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Udienza ai Partecipanti alla Riunione dei Rappresentanti Pontifici in Vaticano, 13.06.2019


Discorso del Santo Padre consegnato

Traduzione in lingua spagnola

Alle ore 10.00 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Riunione dei Rappresentanti Pontifici, che si svolge in Vaticano dal 12 al 15 giugno 2019.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha preparato per la circostanza e consegnato ai presenti:

 

Discorso del Santo Padre consegnato

Cari Confratelli,

sono lieto di incontrarvi nuovamente per vedere con voi ed esaminare con occhi di pastori la vita della Chiesa, e per riflettere sulla vostra delicata e importante missione. Ringrazio ciascuno di voi per la sua presenza e per il suo servizio. È questa la nostra terza riunione di questo tipo, in cui faccio tesoro anche delle riflessioni suscitate dagli incontri con tutti voi, qui in Vaticano, come pure in alcune Nunziature, in occasione dei recenti Viaggi. Penso che in futuro si cercherà di invitare con una certa regolarità anche i collaboratori, perché questi momenti abbiano anche un carattere formativo.

Ho pensato di condividere oggi con voi alcuni precetti semplici ed elementari, che certamente voi ben conoscete, ma ricordarli farà bene a tutti e aiuterà voi a vivere meglio la vostra missione con lo stesso entusiasmo del primo mandato e con la stessa fervente disponibilità con cui avete iniziato il vostro servizio.

Si tratta di una specie di “decalogo” che, in realtà, è indirizzato attraverso di voi anche ai vostri Collaboratori e, anzi, a tutti i vescovi, i sacerdoti e i consacrati che voi incontrate in ogni parte del mondo.

1 Il Nunzio è uomo di Dio

Essere un “uomo di Dio” vuol dire seguire Dio in tutto e per tutto; ubbidire ai suoi comandamenti con gioia; vivere per le cose di Dio e non per quelle del mondo; dedicargli liberamente tutte le proprie risorse accettando con animo generoso le sofferenze che sopraggiungono in conseguenza della fede in Lui. L’uomo di Dio non raggira né froda il suo prossimo; non si lascia andare a pettegolezzi e maldicenze; conserva la mente e il cuore puri, preservando occhi e orecchie dalla sporcizia del mondo. Non si lascia ingannare dai valori mondani, ma guarda alla Parola di Dio per giudicare cosa sia saggio e buono. L’uomo di Dio cerca seriamente di essere “santo e irreprensibile davanti a Lui” (cfr Ef 1,4). L’uomo di Dio sa camminare umilmente con il suo Signore, sapendo di dover fare affidamento solo su di Lui per poter vivere in pienezza e perseverare sino alla fine, mantenendo il cuore aperto verso gli svantaggiati e i reietti dalla società e ascoltando i problemi delle persone senza giudicarle. L’uomo di Dio è colui che pratica la giustizia, l’amore, la clemenza, la pietà e la misericordia.

Il Nunzio che dimentica di essere uomo di Dio rovina sé stesso e gli altri; va fuori binario e danneggia anche la Chiesa, alla quale ha dedicato la sua vita.

2 Il Nunzio è uomo di Chiesa

Essendo il Nunzio Rappresentante Pontificio, non rappresenta sé stesso ma la Chiesa e in particolare il Successore di Pietro. Cristo ci avverte della tentazione del servo malvagio: «Se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l’aspetta e nell’ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano» (Mt 24,48-51).

Il Nunzio cessa di essere “uomo di Chiesa” quando inizia a trattare male i suoi collaboratori, il personale, le suore e la comunità della Nunziatura come un cattivo padrone e non come padre e pastore. È triste vedere taluni Nunzi che affliggono i loro collaboratori con gli stessi dispiaceri che loro stessi hanno ricevuto da altri Nunzi quando erano collaboratori. Invece i Segretari e i Consiglieri sono stati affidati all’esperienza del Nunzio perché possano formarsi e fiorire come diplomatici e, se Dio vuole, in futuro come Nunzi.

È brutto vedere un Nunzio che cerca il lusso, gli indumenti e gli oggetti “firmati” in mezzo a gente priva del necessario. È una contro-testimonianza. L’onore più grande per un uomo di Chiesa è quello di essere “servo di tutti”.

Essere uomo di Chiesa richiede anche l’umiltà di rappresentare il volto, gli insegnamenti e le posizioni della Chiesa, cioè mettere da parte le convinzioni personali.

Essere uomo di Chiesa vuol dire difendere coraggiosamente la Chiesa dinanzi alle forze del male che cercano sempre di screditarla, di diffamarla o di calunniarla.

Essere uomo di Chiesa richiede di essere amico dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli, con confidenza e calore umano, svolgendo al loro fianco la propria missione e avendo sempre uno sguardo ecclesiale, cioè di un uomo che si sente responsabile della salvezza degli altri. Ricordiamo sempre che la salus animarum è la legge suprema della Chiesa ed è la base di ogni azione ecclesiale. [1] Questa identità del Nunzio lo porta anche a distinguersi dagli altri Ambasciatori nelle grandi feste, Natale e Pasqua: quando quelli si assentano per raggiungere le famiglie, il Nunzio rimane in sede per celebrare la festa col popolo di Dio del Paese perché, essendo uomo di Chiesa, questa è la sua Famiglia.

3 Il Nunzio è uomo di zelo apostolico

Il Nunzio è annunciatore della Buona Novella ed essendo un apostolo del Vangelo ha il compito di illuminare il mondo con la luce del Risorto, di portare Cristo sino ai confini della terra. È un uomo in cammino che semina il buon seme della fede nei cuori di chi incontra. E chi incontra il Nunzio dovrebbe sentirsi in qualche modo interrogato.

