Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Mozambico, Madagascar e Maurizio (4-10 settembre 2019) – Cerimonia di benvenuto a Port Louis, Santa Messa presso il Moumento di Maria Regina della Pace e Pranzo con i Vescovi della CEDOI all’Episcopio di Port Louis, 09.09.2019


Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto di Port Louis

Santa Messa presso il Monumento di Maria Regina della Pace

Parole di ringraziamento del Santo Padre al termine della Santa Messa

Pranzo coni Vescovi della CEDOI all’Episcopio di Port Louis

Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto di Port Louis

All’arrivo all’Aeroporto Internazionale di Port Louis, alle ore 10.25 (8.25 ora di Roma) il Santo Padre Francesco è stato accolto dal Primo Ministro, Sig. Pravind Kumar Jugnauth, e dalla Consorte e dal Card. Piat. Due bambini in abito tradizionale gli hanno offerto dei fiori.

Dopo la presentazione delle rispettive Delegazioni, il Papa ha salutato tre Vescovi della CEDOI (Conferenza Episcopale dell’Oceano Indiano). Quindi, dopo l’esecuzione degli inni e gli onori militari, il Santo Padre ha attraversato la Guardia d’Onore. Il Primo Ministro e la Consorte hanno accompagnato poi il Papa alla vettura con la quale si è trasferito al Monumento di Maria Regina della Pace. Prima dell’arrivo al Monumento, Papa Francesco ha effettuato il cambio d’auto di fronte alla Cattedrale dove è stato accolto da una famiglia.

[01390-IT.01]

Santa Messa presso il Monumento di Maria Regina della Pace

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 12.00 (10.00 ora di Roma) il Santo Padre Francesco è arrivato al Monumento di Maria Regina della Pace a Port Louis.

Dopo alcuni giri in papamobile tra i fedeli, al Suo arrivo in sagrestia è stato accolto dal parroco del Santuario e dal Sindaco di Port Louis. Quindi, alle ore 12.15 (10.15 ora di Roma), il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella solennità del Beato Jacques-Désiré Laval di cui vengono esposte le reliquie sull’altare. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Santa Messa, il Vescovo di Port Louis, Em.mo Card. Maurice Piat, C.S.Sp., ha rivolto a Papa Francesco il suo saluto. Prima della benedizione finale, il Papa ha pronunciato alcune parole di ringraziamento. Quindi, dopo essersi congedato, si è trasferito in auto all’Episcopio. Erano presenti alla celebrazione circa 100.000 fedeli.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della Santa Messa e le parole di ringraziamento al termine della Celebrazione:

Omelia del Santo Padre

Qui, di fronte a questo altare dedicato a Maria, Regina della Pace, su questo monte da cui si vede la città e più in là il mare, ci troviamo a far parte di quella moltitudine di volti che sono venuti da Mauritius e da altre isole di questa regione dell’Oceano Indiano per ascoltare Gesù che annuncia le Beatitudini. La stessa Parola di Vita che, come duemila anni fa, ha la stessa forza, lo stesso fuoco che fa ardere anche i cuori più freddi. Insieme possiamo dire al Signore: crediamo in te e, con la luce della fede e il palpito del cuore, sappiamo che è verità la profezia di Isaia: annunci la pace e la salvezza, porti buone notizie... regna il nostro Dio.

Le Beatitudini «sono come la carta d’identità del cristiano. Così, se qualcuno di noi si pone la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 63), come ha fatto il cosiddetto “apostolo dell’unità mauriziana”, il Beato Jacques-Désiré Laval, tanto venerato in queste terre. L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione “distante e asettica”. Sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti (cfr 1Cor 9,19-22): imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona Notizia della salvezza. Ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie. Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze.

Attraverso il suo dinamismo missionario e il suo amore, il Padre Laval ha dato alla Chiesa mauriziana una nuova giovinezza, un nuovo respiro che oggi siamo invitati a continuare nel contesto attuale.

E questo slancio missionario dev’essere conservato, perché può darsi che, come Chiesa di Cristo, cadiamo nella tentazione di perdere l’entusiasmo evangelizzatore rifugiandoci in sicurezze mondane che, a poco a poco, non solo condizionano la missione ma la rendono pesante e incapace di attirare la gente (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 26). Lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire. Sono proprio i giovani che, con la loro vitalità e dedizione, possono apportare ad esso la bellezza e la freschezza tipica della giovinezza, quando provocano la comunità cristiana a rinnovarsi e ci invitano a partire verso nuovi orizzonti (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 37).

Ma questo non è sempre facile, perché richiede che impariamo a riconoscere e fornire ad essi un posto in seno alla nostra comunità e alla nostra società.

Ma com’è duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più, sono loro a risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto, ma inoltre toglie ad essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune. Futuro incerto che li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita tante volte ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI. Loro, i nostri giovani, sono la prima missione! Dobbiamo invitarli a trovare la loro felicità in Gesù, non in maniera asettica o a distanza, ma imparando a dare loro un posto, conoscendo il loro linguaggio, ascoltando le loro storie, vivendo al loro fianco, facendo loro sentire che sono benedetti da Dio. Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra!

I nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà, Padre Laval li inviterebbe a far risuonare l’annuncio di Isaia: «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme» (52,9). Anche quando ciò che ci circonda può sembrare senza soluzione, la speranza in Gesù ci chiede di recuperare la certezza del trionfo di Dio non solo al di là della storia ma anche nella trama nascosta delle piccole storie che si intrecciano e che ci vedono protagonisti della vittoria di Colui che ci ha donato il Regno.

Per vivere il Vangelo, non possiamo aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché spesso le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. San Giovanni Paolo II ha affermato che «è alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione [del] dono [di sé] e il costituirsi [della] solidarietà interumana» (Enc. Centesimus annus, 41c). In una società così diventa difficile vivere le Beatitudini; può persino diventare qualcosa di malvisto, sospettato, ridicolizzato (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 91). È vero, ma non possiamo lasciarci vincere dallo scoraggiamento.

Ai piedi di questo monte, che oggi vorrei fosse il monte delle Beatitudini, anche noi dobbiamo recuperare questo invito a essere felici. Solo i cristiani gioiosi suscitano il desiderio di seguire quella strada; « La parola “felice” o “beato” diventa sinonimo di “santo”, perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua Parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine» (ibid., 64).

Quando sentiamo il minaccioso pronostico “siamo sempre di meno”, dovremmo prima di tutto preoccuparci non della diminuzione di questa o quella forma di consacrazione nella Chiesa, ma piuttosto della carenza di uomini e donne che vogliono vivere la felicità facendo percorsi di santità, uomini e donne che facciano ardere il loro cuore con l’annuncio più bello e liberatore. « Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, senza la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, vivono senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 49).

Quando un giovane vede un progetto di vita cristiana realizzato con gioia, questo lo entusiasma e lo incoraggia e sente un desiderio che può esprimere in questo modo: “Voglio salire su quel monte delle Beatitudini, voglio incontrare lo sguardo di Gesù e che Lui mi dica qual è il mio cammino di felicità”.

Preghiamo, cari fratelli e sorelle, per le nostre comunità, perché dando testimonianza della gioia della vita cristiana, vedano fiorire la vocazione alla santità nelle diverse forme di vita che lo Spirito ci propone. Imploriamolo per questa diocesi, e anche per le altre che oggi hanno fatto lo sforzo di venire qui. Padre Laval, il Beato di cui veneriamo le reliquie, ha pure vissuto momenti di delusione e difficoltà con la comunità cristiana, ma alla fine il Signore ha vinto nel suo cuore. Ha avuto fiducia nella forza del Signore. Lasciamo che essa tocchi i cuori di tanti uomini e donne di questa terra, lasciamo che tocchi anche i nostri cuori, perché la sua novità rinnovi la nostra vita e quella della nostra comunità (cfr ibid., 11). E non dimentichiamo che Colui che chiama con forza, Colui che costruisce la Chiesa, è lo Spirito Santo, con la sua forza. Lui è il protagonista della missione, Lui è il protagonista della Chiesa.

L’immagine di Maria, la Madre che ci protegge e ci accompagna, ci ricorda che lei è stata chiamata la “beata”. A lei, che ha vissuto il dolore come una spada che le trafigge il cuore, a lei, che ha attraversato la peggiore soglia di dolore che è vedere morire il suo figlio, chiediamo il dono dell’apertura allo Spirito Santo, della gioia perseverante, quella che non si abbatte e non indietreggia, quella che sempre fa sperimentare e affermare: “Grandi cose fa l’Onnipotente, e santo è il suo nome”.

[01368-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Ici, devant cet autel dédié à Marie Reine de la Paix; sur ce mont depuis lequel on voit la ville et au-delà la mer, nous faisons partie de cette multitude de visages qui sont venus de Maurice et d’autres îles de cette région de l’Océan Indien pour écouter Jésus prêcher les Béatitudes. La même Parole de Vie qui, comme il y a deux mille ans, a la même force, le même feu qui réchauffe les cœurs les plus froids. Ensemble nous pouvons dire au Seigneur: nous croyons en toi, et avec la lumière de la foi, et le battement du cœur, nous savons qu’elle est vraie la prophétie d’Isaïe: annoncez la paix et le salut, apportez de bonnes nouvelles…déjà règne notre Dieu.

Les béatitudes «sont comme la carte d’identité du chrétien. Donc, si quelqu’un d’entre nous se pose cette question, “comment fait-on pour parvenir à être un bon chrétien ?”, la réponse est simple : il faut mettre en œuvre, chacun à sa manière, ce que Jésus déclare dans le sermon des béatitudes. À travers celles-ci se dessine le visage du Maître que nous sommes appelés à révéler dans le quotidien de nos vies » ( Exhort. ap. Gaudete et exsultate, n. 63), comme l’a fait celui que l’on appelle «l’apôtre de l’unité mauricienne» le Bienheureux Jacques-Désiré Laval si vénéré sur ces terres. L’amour du Christ et des pauvres a marqué sa vie d’une telle manière qu’il fut protégé de l’illusion de réaliser une évangélisation "distante et aseptisée". Il savait qu’évangéliser suppose d’être tout à tous (cf. 1 Co 9, 19-22): il a appris la langue des esclaves récemment libérés et il leur a enseigné de façon simple la Bonne Nouvelle du salut. Il a su rassembler les fidèles, les former pour entreprendre la mission et fonder de petites communautés chrétiennes dans les quartiers, les villes et les villages voisins, petites communautés dont beaucoup d’entre-elles sont à l’origine des paroisses actuelles. Sa sollicitude le porta à faire confiance aux plus pauvres et aux personnes rejetées pour que ce soient eux les premiers à s’organiser et à trouver des réponses à leurs souffrances.

