Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Questo pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 53.ma Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: «Ci trattarono con gentilezza» (cfr. Atti degli Apostoli 28, 2).
Hanno preso parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, l’Em.mo Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo di saluto.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della celebrazione:
Omelia del Santo Padre
A bordo della nave che porta Paolo prigioniero a Roma ci sono tre diversi gruppi. Il più potente è composto dai soldati, sottoposti al centurione. Ci sono poi i marinai, dai quali naturalmente tutti i naviganti dipendono durante il lungo viaggio. Infine, ci sono i più deboli e vulnerabili: i prigionieri.
Quando la nave si arena nei pressi delle coste di Malta, dopo essere stata per diversi giorni in balia della tempesta, i soldati pensano di uccidere i prigionieri per assicurarsi che nessuno fugga, ma vengono fermati dal centurione, che vuole salvare Paolo. Infatti, nonostante fosse tra i più vulnerabili, Paolo aveva offerto qualcosa di importante ai compagni di viaggio. Mentre tutti stavano perdendo ogni speranza di sopravvivere, l’Apostolo aveva portato un inatteso messaggio di speranza. Un angelo l’aveva rassicurato dicendogli: «Non temere, Paolo: Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione» (At 27,24).
La fiducia di Paolo si dimostra fondata e alla fine tutti i passeggeri si salvano e, una volta approdati a Malta, sperimentano l’ospitalità degli abitanti dell’isola, la loro gentilezza e umanità. Da questo importante particolare è stato tratto il tema della Settimana di preghiera che oggi si conclude.
Cari fratelli e sorelle, questa narrazione degli Atti degli Apostoli parla anche al nostro viaggio ecumenico, diretto verso quell’unità che Dio ardentemente desidera. In primo luogo, ci dice che quanti sono deboli e vulnerabili, quanti hanno materialmente poco da offrire ma fondano in Dio la propria ricchezza possono donare messaggi preziosi per il bene di tutti. Pensiamo alle comunità cristiane: anche quelle più ridotte e meno rilevanti agli occhi del mondo, se fanno esperienza dello Spirito Santo, se vivono l’amore a Dio e al prossimo, hanno un messaggio da offrire all’intera famiglia cristiana. Pensiamo alle comunità cristiane emarginate e perseguitate. Come nel racconto del naufragio di Paolo, sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante. Perché a Dio è piaciuto così: salvarci non con la forza del mondo, ma con la debolezza della croce (cfr 1 Cor 1,20-25). In quanto discepoli di Gesù, dobbiamo perciò stare attenti a non farci attirare da logiche mondane, ma metterci piuttosto in ascolto dei piccoli e dei poveri, perché Dio ama mandare i suoi messaggi per mezzo di loro, che più somigliano al suo Figlio fattosi uomo.
Il racconto degli Atti ci ricorda un secondo aspetto: la priorità di Dio è la salvezza di tutti. Come dice l’angelo a Paolo: “Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione”. È il punto su cui Paolo insiste. Anche noi abbiamo bisogno di ripetercelo: è nostro dovere attuare il desiderio prioritario di Dio, il quale, come scrive lo stesso Paolo, «vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2,4).
È un invito a non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità, ma ad aprirci al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti. Se, con la sua grazia, assimiliamo la sua visione, possiamo superare le nostre divisioni. Nel naufragio di Paolo ciascuno contribuisce alla salvezza di tutti: il centurione prende decisioni importanti, i marinai mettono a frutto le loro conoscenze e abilità, l’Apostolo incoraggia chi è senza speranza. Anche tra i cristiani ciascuna comunità ha un dono da offrire agli altri. Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni.
E veniamo al un terzo aspetto, che è stato al centro di questa Settimana di preghiera: l’ospitalità. San Luca, nell’ultimo capitolo degli Atti degli Apostoli, dice a proposito degli abitanti di Malta: «Ci trattarono con gentilezza», oppure: «con rara umanità» (v. 2). Il fuoco acceso sulla riva per scaldare i naufraghi è un bel simbolo del calore umano che inaspettatamente li circonda. Anche il governatore dell’Isola si dimostra accogliente e ospitale con Paolo, che ricambia guarendo suo padre e poi tanti altri malati (cfr vv. 7-9). Infine, quando l’Apostolo e quelli che erano con lui partirono verso l’Italia, i maltesi li rifornirono generosamente di provviste (v. 10).
Da questa Settimana di preghiera vorremmo imparare ad essere più ospitali, prima di tutto tra di noi cristiani, anche tra fratelli di diverse confessioni. L’ospitalità appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane. I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo, come fosse Cristo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo!
Cari fratelli e sorelle, con questi sentimenti rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia Ian Ernest, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa Cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che qui studiano con una borsa di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse, operante presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che saluto e ringrazio. Insieme, senza mai stancarci, continuiamo a pregare per invocare da Dio il dono della piena unità tra noi.
