Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Alle ore 11.00 di questa mattina il Santo Padre Francesco ha presieduto, all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro, la solenne celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore.
Ricorreva oggi la XXXV Giornata Mondiale della Gioventù, quest’anno a livello diocesano, sul tema: “Giovane, dico a te, alzati!” (cfr. Lc 7,14).
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione della Passione del Signore secondo Matteo:
Omelia del Santo Padre
Gesù «svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo» (Fil 2,7). Lasciamoci introdurre da queste parole dell’apostolo Paolo nei giorni santi, dove la Parola di Dio, come un ritornello, mostra Gesù come servo: Giovedì santo è il servo che lava i piedi ai discepoli; Venerdì santo è presentato come il servo sofferente e vittorioso (cfr Is 52,13); e già domani Isaia profetizza di Lui: «Ecco il mio servo che io sostengo» (Is 42,1). Dio ci ha salvato servendoci. In genere pensiamo di essere noi a servire Dio. No, è Lui che ci ha serviti gratuitamente, perché ci ha amati per primo. È difficile amare senza essere amati. Ed è ancora più difficile servire se non ci lasciamo servire da Dio.
Ma - una domanda - in che modo ci ha servito il Signore? Dando la sua vita per noi. Gli siamo cari e gli siamo costati cari. Santa Angela da Foligno testimoniò di aver sentito da Gesù queste parole: «Non ti ho amata per scherzo». Il suo amore lo ha portato a sacrificarsi per noi, a prendere su di sé tutto il nostro male. È una cosa che lascia a bocca aperta: Dio ci ha salvati lasciando che il nostro male si accanisse su di Lui. Senza reagire, solo con l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza del servo, esclusivamente con la forza dell’amore. E il Padre ha sostenuto il servizio di Gesù: non ha sbaragliato il male che si abbatteva su di Lui, ma ha sorretto la sua sofferenza, perché il nostro male fosse vinto solo con il bene, perché fosse attraversato fino in fondo dall’amore. Fino in fondo.
Il Signore ci ha serviti fino a provare le situazioni più dolorose per chi ama: il tradimento e l’abbandono.
Il tradimento. Gesù ha subito il tradimento del discepolo che l’ha venduto e del discepolo che l’ha rinnegato. È stato tradito dalla gente che lo osannava e poi ha gridato: «Sia crocifisso!» (Mt 27,22). È stato tradito dall’istituzione religiosa che l’ha condannato ingiustamente e dall’istituzione politica che si è lavata le mani. Pensiamo ai piccoli o grandi tradimenti che abbiamo subito nella vita. È terribile quando si scopre che la fiducia ben riposta viene ingannata. Nasce in fondo al cuore una delusione tale, per cui la vita sembra non avere più senso. Questo succede perché siamo nati per essere amati e per amare, e la cosa più dolorosa è venire traditi da chi ha promesso di esserci leale e vicino. Non possiamo nemmeno immaginare come sia stato doloroso per Dio, che è amore.
Guardiamoci dentro. Se siamo sinceri con noi stessi, vedremo le nostre infedeltà. Quante falsità, ipocrisie e doppiezze! Quante buone intenzioni tradite! Quante promesse non mantenute! Quanti propositi lasciati svanire! Il Signore conosce il nostro cuore meglio di noi, sa quanto siamo deboli e incostanti, quante volte cadiamo, quanta fatica facciamo a rialzarci e quant’è difficile guarire certe ferite. E che cosa ha fatto per venirci incontro, per servirci? Quello che aveva detto per mezzo del profeta: «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente» (Os 14,5). Ci ha guariti prendendo su di sé le nostre infedeltà, togliendoci i nostri tradimenti. Così che noi, anziché scoraggiarci per la paura di non farcela, possiamo alzare lo sguardo verso il Crocifisso, ricevere il suo abbraccio e dire: “Ecco, la mia infedeltà è lì, l’hai presa Tu, Gesù. Mi apri le braccia, mi servi col tuo amore, continui a sostenermi… Allora vado avanti!”.
L’abbandono. Sulla croce, nel Vangelo odierno, Gesù dice una frase, una sola: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). È una frase forte. Gesù aveva sofferto l’abbandono dei suoi, che erano fuggiti. Ma gli rimaneva il Padre. Ora, nell’abisso della solitudine, per la prima volta lo chiama col nome generico di “Dio”. E gli grida «a gran voce» il “perché?”, il “perché?” più lacerante: “Perché anche Tu mi hai abbandonato?”. Sono in realtà le parole di un Salmo (cfr 22,2): ci dicono che Gesù ha portato in preghiera anche la desolazione estrema. Ma resta il fatto che l’ha provata: ha provato l’abbandono più grande, che i Vangeli testimoniano riportando le sue parole originali.
Perché tutto questo? Ancora una volta per noi, per servirci. Perché quando ci sentiamo con le spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli. Gesù ha provato l’abbandono totale, la situazione a Lui più estranea, per essere in tutto solidale con noi. L’ha fatto per me, per te, per tutti noi, lo ha fatto per dirci: “Non temere, non sei solo. Ho provato tutta la tua desolazione per essere sempre al tuo fianco”. Ecco fin dove ci ha serviti Gesù, calandosi nell’abisso delle nostre sofferenze più atroci, fino al tradimento e all’abbandono. Oggi, nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: “Coraggio: apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene”.
Cari fratelli e sorelle, che cosa possiamo fare dinanzi a Dio che ci ha serviti fino a provare il tradimento e l’abbandono? Possiamo non tradire quello per cui siamo stati creati, non abbandonare ciò che conta. Siamo al mondo per amare Lui e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore. Allora, in questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso - guardate, guardate il Crocifisso! -, misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare.
Ecco il mio servo che io sostengo. Il Padre, che ha sostenuto Gesù nella Passione, incoraggia anche noi nel servizio. Certo, amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare. Può sembrare una via crucis. Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva, ci salva la vita. Vorrei dirlo specialmente ai giovani, in questa Giornata che da 35 anni è dedicata a loro. Cari amici, guardate ai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri. Sentitevi chiamati a mettere in gioco la vita. Non abbiate paura di spenderla per Dio e per gli altri, ci guadagnerete! Perché la vita è un dono che si riceve donandosi. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come ha fatto Gesù per noi.
[00461-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Jésus «s’est anéanti, prenant la condition de serviteur» (Ph 2, 7). Laissons-nous introduire dans les jours saints par ces mots de l’apôtre Paul, où la Parole de Dieu, comme un refrain, montre Jésus comme un serviteur: le Jeudi saint il est le serviteur qui lave les pieds à ses disciples; le Vendredi saint il est présenté comme le serviteur souffrant et victorieux (cf. Is 52, 13); et déjà demain, Isaïe prophétiserade lui : «Voici mon serviteur que je soutiens» (Is 42, 1). Dieu nous a sauvés en nous servant. En général nous pensons que c’est à nous de servir Dieu. Non, c’est lui qui nous a servi gratuitement, parce qu’il nous a aimé en premier. Il est difficile d’aimer sans être aimés. Et il est encore plus difficile de servir si nous ne nous laissons pas servir par Dieu.
Mais – une demande – de quelle façon le Seigneur nous a-t-il servi? En donnant sa vie pour nous. Nous lui sommes chers et nous lui avons coûté cher. Sainte Angèle de Foligno a témoigné d’avoir entendu de Jésus ces paroles: «Ce n’est pas pour rire que je t’ai aimée». Son amour l’a conduit à se sacrifier pour nous, à prendre sur lui tout notre mal. C’est une chose qui nous laisse pantois: Dieu nous a sauvésen acceptant que notre mal s’acharne sur lui. Sans réagir, avec seulement l’humilité, la patience et l’obéissance du serviteur, exclusivement avec la force de l’amour. Et le Père a soutenu le service de Jésus: il n’a pas mis en déroute le mal qui s’abattait sur lui, mais il a soutenu sa souffrance, pour que notre mal soit vaincu seulement par le bien, pour qu’il soit traversé jusqu’au fond par l’amour. Jusqu’au fond.
