Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Oggi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i membri della “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI”, per il conferimento del Premio Ratzinger 2019, giunto alla sua nona edizione.
Dopo il saluto di Padre Federico Lombardi, S.J., Presidente della Fondazione, l’Em.mo Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi e Presidente del Comitato Scientifico della medesima Fondazione, ha rivolto al Papa un discorso nel quale ha illustrato il profilo dei due Premiati di questa edizione. Quindi, Papa Francesco ha consegnato ai Premiati il riconoscimento.
I vincitori di quest’anno sono: Charles Margrave Taylor, Filosofo, Professore emerito della McGill Univeristy di Montréal (Canada); e P. Paul Béré, S.J., Professore di Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma e all’Institut de Théologie dei Gesuiti di Abidjan.
Pubblichiamo di seguito il testo del discorso che il Santo Padre ha rivolto ai presenti nel corso della cerimonia:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di consegnare personalmente anche quest’anno i “Premi Ratzinger”. È per me una gradita circostanza. Anzitutto esprimo il mio apprezzamento per le due illustri personalità che ci sono state ora presentate dal Cardinale Amato, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Joseph Ratzinger – Benedetto XVI. Saluto con riconoscenza il Prof. Charles Taylor e il P. Paul Béré, S.J., come pure i loro parenti ed estimatori, che li accompagnano in questo momento di festa, e i responsabili e gli amici della Fondazione.
Ma sono anche lieto di avere questa bella occasione per esprimere ancora una volta stima e affetto per il mio Predecessore, il caro Papa emerito Benedetto XVI.
Gli siamo grati per l’insegnamento e l’esempio che ci ha dato nel servire la Chiesa riflettendo, pensando, studiando, ascoltando, dialogando, pregando, perché la nostra fede si conservi viva e consapevole nonostante il mutare dei tempi e delle situazioni, e perché i credenti sappiano rendere conto della loro fede con un linguaggio capace di farsi intendere dai loro contemporanei e di entrare in dialogo con essi, per cercare insieme le vie dell’incontro con Dio nel nostro tempo.
Questo è stato sempre desiderio intenso di Joseph Ratzinger, teologo e pastore che non si è mai chiuso nell’ambito di una cultura puramente concettuale e disincarnata, ma ci ha dato l’esempio di una ricerca della verità in cui ragione e fede, intelligenza e spiritualità, sono continuamente integrate. Tutte le discipline e le arti concorrono in tal senso nel dare il loro contributo alla crescita dell’umano verso la sua pienezza. Questa, infine, si trova solo nell’incontro con la persona vivente di Gesù Cristo, il Logos incarnato, la rivelazione di Dio che è amore.
Essere e restare in dialogo attivo con le culture, che cambiano nel corso dei tempi e si diversificano nelle diverse parti del mondo, è un dovere per la teologia, ma è allo stesso tempo condizione necessaria per la vitalità della fede cristiana, per la missione di evangelizzazione della Chiesa.
In questa prospettiva i nostri due Premiati hanno offerto un notevole apporto, di cui diamo loro atto oggi con ammirazione e gratitudine.