[00118-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Three different groups were on board the ship that brought Saint Paul to Rome as a prisoner. The most powerful group was made up of soldiers under a centurion. Then there were the sailors, upon whom naturally everyone on board depended during the long voyage. Finally, there were the weakest and most vulnerable: the prisoners.
When the ship ran aground off the coast of Malta, after having been at the mercy of a storm for several days, the soldiers planned to kill the prisoners to ensure that no one would escape, but they were stopped by the centurion who wanted to save Paul. Although he was among the most vulnerable, Paul offered something important to his traveling companions. While everyone was losing all hope of survival, the Apostle brought an unexpected message of hope. An angel had reassured him, saying to him: “Do not be afraid, Paul; God has granted safety to all those who sail with you” (Acts 27:24). Paul’s trust proved to be well founded, and in the end all the travellers were saved. Once they landed at Malta, they experienced the hospitality, kindness and humanity of the island’s inhabitants. This important detail provided the theme of the Week of Prayer that concludes today.
Dear brothers and sisters: this account from the Acts of the Apostles also speaks to our ecumenical journey towards that unity which God ardently desires. In the first place, it tells us that those who are weak and vulnerable, those who have little to offer materially but find their wealth in God, can present valuable messages for the good of all. Let us think of Christian communities: even the smallest and least significant in the eyes of the world, if they experience the Holy Spirit, if they are animated by love for God and neighbour, have a message to offer to the whole Christian family. Let us think of marginalized and persecuted Christian communities. As in the account of Paul’s shipwreck, it is often the weakest who bring the most important message of salvation. This was what pleased God: to save us not with the power of this world, but with the weakness of the cross (cf. 1 Cor 1:20-25). As disciples of Jesus, we must be careful not to be attracted by worldly logic, but rather to listen to the small and the weak, because God loves to send his messages through those who most resemble his Son made man.
The account in Acts reminds us of a second aspect: God’s priority is the salvation of all. As the angel said to Paul: “God has granted safety to all those who sail with you”. Paul insists on this point. We too need to repeat it: it is our duty to put into effect the paramount desire of God who, as Paul himself writes, “desires everyone to be saved” (1 Tim 2:4).
This is an invitation not to devote ourselves exclusively to our own communities, but to open ourselves to the good of all, to the universal gaze of God who took flesh in order to embrace the whole human race and who died and rose for the salvation of all. If we, with his grace, can assimilate his way of seeing things, we can overcome our divisions. In Paul’s shipwreck, each person contributed to the salvation of all: the centurion made important decisions, the sailors put to use their knowledge and abilities, the Apostle encouraged those without hope. Among Christians as well, each community has a gift to offer to the others. The more we look beyond partisan interests and overcome the legacies of the past in the desire to move forward towards a common landing place, the more readily we will recognize, welcome and share these gifts.
We thus arrive at a third aspect that was at the centre of this Week of Prayer: hospitality. In the last chapter of the Acts of the Apostles, Saint Luke says, with regard to the inhabitants of Malta, “The natives showed us unusual kindness” (v. 2). The fire kindled on the shore to warm the shipwrecked travellers is a fine symbol of the human warmth that unexpectedly surrounded them. Even the governor of the island showed himself welcoming and hospitable to Paul, who repaid him by healing his father and later many other sick people (cf. vv. 7-9). Finally, when the Apostle and those with him departed for Italy, the Maltese generously resupplied them with provisions (v. 10).
From this Week of Prayer we want to learn to be more hospitable, in the first place among ourselves as Christians and among our brothers and sisters of different confessions. Hospitality belongs to the tradition of Christian communities and families. Our elders taught us this by their example: there was always something extra on the table of a Christian home for a passing friend or a person in need who knocked on the door. In monasteries a guest is treated with great respect, as if he or she were Christ. Let us not lose, indeed let us revive, these customs that have the flavour of the Gospel!
Dear brothers and sisters, with these thoughts I offer my cordial and fraternal greetings to His Eminence Metropolitan Gennadios, the representative of the Ecumenical Patriarchate, to His Grace Ian Ernest, the personal representative in Rome of the Archbishop of Canterbury, and to all the representatives of the different Churches and Ecclesial Communities gathered here to conclude together the Week of Prayer for Christian Unity. I greet the students of the Ecumenical Institute of Bossey, who are visiting Rome to deepen their knowledge of the Catholic Church. I welcome too the young people of the Orthodox and Oriental Orthodox Churches who are studying on a scholarship from the Committee for Cultural Cooperation with the Orthodox Churches, under the auspices of the Pontifical Council for the Promotion of Christian Unity, to whose members I extend my greetings and gratitude. Together, without ever tiring, let us continue to pray and to beg from God the gift of full unity among ourselves.
[00118-EN.02] [Original text: Italian]
[B0053-XX.02]