Le Seigneur nous a servis jusqu’à éprouver les situations les plus douloureuses pour qui aime: la trahison et l’abandon.
La trahison. Jésus a subi la trahison du disciple qui l’a vendu et du disciple qui l’a renié. Il a été trahi par les gens qui l’acclamaient et qui ensuite ont crié: «Qu’il soit crucifié!» (Mt 27, 22). Il a été trahi par l’institution religieuse qui l’a condamné injustement et par l’institution politique qui s’est lavé les mains. Pensons aux petites et aux grandes trahisons que nous avons subies dans la vie. C’est terrible quand on découvre que la confiance bien placée a été trompée. Naît au fond du cœur une déception telle que la vie semble ne plus avoir de sens. Cela arrive parce que nous sommes nés pour être aimés et pour aimer, et la chose la plus douloureuse c’est d’être trahi par celui qui a promis de nous être loyal et proche. Nous ne pouvons pas non plus imaginer comme cela a été douloureux pour Dieu, qui est amour.
Regardons-nous à l’intérieur. Si nous sommes sincères avec nous-mêmes, nous verrons nos infidélités. Que de fausseté, d’hypocrisies et de duplicités! Que de bonnes intentions trahies! Que de promesses non tenues! Que de résolutions laissées s’évanouir! Le Seigneur connaît notre cœur mieux que nous, il sait combien nous sommes faibles et inconstants, combien de fois nous tombons, que de mal nous avons à nous relever et combien il est difficile de guérir certaines blessures. Et qu’a-t-il fait pour venir à notre rencontre, pour nous servir? Ce qu’il avait dit par le prophète: «Moi je les guérirai de leurs infidélités, je les aimerai d’un amour gratuit» (Os 14, 5). Il nous a guéris en prenant sur lui nos infidélités, en enlevant nos trahisons. De sorte que, au lieu de nous décourager par peur de ne pas y arriver, nous pouvons lever notre regard vers le Crucifié, recevoir son embrassade et dire: “Voilà, mon infidélité est là, tu l’as prise, toi, Jésus. Tu m’ouvres les bras, tu me sers par ton amour, tu continues à me soutenir…Alors j’avance!”
L’abandon. Sur la croix, dans l’Evangile d’aujourd’hui, Jésus dit une phrase, une seule: «Mon Dieu, mon Dieu, pourquoi m’as-tu abandonné?» (Mt 27, 46). C’est une phrase forte. Jésus avait souffert l’abandon des siens, qui avaient fui. Mais il lui restait le Père. Maintenant, dans l’abîme de la solitude, pour la première fois il l’appelle par le nom générique de “Dieu”. Et il lui crie «d’une voix forte» le “pourquoi”, le “pourquoi” le plus déchirant: “Pourquoi, toi aussi, m’as-tu abandonné ?”. Ce sont en réalité les paroles d’un Psaume (cf. 21, 2): on y ditque Jésus a aussi porté en prière l’extrême désolation. Mais il reste le fait qu’il l’a éprouvée: il a éprouvé l’abandon le plus grand dont les Evangiles témoignent en rapportant ses paroles originales.
Pourquoi tout cela? Encore une fois pour nous, pour nous servir. Parce que lorsque nous nous sentons le dos au mur, quand nous nous trouvons dans une impasse, sans lumière et sans issue, quand il semble que même Dieu ne répond pas, nous nous rappelions que nous ne sommes pas seuls. Jésus a éprouvé l’abandon total, la situation qui lui est la plus étrangère, afin de nous être solidaire en tout. Il l’a fait pour moi, pour toi, pour nous tous, il l’a fait pour nous dire: “N’aie pas peur, tu n’es pas seul. J’ai éprouvé toute ta désolation pour être toujours à ton côté”. Voilà jusqu’où Jésus nous a servi, descendant dans l’abîme de nos souffrances les plus atroces, jusqu’à la trahison et à l’abandon. Aujourd’hui, dans le drame de la pandémie, face à tant de certitudes qui s’effritent, face à tant d’attentes trahies, dans le sens d’un abandon qui nous serre le cœur, Jésus dit à chacun de nous: “Courage: ouvre ton cœur à mon amour. Tu sentiras la consolation de Dieu, qui te soutient”.
Chers frères et sœurs, que pouvons-nous faire devant Dieu qui nous a servis jusqu’à éprouver la trahison et l’abandon? Nous pouvons ne pas trahir celui pour qui nous avons été créés, ne pas abandonner ce qui compte. Nous sommes au monde pour l’aimer, lui et les autres. Le reste passe, cela demeure. Le drame que nous sommes en train de traverser en ce moment nous pousse à prendre au sérieux ce qui est sérieux, et à ne pas nous perdre dans des choses de peu de valeur; à redécouvrir que la vie ne sert à rien si on ne sert pas. Parce que la vie se mesure sur l’amour. Alors, en ces jours saints, à la maison, tenons-nous devant le Crucifié – regardez, regardez le Crucifié! –, mesure de l’amour de Dieu pour nous. Devant Dieu qui nous sert jusqu’à donner sa vie, demandons, en regardant le Crucifié, la grâce de vivre pour servir. Cherchons à contacter celui qui souffre, celui qui est seul et dans le besoin. Ne pensons pas seulement à ce qui nous manque, pensons au bien que nous pouvons faire.
Voici mon serviteur que je soutiens. Le Père qui a soutenu Jésus dans sa Passion, nous encourage nous aussi dans le service. Certes, aimer, prier, pardonner, prendre soin des autres, en famille comme dans la société, peut coûter. Cela peut sembler un chemin de croix. Mais le chemin du service est le chemin vainqueur, qui nous a sauvés et qui nous sauve, qui nous sauve la vie. Je voudrais le dire spécialement aux jeunes, en cette Journée qui, depuis trente-cinq ans leur est consacrée. Chers amis, regardez les vrais héros, qui apparaissentces jours-ci : ce ne sont pas ceux qui ont renommée, argent et succès, mais ceux qui se donnent eux-mêmes pour servir les autres. Sentez-vous appelés à mettre en jeu votre vie. N’ayez pas peur de la dépenser pour Dieu et pour les autres, vous y gagnerez! Parce que la vie est un don qui se reçoit en se donnant. Et parce que la joie la plus grande est de dire oui à l’amour, sans si et sans mais. Dire oui à l’amour, sans si et sans mais. Comme l’a fait Jésus pour nous.
[00461-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Jesus “emptied himself, taking the form of a servant” (Phil 2:7). Let us allow these words of the Apostle Paul to lead us into these holy days, when the word of God, like a refrain, presents Jesus as servant: on Holy Thursday, he is portrayed as the servant who washes the feet of his disciples; on Good Friday, he is presented as the suffering and victorious servant (cf. Is 52:13); and tomorrow we will hear the prophecy of Isaiah about him: “Behold my servant, whom I uphold” (Is 42:1). God saved us by serving us. We often think we are the ones who serve God. No, he is the one who freely chose to serve us, for he loved us first. It is difficult to love and not be loved in return. And it is even more difficult to serve if we do not let ourselves be served by God.
But – just one question – how did the Lord serve us? By giving his life for us. We are dear to him; we cost him dearly. Saint Angela of Foligno said she once heard Jesus say: “My love for you is no joke”. His love for us led him to sacrifice himself and to take upon himself our sins. This astonishes us: God saved us by taking upon himself all the punishment of our sins. Without complaining, but with the humility, patience and obedience of a servant, and purely out of love. And the Father upheld Jesus in his service. He did not take away the evil that crushed him, but rather strengthened him in his suffering so that our evil could be overcome by good, by a love that loves to the very end.
The Lord served us to the point of experiencing the most painful situations of those who love: betrayal and abandonment.
