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Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore, 24.12.2019


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Alle ore 21.30 di questa sera, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore 2019.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

Omelia del Santo Padre

«Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). Questa profezia della prima Lettura si è realizzata nel Vangelo: infatti, mentre i pastori vegliavano di notte nelle loro terre, «la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2,9). Nella notte della terra è apparsa una luce dal cielo. Che cosa significa questa luce apparsa nell’oscurità? Ce lo suggerisce l’Apostolo Paolo, che ci ha detto: «È apparsa la grazia di Dio». La grazia di Dio, che «porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11), stanotte ha avvolto il mondo.

Ma che cos’è questa grazia? È l’amore divino, l’amore che trasforma la vita, rinnova la storia, libera dal male, infonde pace e gioia. Stanotte l’amore di Dio si è mostrato a noi: è Gesù. In Gesù l’Altissimo si è fatto piccolo, per essere amato da noi. In Gesù Dio si è fatto Bambino, per lasciarsi abbracciare da noi. Ma, possiamo ancora chiederci, perché San Paolo chiama la venuta nel mondo di Dio “grazia”? Per dirci che è completamente gratuita. Mentre qui in terra tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis. Il suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo.

È apparsa la grazia di Dio. Stanotte ci rendiamo conto che, mentre non eravamo all’altezza, Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre andavamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi. Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore. A me, a te, a ciascuno di noi oggi dice: “Ti amo e ti amerò sempre, sei prezioso ai miei occhi”. Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comporti bene; ti ama e basta. Il suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate, puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene. Quante volte pensiamo che Dio è buono se noi siamo buoni e che ci castiga se siamo cattivi. Non è così. Nei nostri peccati continua ad amarci. Il suo amore non cambia, non è permaloso; è fedele, è paziente. Ecco il dono che troviamo a Natale: scopriamo con stupore che il Signore è tutta la gratuità possibile, tutta la tenerezza possibile. La sua gloria non ci abbaglia, la sua presenza non ci spaventa. Nasce povero di tutto, per conquistarci con la ricchezza del suo amore.

È apparsa la grazia di Dio. Grazia è sinonimo di bellezza. Stanotte, nella bellezza dell’amore di Dio, riscopriamo pure la nostra bellezza, perché siamo gli amati di Dio. Nel bene e nel male, nella salute e nella malattia, felici o tristi, ai suoi occhi appariamo belli: non per quel che facciamo, ma per quello che siamo. C’è in noi una bellezza indelebile, intangibile, una bellezza insopprimibile che è il nucleo del nostro essere. Oggi Dio ce lo ricorda, prendendo con amore la nostra umanità e facendola sua, “sposandola” per sempre.

Davvero la «grande gioia» annunciata stanotte ai pastori è «di tutto il popolo». In quei pastori, che non erano certo dei santi, ci siamo anche noi, con le nostre fragilità e debolezze. Come chiamò loro, Dio chiama anche noi, perché ci ama. E, nelle notti della vita, a noi come a loro dice: «Non temete» (Lc 2,10). Coraggio, non smarrire la fiducia, non perdere la speranza, non pensare che amare sia tempo perso! Stanotte l’amore ha vinto il timore, una speranza nuova è apparsa, la luce gentile di Dio ha vinto le tenebre dell’arroganza umana. Umanità, Dio ti ama e per te si è fatto uomo, non sei più sola!

Cari fratelli e sorelle, che cosa fare di fronte a questa grazia? Una cosa sola: accogliere il dono. Prima di andare in cerca di Dio, lasciamoci cercare da Lui, che ci cerca per primo. Non partiamo dalle nostre capacità, ma dalla sua grazia, perché è Lui, Gesù, il Salvatore. Posiamo lo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolgere dalla sua tenerezza. Non avremo più scuse per non lasciarci amare da Lui: quello che nella vita va storto, quello che nella Chiesa non funziona, quello che nel mondo non va non sarà più una giustificazione. Passerà in secondo piano, perché di fronte all’amore folle di Gesù, a un amore tutto mitezza e vicinanza, non ci sono scuse. La questione a Natale è: “Mi lascio amare da Dio? Mi abbandono al suo amore che viene a salvarmi?”.

Un dono così grande merita tanta gratitudine. Accogliere la grazia è saper ringraziare. Ma le nostre vite trascorrono spesso lontane dalla gratitudine. Oggi è il giorno giusto per avvicinarci al tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, per dire grazie. Accogliamo il dono che è Gesù, per poi diventare dono come Gesù. Diventare dono è dare senso alla vita. Ed è il modo migliore per cambiare il mondo: noi cambiamo, la Chiesa cambia, la storia cambia quando cominciamo non a voler cambiare gli altri, ma noi stessi, facendo della nostra vita un dono.

Gesù ce lo mostra stanotte: non ha cambiato la storia forzando qualcuno o a forza di parole, ma col dono della sua vita. Non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi. Anche noi, non aspettiamo che il prossimo diventi bravo per fargli del bene, che la Chiesa sia perfetta per amarla, che gli altri ci considerino per servirli. Cominciamo noi. Questo è accogliere il dono della grazia. E la santità non è altro che custodire questa gratuità.

Una graziosa leggenda narra che, alla nascita di Gesù, i pastori accorrevano alla grotta con vari doni. Ciascuno portava quel che aveva, chi i frutti del proprio lavoro, chi qualcosa di prezioso. Ma, mentre tutti si prodigavano con generosità, c’era un pastore che non aveva nulla. Era poverissimo, non aveva niente da offrire. Mentre tutti gareggiavano nel presentare i loro doni, se ne stava in disparte, con vergogna. A un certo punto San Giuseppe e la Madonna si trovarono in difficoltà a ricevere tutti i doni, tanti, soprattutto Maria, che doveva reggere il Bambino. Allora, vedendo quel pastore con le mani vuote, gli chiese di avvicinarsi. E gli mise tra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si rese conto di aver ricevuto quanto non meritava, di avere tra le mani il dono più grande della storia. Guardò le sue mani, quelle mani che gli parevano sempre vuote: erano diventate la culla di Dio. Si sentì amato e, superando la vergogna, cominciò a mostrare agli altri Gesù, perché non poteva tenere per sé il dono dei doni.

Caro fratello, cara sorella, se le tue mani ti sembrano vuote, se vedi il tuo cuore povero di amore, questa notte è per te. È apparsa la grazia di Dio per risplendere nella tua vita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale.

