Intervento del Card. Michael Czerny, S.I.
Intervento di Padre Fabio Baggio, C.S.
Intervento della Dott. ssa Amaya Valcárcel
Intervento di Fr. Joseph Cassar, S.I.
Alle ore 11.30 di questa mattina, in diretta streaming dall’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 27 settembre 2020 sul tema: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Nel corso della Conferenza Stampa verrà presentato il primo video della campagna di preparazione alla Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Intervengono l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il Padre Fabio Baggio, C.S., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del medesimo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; la Dott.ssa Amaya Valcárcel, Coordinatrice Internazionale di advocacy, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), Ufficio Internazionale di Roma, e Fr. Joseph Cassar S.I., Direttore del JRS Iraq, in collegamento da Erbil.
. Ne riportiamo di seguito gli interventi:
Intervento del Card. Michael Czerny, S.I.
Caring for the Most Vulnerable People
The 2020 World Day of Migrants and Refugees will be celebrated on Sunday 27 September. The tradition goes back to 1915 during the massive upheaval caused by World War I (1914-1918). Let us also recall, in these days of coronavirus, that soon the context was also Spanish Flu (1918-1919).
Thus the 106th such occasion is when Pope Francis provides his seventh message for the World Day of Migrants and Refugees. Three of his messages to date have centred on our displaced brothers and sisters themselves. Following “Migrants and Refugees: Towards a Better World” (2014) and “Child Migrants, the Vulnerable and the Voiceless” (2017), this year’s "Forced like Jesus Christ to flee" (2020) focuses on the pastoral care of internally displaced people (IDPs), who around the world currently number about 50.8 million, 45.7 million as a result of conflict and violence, and 5.1 million as a result of disasters.[1]
The other four messages are more like mirrors to reflect on our response as Christians so that the “Church without frontiers [will be a] Mother to all” (2015). Fundamentally, let us be agents of mercy, says “Migrants and Refugees Challenge Us. The Response of the Gospel of Mercy” (2016). Let everyone - Christians and all believers, citizens and groups and authorities - act in a complete, an integral manner by “Welcoming, protecting, promoting and integrating migrants and refugees” (2018). And what about our own hearts and spirit? Declaring that “It is not just about migrants” (2019), Pope Francis moves in six steps from dark corners like our fear to a bright vision of building the City of God and the human city, too, our common home.
These messages, embedded in more than a century of tradition, enrich the magisterium of Pope Francis regarding the most vulnerable people in each society: the discarded, the forgotten, the set aside. In this case, the internally displaced – abandoning their home and familiar surroundings, they live uprooted within their own nation State, among compatriots who may dislike and resent them; citizens “on paper”, they don’t fit in although they have much to offer; their needs require attention and are our responsibility, but everyone else has other priorities.
Now Fr Fabio will explain how, over the coming half year, “Like Jesus Christ forced to flee” will be elaborated in six steps regarding “a drama that is often unseen, which the world crisis caused by the COVID-19 pandemic has only exacerbated”.
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[1] https://www.internal-displacement.org/global-report/grid2020/
[00628-EN.01] [Original text: English]
Intervento di Padre Fabio Baggio, C.S
Il Messaggio della 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha come titolo “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire” e come sottotitolo “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Papa Francesco ha voluto così manifestare la sua particolare preoccupazione per il dramma degli sfollati interni.
Il Messaggio parte dall’esperienza di Gesù Cristo sfollato e profugo assieme ai suoi genitori, un’icona spesso utilizzata nel magistero universale per ribadire l’importanza della ragione cristologica dell’accoglienza cristiana.
La riflessione del Santo Padre continua poi con una nuova articolazione dei 4 verbi con i quali Papa Francesco ha voluto sintetizzare la pastorale migratoria: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Tale articolazione è strutturata in sei coppie di verbi vincolate da una relazione di causalità: conoscere per comprendere, farsi prossimi per servire, ascoltare per riconciliarsi, condividere per crescere, coinvolgere per promuovere e collaborare per costruire.
Facendo riferimento all’esperienza dei discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,15-16), il Santo Padre introduce la prima coppia - conoscere per comprendere - , chiarendo che gli sfollarti interni non sono numeri, ma persone. Solo conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere il loro dramma e i loro bisogni.
Sull’esempio del Buon Samaritano (cfr. Lc 24,15-16), Papa Francesco ci invita a farci prossimi per servire, superando le paure e i pregiudizi che distanziano dagli sfollati interni impedendoci di “farci prossimi” di ciascuno di loro.