Betrayal. Jesus suffered betrayal by the disciple who sold him and by the disciple who denied him. He was betrayed by the people who sang hosanna to him and then shouted: “Crucify him!” (Mt 27:22). He was betrayed by the religious institution that unjustly condemned him and by the political institution that washed its hands of him. We can think of all the small or great betrayals that we have suffered in life. It is terrible to discover that a firmly placed trust has been betrayed. From deep within our heart a disappointment surges up that can even make life seem meaningless. This happens because we were born to be loved and to love, and the most painful thing is to be betrayed by someone who promised to be loyal and close to us. We cannot even imagine how painful it was for God who is love.
Let us look within. If we are honest with ourselves, we will see our infidelities. How many falsehoods, hypocrisies and duplicities! How many good intentions betrayed! How many broken promises! How many resolutions left unfulfilled! The Lord knows our hearts better than we do. He knows how weak and irresolute we are, how many times we fall, how hard it is for us to get up and how difficult it is to heal certain wounds. And what did he do in order to come to our aid and serve us? He told us through the Prophet: “I will heal their faithlessness; I will love them deeply” (Hos 14:5). He healed us by taking upon himself our infidelity and by taking from us our betrayals. Instead of being discouraged by the fear of failing, we can now look upon the crucifix, feel his embrace, and say: “Behold, there is my infidelity, you took it, Jesus, upon yourself. You open your arms to me, you serve me with your love, you continue to support me… And so I will keep pressing on”.
Abandonment. In today’s Gospel, Jesus says one thing from the Cross, one thing alone: “My God, my God, why have you forsaken me?” (Mt 27:46). These are powerful words. Jesus had suffered the abandonment of his own, who had fled. But the Father remained for him. Now, in the abyss of solitude, for the first time he calls him by the generic name “God”. And “in a loud voice” he asks the question “why?”, the most excruciating “why?”: “Why did you too abandon me?”. These words are in fact those of a Psalm (cf. 22:2); they tell us that Jesus also brought the experience of extreme desolation to his prayer. But the fact remains that he himself experienced that desolation: he experienced the utmost abandonment, which the Gospels testify to by quoting his very words.
Why did all this take place? Once again, it was done for our sake, to serve us. So that when we have our back to the wall, when we find ourselves at a dead end, with no light and no way of escape, when it seems that God himself is not responding, we should remember that we are not alone. Jesus experienced total abandonment in a situation he had never before experienced in order to be one with us in everything. He did it for me, for you, for all of us; he did it to say to us: “Do not be afraid, you are not alone. I experienced all your desolation in order to be ever close to you”. That is the extent to which Jesus served us: he descended into the abyss of our most bitter sufferings, culminating in betrayal and abandonment. Today, in the tragedy of a pandemic, in the face of the many false securities that have now crumbled, in the face of so many hopes betrayed, in the sense of abandonment that weighs upon our hearts, Jesus says to each one of us: “Courage, open your heart to my love. You will feel the consolation of God who sustains you”.
Dear brothers and sisters, what can we do in comparison with God, who served us even to the point of being betrayed and abandoned? We can refuse to betray him for whom we were created, and not abandon what really matters in our lives. We were put in this world to love him and our neighbours. Everything else passes away, only this remains. The tragedy we are experiencing at this time summons us to take seriously the things that are serious, and not to be caught up in those that matter less; to rediscover that life is of no use if not used to serve others. For life is measured by love. So, in these holy days, in our homes, let us stand before the Crucified One – look upon the Crucified One! – the fullest measure of God’s love for us, and before the God who serves us to the point of giving his life, and, – fixing our gaze on the Crucified One – let us ask for the grace to live in order to serve. May we reach out to those who are suffering and those most in need. May we not be concerned about what we lack, but what good we can do for others.
Behold my servant, whom I uphold. The Father, who sustained Jesus in his Passion also supports us in our efforts to serve. Loving, praying, forgiving, caring for others, in the family and in society: all this can certainly be difficult. It can feel like a via crucis. But the path of service is the victorious and life giving path by which we were saved. I would like to say this especially to young people, on this Day which has been dedicated to them for thirty-five years now. Dear friends, look at the real heroes who come to light in these days: they are not famous, rich and successful people; rather, they are those who are giving themselves in order to serve others. Feel called yourselves to put your lives on the line. Do not be afraid to devote your life to God and to others; it pays! For life is a gift we receive only when we give ourselves away, and our deepest joy comes from saying yes to love, without ifs and buts. To truly say yes to love, without ifs and buts. As Jesus did for us.
[00461-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Jesus »entäußerte sich und wurde wie ein Sklave« (Phil 2,7). Lassen wir uns von diesen Worten des Apostels Paulus in die heiligen Tage einführen, wo Jesus in den Lesungen der Heiligen Schrift wiederholt als Knecht bezeichnet wird: am Gründonnerstag ist er der Diener, der den Jüngern die Füße wäscht; am Karfreitag wird als der leidende und siegreiche Gottesknecht dargestellt (vgl. Jes 52,13); und bereits morgen hören wir die Prophezeiung Jesajas über ihn: »Siehe, das ist mein Knecht, den ich stütze« (Jes 42,1). Gott hat uns gerettet, indem er uns dient. Wir denken im Allgemeinen, dass wir es sind, die Gott dienen. Nein, er ist es, der uns unentgeltlich gedient hat, weil er uns zuerst geliebt hat. Es ist schwierig zu lieben, wenn man selbst keine Liebe erfährt. Und noch schwieriger ist es zu dienen, wenn wir uns nicht von Gott bedienen lassen.
Aber – eine Frage – in welcher Weise hat der Herr uns gedient? Indem er sein Leben für uns gibt. Wir sind ihm lieb und er hat einen teuren Preis für uns gezahlt. Die heilige Angela von Foligno bezeugte, dass Jesus ihr folgende Worte sagte: »Ich habe dich nicht zum Spaß geliebt.« Seine Liebe brachte ihn dazu, sich für uns zu opfern, all unser Böses auf sich zu nehmen. Es fehlen einem die Worte: Gott hat uns gerettet, indem er zuließ, dass unser Böses sich gegen seinen Sohn richtete. Keine Gegenwehr, nur mit Demut, mit Geduld und mit dem Gehorsam des Dieners, allein mit der Kraft der Liebe. Und der Vater hat den Dienst Jesu mitgetragen: Er beseitigte das Böse nicht, das über seinen Sohn hereinbrach, sondern stütze ihn im Leiden, damit unser Böses allein mit dem Guten überwunden wird, damit es durch und durch von der Liebe durchdrungen wird. Durch und durch.
Der Herr hat uns gedient, selbst als er die für einen Liebenden schmerzlichsten Situationen erleben musste: Verrat und Verlassenheit.
Der Verrat. Jesus erlebte den Verrat des Jüngers, der ihn verkaufte, und des Jüngers, der ihn verleugnete. Er wurde von den Menschen verraten, die ihm zuerst zujubelten und dann schrien: »Ans Kreuz mit ihm!« (Mt 27,22). Er wurde verraten von der religiösen Institution, die ihn zu Unrecht verurteilte, und von der politischen Institution, die ihre Hände in Unschuld wusch. Denken wir an die kleinen oder großen Situationen des Verrats, die wir erleben mussten. Es ist schrecklich, wenn man entdeckt, dass das Vertrauen, das man in jemanden gesetzt hat, missbraucht wird. Eine solche Enttäuschung geht einem so zu Herzen, dass das Leben keinen Sinn mehr zu haben scheint. Dies kommt daher, weil wir geboren werden, um geliebt zu werden und um zu lieben, und am schmerzlichsten ist es, von denen verraten zu werden, die versprochen haben, uns loyal und nahe zu sein. Wir können uns nicht einmal vorstellen, wie schmerzhaft das für Gott war, für ihn, der die Liebe ist.