[02093-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Sur les habitants du pays de l’ombre, une lumière a resplendi» (Is 9, 1). Cette prophétie de la première Lecture s’est réalisée dans l’Evangile: en effet, alors que les bergers veillaient la nuit sur leurs terres, «la gloire du Seigneur les enveloppa de sa lumière» (Lc 2, 9). Dans la nuit de la terre est apparue une lumière venant du ciel. Que signifie cette lumière apparue dans l’obscurité? L’Apôtre Paul nous le suggère, lui qui nous a dit: «La grâce de Dieu est apparue». La grâce de Dieu, qui «s’est manifestée pour le salut de tous les hommes» (Tt 2, 11), a enveloppé le monde cette nuit.

Mais qu’est-ce que cette grâce? C’est l’amour divin, l’amour qui transforme la vie, qui renouvelle l’histoire, qui libère du mal, qui répand la paix et la joie. Cette nuit, l’amour de Dieu s’est montré à nous: c’est Jésus. En Jésus, le Très Haut s’est fait petit, pour être aimé de nous. En Jésus, Dieu s’est fait Enfant, pour se laisser embrasser par nous. Mais, nous pouvons encore nous demander, pourquoi saint Paul appelle la venue de Dieu dans le monde “grâce”? Pour nous dire qu’elle est complètement gratuite. Alors qu’ici sur terre, tout paraît répondre à la logique du donner pour avoir, Dieu arrive gratuitement. Son amour n’est pas négociable: nous n’avons rien fait pour le mériter et nous ne pourrons jamais le récompenser.

La grâce de Dieu est apparue. Cette nuit, nous nous rendons compte que, tandis que nous n’étions pas à la hauteur, Il s’est fait pour nous petitesse; tandis que nous allions à nos affaires, Il est venu au milieu de nous. Noël nous rappelle que Dieu continue d’aimer tout homme, même le pire. A moi, à toi, à chacun de nous aujourd’hui, il dit: “Je t’aime et je t’aimerai toujours, tu es précieux à mes yeux”. Dieu ne t’aime pas parce que tu penses juste et que tu te comportes bien; il t’aime et c’est tout. Son amour est inconditionnel, il ne dépend pas de toi. Tu peux avoir des idées erronées, tu peux avoir créé des situations très compliquées, mais le Seigneur ne renonce pas à t’aimer. Combien de fois ne pensons-nous pas que Dieu est bon si nous sommes bons et qu’il nous châtie si nous sommes mauvais. Ce n’est pas ainsi. Dans nos péchés, il continue de nous aimer. Son amour ne change pas, il n’est pas susceptible; il est fidèle, il est patient. Tel est le don que nous trouvons à Noël: nous découvrons avec stupeur que le Seigneur est toute la gratuité possible, toute la tendresse possible. Sa gloire ne nous aveugle pas, sa présence ne nous effraie pas. Il naît pauvre de tout, pour nous conquérir avec la richesse de son amour.

La grâce de Dieu est apparue. Grâce est synonyme de beauté. Cette nuit, dans la beauté de l’amour de Dieu, nous redécouvrons aussi notre beauté, parce que nous sommes les bien-aimés de Dieu. Dans le bien et dans le mal, dans la santé et dans la maladie, heureux ou tristes, à ses yeux nous apparaissons beaux: non pas pour ce que nous faisons, mais pour ce que nous sommes. Il y a en nous une beauté indélébile, intangible, une beauté irrépressible qui est le noyau de notre être. Aujourd’hui Dieu nous le rappelle, en prenant avec amour notre humanité et en la faisant sienne, “en l’épousant” pour toujours.

Vraiment la «grande joie» annoncée cette nuit aux bergers est «pour tout le peuple». Parmi ces bergers, qui n’étaient certes pas des saints, nous y sommes aussi, avec nos fragilités et faiblesses. Comme il les a appelés, Dieu nous appelle aussi, parce qu’il nous aime. Et, dans les nuits de la vie, à nous comme à eux il dit: «Ne craignez pas» (Lc 2, 10). Courage, ne perds pas confiance, ne perds pas l’espérance, ne pense pas qu’aimer est du temps perdu! Cette nuit, l’amour a vaincu la crainte, une espérance nouvelle est apparue, la douce lumière de Dieu a vaincu les ténèbres de l’arrogance humaine. Ô Humanité, Dieu t’aime et pour toi il s’est fait homme, tu n’es plus seule!

Chers frères et sœurs, que faire devant cette grâce? Une seule chose: accueillir le don. Avant d’aller à la recherche de Dieu, laissons-nous chercher par lui, qui nous cherche en premier. Ne partons pas de nos capacités, mais de sa grâce, parce que c’est Lui, Jésus, le Sauveur. Posons le regard sur l’Enfant et laissons-nous envelopper de sa tendresse. Nous n’aurons plus d’excuses pour ne pas nous laisser aimer par Lui: ce qui dans la vie va mal, ce qui dans l’Eglise ne fonctionne pas, ce qui dans le monde ne va pas ne sera plus une justification. Cela passera au second plan, parce que devant l’amour fou de Jésus, un amour toute douceur et proximité, il n’y a pas d’excuses. La question à Noël est: “Est-ce que je me laisse aimer par Dieu? Est-ce que je m’abandonne à son amour qui vient pour me sauver?”.

Un don aussi grand mérite une profonde gratitude. Accueillir la grâce est savoir remercier. Mais nos vies sont souvent vécues loin de la gratitude. Aujourd’hui, c’est le jour idéal pour nous approcher du tabernacle, de la crèche, de la mangeoire, pour dire merci. Accueillons le don qui est Jésus, pour ensuite devenir don comme Jésus. Devenir don est donner du sens à la vie. Et c’est le meilleur moyen pour changer le monde: nous changeons, l’Eglise change, l’histoire change quand nous commençons non pas à vouloir changer les autres, mais nous-mêmes, en faisant de notre vie un don.

Jésus nous le montre cette nuit: il n’a pas changé l’histoire en forçant quelqu’un ou à force de paroles, mais avec le don de sa vie. Il n’a pas attendu que nous devenions bons pour nous aimer, mais il s’est donné gratuitement à nous. Nous aussi, n’attendons pas que notre prochain devienne bon pour lui faire du bien, que l’Eglise soit parfaite pour l’aimer, que les autres nous considèrent pour les servir. Commençons les premiers. Ça, c’est accueillir le don de la grâce. Et la sainteté n’est autre que conserver cette gratuité.