Ricordiamo la grande figura di San Massimiliano Maria Kolbe che, consumato dall’ardente zelo per la gloria di Dio, scrisse in una delle sue lettere: «Nei nostri tempi constatiamo, non senza tristezza, il propagarsi dell’“indifferentismo”. Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e principale preoccupazione deve essere quella di dargli lode nella misura delle nostre deboli forze, consapevoli di non poterlo glorificare quanto Egli merita. La gloria di Dio risplende soprattutto nella salvezza delle anime che Cristo ha redento con il suo sangue. Ne deriva che l’impegno primario della nostra missione apostolica sarà quello di procurare la salvezza e la santificazione del maggior numero di anime».[2]

Ricordiamo anche le parole di San Paolo: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!» (1Cor 9,16). È pericoloso cadere nella timidezza o nella tiepidezza dei calcoli politici o diplomatici, o addirittura nel “politicamente corretto”, rinunciando all’annuncio.

Lo zelo apostolico è quella forza che ci tiene in piedi e ci protegge dal cancro della disillusione.

4 Il Nunzio è uomo di riconciliazione

È parte importante del lavoro di ogni Nunzio essere uomo di mediazione, di comunione, di dialogo e di riconciliazione. Il Nunzio deve cercare sempre di rimanere imparziale e obbiettivo, affinché tutte le parti trovino in lui l’arbitro giusto che cerca sinceramente di difendere e tutelare solo la giustizia e la pace, senza lasciarsi mai coinvolgere negativamente.[3]

Essendo uomo di comunicazione, «l’attività del Rappresentante Pontificio reca innanzitutto un prezioso servizio ai Vescovi, ai Sacerdoti, ai Religiosi e a tutti i cattolici del luogo, i quali trovano in lui sostegno e tutela, in quanto egli rappresenta un’Autorità Superiore, che è a vantaggio di tutti. La sua missione non si sovrappone all’esercizio dei poteri dei Vescovi, né lo sostituisce o intralcia, ma lo rispetta e, anzi, lo favorisce e lo sostiene col fraterno e discreto consiglio».[4]

Se un Nunzio si chiudesse nella Nunziatura ed evitasse di incontrare la gente, tradirebbe la sua missione e invece di essere fattore di comunione e di riconciliazione ne diverrebbe ostacolo e impedimento. Non dovete dimenticare mai che voi rappresentate il volto della cattolicità e l’universalità della Chiesa presso le Chiese locali sparse in tutto il mondo e presso i Governi.

5 Il Nunzio è uomo del Papa

In quanto Rappresentante Pontificio il Nunzio non rappresenta sé stesso ma il Successore di Pietro e agisce per suo conto presso la Chiesa e i Governi, cioè concretizza, attua e simboleggia la presenza del Papa tra i fedeli e le popolazioni. È bello che in diversi Paesi la Nunziatura viene chiamata “Casa del Papa”.

Certamente ogni persona potrebbe avere delle riserve, simpatie e antipatie, ma un buon Nunzio non può essere ipocrita perché il Rappresentante è un tramite, o meglio, un ponte di collegamento tra il Vicario di Cristo e le persone a cui è stato inviato, in una determinata zona, per la quale è stato nominato e inviato dallo stesso Romano Pontefice.

La vostra missione, dunque, è molto impegnativa perché richiede disponibilità e flessibilità, umiltà, impeccabile professionalità, capacità di comunicazione e di negoziazione; richiede frequenti spostamenti in automobile e lunghi viaggi, cioè vivere con la valigia sempre pronta (nel nostro primo incontro vi dissi: la vostra è una vita da nomadi).

Essendo inviato del Papa e della Chiesa, il Nunzio dev’essere predisposto per i rapporti umani, avere una naturale inclinazione per le relazioni interpersonali, cioè essere vicino ai fedeli, ai sacerdoti, ai Vescovi locali, e anche agli altri diplomatici e ai governanti.

Il servizio del Rappresentante è anche quello di visitare le comunità dove il Papa non riesce a recarsi, assicurando loro la vicinanza di Cristo e della Chiesa. Così San Paolo VI scrisse: «È, infatti, evidente che al movimento verso il centro e il cuore della Chiesa deve corrispondere un altro moto, che dal centro si diffonda alla periferia e porti in certo modo a tutte e singole le Chiese locali, a tutti e singoli i Pastori e i fedeli la presenza e la testimonianza di quel tesoro di verità e di grazia, di cui Cristo Signore e Redentore Ci ha resi partecipi, depositari e dispensatori. Mediante i Nostri Rappresentanti, che risiedono presso le varie Nazioni, noi ci rendiamo partecipi della vita stessa dei Nostri figli e quasi inserendoci in essa veniamo a conoscere, in modo più spedito e sicuro, le loro necessità e insieme le aspirazioni».[5]

Essendo “Rappresentante”, il Nunzio deve continuamente aggiornarsi e studiare, in modo da conoscere bene il pensiero e le istruzioni di chi rappresenta. Ha anche il dovere di aggiornare e informare continuamente il Papa sulle diverse situazioni e sui mutamenti ecclesiastici e sociopolitici del Paese a cui inviato. Per questo è indispensabile possedere una buona conoscenza dei suoi costumi e possibilmente della lingua, mantenendo la porta della Nunziatura e quella del suo cuore sempre aperte a tutti.