Blicken wir in unser eigenes Leben. Wenn wir uns selbst gegenüber ehrlich sind, werden wir unsere Untreue sehen. Wie viel Unaufrichtigkeit, Heuchelei und Doppelzüngigkeit da doch ist! Wie viele gute Absichten wir verraten haben! Wie viele gebrochene Versprechen! Wie viele Vorsätze haben wir aufgegeben! Der Herr kennt unsere Herzen besser als wir selbst, er weiß, wie schwach und unbeständig wir sind, wie oft wir fallen, wie schwer es uns fällt, wieder aufzustehen, und wie schwierig es ist, manche Wunden zu heilen. Und was hat er getan, um uns zu helfen, um uns zu dienen? Das, was er durch den Propheten gesagt hatte: »Ich will ihre Untreue heilen und sie aus freiem Willen wieder lieben« (Hos 14,5). Er heilte uns dadurch, dass er unsere Untreue auf sich nahm, dass er unseren Verrat hinwegnahm, damit wir uns nicht von Versagensängsten entmutigen lassen, sondern zum Gekreuzigten aufblicken können, uns von ihm umarmen lassen und sagen können: „Schau, meine Treulosigkeit dort, du, Jesus, hast sie mir genommen. Du kommst mir mit offenen Armen entgegen, du dienst mir mit deiner Liebe, du unterstützt mich weiterhin ... So gehe ich weiter!“
Die Verlassenheit. Am Kreuz sagt Jesus im Evangelium des heutigen Tages nur einen Satz: »Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?« (Mt 27,46). Das ist ein starkes Wort. Jesus hatte die leidvolle Erfahrung machen müssen, dass die Seinen geflohen waren und ihn im Stich gelassen hatten. Der Vater aber war bei ihm geblieben. Nun, in abgrundtiefer Einsamkeit, nennt er ihn zum ersten Mal mit der allgemeinen Bezeichnung „Gott“. Und er ruft ihm mit »lauter Stimme« dieses „Warum?“, dieses herzzerreißende „Warum?“ zu: „Warum hast auch du mich verlassen?“ Dies sind eigentlich Worte eines Psalms (vgl. 22,2). Sie sagen uns, dass Jesus auch seine äußerste Trostlosigkeit ins Gebet gebracht hat. Aber die Tatsache bleibt, dass er dies erlebt hat: Er erlebte die größte Verlassenheit, welche die Evangelien bezeugen und mit seinen ursprünglichen Worten wiedergeben.
Warum all das? Noch einmal für uns, um uns zu dienen. Damit wir dann, wenn wir mit dem Rücken zur Wand stehen, wenn wir uns in einer Sackgasse befinden, ohne Licht und ohne Ausweg, und wenn es scheint, dass selbst Gott nicht antwortet, uns daran erinnern, dass wir nicht allein sind. Jesus erlebte die totale Verlassenheit, die ihm an sich ganz fremd ist, um mit uns vollkommen solidarisch zu sein. Das hat er für mich getan, für dich, für uns alle; er hat es getan, um uns zu sagen: „Hab keine Angst, du bist nicht allein. Ich habe all deine Trostlosigkeit erlebt, um immer an deiner Seite zu sein.“ So weit also ging Jesus in seinem Dienst, dass er in den Abgrund unserer schrecklichsten Leiden hinabstieg, bis hin zu Verrat und Verlassenheit. Heute, in dieser dramatischen Situation der Pandemie, angesichts so vieler Gewissheiten, die zerbröckeln, angesichts so vieler enttäuschter Erwartungen, in diesem Gefühl bedrückender Verlassenheit, sagt Jesus zu einem jeden: „Nur Mut! Öffne dein Herz meiner Liebe. Du wirst den Trost Gottes spüren, der dir beisteht.“
Liebe Brüder und Schwestern, was können wir, die wir vor Gott stehen, tun, der uns bis zur Erfahrung von Verrat und Verlassenheit gedient hat? Wir sollen das nicht verraten, wofür wir geschaffen wurden, und das nicht aufgeben, was zählt. Wir sind auf der Welt, um Gott und unsere Mitmenschen zu lieben. Das bleibt, alles andere vergeht. Das Drama, das wir in diesen Tagen gerade durchleben, drängt uns, die ernsten Dinge ernst zu nehmen und uns nicht in Belanglosigkeiten zu verlieren; wiederzuentdecken, dass das Leben zu nichts dient, wenn man nicht dient. Denn das Leben wird an der Liebe gemessen. So stehen wir in diesen heiligen Tagen zu Hause vor dem Gekreuzigten – Schaut, blickt auf den Gekreuzigten! –, an dem sichtbar wird, wie sehr Gott uns geliebt hat. Mit dem Blick auf den Gekreuzigten bitten wir den Gottessohn, dessen Dienst bis zur Hingabe seines Lebens geht, um die Gnade, dass wir leben, um zu dienen. Versuchen wir, mit denen Kontakt zu halten, die leiden, die allein sind und bedürftig. Denken wir nicht nur an das, was uns fehlt, denken wir auch an das Gute, das wir tun können.
Siehe, das ist mein Knecht, den ich stütze. Der Vater, der Jesus auf seinem Leidesweg gestützt hat, ermutigt auch uns in unserem Dienst. Sicherlich, zu lieben, beten, vergeben und sich um andere zu kümmern, in der Familie wie auch in der Gesellschaft, kann einiges kosten. Es mag wie ein Kreuzweg erscheinen. Aber der Weg des Dienens ist der Weg des Sieges, der uns erlöst hat und uns erlöst, der unser Leben rettet. Ich möchte dies besonders den jungen Menschen sagen, an diesem Tag, der ihnen seit 35 Jahren gewidmet ist. Liebe Freunde, schaut auf die wahren Helden, die in diesen Tagen zum Vorschein kommen. Es sind nicht diejenigen, die Ruhm, Geld und Erfolg haben, sondern diejenigen, die in Selbsthingabe anderen dienen. Fühlt euch berufen, euer Leben einzusetzen. Habt keine Angst, es für Gott und die anderen zu geben, ihr werdet dabei gewinnen! Denn das Leben ist ein Geschenk, das einem zuteilwird, wenn man sich selbst hingibt; und die größte Freude besteht darin, Ja zu sagen zur Liebe, ohne Wenn und Aber. Ja zu sagen zur Liebe, ohne Wenn und Aber. So, wie Jesus es für uns getan hat.
[00461-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Jesús «se despojó de sí mismo tomando la condición de esclavo» (Flp 2,7). Con estas palabras del apóstol Pablo, dejémonos introducir en los días santos, donde la Palabra de Dios, como un estribillo, nos muestra a Jesús como siervo: el siervo que lava los pies a los discípulos el Jueves santo; el siervo que sufre y que triunfa el Viernes santo (cf. Is 52,13); y mañana, Isaías profetiza sobre Él: «Mirad a mi Siervo, a quien sostengo» (Is 42,1). Dios nos salvó sirviéndonos. Normalmente pensamos que somos nosotros los que servimos a Dios. No, es Él quien nos sirvió gratuitamente, porque nos amó primero. Es difícil amar sin ser amados, y es aún más difícil servir si no dejamos que Dios nos sirva.
Pero, una pregunta: ¿Cómo nos sirvió el Señor? Dando su vida por nosotros. Él nos ama, puesto que pagó por nosotros un gran precio. Santa Ángela de Foligno aseguró haber escuchado de Jesús estas palabras: «No te he amado en broma». Su amor lo llevó a sacrificarse por nosotros, a cargar sobre sí todo nuestro mal. Esto nos deja con la boca abierta: Dios nos salvó dejando que nuestro mal se ensañase con Él. Sin defenderse, sólo con la humildad, la paciencia y la obediencia del siervo, simplemente con la fuerza del amor. Y el Padre sostuvo el servicio de Jesús, no destruyó el mal que se abatía sobre Él, sino que lo sostuvo en su sufrimiento, para que sólo el bien venciera nuestro mal, para que fuese superado completamente por el amor. Hasta el final.
El Señor nos sirvió hasta el punto de experimentar las situaciones más dolorosas de quien ama: la traición y el abandono.