Une belle légende raconte qu’à la naissance de Jésus, les bergers accourraient à la grotte avec divers dons. Chacun apportait ce qu’il avait, celui-ci des fruits de son travail, celui-là quelque chose de précieux. Mais, tandis que tous se dépensaient avec générosité, il y avait un berger qui n’avait rien. Il était très pauvre, il n’avait rien à offrir. Tandis que tous rivalisaient pour présenter leurs dons, il se tenait de côté, tout honteux. A un certain moment, saint Joseph et la Vierge se trouvèrent en difficulté pour recevoir tous ces dons, si nombreux, surtout Marie, qui devait porter l’Enfant. Alors, en voyant ce berger avec les mains vides, elle lui demanda de s’approcher. Et elle lui mit dans les bras Jésus. Ce berger, en l’accueillant, se rendit compte d’avoir reçu ce qu’il ne méritait pas, d’avoir entre les bras le don le plus grand de l’histoire. Il regarda ses mains, ces mains qui lui paraissaient toujours vides: elles étaient devenues le berceau de Dieu. Il se sentit aimé et, en surmontant la honte, il commença à montrer Jésus aux autres, parce qu’il ne pouvait pas garder pour lui le don des dons.

Cher frère, chère sœur, si tes mains te semblent vides, si tu vois ton cœur pauvre d’amour, cette nuit est pour toi. La grâce de Dieu est apparue pour resplendir dans ta vie. Accueille-la et la lumière de Noël brillera en toi.

[02093-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Those who dwelt in a land of deep darkness, on them has light shined” (Is 9:1). The prophecy we heard in the first reading was fulfilled in the Gospel: as shepherds kept watch over their flocks by night, “the glory of the Lord shone around them” (Lk 2:9). In the midst of our earthly night, a light appeared from heaven. What is the meaning of this light that shone in the darkness? Saint Paul tells us: “The grace of God has appeared”. The grace of God, “bringing salvation to all” (Tit 2:11), has shone on our world this night.

But what is this grace? It is divine love, the love that changes lives, renews history, liberates from evil, fills hearts with with peace and joy. Tonight the love of God has been revealed to us: it is Jesus. In Jesus, the Most High made himself tiny, so that we might love him. But we can still ask ourselves: why does Saint Paul describe the coming of God into our world as “grace”? To tell us that it is utterly free. Whereas on earth everything seems to be about giving in order to get, God comes down freely. His love is non-negotiable: we did nothing to deserve it and we will never be able to repay it.

The grace of God has appeared. Tonight we realize that, when we failed to measure up, God became small for our sake; while we were going about our own business, he came into our midst. Christmas reminds us that God continues to love us all, even the worst of us. To me, to you, to each of us, he says today: “I love you and I will always love you, for you are precious in my eyes”.

God does not love you because you think and act the right way. He loves you, plain and simple. His love is unconditional; it does not depend on you. You may have mistaken ideas, you may have made a complete mess of things, but the Lord continues to love you. How often do we think that God is good if we are good and punishes us if we are bad. Yet that is not how he is. For all our sins, he continues to love us. His love does not change. It is not fickle; it is faithful. It is patient. This is the gift we find at Christmas. We discover to our amazement that the Lord is absolute gratuity, absolute tender love. His glory does not overwhelm us; his presence does not terrify us. He is born in utter poverty in order to win our hearts by the wealth of his love.

The grace of God has appeared. Grace is a synonym of beauty. Tonight, in the beauty of God’s love, we also discover our own beauty, for we are beloved of God. For better or worse, in sickness and in health, whether happy or sad, in his eyes we are beautiful, not for what we do but for what we are. Deep within us, there is an indelible and intangible beauty, an irrepressible beauty, which is the core of our being. Today God reminds us of this. He lovingly takes upon himself our humanity and makes it his own, “espousing” it forever.

The “great joy” proclaimed tonight to the shepherds is indeed “for all the people”. We too, with all our weaknesses and failures, are among those shepherds, who were certainly not saints. And just as God called the shepherds, so too he calls us, for he loves us. In the dark night of life, he says to us as he did to them, “Be not afraid!” (Lk 2:10). Take courage, do not lose confidence, do not lose hope, do not think that to love is a waste of time! Tonight love has conquered fear, new hope has arrived, God’s kindly light has overcome the darkness of human arrogance. Mankind, God loves you; for your sake he became man. You are no longer alone!

Dear brothers and sisters, what are we to do with this grace? Only one thing: accept the gift. Before we go out to seek God, let us allow ourselves to be sought by him. He always seeks us first. Let us not begin with our own abilities but with his grace, for he, Jesus, is the Saviour. Let us contemplate the Child and let ourselves be caught up in his tender love. Then we have no further excuse for not letting ourselves be loved by him. Whatever goes wrong in our lives, whatever doesn’t work in the Church, whatever problems there are in the world, will no longer serve as an excuse. It will become secondary, for faced with Jesus’ extravagant love, a love of utter meekness and closeness, we have no excuse. At Christmas, the question is this: “Do I allow myself to be loved by God? Do I abandon myself to his love that comes to save me?”

So great a gift deserves immense gratitude. To accept this grace means being ready to give thanks in return. Often we live our lives with such little gratitude. Today is the right day to draw near to the tabernacle, the crèche, the manger, and to say thank you. Let us receive the gift that is Jesus, in order then to become gift like Jesus. To become gift is to give meaning to life. And it is the best way to change the world: we change, the Church changes, history changes, once we stop trying to change others but try to change ourselves and to make of our life a gift.

Jesus shows this to us tonight. He did not change history by pressuring anyone or by a flood of words, but by the gift of his life. He did not wait until we were good before he loved us, but gave himself freely to us. May we not wait for our neighbours to be good before we do good to them, for the Church to be perfect before we love her, for others to respect us before we serve them. Let us begin with ourselves. This is what it means freely to accept the gift of grace. And holiness is nothing other than preserving this freedom.

A charming legend relates that at the birth of Jesus the shepherds hurried to the stable with different gifts. Each brought what he had; some brought the fruits of their labour, others some precious item. But as they were all presenting their gifts, there was one shepherd who had nothing to give. He was extremely poor; he had no gift to present. As the others were competing to offer their gifts, he stood apart, embarrassed. At a certain point, Saint Joseph and Our Lady found it hard to receive all those gifts, especially Mary, who had to hold the baby. Seeing that shepherd with empty hands, she asked him to draw near. And she put the baby Jesus in his arms. That shepherd, in accepting him, became aware of having received what he did not deserve, of holding in his arms the greatest gift of all time. He looked at his hands, those hands that seemed to him always empty; they had become the cradle of God. He felt himself loved and, overcoming his embarrassment, began to show Jesus to the others, for he could not keep for himself the gift of gifts.

