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Udienza ai partecipanti al 5° Corso internazionale per la formazione dei Cappellani militari cattolici al Diritto umanitario internazionale, 31.10.2019


Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua inglese

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al 5° Corso internazionale per la formazione dei Cappellani militari cattolici al Diritto umanitario internazionale, sul tema: «La privazione della libertà in situazione di conflitti armati. La missione dei cappellani militari», che si svolge a Roma, presso Institutum Patristicum Augustinianum, dal 29 al 31 ottobre.

Riportiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

Sono lieto di accogliervi in occasione del V Corso internazionale di formazione dei cappellani militari cattolici al diritto internazionale umanitario, dedicato al tema “La privazione della libertà personale nel contesto dei conflitti armati. La missione del cappellano militare”. Ringrazio il Cardinale Peter Turkson per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome vostro.

Quattro anni orsono, nel ricevere i partecipanti alla precedente edizione di questo Corso di formazione, sottolineavo l’esigenza di respingere la tentazione di considerare l’altro come un nemico da distruggere e non come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a propria immagine. Esortavo inoltre a ricordare sempre, persino in mezzo alle lacerazioni della guerra, che ogni essere umano è immensamente sacro[1].

Questa esortazione, che desidero rinnovare oggi, assume un significato ancora più pressante nei confronti delle persone private della libertà personale per motivi connessi con i conflitti armati, giacché la vulnerabilità dovuta alla condizione di detenzione è aggravata dal fatto di trovarsi nelle mani delle forze combattenti avverse. Non di rado, le persone detenute nel contesto dei conflitti armati sono vittime di violazioni dei loro diritti fondamentali, tra cui abusi, violenze e diverse forme di tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Quanti civili, poi, sono oggetto di rapimenti, sparizioni forzate e omicidi! Fra di loro, si contano anche numerosi religiosi e religiose, dei quali non si hanno più notizie o che hanno pagato con la vita la loro consacrazione a Dio e al servizio della gente, senza preferenze o pregiudizi di bandiere e di nazionalità.

Assicuro la mia preghiera per tutte queste persone e per le loro famiglie, affinché possano avere sempre il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza.

Il diritto internazionale umanitario prevede numerose disposizioni in ordine alla protezione della dignità dei detenuti, specialmente per quanto concerne il diritto applicabile ai conflitti armati internazionali. Il fondamento etico e l’importanza cruciale di queste norme per la salvaguardia della dignità umana nel tragico contesto dei conflitti armati fa sì che esse debbano essere adeguatamente e rigorosamente rispettate e applicate. Ciò vale anche nei confronti delle persone detenute, indipendentemente dalla natura e dalla gravità dei crimini che esse possono aver commesso. Il rispetto della dignità e dell’integrità fisica della persona umana, infatti, non può essere tributario delle azioni compiute ma è un dovere morale a cui ogni persona e ogni autorità è chiamata.

Cari Ordinari e Cappellani militari, vi invito, nell’adempimento della vostra missione di formazione della coscienza dei membri delle forze armate, a non risparmiare sforzi affinché le norme del diritto internazionale umanitario siano accolte nei cuori di coloro che sono affidati alla vostra cura pastorale. Vi fanno da guida le parole del Vangelo contenute nel grande “protocollo” o grande regola di comportamento: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36).

Si tratta di aiutare quella particolare porzione del popolo di Dio affidato alla vostra cura a individuare nel patrimonio comune che lega tutti gli uomini, e che trae la sua origine già dal diritto naturale, quegli elementi che possono diventare ponte e piattaforma di incontro con tutti. I ministri di Cristo nel mondo militare sono anche i primi ministri dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Penso a quanti tra voi sono accanto ai militari in situazioni di conflitto internazionale, chiamati ad aprire le loro coscienze a quella carità universale che avvicina l’uomo all’uomo, qualunque sia la razza, la nazionalità, la cultura, la religione dell’altro.

Ma prima di questo c’è il lavoro preventivo, che è un lavoro educativo, complementare a quello delle famiglie e delle comunità cristiane. Si tratta di formare personalità aperte all’amicizia, alla comprensione, alla tolleranza, alla bontà, al rispetto verso tutti; giovani attenti alla conoscenza del patrimonio culturale dei popoli, impegnati per una cittadinanza universale, per favorire la crescita di una grande famiglia umana. Il Concilio Vaticano II chiama i militari «ministri della sicurezza e della libertà dei popoli» (Cost. past. Gaudium et spes, 79): voi siete in mezzo a loro perché queste parole, che la guerra offende e annulla, possano essere realtà, possano dare senso alla vita di tanti giovani e meno giovani che, come militari, non vogliono farsi derubare dei valori umani e cristiani.

