, alle müssen wir uns gegenseitig beistehen. Auf diesem Boot ... befinden wir uns alle. Wie die Jünger, die wie aus einem Munde angsterfüllt rufen: „Wir gehen zugrunde“ (vgl. V. 38), so haben auch wir erkannt, dass wir nicht jeder für sich, sondern nur gemeinsam vorankommen« (Betrachtung auf dem Petersplatz, 27. März 2020). Wir sind wirklich erschrocken, orientierungslos und verängstigt. Der Schmerz und der Tod lassen uns unsere menschliche Zerbrechlichkeit erfahren; aber zugleich nehmen wir alle in uns eine starke Sehnsucht nach Leben und Befreiung vom Übel wahr. In diesem Zusammenhang stellt sich der Ruf zur Mission – die Einladung, um der Liebe zu Gott und zum Nächsten willen aus sich selbst hinauszugehen – als Gelegenheit des Teilens, des Dienens, der Fürbitte dar. Die Mission, die Gott jedem anvertraut, führt von einem ängstlichen und verschlossenen zu einem wiedergefundenen und durch die Selbsthingabe erneuerten Ich.
Im Kreuzesopfer, in dem sich die Sendung Jesu erfüllt (vgl. Joh 19,28-30), offenbart uns Gott, dass seine Liebe jedem und allen gilt (vgl. Joh 19,26-27). Und er bittet uns um die persönliche Sendungsbereitschaft, weil er die Liebe ist, die in beständiger Missionsbewegung immer aus sich herausgeht, um Leben zu geben. Aus Liebe zu den Menschen hat Gott Vater den Sohn Jesus gesandt (vgl. Joh 3,16). Jesus ist der Missionar des Vaters: Seine Person und sein Werk sind gänzlicher Gehorsam zum dem Willen des Vaters (vgl. Joh 4,34; 6,38; 8,12-30; Hebr 10,5-10). Seinerseits zieht uns der für uns gekreuzigte und auferstandene Jesus in seine Liebesbewegung hinein, mit eben seinem Geist, der die Kirche beseelt; er macht uns zu Jüngern Christi und sendet uns auf Mission in die Welt und zu den Völkern.
»Die Mission und „die Kirche im Aufbruch“ sind nicht ein Programm, ein Vorhaben, das durch Willensanstrengung zu verwirklichen ist. Christus lässt die Kirche aufbrechen. Du bewegst dich in der Mission der Verkündigung des Evangeliums, weil der Geist dich antreibt und führt« (Vgl. Senza di Lui non possiamo far nulla, Città del Vaticano 2019, 16f). Gott liebt uns immer als Erster und mit dieser Liebe begegnet er uns und ruft uns. Unsere persönliche Berufung rührt daher, dass wir Söhne und Töchter Gottes in der Kirche sind, seine Familie, Brüder und Schwestern in jener Liebe, die Jesus uns bezeugt hat. Alle aber haben eine menschliche Würde, die auf dem göttlichen Ruf gründet, Kinder Gottes zu sein, im Sakrament der Taufe und der Freiheit des Glaubens das zu werden, was sie von je her im Herzen Gottes sind.
Schon die Tatsache des ohne unser eigenes Zutun empfangenen Lebens stellt eine implizite Einladung dar, in die Dynamik der Selbsthingabe einzutreten: In die Getauften wird ein Same gelegt, der als Liebesantwort reife Gestalt in der Ehe oder der Jungfräulichkeit um des Himmelreiches willen annehmen wird. Das menschliche Leben entspringt der Liebe Gottes, es wächst in der Liebe und strebt zur Liebe hin. Niemand ist von der Liebe Gottes ausgeschlossen und im heiligen Opfer des Sohnes Jesu am Kreuz hat Gott die Sünde und den Tod besiegt (vgl. Röm 8,31-39). Für Gott wird das Böse, ja sogar die Sünde, zu einer Herausforderung, zu lieben und immer mehr zu lieben (vgl. Mt 5,38-48; Lk 23,33-34). Daher heilt die göttliche Barmherzigkeit im Paschamysterium die Urwunde der Menschheit und ergießt sich über das ganze Universum. Die Kirche als universales Sakrament der Liebe Gottes für die Welt setzt die Mission Jesu in der Geschichte fort und sendet uns überallhin aus, auf dass durch unser Glaubenszeugnis und die Verkündigung des Evangeliums Gott noch einmal seine Liebe kundtue und Herz, Verstand und Körper aller Menschen sowie die Gesellschaften und Kulturen überall und zu jeder Zeit berühren und verwandeln möge.
Die Mission ist die freie und bewusste Antwort auf den Ruf Gottes. Aber diesen Ruf können wir nur wahrnehmen, wenn wir eine persönliche Liebesbeziehung mit Jesus pflegen, der in der Kirche lebendig ist. Fragen wir uns: Sind wir bereit, die Gegenwart des Heiligen Geistes in unserem Leben anzunehmen? Sind wir bereit, den Ruf zur Mission zu vernehmen, sowohl im Eheleben als auch auf dem Weg der gottgeweihten Keuschheit oder des Weihepriestertums und überhaupt im gewöhnlichen alltäglichen Leben? Sind wir bereit, überallhin ausgesandt zu werden, um unseren Glauben an Gott, den barmherzigen Vater, zu bezeugen, um das Evangelium des Heils Jesu Christi zu verkünden, um am göttlichen Leben des Heiligen Geistes teilzuhaben und so die Kirche aufzubauen? Sind wir bereit, wie Maria, die Mutter Jesu, vorbehaltlos dem Willen Gottes zu dienen (vgl. Lk 1,38)? Diese innere Bereitschaft ist sehr wichtig, um Gott antworten zu können: „Hier bin ich, Herr, sende mich“ (Jes 6,8). Und dies nicht in einer abstrakten Vorstellung, sondern im Heute der Kirche und der Geschichte.