Dear brother, dear sister, if your hands seem empty, if you think your heart is poor in love, this night is for you. The grace of God has appeared, to shine forth in your life. Accept it and the light of Christmas will shine forth in you.

[02093-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Über denen, die im Land des Todesschattens wohnten, strahlte ein Licht auf» (Jes 9,1b). Diese Weissagung aus der ersten Lesung ist im Evangelium Wirklichkeit geworden: Denn während die Hirten Nachtwache auf ihren Feldern hielten, »umstrahlte sie die Herrlichkeit des Herrn« (Lk 2,9). In der Nacht der Erde ist ein Licht vom Himmel erschienen. Was bedeutet dieses Licht, das in der Dunkelheit erschienen ist? Das legt uns der Apostel Paulus dar, wenn er sagt: »Denn die Gnade Gottes ist erschienen, um alle Menschen zu retten« (Tit 2,11), heute Nacht hat sie die Welt umhüllt.

Aber was ist diese Gnade? Sie ist wie die göttliche Liebe, die Liebe, die das Leben verwandelt, die Geschichte erneuert, vom Bösen befreit, Frieden und Freude einflößt. Heute Nacht hat sich uns die Liebe Gottes gezeigt: Sie ist Jesus. In Jesus hat sich der Höchste klein gemacht, um von uns geliebt zu werden. In Jesus hat sich Gott zum Kind gemacht, um sich von uns umarmen zu lassen. Aber, so können wir uns fragen, warum nennt der heilige Paulus das Kommen Gottes in die Welt „Gnade“? Um uns zu sagen, dass es vollständig ungeschuldet ist. Während hier auf Erden alles der Logik des Gebens um das Habens willen zu folgen scheint, kommt Gott „gratis“. Seine Liebe ist nicht verhandelbar: Wir haben nichts getan, um sie zu verdienen und werden es ihm nie lohnen können.

Die Gnade Gottes ist erschienen. Heute Nacht werden wir uns bewusst, dass, als wir nicht auf der Höhe waren, er sich für uns klein gemacht hat; als wir unsere Wege gingen, ist er unter uns gekommen. Weihnachten erinnert uns, dass Gott fortfährt, jeden Menschen zu lieben, auch den schlimmsten. Zu dir, zu mir, zu jedem von uns sagt er: „Ich liebe dich und ich werde dich immer lieben, du bist in meinen Augen kostbar“. Gott liebt dich nicht, weil du richtig denkst und dich gut benimmst; er liebt dich und fertig. Seine Liebe ist bedingungslos, sie hängt nicht von dir ab. Du kannst falsche Vorstellungen haben, du kannst alles Mögliche angestellt haben, aber der Herr verzichtet nicht darauf, dich zu lieben. Wie oft denken wir, dass Gott gut ist, wenn wir gut sind, und dass er uns straft, wenn wir böse sind. So ist es nicht. In unseren Sünden fährt er fort, uns zu lieben. Seine Liebe ändert sich nicht, sie ist nicht nachtragend; sie ist treu, sie ist geduldig. Das ist das Geschenk, das wir an Weihnachten finden: Wir entdecken mit Staunen, dass der Herr die größtmögliche Unentgeltlichkeit, die größtmögliche Zärtlichkeit ist. Seine Herrlichkeit blendet uns nicht, seine Gegenwart erschrickt uns nicht. Er wird arm an allem geboren, um uns mit dem Reichtum seiner Liebe zu gewinnen.

Die Gnade Gottes ist erschienen. Gnade ist gleichbedeutend mit Schönheit. Heute Nacht entdecken wir in der Schönheit der Liebe Gottes auch unsere Schönheit wieder, weil wir die von Gott Geliebten sind. Im Guten wie im Schlechten, in der Gesundheit und der Krankheit, in Glück oder Traurigkeit, in seinen Augen erscheinen wir schön: nicht aufgrund dessen, was wir tun, sondern aufgrund dessen, was wir sind. In uns ist eine unauslöschliche, unantastbare Schönheit, eine nicht zu unterdrückende Schönheit, die der Kern unseres Daseins ist. Heute erinnert uns Gott daran, indem er unsere Menschheit mit Liebe annimmt und sich zu eigen macht, indem er sie sich für immer „vermählt“.

Die heute Nacht den Hirten verkündete »große Freude« ist wahrlich »des ganzen Volkes«. In jenen Hirten, die gewiss keine Heiligen waren, sind auch wir mit unserer Zerbrechlichkeit und unseren Schwächen zugegen. Wie er sie rief, so ruft Gott auch uns, weil er uns liebt. Und in den Nächten des Lebens sagt er zu uns wie zu ihnen: »Fürchtet euch nicht« (Lk 2,10). Mut, verliere nicht das Vertrauen, verliere die Hoffnung nicht, denke nicht, dass lieben vertane Zeit sei! Heute Nacht hat die Liebe die Angst besiegt, eine neue Hoffnung ist erschienen, das sanfte Licht Gottes hat die Finsternis der menschlichen Überheblichkeit überwunden. Menschheit, Gott liebt dich und ist für dich Mensch geworden, du bist nicht mehr allein!

Liebe Brüder und Schwestern, was sollen wir angesichts dieser Gnade tun? Ein Einziges: die Gabe annehmen. Bevor wir auf die Suche nach Gott gehen, lassen wir uns von ihm suchen, der uns als Erster sucht. Gehen wir nicht von unseren Fähigkeiten aus, sondern von seiner Gnade, weil er, Jesus, der Retter ist. Lassen wir unseren Blick auf dem Kind ruhen, und lassen wir uns von seiner Zärtlichkeit umhüllen. Wir werden keine Ausreden mehr haben, um uns von ihm nicht lieben zu lassen: Was im Leben schiefgeht, was in der Kirche nicht funktioniert, was in der Welt nicht in Ordnung ist, wird nicht mehr eine Rechtfertigung sein. Es wird an die zweite Stelle rücken, weil es angesichts der wahnsinnigen Liebe Jesu, einer Liebe, die ganz Sanftmut und Nähe ist, keine Ausreden gibt. Die Frage an Weihnachten lautet: „Lasse ich mich von Gott lieben? Überlasse ich mich ganz seiner Liebe, die kommt, um mich zu retten?“

Eine so große Gabe verdient große Dankbarkeit. Die Gabe annehmen bedeutet zu danken. Aber unser Leben verstreicht oft fern von der Dankbarkeit. Heute ist der richtige Tag, um uns dem Tabernakel, der Krippe, dem Futtertrog zu nähern, um danke zu sagen. Nehmen wir die Gabe an, die Jesus ist, um dann wie Jesus Gabe zu werden. Zur Gabe zu werden bedeutet, dem Leben Sinn zu verleihen. Und es ist die beste Weise, um die Welt zu verändern: Wir verändern uns, die Kirche verändert sich, die Geschichte verändert sich, wenn wir anfangen, nicht die anderen verändern zu wollen, sondern uns selbst, indem wir aus unserem Leben eine Gabe machen.