A travers son dynamisme missionnaire et son amour, le Père Laval a donné à l’Eglise mauricienne une nouvelle jeunesse, un nouveau souffle qu’aujourd’hui nous sommes invités à poursuivre dans le contexte actuel.

Et il faut prendre soin de cet élan missionnaire, parce qu’il peut arriver que, comme Eglise du Christ, nous tombions dans la tentation de perdre l’enthousiasme évangélisateur en nous réfugiant dans des sécurités mondaines qui, peu à peu, non seulement conditionnent la mission, mais aussi la rendent pesante et incapable d’attirer les gens (cf. Exhort. ap. Evangelii Gaudium, n. 26). L’élan missionnaire a un visage jeune et revigorant. Ce sont précisément les jeunes qui, par leur vitalité et leur disponibilité, peuvent lui donner la beauté et la fraicheur propres de la jeunesse, quand ils mettent au défi la communauté chrétienne de se renouveler et nous invitent à partir vers de nouveaux horizons (Cf. Exhort. ap. postsyn. Christus vivit n. 37).

Mais ceci n’est pas toujours facile, parce que cela exige que nous apprenions à les reconnaitre et à leur donner une place au sein de notre communauté, de notre société.

Mais qu’il est dur de constater que, malgré la croissance économique que votre pays a connue ces dernières décennies, ce sont les jeunes qui souffrent le plus, ce sont eux qui ressentent le plus le chômage qui cause non seulement un avenir incertain, mais qui leur enlève aussi la possibilité de se sentir acteurs privilégiés de leur propre histoire commune. Un avenir incertain qui les pousse à l'écart et les oblige à concevoir leur vie bien des fois en marge de la société, les laissant vulnérables et presque sans repères face aux nouvelles formes d'esclavage de ce XXIe siècle. Ceux-ci, nos jeunes, sont la première mission! Nous devons les inviter à trouver leur bonheur en Jésus ; mais pas de manière aseptisée ou de loin, mais en apprenant à leur donner une place, en connaissant leur langage, en écoutant leurs histoires, en vivant à leurs côtés, en leur faisant sentir qu'ils sont bénis de Dieu. Ne nous laissons pas voler le visage jeune de l'Église et de la société ; ne laissons pas les marchands de la mort voler les prémices de cette terre !

A nos jeunes et à ceux qui comme eux se sentent sans voix parce qu'ils sont plongés dans la précarité, le Père Laval adresse l’invitation à laisser résonner l’annonce d'Isaïe : « Éclatez en cris de joie, vous, ruines de Jérusalem, car le Seigneur console son peuple, il rachète Jérusalem!» (52,9). Même si ce qui nous accable semble n'avoir aucune solution, l'espérance en Jésus nous invite à retrouver la certitude du triomphe de Dieu non seulement au-delà de l'histoire, mais aussi dans la trame cachée des petites histoires qui s'entremêlent et qui font de nous les protagonistes de la victoire de Celui qui nous a donné le Royaume.

Pour vivre l'Évangile, nous ne pouvons pas espérer que tout ce qui nous entoure soit favorable, parce que souvent les ambitions du pouvoir et les intérêts mondains jouent contre nous. Saint Jean-Paul II disait qu’elle « est malade, la société qui, dans ses formes d’organisation sociale, de production et de consommation, rend plus difficile la réalisation de ce don [de soi] et la formation de la solidarité entre les hommes » (Lett. enc. Centesimus annus n. 41c). Dans une telle société, il devient difficile de vivre les Béatitudes, devenant même quelque chose de mal vu, soupçonné, ridiculisé (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, n. 91). C'est vrai, mais nous ne pouvons pas nous laisser gagner par le découragement.

Au pied de ce mont, dont je voudrais aujourd'hui qu’il soit le Mont des Béatitudes, nous devons nous aussi retrouver cette invitation à être heureux. Seuls les chrétiens joyeux éveillent le désir de suivre ce chemin ;«le mot “heureux” ou “bienheureux”, devient synonyme de “saint”, parce qu’il exprime le fait que la personne qui est fidèle à Dieu et qui vit sa Parole atteint, dans le don de soi, le vrai bonheur» (ibid., n. 64).

Lorsque nous entendons le pronostic menaçant « nous sommes de moins en moins », nous devrions d'abord nous préoccuper non pas du déclin de tel ou tel mode de consécration dans l'Église, mais du manque d’hommes et de femmes qui désirent vivre le bonheur sur des chemins de sainteté, des hommes et des femmes qui laissent leur cœur brûler par l’annonce la plus belle et la plus libératrice. «Si quelque chose doit saintement nous préoccuper et inquiéter notre conscience, c’est que tant de nos frères vivent sans la force, sans la lumière et la consolation de l’amitié de Jésus-Christ, ils vivent sans une communauté de foi qui les accueille, sans un horizon de sens et de vie» ( Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 49).

Quand un jeune homme voit un projet de vie chrétienne accompli avec joie, cela l’enthousiasme et l’encourage, et il ressent ce désir qu'il peut exprimer ainsi : “Je veux gravir ce mont des Béatitudes, je veux rencontrer le regard de Jésus et qu’Il m’indique quel est mon chemin de bonheur”.

Prions chers frères et sœurs, pour nos communautés, afin que témoignant de la joie de la vie chrétienne, elles voient fleurir la vocation à la sainteté dans les diverses formes de vie que l'Esprit nous propose. Implorons-le pour ce diocèse, comme pour les autres qui aujourd’hui ont fait l'effort de venir ici. Le Père Laval, le Bienheureux dont nous vénérons les reliques a également connu des moments de déception et de difficulté avec la communauté chrétienne, mais finalement le Seigneur a vaincu dans son cœur. Il avait confiance dans la force du Seigneur. Qu’elle touche le cœur de beaucoup d'hommes et de femmes de cette terre, qu'elle touche aussi nos cœurs afin que sa nouveauté puisse renouveler nos vies et celle de notre communauté (cf. ibid., n.11). Et n'oublions pas que celui qui convoque avec force, qui construit l'Église, c’est l'Esprit Saint, avec sa force. Il est le protagoniste de la mission, il est le protagoniste de l’Eglise.

L'image de Marie, la Mère qui nous protège et nous accompagne nous rappelle qu'elle a été appelée la “bienheureuse”. A celle qui a vécu la douleur comme une épée qui perce son cœur, à celle qui est passée par le plus horrible seuil de douleur en voyant son fils mourir, demandons le don de l'ouverture à l'Esprit Saint, de la joie persévérante, celle qui ne s’en va pas ou ne se replie pas... celle qui toujours nous refait expérimenter et affirmer: “ Le Tout-Puissant fait de grandes œuvres, saint est son nom”.

[01368-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Here, before this altar dedicated to Mary Queen of Peace, on this mountain from which we can see the city and the sea beyond, we are part of a great multitude, a sea of faces come from Mauritius and other islands of this Indian Ocean region to hear Jesus preach the Beatitudes. We have come to hear that same word of life that today, as two thousand years ago, has the power and the fire able to warm the coldest of hearts. Together we can say to the Lord: We believe in you, and with the light of faith and every beat of our hearts, we know the truth of the words of the prophet Isaiah: Proclaim peace and salvation, bring the good news… that our God already reigns.

The Beatitudes “are like a Christian’s identity card. So if anyone asks: ‘What must one do to be a good Christian?’, the answer is clear. We have to do, each in our own way, what Jesus told us in the Sermon on the Mount. In the Beatitudes, we find a portrait of the Master, which we are called to reflect in our daily lives” (Gaudete et Exsultate, 63). So it was with the “apostle of Mauritian unity”, Blessed Jacques-Désiré Laval, so greatly venerated in these lands. Love for Christ and for the poor so marked his life that he could not conceive of an “aloof and sanitized” preaching of the Gospel. He knew that evangelization entails becoming all things to all people (cf. 1 Cor 9:19-22), and so he learned the language of the recently freed slaves and taught them the Good News of salvation in simple language. He was able to gather the faithful, to train them for mission and to establish small Christian communities in the neighbourhoods, towns and nearby villages: small communities, many of which gave rise to present-day parishes. His pastoral solicitude earned the trust of the poor and outcast, and made them the first to come together and find responses to their sufferings.

Through his missionary outreach and his love, Father Laval gave to the Mauritian Church a new youth, a new life, that today we are asked to carry forward.

We need to foster this missionary momentum, because it can happen that, as the Church of Christ, we can yield to the temptation to lose our enthusiasm for evangelization by taking refuge in worldly securities that slowly but surely not only affect the mission but actually hamper it and prevent it from drawing people together (cf. Evangelii Gaudium, 26). Missionary momentum always has a young and invigorating face. For it is the young who, by their vitality and generosity, can give it the beauty and freshness of youth, when they challenge the Christian community to renewal and urge us to strike out in new directions (cf. Christus Vivit, 37).

This is not always easy. It means learning to acknowledge the presence of the young and to make room for them in our communities and in our society.

It is a hard thing to say, but, despite the economic growth your country has known in recent decades, it is the young who are suffering the most. They suffer from unemployment, which not only creates uncertainty about the future, but also prevents them from believing that they play a significant part in your shared history. Uncertainty about the future often forces them to feel that they have live their life on the fringes of society; it leaves them vulnerable and helpless before new forms of slavery in this twenty-first century. Our young people are the primoary mission! We must invite them to find their happiness in Jesus; not by speaking to them in an aloof or distant way, but by learning how to make room for them, “learning their language”, listening to their stories, spending time with them and making them feel that they too are blessed by God. Let us not deprive ourselves of the young face of the Church and of society. Let us not allow those who deal in death to rob the first fruits of this land!

Father Laval tells our young people, and all those who, like them, feel voiceless, simply living from day to day, to take up Isaiah’s proclamation: “Break forth together into singing, you ruins of Jerusalem; for the Lord has comforted his people, he has redeemed Jerusalem!” (Is 52:9). Even though we may feel overwhelmed and trapped, our hope in Jesus invites us to a renewed certainty in God’s victory, not only beyond history but also within the hidden thread of all those little “histories” that intertwine and convince us of the victory of the One who has given us the kingdom.