Nel corso della sua lunga vita di ricerca, insegnamento e azione, il Prof. Taylor ha spaziato in molti campi, ma in particolare ha dedicato l’impegno della sua mente e del suo cuore per comprendere il fenomeno della secolarizzazione nel nostro tempo. Essa pone effettivamente una grande sfida per la Chiesa Cattolica, anzi per tutti i cristiani e possiamo dire per tutti i credenti in Dio. Papa Benedetto ci ha ripetuto più volte che la priorità del suo pontificato era riannunciare Dio – il Dio di Gesù Cristo – in un tempo in cui sembra tramontare all’orizzonte di vaste aree dell’umanità. Ora, pochi studiosi si sono posti il problema della secolarizzazione con tanta ampiezza di sguardo quanto il Prof. Taylor. Gliene siamo grati, per la profondità con cui se lo è posto, analizzando con attenzione lo sviluppo della cultura occidentale, i movimenti dello spirito umano nel corso del tempo, individuando le caratteristiche della modernità nella loro complessa articolazione, nelle ombre e nelle luci. Così egli ci aiuta a leggere in modo non riduttivo le ragioni dei cambiamenti avvenuti nella pratica religiosa; ci invita a intuire e a cercare vie nuove per vivere ed esprimere le dimensioni trascendenti dell’animo umano, le dimensioni spirituali nelle quali lo Spirito Santo continua ad operare anche quando noi a prima vista non ce ne accorgiamo. Tutto ciò ci permette di confrontarci con la secolarizzazione occidentale in modo non superficiale o fatalisticamente scoraggiato. E questo è necessario non solo per una riflessione sulla cultura del nostro tempo, ma soprattutto per un dialogo e un discernimento in profondità nel suo contesto, per assumere gli atteggiamenti adeguati per vivere, testimoniare, esprimere, annunciare la fede nel nostro tempo.
Il P. Paul Béré è il primo africano che riceve il Premio Ratzinger ed è uno stimato studioso della Sacra Scrittura. Con questo riconoscimento sono lieto di esprimere il mio apprezzamento e il mio incoraggiamento a tutti coloro che si impegnano per l’inculturazione della fede in Africa con un contributo di studio originale e approfondito. Nei primi secoli del Cristianesimo l’Africa settentrionale ha dato alla Chiesa figure gigantesche – come Tertulliano, Cipriano, Agostino –, ma poi la diffusione dell’Islam e quindi secoli di colonialismo hanno impedito una vera inculturazione africana del messaggio cristiano fino alla seconda metà del secolo scorso. Perciò la teologia africana contemporanea è ancora giovane, ma appare dinamica e ricca di promesse. Il P. Béré ce ne dà un esempio lavorando sull’interpretazione dei testi dell’Antico Testamento in un contesto di cultura “orale”, mettendo così a frutto l’esperienza delle culture africane; come pure impegnandosi per la conoscenza, la comprensione e la recezione nel contesto africano dei Sinodi ai quali ha preso parte.
Nella sua grande Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, il Santo Papa Paolo VI affermava: «Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa» (n.18). Ciò vale per tutte le culture: l’accesso alle dimensioni dell’umanità in cerca di redenzione va cercato in tutte le direzioni, con creatività, con immaginazione; deve esprimersi con i linguaggi appropriati in tutti gli ambiti e gli spazi in cui l’umanità vive le sue pene, le sue gioie, le sue speranze.
In questo senso, per quanto i due Premiati provengano da continenti e ambiti culturali diversi, il loro messaggio è molto più simile di quanto non appaia a prima vista. Nella varietà delle culture, nel loro differenziarsi nel tempo e nello spazio, si può e si deve sempre cercare e trovare la via dell’accesso a Dio e all’incontro con Cristo. Questo è stato ed è l’impegno del professor Taylor e del padre Béré, questa è la missione di tutti coloro che, seguendo l’insegnamento del teologo Joseph Ratzinger e Papa emerito Benedetto XVI, si propongono di essere “cooperatori della Verità”.
Auguro quindi ai Premiati e a tutti voi presenti di poter continuare con entusiasmo e con gioia il cammino su questa strada.
[01781-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear Brothers and Sisters,
I am pleased this year once again to confer the Ratzinger Prizes in person, which for me is a welcome moment. Firstly, I wish to express my appreciation for the two distinguished prizewinners who have been presented to us by Cardinal Angelo Amato, President of the Scientific Committee of the Joseph Ratzinger–Benedict XVI Foundation: Professor Charles Taylor and Father Paul Béré, whom I respectfully greet, along with their relatives and those accompanying them on this occasion. I greet also the leaders and friends of the Foundation.
