Preghiera del Santo Padre
Omelia del Santo Padre
Questo pomeriggio, lasciata Casa Santa Marta, il Santo Padre Francesco si è recato alla Basilica di San Giovanni in Laterano ove, alle ore 17.30, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in occasione della festa della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano.
Al Suo arrivo, prima dell’ingresso in Basilica per la celebrazione della Santa Messa, il Papa ha sostato brevemente sul Sagrato presso la lapide commemorativa in onore delle vittime della povertà, e ha recitato una preghiera con i fedeli presenti, appartenenti al Movimento ATD Quarto Mondo. Il Papa ha così dato inizio ufficialmente alla terza Giornata Mondiale dei Poveri che si articolerà in diversi momenti che culmineranno nella celebrazione della Santa Messa di domenica 17 novembre nella Basilica di San Pietro.
Pubblichiamo di seguito la preghiera recitata dal Santo Padre sul Sagrato della Basilica Lateranense e l’Omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:
Preghiera del Santo Padre
Per i milioni di bambini piegati dai morsi della fame
che hanno perso il sorriso ma vogliono ancora amare.
Per i milioni di giovani che, senza un motivo per credere o
esistere, cercano invano un avvenire in questo mondo insensato.
Noi ti preghiamo, Padre, manda operai per la Tua messe.
Per i milioni di uomini, di donne, di bambini, con cuori che
battono ancora forte forte per lottare, il cui spirito si rivolta contro
la sorte ingiusta loro imposta, il cui coraggio esige il diritto
all'inestimabile dignità.
Noi ti preghiamo, Padre, manda operai per la Tua messe.
Per i milioni di bambini, di donne, di uomini che non
vogliono maledire, ma amare e pregare, lavorare ed unirsi, perché
nasca una terra solidale. Una terra, la nostra terra, dove ogni uomo
dia il meglio di sé stesso prima di morire.
Noi ti preghiamo, padre, manda operai per la Tua messe.
Perché tutti quelli che pregano trovino ascolto presso Dio e
ricevano da Lui la forza di eliminare la miseria da un'umanità
fatta a Sua immagine.
Noi ti preghiamo, Padre, manda operai per la Tua messe.
[01784-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Omelia del Santo Padre
Questa sera, in questa celebrazione della Dedicazione, vorrei prendere dalla Parola di Dio tre versetti da donarvi, perché possiate farli oggetto di meditazione e di preghiera.
Il primo lo sento indirizzato a tutti, a tutta la comunità diocesana di Roma. È il versetto del Salmo responsoriale: «Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio» (46,5). I cristiani che abitano in questa città sono come il fiume che scaturisce dal tempio: portano una Parola di vita e di speranza capace di fecondare i deserti dei cuori, come il torrente descritto nella visione di Ezechiele (cfr cap. 47) feconda il deserto dell’Araba e risana le acque salate e senza vita del Mar Morto. L’importante è che il corso d’acqua esca dal tempio e si diriga verso terre dall’aspetto ostile. La città non può che rallegrarsi quando vede i cristiani diventare annunciatori gioiosi, determinati a condividere con gli altri i tesori della Parola di Dio e a darsi da fare per il bene comune. Il terreno che sembrava destinato per sempre all’aridità, rivela una potenzialità straordinaria: diventa un giardino con alberi sempre verdi e foglie e frutti dal potere medicinale. Ezechiele spiega il perché di tanta fecondità: «Le loro acque sgorgano dal santuario» (47,12). È Dio il segreto di questa forza di vita nuova!
Che il Signore possa gioire nel vederci in movimento, pronti ad ascoltare con il cuore i suoi poveri che gridano a Lui. Che la Madre Chiesa di Roma possa sperimentare la consolazione di vedere ancora una volta l’obbedienza e il coraggio dei suoi figli, pieni di entusiasmo per questa nuova stagione di evangelizzazione. Incontrare gli altri, entrare in dialogo con loro, ascoltarli con umiltà, gratuità e povertà di cuore… Vi invito a vivere tutto questo non come uno sforzo gravoso, ma con una leggerezza spirituale: invece di farsi prendere da ansie di prestazione, è più importante allargare la percezione per cogliere la presenza e l’azione di Dio nella città. È una contemplazione che nasce dall’amore.