Verstehen, was Gott uns in diesen Zeiten der Pandemie sagen will, wird zu einer Herausforderung auch für die Mission der Kirche. Die Krankheit, das Leiden, die Angst, die Isolation richten Anfragen an uns. Die Armut desjenigen, der allein stirbt, der sich selbst überlassen ist, der die Arbeit und den Lohn verliert, der kein zu Hause und nichts zu essen hat, werfen Fragen auf. Gerade weil wir dazu verpflichtet sind, körperlichen Abstand zu halten und zu Hause zu bleiben, sind wir eingeladen wiederzuentdecken, dass wir der sozialen Beziehungen bedürfen und auch der gemeinschaftlichen Beziehung zu Gott. Fernab davon, das Misstrauen und die Gleichgültigkeit zu mehren, sollte dieser Zustand uns aufmerksamer für unsere Art und Weise machen, mit den anderen in Beziehung zu treten. Und das Gebet, in dem Gott unser Herz berührt und bewegt, öffnet uns für die Bedürfnisse der Liebe, der Würde, der Freiheit unserer Brüder wie auch für die Sorge um die ganze Schöpfung. Die Unmöglichkeit, uns als Kirche zu versammeln, um die Eucharistie zu feiern, hat uns die Lage vieler christlicher Gemeinschaften teilen lassen, die die Messe nicht jeden Sonntag feiern können. In diesem Zusammenhang wird die Frage, die Gott uns stellt, „Wen soll ich senden?“, erneut an uns gerichtet und erwartet von uns eine neue großzügige und überzeugte Antwort: „Hier bin ich, sende mich“ (Jes 6,8). Gott fährt in der Suche fort, wen er in die Welt und zu den Völkern senden kann, um seine Liebe, seine Errettung von Sünde und Tod, seine Befreiung vom Bösen zu bezeugen (vgl. Mt 9,35-38; Lk 10,1-12).
Den Weltmissionstag zu begehen, bedeutet auch zu bekräftigen, wie das Gebet, das Nachdenken und die materielle Hilfe eurer Spenden eine Gelegenheit darstellen, um aktiv an der Mission Jesu in seiner Kirche teilzunehmen. Die Nächstenliebe, die in den Kollekten der liturgischen Feiern des dritten Sonntags im Oktober zum Ausdruck gebracht wird, hat den Zweck, die in meinem Namen geleistete missionarische Arbeit der Päpstlichen Missionswerke zu unterstützen, um den geistlichen und materiellen Bedürfnissen der Völker und der Kirchen auf der ganzen Welt zum Heile aller nachzukommen.
Die allerseligste Jungfrau Maria, Stern der Evangelisierung und Trösterin der Betrübten, missionarische Jüngerin ihres eigenen Sohnes Jesus, möge weiterhin für uns Fürsprache einlegen und uns beistehen.
Rom, St. Johannes im Lateran, am 31. Mai 2020, dem Hochfest Pfingsten.
FRANZISKUS
[00694-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
«Aquí estoy, mándame» (Is 6,8)
Queridos hermanos y hermanas:
Doy gracias a Dios por la dedicación con que se vivió en toda la Iglesia el Mes Misionero Extraordinario durante el pasado mes de octubre. Estoy seguro de que contribuyó a estimular la conversión misionera de muchas comunidades, a través del camino indicado por el tema: “Bautizados y enviados: la Iglesia de Cristo en misión en el mundo”.
En este año, marcado por los sufrimientos y desafíos causados por la pandemia del covid-19, este camino misionero de toda la Iglesia continúa a la luz de la palabra que encontramos en el relato de la vocación del profeta Isaías: «Aquí estoy, mándame» (Is 6,8). Es la respuesta siempre nueva a la pregunta del Señor: «¿A quién enviaré?» (ibíd.). Esta llamada viene del corazón de Dios, de su misericordia que interpela tanto a la Iglesia como a la humanidad en la actual crisis mundial. «Al igual que a los discípulos del Evangelio, nos sorprendió una tormenta inesperada y furiosa. Nos dimos cuenta de que estábamos en la misma barca, todos frágiles y desorientados; pero, al mismo tiempo, importantes y necesarios, todos llamados a remar juntos, todos necesitados de confortarnos mutuamente. En esta barca, estamos todos. Como esos discípulos, que hablan con una única voz y con angustia dicen: “perecemos” (cf. v. 38), también nosotros descubrimos que no podemos seguir cada uno por nuestra cuenta, sino sólo juntos» (Meditación en la Plaza San Pedro, 27 marzo 2020). Estamos realmente asustados, desorientados y atemorizados. El dolor y la muerte nos hacen experimentar nuestra fragilidad humana; pero al mismo tiempo todos somos conscientes de que compartimos un fuerte deseo de vida y de liberación del mal. En este contexto, la llamada a la misión, la invitación a salir de nosotros mismos por amor de Dios y del prójimo se presenta como una oportunidad para compartir, servir e interceder. La misión que Dios nos confía a cada uno nos hace pasar del yo temeroso y encerrado al yo reencontrado y renovado por el don de sí mismo.
En el sacrificio de la cruz, donde se cumple la misión de Jesús (cf. Jn 19,28-30), Dios revela que su amor es para todos y cada uno de nosotros (cf. Jn 19,26-27). Y nos pide nuestra disponibilidad personal para ser enviados, porque Él es Amor en un movimiento perenne de misión, siempre saliendo de sí mismo para dar vida. Por amor a los hombres, Dios Padre envió a su Hijo Jesús (cf. Jn 3,16). Jesús es el Misionero del Padre: su Persona y su obra están en total obediencia a la voluntad del Padre (cf. Jn 4,34; 6,38; 8,12-30; Hb 10,5-10). A su vez, Jesús, crucificado y resucitado por nosotros, nos atrae en su movimiento de amor; con su propio Espíritu, que anima a la Iglesia, nos hace discípulos de Cristo y nos envía en misión al mundo y a todos los pueblos.
