Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, l’Em.mo Card. Giovanni Angelo Becciu, ha pronunciato questa mattina a Madrid (Spagna) presso la Cattedrale di Santa María la Real de la Almudena, nel corso della Santa Messa di Beatificazione di María Carmen Lacaba Andía e 13 Compagne, religiose professe dell’Ordine Francescano dell’Immacolata Concezione, uccise, in odio alla Fede, nel 1936; durante la guerra civile di Spagna:
Omelia del Card. Giovanni Angelo Becciu
«Mi compiaccio negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10).
Cari fratelli e sorelle,
queste parole di san Paolo, proclamate nella prima lettura, oggi le possiamo applicare alle 14 monache dell’Ordine Francescano dell’Immacolata Concezione (Concezioniste), uccise durante la persecuzione religiosa che pretendeva di eliminare la Chiesa in Spagna. Esse sono rimaste forti nella fede: non si sono spaventate davanti agli oltraggi, alle angosce e alle persecuzioni. Sono state pronte a suggellare con la vita la Verità che professavano con le labbra, associando al martirio di Gesù il loro martirio di fede, di speranza e di carità.
La Beata María del Carmen (al secolo Isabel Lacaba Andía) e le tredici Compagne, erano monache della medesima famiglia monastica, ma di tre diversi monasteri: Monastero di Madrid, Monastero di El Pardo, Monastero di Escalona. Tutte, perseverando nella loro consacrazione a Dio, hanno dato la loro vita per la fede e come prova suprema di amore. Fu proprio l’avversione a Dio e alla fede cristiana che ne determinò il martirio. Subirono infatti la persecuzione e la morte a causa del loro stato di vita religiosa e della totale adesione a Cristo e alla Chiesa. I loro carnefici erano miliziani che, guidati dall’odio verso la Chiesa cattolica, furono protagonisti di una persecuzione religiosa generale e sistematica contro le persone più rappresentative della Comunità cattolica. Le nuove Beate avevano certamente ben presente l’esortazione del divino Maestro: «Cercate … anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). Esse sono esempio e stimolo per tutti, ma particolarmente per le Monache Concezioniste, e anche per tutte quelle consacrate che dedicano totalmente la loro vita alla preghiera e alla contemplazione. In questa preziosa missione orante, le religiose di clausura sono chiamate a “gustare e vedere quanto è buono il Signore”, per testimoniare a tutti quanto sia avvolgente l’Amore di Dio.
«Per tre volte ho pregato il Signore … Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia”» (2 Cor 12, 8-9). Queste parole di San Paolo, che abbiamo appena ascoltato, sembrano ispirare i messaggi lasciati da queste 14 martiri. In luoghi e tempi diversi, esse affrontarono con generosità e coraggio la loro offerta di sacrificio al Signore. L’integrità spirituale e morale di queste donne è giunta sino a noi attraverso testimoni diretti e indiretti e anche attraverso documenti. Ci colpiscono profondamente le testimonianze riferite sul loro martirio. Nell’assalto al monastero di Madrid gli assalitori gridavano: “Mueran las monjas!”; e queste moriranno esclamando: “Viva Cristo Rey!”. Nel caso delle religiose di El Pardo, i carnefici, quando scoprirono le monache presso le persone che le avevano accolte a seguito dell’assalto del monastero, rivolsero loro la domanda: “¿Vosotras sois monjas?”; le monache risposero: “Sí, por la gracia de Dios”; [1] ciò equivalse per loro ad una sentenza di morte che i miliziani eseguirono senz’altra motivazione. Da parte loro, le monache di Escalona, allontanate dalla loro Comunità, furono espulse dal Comune ad opera dei miliziani locali e inviate alla Direzione Generale della Sicurezza a Madrid, per costringerle ad abbandonare la fede e passare all’apostasia. Per forzare le monache più giovani a tale gesto, le due monache più anziane furono separate dal gruppo e portate in un vicolo cieco, dove furono torturate e infine fucilate.