Jesus zeigt es uns heute Nacht: Er hat die Geschichte nicht dadurch geändert, dass er jemanden gezwungen hat oder durch Worte unter Druck gesetzt hat, sondern mit der Gabe seines Lebens. Er hat nicht abgewartet, dass wir gut würden, um uns zu lieben, sondern er hat sich unentgeltlich für uns hingegeben. Warten auch wir nicht darauf, dass der Nächste rechtschaffen wird, um ihm Gutes zu tun, dass die Kirche vollkommen sei, um sie zu lieben, dass die anderen dafür, dass wir ihnen dienen, uns achten. Fangen wir an. Dies ist es, die Gabe der Gnade anzunehmen. Und die Heiligkeit ist nichts anderes, als diese Unentgeltlichkeit zu bewahren.

Eine schöne Legende erzählt, dass bei der Geburt Jesu die Hirten mit verschiedenen Gaben zur Grotte eilten. Jeder brachte, was er hatte, die einen die Früchte ihrer Arbeit, die anderen etwas Wertvolles. Während sich alle in Großzügigkeit überschlugen, gab es jedoch einen Hirten, der nichts hatte. Er war sehr arm, er hatte nichts, was er geben konnte. Während alle in der Übergabe der Geschenke wetteiferten, blieb er abseits und schämte sich. Doch dann waren der heilige Josef und die Gottesmutter in Schwierigkeiten, all die vielen Gaben anzunehmen, vor allem Maria, die das Kind halten musste. Als sie darauf jenen Hirten mit leeren Händen sah, bat sie ihn, sich zu nähern. Und sie legte Jesus in seine Hände. Als jener Hirte ihn annahm, erkannte er, dass er etwas empfangen hatte, was er nicht verdiente, dass er in seinen Händen die größte Gabe der Geschichte trug. Er betrachtete seine Hände, jene Hände, die ihm immer leer erschienen: Sie waren zur Wiege Gottes geworden. Er fühlte sich geliebt, überwand die Scham und begann, den anderen Jesus zu zeigen, weil er die Gabe der Gaben nicht für sich behalten konnte.

Lieber Bruder, liebe Schwester, wenn deine Hände dir leer erscheinen, wenn du dein Herz arm an Liebe siehst, so ist dies die Nacht für dich. Die Gnade Gottes ist erschienen, um in deinem Leben aufzuleuchten. Nimm sie an und in dir wird das Licht der Weihnacht leuchten.

[02093-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«El pueblo que caminaba en tinieblas vio una luz grande» (Is 9,1). Esta profecía de la primera lectura se realizó en el Evangelio. De hecho, mientras los pastores velaban de noche en sus campos, «la gloria del Señor los envolvió de claridad» (Lc 2,9). En la noche de la tierra apareció una luz del cielo. ¿Qué significa esta luz surgida en la oscuridad? Nos lo sugiere el apóstol Pablo, que nos dijo: «Se ha manifestado la gracia de Dios». La gracia de Dios, «que trae la salvación para todos los hombres» (Tt 2,11), ha envuelto al mundo esta noche.

Pero, ¿qué es esta gracia? Es el amor divino, el amor que transforma la vida, renueva la historia, libera del mal, infunde paz y alegría. En esta noche, el amor de Dios se ha mostrado a nosotros: es Jesús. En Jesús, el Altísimo se hizo pequeño para ser amado por nosotros. En Jesús, Dios se hizo Niño, para dejarse abrazar por nosotros. Pero, podemos todavía preguntarnos, ¿por qué san Pablo llama “gracia” a la venida de Dios al mundo? Para decirnos que es completamente gratuita. Mientras que aquí en la tierra todo parece responder a la lógica de dar para tener, Dios llega gratis. Su amor no es negociable: no hemos hecho nada para merecerlo y nunca podremos recompensarlo.

Se ha manifestado la gracia de Dios. En esta noche nos damos cuenta de que, aunque no estábamos a la altura, Él se hizo pequeñez para nosotros; mientras andábamos ocupados en nuestros asuntos, Él vino entre nosotros. La Navidad nos recuerda que Dios sigue amando a cada hombre, incluso al peor. A mí, a ti, a cada uno de nosotros, Él nos dice hoy: “Te amo y siempre te amaré, eres precioso a mis ojos”. Dios no te ama porque piensas correctamente y te comportas bien; Él te ama y basta. Su amor es incondicional, no depende de ti. Puede que tengas ideas equivocadas, que hayas hecho de las tuyas; sin embargo, el Señor no deja de amarte. ¿Cuántas veces pensamos que Dios es bueno si nosotros somos buenos, y que nos castiga si somos malos? Pero no es así. Aun en nuestros pecados continúa amándonos. Su amor no cambia, no es quisquilloso; es fiel, es paciente. Este es el regalo que encontramos en Navidad: descubrimos con asombro que el Señor es toda la gratuidad posible, toda la ternura posible. Su gloria no nos deslumbra, su presencia no nos asusta. Nació pobre de todo, para conquistarnos con la riqueza de su amor.

Se ha manifestado la gracia de Dios. Gracia es sinónimo de belleza. En esta noche, redescubrimos en la belleza del amor de Dios, también nuestra belleza, porque somos los amados de Dios. En el bien y en el mal, en la salud y en la enfermedad, felices o tristes, a sus ojos nos vemos hermosos: no por lo que hacemos sino por lo que somos. Hay en nosotros una belleza indeleble, intangible; una belleza irreprimible que es el núcleo de nuestro ser. Dios nos lo recuerda hoy, tomando con amor nuestra humanidad y haciéndola suya, “desposándose con ella” para siempre.