«La misión, la “Iglesia en salida” no es un programa, una intención que se logra mediante un esfuerzo de voluntad. Es Cristo quien saca a la Iglesia de sí misma. En la misión de anunciar el Evangelio, te mueves porque el Espíritu te empuja y te trae» (Sin Él no podemos hacer nada, LEV-San Pablo, 2019, 16-17). Dios siempre nos ama primero y con este amor nos encuentra y nos llama. Nuestra vocación personal viene del hecho de que somos hijos e hijas de Dios en la Iglesia, su familia, hermanos y hermanas en esa caridad que Jesús nos testimonia. Sin embargo, todos tienen una dignidad humana fundada en la llamada divina a ser hijos de Dios, para convertirse por medio del sacramento del bautismo y por la libertad de la fe en lo que son desde siempre en el corazón de Dios.
Haber recibido gratuitamente la vida constituye ya una invitación implícita a entrar en la dinámica de la entrega de sí mismo: una semilla que madurará en los bautizados, como respuesta de amor en el matrimonio y en la virginidad por el Reino de Dios. La vida humana nace del amor de Dios, crece en el amor y tiende hacia el amor. Nadie está excluido del amor de Dios, y en el santo sacrificio de Jesús, el Hijo en la cruz, Dios venció el pecado y la muerte (cf. Rm 8,31-39). Para Dios, el mal —incluso el pecado— se convierte en un desafío para amar y amar cada vez más (cf. Mt 5,38-48; Lc 23,33-34). Por ello, en el misterio pascual, la misericordia divina cura la herida original de la humanidad y se derrama sobre todo el universo. La Iglesia, sacramento universal del amor de Dios para el mundo, continúa la misión de Jesús en la historia y nos envía por doquier para que, a través de nuestro testimonio de fe y el anuncio del Evangelio, Dios siga manifestando su amor y pueda tocar y transformar corazones, mentes, cuerpos, sociedades y culturas, en todo lugar y tiempo.
La misión es una respuesta libre y consciente a la llamada de Dios, pero podemos percibirla sólo cuando vivimos una relación personal de amor con Jesús vivo en su Iglesia. Preguntémonos: ¿Estamos listos para recibir la presencia del Espíritu Santo en nuestra vida, para escuchar la llamada a la misión, tanto en la vía del matrimonio como de la virginidad consagrada o del sacerdocio ordenado, como también en la vida ordinaria de todos los días? ¿Estamos dispuestos a ser enviados a cualquier lugar para dar testimonio de nuestra fe en Dios, Padre misericordioso, para proclamar el Evangelio de salvación de Jesucristo, para compartir la vida divina del Espíritu Santo en la edificación de la Iglesia? ¿Estamos prontos, como María, Madre de Jesús, para ponernos al servicio de la voluntad de Dios sin condiciones (cf. Lc 1,38)? Esta disponibilidad interior es muy importante para poder responder a Dios: “Aquí estoy, Señor, mándame” (cf. Is 6,8). Y todo esto no en abstracto, sino en el hoy de la Iglesia y de la historia.
Comprender lo que Dios nos está diciendo en estos tiempos de pandemia también se convierte en un desafío para la misión de la Iglesia. La enfermedad, el sufrimiento, el miedo, el aislamiento nos interpelan. Nos cuestiona la pobreza de los que mueren solos, de los desahuciados, de los que pierden sus empleos y salarios, de los que no tienen hogar ni comida. Ahora, que tenemos la obligación de mantener la distancia física y de permanecer en casa, estamos invitados a redescubrir que necesitamos relaciones sociales, y también la relación comunitaria con Dios. Lejos de aumentar la desconfianza y la indiferencia, esta condición debería hacernos más atentos a nuestra forma de relacionarnos con los demás. Y la oración, mediante la cual Dios toca y mueve nuestro corazón, nos abre a las necesidades de amor, dignidad y libertad de nuestros hermanos, así como al cuidado de toda la creación. La imposibilidad de reunirnos como Iglesia para celebrar la Eucaristía nos ha hecho compartir la condición de muchas comunidades cristianas que no pueden celebrar la Misa cada domingo. En este contexto, la pregunta que Dios hace: «¿A quién voy a enviar?», se renueva y espera nuestra respuesta generosa y convencida: «¡Aquí estoy, mándame!» (Is 6,8). Dios continúa buscando a quién enviar al mundo y a cada pueblo, para testimoniar su amor, su salvación del pecado y la muerte, su liberación del mal (cf. Mt 9,35-38; Lc 10,1-12).
La celebración la Jornada Mundial de la Misión también significa reafirmar cómo la oración, la reflexión y la ayuda material de sus ofrendas son oportunidades para participar activamente en la misión de Jesús en su Iglesia. La caridad, que se expresa en la colecta de las celebraciones litúrgicas del tercer domingo de octubre, tiene como objetivo apoyar la tarea misionera realizada en mi nombre por las Obras Misionales Pontificias, para hacer frente a las necesidades espirituales y materiales de los pueblos y las iglesias del mundo entero y para la salvación de todos.
Que la Bienaventurada Virgen María, Estrella de la evangelización y Consuelo de los afligidos, Discípula misionera de su Hijo Jesús, continúe intercediendo por nosotros y sosteniéndonos.
Roma, San Juan de Letrán, 31 de mayo de 2020, Solemnidad de Pentecostés.
FRANCISCO
[00694-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
«Eis-me aqui, envia-me» (Is 6, 8)
Queridos irmãos e irmãs!