Tutte le testimonianze che abbiamo ricevuto ci permettono di affermare che queste Monache Concezioniste morirono perché erano discepole di Cristo, perché non volevano rinnegare la propria fede e i propri voti religiosi. Quando all’inizio della guerra, nella zona repubblicana le Comunità si trasferirono presso le abitazioni di parenti o amici, esse si adeguarono senza mai lamentarsi, dando esempio di eroismo. Mai ebbero atteggiamenti di animosità verso coloro che erano la causa delle loro sofferenze, ma rispondevano con carità. Si avviarono al sacrificio glorificando Dio e perdonando i loro carnefici, sull’esempio di Cristo che sulla croce disse: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).
La testimonianza di queste Beate costituisce un esempio vivo e vicino per tutti. La loro morte eroica è un segno eloquente di come la vitalità della Chiesa non dipende da progetti o umani calcoli, ma scaturisce dalla totale adesione a Cristo e al suo messaggio di salvezza. Di ciò erano ben consapevoli queste nostre monache, che trassero forza non in una smania di personale protagonismo, bensì nell’amore senza riserve verso Gesù Cristo, anche a costo della vita. La loro esistenza è come un messaggio diretto alle persone consacrate e ai fedeli laici di oggi. Ai consacrati, le nuove Beate dicono di rimanere fedeli alla vocazione e all’appartenenza gioiosa alla Chiesa, servendola attraverso il proprio Istituto, in una intensa vita di comunione fraterna, nella perseveranza e nella testimonianza della propria identità religiosa. Ai fedeli laici, ricordano la necessità di ascoltare e aderire docilmente alla Parola di Dio, che tutti siamo chiamati a vivere e ad annunciare in virtù del Battesimo.
«La forza si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9), ha risposto il Signore all’apostolo Paolo. Oggi rendiamo grazie per questa forza che è diventata anche la forza dei martiri in terra di Spagna. La forza della fede, della speranza e dell’amore, che si è mostrata più forte della violenza. È stata vinta la crudeltà dei plotoni di esecuzione e l’intero sistema dell’odio organizzato. Cristo, che s’è fatto presente accanto ai martiri, è venuto a loro con la forza della sua morte e del suo martirio. Nello stesso tempo, è venuto a loro con la forza della sua risurrezione. Il martirio, infatti, è una particolare rivelazione del mistero pasquale, che continua a operare e si offre agli uomini di tutti i tempi come promessa di vita nuova. Così ha scritto il celebre scrittore romano Tertulliano: “Sanguis martyrum - semen christianorum”; il sangue dei martiri è seme dei cristiani.[2]
Non possiamo dubitare della fecondità di questa semente, anche se sembrano crescere, sotto diverse forme, le forze che cercano di sradicare il “semen christianorum”, cioè i valori cristiani, dalle coscienze e dal tessuto delle nostre società. Di fronte agli atteggiamenti di chiusura verso le persone più bisognose, di fronte all’indifferentismo religioso, al relativismo morale, alla prepotenza dei più forti verso i più deboli, di fronte agli attentati all’unità della famiglia e alla sacralità della vita umana, non possiamo dimenticare la bellezza del Vangelo. La parola di Dio mette sempre nuove radici. Su queste radici noi discepoli del Signore dobbiamo e possiamo crescere! Queste 14 nuove Beate, rimaste perseveranti nella fede anche nel momento dell’oblazione suprema, rappresentano un incoraggiamento a proseguire con gioia e speranza nel testimoniare in ogni ambiente l’amore e la misericordia di Dio, che non ci abbandona mai, soprattutto nell’ora del fallimento e della sconfitta.
Ci affidiamo alla loro intercessione, la cui esistenza è diventata per tutta la Chiesa, specialmente per il popolo di Dio pellegrinante in Spagna, un potente faro di luce, un pressante invito a vivere il Vangelo in modo radicale e con semplicità, offrendo una coraggiosa testimonianza della fede, che supera ogni barriera e apre orizzonti di speranza e di fraternità.
Beata María del Carmen Isabel Lacaba Andía e Compagne martiri, pregate per noi!
___________________
[1] Summarium Documentorum, Doc. 12, 149-158; Doc. 15, 161-195; Doc. 24, 230-241.
[2] Apol, So 13 - CCL I,171.
[01116-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0537-XX.01]