La traición. Jesús sufrió la traición del discípulo que lo vendió y del discípulo que lo negó. Fue traicionado por la gente que lo aclamaba y que después gritó: «Sea crucificado» (Mt 27,22). Fue traicionado por la institución religiosa que lo condenó injustamente y por la institución política que se lavó las manos. Pensemos en las traiciones pequeñas o grandes que hemos sufrido en la vida. Es terrible cuando se descubre que la confianza depositada ha sido defraudada. Nace tal desilusión en lo profundo del corazón que parece que la vida ya no tuviera sentido. Esto sucede porque nacimos para amar y ser amados, y lo más doloroso es la traición de quién nos prometió ser fiel y estar a nuestro lado. No podemos ni siquiera imaginar cuán doloroso haya sido para Dios, que es amor.
Examinémonos interiormente. Si somos sinceros con nosotros mismos, nos daremos cuenta de nuestra infidelidad. Cuánta falsedad, hipocresía y doblez. Cuántas buenas intenciones traicionadas. Cuántas promesas no mantenidas. Cuántos propósitos desvanecidos. El Señor conoce nuestro corazón mejor que nosotros mismos, sabe que somos muy débiles e inconstantes, que caemos muchas veces, que nos cuesta levantarnos de nuevo y que nos resulta muy difícil curar ciertas heridas. ¿Y qué hizo para venir a nuestro encuentro, para servirnos? Lo que había dicho por medio del profeta: «Curaré su deslealtad, los amaré generosamente» (Os 14,5). Nos curó cargando sobre sí nuestra infidelidad, borrando nuestra traición. Para que nosotros, en vez de desanimarnos por el miedo al fracaso, seamos capaces de levantar la mirada hacia el Crucificado, recibir su abrazo y decir: “Mira, mi infidelidad está ahí, Tú la cargaste, Jesús. Me abres tus brazos, me sirves con tu amor, continúas sosteniéndome... Por eso, ¡sigo adelante!”.
El abandono. En el Evangelio de hoy, Jesús en la cruz dice una frase, sólo una: «Dios mío, Dios mío, ¿por qué me has abandonado?» (Mt 27,46). Es una frase dura. Jesús sufrió el abandono de los suyos, que habían huido. Pero le quedaba el Padre. Ahora, en el abismo de la soledad, por primera vez lo llama con el nombre genérico de “Dios”. Y le grita «con voz potente» el “¿por qué?”, el por qué más lacerante: “¿Por qué, también Tú, me has abandonado?”. En realidad, son las palabras de un salmo (cf. 22,2) que nos dicen que Jesús llevó a la oración incluso la desolación extrema, pero el hecho es que en verdad la experimentó. Comprobó el abandono más grande, que los Evangelios testimonian recogiendo sus palabras originales.
¿Y todo esto para qué? Una vez más por nosotros, para servirnos. Para que cuando nos sintamos entre la espada y la pared, cuando nos encontremos en un callejón sin salida, sin luz y sin escapatoria, cuando parezca que ni siquiera Dios responde, recordemos que no estamos solos. Jesús experimentó el abandono total, la situación más ajena a Él, para ser solidario con nosotros en todo. Lo hizo por mí, por ti, por todos nosotros, lo ha hecho para decirnos: “No temas, no estás solo. Experimenté toda tu desolación para estar siempre a tu lado”. He aquí hasta dónde Jesús fue capaz de servirnos: descendiendo hasta el abismo de nuestros sufrimientos más atroces, hasta la traición y el abandono. Hoy, en el drama de la pandemia, ante tantas certezas que se desmoronan, frente a tantas expectativas traicionadas, con el sentimiento de abandono que nos oprime el corazón, Jesús nos dice a cada uno: “Ánimo, abre el corazón a mi amor. Sentirás el consuelo de Dios, que te sostiene”.
Queridos hermanos y hermanas: ¿Qué podemos hacer ante Dios que nos sirvió hasta experimentar la traición y el abandono? Podemos no traicionar aquello para lo que hemos sido creados, no abandonar lo que de verdad importa. Estamos en el mundo para amarlo a Él y a los demás. El resto pasa, el amor permanece. El drama que estamos atravesando en este tiempo nos obliga a tomar en serio lo que cuenta, a no perdernos en cosas insignificantes, a redescubrir que la vida no sirve, si no se sirve. Porque la vida se mide desde el amor. De este modo, en casa, en estos días santos pongámonos ante el Crucificado —mirad, mirad al Crucificado—, que es la medida del amor que Dios nos tiene. Y, ante Dios que nos sirve hasta dar la vida, pidamos, mirando al Crucificado, la gracia de vivir para servir. Procuremos contactar al que sufre, al que está solo y necesitado. No pensemos tanto en lo que nos falta, sino en el bien que podemos hacer.
Mirad a mi Siervo, a quien sostengo. El Padre, que sostuvo a Jesús en la Pasión, también a nosotros nos anima en el servicio. Es cierto que puede costarnos amar, rezar, perdonar, cuidar a los demás, tanto en la familia como en la sociedad; puede parecer un vía crucis. Pero el camino del servicio es el que triunfa, el que nos salvó y nos salva, nos salva la vida. Quisiera decirlo de modo particular a los jóvenes, en esta Jornada que desde hace 35 años está dedicada a ellos. Queridos amigos: Mirad a los verdaderos héroes que salen a la luz en estos días. No son los que tienen fama, dinero y éxito, sino son los que se dan a sí mismos para servir a los demás. Sentíos llamados a jugaros la vida. No tengáis miedo de gastarla por Dios y por los demás: ¡La ganaréis! Porque la vida es un don que se recibe entregándose. Y porque la alegría más grande es decir, sin condiciones, sí al amor. Es decir, sin condiciones, sí al amor, como hizo Jesús por nosotros.
[00461-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Jesus «esvaziou-Se a Si mesmo, tomando a condição de servo» (Flp 2, 7). Deixemo-nos introduzir por estas palavras do apóstolo Paulo nos dias da Semana Santa em que a Palavra de Deus, quase como um refrão, nos mostra Jesus como servo: na Quinta-feira Santa, é o servo que lava os pés aos discípulos; na Sexta-feira Santa, é apresentado como o servo sofredor e vitorioso (cf. Is 52, 13); e, já amanhã, ouvimos Isaías profetizar acerca d’Ele: «Eis o meu servo que Eu amparo» (42, 1). Deus salvou-nos, servindo-nos. Geralmente pensamos que somos nós que servimos a Deus. Mas não; foi Ele que nos serviu gratuitamente, porque nos amou primeiro. É difícil amar, sem ser amado; e é ainda mais difícil servir, se não nos deixamos servir por Deus.
Uma pergunta: e como nos serviu o Senhor? Dando a sua vida por nós. Somos queridos a seus olhos, mas custamos-Lhe caro. Santa Ângela de Foligno testemunhou que ouviu de Jesus estas palavras: «Amar-te não foi uma brincadeira». O seu amor levou-O a sacrificar-Se por nós, a tomar sobre Si todo o nosso mal. É algo que nos deixa sem palavras: Deus salvou-nos, deixando que o nosso mal se encarniçasse sobre Ele: sem reagir, somente com a humildade, paciência e obediência do servo, exclusivamente com a força do amor. E o Pai sustentou o serviço de Jesus: não desbaratou o mal que se abatia sobre Ele, mas sustentou o seu sofrimento, para que o nosso mal fosse vencido apenas com o bem, para que fosse completamente atravessado pelo amor. Em toda a sua profundidade.
O Senhor serviu-nos até ao ponto de experimentar as situações mais dolorosas para quem ama: a traição e o abandono.