Guardando all’esempio di Dio Padre che risponde al gemito dell’umanità donando il suo Figlio per la salvezza del mondo (cfr. Gv 3,16-17), il Santo Padre invita tutti ad assumere un atteggiamento di ascolto umile. È necessario questo ascolto per giungere a una vera riconciliazione, capace di sanare i conflitti che hanno causato la migrazione forzata di tanti sfollati interni.
Circa la coppia condividere per crescere, Papa Francesco richiama l’esempio della prima comunità cristiana (cfr. At 4,32), che metteva tutto in comune. Le risorse del mondo sono un patrimonio di tutti gli esseri umani e dobbiamo imparare a condividerle in modo più equo, in modo che nessuno - profugo o sfollato, migrante o rifugiato - rimanga escluso.
L’episodio del dialogo di Gesù con la Samaritana (cfr. Gv 4,1-30) ispira il Santo Padre a spiegare la quinta coppia di verbi: coinvolgere per promuovere. La vera promozione umana passa per l’empowerment e il coinvolgimento diretto degli sfollati nel loro riscatto.
Collaborare per costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani, e dobbiamo farlo «in perfetta unione di pensiero e di sentire» (1 Cor 1,10), come raccomandava San Paolo alla comunità di Corinto. Anche per l’azione a favore degli sfollati interni è necessario collaborare per costruire un futuro migliore per tutti.
Nel suo Messaggio Il Santo Padre ha voluto offrirci diversi spunti di riflessione per aiutarci a contestualizzare le sue raccomandazioni nello scenario di crisi in cui ci troviamo a vivere a causa della pandemia COVID-19. Papa Francesco ci invita a comprendere la nostra precarietà di questi giorni come una condizione costante della vita degli sfollati. Ci incoraggia a lasciarci ispirare dai dottori e dagli infermieri che negli ultimi mesi hanno corso rischi per salvarci. Il Santo Padre ci raccomanda di approfittare del silenzio delle nostre strade per ascoltare meglio il grido dei più vulnerabili e del nostro pianeta. Ci sprona a condividere di più, ricordandoci che nessuno si salva da solo. Papa Francesco ci rammenta che solo con il contributo di tutto, anche dei più piccoli, è possibile superare la crisi. Il Santo Padre ribadisce che questo oggi non possiamo permetterci di essere egoisti, perché stiamo affrontando una sfida comune, che non conosce differenze.
Vorrei concludere questo mio contributo con un estratto della bellissima preghiera finale che il Santo Padre, guardando all’icona della Sacra Famiglia esule, ha voluto regalarci:
Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. [...]
Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino.
[00631-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento della Dott.ssa Amaya Valcárcel
El Servicio Jesuita a Refugiados (JRS) es una organización católica internacional presente en 56 países. Su misión es acompañar, servir y defender los derechos de los migrantes forzosos, entre estos a los desplazados internos (IDP). Trabaja con poblaciones desplazadas internas en 14 países. Acompañamos a los desplazados internos a través de programas y defendemos leyes y políticas nacionales que permitan la protección de los derechos de las personas desplazadas y promuevan soluciones duraderas. De los 80.1 millones de personas desplazadas forzosamente en el mundo, 50.8 millones son desplazadas internas, es decir, obligadas a huir de sus hogares pero permaneciendo en sus propios países.
Los IDP se enfrentan a retos similares a los de los refugiados: violaciones de derechos humanos, soledad y aislamiento, dificultades para acceder a alimentos, vivienda o educación. Si bien las autoridades nacionales son las principales responsables de su protección, los desplazados internos suelen tener dificultades para acceder a los servicios más básicos y a los derechos humanos, corriendo el riesgo de ser inadvertidos y totalmente olvidados.
Para una organización de la iglesia como el Servicio Jesuita a Refugiados, es clave que el Santo Padre nos invite a través de su mensaje anual a conocer mejor y a comprender las aspiraciones y temores de los desplazados internos.
El JRS trabaja en diversos contextos de desplazamiento interno dando respuestas distintas según las necesidades de la población desplazada:
La guerra en Siria
Más de 6.5 millones de personas han huido de sus hogares en el interior de Siria desde el inicio de la guerra, ya en su décimo año desde marzo.
El JRS Siria se fundó en 2008 para atender al creciente número de refugiados iraquíes. Cuando estalló la guerra civil en 2011, el JRS Siria comenzó a servir a los desplazados internos sirios, ofreciéndoles atención sanitaria, educación, protección infantil, capacitación en medios de subsistencia y ayuda de emergencia en áreas donde apenas no había presencia humanitaria. Solo en Alepo, el JRS proporcionaba una media de 18.000 comidas diarias.