A voi presbiteri voglio dedicare un versetto della seconda Lettura, della Prima Lettera ai Corinzi: «Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (3,11). Questo è il vostro compito, il cuore del vostro ministero: aiutare la comunità a stare sempre ai piedi del Signore per ascoltarne la Parola; tenerla lontana da ogni mondanità, dai cattivi compromessi; custodire il fondamento e la radice santa dell’edificio spirituale; difenderla dai lupi rapaci, da chi vorrebbe farla deviare dalla via del Vangelo. Come Paolo, anche voi siete “saggi architetti” (cfr 3,10), saggi perché ben consapevoli che qualsiasi altra idea o realtà volessimo porre a fondamento della Chiesa al posto del Vangelo, potrebbe forse garantirci più successo, magari gratificazioni immediate, ma comporterebbe inevitabilmente il crollo, il crollo di tutto l’edificio spirituale!
Da quando sono Vescovo di Roma ho conosciuto più da vicino molti di voi, cari presbiteri: ho ammirato la fede e l’amore per il Signore, la vicinanza alle persone e la generosità nella cura dei poveri. Conoscete i quartieri della città come nessun’altro e custodite nel cuore i volti, i sorrisi e le lacrime di tanta gente. Avete messo da parte contrapposizioni ideologiche e protagonismi personali per fare spazio a quello che Dio vi chiede. Il realismo di chi ha i piedi per terra e sa “come vanno le cose di questo mondo” non vi ha impedito di volare in alto con il Signore e di sognare in grande. Dio vi benedica. Che sia la gioia dell’intimità con Lui la ricompensa più vera per tutto il bene che fate quotidianamente.
E infine un versetto per voi, membri delle équipe pastorali, che siete qui per ricevere un particolare mandato dal Vescovo. Non potevo che sceglierlo dal Vangelo (Gv 2,13-22), dove Gesù si comporta in maniera divinamente provocatoria. Per poter scuotere l’ottusità degli uomini e indurli a cambiamenti radicali, talvolta Dio sceglie di agire in maniera forte, per operare una rottura nella situazione. Gesù con la sua azione vuole produrre un cambio di passo, un’inversione di rotta. Lo stesso stile hanno avuto molti santi: certi loro comportamenti, incomprensibili per una logica umana, erano frutto di intuizioni suscitate dallo Spirito e intendevano provocare i loro contemporanei e aiutarli a comprendere che «i miei pensieri non sono i vostri pensieri», dice Dio mediante il profeta Isaia (55,8).
Per intendere bene l’episodio evangelico di oggi, bisogna sottolineare un particolare importante. I venditori si trovavano nel cortile dei pagani, il luogo accessibile ai non ebrei. Proprio questo cortile era stato trasformato in un mercato. Ma Dio vuole che il suo tempio sia casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56,7). Di qui la decisione di Gesù di rovesciare i tavoli dei cambiavalute e di scacciare gli animali. Questa purificazione del santuario era necessaria perché Israele riscoprisse la sua vocazione: essere luce per tutte le genti, un piccolo popolo scelto per servire alla salvezza che Dio vuole dare a tutti. Gesù sa che questa provocazione gli costerà cara. E quando gli chiedono: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?» (v. 18), il Signore risponde dicendo: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (v. 19).
Ed è proprio questo il versetto che stasera voglio consegnare a voi, équipe pastorali. Vi è affidato il compito di aiutare le vostre comunità e gli operatori pastorali a raggiungere tutti gli abitanti della città, individuando vie nuove per incontrare chi è lontano dalla fede e dalla Chiesa. Ma, nel fare questo servizio, portate dentro questa consapevolezza, questa fiducia: non c’è cuore umano in cui il Cristo non voglia e non possa rinascere. Nelle nostre esistenze di peccatori spesso ci capita di allontanarci dal Signore e di spegnere lo Spirito. Distruggiamo il tempio di Dio che è ciascuno di noi. Eppure questa non è mai una situazione definitiva: al Signore bastano tre giorni per ricostruire il suo tempio dentro di noi!
Nessuno, per quanto sia ferito dal male, è condannato su questa terra ad essere per sempre separato da Dio. In maniera spesso misteriosa ma reale il Signore apre nei cuori nuovi spiragli, desideri di verità, di bene e di bellezza, che fanno spazio all’evangelizzazione. A volte si possono incontrare diffidenze e ostilità: non bisogna lasciarsi bloccare, ma custodire la convinzione che a Dio bastano tre giorni per risuscitare suo Figlio nel cuore dell’uomo. È la storia anche di alcuni di noi: conversioni profonde frutto dell’azione imprevedibile della grazia! Penso al Concilio Vaticano II: «Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale» (Cost. past. Gaudium et spes, 22).
Che il Signore ci dia di sperimentare tutto questo, nella nostra azione evangelizzatrice. Che possiamo crescere nella fede nel Mistero Pasquale e venire associati al suo “zelo” per la nostra casa. Buon cammino!
[01780-IT.02] [Testo originale: Italiano]
[B0857-XX.02]