Living the Gospel message means that we cannot keep hoping that everything around us will be perfect, for all too often the thirst for power and worldly interests work against us. Saint John Paul II noted that: “a society is alienated if its forms of social organization, production and consumption make it more difficult to offer [the] gift of self and to establish solidarity between people” (Centesimus Annus, 41c). In such a society, it becomes difficult to live the Beatitudes: any attempt to do so will be viewed negatively, regarded with suspicion, and met with ridicule (cf. Gaudete et Exsultate, 91). This is true, yet we must not let ourselves yield to discouragement.

At the foot of this mountain, which today I would like to be the Mount of the Beatitudes, we must also discover anew Christ’s call to be “blessed”. Only joyful Christians awaken in others the desire to follow this path. The word “blessed” means “happy”. It becomes a synonym for “holy”, for it expresses the fact that those faithful to God and his word, by their self-giving, gain true happiness (cf. ibid., 64).

When we hear the threatening prognosis that “our numbers are decreasing”, we should be concerned not so much with the decline of this or that mode of consecration in the Church, but with the lack of men and women who wish to experience happiness on the paths of holiness. We should be concerned with the lack of men and women who let their hearts burn with the most beautiful and liberating of all messages. Indeed, “if anything should rightly disturb us and trouble our consciences, it is the fact that so many of our brothers and sisters are living without the strength, light and consolation born of friendship with Jesus Christ, without a community of faith to support them, without meaning and a goal in life” (Evangelii Gaudium, 49).

When young people see the project of a Christian life being carried out with joy, this excites and encourages them. They too feel a desire to say, in so many words: “I too want to climb this Mount of the Beatitudes; I too want to meet the gaze of Jesus and to learn from him the path to true joy”.

Dear brothers and sisters, let us pray for our communities, that they may testify to the joy of Christian life and see a flowering of the call to holiness in the many and varied forms of life that the Spirit proposes to us. Let us pray to him for this diocese and for all those who have made the effort to come here today. Blessed Father Laval, whose relics we venerate, also experienced moments of disappointment and difficulty with the Christian community, but in the end, the Lord triumphed in his heart. For he had put his trust in the Lord’s power. Let us pray that that same power may touch the hearts of many men and women of this land, and our hearts as well, so that its newness may always be capable of renewing our lives and our communities (cf. ibid., 11). Let us not forget that the one who summons with power, who builds up the Church, is the Holy Spirit, with his power. He is the protagonist of evangelization. He is the protagonist of the Church.

The statue of Mary, the Mother who protects and accompanies us, reminds us that she herself was called “blessed”. Let us ask her for the gift of openness to the Holy Spirit. Our Lady experienced a sorrow that pierced her heart like a sword, and crossed the most painful threshold of grief as she beheld the death of her Son. May she obtain for us that persevering joy that never falters or fades. The joy that constantly leads us to experience and proclaim: “The Most High has done great things, and holy is his name”.

[01368-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Hier, vor diesem Altar zu Ehren der Gottesmutter, der Königin des Friedens, und auf diesem Berg, von dem aus die Stadt und dahinter das Meer zu sehen ist, finden wir uns wieder als Teil jener Vielzahl von Gesichtern, die von Mauritius und anderen Inseln dieser Region des Indischen Ozeans gekommen sind, um Jesus zuzuhören, der die Seligpreisungen verkündet. Es ist das gleiche Wort des Lebens, und es hat die gleiche Kraft wie vor zweitausend Jahren, das gleiche Feuer, das auch die kältesten Herzen zum Brennen bringt. Gemeinsam können wir zum Herrn sagen: Wir glauben an dich; im Licht des Glaubens und in unserem Herzen wissen wir, dass die Prophezeiung des Jesaja Wahrheit ist: Du verkündest Frieden und Heil, du bringst die frohe Botschaft… es herrscht unser Gott.

Die Seligpreisungen »sind gleichsam der Personalausweis des Christen. Wenn sich also jemand von uns die Frage stellt: „Wie macht man es, ein guter Christ zu werden?“, dann ist die Antwort einfach: Es ist notwendig, dass ein jeder auf seine Weise das tut, was Jesus in den Seligpreisungen sagt. In ihnen zeichnet sich das Antlitz des Meisters ab; wir sind gerufen, es im Alltag unseres Lebens durchscheinen zu lassen« (Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 63), wie es der sogenannte „Apostel der mauritischen Einheit“, der selige Jacques-Désiré Laval, getan hat, der in diesen Landen hoch verehrt wird. Die Liebe zu Christus und zu den Armen kennzeichnete sein Leben so sehr, dass sie ihn vor der Illusion bewahrte, eine „distanzierte und sterile“ Evangelisierung durchzuführen. Er wusste, dass das Evangelisieren es erfordert, allen alles zu werden (vgl. 1 Kor 9,19-22): Er lernte die Sprache der kürzlich befreiten Sklaven und verkündete ihnen auf einfache Weise die Frohe Botschaft vom Heil. Er verstand es, die Gläubigen zu versammeln, und bildete sie zur Mission aus, wo sie kleine christliche Gemeinschaften in Vierteln, Städten und nahegelegenen Dörfern gründeten, kleine Gemeinschaften, aus denen häufig die heutigen Pfarreien entstanden sind. Er war darum bemüht, den Ärmsten und Ausgegrenzten Vertrauen zu schenken, so dass sie die Ersten waren, die sich zusammengetan haben und Antworten auf ihre Leiden gefunden haben.

Durch seinen missionarischen Elan und seine Liebe hat Pater Laval der ganzen mauritischen Kirche zu einer neuen Jugendlichkeit verholfen, zu einem neuen Atem. Wir sind heute eingeladen, dies unter den gegenwärtigen Umständen fortzusetzen.

Und dieser missionarische Elan muss bewahrt werden, weil wir als Kirche Christi in Versuchung geraten könnten, den evangelisierenden Enthusiasmus zu verlieren und dabei in weltlichen Sicherheiten Zuflucht zu suchen, die nach und nach die Mission nicht nur abhängig, sondern auch schwerfällig und unfähig machen, die Menschen anzusprechen (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 26). Der missionarische Elan hat ein junges Gesicht, und er macht auch andere jung. Es sind gerade die jungen Menschen, die mit ihrer Lebendigkeit und Hingabe die Schönheit und Frische der Jugend [in die Mission] einbringen können, wenn sie die christliche Gemeinschaft herausfordern, sich zu erneuern, und uns einladen, zu neuen Horizonten aufzubrechen (Apostolisches Schreiben Christus vivit, 37).

Aber dies ist nicht immer einfach, weil es erfordert, dass wir lernen, ihnen einen Platz inmitten unserer Gemeinschaft und unserer Gesellschaft zu geben.

Wie hart ist es jedoch festzustellen, dass trotz des wirtschaftlichen Wachstums, das euer Land in den vergangenen Jahrzehnten erlebt hat, die jungen Menschen am meisten leiden, dass vor allem sie von der Arbeitslosigkeit betroffen sind, was ihnen nicht nur eine ungewisse Zukunft beschert, sondern ihnen darüber hinaus die Möglichkeit nimmt, sich als die Hauptakteure ihrer gemeinsamen Geschichte zu fühlen. Diese ungewisse Zukunft wirft sie aus der Bahn und zwingt sie so oft zu einer Randexistenz. So sind sie verwundbar und fast ohne Halt angesichts der neuen Formen der Sklaverei dieses 21. Jahrhunderts. Sie, unsere jungen Menschen, sind die erste Mission! Wir müssen sie einladen, ihr Glück in Jesus zu finden; aber nicht auf asketische und distanzierte Weise, sondern indem wir lernen, ihnen einen Platz zu geben, indem wir ihre Sprache lernen, ihren Geschichten zuhören, an ihrer Seite leben und sie spüren lassen, dass sie von Gott gesegnet sind. Lassen wir uns nicht das junge Angesicht der Kirche und der Gesellschaft rauben! Erlauben wir den Händlern des Todes nicht, die Erstlingsfrüchte dieser Erde zu rauben!

Unsere jungen Menschen und diejenigen, die wie sie spüren, keine Stimme zu haben, weil sie in unsicheren Verhältnissen leben, würde Pater Laval einladen, die Verkündigung des Jesaja erklingen zu lassen: »Brecht in Jubel aus, jauchzt zusammen, ihr Trümmer Jerusalems! Denn der Herr hat sein Volk getröstet, er hat Jerusalem erlöst« (52,9). Auch dann, wenn es für das, was uns bedrängt, keine Lösung zu geben scheint, verlangt die Hoffnung auf Jesus von uns, die Gewissheit des Triumphes Gottes nicht nur jenseits der Geschichte wiederzugewinnen, sondern auch in der verborgenen Handlung innerhalb der kleinen Geschichten, die miteinander verflochten sind und in denen wir die Hauptakteure des Sieges dessen sind, der uns das Reich geschenkt hat.

Um das Evangelium zu leben, können wir nicht warten, dass alle uns gegenüber wohlwollend sind, weil Machtstreben und weltliche Interessen oft gegen uns spielen. Der heilige Johannes PaulII. hat bekräftigt: »Entfremdet wird eine Gesellschaft, die in ihren sozialen Organisationsformen, in Produktion und Konsum, die Verwirklichung [der] [Selbst]hingabe und die Bildung [der] zwischenmenschlichen Solidarität erschwert« (Enzyklika Centesimus annus, 41). So wird es in einer Gesellschaft schwierig, die Seligpreisungen zu leben; dies kann sogar zu etwas Verpöntem, Beargwöhntem oder Lächerlichem werden (vgl. Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 91). Das ist wahr, aber wir können uns nicht von der Entmutigung überwältigen lassen.

Am Fuß dieses Berges, in dem ich heute den Berg der Seligpreisungen sehen möchte, müssen auch wir diese Einladung zum Glücklichsein wiederentdecken. Nur die freudigen Christen erwecken den Wunsch, diesem Weg zu folgen; »das Wort „glücklich“ oder „selig“ wird zum Synonym für „heilig“, denn es drückt aus, dass der Mensch, der Gott treu ist und nach seinem Wort lebt, in seiner Selbsthingabe das wahre Glück erlangt (ebd., 64).