Desejo manifestar a minha gratidão a Deus pelo empenho com que, em outubro passado, foi vivido o Mês Missionário Extraordinário em toda a Igreja. Estou convencido de que isso contribuiu para estimular a conversão missionária em muitas comunidades pela senda indicada no tema «Batizados e enviados: a Igreja de Cristo em missão no mundo».
Neste ano, marcado pelas tribulações e desafios causados pela pandemia do covid-19, este caminho missionário de toda a Igreja continua à luz da palavra que encontramos na narração da vocação do profeta Isaías: «Eis-me aqui, envia-me» (Is 6, 8). É a resposta, sempre nova, à pergunta do Senhor: «Quem enviarei?» (Ibid.). Esta chamada provém do coração de Deus, da sua misericórdia, que interpela quer a Igreja quer a humanidade na crise mundial atual. «À semelhança dos discípulos do Evangelho, fomos surpreendidos por uma tempestade inesperada e furibunda. Demo-nos conta de estar no mesmo barco, todos frágeis e desorientados mas, ao mesmo tempo, importantes e necessários: todos chamados a remar juntos, todos carecidos de mútuo encorajamento. E, neste barco, estamos todos. Tal como os discípulos que, falando a uma só voz, dizem angustiados “vamos perecer” (cf. Mc 4, 38), assim também nós nos apercebemos de que não podemos continuar estrada cada qual por conta própria, mas só o conseguiremos juntos» (Francisco, Meditação na Praça de São Pedro, 27/III/2020). Estamos verdadeiramente assustados, desorientados e temerosos. O sofrimento e a morte fazem-nos experimentar a nossa fragilidade humana; mas, ao mesmo tempo, todos nos reconhecemos participantes dum forte desejo de vida e de libertação do mal. Neste contexto, a chamada à missão, o convite a sair de si mesmo por amor de Deus e do próximo aparece como oportunidade de partilha, serviço, intercessão. A missão que Deus confia a cada um faz passar do «eu» medroso e fechado ao «eu» resoluto e renovado pelo dom de si.
No sacrifício da cruz, onde se realiza a missão de Jesus (cf. Jo 19, 28-30), Deus revela que o seu amor é por todos e cada um (cf. Jo 19, 26-27). E pede-nos a nossa disponibilidade pessoal para ser enviados, porque Ele é Amor em perene movimento de missão, sempre em saída de Si mesmo para dar vida. Por amor dos homens, Deus Pai enviou o Filho Jesus (cf. Jo 3, 16). Jesus é o Missionário do Pai: a sua Pessoa e a sua obra são, inteiramente, obediência à vontade do Pai (cf. Jo 4, 34; 6, 38; 8, 12-30; Heb 10, 5-10). Por sua vez, Jesus – crucificado e ressuscitado por nós –, no seu movimento de amor atrai-nos com o seu próprio Espírito, que anima a Igreja, torna-nos discípulos de Cristo e envia-nos em missão ao mundo e às nações.
«A missão, a “Igreja em saída” não é um programa, um intuito concretizável por um esforço de vontade. É Cristo que faz sair a Igreja de si mesma. Na missão de anunciar o Evangelho, moves-te porque o Espírito te impele e conduz» (Francisco, Sem Ele nada podemos fazer, 2019, 16-17). Deus é sempre o primeiro a amar-nos e, com este amor, vem ao nosso encontro e chama-nos. A nossa vocação pessoal provém do facto de sermos filhos e filhas de Deus na Igreja, sua família, irmãos e irmãs naquela caridade que Jesus nos testemunhou. Mas, todos têm uma dignidade humana fundada na vocação divina a ser filhos de Deus, a tornar-se, no sacramento do Batismo e na liberdade da fé, aquilo que são desde sempre no coração de Deus.
Já o facto de ter recebido gratuitamente a vida constitui um convite implícito para entrar na dinâmica do dom de si mesmo: uma semente que, nos batizados, ganhará forma madura como resposta de amor no matrimónio e na virgindade pelo Reino de Deus. A vida humana nasce do amor de Deus, cresce no amor e tende para o amor. Ninguém está excluído do amor de Deus e, no santo sacrifício de seu Filho Jesus na cruz, Deus venceu o pecado e a morte (cf. Rom 8, 31-39). Para Deus, o mal – incluindo o próprio pecado – torna-se um desafio para amar, e amar cada vez mais (cf. Mt 5, 38-48; Lc 23, 33-34). Por isso, no Mistério Pascal, a misericórdia divina cura a ferida primordial da humanidade e derrama-se sobre o universo inteiro. A Igreja, sacramento universal do amor de Deus pelo mundo, prolonga na história a missão de Jesus e envia-nos por toda a parte para que, através do nosso testemunho da fé e do anúncio do Evangelho, Deus continue a manifestar o seu amor e possa tocar e transformar corações, mentes, corpos, sociedades e culturas em todo o tempo e lugar.
A missão é resposta, livre e consciente, à chamada de Deus. Mas esta chamada só a podemos sentir, quando vivemos numa relação pessoal de amor com Jesus vivo na sua Igreja. Perguntemo-nos: estamos prontos a acolher a presença do Espírito Santo na nossa vida, a ouvir a chamada à missão quer no caminho do matrimónio, quer no da virgindade consagrada ou do sacerdócio ordenado e, em todo o caso, na vida comum de todos os dias? Estamos dispostos a ser enviados para qualquer lugar a fim de testemunhar a nossa fé em Deus Pai misericordioso, proclamar o Evangelho da salvação de Jesus Cristo, partilhar a vida divina do Espírito Santo edificando a Igreja? Como Maria, a Mãe de Jesus, estamos prontos a permanecer sem reservas ao serviço da vontade de Deus (cf. Lc 1, 38)? Esta disponibilidade interior é muito importante para se conseguir responder a Deus: Eis-me aqui, Senhor, envia-me (cf. Is 6, 8). E isto respondido não em abstrato, mas no hoje da Igreja e da história.