De hecho, la «gran alegría» anunciada a los pastores esta noche es «para todo el pueblo». En aquellos pastores, que ciertamente no eran santos, también estamos nosotros, con nuestras flaquezas y debilidades. Así como los llamó a ellos, Dios también nos llama a nosotros, porque nos ama. Y, en las noches de la vida, a nosotros como a ellos nos dice: «No temáis» (Lc 2,10). ¡Ánimo, no hay que perder la confianza, no hay que perder la esperanza, no hay que pensar que amar es tiempo perdido! En esta noche, el amor venció al miedo, apareció una nueva esperanza, la luz amable de Dios venció la oscuridad de la arrogancia humana. ¡Humanidad, Dios te ama, se hizo hombre por ti, ya no estás sola!

Queridos hermanos y hermanas: ¿Qué hacer ante esta gracia? Una sola cosa: acoger el don. Antes de ir en busca de Dios, dejémonos buscar por Él, porque Él nos busca primero. No partamos de nuestras capacidades, sino de su gracia, porque Él es Jesús, el Salvador. Pongamos nuestra mirada en el Niño y dejémonos envolver por su ternura. Ya no tendremos más excusas para no dejarnos amar por Él: Lo que sale mal en la vida, lo que no funciona en la Iglesia, lo que no va bien en el mundo ya no será una justificación. Pasará a un segundo plano, porque frente al amor excesivo de Jesús, que es todo mansedumbre y cercanía, no hay excusas. La pregunta que surge en Navidad es: “¿Me dejo amar por Dios? ¿Me abandono a su amor que viene a salvarme?”.

Un regalo así, tan grande, merece mucha gratitud. Acoger la gracia es saber agradecer. Pero nuestras vidas a menudo transcurren lejos de la gratitud. Hoy es el día adecuado para acercarse al sagrario, al belén, al pesebre, para agradecer. Acojamos el don que es Jesús, para luego transformarnos en don como Jesús. Convertirse en don es dar sentido a la vida y es la mejor manera de cambiar el mundo: cambiamos nosotros, cambia la Iglesia, cambia la historia cuando comenzamos a no querer cambiar a los otros, sino a nosotros mismos, haciendo de nuestra vida un don.

Jesús nos lo manifiesta esta noche. No cambió la historia constriñendo a alguien o a fuerza de palabras, sino con el don de su vida. No esperó a que fuéramos buenos para amarnos, sino que se dio a nosotros gratuitamente. Tampoco nosotros podemos esperar que el prójimo cambie para hacerle el bien, que la Iglesia sea perfecta para amarla, que los demás nos tengan consideración para servirlos. Empecemos nosotros. Así es como se acoge el don de la gracia. Y la santidad no es sino custodiar esta gratuidad.

Una hermosa leyenda cuenta que, cuando Jesús nació, los pastores corrían hacia la gruta llevando muchos regalos. Cada uno llevaba lo que tenía: unos, el fruto de su trabajo, otros, algo de valor. Pero mientras todos los pastores se esforzaban, con generosidad, en llevar lo mejor, había uno que no tenía nada. Era muy pobre, no tenía nada que ofrecer. Y mientras los demás competían en presentar sus regalos, él se mantenía apartado, con vergüenza. En un determinado momento, san José y la Virgen se vieron en dificultad para recibir todos los regalos, muchos, sobre todo María, que debía tener en brazos al Niño. Entonces, viendo a aquel pastor con las manos vacías, le pidió que se acercara. Y le puso a Jesús en sus manos. El pastor, tomándolo, se dio cuenta de que había recibido lo que no se merecía, que tenía entre sus brazos el regalo más grande de la historia. Se miró las manos, y esas manos que le parecían siempre vacías se habían convertido en la cuna de Dios. Se sintió amado y, superando la vergüenza, comenzó a mostrar a Jesús a los otros, porque no podía sólo quedarse para él el regalo de los regalos.

Querido hermano, querida hermana: Si tus manos te parecen vacías, si ves tu corazón pobre en amor, esta noche es para ti. Se ha manifestado la gracia de Dios para resplandecer en tu vida. Acógela y brillará en ti la luz de la Navidad.

[02093-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«Habitavam numa terra de sombras, mas uma luz brilhou sobre eles» (Is 9, 1). Esta profecia da Primeira Leitura realizou-se no Evangelho: de facto, enquanto os pastores velavam de noite nas suas terras, «a glória do Senhor refulgiu em volta deles» (Lc 2, 9). Na noite da terra, apareceu uma luz vinda do Céu. Que significa esta luz que se manifestou na escuridão? No-lo sugere o apóstolo Paulo quando diz: «Manifestou-se a graça de Deus». Nesta noite, a graça de Deus, «portadora de salvação para todos os homens» (Tt 2, 11), envolveu o mundo.

Mas, que é esta graça? É o amor divino, o amor que transforma a vida, renova a história, liberta do mal, infunde paz e alegria. Nesta noite, foi-nos mostrado o amor de Deus: é Jesus. Em Jesus, o Altíssimo fez-Se pequenino, para ser amado por nós. Em Jesus, Deus fez-Se Menino, para Se deixar abraçar por nós. Mas podemos ainda perguntar-nos: Porque é que São Paulo chama «graça» à vinda de Deus ao mundo? Para nos dizer que é completamente gratuita. Enquanto aqui, na terra, tudo parece seguir a lógica do dar para receber, Deus chega de graça. O seu amor ultrapassa qualquer possibilidade de negócio: nada fizemos para o merecer, e nunca poderemos retribuí-lo.

Manifestou-se a graça de Deus. Nesta noite, damo-nos conta de que, não sendo nós capazes da altura d’Ele, por amor nosso desceu à nossa pequenez; vivendo preocupados apenas com os nossos interesses, veio Ele habitar entre nós. O Natal lembra-nos que Deus continua a amar todo o homem, mesmo o pior. Hoje diz a mim, a ti, a cada um de nós: «Amo-te e sempre te amarei; és precioso aos meus olhos». Deus não te ama, porque pensas certo e te comportas bem; ama-te… e basta! O seu amor é incondicional, não depende de ti. Podes ter ideias erradas, podes tê-las combinado de todas as cores, mas o Senhor não desiste de te querer bem. Quantas vezes pensamos que Deus é bom, se formos bons; e castiga-nos, se formos maus; mas não é assim! Nos nossos pecados, continua a amar-nos. O seu amor não muda, não é melindroso; é fiel, é paciente. Eis o dom que encontramos no Natal: com maravilha, descobrimos que no Senhor está toda a gratuidade possível, toda a ternura possível. A sua glória não nos encandeia, nem a sua presença nos assusta. Nasce pobre de tudo, para nos conquistar com a riqueza do seu amor.