A traição. Jesus sofreu a traição do discípulo que O vendeu e do discípulo que O renegou. Foi traído pela multidão que primeiro clamava hossana, e depois «seja crucificado!» (Mt 27, 22). Foi traído pela instituição religiosa que O condenou injustamente, e pela instituição política que lavou as mãos. Pensemos nas traições, pequenas ou grandes, que sofremos na vida. É terrível quando se descobre que a confiança deposta foi burlada. No fundo do coração, nasce uma tal deceção que a vida parece deixar de ter sentido. É assim, porque nascemos para ser amados e para amar, e o mais doloroso é ser traído por quem nos prometera ser leal e solidário. Não podemos sequer imaginar como terá sido doloroso para Deus, que é amor.
Olhemos dentro nós mesmos; se formos sinceros para connosco, veremos as nossas infidelidades. Tanta falsidade, hipocrisia e fingimento! Tantas boas intenções traídas! Tantas promessas quebradas! Tantos propósitos esmorecidos! O Senhor conhece melhor do que nós o nosso coração; sabe como somos fracos e inconstantes, quantas vezes caímos, quanto nos custa levantar e como é difícil sanar certas feridas. E que fez Ele para nos ajudar, para nos servir? Aquilo que dissera através do profeta: «Curarei a sua infidelidade, amá-los-ei de todo o coração» (Os 14, 5). Curou-nos, tomando sobre Si as nossas infidelidades, removendo as nossas traições. Assim nós, em vez de desanimarmos com medo de não ser capazes, podemos levantar o olhar para o Crucificado, receber o seu abraço e dizer: «Olha! A minha infidelidade está ali. Fostes Vós, Jesus, que pegastes nela. Abris-me os braços, servis-me com o vosso amor, continuais a amparar-me... Assim poderei seguir em frente!»
O abandono. Segundo o Evangelho de hoje, na cruz, Jesus diz uma frase, uma apenas: «Meu Deus, meu Deus, porque Me abandonaste?» (Mt 27, 46). É uma frase impressionante. Jesus sofrera o abandono dos seus, que fugiram. Restava-Lhe, porém, o Pai. Agora, no abismo da solidão, pela primeira vez designa-O pelo nome genérico de «Deus». E clama, «com voz forte», «porquê», o «porquê» mais dilacerante: «Porque Me abandonaste também Tu?» Na realidade, trata-se das palavras de um Salmo (cf. 22, 2), que nos dizem como Jesus levou à oração inclusive a extrema desolação. Mas, a verdade é que Ele a experimentou: experimentou o maior abandono, que os Evangelhos atestam reproduzindo as suas palavras originais.
Porquê tudo isto? Uma vez mais… por nós, para servir-nos. Porque quando nos sentimos encurralados, quando nos encontramos num beco sem saída, sem luz nem via de saída, quando parece que nem Deus responde, lembremo-nos que não estamos sozinhos. Jesus experimentou o abandono total, a situação mais estranha para Ele, a fim de ser em tudo solidário connosco. Fê-lo por mim, por ti, por todos nós; fê-lo para nos dizer: «Não temas! Não estás sozinho. Experimentei toda a tua desolação para estar sempre ao teu lado». Eis o ponto até onde nos serviu Jesus, descendo ao abismo dos nossos sofrimentos mais atrozes, até à traição e ao abandono. Hoje, no drama da pandemia, perante tantas certezas que se desmoronam, diante de tantas expetativas traídas, no sentido de abandono que nos aperta o coração, Jesus diz a cada um: «Coragem! Abre o coração ao meu amor. Sentirás a consolação de Deus, que te sustenta».
Queridos irmãos e irmãs, que podemos fazer vendo Deus que nos serviu até experimentar a traição e o abandono? Podemos não trair aquilo para que fomos criados, nem abandonar o que conta. Estamos no mundo, para amar a Ele e aos outros: o resto passa, isto permanece. O drama que estamos a atravessar neste período impele-nos a levar a sério o que é sério, a não nos perdermos em coisas de pouco valor; a redescobrir que a vida não serve, se não se serve. Porque a vida mede-se pelo amor. Então, nestes dias da Semana Santa, em casa, permaneçamos diante do Crucificado – contemplai, contemplai o Crucificado! –, medida do amor de Deus por nós. Diante de Deus, que nos serve até dar a vida, contemplando o Crucificado peçamos a graça de viver para servir. Procuremos contactar quem sofre, quem está sozinho e necessitado. Não pensemos só naquilo que nos falta; pensemos no bem que podemos fazer.
Eis o meu servo que Eu sustento. O Pai, que sustentou Jesus na Paixão, anima-nos, também a nós, no serviço. É certo que amar, rezar, perdoar, cuidar dos outros, tanto em família como na sociedade, pode custar; pode parecer uma via-sacra. Mas a senda do serviço é o caminho vencedor, que nos salvou e salva, que nos salva a vida. Gostaria de o dizer especialmente aos jovens, neste Dia que, há 35 anos, lhes é dedicado. Queridos amigos, olhai para os verdadeiros heróis que vêm à luz nestes dias: não são aqueles que têm fama, dinheiro e sucesso, mas aqueles que se oferecem para servir os outros. Senti-vos chamados a arriscar a vida. Não tenhais medo de a gastar por Deus e pelos outros! Lucrareis… Porque a vida é um dom que se recebe doando-se. E porque a maior alegria é dizer sim ao amor, sem se nem mas... Dizer sim ao amor, sem se nem mas, como fez Jesus por nós.
[00461-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Jezus „ogołocił samego siebie, przyjąwszy postać sługi” (Flp 2, 7). Pozwólmy się wprowadzić tymi słowami Apostoła Pawła w dni święte, gdzie Słowo Boże, jak refren, ukazuje Jezusa jako sługę: w Wielki Czwartek jest sługą umywającym uczniom nogi; w Wielki Piątek jest ukazywany jako sługa cierpiący i zwycięski (por. Iz 52, 13); a już jutro Izajasz prorokuje o nim: „Oto mój sługa, którego podtrzymuję” (Iz 42, 1). Bóg nas zbawił, służąc nam. Zazwyczaj sądzimy, że to my służymy Bogu. Nie, to On służył nam bezinteresownie, bo pierwszy nas umiłował. Trudno jest kochać nie będąc kochanym. A jeszcze trudniej służyć, jeśli nie pozwolimy, by służył nam Bóg.
Ale pytanie: w jaki sposób służył nam Pan? Oddając za nas swoje życie. Jesteśmy mu drodzy i drogo Go kosztowaliśmy. Święta Aniela z Foligno zaświadczyła, iż usłyszała od Jezusa następujące słowa: „To nie dla żartów cię pokochałem”. Jego miłość przywiodła Go do złożenia za nas siebie w ofierze, do wzięcia na siebie całego naszego zła. Bóg nas zbawił, pozwalając, by nasze zło rozpętało się nad Nim. Nie reagując, jedynie z pokorą, cierpliwością i posłuszeństwem sługi, wyłącznie z siłą miłości. A Ojciec podtrzymywał służbę Jezusa: nie rozgromił zła, które się na Niego zwaliło, ale podtrzymywał Jego cierpienie, aby nasze zło zostało pokonane jedynie dobrem, aby było przeniknięte na wskroś miłością. Na wskroś.
Pan służył nam do tego stopnia, że doświadczył sytuacji najbardziej bolesnych dla tego, kto kocha: zdrady i opuszczenia.
Zdrada. Jezus doznał zdrady od ucznia, który go sprzedał oraz od ucznia, który się go zaparł. Został zdradzony przez ludzi, którzy wołali „Hosanna” , a później krzyczeli: „Na krzyż z Nim!” (Mt 27, 22). Został zdradzony przez instytucję religijną, która Go niesprawiedliwie skazała i przez instytucję polityczną, która umyła sobie ręce. Pomyślmy o małych lub dużych zdradach, jakich doznaliśmy w życiu. To straszne, gdy odkrywamy, że uzasadnione zaufanie zostało zawiedzione. W głębi serca rodzi się tak wielkie rozczarowanie, że życie zdaje się już nie mieć sensu. Dzieje się tak, ponieważ rodzimy się, aby być kochanymi i aby kochać, a rzeczą najbardziej bolesną jest zdrada ze strony tych, którzy przyrzekli nam być wiernymi i bliskimi. Nie możemy sobie nawet wyobrazić, jak bolesne to było dla Boga, który jest miłością.