A compreensão daquilo que Deus nos está a dizer nestes tempos de pandemia torna-se um desafio também para a missão da Igreja. Desafia-nos a doença, a tribulação, o medo, o isolamento. Interpela-nos a pobreza de quem morre sozinho, de quem está abandonado a si mesmo, de quem perde o emprego e o salário, de quem não tem abrigo e comida. Obrigados à distância física e a permanecer em casa, somos convidados a redescobrir que precisamos das relações sociais e também da relação comunitária com Deus. Longe de aumentar a desconfiança e a indiferença, esta condição deveria tornar-nos mais atentos à nossa maneira de nos relacionarmos com os outros. E a oração, na qual Deus toca e move o nosso coração, abre-nos às carências de amor, dignidade e liberdade dos nossos irmãos, bem como ao cuidado por toda a criação. A impossibilidade de nos reunirmos como Igreja para celebrar a Eucaristia fez-nos partilhar a condição de muitas comunidades cristãs que não podem celebrar a Missa todos os domingos. Neste contexto, é-nos dirigida novamente a pergunta de Deus – «quem enviarei?» – e aguarda, de nós, uma resposta generosa e convicta: «Eis-me aqui, envia-me» (Is 6, 8). Deus continua a procurar pessoas para enviar ao mundo e às nações, a fim de testemunhar o seu amor, a sua salvação do pecado e da morte, a sua libertação do mal (cf. Mt 9, 35-38; Lc 10, 1-11).
Celebrar o Dia Mundial das Missões significa também reiterar que a oração, a reflexão e a ajuda material das vossas ofertas são oportunidades para participar ativamente na missão de Jesus na sua Igreja. A caridade manifestada nas coletas das celebrações litúrgicas do terceiro domingo de outubro tem por objetivo sustentar o trabalho missionário, realizado em meu nome pelas Obras Missionárias Pontifícias, que acodem às necessidades espirituais e materiais dos povos e das Igrejas de todo o mundo para a salvação de todos.
A Santíssima Virgem Maria, Estrela da Evangelização e Consoladora dos Aflitos, discípula missionária do seu Filho Jesus, continue a amparar-nos e a interceder por nós.
Roma, em São João de Latrão, na Solenidade de Pentecostes, 31 de maio de 2020.
FRANCISCO
[00694-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
„Oto ja, poślij mnie!” (Iz 6,8)
Drodzy bracia i siostry,
Pragnę wyrazić wdzięczność Bogu za zaangażowanie, z jakim przeżywany był w całym Kościele, w październiku ubiegłego roku, Nadzwyczajny Miesiąc Misyjny. Jestem przekonany, że przyczynił się on do pobudzenia nawrócenia misyjnego w wielu wspólnotach, na drodze wskazanej przez temat: „Ochrzczeni i posłani: Kościół Chrystusa w misji na świecie”.
W tym roku, naznaczonym cierpieniami i wyzwaniami spowodowanymi przez pandemię Covid 19, to misyjne pielgrzymowanie całego Kościoła trwa nadal w świetle słowa, które znajdujemy w opisie powołania proroka Izajasza: „Oto ja, poślij mnie!” (Iz 6, 8). Jest to nieustannie nowa odpowiedź na pytanie Pana: „Kogo mam posłać?” (tamże). To powołanie pochodzi z serca Boga, z Jego miłosierdzia, które rzuca wyzwanie zarówno Kościołowi, jak i ludzkości w obecnym kryzysie światowym. „Podobnie, jak uczniów z Ewangelii, ogarnęła nas niespodziewana i gwałtowna burza. Uświadomiliśmy sobie, że jesteśmy w tej samej łodzi, wszyscy słabi i zdezorientowani, ale jednocześnie ważni, wszyscy wezwani do wiosłowania razem, wszyscy potrzebujący, by pocieszać się nawzajem. Na tej łodzi... jesteśmy wszyscy. Tak jak ci uczniowie, którzy mówią jednym głosem i wołają w udręce: „giniemy” (w. 38), tak i my zdaliśmy sobie sprawę, że nie możemy iść naprzód każdy na własną rękę, ale jedynie razem” (Rozważanie na Placu św. Piotra, 27 marca 2020 r.). Jesteśmy naprawdę zaskoczeni, zdezorientowani i przestraszeni. Cierpienie i śmierć sprawiają, że doświadczamy naszej ludzkiej kruchości; ale jednocześnie wszyscy dostrzegamy silne pragnienie życia i wyzwolenia od zła. W tym kontekście, powołanie do misji, zaproszenie do wyjścia ze swoich ograniczeń ze wzglądu na miłość Boga i bliźniego jawi się jako szansa dzielenia się, służby, wstawiennictwa. Misja, którą Bóg powierza każdemu z nas, sprawia, że przechodzimy od bojaźliwego i zamkniętego „ja” do „ja” odnalezionego i odnowionego przez dar z siebie.
W ofierze krzyżowej, w której wypełnia się misja Jezusa (por. J 19, 28-30), Bóg objawia, że Jego miłość jest dla każdego i dla wszystkich (por. J 19, 26-27). I prosi nas o naszą osobistą gotowość do bycia posłanymi, ponieważ On jest Miłością w odwiecznej dynamice misyjnej, zawsze wychodzącej poza siebie samego, aby dać życie. Z miłości do człowieka, Bóg Ojciec posłał swego Syna Jezusa (por. J 3, 16). Jezus jest misjonarzem Ojca: Jego Osoba i Jego dzieło jest całkowitym posłuszeństwem woli Ojca (por. J 4, 34; 6, 38; 8, 12-30; Hbr 10, 5-10). Z kolei Jezus, dla nas ukrzyżowany i zmartwychwstały, pociąga nas w swojej dynamice miłości swoim Duchem, ożywiającym Kościół, który czyni nas uczniami Chrystusa i posyła nas na misje do świata i do narodów.