Wenn wir die bedrohliche Prognose hören, dass „wir immer weniger werden“, dann sollten wir uns weniger um das Schwinden dieser oder jener Form des gottgeweihten Lebens in der Kirche sorgen, als vielmehr um den Mangel an Männern und Frauen, die glücklich leben wollen, indem sie Wege der Heiligkeit einschlagen, Männer und Frauen, die ihr Herz von der schönsten und befreiendsten Verkündigung entflammen lassen. »Wenn uns etwas in heilige Sorge versetzen und unser Gewissen beunruhigen soll, dann ist es die Tatsache, dass so viele unserer Brüder und Schwestern ohne die Kraft, ohne das Licht und den Trost der Freundschaft mit Jesus Christus leben; sie leben ohne eine Glaubensgemeinschaft, die sie aufnimmt, ohne einen Horizont von Sinn und Leben.« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 49).

Wenn ein junger Mensch einen freudig verwirklichten Lebensentwurf sieht, begeistert und ermutigt ihn das, und er spürt einen Wunsch, den er vielleicht folgendermaßen zum Ausdruck bringen könnte: „Ich will auf jenen Berg der Seligpreisungen steigen, ich will dem Blick Jesu begegnen, und ich wünsche mir, dass er mir sagt, welches der Weg des Glücks ist.“

Beten wir, liebe Brüder und Schwestern, für unsere Gemeinschaften, damit sie Zeugnis für die Freude des christlichen Lebens geben und sehen, wie die Berufung zur Heiligkeit in den verschiedenen Lebensformen, die der Geist uns vorstellt, erblüht. Bitten wir ihn für diese Diözese und auch für die anderen, die die Mühe auf sich genommen haben, heute hierher zu kommen. Der selige Pater Laval, dessen Reliquien wir hier verehren, hat auch Augenblicke der Enttäuschung und Schwierigkeiten mit der christlichen Gemeinschaft durchlebt, aber am Ende hat der Herr in seinem Herzen gesiegt. Er hatte Vertrauen in die Stärke des Herrn. Sie möge die Herzen vieler Männer und Frauen dieser Erde berühren, lassen wir sie auch unsere Herzen anrühren, damit seine Neuheit unser Leben und das unserer Gemeinschaft erneuert (vgl. ebd., 11). Und vergessen wir nicht, dass derjenige, der kraftvoll ruft, derjenige, der die Kirche aufbaut, ist der Heilige Geist mit seiner Kraft. Der Heilige Geist ist der Hauptakteur der Mission. Er ist der Hauptakteur der Kirche.

Das Bild Marias, der Mutter, die uns beschützt und begleitet, erinnert uns, dass sie „selig“ gepriesen wurde. Sie, die den Schmerz erfahren hat als ein Schwert, das ihr Herz durchdrang, sie, die diesen schlimmsten Schmerz, den eigenen Sohn sterben zu sehen, durchlitten hat, bitten wir um die Gabe der Offenheit für den Heiligen Geist, jene immerwährende Freude, die sich nicht niederschlagen lässt und nicht zurückweicht, jene Freude, die uns erfahren und bekennen lässt: »Denn der Mächtige tut Großes und sein Name ist heilig« (vgl. Lk 1,49).

[01368-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Aquí, ante este altar dedicado a María, Reina de la Paz; en este monte desde el que se ve la ciudad y más allá el mar, nos encontramos para participar de esa multitud de rostros que han venido de Mauricio y de las demás islas de esta región del Océano Índico para escuchar a Jesús que anuncia las bienaventuranzas. La misma Palabra de Vida que, como hace dos mil años, tiene la misma fuerza, el mismo fuego que enciende hasta los corazones más fríos. Juntos podemos decir al Señor: creemos en ti y, con la luz de la fe y el palpitar del corazón, sabemos que es verdad la profecía de Isaías: anuncias la paz y la salvación, traes buenas noticias, reina nuestro Dios.

Las bienaventuranzas «son el carnet de identidad del cristiano. Si alguno de nosotros se plantea la pregunta: “¿Cómo se hace para ser un buen cristiano?”, la respuesta es sencilla: es necesario hacer, cada uno a su modo, lo que pide Jesús en las bienaventuranzas. En ellas se dibuja el rostro del Maestro, que estamos llamados a transparentar en lo cotidiano de nuestras vidas» (Exhort. ap. Gaudete et exsultate, 63), tal como hizo el llamado “apóstol de la unidad mauriciana”, el beato Jacques-Désiré Laval, tan venerado en estas tierras. El amor a Cristo y a los pobres marcó su vida de tal manera que lo protegió de la ilusión de realizar una evangelización “lejana y aséptica”. Sabía que evangelizar suponía hacerse todo para todos (cf. 1 Co 9, 19-22): aprendió el idioma de los esclavos recientemente liberados y les anunció de manera simple la Buena Nueva de la salvación. Supo convocar a los fieles y los formó para emprender la misión y crear pequeñas comunidades cristianas en barrios, ciudades y aldeas vecinas, muchas de estas pequeñas comunidades han sido el inicio de las actuales parroquias. Fue solícito en brindar confianza a los más pobres y descartados para que fuesen ellos los primeros en organizarse y encontrar respuestas a sus sufrimientos.

A través de su impulso misionero y su amor, el padre Laval dio a la Iglesia mauriciana una nueva juventud, un nuevo aliento, que hoy estamos invitados a continuar en el contexto actual.

Y este impulso misionero hay que cuidarlo porque puede darse que, como Iglesia de Cristo, caigamos en la tentación de perder el entusiasmo evangelizador refugiándonos en seguridades mundanas que, poco a poco, no sólo condicionan la misión, sino que la vuelven pesada e incapaz de convocar (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 26). El impulso misionero tiene rostro joven y rejuvenecedor. Son precisamente los jóvenes quienes, con su vitalidad y entrega, pueden aportarle la belleza y frescura propia de la juventud cuando desafían a la comunidad cristiana a renovarnos y nos invitan a partir hacia nuevos horizontes (cf. Exhort. ap. Christus vivit, 37).

Pero esto no siempre es fácil, porque exige que aprendamos a reconocerles y otorgarles un lugar en el seno de nuestra comunidad y de nuestra sociedad.

Pero qué duro es constatar que, a pesar del crecimiento económico que tuvo vuestro país en las últimas décadas, son los jóvenes los que más sufren, ellos son quienes más padecen la desocupación que provoca no sólo un futuro incierto, sino que además les quita la posibilidad de sentirse actores privilegiados de la propia historia común. Un futuro incierto que los empuja fuera del camino y los obliga a escribir su vida muchas veces al margen, dejándolos vulnerables y casi sin puntos de referencia ante las nuevas formas de esclavitud de este siglo XXI. ¡Ellos, nuestros jóvenes, son la primera misión! A ellos debemos invitar a encontrar su felicidad en Jesús; pero no de forma aséptica o lejana, sino aprendiendo a darles un lugar, conociendo “su lenguaje”, escuchando sus historias, viviendo a su lado, haciéndoles sentir que son bienaventurados de Dios. ¡No nos dejemos robar el rostro joven de la Iglesia y de la sociedad; no dejemos que sean los mercaderes de la muerte quienes roben las primicias de esta tierra!

A nuestros jóvenes y a cuantos como ellos sienten que no tienen voz porque están sumergidos en la precariedad, el padre Laval los invitaría a dejar resonar el anuncio de Isaías: «¡Prorrumpan en gritos de alegría, ruinas de Jerusalén, porque el Señor consuela a su Pueblo, él redime a Jerusalén!» (52,9). Aun cuando lo que nos rodee pueda parecer que no tiene solución, la esperanza en Jesús nos pide recuperar la certeza del triunfo de Dios no sólo más allá de la historia, sino también en la trama oculta de las pequeñas historias que se van entrelazando y que nos tienen como protagonistas de la victoria de Aquel que nos ha regalado el Reino.

Para vivir el Evangelio, no se puede esperar que todo a nuestro alrededor sea favorable, porque muchas veces las ambiciones del poder y los intereses mundanos juegan en contra nuestra. San Juan Pablo II decía que «está alienada una sociedad que, en sus formas de organización social, de producción y consumo, hace más difícil la realización de esta donación [de sí] y la formación de esa solidaridad interhumana» (Enc. Centesimus annus, 41c). En una sociedad así, se vuelve difícil vivir las bienaventuranzas; puede llegar incluso a ser algo mal visto, sospechado, ridiculizado (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, 91). Es cierto, pero no podemos dejar que nos gane el desaliento.

Al pie de este monte, que hoy quisiera que fuera el monte de las Bienaventuranzas, también nosotros tenemos que recuperar esta invitación a ser felices. Sólo los cristianos alegres despiertan el deseo de seguir ese camino; «la palabra “feliz” o “bienaventurado” pasa a ser sinónimo de “santo”, porque expresa que la persona que es fiel a Dios y vive su Palabra alcanza, en la entrega de sí, la verdadera dicha» (ibíd., 64).

Cuando escuchamos el amenazante pronóstico “cada vez somos menos”, en primer lugar, deberíamos preocuparnos no por la disminución de tal o cual modo de consagración en la Iglesia, sino por las carencias de hombres y mujeres que quieren vivir la felicidad haciendo caminos de santidad, hombres y mujeres que dejen arder su corazón con el anuncio más hermoso y liberador. «Si algo debe inquietarnos santamente y preocupar nuestra con­ciencia, es que tantos hermanos nuestros vivan sin la fuerza, sin la luz y el consuelo de la amistad con Jesucristo, viven sin una comunidad de fe que los contenga, sin un horizonte de sentido y de vida» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 49).

Cuando un joven ve un proyecto de vida cristiana realizado con alegría, eso lo entusiasma y alienta, y siente ese deseo que puede expresar así: “Yo quiero subir a ese monte de las bienaventuranzas, yo quiero encontrarme con la mirada de Jesús y que Él me diga cuál es mi camino de felicidad”.

