Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, a conclusione dei lavori, i partecipanti al III Convegno Internazionale Chiesa, Musica, Interpreti: un dialogo necessario, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Musica Sacra e con l’Istituto Liturgico del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, in corso in Vaticano dal 7 al 9 novembre 2019.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi do il benvenuto in occasione del III Congresso Internazionale Chiesa e Musica, sul tema dell’interprete e dell’interpretazione. Ringrazio per l’organizzazione il Pontificio Consiglio per la Cultura che, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Musica Sacra e con l’Istituto Liturgico del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, ha reso possibile questa edizione. Saluto tutti i partecipanti e ringrazio in particolare il Cardinale Ravasi per la sua introduzione. Auspico che i lavori compiuti in questi giorni siano per tutti un fermento di Vangelo, di vita liturgica e di servizio alla cultura e alla Chiesa.
Spesso pensiamo all’interprete come a un traduttore, oppure a colui che ha il compito di trasmettere qualcosa che riceve in modo tale che l’altro possa capire. Ma l’interprete, specialmente in campo musicale, è quello che traduce con un proprio spirito ciò che il compositore ha scritto, perché risuoni bello e perfetto artisticamente. Del resto, l’opera musicale esiste fintanto che venga interpretata, e dunque finché ci sia un interprete.
Il buon interprete è animato da grande umiltà dinanzi all’opera d’arte, che non gli appartiene. Sapendo di essere, nel suo campo, un servitore della comunità, cerca sempre di formarsi e di trasformarsi interiormente e tecnicamente, per poter offrire la bellezza della musica e, nell’ambito liturgico, compiere il suo servizio nell’esecuzione musicale (cfr Sacrosanctum Concilium, 115). L’interprete è chiamato a sviluppare una propria sensibilità e un proprio genio, sempre al servizio dell’arte, che restaura lo spirito umano, e al servizio della comunità, specialmente se compie un ministero liturgico.
L’interprete musicale ha molto in comune con lo studioso della Bibbia, con il lettore della Parola di Dio; in senso più lato con coloro che cercano di interpretare i segni dei tempi; e ancora più in generale con quanti – dovremmo essere tutti – accolgono e ascoltano l’altro per un dialogo sincero. Ogni cristiano infatti è un interprete della volontà di Dio nella propria esistenza, e con essa canta con gioia a Dio un inno di lode e di ringraziamento. Con questo canto la Chiesa interpreta il Vangelo nei solchi della storia. La Vergine Maria lo ha fatto in maniera esemplare nel suo Magnificat; e i santi hanno interpretato la volontà di Dio nella loro vita e nella loro missione.
Il Santo Papa Paolo VI, nel 1964, durante lo storico incontro con gli artisti, ha espresso questo pensiero: «Come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità» (Insegnamenti II [1964], 313). In questo senso, dunque, l’interprete, come l’artista, esprime l’Ineffabile, usa parole e materia che vanno al di là dei concetti, per far capire quella sorta di sacramentalità che è propria della rappresentazione estetica.
C’è un dialogo. Perché seguire un’opera d’arte non è qualcosa di statico, di matematico. C’è un dialogo tra l’autore, l’opera e l’interprete. È un dialogo a tre. E questo dialogo è originale in ognuno degli interpreti: un interprete lo sente così e lo dà così, un altro in un altro modo. Ma è importante questo dialogo, che permette anche lo sviluppo nell’esecuzione di un’opera artistica. Mi viene in mente, per esempio, un Bach eseguito da Richter o da Gardiner: è un’altra cosa. Il dialogo è un’altra cosa, e l’interprete deve entrare in questo dialogo tra l’autore, l’opera e lui stesso. Questo non va mai dimenticato.
L’artista, l’interprete e – nel caso della musica – l’ascoltatore nutrono un medesimo desiderio: quello di capire ciò che la bellezza, la musica, l’arte ci permette di conoscere della realtà di Dio. E forse mai come nel nostro tempo gli uomini e donne ne hanno tanta necessità. Interpretare questa realtà è essenziale per il mondo di oggi.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio ancora per il vostro impegno nello studio della musica, e in particolare della musica liturgica. Auguro a me a voi – ciascuno nel suo cammino – di diventare sempre meglio, giorno per giorno, interpreti del Vangelo, della bellezza che il Padre ci ha rivelato in Gesù Cristo, nella lode che esprime la figliolanza verso Dio. Vi benedico di cuore, e per favore vi chiedo di pregare per me. Grazie.