Hoy, la acumulación de dolor se une a una gran pobreza y al Covid-19. El 80% de los sirios vive bajo el umbral de la pobreza. Al margen de las justificaciones políticas, ¿las sanciones internacionales no están tieniendo un impacto en la población más pobre? Esta es la situación que viven todos los sirios, pero para los desplazados internos la vida es aún más difícil. Deben pagar el alquiler, muchas veces no tienen agua corriente ni electricidad.
Durante la pandemia, nuestro ambulatorio sigue funcionando pero la educación que ofrecemos a los niños sirios es a través de grupos de Facebook y Whatsapp. Estamos distribuyendo kits de higiene y cestas de comidas entre familias vulnerables. Hace unos días, nuestros compañeros en la ciudad de Homs nos contaban que están empezando a ver en muchos rostros de personas desplazadas, tanto de niños como de adultos, las marcas de la desnutrición en los ojos. Nuestros equipos en Siria nos están alertando ya de la situación de hambre que padece la población.
Conflicto étnico-político en Myanmar
En Myanmar existen hoy más de 450,000 IDPs por causa del conflicto de carácter étnico. Más recientemente, entre enero y abril de 2020, hubo 86 enfrentamientos entre el ejército de Myanmar y grupos étnicos armados, especialmente en los estados de Rakhine y Chin, causando el desplazamiento de unas 16.000 personas. Muchas organizaciones y la Iglesia Católica pidieron el cese al fuego durante este tiempo de pandemia.
En la presente coyuntura, los desplazados internos tienen más riesgo de contraer el virus ya que viven en situaciones de hacinamiento con acceso limitado a agua y donde la atención sanitaria es muy precaria. En el estado de Kachin, donde JRS está presente y donde viven 100.000 desplazados, unos 3.700 han vuelto a sus pueblos de origen o a otras localidades temporales por temor al contagio en los campos de desplazados. Pero este movimiento no está exento de riesgo pues hay minas antipersona por todo el territorio.
El gobierno y los grupos armados deberían de garantizar una zona de seguridad para aquellos que han de buscar comida fuera del campo, y para que puedan tener aceso al menos a las necesidades más básicas. Asimismo, los líderes deberían escuchar la voz de los más marginados de la sociedad, entre ellos los desplazados internos, y darles más participación en las tomas de decisión para construir con ellos soluciones sostenibles.
La crisis humanitaria en Venezuela y el conflicto en Colombia
En el interior de Venezuela es difícil saber cuántos desplazados internos hay debido a la falta de información. El país experimenta una crisis social, política y económica desde 2014, que ha causado la salida de casi el 15 por ciento de su población resultando el mayor éxodo de la historia reciente de América Latina: más de 4.9 millones de personas a marzo de 2020. Allá trabajamos en red con la iglesia local apoyando el acceso de los desplazados internos a alimentos, vivienda y ayudas para que niñas y niños permanezcan en la escuela a pesar del acceso limitado a los productos básicos. También estamos ayudando a los venezolanos en los países vecinos, incluído Colombia.
Allí, el largo conflicto entre el gobierno colombiano y los grupos guerrilleros han dejado más de 5.5 millones de personas desplazadas. Colombia asimila también la presencia de 1.8 millones de venezolanos que han huido de la situación en su país. Comenzamos a trabajar en Colombia en 1995, ofreciendo servicios a los IDP, y hoy muchos son ya desplazados crónicosintra-urbanos pues han vivido dos, tres y hasta cuatro desplazamientos debido a la presencia de actores armados y bandas criminales en las ciudades. Realizamos una estrategia que combina la promoción de la integración política y económica, el empoderamiento social y la reconciliación, todo ello con vistas a promover soluciones duraderas.
El Covid-19 afecta de forma desproporcionada a los desplazados internos pues se refleja en la pérdida de ingresos, restricciones de movimiento, acceso reducido a mercados y tierras y el aumento general del coste de vida.
El conflicto en la República Democrática del Congo
En la República Democrática del Congo, probablemente uno de los conflictos más olvidados del mundo, hoy existen 5.5 millones de desplazados internos. La violencia que asola al país desde los inicios de los años 90 es causada en gran parte por el acceso a recursos minerales como el coltán o el oro. Solamente en 2019, hubo 1.6 millones de nuevos desplazos, especialmente en las ricas zonas del Kivu, en el este del país.
La inestabilidad crónica y la naturaleza cíclica del desplazamiento han dejado a los IDP extremadamente vulnerables e incapaces de lograr soluciones sostenibles. Los IDP deberían estar incluidos en los planes nacionales para combatir el Covid-19, incluidos el acceso a la información, tests y tratamientos. Los gobiernos y las comunidades locales han de garantizar que no se deje atrás a los desplazados internos en las respuestas al Covid-19, incluido el reforzamiento de los sistemas de salud.