Pidamos, queridos hermanos y hermanas, por nuestras comunidades, para que, dando testimonio de la alegría de la vida cristiana, vean florecer la vocación a la santidad en las múltiples formas de vida que el Espíritu nos propone. Implorémoslo para esta diócesis, como también para aquellas otras que hoy han hecho el esfuerzo de venir aquí. El padre Laval, el beato cuyas reliquias veneramos, vivió también momentos de decepción y dificultad con la comunidad cristiana, pero finalmente el Señor venció en su corazón. Tuvo confianza en la fuerza del Señor. Dejemos que toque el corazón de muchos hombres y mujeres de esta tierra, dejemos que toque también nuestro corazón para que su novedad renueve nuestra vida y la de nuestra comunidad (cf. ibíd., 11). Y no nos olvidemos que quien convoca con fuerza, quien construye la Iglesia, es el Espíritu Santo, con su fuerza. Él es el protagonista de la misión, Él es el protagonista de la Iglesia.

La imagen de María, la Madre que nos protege y acompaña, nos recuerda que fue llamada la “bienaventurada”. A ella que vivió el dolor como una espada que le atraviesa el corazón, a ella que cruzó el peor umbral del dolor que es ver morir a su hijo, pidámosle el don de la apertura al Espíritu Santo, de la alegría perseverante, esa que no se amilana, ni se repliega, la que siempre vuelve a experimentar y afirmar: “El Todopoderoso hace grandes obras, su nombre es santo”.

[01368-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Aqui, diante deste altar dedicado a Maria, Rainha da Paz, nesta montanha donde vemos a cidade e, mais além, o mar, fazemos parte desta multidão de rostos que vieram das Maurícias e doutras ilhas desta região do Oceano Índico para escutar Jesus que anuncia as Bem-aventuranças, para ouvir a própria Palavra de Vida, com a mesma força que tinha há dois mil anos, o mesmo fogo que inflama até os corações mais frios. Juntos, podemos dizer ao Senhor: cremos em Vós e sabemos, pela luz da fé e o palpitar do coração, que é verdadeira a profecia de Isaías quando manda anunciar a paz e a salvação, levar a boa nova de que já reina o nosso Deus.

As Bem-aventuranças «são como que o bilhete de identidade do cristão. Assim, se um de nós se questionar sobre “como fazer para chegar a ser um bom cristão”, a resposta é simples: é necessário fazer – cada qual a seu modo – aquilo que Jesus disse no sermão das Bem-aventuranças. Nelas está delineado o rosto do Mestre, que somos chamados a deixar transparecer no dia-a-dia da nossa vida» (Francisco, Exort. ap. Gaudete et exsultate, 63), como fez o Beato Jacques-Désiré Laval, chamado o «apóstolo da unidade mauriciana», tão venerado nestas terras. O amor de Cristo e dos pobres marcou de tal maneira a sua vida que o protegeu da ilusão de realizar uma evangelização «abstrata e assética». Sabia que evangelizar implica fazer-se tudo para todos (cf. 1 Cor 9, 19-22): aprendeu a língua dos escravos recém-libertados e anunciou-lhes de maneira simples a Boa Nova da salvação. Soube reunir os fiéis, formá-los para empreender a missão e criar pequenas comunidades cristãs em bairros, cidades e aldeias vizinhas; muitas daquelas pequenas comunidades estão na origem das paróquias atuais. A sua solicitude levou-o a confiar nos mais pobres e descartados, para que fossem eles mesmos os primeiros a organizar-se e a encontrar respostas para as suas tribulações.

Através do seu dinamismo missionário e do seu amor, o padre Laval deu à Igreja mauriciana uma nova juventude, um novo respiro, que hoje somos convidados a continuar no contexto atual.

E devemos ter a peito este impulso missionário, pois pode acontecer que percamos o entusiasmo evangelizador, como Igreja de Cristo, caindo na tentação de nos refugiarmos em seguranças mundanas que acabam, pouco a pouco, por condicionar a missão tornando-a gravosa e incapaz de fascinar as pessoas (cf. Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 26). O impulso missionário tem um rosto jovem e capaz de fazer rejuvenescer. São precisamente os jovens que, pela sua vitalidade e dedicação, lhe podem dar a beleza e o frescor próprios da juventude, quando desafiam a comunidade cristã a renovar-se e nos convidam a partir para novos horizontes (cf. Francisco, Exort. ap. pós-sinodal Christus vivit, 37).

Isto, porém, nem sempre é fácil, pois exige que aprendamos a considerá-los e a dar-lhes lugar no seio da nossa comunidade e da nossa sociedade.

Nesta linha, custa constatar como, apesar do crescimento económico que registou o vosso país nas últimas décadas, sejam os jovens quem mais sofre: são eles os mais afetados pelo desemprego, o que lhes causa um futuro incerto e tira-lhes também a possibilidade de se sentirem protagonistas da sua própria história comum. Um futuro incerto, que os descarta e obriga muitas vezes a conceber a sua vida à margem da sociedade, deixando-os vulneráveis e quase sem pontos de referência perante as novas formas de escravidão deste século XXI. Eles, os nossos jovens, são a primeira missão! Devemos convidá-los a encontrar a sua felicidade em Jesus; não de maneira assética ou abstrata, mas aprendendo a dar-lhes um lugar, conhecendo a sua linguagem, ouvindo as suas histórias, vivendo ao seu lado, fazendo-lhes sentir que são abençoados por Deus. Não deixemos que nos roubem o rosto jovem da Igreja e da sociedade! Não permitamos aos mercadores de morte roubar as primícias desta terra!

Aos nossos jovens e a quantos como eles se sentem sem voz porque estão mergulhados na precariedade, o padre Laval dirigir-lhes-ia o convite a fazer ressoar o anúncio de Isaías: «Ruínas de Jerusalém, irrompei em cânticos de alegria, porque o Senhor consola o seu povo, com a libertação de Jerusalém» (52, 9). Mesmo quando parecer sem solução aquilo que nos rodeia, a esperança em Jesus convida-nos a reencontrar a certeza do triunfo de Deus não apenas para além da história, mas também na trama escondida das pequenas histórias que se cruzam e fazem de nós protagonistas da vitória d’Aquele que nos deu o Reino.

Para viver o Evangelho, não podemos esperar que tudo seja favorável ao nosso redor, porque muitas vezes as ambições do poder e os interesses mundanos jogam contra nós. São João Paulo II declarava «alienada a sociedade que, nas suas formas de organização social, de produção e de consumo, torna mais difícil a realização [do] dom [de si mesmo] e a constituição [da] solidariedade inter-humana» (Carta enc. Centesimus annus, 41c). Numa tal sociedade, torna-se difícil viver as Bem-aventuranças; a sua vivência pode até ser malvista, suspeita, ridicularizada (cf. Gaudete e exsultate, 91). É verdade, mas não podemos deixar-nos vencer pelo desânimo.

Ao pé desta montanha – gostaria que ela fosse hoje o Monte das Bem-Aventuranças –, devemos também nós recuperar este convite a ser felizes. Só os cristãos alegres suscitam o desejo de seguir este caminho; «a palavra “feliz” ou “bem-aventurado” torna-se sinónimo de “santo”, porque expressa que a pessoa fiel a Deus e que vive a sua Palavra alcança, na doação de si mesma, a verdadeira felicidade» (Ibid., 64).

Quando ouvimos o prognóstico ameaçador «somos cada vez menos», deveríamos preocupar-nos em primeiro lugar, não com o declínio desta ou daquela forma de consagração na Igreja, mas com a carência de homens e mulheres que queiram viver a felicidade pelos caminhos da santidade, homens e mulheres que deixem o coração inflamar-se com o anúncio mais belo e libertador. «Se alguma coisa nos deve santamente inquietar e preocupar a nossa consciência é que haja tantos irmãos nossos que vivem sem a força, [sem] a luz e a consolação da amizade com Jesus Cristo, [vivem] sem uma comunidade de fé que os acolha, sem um horizonte de sentido e de vida» (Evangelii gaudium, 49).

Quando um jovem vê um projeto de vida cristã abraçado com alegria, isto entusiasma-o e encoraja-o, sentindo um desejo que se pode expressar assim: «Quero subir a esta montanha das Bem-aventuranças, quero encontrar o olhar de Jesus e que Ele me diga qual é o meu caminho de felicidade».

Rezemos, queridos irmãos e irmãs, pelas nossas comunidades para que, dando testemunho da alegria da vida cristã, vejam florescer a vocação à santidade nas diferentes formas de vida que o Espírito nos propõe. Imploremo-lo para esta diocese e também para todas as outras que fizeram o esforço de vir até aqui. Padre Laval, o Beato cujas relíquias veneramos, também experimentou momentos de deceção e dificuldade com a comunidade cristã, mas por fim triunfou o Senhor no seu coração. Teve confiança na força do Senhor. Deixemos que esta força toque o coração de muitos homens e mulheres desta terra; deixemos que toque também os nossos corações de modo que a sua novidade possa renovar a nossa vida e a vida da nossa comunidade (cf. ibid., 11). Não esqueçamos que Aquele que tem a força de chamar, Aquele que constrói a Igreja, é o Espírito Santo, com a sua força. Ele é o protagonista da missão, Ele é o protagonista da Igreja.

A imagem de Maria, a Mãe que nos protege e acompanha, lembra-nos que Ela foi chamada a «bem-aventurada» (Lc 1, 48); a Ela que experimentou a dor como uma espada trespassando o seu coração, a Ela que passou pelo limiar pior da dor que é ver morrer o seu Filho, peçamos o dom da abertura ao Espírito Santo, da alegria perseverante, a alegria que não se deixa abater nem retrocede, a alegria que sempre nos faz experimentar e afirmar que o Todo Poderoso faz maravilhas, santo é o seu nome (cf. Lc 1, 49).

[01368-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Tutaj przed ołtarzem poświęconym Maryi Królowej Pokoju, na górze, z której widzimy miasto i morze w oddali, stanowimy część tej wielości twarzy, które przybyły z Mauritiusu i z innych wysp tego obszaru Oceanu Indyjskiego, aby słuchać Jezusa głoszącego błogosławieństwa. Tego samego Słowa Życia, które jak dwa tysiące lat temu, ma tę samą moc, ten sam ogień, rozpalający serca najbardziej oziębłe. Razem możemy powiedzieć Panu: w Ciebie wierzymy, a dzięki światłu wiary i biciu serca wiemy, że prawdziwe jest proroctwo Izajasza: głoś pokój i zbawienie, zanieś dobrą nowinę... króluje nasz Bóg.