Spójrzmy w nasze wnętrze. Jeśli będziemy wobec siebie szczerzy, to zobaczymy nasze niewierności. Jak wiele kłamstw, obłudy i dwulicowości! Ileż dobrych intencji zdradzonych! Ileż nie dotrzymanych obietnic! Ileż postanowień się rozpłynęło! Pan zna nasze serce lepiej niż my, wie jak słabi i niestali jesteśmy, jak często upadamy, jak ciężko nam powstać i jak trudno uleczyć niektóre rany. A co uczynił, żeby wyjść nam naprzeciw, żeby nam służyć? To, co powiedział przez proroka: „Uleczę ich niewierność i umiłuję ich z serca” (Oz 14, 5). Uzdrowił nas, biorąc na siebie nasze niewierności, odpuszczając nam nasze zdrady. Abyśmy, zamiast popaść w zniechęcenie, obawiając się, że nie damy rady, mogli spojrzeć w górę na Ukrzyżowanego, przyjąć Jego uścisk i powiedzieć: „Oto moja niewierność jest tam, Ty ją wziąłeś, Jezu. Otwierasz przede mną ramiona, służysz mi swoją miłością, stale mnie wspierasz... Zatem idę naprzód!”.
Opuszczenie. Na krzyżu, w dzisiejszej Ewangelii, Jezus mówi jedno jedyne zdanie: „Boże mój, Boże mój, czemuś Mnie opuścił? (Mt 27, 46). To mocne zdanie. Jezus cierpiał z powodu opuszczenia przez swoich uczniów, którzy uciekli. Ale został Mu Ojciec. Teraz, w otchłani samotności, nazwał Go po raz pierwszy imieniem ogólnym „Boże”. I zawołał do Niego „donośnym głosem” „dlaczego?”, najbardziej rozdzierające „dlaczego?”: „Dlaczego także i Ty mnie opuściłeś?”. Są to w istocie słowa Psalmu (por. 22, 2): mówią nam one, że Jezus również zaniósł w modlitwie najskrajniejszą rozpacz. Ale faktem jest, że jej doświadczył: doświadczył największego opuszczenia, o którym świadczą Ewangelie, cytując Jego oryginalne słowa.
Po co to wszystko? Po raz kolejny - by nam służyć. Bo kiedy czujemy się przyparci do muru, kiedy znajdujemy się w ślepej uliczce, bez światła i bez wyjścia, kiedy wydaje się, że nawet Bóg nie odpowiada, abyśmy pamiętali, że nie jesteśmy sami. Jezus doświadczył całkowitego opuszczenia, sytuacji najbardziej Jemu obcej, aby być w pełni solidarnym z nami. Uczynił to dla mnie, dla ciebie, dla nas wszystkich, zrobił to, żeby nam powiedzieć: „Nie lękaj się, nie jesteś sam”. Doświadczyłem w pełni twojej rozpaczy, aby być zawsze u twego boku”. Oto jak dalece Jezus nam służył, zstępując w otchłań naszych najokrutniejszych cierpień, aż po zdradę i opuszczenie. Dzisiaj, w dramacie pandemii, w obliczu tak wielu pewników, które się rozpadają, w obliczu wielu zdradzonych oczekiwań, w poczuciu opuszczenia, które ściska nam serce, Jezus mówi do każdego z nas: „Odwagi: otwórz swoje serce na moją miłość. Poczujesz pocieszenie Boga, który cię podtrzymuje”.
Drodzy bracia i siostry, co możemy uczynić przed Bogiem, który służył nam aż po doświadczenie zdrady i opuszczenia? Możemy nie zdradzić tego, do czego zostaliśmy stworzeni, nie porzucić tego, co się liczy. Jesteśmy na świecie, aby miłować Jego i innych ludzi. Reszta przemija, a to zostaje. Przeżywany przez nas w tym czasie dramat pobudza nas, by brać na serio to, co jest poważne, by nie zagubić się w rzeczach błahych; do ponownego odkrycia, że życie do niczego nie służy, jeśli nie służymy. Ponieważ życie jest mierzone miłością. Tak więc, w tych świętych dniach, w domu, stajemy przed Krucyfiksem – wpatrujcie się, wpatrujcie się w Krzyż! -, będący miarą miłości Boga do nas. Przed Bogiem, który służy nam do tego stopnia, że daje życie, prośmy – wpatrując się w Krzyż – o łaskę, by żyć, aby służyć. Spróbujmy nawiązać kontakt z tymi, którzy cierpią, z tymi, którzy są sami i w potrzebie. Pomyślmy nie tylko o tym, czego nam brakuje, pomyślmy o dobru, które możemy uczynić.
„Oto mój sługa, którego podtrzymuję”. Ojciec, który podtrzymywał Jezusa w Męce, zachęca także i nas do służby. Z pewnością miłowanie, modlitwa, przebaczanie, zatroszczenie się o innych, zarówno w rodzinie, jak i w społeczeństwie, może kosztować. Może się wydawać, że jest to droga krzyżowa. Ale droga służby jest drogą zwycięską, która nas zbawiła i która nas zbawia, ocala nasze życie. Chciałbym to powiedzieć szczególnie młodym, w tym Dniu, który od 35 lat jest im poświęcony. Drodzy przyjaciele, spójrzcie na prawdziwych bohaterów, którzy w tych dniach się ujawniają: nie są to ci, którzy mają sławę, pieniądze i sukcesy, ale ci, którzy dają siebie, aby służyć innym. Poczujcie się wezwani, by postawić na szali wasze życie. Nie bójcie się poświęcić go dla Boga i dla innych, zyskacie na tym! Ponieważ życie jest darem, który otrzymujemy dając siebie. Dlatego też, że największą radością jest powiedzenie „tak” dla miłości, bez „jeśli” czy „ale”. Powiedzieć „tak” miłości, bez „jeśli” i bez „ale”. Tak jak Jezus uczynił to dla nas.
[00461-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
عظة قداسة البابا فرنسيس
خلال قدّاس أحد الشعانين
الأحد، 5 أبريل / نيسان 2020
بازليك القدّيس بطرس
"تَجرَّدَ [يسوع] مِن ذاتِه مُتَّخِذًا صُورةَ العَبْد وصارَ على مِثالِ البَشَر" (فل 2، 7). لتكن كلمات بولس الرسول هذه مدخلًا لنا في أسبوع الآلام، حيث تتردّد في القراءات، مثل لازمةٍ، أنّ يسوع هو الذي يَخدم: فهو الخادم الذي يغسل أقدام التلاميذ يوم خميس الأسرار. وهو العبد المتألّم والمنتصر يوم الجمعة العظيمة (را. أش 52، 13)؛ ويقول فيه أشعياء في قراءة الغد: "هُوَذا عَبدِيَ الَّذي أَعضُدُه" (أش 42، 1). خلّصنا الله بأن صار خادمًا لنا. نظنّ عادةً أننا نحن الخدام وعبيد لله. كلّا، بل هو الذي صار لنا خادمًا مجّانًا، لأنه هو الذي أحبّنا أوّلًا. من الصعب أن نحبّ دون أن نكون محبوبين. ومن الأصعب أيضًا أن نَخدم إن لم نقبل أن يخدمنا الله أوّلًا.
ولكن – سؤال - كيف خدمنا الربّ؟ بذل حياته من أجلنا. أحبّنا ودفع الثمن الغالي عنا. شهدت القدّيسة أنجيلا من فولينيو أنها سمعت يسوع يقول هذه الكلمات: "لم أحبّكِ على سبيل المزاح". إذ قاده حبّه إلى أن يبذل نفسه من أجلنا، وحمل كلّ خطايانا على عاتقه. إنه لأمر مذهل للغاية: لقد خلّصنا الله راضيًا بأن يسحقه شرّنا. ولم يرُدّ بكلمة، إنما بالتواضع فقط والصبر وطاعة العبد، وبقوة المحبّة لا غير. وقد عضد الآب خدمة يسوع: لم يقهر الشرّ الذي وقع عليه، بل عضده في معاناته، كي يتغلّب على شرّنا بالخير وحده، وكي يمسح تماما شرَّنا بالمحبة. يمسحه بالتمام.