È inconciliabile, quindi, l’essere Rappresentante Pontificio con il criticare alle spalle il Papa, avere dei blog o addirittura unirsi a gruppi ostili a Lui, alla Curia e alla Chiesa di Roma.

6 Il Nunzio è uomo di iniziativa

È necessario avere e sviluppare la capacità e l’agilità nel promuovere o adottare una condotta adeguata alle esigenze del momento senza mai cadere né nella rigidità mentale, spirituale e umana, né nella flessibilità ipocrita e camaleontica. Non si tratta di essere opportunisti, ma di saper passare dall’ideazione all’attuazione avendo in mente il bene comune e la fedeltà al mandato. L’arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini dice che «senza motivazioni spirituali e senza un fondamento evangelico, tutte le iniziative a poco a poco crollano, anche sul piano cooperativistico, economico ed organizzativo».[6]

L’uomo di iniziativa è una persona positivamente curiosa, piena di dinamismo e di intraprendenza; una persona creativa e dotata di coraggio, che non si lascia vincere dal panico in situazioni non prevedibili, ma sa, con serenità, intuito e fantasia tentare di capovolgerle e gestirle positivamente.

L’uomo di iniziativa è un maestro che sa insegnare agli altri come approcciarsi alla realtà per tentare di non farsi travolgere dalle piccole e grandi sorprese che ci riserva. È una persona che rasserena con la sua positività coloro che attraversano le tempeste della vita.

Essendo anzitutto un vescovo, un pastore che, pur vivendo tra le vicende del mondo, è chiamato quotidianamente a dare prova di potere e di volere “essere nel mondo ma non del mondo” (cfr Gv 17,14), il Nunzio, in maniera intuitiva, deve sapere riorganizzare l’informazione complessiva e trovare le parole giuste per aiutare le persone che si rivolgono a lui per trovare consiglio, con la semplicità delle colombe e l’astuzia dei serpenti (cfr Mt 16,16).

Occorre precisare che tali capacità si acquistano mettendosi alla sequela di Gesù, sul modello degli Apostoli e dei primi discepoli, che accolsero la chiamata con particolare attenzione e adesione alla condotta di Gesù Cristo.

7 Il Nunzio è uomo di obbedienza

La virtù dell’obbedienza è inscindibile dalla libertà, perché solo nella libertà noi possiamo obbedire realmente, e solo obbedendo al Vangelo si entra nella pienezza della libertà.[7] La chiamata del cristiano e, in questo contesto, del Nunzio all’obbedienza rimane la chiamata a seguire lo stile di vita di Gesù di Nazareth. La vita di Gesù, improntata all’apertura e all’obbedienza a Dio, che Egli chiama Padre.[8] Qui possiamo comprendere e vivere il grande comandamento dell’obbedienza liberante: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29). L’obbedienza a Dio non si separa dall’obbedienza alla Chiesa e ai Superiori.

Ci aiuta qui ancora San Massimiliano Maria Kolbe che in quella medesima lettera scrisse: «L’obbedienza, ed essa sola, è quella che ci manifesta con certezza la divina volontà. È vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. […] Attraverso la via dell’obbedienza noi superiamo i limiti della nostra piccolezza e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire rettamente con la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina volontà, a cui nessuna creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti. Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l’unica via nella quale possiamo rendere a Dio la massima gloria. […] Amiamo dunque, fratelli, con tutte le forze il Padre celeste pieno di amore per noi; e la prova della nostra perfetta carità sia l’obbedienza, da esercitare soprattutto quando ci chiede di sacrificare la nostra volontà. Infatti non conosciamo altro libro più sublime che Gesù Cristo crocifisso, per progredire nell’amore di Dio».[9]

Sant’Agostino attribuisce all’obbedienza tanta importanza, non meno di quella dell’amore, dell’umiltà, della sapienza, che sono fondamentali, al punto che non può esservi amore vero, umiltà sincera, sapienza autentica se non nell’ambito dell’obbedienza.[10]

Un Nunzio che non vive la virtù dell’obbedienza – anche quando risulta difficile e contrario alla propria visione personale – è come un viaggiatore che perde la bussola, rischiando così di fallire l’obiettivo. Ricordiamo sempre il detto “Medice, cura te ipsum”. È contro-testimonianza chiamare gli altri all’obbedienza e disobbedire.

8 Il Nunzio è uomo di preghiera

Qui mi sembra importante ricordarvi ancora una volta le parole insuperabili con cui San Giovanni Battista Montini, da Sostituto della Segreteria di Stato, descriveva la figura del Rappresentante Pontificio: «È quella di uno che ha veramente la coscienza di portare Cristo con sé» (25 aprile 1951), come il bene prezioso da comunicare, da annunciare, da rappresentare. I beni, le prospettive di questo mondo finiscono per deludere, spingono a non accontentarsi mai; il Signore è il bene che non delude, l’unico che non delude. E questo esige un distacco da sé stessi che si può raggiungere solo con un costante rapporto con il Signore e l’unificazione della vita attorno a Cristo. E questo si chiama familiarità con Gesù. La familiarità con Gesù Cristo dev’essere l’alimento quotidiano del Rappresentante Pontificio, perché è l’alimento che nasce dalla memoria del primo incontro con Lui e perché costituisce anche l’espressione quotidiana di fedeltà alla sua chiamata. Familiarità con Gesù Cristo nella preghiera, nella Celebrazione eucaristica – da non tralasciare mai – nel servizio della carità.[11]

Ricordiamo gli Apostoli e Pietro che disse: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola» (At 6,1-6). Il primo compito di ogni Vescovo è dunque quello di dedicarsi alla preghiera e al ministero della parola.