Błogosławieństwa „są jakby dowodem tożsamości chrześcijanina. Zatem, jeśli ktoś z nas stawia sobie pytanie: «Jak można stać się dobrym chrześcijaninem?» - odpowiedź jest prosta: trzeba, aby każdy na swój sposób czynił to, co mówi Jezus głosząc błogosławieństwa. W nich naszkicowane jest oblicze Mistrza, do którego ukazywania w życiu codziennym ​​jesteśmy powołani” (Adhort. apost. Gaudete et exsultate, 63), jak to czynił ten, który jest nazywany „apostołem jedności mieszkańców wysp Mauritius”, błogosławiony Jakub Désiré Laval, bardzo czczony na tych ziemiach. Umiłowanie Chrystusa i ubogich naznaczało jego życie tak bardzo, że uchroniło go przed iluzją pełnienia ewangelizacji „na odległość i wyjałowionej”. Wiedział, że ewangelizowanie oznacza stawanie się wszystkim dla wszystkich (por. 1 Kor 9, 19-22): nauczył się języka co dopiero wyzwolonych niewolników i głosił im w sposób prosty Dobrą Nowinę o zbawieniu. Potrafił gromadzić wiernych i kształtował ich do podejmowania misji i zakładania małych wspólnot chrześcijańskich w pobliskich dzielnicach, miasteczkach i wioskach, małych wspólnot, z których wiele stało się zaczątkiem obecnych parafii. Troszczył się, by zaufać najuboższym i odrzuconym, aby to oni byli pierwszymi organizującymi się i znajdującymi odpowiedzi na swoje cierpienia.

Poprzez swój dynamizm misyjny i miłość ojciec Laval dał Kościołowi na wyspie Mauritius nową młodość, nowy oddech, a dzisiaj jesteśmy zaproszeni, aby kontynuować to dzieło w aktualnym kontekście.

I ten dynamizm misyjny należy zachować, ponieważ może się zdarzyć, iż jako Kościół Chrystusowy popadniemy w pokusę zatracenia entuzjazmu ewangelizacyjnego, uciekając do zabezpieczeń światowych, które krok po kroku nie tylko uwarunkowują misję, ale czynią ją uciążliwą i niezdolną do pociągnięcia ludzi (por. Adhort. apost. Evangelii gaudium, 26). Dynamizm misyjny ma młode oblicze, zdolne do ożywiania. To właśnie ludzie młodzi, dzięki swojej żywotności i dyspozycyjności mogą nadać mu piękno i świeżość młodości, gdy rzucają wyzwanie wspólnocie chrześcijańskiej, aby odnowiła się i zaprosiła nas do wyruszenia ku nowym horyzontom (por. Adhort. apost. Christus vivit 37).

Ale nie zawsze jest to łatwe, wymaga bowiem od nas byśmy nauczyli się rozpoznawania i zapewniania im miejsca w naszej wspólnocie i w naszym społeczeństwie.

Jednak z jakże wielkim bólem trzeba stwierdzić, że pomimo wzrostu gospodarczego, jakiego doświadczył wasz kraj w ostatnich dziesięcioleciach, najbardziej cierpią ludzie młodzi. To oni najbardziej cierpią z powodu bezrobocia, które powoduje nie tylko niepewną przyszłość, ale także pozbawia ich możliwości poczucia się budowniczymi swojej wspólnej historii. Ta niepewna przyszłość spycha ich na ubocze i zmusza wielorkotnie do wyobrażania sobie życia na marginesie społeczeństwa, zostawiając ich bezbronnymi i niemal bez punktów odniesienia w obliczu nowych form niewolnictwa XXI wieku. To oni, ludzie młodzi, są naszą misją! Musimy ich zachęcić do odnalezienia swego szczęścia w Jezusie; jednak nie w sposób jałowy czy na odległość, ale ucząc się, jak dać im miejsce, znając ich język, słuchając ich historii, żyjąc obok nich, sprawiając, by czuli się błogosławionymi przez Boga. Nie pozbawiajmy się młodzieńczego oblicza Kościoła i społeczeństwa; nie pozwólmy handlarzom śmierci, by ukradli pierwociny tej ziemi!

Do naszych młodych i tych, którzy jak oni czują się pozbawieni głosu, ponieważ są pogrążeni w ubóstwie, ojciec Laval skierowałby zachętę, aby obwieszczali zapowiedź Izajasza: „Zabrzmijcie radosnym śpiewaniem, wszystkie ruiny Jeruzalem! Bo Pan pocieszył swój lud, odkupił Jeruzalem!” (52,9). Nawet jeśli to, co nas przytłacza, zdaje się nie mieć żadnego rozwiązania, nadzieja w Jezusie zachęca nas do odnalezienia na nowo pewności triumfu Boga nie tylko poza historią, ale także w ukrytym wątku małych historii, które splatają się ze sobą i czynią z nas protagonistów zwycięstwa Tego, który dał nam Królestwo.

Aby żyć Ewangelią, nie możemy czekać aż wszystko wokół nas będzie korzystne, ponieważ często ambicje władzy i interesy światowe grają przeciwko nam. Św. Jan Paweł II powiedział, że „Wyobcowane jest społeczeństwo, które poprzez formy społecznej organizacji, produkcji i konsumpcji utrudnia zarówno realizację tego daru, jak i budowanie tej międzyludzkiej solidarności” (Enc. Centesimus annus, 41 c). W takim społeczeństwie życie błogosławieństwami staje się trudne. Może stać się nawet czymś źle widzianym, podejrzanym, wyśmiewanym (por. Adhort. apost. Gaudete et exsultate, 91). To prawda, ale nie możemy dać się pokonać zniechęceniu.

U stóp tej góry, która chciałbym, by dziś była Górą Błogosławieństw, my także musimy odnaleźć to zaproszenie do bycia szczęśliwymi. Tylko szczęśliwi chrześcijanie budzą pragnienie pójścia tą drogą; „Słowo «szczęśliwy» lub «błogosławiony» staje się synonimem słowa «święty», ponieważ wyraża, że osoba, która jest wierna Bogu i żyje Jego słowem, osiąga prawdziwe szczęście, dając siebie w darze” (tamże, 64).

Kiedy słyszymy groźną prognozę „jest nas coraz mniej”, powinniśmy najpierw martwić się nie o zmniejszenie tej czy innej formy konsekracji w Kościele, ale o brak mężczyzn i kobiet, którzy chcą przeżywać szczęście na drogach świętości, mężczyzn i kobiet, którzy sprawialiby, żeby ich serca pałały najpiękniejszą i najbardziej wyzwalającą wieścią. „Jeśli coś ma wywoływać święte oburzenie, niepokoić i przyprawiać o wyrzuty sumienia, to niech będzie to fakt, że tylu naszych braci żyje pozbawionych siły, bez światła i pociechy z przyjaźni z Jezusem Chrystusem, żyją bez przygarniającej ich wspólnoty wiary, bez perspektywy sensu i życia” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 49).

Kiedy młody człowiek widzi radosny plan życia chrześcijańskiego, rodzi to w nim zapał i dodaje otuchy, odczuwa pragnienie, które może wyrazić w następujący sposób: „Chcę wspiąć się na tę górę błogosławieństw, chcę spotkać spojrzenie Jezusa i żeby powiedział mi, jaka jest moja droga szczęścia”.

Módlmy się, drodzy bracia i siostry za nasze wspólnoty, aby będąc świadkami radości życia chrześcijańskiego widziały, jak rozkwitają powołania do świętości w wielu formach życia, które proponuje nam Duch Święty. Módlmy się za tę diecezję, a także za inne, które podjęły trud, aby dziś przybyć. Ojciec Laval, błogosławiony, którego relikwie czcimy, przeżył także chwile rozczarowania i trudności we wspólnocie chrześcijańskiej, ale ostatecznie Pan zwyciężył w jego sercu. Pokładał ufność w mocy Pana. Módlmy się, aby poruszył serca wielu mężczyzn i kobiet tej ziemi, módlmy się, aby dotknął także naszych serc, aby jego nowość odnowiła nasze życie i życie naszej wspólnoty (por. tamże. 11). I nie zapominajmy, że Duch Święty jest tym, który z mocą zwołuje, buduje Kościół ze swoją mocą. On jest protagonistą misji, On jest protagonistą Kościoła.

Obraz Maryi, Matki, która nas chroni i nam towarzyszy, przypomina nam, że została nazwana „błogosławioną”. Prośmy Tę, która doświadczyła cierpienia, jak miecz przenikającego Jej serce, Tej, która przeszła przez najstraszniejszy próg bólu, gdy zobaczyła, jak umiera Jej Syn, o dar otwarcia na Ducha Świętego, o dar wytrwałej radości, takiej, która nigdy nie odchodzi ani się nie wycofuje... takiej, która zawsze sprawia, że doświadczamy i stwierdzamy: „wielkie rzeczy uczynił mi Wszechmocny, a Jego imię jest święte”.

[01368-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسولية إلى جزر موريشيوس

عظة قداسة البابا فرنسيس خلال القدّاس الإلهي

نصب العذراء مريم ملكة السلام، مرفأ لويس

الإثنين 9 سبتمبر / أيلول 2019

هنا أمام هذا المذبح المكرّس للعذراء مريم ملكة السلام؛ على هذا الجبل الذي نرى منه المدينة وما وراء البحر، إننا نمثل وجها من الوجوه العديدة التي أتت من جزر موريشيوس وغيرها من جزر المحيط الهندي كي تصغي ليسوع وهو يعلن التطويبات. إنها كلمة الحياة ذاتها التي تملك، كما منذ ألفي سنة مضت، نفس القوّة، ونفس الحرارة التي تشعل حتى القلوب الأكثر برودة. يمكننا أن نقول معًا للربّ: نحن نؤمن بك ونعلم، على ضوء الإيمان ونبض القلب، أن نبوءة أشعيا هي صحيحة: اعلنوا السلام والخلاص، واحملوا البشارة... لأن إلهنا يملك منذ الآن.