„Misja, «Kościół wychodzący» nie jest programem, zamiarem, który należy zrealizować wysiłkiem woli. To Chrystus sprawia, że Kościół wychodzi ze swoich ograniczeń. W misji głoszenia Ewangelii wyruszasz, ponieważ Duch cię pobudza i niesie” (Senza di Lui non possiamo far nulla, LEV - San Paolo, 2019, 16-17). Bóg zawsze miłuje jako pierwszy i z tą miłością nas spotyka i nas powołuje. Nasze osobiste powołanie wynika z faktu, że jesteśmy synami i córkami Boga w Kościele, będącym Jego rodziną, braćmi i siostrami w tej miłości, której świadectwo dał nam Jezus. Wszyscy jednak mają ludzką godność opartą na Bożym powołaniu, aby byli dziećmi Bożymi, i by stawali się w sakramencie chrztu i w wolności wiary tym, czym są od zawsze w sercu Boga.
Już fakt, że otrzymaliśmy darmo życie, stanowi domyślne zaproszenie do wejścia w dynamikę daru z siebie: ziarno, które w ochrzczonych nabierze dojrzałej formy jako odpowiedź na miłość w małżeństwie i dziewictwie dla królestwa Bożego. Życie ludzkie rodzi się z miłości Boga, wzrasta w miłości i dąży ku miłości. Nikt nie jest wykluczony z miłości Boga, a w świętej ofierze Jezusa Syna na krzyżu Bóg zwyciężył grzech i śmierć (por. Rz 8, 31-39). Dla Boga zło - a nawet grzech - staje się wyzwaniem, by kochać i to kochać coraz bardziej (por. Mt 5, 38-48; Łk 23, 33-34). Dlatego w tajemnicy paschalnej Boże miłosierdzie leczy pierwotną ranę ludzkości i wylewa się na cały wszechświat. Kościół - powszechny sakrament miłości Boga do świata - kontynuuje w dziejach misję Jezusa i posyła nas wszędzie, aby przez nasze świadectwo wiary i głoszenie Ewangelii Bóg mógł ponownie ukazać swoją miłość oraz dotknąć i przemienić serca, umysły, ciała, społeczeństwa i kultury w każdym miejscu i czasie.
Misja jest wolną i świadomą odpowiedzią na powołanie Boga. Ale to powołanie możemy dostrzec tylko wtedy, gdy przeżywamy osobistą relację miłości z Jezusem żyjącym w swoim Kościele. Zadajmy sobie pytanie: czy jesteśmy gotowi na przyjęcie obecności Ducha Świętego w naszym życiu, do usłyszenia powołania na misję, czy to na drodze małżeństwa, czy też na drodze dziewictwa konsekrowanego lub święceń kapłańskich, a w każdym razie w zwykłym powszednim życiu? Czy jesteśmy gotowi, aby być posłanymi wszędzie, żeby świadczyć o naszej wierze w Boga, Miłosiernego Ojca, aby głosić Ewangelię zbawienia Jezusa Chrystusa, aby mieć udział w Bożym życiu Ducha Świętego budując Kościół? Czy podobnie jak Maryja, Matka Jezusa, jesteśmy gotowi bez zastrzeżeń służyć woli Bożej (por. Łk 1, 38)? Ta wewnętrzna dyspozycyjność jest bardzo ważna, aby móc odpowiedzieć Bogu: „Oto ja, poślij mnie!” (Iz 6, 8). I to nie w sposób abstrakcyjny, ale w dniu dzisiejszym Kościoła i historii.
Zrozumienie tego, co Bóg nam mówi w tych czasach pandemii, staje się wyzwaniem także dla misji Kościoła. Choroba, cierpienie, strach i izolacja wzywają nas do zadawania sobie pytań. Ubóstwo osób umierających samotnie, tych, którzy są pozostawieni sami sobie, tracących pracę i płacę, tych, którzy nie mają domu i pożywienia, każe się nam zastanowić. Zmuszeni do dystansu fizycznego i do pozostawania w domu, jesteśmy zaproszeni do ponownego odkrycia, że potrzebujemy relacji społecznych, a także wspólnotowej relacji z Bogiem. Sytuacja ta, nie powiększając naszej nieufności i obojętności, powinna skłonić nas do zwrócenia większej uwagi na nasz sposób odnoszenia się do innych. A modlitwa, w której Bóg dotyka i porusza nasze serca, otwiera nas na potrzebę miłości, godności i wolności naszych braci, a także na troskę o całe stworzenie. Niemożność gromadzenia się jako Kościół w celu sprawowania Eucharystii sprawia, że mamy udział w sytuacji wielu wspólnot chrześcijańskich, które nie mogą odprawiać Mszy św. w każdą niedzielę. W tym kontekście jest do nas ponownie skierowane pytanie, które zadaje nam Bóg: „Kogo mam posłać?”, i oczekuje On od nas wielkodusznej i stanowczej odpowiedzi: „Oto ja, poślij mnie!” (Iz 6, 8). Bóg wciąż szuka, kogo mógłby posłać na świat i do narodów, aby dawać świadectwo o Jego miłości, o Jego zbawieniu od grzechu i śmierci, Jego wyzwoleniu od zła (por. Mt 9, 35-38; Łk 10, 1-12).