Nuestra esperanza es que la resolución a la crisis política en el país pueda conllevar también una reducción en el conflicto, la violencia y el desplazamiento.
Mensaje del Papa Francisco para la JMMR 2020
Cuando preguntamos a los IDP qué mensajes quieren que expresemos al mundo siempre nos piden que visibilicemos su situación para que la ayuda humanitaria se active y para que se conozcan y resuelvan las injusticias y arbitrariedades que viven como consecuencia de su aislamiento. La crisis social y económica producida por el COVID-19 puede resultar en una mayor invisibilidad y restricción de acceso a las poblaciones desplazadas.
El Papa Francisco es el mejor abogado de los desplazados y los refugiados. A través de su mensaje anual, todos nosotros podemos conocer más de cerca la realidad de los desplazados internos.
Nos unimos a su mensaje y a su llamamiento para un cese al fuego global, realizado el pasado mes de abril, pues creemos que la paz es la única solución para que termine el desplazamiento forzoso de personas.
Agradecemos profundamente al Santo Padre que una vez más haya puesto en el centro a las personas que están en la periferia de nuestro mundo.
[00629-ES.01] [Texto original: Español]
Intervento di Fr Joseph Cassar, S.I.
From my standpoint, I welcome Pope Francis’s focus on internally displaced persons or IDPs for this year’s message to commemorate the World Day of Migrants and Refugees in September. This is because it brings IDPs, whose numbers are in the tens of millions, to the forefront of pastoral consciousness.
The work of Jesuit Refugee Service in Iraq puts me in regular contact with internally displaced persons who are in their sixth year of displacement. One word that I repeatedly hear from IDPs is “forgotten.” Roughly six million people were displaced in Iraq after the self-proclaimed Islamic State (ISIS, ISIL, or IS) took hold of large parts of Iraq—and Syria—in 2014. Almost six years later, there continue to be close to 1,400,000 IDPs in Iraq. [1] That would be a sizeable city, by any standard. Yet, the fact that internally displaced persons are displaced, and are displaced in their own country, also means that they tend to be overlooked.
The Duhok governorate of the Kurdistan Region of Iraq hosts just under 320,000 IDPs. The vast majority are Ezidi (also Yazidi/Yezidi) survivors of the August 2014 genocide in the Sinjar district of the Ninewa governorate of Iraq. Levels of trauma are high. Some 50% of IDPs continue to live one of seventeen IDP camps in the governorate. Among those who live out-of-camp, thousands of families live in informal camp-like settlements, or in unfinished buildings—at any rate, in critical shelter that exacerbates problems that people have to deal with day after day.
Protracted displacement, coupled with limited prospects of return in the short-to-medium term, takes its toll on the lives of people. Among the young especially, the sense of “no future” contributes to an increased incidence of suicide.
Another very important aspect of the mission of JRS is among recently returned populations in the Nineveh Plains of Iraq, mainly though not exclusively Christians. Although returnees are not counted among the displaced, the impact of displacement on the lives of hundreds of thousands of recently returned persons is hard to overstate. More than two-and-a-half years after the first big wave of returns to the Nineveh Plains, that harsh experience is still very alive in their memory, and its after-effects can be felt in their day to day lives. This is particularly true of the most vulnerable, for whom return is experienced almost as another instance of displacement.
Among the displaced, the recently returned, host communities, and all people of good will, the desire for peace could not be stronger. In Iraq, displacement has been going on for at least forty years. The causes are numerous and there are no easy solutions. I have met many individuals and families who have been displaced five, seven, nine times in the past three to four decades.
The COVID-19 outbreak in Iraq and the mitigation measures imposed by public health and security authorities have had ramifications on almost all aspects of public and family life and disrupted the economy. [2] At the outset of 2020, it was estimated that 4.1 million persons were in need of humanitarian assistance in Iraq. This figure is set to rise sharply since already vulnerable households will increasingly be unable to meet even their most basic needs and are already resorting to negative coping strategies that will deplete their existing scarce resources and push them deeper into debt. Both IDPs and recent returnees, and the most vulnerable among them, account for a very substantial segment of this population.
Apart from the obvious financial response, now is the time for a massive investment in peace. Beyond valuable statistics, bringing the “forgotten” internally displaced persons to the forefront as people, is now more timely than ever.
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[1] OM, Data Tracking Matrix, 29 April 2020.http://iraqdtm.iom.int/MasterList#Displacement
[2] OCHA, Iraq Inter-Cluster Coordination Group: COVID-19 Humanitarian Activities in the Global HRP, 7 May 2020.
[00630-EN.01] [Original text: English]
[B0281-XX.02]