إن التطويبات "هي بطاقة هويّة المسيحي". إن سأل أحد منّا نفسه: "ماذا عليَّ أن أفعل لأكون مسيحيًّا صالحًا؟" يأتي الجواب بسيطًا: من الضروري أن يعيش كلٌّ بحسب طريقته ما يقوله يسوع في عظة التطويبات. في التطويبات يُرسم وجه المعلِّم الذي دُعينا لنعكسه في حياتنا اليوميّة" (الإرشاد الرسولي افرحوا وابتهجوا، 63)، كما فعل الطوباوي جاك ديزيري لافال المسمّى "رسول وحدة جزر موريشيوس" والذي تكرّمونه للغاية في هذه الأرض. لقد طبع حبُّه للمسيح وللفقراء حياتَه، وقد حماه هذا الحبّ من وهم حمل البشارة بشكل "بعيد ومعقّم". فقد كان يعلم أن حمل البشارة يعني أن يكون في خدمة الجميع (را. 1 قور 9، 19- 22): تعلّم لغة العبيد المحرّرين حديثًا وحمل لهم ببساطة بشارة الخلاص. عرف كيف يجمع المؤمنين، وعلّمهم كيف يقومون بالرسالة ويؤسّسون جماعات مسيحيّة صغيرة في الأحياء والمدن والقرى المجاورة، جماعات صغيرة أصبحت بمعظمها الرعايا الحاليّة. اجتهدَ في منح الثقة للفقراء والمستبعدين حتى يكونوا أوّل من ينظّموا أنفسهم ويجدوا حلولًا لمعاناتهم.

من خلال ديناميّته التبشيريّة ومحبّته، أعطى الأب لافال للكنيسة الموريشيانية شبابًا جديدًا، وروحًا جديدًا نحن مدعوّون اليوم للاستمرار به في السياق الحالي.

يجب أن نعتني بهذا الاندفاع التبشيري، لأننا قد نقع، ككنيسة المسيح، في تجربة فقدان الحماس التبشيري فنلجأ إلى الألقاب الدنيويّة والتي، لا تقيّد شيئًا فشيئًا الرسالة وحسب، إنما تجعلها أيضًا مرهِقة وغير قادرة على جَمع المؤمنين (را. الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 26). إن الاندفاع التبشيري له وجه شاب ومجدّد للشباب. فالشبيبة بالتحديد هم مَن يستطيعون، من خلال حيويّتهم واستعدادهم، منحها الجمال ونضارة الشباب، عندما يتحدّون المجتمع المسيحيّ كيما يتجدّد ويدعوننا للذهاب إلى آفاق جديدة (را. الإرشاد الرسولي ما بعد السينودس المسيح يحيا، عدد 37).

لكن هذا ليس دائمًا بالأمر السهل، لأنه يتطلّب منّا أن نتعلّم كيف نقدّرهم ونمنحهم مكانًا في جماعتنا، وفي مجتمعنا.

لكن من الصعب استيعاب، على الرغم من النموّ الاقتصادي الذي شهده بلدكم في العقود الأخيرة، أن الشبيبة هم أكثر من يعانون من البطالة، والتي لا تنتج مستقبلا غير مضمون وحسب، بل تسلبهم أيضًا إمكانيّة الشعور بكونهم عناصر فاعلة في تاريخهم المشترك. فالمستقبل غير المضمون يدفعهم جانبًا ويجبرهم على "كتابة" حياتهم على الهامش، ويتركهم عرضة للخطر وبلا نقاط مرجعيّة إزاء أشكال العبوديّة الجديدة في هذا القرن الحادي والعشرين. هم، شبيبتنا، هم رسالتنا الأولى! يجب أن ندعوهم لإيجاد سعادتهم في يسوع؛ ولكن ليس بطريقة "معقّمة أو بعيدة"، إنما مانحين إياهم مكانًا، ومتعلّمين "لغتهم"، ومستمعين إلى قصصهم، وعائشين بجوارهم، وجاعلين إياهم يشعرون بأنهم مباركون من الله. لا نسمحنّ بأن يُسرق منّا الوجه الشابّ للكنيسة وللمجتمع؛ لا نسمحنّ لتجّار الموت بأن يسرقوا أوّل ثمار هذه الأرض!

إن الأب لافال لكان قد وجّه إلى شبيبتنا وإلى الذين يشعرون بأن لا صوت لهم لأنهم غارقون في الهشاشة، دعوةً لأن يسمعوا تردّد صدى بشارة النبي أشعيا: "اِندَفِعي بِالهُتافِ جَميعاً يا أَخرِبَةَ أُورَشَليم فإِنَّ الرَّبَّ قد عَزَّى شَعبَه وافتَدى أُورَشَليمَ!" (أش 52، 9). حتى لو أن ما يحيط بنا، يبدو وكأنه بدون حلول، فإن الرجاء بيسوع يدعونا لاستعادة اليقين في انتصار الله، ليس فقط عبر التاريخ، ولكن أيضًا عبر النسيج الخفيّ الذي يغزل القصص الصغيرة التي تجعلنا نلعب دورًا رئيسيًّا في انتصار يسوع الذي أعطانا ملكوت السماوات.

لا يمكننا، كي نعيش الإنجيل، أن نتوقّع أن يكون كلّ شيء من حولنا مؤاتيًا، لأنه غالبًا ما تعاكسنا طموحات السلطة والمصالح الدنيويّة. قال القدّيس يوحنا بولس الثاني: "يكون المجتمع "مُغرّبًا عندما يعسّر تحقيق هذه الهبة وقيام هذا التضامن بين الناس، بسبب ما يعتمده من أنماط في تنظيم المجتمع والإنتاج والاستهلاك" (الرسالة العامة السَّنة المِئَة، عدد 41). يصبح من الصعب عيش التطويبات في مثل هذا المجتمع، لدرجة أنها تصبح أمرًا مزعجًا، ومشكوكًا فيه، وموضوع سخرية (را. الإرشاد الرسولي افرحوا وابتهجوا، عدد 91). هذا صحيح، لكن لا يمكن أن نسمح للإحباط بأن يتغلّب علينا.

علينا أن نسترجع نحن أيضًا عند سفح هذا الجبل، الذي أودّ اليوم أن يصير جبل التطويبات، هذه الدعوة لنكون سعداء. المسيحيّون الفرحون وحدهم هم مَن يمكنهم أن يوقظوا الرغبة في اتّباع هذا الطريق؛ "تصبح كلمة "سعيد" أو "طوباوي" مرادفًا لكلمة "قدّيس"، لأنها تعبّر عن أن الشخص الأمين لله والذي يعيش كلمته يصل، عبر بذل ذاته، إلى السعادة الحقيقية" (نفس المرجع، 64).

عندما نسمع التكهّن المنذر: "نحن أقل فأقل"، يجب علينا أوّلًا ألّا نشعر بالقلق إزاء انخفاض هذا أو ذاك النوع من التكرّس في الكنيسة، بل إزاء قلّة الرجال والنساء الذين يرغبون بعيش السعادة في مسيرة قداسة، إزاء قلّة الرجال والنساء الذين يتركون قلوبهم تحترق بأجمل بشارة وبأكثرها تحريرًا. "إذا كان هناك شيء مقدّس يجب أن يشغلنا ويقلق ضميرنا هو أن العديد من إخوتنا يعيشون محرومين من قوّة صداقة يسوع المسيح ونوره وتعزيته، محرومين من جماعة مؤمنة تتقبّلهم، من أفق معنى وحياة" (الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 49).

عندما يرى شابٌّ مشروعَ حياة مسيحيّة يتحقّق بفرح، يتحمّس ويتشجّع ويشعر برغبة قد يعبّر عنها بهذا الشكل: "أريد أن أتسلّق جبل التطويبات هذا، أريد أن ألتقي بنظر يسوع فيدلّني على طريق سعادتي".

لنصلِّ أيّها الإخوة والأخوات الأعزاء، من أجل جماعاتنا، حتى ترى، إذ تشهد لفرح الحياة المسيحيّة، الدعوة إلى القداسة تزدهر في أشكال الحياة المتعدّدة التي يهبها الروح لنا. لنناجيه من أجل هذه الأبرشية، وأيضًا من أجل الآخرين الذين بذلوا اليوم جهدًا للمجيء إلى هنا. لقد مرّ الأب لافال، القدّيس الذي نكرّم رفاته، بلحظات من الإحباط وبصعوبات مع المجتمع المسيحي، ولكن في النهاية تغلّب الربّ في قلبه. كان لديه ثقة في قوّة الربّ. لندعها تلمس قلوب العديد من الرجال والنساء على هذه الأرض، وتلمس أيضًا قلوبنا حتى تجدّد حداثتُها حياتَنا وحياة مجتمعنا (را. نفس المرجع، 11). لا ننسينّ أن الشخص الذي يجمع بقوّة، والذي يبني الكنيسة، إنما هو الروح القدس.

إن صورة مريم، الأمّ التي تحميننا وترافقنا، تذكّرنا بأنها سمّيت "الطوباويّة"؛ لنطب من التي عاشت الألم كالسيف الذي ينفذ من قلبها، والتي مرّت بأسوأ عتبة ألم وهي أن ترى ابنها يموت، فلنطلب منها موهبة الانفتاح على الروح القدس، وفرح المثابرة، الفرح الذي لا يزول أو ينغلق على ذاته... تلك التي تجعلنا نختبر دومًا وتؤكّد أن "الله قد صنع العظائم واسمه قدّوس".

[01368-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Parole di ringraziamento del Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Prima di concludere questa celebrazione, desidero rivolgere a tutti voi il mio cordiale saluto e il mio sentito ringraziamento. Grazie anzitutto al Cardinale Piat, per le sue parole e per tutto il lavoro di preparazione a questa visita; grazie a tutti i collaboratori e a tutto il popolo di Dio di questa Chiesa.

Esprimo la mia viva riconoscenza al Presidente della Repubblica, al Primo Ministro e alle altre Autorità del Paese, che incontrerò nel pomeriggio, per la calorosa accoglienza e per il generoso impegno profuso.

E il mio ringraziamento si estende con affetto ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai tanti volontari. Saluto i carcerati che hanno seguito il percorso “Alpha” in prigione e che mi hanno scritto; indirizzo a loro i miei cordiali saluti e la mia benedizione.

Infine, un saluto pieno di gratitudine a tutto il popolo di Dio qui presente, in particolare ai fedeli di Seychelles, Réunion, Comore, Chagos, Agaléga, Rodrigues e Mauritius. Vi assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza. Il Signore continui a dare a tutti saggezza e forza per realizzare le legittime aspirazioni. E voi, per favore, continuate a pregare per me. Grazie a tutti!