Obchody Światowego Dnia Misyjnego oznaczają również potwierdzenie, że modlitwa, refleksja i pomoc materialna z waszych ofiar są szansą na aktywne uczestnictwo w misji Jezusa w Jego Kościele. Miłość wyrażona w zbiórkach podczas celebracji liturgicznych trzeciej niedzieli października ma na celu wsparcie pracy misyjnej, prowadzonej w moim imieniu przez Papieskie Dzieła Misyjne, aby wyjść naprzeciw duchowym i materialnym potrzebom narodów i Kościołów na całym świecie, dla zbawienia wszystkich.
Niech Najświętsza Maryja Panna, Gwiazda Ewangelizacji i Pocieszycielka strapionych, misyjna uczennica swego Syna Jezusa, nadal wstawia się za nami i niech nas wspiera.
Rzym, u św. Jana na Lateranie, 31 maja 2020, uroczystość Zesłania Ducha Świętego.
FRANCISZEK
[00694-PL.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua araba
رسالة قداسة البابا فرنسيس
بمناسبة اليوم الإرسالي العالمي
31 مايو / أيار 2020
"هاءَنذا فأَرسِلْني" (أش 6، 8)
أيها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
أودّ أن أعرب عن شكري لله على الالتزام الذي عاشت به الكنيسة جمعاء، الشهرَ الإرسالي الاستثنائي في أكتوبر/تشرين الأوّل الماضي. إني واثق من أنه قد ساهم في تحفيز "التحوّل الإرسالي" في العديد من الجماعات، وفق النهج الذي أشار إليه الموضوع "مُعمَّدون ومُرسَلون: كنيسة المسيح مُرسلة في العالم".
في هذه السنة، التي اتّسمت بالمعاناة والتحدّيات التي سبّبتها جائحة الكورونا، تستمرّ هذه المسيرة التبشيرية للكنيسة بأكملها في ضوء الكلمة التي نجدها في رواية دعوة النبي إشعياء: "هاءَنذا فأَرسِلْني" (أش 6، 8). إنه جواب دائم التجدّد على سؤال الربّ: "مَن أُرسِل؟" (نفس المرجع). تأتي هذه الدعوة من قلب الله، من رحمته التي تستحثّ الكنيسة والبشرية في الأزمة العالمية الحالية. "لقد فوجئنا، مثل التلاميذ في الإنجيل، بعاصفةٍ هوجاء غير متوقّعة. أدركنا أننا كلّنا على متن القارب نفسه، جميعنا ضعفاء ومرتبكون، ولكن في الوقت عينه مهمّون وضروريّون، ومدعوّون جميعًا إلى البقاء معًا، وكلّنا بحاجة إلى تعزية بعضنا البعض. فجميعنا... على متن هذا القارب. ومثل هؤلاء التلاميذ، الذين يقولون بصوت واحد وبقلق: "إنَّنا نَهلِك" (آية 38)، أدركنا نحن أيضًا أننا لا نستطيع أن نتقدّم كلّ بمفرده، إنما معًا فقط" (تأمل في ساحة القديس بطرس، 27 مارس/آذار 2020). نحن مذعورون حقًّا ومضطربون وخائفون. إن الألم والموت يجعلانا نختبر ضعفنا البشري؛ ولكنهما في الوقت عينه، يجعلانا نعترف بأننا نتشارك جميعًا برغبة قويّة في الحياة والتحرّر من الشرّ. في هذا السياق، تأتي الدعوة الإرسالية والدعوة إلى ترك الذات محبّةً بالله والقريب كفرصة للمشاركة والخدمة والشفاعة. إنّ الرسالة التي يوكلها الله إلى كلّ شخص تجعلنا ننتقل من الـ أنا الخائف والمنغلق على ذاته إلى الـ أنا الأصيل والمتجدد عبر هبة الذات.
لقد أظهر الله، في ذبيحة الصليب، حيث تمّت رسالة يسوع (را. يو 19، 28- 30)، أنّ محبّته هي لكلّ شخص وللجميع (را. يو 19، 26- 27). ويطلب منّا استعدادنا الشخصيّ لأن نُرسَل، لأن الله محبّة في حركة إرساليّة دائمة، ويخرج دائمًا من ذاته كي يهب الحياة. وقد أرسل الله الآب ابنه يسوع محبّةً بالبشر (را. يو 3، 16). يسوع هو مُرسَلُ الآب: إنّ شخصه وعمله هما طاعة تامّة لمشيئة الآب (را. يو 4، 34؛ 6، 38؛ 8، 12- 30؛ عب 10، 5- 10). وبدوره، يجذبنا يسوع، المصلوب والقائم من الموت من أجلنا، في حركة محبّته، وبروحه الخاصّ، الذي يحيي الكنيسة، ويجعلنا تلاميذ المسيح ويرسلنا في رسالة إلى العالم وإلى الناس.
"إنّ الرسالة، أي «الكنيسة في انطلاق»، ليست برنامجًا، أو نيّة يمكن تحقيقها بقوّة الإرادة. فالمسيح هو الذي يُخرِج الكنيسة من ذاتها. وفي رسالة إعلان الإنجيل، أنت تتحرّك لأن الروح يدفعك ويحملك" (بدونه لا يمكننا أن نفعل شيئًا، درا نشر الفاتيكان-سان باولو، 2019، ص. 16- 17). فالله يحبّنا أوّلًا على الدوام، وبهذا الحبّ يلقانا ويدعونا. تأتي دعوتنا الشخصيّة من حقيقة أننا أبناء وبنات الله في الكنيسة، وأهل بيته، وإخوته وأخواته في تلك المحبّة التي أظهرها يسوع لنا. لكن الجميع يملكون كرامة إنسانية قائمة على الدعوة الإلهية ليكونوا أبناء الله، وليصبحوا، بفعل سرّ المعموديّة وبحرّية الإيمان، ما كانوا عليه منذ الأزل في قلب الله.