Manifestou-se a graça de Deus. Graça é sinónimo de beleza. Nesta noite, na beleza do amor de Deus redescobrimos também a nossa beleza, porque somos os amados de Deus. No bem e no mal, na saúde e na doença, felizes ou tristes, sempre aparecemos lindos a seus olhos: não pelo que fazemos, mas pelo que somos. Em nós, há uma beleza indelével, intangível; uma beleza incancelável, que é o núcleo do nosso ser. Deus no-lo recorda hoje, tomando amorosamente a nossa humanidade e assumindo-a, «desposando-a» para sempre.

A «grande alegria», anunciada aos pastores nesta noite, é verdadeiramente «para todo o povo». Naqueles pastores, que santos não eram certamente, estamos também nós, com as nossas fragilidades e fraquezas. Deus, tal como chamou a eles, chama a nós também, porque nos ama. E, nas noites da vida, diz-nos como a eles: «Não temais» (Lc 2, 10). Coragem, não percais a confiança nem a esperança; não penseis que amar seja tempo perdido! Nesta noite, o amor venceu o medo, manifestou-se uma nova esperança; a luz gentil de Deus venceu as trevas da arrogância humana. Humanidade, Deus ama-te e, por ti, fez-Se homem; já não estás sozinha.

Amados irmãos e irmãs, que fazer perante esta graça? Uma coisa só: acolher o dom. Antes que ir à procura de Deus, deixemo-nos procurar por Ele, que nos procura primeiro. Não partamos das nossas capacidades, mas da sua graça, porque é Ele, Jesus, o Salvador. Fixemos o olhar no Menino e deixemo-nos envolver pela sua ternura. As desculpas para não nos deixarmos amar por Ele, desapareceram: aquilo que está torto na vida, aquilo que não funciona na Igreja, aquilo que corre mal no mundo não poderá mais servir-nos de justificação. Passou a segundo plano, pois frente ao amor louco de Jesus, a um amor todo ele mansidão e proximidade, não há desculpas. E, assim, a questão no Natal é esta: «Deixo-me amar por Deus? Abandono-me ao seu amor que vem salvar-me?»

Um dom tão grande merece tanta gratidão! Acolher a graça é saber agradecer. Frequentemente, porém, as nossas vidas transcorrem alheias à gratidão. Hoje é o dia justo para nos aproximarmos do sacrário, do presépio, da manjedoura, e dizermos obrigado. Acolhamos o dom que é Jesus, para depois nos tornarmos dom como Jesus. Tornar-se dom é dar sentido à vida, sendo este o melhor modo para mudar o mundo: nós mudamos, a Igreja muda, a história muda, quando começamos a querer mudar, não os outros, mas a nós mesmos, fazendo da nossa vida um dom.

Assim no-lo mostra Jesus nesta noite: não mudou a História forçando alguém ou à força de palavras, mas com o dom da sua vida. Não esperou que nos tornássemos bons para nos amar, mas deu-Se gratuitamente a nós. Por nossa vez, não esperemos que o próximo se torne bom para lhe fazermos bem, que a Igreja seja perfeita para a amarmos, que os outros tenham consideração por nós para os servirmos. Comecemos nós. Isto é acolher o dom da graça. E a santidade consiste precisamente em preservar esta gratuidade.

Conta uma graciosa história que, no nascimento de Jesus, os pastores acorriam à gruta com vários dons. Cada um levava o que tinha, ora os frutos do seu trabalho, ora algo precioso. Mas, enquanto todos se prodigalizavam com generosidade, havia um pastor que não tinha nada. Era muito pobre, não tinha nada para oferecer. E enquanto todos se emulavam na apresentação dos seus dons, ele mantinha-se aparte, com vergonha. A dada altura, São José e Nossa Senhora sentiram dificuldade para receber todos os dons – eram tantos – , especialmente Maria que devia segurar nos braços o Menino. Então, vendo com as mãos vazias aquele pastor, pediu-lhe que se aproximasse e colocou-lhe Jesus nas mãos. Ao acolhê-Lo, aquele pastor deu-se conta de ter recebido aquilo que não merecia: ter nas mãos o maior dom da História. Olhou para as suas mãos, aquelas mãos que lhe pareciam sempre vazias: tornaram-se o berço de Deus. Sentiu-se amado e, superando a vergonha, começou a mostrar aos outros Jesus, porque não podia guardar para si o dom dos dons.

Querido irmão, querida irmã, se as tuas mãos te parecem vazias, se vês o teu coração pobre de amor, esta é a tua noite. Manifestou-se a graça de Deus, para resplandecer na tua vida. Acolhe-a e brilhará em ti a luz do Natal.

[02093-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

„Nad mieszkańcami kraju mroków światło zabłysło” (Iz 9, 1). To proroctwo pierwszego czytania urzeczywistniło się w Ewangelii: istotnie, podczas gdy pasterze czuwali nocą na swoich ziemiach, „chwała Pańska zewsząd ich oświeciła” (Łk 2, 9). W noc ziemi pojawiło się światło z nieba. Co oznacza to światło pojawiające się w ciemności? Podpowiada to Apostoł Paweł, mówiąc nam: „ukazała się łaska Boga”. Tej nocy ogarnęła świat łaska Boga, która „niesie zbawienie wszystkim ludziom” (Tt 2, 11).

Ale czym jest ta łaska? To Boża miłość, miłość, która przemienia życie, odnawia historię, wyzwala od zła, wlewa pokój i radość. Tej nocy miłość Boga ukazała się nam: to Jezus, w Jezusie Najwyższy stał się maluśkim, abyśmy go miłowali. W Jezusie Bóg stał się Dzieciątkiem, aby pozwolić się nam objąć. Ale wciąż możemy zadać sobie pytanie, dlaczego święty Paweł nazywa przyjście Boga na świat „łaską”? Aby powiedzieć nam, że jest ono całkowicie darmowe. Podczas, gdy tutaj na ziemi wszystko wydaje się odpowiadać logice dawania aby mieć, Bóg przybywa darmo. Jego miłości nie można negocjować: nie uczyniliśmy nic, aby sobie na nią zasłużyć i nigdy nie będziemy w stanie jej wynagrodzić.