[01369-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Avant de conclure cette célébration, je désire vous adresser à tous mon cordial salut et mes vifs remerciements. Merci avant tout au Cardinal Piat, pour ses paroles et pour tout le travail de préparation de cette visite; merci à tous les collaborateurs, et à tout le peuple de Dieu de cette Eglise.

Au Président de la République, au Premier Ministre et aux autres Autorités du pays, que je rencontrerai cet après-midi, j’exprime ma vive reconnaissance pour l’accueil chaleureux et pour l’engagement généreux prodigué.

Mes remerciements s’étendent avec affection aux prêtres, aux diacres, aux personnes consacrées, aux nombreux volontaires. Je salue les personnes détenues qui ont suivi le parcours Alpha en prison et qui m’ont écrit; je leur adresse mon cordial salut et ma bénédiction.

Enfin, un salut plein de gratitude à tout le peuple de Dieu ici présent, en particulier aux fidèles des Seychelles, de la Réunion, des Comores, de Chagos, d’Agaléga, de Rodrigues et de Maurice. Je vous assure de ma prière et de ma proximité. Que le Seigneur continue à donner à tous sagesse et force pour réaliser vos légitimes aspirations. Et vous, s’il vous plaît, continuez à prier pour moi. Merci à tous.

[01369-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Before concluding this celebration, I would like to offer all of you my cordial greeting and heartfelt thanks. I especially thank Cardinal Piat for his kind words and for all the work that went into preparing this visit. I also thank Bishop Aubry, the coordinator, the translator and all those who assisted in any way, and the entire people of God of this Church.

To the President of the Republic, the Prime Minister and the other authorities of the country, whom I will meet this afternoon, I express my deep appreciation for their warm welcome and for their prompt and generous assistance.

My affectionate thanks also go to the priests, the deacons, the consecrated men and women, and the many volunteers. My thoughts go also to those in prison who have followed the “Alpha” programme in prison, and wrote letters to me; I send them my warm greetings and my blessing.

Finally, I greet with deep gratitude all the People of God here present, and particularly the faithful from Seychelles, Réunion, the Comoros, Chagos, Agaléga, Rodrigues and Mauritius. I assure all of you of my prayers and my closeness. May the Lord continue to grant to all the wisdom and strength needed to attain their legitimate aspirations. And I ask you, please, to continue to pray for me. Thank you, all of you!

[01369-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Bevor wir diese Feier beschließen, möchte ich euch alle herzlich grüßen und euch aufrichtig danken. Danke vor allem an Kardinal Piat für seine Worte und für die Vorbereitung dieses Besuchs; ich danke allen Mitarbeitern und dem ganzen Volk Gottes dieser Kirche.

Mein besonderer Dank gilt dem Präsidenten der Republik, dem Premierminister und den anderen Verantwortungsträgern des Landes, die ich heute Nachmittag treffen werde, für den herzlichen Empfang und ihr großzügiges Engagement.

Meine Dankbarkeit und Zuneigung gilt den Priestern, Diakonen und Gottgeweihten, sowie den vielen Freiwilligen. Ich grüße die Strafgefangenen, die im Gefängnis an einem Alpha-Kurs teilgenommen und mir geschrieben haben. Ich übermittele Ihnen meine herzlichen Grüße und meinen Segen.

Schließlich grüße ich voller Dankbarkeit das ganze hier anwesende Volk Gottes und besonders die Gläubigen von den Seychellen, von Réunion, Rodrigues, Alaléga und von den Komoren, gemeinsam mit den Bewohnern von Mauritius und den Chagos-Inseln. Ich versichere euch mein Gebet und meine Nähe. Der Herr gebe euch weiterhin Weisheit und Kraft, um eure legitimen Hoffnungen zu verwirklichen. Und bitte betet weiter für mich. Danke euch allen!

[01369-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Antes de concluir esta celebración, deseo dirigir a todos vosotros un cordial saludo y mi más sincero agradecimiento. Gracias ante todo al cardenal Piat, por sus palabras y por todo el trabajo de preparación para esta visita; gracias a Mons. Aubry, al coordinador, al traductor y a todos los demás colaboradores, y a todo el pueblo de Dios de esta Iglesia.

Expreso mi profunda gratitud al Presidente de la República, al Primer Ministro y a las demás Autoridades del País, con quienes me reuniré esta tarde, por la cálida acogida y por el generoso esfuerzo realizado.

Y mi agradecimiento se extiende cariñosamente a los sacerdotes, a los diáconos, a los consagrados, y a los numerosos voluntarios. Saludo a los encarcelados que han seguido el proyecto “Alpha” en la prisión y que me han escrito; los saludo y les doy mi bendición.

Al terminar, un saludo lleno de gratitud a todo el pueblo de Dios que está aquí presente, de modo particular a los fieles de Seychelles, Reunión, Comoras, Chagos, Agalega, Rodrigues y Mauricio. Os aseguro mi oración y mi cercanía. Que el Señor siga dando a todos sabiduría y valentía para cumplir las legítimas aspiraciones. Y, por favor, seguid rezando por mí. Gracias a todos.

[01369-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Antes de concluir esta Celebração, desejo dirigir a todos vós uma cordial saudação com os meus agradecimentos. Obrigado, em primeiro lugar, ao Cardeal Piat pelas suas palavras e por todo o trabalho de preparação desta visita! Agradeço a D. Aubry, ao coordenador, ao tradutor, aos restantes colaboradores e a todo o povo de Deus desta Igreja.

Expresso a minha viva gratidão ao Presidente da República, ao Primeiro-Ministro e às outras autoridades do país – encontrar-nos-emos ainda na parte de tarde – pela receção calorosa e o empenho generosamente demonstrado.

Com afeto, estendo o meu agradecimento aos sacerdotes, diáconos, homens e mulheres consagrados, aos numerosos voluntários. Saúdo os reclusos que seguiram o percurso «Alpha» na prisão e me escreveram; envio-lhes as minhas cordiais saudações e a minha bênção.

Por fim, uma saudação cheia de gratidão a todo o povo de Deus aqui presente, de modo especial aos fiéis de Seychelles, Reunião, Comores, Chagos, Agalega, Rodrigues e Maurícias. Asseguro-vos a minha oração e a minha proximidade. O Senhor continue a dar sabedoria e força a todos, para realizarem as suas legítimas aspirações. E vós, por favor, continuai a rezar por mim. Obrigado a todos!

[01369-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Zanim zakończy się ta celebracja pragnę skierować do wszystkich moje serdeczne pozdrowienia i podziękowania. Dziękuję przede wszystkim kardynałowi Piatowi za jego słowa i za wszystkie prace przygotowawcze do tej wizyty; dziękuję biskupowi Aubry, koordynatorowi, tłumaczowi i wszystkim innym współpracownikom oraz całemu ludowi Bożemu tego Kościoła.

Wyrażam głęboką wdzięczność prezydentowi Republiki, premierowi i pozostałym przedstawicielom władz kraju, których spotkam po południu, za gorące powitanie i za żywe zaangażowanie.

Moim podziękowaniem obejmuję także kapłanów, diakonów, osoby konsekrowane, wielu wolontariuszy. Pozdrawiam więźniów, którzy podążyli programem „Alfa” w więzieniu i do mnie napisali; kieruję do nich moje serdeczne pozdrowienia i moje błogosławieństwo.

W końcu kieruje moje pełne wdzięczności pozdrowienie do całego Ludu Bożego obecnego tutaj, a w szczególności do wiernych pochodzących z wysp Seszeli, Réunion, Komorów, Chagos, Agaléga, Rodrigues i Mauritiusu. Zapewniam was o mojej modlitwie i bliskości. Niech Pan wciąż daje wszystkim mądrość i siłę do realizowania słusznych dążeń. I wy, proszę was, nadal módlcie się za mnie. Dziękuję wszystkim!

[01369-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسولية إلى جزر موريشيوس

كلمة الشكر في نهاية القدّاس الإلهي

نصب العذراء مريم ملكة السلام، ميناء بورت لويس

الإثنين 9 سبتمبر/أيلول 2019

قبل أن أختتم هذا الاحتفال، أودّ أن أتوجّه إليكم جميعًا بتحيّاتي القلبيّة وبشكري الخالص. أشكر أوّلًا الكاردينال بيات على كلماته وعلى التحضير لهذه الزيارة؛ شكرًا لجميع الذين تعاونوا ولجميع شعب الله في هذه الكنيسة.

أعرب عن امتناني العميق لفخامة الرئيس، ولرئيس الوزراء ولباقي سلطات البلد، التي سألتقي معهم بعد ظهر هذا اليوم، على الترحيب الحارّ والجهود السخيّة التي بُذلت.

أتوجّه بالشكر الجزيل إلى الكهنة والشمامسة والمكرّسين والمكرّسات والعديد من المتطوّعين. وأحيّي الأسرى الذين تابعوا برنامج "ألفا" في السجن والذين راسلوني. أرسل إليهم تحيّاتي الودّية وبركتي.

وفي النهاية، تحيّة مليئة بالامتنان لكلّ شعب الله الحاضر هنا، ولا سيما المؤمنين من جُزر سيشيل وريونيون والقمر وشاغوس وأغاليغا ورودريغز وموريشيوس. أؤكّد لكم صلاتي وقربي. ليمنح الربّ الجميع باستمرار الحكمة والقوّة لتحقيق التطلّعات المشروعة. وأنتم، من فضلكم، صلّوا من أجلي باستمرار. شكرًا لكم جميعًا!

[01369-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Pranzo con i Vescovi della CEDOI (Conferenza Episcopale dell’Oceano Indiano) all’Episcopio di Port Louis

Alle ore 14.15 (12.15 ora di Roma) il Santo Padre Francesco è arrivato all’Episcopio di Port Louis dove, nel refettorio, ha pranzato con i 5 Vescovi della CEDOI (Conferenza Episcopale dell’Oceano Indiano) che riunisce i presuli della Diocesi di Port Saint-Louis e del Vicariato Apostolico di Rodrigues (Maurizio), della Diocesi di Saint-Denis-de-La Réunion, della Diocesi di Port-Victoria (Isole Seychelles) e del Vicariato Apostolico delle Isole Comore.

Prima di lasciare l’Episcopio, il Papa ha salutato il Vescovo Anglicano e poi, nel cortile del palazzo, circa 30 persone impegnate nell’Episcopio. Quindi si è trasferito in auto al Santuario di Père Laval per la visita privata.

[01391-IT.01]

[B0678-XX.02]