Il Nunzio – e tutti noi – senza una vita di preghiera, rischia di venir meno a tutti i requisiti sopramenzionati. Senza la preghiera diventiamo semplici funzionari, sempre scontenti e frustrati. La vita di preghiera è quella luce che illumina tutto il resto e tutto l’operato del Nunzio e della sua missione.

9 Il Nunzio è uomo di carità operosa

Occorre ribadire qui che «la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica. E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro di quella comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli».[12] Perché «la fede si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6).

Il Nunzio avendo il compito di interpretare «la sollecitudine del Romano Pontefice per il bene del Paese in cui esercita la sua missione; in particolare deve interessarsi con zelo dei problemi della pace, del progresso e della collaborazione dei popoli, in vista del bene spirituale, morale e materiale dell’intera famiglia umana».[13] L’operato del Nunzio non si deve mai limitare allo svolgimento delle pratiche, che, pur essendo importanti, non potranno mai rendere la sua missione feconda e fruttuosa; per questo il Nunzio deve spendersi nelle opere caritative, specialmente verso i poveri e gli emarginati: solo così potrà realizzare pienamente la sua missione e il suo essere padre e pastore.

La carità è anche gratuità, ed ecco perché vorrei qui parlavi di un pericolo permanente, ossia il pericolo delle regalie. La Bibbia definisce iniquo l’uomo che «accetta regali di sotto il mantello, per deviare il corso della giustizia» (Pr 17,23-24) e anche il Salmo domanda: «Signore, chi abiterà nella tua tenda?» e risponde: chi «non accetta doni contro l’innocente» (15,1.5). La carità operosa ci deve portare ad essere prudenti nell’accettare i doni che vengono offerti per annebbiare la nostra oggettività e in alcuni casi purtroppo per comprare la nostra libertà.

Nessun regalo di qualsiasi valore deve mai renderci schiavi! Rifiutate i regali troppo costosi e spesso inutili o indirizzateli alla carità, e ricordate che ricevere un regalo costoso non giustifica mai il suo uso.

10 Il Nunzio è uomo di umiltà

Vorrei concludere questo decalogo con la virtù dell’umiltà citando le “Litanie dell’umiltà” del Servo di Dio Cardinale Rafael Merry del Val (1865-1930), Segretario di Stato e collaboratore di San Pio X, un vostro ex collega:

O Gesù, mite e umile di cuore, esauditemi!

Dal desiderio di essere stimato - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere amato - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere decantato - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere onorato – Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere lodato - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere preferito agli altri - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere consultato - Liberatemi, Gesù.

Dal desiderio di essere approvato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere umiliato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere disprezzato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di soffrire ripulse - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere calunniato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere dimenticato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere preso in ridicolo - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere ingiuriato - Liberatemi, Gesù.

Dal timore di essere sospettato - Liberatemi Gesù.

Che gli altri siano amati più di me - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri siano stimati più di me - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri possano essere impiegati e io messo in disparte - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri possano essere lodati e io non curato - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa - Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!

Che gli altri possano essere più santi di me, purché io divenga santo in quanto posso - Gesù datemi la grazia di desiderarlo![14]

_____________________

[1] «In rapporto ai Vescovi, ai quali è affidata per divino mandato la cura delle anime nelle singole diocesi, il Rappresentante Pontificio ha il dovere di aiutare, consigliare e prestare la sua opera pronta e generosa, con spirito di fraterna collaborazione, sempre rispettando l’esercizio di giurisdizione propria dei Pastori» (S. Paolo VI, Lett. ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 [1969], 476).
[2]
Cfr Scritti di Massimiliano M. Kolbe, vol. I, Firenze 1975, 44-46; 113-114.
[3]
Il Nunzio ha anche «il dovere di tutelare in concorde azione con i Vescovi, presso le Autorità civili del territorio in cui esercita il suo ufficio, la missione della Chiesa e della Santa Sede. […] Nella sua qualità di inviato del Supremo Pastore delle anime, il Rappresentante Pontificio promuoverà […] opportuni contatti tra la Chiesa Cattolica e le altre comunità cristiane, e favorirà cordiali rapporti con le Religioni non cristiane» (S. Paolo VI, Lett. ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 [1969], 476).
[4]
Ibidem.
[5]
Lett. ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 (1969), 476.
[6]
Non possiamo tacere. Le parole e la bellezza per vincere la mafia, Piemme 2011, 136.
[7]
Cfr ENZO BIANCHI, Le parole della spiritualità, Rizzoli 1999, 149-152.
[8]
Cfr F.J. MOLONEY, Discepoli e profeti, 186.
[9]
Scritti di Massimiliano M. Kolbe, vol. I, Firenze 1975, 44-46; 113-114.
[10]
Cfr Patrologia, III, Marietti 2000, 432-434; B. Borghini, L’obbedienza secondo S. Agostino, in “Vita crist.”, 23 (1954), 460-478.
[11]
Cfr Discorso ai Rappresentanti Pontifici, 21 giugno 2013.
[12]
Messaggio per la I Giornata Mondiale dei Poveri, 19 novembre 2017.
[13]
S. Paolo VI, Lett. ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 (1969), 476.
[14]
https://www.corrispondenzaromana.it/lumilta-insegnata-dal-cardinal-merry-del-val/

[01059-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos:

Me alegra encontraros nuevamente para ver con vosotros y examinar con ojos de pastores la vida de la Iglesia y para reflexionar sobre vuestra delicada e importante misión. Agradezco a cada uno de vosotros por su presencia y por su servicio. Es esta nuestra tercera reunión de este tipo, en la que también atesoro las reflexiones suscitadas por los encuentros con todos vosotros, tanto aquí en el Vaticano, como en algunas Nunciaturas, con ocasión de los recientes viajes. Pienso que en el futuro se tratará de invitar con una cierta regularidad también a los colaboradores, para que estos momentos tengan además un carácter formativo.