كوننا قد نلنا الحياة مجّانًا يشكّل دعوة ضمنيّة للدخول في ديناميكيّة هبة الذات: هي بذرة تأخذ لاحقًا شكلًا ناضجًا، في المعمّدين، كجواب حبّ، عبر الزواج أو الحياة البتوليّة من أجل ملكوت الله. إن الحياة البشرية تولد من حبّ الله، وتنمو في الحبّ، وتتوق إلى الحبّ. لا أحد يُستَثنى من حبّ الله، لقد انتصر الله على الخطيئة والموت (را. روم 8، 31- 39) في الذبيحة المقدّسة التي قدّمها يسوع الابن على الصليب. والشرّ بالنسبة إلى الله، -حتى الخطيئة- تحثّ على الحبّ، وعلى الحبّ أكثر فأكثر (را. متى 5، 38- 48؛ لو 23، 33- 34). لذا فإن الرحمة الإلهيّة، في السرّ الفصحي، تشفي الجرح الأصليّ للبشرية وتنسكب على الكون كلّه. والكنيسة، التي هي السرّ الشامل لمحبّة الله للعالم، تواصل رسالةَ يسوع في التاريخ، وترسلنا في كلّ مكان حتى يتمكّن الله، عبر شهادة إيماننا والبشارة بالإنجيل، من الاستمرار بإظهار محبّته ولمسِ الأشخاص وتحويل القلوب والعقول والأجساد والمجتمعات والثقافات في كلّ مكان وزمان.
إنّ الرسالة هي جواب حرّ وواعي على دعوة الله. لكن لا يمكننا إدراك هذه الدعوة إلّا عندما نعيش علاقة حبّ شخصيّة مع يسوع الحي في كنيسته. لنسأل أنفسنا: هل نحن مستعدّون لقبول حضور الروح القدس في حياتنا، والاصغاء للدعوة إلى الرسالة، سواء في طريق الزواج أو في البتوليّة المكرّسة أو في درجات الكهنوت، وفي الحياة اليوميّة العاديّة على أيّ حال؟ هل نحن على استعداد لأن نُرسَل إلى كلّ مكان لنشهد لإيماننا بالله الآب الرحيم، ولنعلن إنجيل الخلاص الذي منحه يسوع المسيح، ولنشارك في الحياة الإلهية للروح القدس عبر بناء الكنيسة؟ هل نحن، مثل مريم، أمّ يسوع، مستعدون لأن نكون في خدمة مشيئة الله دون تحفّظ (لو 1، 38)؟ إن هذا الاستعداد الداخليّ هو مهمّ جدًّا حتى نستطيع أن نجيب الله: "هاءَنذا يا ربّ فأَرسِلْني" (را. 6، 8). وهذه ليست فكرة تجريّدية، بل إنها في واقع الكنيسة والتاريخ يوميًّا.
إنّ فهم ما يقوله الله لنا في زمن الجائحة هذا قد أصبح تحدّيًّا أيضًا بالنسبة لرسالة الكنيسة. فالمرض والمعاناة والخوف والعزلة يدعونا للتفكير؛ كما وفقر الذين يموتون بوحدة، أو الذين تُرِكوا لأمرهم، أو الذين خسروا وظائفهم وأجورهم، أو الذين ليس لديهم مأوى وقوت. إننا مَدعوّون، فيما نحن مُلزَمون بالمحافظة على مسافة جسديّة فيما بيننا وبالبقاء في المنزل، لإعادة اكتشاف أننا نحتاج إلى علاقات اجتماعية، وكذلك إلى علاقة جَماعيّة مع الله. وهذا الوضع، يجب أن يجعلنا أكثر انتباهًا لطريقتنا في الارتباط مع الآخرين، لا أن يزيد عدم الثقة واللامبالاة. والصلاة، التي بها يلمس الله قلبنا ويحرّكه، تفتحنا على حاجة إخوتنا للمحبّة والكرامة والحرية، وكذلك على رعاية كلّ الخليقة. أمّا استحالة الاجتماع ككنيسة للاحتفال بالإفخارستيا فقد جعلنا نشارك بوضع العديد من الجماعات المسيحية التي لا يمكنها الاحتفال بالقدّاس كلّ يوم أحد. وفي هذا السياق، إن السؤال الذي يطرحه الله "مَن أُرسِل؟"، قد وُجِّهَ إلينا من جديد وينتظر منّا جوابًا سخيًا وواثقًا: "هاءَنذا فأَرسِلْني!" (هو 6، 8). إنّ الله يواصل البحث عمّن يرسل إلى العالم وللناس ليشهد لما منحنا من محبّةٍ، وخلاصٍ من الخطيئة والموت، وتحريرٍ من الشرّ (را. متى 9، 35- 38؛ لو 10، 1- 12).
إنّ الاحتفال باليوم الإرساليّ العالميّ يعني أيضًا إعادة التأكيد على أنّ الصلاة والتأمّل والمساعدة المادّية التي تقدّمونها هي فرص للمشاركة بشكل فعّال في رسالة يسوع عبر كنيسته. فالمحبّة التي يُعبَّر عنها بالتبرعات، التي ترافق الاحتفالات الليتورجية في الأحد الثالث من أكتوبر/تشرين الأوّل، تهدف إلى دعم العمل الإرسالي الذي تقوم به الجمعيات الإرسالية البابوية باسمي، لتلبية الاحتياجات الروحيّة والمادّية للشعوب والكنائس في جميع أنحاء العالم من أجل خلاص الجميع.
لتتشفّع بنا وتعضدنا مريم العذراء الكلّية القداسة، نجمة التبشير ومعزّية الحزانى، والتلميذة الإرسالية لابنها يسوع.
أعطي في روما، قرب القدّيس يوحنا اللاتيراني، 31 مايو/أيار 2020، يوم عيد العنصرة.
فرنسيس
[00694-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0312-XX.02]