صار الله عبدًا لنا حتى إنه عاش أكثر الأوضاع إيلامًا مِن أجل مَن يحبّ: الخيانة والتخلّي.
الخيانة. عانى يسوع من خيانة التلميذ الذي باعه والتلميذ الذي أنكره. خانه الأشخاص الذين هتفوا له هوشعنا ثم صاحوا: "لِيُصلَبْ!" (متى 27، 22). خانته السلطات الدينية التي حكمت عليه ظلمًا والسلطات السياسية التي غسلت يديها. لنفكر في الخيانات الصغيرة أو الكبيرة التي عانينا منها في حياتنا. إنه لأمر فظيع عندما يتبيّن لنا أننا وضعنا ثقتنا في شخصٍ ما ثم خاننا. فتنشأ في عمق قلبنا خيبة أمل كبيرة وتبدو الحياة معها وكأنها قد فقدت معناها. يحدث هذا لأننا وُلدنا كي نُحَبّ ونُحِبّ، وأكثر الأمور ألمًا هو أن يخوننا مَنْ وعدنا بأن يكون مخلصًا لنا وقريبًا منّا. لا يمكننا حتى أن نتخيّل كم كان الأمر مؤلمًا لله الذي هو محبّة.
لننظر في داخلنا. إن كنّا صادقين مع أنفسنا، فسوف نرى خياناتنا. كم من الأكاذيب والنفاق والازدواجية! كم من النوايا الحسنة التي خنّاها! وكم من الوعود التي لم نفِ بها! وكم من القرارات التي لم ننفّذها! يعرف الله قلبنا أفضل منّا، فهو يعرف مدى ضعفنا وعدم ثباتنا، وعدد سقطاتنا، وكم يصعب علينا النهوض، ومدى صعوبة شفاء بعض الجروح فينا. وماذا فعل كي يساعدنا ويخدمنا؟ إنه يقول على فم النبي: "أَشفيهم مِنِ ارتدادِهم وأُحِبُّهم بِسَخاء" (هو 14، 5). شفانا آخذًا على عاتقه عدم أمانتنا، وماحيًا خياناتنا. وهكذا نحن، بدل أن نحبط خوفًا من عجزنا، بإمكاننا أن نرفع نظرنا نحو الصليب فنعانقه ونقول: "هذه هي خيانتي، لقد تحمّلتها أنت يا يسوع. إنك تفتح ذراعيك لي، تحبني فتخدمني، وتستمرّ في مساندتي... لذلك سأتابع سيري!".
التخلّي. في إنجيل اليوم، يقول يسوع، وهو على الصليب، جملة واحدة فقط: "إِلهي، إِلهي، لِماذا تَرَكْتني؟" (متى 27، 46). إنها عبارة مؤثرة. لقد تألّم يسوع من تخلّي تلاميذه الذين تركوه وهربوا. لكن بقي له الآب. والآن، من هاوية التخلي والوحدة، ولأوّل مرّة يدعو أباه باسمه العامّ "الله". ويصرخ بصوت عالٍ "لماذا؟"، "لماذا؟"، السؤال الممَزِّق: "لماذا تخلّيت عنّي أنت أيضًا؟". إنها في الواقع كلمات المزمور (را. 22، 2): تخبرنا أن يسوع حمل في صلاته أيضًا أشدّ الأوضاع صعوبة. نعم، عرف الشدة، واختبر التخلّي الأكبر، الذي تشهد له الأناجيل وتكرر كلماته الأصلية: إِيلي إِيلي لَمَّا شَبَقْتاني؟
لماذا كلّ هذا؟ مرّة أخرى، كل هذا من أجلنا، من أجل أن يخدمنا. حتى إذا ما شعرنا بالكلال، ووجدنا أنفسنا في طريق مسدود، لا نور فيه ولا مخرج له، عندما يبدو أن الله أيضًا لا يستجيب، نتذكّر أننا لسنا بمفردنا. لقد اختبر يسوع التخلّي التام، وهو الوضع الأكثر غرابة بالنسبة له، حتى يكون متضامنًا معنا في كلّ شيء. لقد اختبره من أجلي ومن أجلك، ومن أجل الجميع، لقد اختبره كي يقول لنا: "لا تخَف، لست وحدك. لقد اختبرت كلّ أوضاعك الصعبة كي أكون دائما بجانبك". إلى هذا الحدّ خدمنا يسوع، انحدر إلى أحلك هاوية معاناتنا، حتى الخيانة والتخلّي. واليوم، في مأساة الجائحة، وإزاء الكثير من الضمانات التي تنهار، وإزاء الكثير من التطلّعات التي تسقط، وإزاء الإحساس بالتخلّي الذي تضيق به قلوبنا، يقول يسوع لكلّ واحد منّا: "تشجّع: افتح قلبك لمحبّتي، وسوف تشعر بعزاء الله الذي يعضدك".
أيها الإخوة والأخوات الأعزّاء، ماذا يمكننا أن نفعل أمام الله الذي خدمنا إلى حدّ أنه اختبر الخيانة والتخلّي؟ يمكننا ألا نخون ما خُلقنا من أجله، وألا نتخلّى عمّا هو مهم. نحن في العالم كي نحب الله ونحبّ الآخرين. كل شيء يزول، وهذا يبقى. تدفعنا المأساة التي نمرّ بها في هذا الوقت إلى أن نأخذ على محمل الجدّ ما هو جدّي، وألّا نضيع في أشياء تافهة؛ وأن نكتشف من جديد أنه لا فائدة أن نحيا دون أن نخدم. لأنّ الحياة تُقاس بالمحبّة. لذا فلنَقِف، في هذه الأيام المقدّسة، في المنزل، أمام الصليب– أنظروا إلى الصليب!-، إنه مقياس محبّة الله لنا. أمام الله الذي خدمنا إلى حدّ أنه بذل حياته من أجلنا، لنطلب، ونحن ناظرين للمصلوب، هذه النعمة: أن نعيش كي نخدم. لنحاول الاتّصال بمَن يعاني، بمن هو وحيد ومحتاج. يجب ألا أن نفكّر فقط في الأمور التي نفتقد لها، بل حتى في الخير الذي يمكننا أن نصنعه.
هُوَذا عَبدِيَ الَّذي أَعضُدُه. الآب، الذي عضد يسوع في الآلام، يشجّعنا نحن أيضًا في الخدمة. المحبّة، والصلاة، والمغفرة، والعناية بالآخرين، في الأسرة كما في المجتمع، كل هذا قد يكون بالطبع مُكلفًا. وقد يبدو وكأنه درب الصليب. لكن درب الخدمة هو درب الانتصار الذي منحَنا الخلاص والذي أنقذ حياتنا. أودّ أن أقول هذا بشكل خاص إلى الشباب، في هذا اليوم المخصّص لهم منذ خمسة وثلاثين عامًا. أيها الأصدقاء الأعزّاء، انظروا إلى الأبطال الحقيقيّين الذين ظهروا في هذه الأيام: ليسوا مِن ذوي الشهرة والمال والنجاح، إنما هم الذين يبذلون ذواتهم في خدمة الآخرين. اشعُروا بأنكم مدعوّون للمخاطرة بحياتكم. لا تخافوا أن تبذلوها من أجل الله والآخرين، فسوف تربحونها! لأن الحياة هي هبة ننالها بقدر ما نعطيها. ولأنّ أعظم فرح هو أن نقول نعم للمحبّة، بدون شرط أو قيد. لنقل نعم للمحبّة، بدون شرط أو قيد. كما فعل يسوع من أجلنا.
[00461-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0205-XX.02]