I am happy to have this opportunity to express again my esteem and affection for my predecessor, dear Pope Emeritus Benedict XVI. We are all grateful for his teaching, and for his exemplary service to the Church, demonstrated by his reflections, his thought and study, his listening, dialogue and prayer. His aim was that we might consciously retain a lively faith despite the changing times and situations; and that believers could give an account of their faith in a language that can be understood by their contemporaries, entering into dialogue with them, together seeking pathways of authentic encounter with God in our time.
This has always been a keen desire of Joseph Ratzinger the theologian and pastor, who never closed himself off in a disembodied culture of pure concepts, but gave us the example of seeking truth where reason and faith, intelligence and spirituality, are constantly integrated. All the arts and disciplines thus cooperate in contributing to the full growth of the human person, which is to be found ultimately in the encounter with the living person of Jesus Christ, the incarnate Logos, the revelation of the God who is love.
It is a duty for theology to be and remain in active dialogue with cultures, even as they change over time and evolve differently in various parts of the world. At the same time, it is a condition necessary for the vitality of Christian faith, for the Church’s mission of evangelization.
It is from this perspective that our two prizewinners have offered important contributions, which we recognize today with gratitude.
During his years of active research and teaching, Professor Taylor has covered many fields, but he has particularly devoted his mind and heart to understanding the phenomenon of secularization in our time. Secularization effectively poses a significant challenge for the Catholic Church, indeed for all Christians, and for all believers in God. Pope Benedict repeatedly told us that the priority of his pontificate was to proclaim God anew — the God of Jesus Christ — in a time when that proclamation seems to be on the wane for a large part of humanity. Few scholars in the present day have posed the problem of secularization with the breadth of vision as has Professor Taylor. We are indebted to him for the profound manner in which he has treated the problem, carefully analyzing the development of Western culture, the movements of the human mind and heart over time, identifying the characteristics of modernity in their complex relationships, in their shadows and lights. Thus, he helps us to read in a non-reductive way the reasons for the changes that have taken place in religious practice. He invites us to intuit and seek new ways to live and express the transcendent dimensions of the human soul, those spiritual dimensions in which the Spirit continues to work imperceptibly. This allows us to deal with Western secularization in a way that is neither superficial nor given to fatalistic discouragement. This is needed not only for a reflection on contemporary culture, but also for an in-depth dialogue and discernment in order to adopt the spiritual attitudes suitable for living, witnessing, expressing, and proclaiming the faith in our time.
Father Paul Béré is the first African recipient of the Ratzinger Prize and a renowned scholar of Sacred Scripture. I am pleased on the occasion of this award to express my appreciation and encouragement to all those committed to inculturation of the faith in Africa through their original and deepened study. In the first centuries of Christianity, northern Africa gave the Church great figures — Tertullian, Cyprian, Augustine — but the spread of Islam followed by centuries of colonialism prevented a true African inculturation of the Christian message until the second half of the last century. Contemporary African theology is therefore still young, though dynamic and full of promise. Father Béré provides an example of this by his work on the interpretation of Old Testament texts in a context of oral culture, thus bringing to fruition the experience of African culture. He has committed himself to making the Synods that he participated in known, understood, and received in the African context.
In his Apostolic Exhortation Evangelii Nuntiandi, Saint Paul VI said: “Evangelizing means bringing the Good News into all the strata of humanity, and through its influence transforming humanity from within and making it new” (no.18). This is true for all cultures: access to redemption for humanity in all of its dimensions should be sought with creativity and imagination; this search can be expressed with appropriate language in all areas and spaces in which men and women live their pains, joys and hopes.
Although the two laureates come from different continents and cultural backgrounds, their message is much more similar than appears at first sight. In the variety of cultures, diverse across time and space, one can and should always seek the way to God and the encounter with Christ. This has been and remains the work to which Professor Taylor and Father Béré have dedicated themselves. This is the mission of all who follow the teaching of Joseph Ratzinger as theologian and Pope, to be “co-workers of the truth”.
It is therefore my hope that the recipients of the Ratzinger Prizes, together with all present, continue with enthusiasm and joy their journey on this path.
[01781-EN.01] [Original text: Italian]
[B0855-XX.02]