[01779-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear Brothers and Sisters, good morning!
I offer you a cordial welcome as you gather for this Third International Congress devoted to the theme: Church, Music, Interpreters: A Necessary Dialogue. I am grateful to the Pontifical Council for Culture, which, in cooperation with the Pontifical Institute for Sacred Music and the Liturgical Institute of the Pontifical Athenaeum of Sant’Anselmo, has made this meeting possible. I greet all taking part, and in a particular way, I thank Cardinal Ravasi for his kind words of introduction. I hope that the work accomplished in these days may prove to be for everyone a stimulating experience of the Gospel, of liturgical life, and of service to the Church and culture.
We often think of an interpreter as a kind of translator, a person whose task is to convey something he or she has received in such a way that another person can understand it. Yet an interpreter, especially in the field of music, necessarily “translates” in a unique and personal way – in a unique and personal way – what the composer has written, in order to create a beautiful and outstanding artistic experience. In effect, a musical work exists only insofar as it is interpreted, and thus only when someone is there to interpret it.
A good interpreter feels great humility before a work of art that is not his or her property. Recognizing that they put their expertise at the service of the community, such interpreters constantly strive to be formed and transformed, interiorly and professionally, in order to bring out the beauty of the music and, in the context of the liturgy, to serve others through the works they perform (cf. Sacrosanctum Concilium, 115). Every interpreter is called to develop a distinctive sensibility and genius in the service of art which refreshes the human spirit, and in service to the community. This is especially the case if the interpreter carries out a liturgical ministry.
The interpreter of music has much in common with the biblical scholar, with the proclaimer of God’s word, but also with those who seek to interpret the signs of the times, and, even more generally, with all those – and each of us should be one of them! – who are open and attentive to others in sincere dialogue. Every Christian, in fact, is an interpreter of the will of God in his her own life, and by his or her life sings a joyful hymn of praise and thanksgiving to God. Through that song, the Church interprets the Gospel as she makes her pilgrim way through history. The Blessed Virgin Mary did this in an exemplary way in her Magnificat, while the saints interpret the will of God by their lives and mission.
Saint Paul VI, in the course of an historic meeting with artists in 1964, offered this reflection: “Our ministry, as you know, consists in preaching and rendering accessible, comprehensible, and indeed moving, the things of the spirit, the invisible, the ineffable, the things of God himself. And in this activity, that transfers the invisible world into accessible, intelligible formulas, you are masters. It is your task, your mission; and your art consists in grasping treasures from the heavenly realm of the spirit and clothing them in words, colours, forms, thus making them accessible” (Insegnamenti II [1964], 313). In this sense, then, the interpreter, like the artist, expresses the ineffable by using words and materials that transcend concepts, in order to convey the kind of “sacramentality” typical of aesthetic representation.
There is a dialogue, because experiencing a work of art is never something static or mathematical. There is a conversation between the author, the work and the interpreter. It is a three-way conversation. And this conversation is original for each of its interpreters: one interpreter understands it this way, and renders it this way; another in a different way. But what is important is the dialogue, that also allows for development in the performance of a work of art. I am thinking, for example, of a work of Bach performed by Richter or by Gardiner: they are different things. The dialogue is something else, and the interpreter must enter into the conversation between author, work and himself. We should never forget this.
The artist, the interpreter and – in the case of music – the listener, all have the same desire: to understand what beauty, music and art allow us to know of God’s grandeur. Now perhaps more than ever, men and women have need of this. Interpreting that reality is essential for today’s world.
Dear brothers and sisters, I thank you again for your commitment to the study of music, and liturgical music in particular. My wish is that, day by day, you may become – each in his or her own way – ever better interpreters of the Gospel, of the beauty that the Father has revealed to us in Christ Jesus, and of the praise that expresses our filial relationship to God. I give you my heartfelt blessing, and I ask you please not to forget to pray for me. Thank you.
[01779-EN.02] [Original text: Italian]
[B0854-XX.02]