Cari fratelli e sorelle, il 12 agosto 1949 venivano sottoscritte a Ginevra le Convenzioni per la protezione delle vittime di guerra. In questo 70° anniversario desidero riaffermare l’importanza che la Santa Sede accorda al diritto internazionale umanitario e formulare l’auspicio che le regole che esso contempla siano rispettate in ogni circostanza. Là dove opportuno, esse siano ulteriormente chiarificate e rafforzate, specialmente per quanto concerne i conflitti armati non internazionali, e in particolare la protezione della dignità delle persone private della libertà personale per motivi connessi con questi conflitti.

Posso assicurarvi che la Santa Sede continuerà a dare il suo contributo nelle discussioni e nei negoziati in seno alla famiglia delle Nazioni. Vi affido all’intercessione della Vergine Maria, Madre di Misericordia, e di cuore imparto la mia benedizione a voi e ai vostri cari. E anche voi, per favore, pregate per me. Grazie!

________________________

[1] Cfr Discorso ai partecipanti al IV Corso di formazione dei cappellani militari al diritto internazionale umanitario, 26 ottobre 2015.

[01734-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I offer you a warm welcome on the occasion of the Fifth International Course of Formation of Catholic Military Chaplains on International Humanitarian Law, dedicated to the theme “The Loss of Personal Freedom in the Context of Armed Conflicts: The Mission of the Military Chaplain”. I thank Cardinal Peter Turkson for his kind words offered in your name.

Four years ago, when I received the participants in previous session of this course, I highlighted the need to reject the temptation of viewing the other as merely an enemy to be destroyed, and not as a person endowed with intrinsic dignity, created by God in his image. I also urged everyone never to tire of remembering that even amid the devastations of war and conflict every person is immensely holy.[1]

This encouragement, which I would renew today, becomes all the more significant in the case of persons deprived of personal freedom due to armed conflicts, since in addition to their vulnerability as prisoners, they are also in the hands of their adversaries. Often, persons detained in the context of armed conflicts are victims of violations of their fundamental rights. These violations include abuse, violence and various forms of torture and cruel treatment that are inhuman and degrading.

How many civilians, too, have been kidnapped, forcibly disappeared and killed! Among these, we can count numerous men and women religious of whom we hear nothing more, or who have given their lives for their consecration to God and their service to others, without favouritism or nationalistic bias.

I assure all these persons and their families of my prayers, that they may always have the courage to move forward and not lose hope.

International humanitarian law contains a number of provisions aimed at the protection of the dignity of detainees; this is especially the case in regard to the law governing international armed conflicts. The ethical foundation and crucial importance of these norms for safeguarding human dignity in the tragic context of armed conflicts means that they must be properly and rigorously respected and enforced. This also applies to encounters with detainees, independently of the nature and gravity of the crimes they may have committed. Respect for the dignity and physical integrity of the human person, in fact, cannot depend upon the actions they have done, but is a moral duty to which every person and every authority is called.

Dear Ordinaries and military chaplains: as you carry out your mission to form the consciences of the members of the armed forces, I encourage you to spare no effort to enable the norms of international humanitarian law to be accepted in the hearts of those entrusted to your pastoral care. Let yourselves be guided by the words of the Gospel: “I was in prison and you came to me” (Mt 25:36).

This means assisting the particular portion of the People of God entrusted to your care to identify those elements of the common patrimony of humanity, based on the natural law, that can become a bridge and a platform of encounter with everyone. The servants of Christ in the military world are also the first to be at the service of men and women and of their fundamental rights. I think of those among you who are close to military personnel in situations of international conflict; you are called to open their consciences to that universal love which brings one person closer to another, no matter what the other’s race, nationality, culture or religion may be.

But even before this, something else is required: an educational effort alongside that of families and Christian communities. This involves instilling the values of friendship, understanding, tolerance, goodness, and respect for all persons. It means forming young people who are sensitive to other cultures and their richness and committed to a global citizenship, in order to promote the growth of the one great human family. The Second Vatican Council calls those in military service “custodians of the security and freedom of their people” (Gaudium et Spes, 79). You are in their midst so that those words, which war contradicts and nullifies, can become a reality, so that they can give meaning to the lives of so many, both young and not so young, who, as military personnel, do not want to be robbed of human and Christian values.

Dear brothers and sisters, on 12 August 1949, the Geneva Convention Relative to the Protection of Civilian Persons in Time of War was signed. On this, its seventieth anniversary, I want to reaffirm the importance the Holy See gives to international humanitarian law and to express the hope that its norms will be respected in every circumstance. The latter should be further clarified and reinforced where appropriate, especially with regard to non-international armed conflicts, and in particular with regard to the protection of persons deprived of freedom because of these conflicts.

I assure you that the Holy See will continue to make its contribution in discussions and negotiations within the family of nations. I entrust you to the intercession of the Blessed Virgin Mary, Mother of Mercy, and I impart my heartfelt blessing to you and your loved ones. And I ask you please to pray for me. Thank you!

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[1] Cf. Address to the Participants of the Fourth International Course of Formation of Catholic Military Chaplains on International Humanitarian Law, 26 October 2015.

[01734-EN.02] [Original text: Italian]

[B0831-XX.02]