Ukazała się łaska Boga. Tej nocy zdajemy sobie sprawę, że kiedy nie stanęliśmy na wysokości zadania, On stał się dla nas maleństwem, kiedy troszczyliśmy się o swoje sprawy, On przyszedł między nas. Boże Narodzenie przypomina nam, że Bóg stale kocha każdego człowieka, nawet najgorszego. Mnie, tobie, każdemu z nas dzisiaj mówi: „Kocham cię i zawsze będę cię kochał, jesteś cenny w moich oczach”. Bóg cię kocha nie dlatego, że słusznie myślisz i dobrze postępujesz; po prostu cię kocha. Jego miłość jest bezwarunkowa, nie zależy od ciebie. Możesz mieć błędne wyobrażenia, możesz je połączyć ze wszystkich kolorów, ale Pan nie przestaje cię kochać. Ileż razy myślimy, że Bóg jest dobry, jeśli my jesteśmy dobrzy i że karze nas, jeśli jesteśmy źli. Tak nie jest. Pomimo naszych grzechów nadal nas miłuje. Jego miłość się nie zmienia, nie obraża się; jest wierna, jest cierpliwa. Oto dar, jaki znajdujemy w Boże Narodzenie: ze zdumieniem odkrywamy, że Pan jest wszelką możliwą bezinteresownością, wszelką możliwą czułością. Jego chwała nas nie oślepia, Jego obecność nas nie przeraża. Urodził się ubogi we wszystko, aby nas zdobyć bogactwem swojej miłości.

Ukazała się łaska Boga. Łaska jest synonimem piękna. Tej nocy, w pięknie Bożej miłości odkrywamy również nasze piękno, ponieważ jesteśmy miłowanymi przez Boga. Na dobre i na złe, w zdrowiu i chorobie, szczęśliwi lub smutni, w Jego oczach jawimy się piękni: nie z powodu tego, co czynimy, ale powodu tego, kim jesteśmy. Jest w nas piękno nieusuwalne, niedotykalne, nieodparte piękno, które jest rdzeniem naszego bytu. Dzisiaj Bóg nam o tym przypomina, z miłością przyjmując nasze człowieczeństwo i czyniąc je swoim własnym, „poślubiając” je na zawsze.

Doprawdy, „wielka radość” ogłoszona dziś pasterzom jest „udziałem całego narodu”. W tych pasterzach, którzy z pewnością nie byli świętymi, jesteśmy także i my, z naszymi kruchościami i słabościami. Bóg, podobnie jak wezwał ich, wzywa także i nas, ponieważ nas miłuje. A w nocach życia zarówno nam jak i im mówi: „Nie bójcie się!” (Łk 2, 10). Odwagi, nie zagubcie ufności, nie zatraćcie nadziei, nie myślcie, że miłowanie to czas stracony! Tej nocy miłość pokonała strach, pojawiła się nowa nadzieja, łagodne światło Boga pokonało ciemności ludzkiej arogancji. Rodzaju ludzki, Bóg cię miłuje i dla ciebie stał się człowiekiem, nie jesteś już sam!

Drodzy bracia i siostry, co czynić w obliczu tej łaski? Jedno: przyjąć dar. Zanim zaczniemy szukać Boga, pozwólmy się Jemu szukać: nie zaczynajmy od naszych zdolności, ale od Jego łaski, ponieważ to On, Jezus, jest Zbawicielem. Spójrzmy na Dzieciątko i pozwólmy się ogarnąć Jego czułością. Nie będziemy już mieli wymówek, by nie dać się miłować przez Niego: to, co w życiu nie wychodzi, co nie funkcjonuje w Kościele, co nie jest w porządku w świecie, nie będzie już usprawiedliwieniem. Zejdzie na dalszy plan, ponieważ w obliczu szalonej miłości Jezusa, miłości będącej w pełni czułością i bliskością, nie ma wymówek. Pytanie w Boże Narodzenie brzmi: „Czy pozwalam się kochać Bogu? Czy powierzam się Jego miłości, która przychodzi, aby mnie zbawić?”.

Tak wielki dar zasługuje na wielką wdzięczność. Przyjęcie łaski to umiejętność dziękczynienia. Ale nasze życie często upływa z dala od wdzięczności. Dzisiaj jest właściwy dzień, aby zbliżyć się do tabernakulum, do szopki, do żłóbka, aby podziękować. Przyjmujemy dar, którym jest dla nas Jezus, aby następnie stać się darem, jak Jezus. Stawanie się darem nadaje życiu sens. I jest to najlepszy sposób na przemienienie świata: my się zmieniamy, zmienia się Kościół, zmienia się historia, kiedy nie chcemy zmieniać innych, ale zaczynamy od samych siebie, czyniąc dar z naszego życia.

Jezus nam to ukazuje tej nocy: nie zmienił historii przez przymuszanie kogoś czy siłą słów, ale darem swego życia. Nie czekał, aż staniemy się dobrzy, aby nas pokochać, ale dał nam siebie za darmo. Również my nie czekajmy, aż bliźni stanie się świetny, aby czynić mu dobro, aż Kościół stanie się doskonały, żeby go miłować, aż inni będą nas poważali, byśmy im służyli. To my zacznijmy. To oznacza przyjęcie daru łaski. A świętość jest niczym innym jak strzeżeniem tej bezinteresowności.

Pewna piękna legenda mówi, że kiedy narodził się Jezus, pasterze nadbiegali do groty z różnymi darami. Każdy przyniósł to, co miał: jeden owoce swojej pracy, inny coś cennego. Ale kiedy wszyscy nie szczędzili swej hojności, jeden z pasterzy nie miał nic. Był bardzo biedny, nie miał co dać. Podczas, gdy wszyscy rywalizowali przedstawiając swe dary, on wstydliwie stał z boku. W pewnym momencie święty Józef i Matka Boża mieli trudności z przyjęciem wszystkich, licznych darów, a zwłaszcza Maryja, która musiała trzymać Dzieciątko. Kiedy zatem zobaczyła tego pasterza z pustymi rękami, poprosiła go, by podszedł bliżej. I włożyła w jego ręce Jezusa. Ów pasterz, przyjmując Go, zdał sobie sprawę, że otrzymał to, na co nie zasłużył, że ma w swoich rękach największy dar w dziejach. Spojrzał na swoje dłonie, które zawsze zdawały mu się puste: stały się kolebką Boga. Poczuł się miłowany i, przezwyciężając wstyd, zaczął ukazywać innym Jezusa, bo nie mógł zachować dla siebie daru nad darami.

Drogi bracie, droga siostro, jeśli twoje ręce zdają ci się puste, jeśli widzisz, że twoje serce jest ubogie w miłość, ta noc jest dla ciebie. Ukazała się łaska Boga, aby zajaśnieć w twoim życiu. Przyjmij ją a zajaśnieje w tobie światło Bożego Narodzenia.

[02093-PL.02] [Testo originale: Italiano]

[B1029-XX.02]