He pensado compartir hoy con vosotros algunos preceptos sencillos y elementales, que ciertamente vosotros conocéis bien, pero recordarlos hará bien a todos y os ayudará a vivir mejor vuestra misión con el mismo entusiasmo del primer mandato y con la misma ferviente disponibilidad con la que habéis empezado vuestro servicio. Se trata de una especie de “decálogo” que, en realidad está dirigido a través de vosotros también a vuestros colaboradores y, es más, a todos los obispos, sacerdotes y consagrados que vosotros encontráis en todas las partes del mundo.

1- El nuncio es un hombre de Dios.

Ser un “hombre de Dios” significa seguir a Dios en todo y por todo; obedecer sus mandamientos con alegría; vivir por las cosas de Dios y no por las del mundo; dedicarle libremente todos los recursos, aceptando con un espíritu generoso los sufrimientos que surgen como resultado de la fe en Él.

El hombre de Dios no engaña ni defrauda a su prójimo; no se deja llevar por los chismes y calumnias; conserva la mente y el corazón puros, preservando los ojos y los oídos de la inmundicia del mundo. No se deja engañar por los valores mundanos, sino que mira a la Palabra de Dios para juzgar lo que es sabio y bueno. El hombre de Dios intenta seriamente ser «santo e inmaculado en su presencia» (cf. Ef 1,4). El hombre de Dios sabe caminar de forma humilde con su Señor, sabiendo que debe confiar solo en Él para poder vivir en plenitud y preservar hasta el final, manteniendo el corazón abierto hacia los desfavorecidos y los rechazados por la sociedad y escuchando los problemas de las personas sin juzgarlas.

El hombre de Dios es aquel que practica la justicia, el amor, la clemencia, la piedad y la misericordia. El nuncio que se olvida de ser hombre de Dios arruina a sí mismo y a los demás; va por fuera del rail y daña también a la Iglesia, a la cual ha dedicado su vida.

2- El nuncio es un hombre de Iglesia.

Al ser un representante pontificio, el nuncio no se representa a sí mismo, sino a la Iglesia y, en particular, al sucesor de Pedro. Cristo nos advierte de la tentación del siervo maligno: «Pero si aquel siervo malo se dice en su corazón: “Mi Señor tarda”, y se pone a golpear a sus compañeros y come y bebe con los borrachos, vendrá el señor de aquel siervo el día que no espera y en el momento que no sabe, le separará y le señalará su suerte entre los hipócritas» (Mt 24,48-51).

El nuncio deja de ser “hombre de Iglesia” cuando inicia a tratar mal a sus colaboradores, al personal, a las monjas y a la comunidad de la Nunciatura como un mal jefe y no como padre y pastor. Es triste ver a algunos nuncios que afligen a sus colaboradores con el mismo desagrado que recibieron de otros nuncios cuando eran colaboradores. En cambio, los secretarios y consejeros han sido confiados a la experiencia del nuncio para que puedan formarse y florecer como diplomáticos y, si Dios quiere, en el futuro como nuncios.

Es feo ver a un nuncio que busca el lujo, los trajes y los objetos “de marca” en medio de personas sin lo necesario. Es un contra-testimonio. El mayor honor para un hombre de la Iglesia es ser “siervo de todos”. Ser hombre de la Iglesia también requiere la humildad de representar el rostro, las enseñanzas y las posiciones de la Iglesia, es decir, dejar de lado las convicciones personales. Ser un hombre de la Iglesia significa defender valientemente a la Iglesia ante las fuerzas del mal que siempre intentan desacreditarla, difamarla o calumniarla.

Ser hombre de Iglesia exige ser amigo de los obispos, de los sacerdotes, de los religiosos y de los fieles, con confianza y calor humano, llevando a cabo a su lado la propia misión y teniendo siempre una mirada eclesial, es decir, de hombre que se siente responsable de la salvación de los demás. Recordemos siempre que la salus animarum es la ley suprema de la Iglesia y es la base de toda acción eclesial[1]. Esta identidad del nuncio lo lleva también a distinguirse de los demás embajadores en las grandes fiestas, Navidad y Pascua: cuando aquellos se ausentan para ir con las familias, el nuncio permanece en la sede para celebrar la fiesta con el pueblo de Dios del país porque, siendo un hombre de Iglesia, esta es su familia.

3 El nuncio es un hombre de celo apostólico.

El nuncio es el anunciador de la Buena Nueva y al ser apóstol del Evangelio tiene la tarea de iluminar el mundo con la luz del Resucitado, de llevar a Cristo a los confines de la tierra. Es un hombre en camino que siembra la buena semilla de la fe en los corazones de quienes encuentra. Y aquellos que se encuentran con él deberían sentirse, de alguna manera, interpelados.

Recordemos la gran figura de san Maximiliano María Kolbe que, consumado por el ardiente celo por la gloria de Dios, escribió en una de sus cartas: «En nuestros tiempos constatamos, no sin tristeza, la propagación de la “indiferencia”. Una enfermedad casi epidémica que se está propagando en varias formas, no solo en la generalidad de los fieles, sino también entre los miembros de los institutos religiosos. Dios es digno de gloria infinita. Nuestra primera y principal preocupación debe ser la de darle alabanza en la medida de nuestras débiles fuerzas, conscientes de no poder glorificarlo cuanto Él merece. La gloria de Dios brilla sobre todo en la salvación de las almas que Cristo ha redimido con su sangre. De ello se deduce que el compromiso principal de nuestra misión apostólica será procurar la salvación y la santificación del mayor número de almas»[2].

Recordemos también las palabras de san Pablo: «Predicar el Evangelio no es para mí ningún motivo de gloria; es más bien un deber que me incumbe. Y ¡ay de mí si no predicara el Evangelio!» (1 Co 9,16). es peligroso caer en la timidez o en la tibieza de los cálculos políticos o diplomáticos o incluso en lo “políticamente correcto”, renunciando al anuncio.

El celo apostólico es esa fuerza que nos mantiene en pie y nos protege del cáncer de la desilusión.

4 El nuncio es un hombre de reconciliación.

Una parte importante del trabajo de todo nuncio es ser un hombre de mediación, de comunión, de diálogo y de reconciliación. El nuncio siempre debe tratar de ser imparcial y objetivo, para que todas las partes encuentren en él al árbitro correcto que busca sinceramente defender y proteger solo la justicia y la paz, sin dejarse nunca involucrar negativamente[3].

Siendo un hombre de comunicación, «la actividad del representante pontificio ofrece sobre todo un valioso servicio a los obispos, a los sacerdotes, a los religiosos y a todos los católicos del lugar, los cuales encuentran en él apoyo y tutela, en cuanto él representa a una Autoridad Superior, que es para beneficio de todos. Su misión no se sobrepone al ejercicio de los poderes de los obispos, ni lo reemplaza ni lo obstruye, sino que lo respeta y, es más, lo favorece y lo apoya con el consejo fraternal y discreto»[4].

Si un nuncio se encerrase en la nunciatura y evitara encontrarse con la gente, traicionaría su misión y, en lugar de ser un factor de comunión y reconciliación, se convertiría en obstáculo e impedimento. Nunca debe olvidar que representa el rostro de la catolicidad y la universalidad de la Iglesia en las Iglesias locales dispersas en todo el mundo y ante los Gobiernos.

5 El nuncio es un hombre del Papa.

Como representante pontificio, el nuncio no se representa a sí mismo, sino al Sucesor de Pedro y actúa en su nombre ante la Iglesia y los gobiernos, es decir, concreta, implementa y simboliza la presencia del Papa entre los fieles y las poblaciones. Es hermoso que en varios países la Nunciatura se llame “Casa del Papa”. Ciertamente, todas las personas pueden tener reservas, simpatías y antipatías, pero un buen nuncio no puede ser hipócrita porque el Representante es un trámite, o mejor dicho, un puente de conexión entre el Vicario de Cristo y las personas a quienes ha sido enviado, en una zona determinada, para la cual ha sido nombrado y enviado por el Romano Pontífice.

Vuestra misión, por lo tanto, es muy laboriosa, porque exige disponibilidad y flexibilidad, humildad, profesionalidad impecable, capacidad de comunicación y de negociación; exige traslados frecuentes en automóvil y largos viajes, es decir, vivir con la maleta siempre lista (en nuestro primer encuentro os dije: la vuestra es una vida de nómadas).

Siendo enviado del Papa y de la Iglesia, el nuncio debe estar predispuesto para las relaciones humanas, tener una inclinación natural para las relaciones interpersonales, es decir, ser cercano a los fieles, a los sacerdotes, a los obispos locales y también al resto de diplomáticos y a los gobernantes. El servicio del representante es también el de visitar las comunidades a las que el Papa no es capaz de llegar, asegurándoles la cercanía de Cristo y de la Iglesia.

Así, san Pablo VI escribió: «Es, de hecho, evidente que al movimiento hacia el centro y al corazón de la Iglesia debe acompañarle otro movimiento, que desde el centro se difunda hacia la periferia y lleve, de una determinada forma, a todas y cada una de las Iglesias locales, a todos y cada uno de los pastores y a los fieles la presencia y el testimonio de ese tesoro de verdad y de gracia, del que Cristo Señor y Redentor nos ha hecho partícipes, depositarios y dispensadores. Mediante nuestro representantes, que residen en las diferentes naciones, nosotros nos hacemos partícipes de la vida misma de nuestros hijos y casi insertándonos en ella llegamos a conocer, de forma más veloz y segura, sus necesidades y junto a ello, las aspiraciones»[5].

Siendo “representante”, el nuncio debe actualizarse continuamente y estudiar, para conocer bien el pensamiento y las instrucciones que representa. También tiene el deber de actualizar e informar continuamente al Papa sobre las diferentes situaciones y sobre cambios eclesiásticos y sociopolíticos del país al que ha sido enviado. Por eso, es indispensable tener un buen conocimiento de sus costumbres y posiblemente de la lengua manteniendo la puerta de la Nunciatura y la de su corazón siempre abiertas a todos.

Por lo tanto, es irreconciliable ser un representante pontificio y criticar al Papa por detrás, tener blogs o incluso unirse a grupos hostiles a él, a la Curia y a la Iglesia de Roma.

6 El nuncio es un hombre de iniciativa.

Es necesario tener y desarrollar la capacidad y la agilidad para promover o adoptar una conducta adecuada a las necesidades del momento sin caer nunca en la rigidez mental, espiritual y humana, o en la flexibilidad hipócrita y camaleónica. No se trata de ser oportunista, sino de saber cómo pasar de la ideación a la implementación teniendo en cuenta el bien común y la lealtad al mandato. El arzobispo Giancarlo Maria Bregantini dice que «sin motivaciones espirituales y sin un fundamento evangélico, todas las iniciativas caen poco a poco, también en el plano de la cooperación, en el económico y en el organizativo»[6].

El hombre de iniciativa es una persona positivamente curiosa, llena de dinamismo y de intrepidez; una persona creativa y dotada de valor, que no se deja vencer por el pánico en situaciones no previsibles, sino que sabe, con serenidad, intuición y fantasía, tratar de darles la vuelta y gestionarlas de forma positiva.

El hombre de iniciativa es un maestro que sabe enseñar a los demás cómo acercarse a la realidad para tratar de no dejarse arrollar por las pequeñas y grandes sorpresas que nos reserva. Es una persona que serena con su positividad a aquellos que atraviesan las tormentas de la vida.

Siendo ante todo un obispo, un pastor que, incluso viviendo entre los sucesos del mundo, está llamado diariamente a dar prueba de poder y de querer “estar en el mundo pero no ser del mundo” (cf. Jn 17,14), el nuncio, de forma intuitiva, debe saber reorganizar la información general/en su conjunto y encontrar las palabras justas para ayudar a las personas que se dirigen a él para encontrar consejo, con la sencillez de las palomas y la astucia de las serpientes (cf. Mt 16,16).

Es necesario precisar que tales capacidades se adquieren siguiendo a Jesús, sobre el modelo de los Apóstoles y de los primeros discípulos, que acogieron la llamada con particular atención y adhesión a la conducta de Jesucristo.

7 El nuncio es un hombre de obediencia.

La virtud de la obediencia es inseparable de la libertad, porque solo en libertad podemos obedecer realmente, y solo obedeciendo el Evangelio podemos entrar en la plenitud de la libertad[7]. La llamada del cristiano, y en este contexto, la del nuncio a la obediencia es la llamada a seguir el estilo de vida de Jesús de Nazaret. La vida de Jesús, basada en la apertura y la obediencia a Dios, que Él llama Padre[8]. Aquí podemos comprender y vivir el gran mandamiento de la obediencia liberadora: «Hay que obedecer a Dios antes que a los hombres» (Hch 5,29). la obediencia a Dios no se separa de la obediencia a la Iglesia y a los Superiores.

Nos ayuda de nuevo san Maximiliano María Kolbe, que en esa misma letra escribió: «La obediencia, y ella misma sola, es aquella que nos manifiesta con certeza la voluntad divina. Es cierto que el superior puede equivocarse, pero quien obedece no se equivoca […]. A través de la vía de la obediencia nosotros superamos los límites de nuestra pequeñez y nos conformamos a la voluntad divina que nos guía para actuar correctamente con su infinita sabiduría y prudencia. Adhiriéndose a esta divina voluntad, a la que ninguna criatura puede resistirse, nos hacemos más fuertes que todos.

Este es el sendero de la sabiduría y de la prudencia, la única vía en la que podemos rendir a Dios la máxima gloria […] Amemos, por lo tanto, hermanos, con todas las fuerzas al Padre celestial lleno de amor por nosotros; y que la prueba de nuestra perfecta caridad sea la obediencia, a ejercer, sobre todo cuando nos pide sacrificar nuestra voluntad. De hecho, no conocemos otro acto libre más sublime que Jesucristo crucificado para avanzar en el amor de Dios»[9].

San Agustín atribuye a la obediencia tanta importancia, no menos de aquella del amor, de la humildad, de la sabiduría, que son fundamentales, hasta el punto de que no puede existir amor verdadero, humildad sincera, sabiduría auténtica si no es en el ámbito de la obediencia[10].

Un nuncio que no vive la virtud de la obediencia —también cuando resulta difícil y contrario a la propia visión personal— es como un viajero que pierde la brújula, arriesgándose así a fracasar en el objetivo. Recordemos siempre el dicho “Medice, cura te ipsum”. Es contra-testimonio llamar a los demás a la obediencia y desobedecer.

8 El nuncio es un hombre de oración.

Aquí me parece importante recordar una vez más las palabras insuperables con las que san Giovanni Battista Montini, como Sustituto de la Secretaría de Estado, describió la figura del representante pontificio: «Es la de alguien que verdaderamente tiene la conciencia de llevar a Cristo con él» (abril de 1951), como el bien precioso para comunicar, anunciar, representar. Los bienes, las perspectivas de este mundo terminan siendo decepcionantes, empujan a no estar nunca satisfechos. El Señor es el bien que no defrauda, el único que no defrauda. Y esto requiere un desapego de uno mismo que solo se puede lograr con una relación constante con el Señor y la unificación de la vida en torno a Cristo.

Y esto se llama familiaridad con Jesús. La familiaridad con Jesucristo debe ser el alimento cotidiano del representante pontificio, porque es el alimento que nace de la memoria del primer encuentro con Él y porque constituye también la expresión cotidiana de fidelidad a su llamada. Familiaridad. Familiaridad con Jesucristo en la oración, en la celebración eucarística, que nunca hay que descuidar, en el servicio de la caridad[11].

Recordemos a los Apóstoles y a Pedro que dice: «No parece bien que nosotros abandonemos la palabra de Dios por servir a las mesas. Por tanto, hermanos, buscad de entre vosotros a siete hombres, de buena fama, llenos de Espíritu y de sabiduría y los pondremos al frente de este cargo; mientras que nosotros nos dedicaremos a la oración y al ministerio de la Palabra» (Hch 6, 1-6). La primera tarea de todo obispo es, por lo tanto, la de dedicarse a la oración y al ministerio de la palabra.

El nuncio —y todos nosotros— sin una vida de oración, corre el riesgo de devaluar todos los requisitos antes mencionados. Sin la oración nos convertimos en simples funcionarios, siempre descontentos y frustrados. La vida de oración es esa luz que ilumina todo lo demás y toda la obra del nuncio y de su misión.

9 El nuncio es un hombre de caridad operosa.

Aquí es necesario reiterar que la oración, el camino del discipulado y la conversión encuentran en la caridad que se hace compartición la prueba de su autenticidad evangélica. Y esta forma de vida produce alegría y serenidad espiritual, porque se toca con la mano la carne de Cristo. Si realmente queremos encontrar a Cristo, es necesario que toquemos su cuerpo en el cuerpo llagado de los pobres, como confirmación de la comunión sacramental recibida en la Eucaristía. El Cuerpo de Cristo, partido en la sagrada liturgia, se deja encontrar por la caridad compartida en los rostros y en las personas de los hermanos y hermanas más débiles»[12]. Porque «la fe actúa por la caridad» (Ga 5,6).

El nuncio, teniendo la tarea de interpretar «la solicitud del Romano Pontífice por el bien del país en el que se ejercita su misión; en particular debe interesarse con celo por los problemas de la paz, del progreso y de la colaboración de los pueblos, en vista del bien espiritual, moral y material de toda la familia humana»[13]. La obra del nuncio no se debe nunca limitar a llevar a cabo prácticas que, aunque siendo importante, no puedan hacer su misión fecunda y fructuosa; por eso, el nuncio debe gastarse en las obras de caridad, especialmente hacia los pobres y los marginados: solo así podrá realizar plenamente su misión y su ser padre y pastor. La caridad también es gratuita, y es por eso que me gustaría hablar de un peligro permanente, el peligro de las regalías. La Biblia define inicuo al hombre que «acepta regalos en su seno, para torcer las sendas del derecho» (Pr 17,23-24) y también el Salmo pregunta: «Yahveh, ¿quién morará en tu tienda?» y responde: quien «no acepta soborno en daño de inocente» (15,1.5). la caridad operosa nos debe llevar a ser prudentes al aceptar los dones que se ofrecen para nublar nuestra objetividad y en algunos casos, desafortunadamente, para comprar nuestra libertad.

¡Ningún regalo de cualquier valor debe nunca volvernos esclavos! Rechazad los regalos que son demasiado caros y con frecuencia inútiles o dirigidlos a la caridad, y recordad que recibir un regalo costoso nunca justifica su uso.

10 El nuncio es hombre de humildad.

Me gustaría concluir este manual con la virtud de la humildad, citando las “Letanías de la humildad” del Cardenal Rafael Merry del Val (1865-1930), Secretario de Estado y colaborador de san Pío X, un antiguo colega vuestro:

Jesús, manso y humilde de corazón, haz mi corazón parecido al tuyo.

Del deseo de ser alabado, líbrame, Señor.

Del deseo de ser honrado, líbrame, Señor.

Del deseo de ser aplaudido, líbrame, Señor.

Del deseo de ser preferido a otros, líbrame, Señor.

Del deseo de ser consultado, líbrame, Señor.

Del deseo de ser aceptado, líbrame, Señor.

Del temor a ser humillado, líbrame, Señor.

Del temor a ser despreciado, líbrame, Señor.

Del temor a ser reprendido, líbrame, Señor.

Del temor a ser calumniado, líbrame, Señor.

Del temor a ser olvidado, líbrame, Señor.

Del temor a ser ridiculizado, líbrame, Señor.

Del temor a ser injuriado, líbrame, Señor.

Del temor a ser rechazado, líbrame, Señor.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros sean más amados que yo.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros sean más estimados que yo.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros crezcan susciten mejor opinión de la gente y yo disminuya.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros sean alabados y de mí no se haga caso.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros sean empleados en cargos y a mí se me juzgue inútil.

Concédeme, Señor, el deseo de que otros sean preferidos a mí en todo.

Concédeme, Señor, el deseo de que los demás sean más santos que yo, con tal de que yo sea todo lo santo que pueda. Jesús dame la gracia de desearlo.[14]

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[1] S. Pablo VI, Carta ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 [1969], 476).
[2] Cf. Escritos de Maximiliano M. Kolbe, vol. I, Florencia 1975, 44-46; 113-114.
[3] S. Pablo VI, Carta ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: aas 61 [1969], 476).
[4] Ibíd.
[5] Carta ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: AAS 61 (1969), 476.
[6] Non possiamo tacere. Le parole e la bellezza per vincere la mafia, Piemme 2011, 136.
[7] Cf. Enzo Bianchi, Palabras de la vida interior, Rizzoli 1999, 149-152.
[8] Cf. F. J. Moloney, Discípulos y profetas, 186.
[9] Escritos de Maximiliano M. Kolbe, vol. I, Florencia 1975, 44-46; 113-114.
[10] Cf. Patrologia, III, Marietti 2000, 432-434; B. Borghini, La obediencia según San Agustín in en “Vita crist.”, 23 (1954), 460-478.
[11] Cf. Discurso a los representantes pontificios, 21 junio 2013.
[12] Mensaje para la I Jornada mundial de los pobres, 19 de noviembre de 2017.
[13] S. Pablo VI, Carta ap. Sollicitudo omnium Ecclesiarum: aas 61 (1969), 476.
[14] https://www.corrispondenzaromana.it/lumilta-insegnata-dal-cardinal-merry-del-val/

[01059-ES.02] [Texto original: Italiano]

[B0507-XX.02]