Omelia del Santo Padre
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Alle ore 10.30 di questa mattina, Domenica di Pentecoste, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa in Piazza San Pietro. Hanno concelebrato Cardinali, Vescovi e Sacerdoti.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Pentecoste arrivò, per i discepoli, dopo cinquanta giorni incerti. Da un lato Gesù era Risorto, pieni di gioia lo avevano visto e ascoltato, e avevano pure mangiato con Lui. Dall’altro lato, non avevano ancora superato dubbi e paure: stavano a porte chiuse (cfr Gv 20,19.26), con poche prospettive, incapaci di annunciare il Vivente. Poi arriva lo Spirito Santo e le preoccupazioni svaniscono: ora gli Apostoli non hanno timore nemmeno davanti a chi li arresta; prima preoccupati di salvarsi la vita, ora non hanno più paura di morire; prima rinchiusi nel Cenacolo, ora annunciano a tutte le genti. Fino all’Ascensione di Gesù attendevano un Regno di Dio per loro (cfr At 1,6), ora sono impazienti di raggiungere confini ignoti. Prima non avevano quasi mai parlato in pubblico e quando l’avevano fatto avevano spesso combinato guai, come Pietro rinnegando Gesù; ora parlano con parresia a tutti. La vicenda dei discepoli, che sembrava al capolinea, viene insomma rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani, che in preda all’incertezza si sentivano arrivati, sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere. Lo Spirito Santo ha fatto questo. Lo Spirito non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina, quella che ci cambia la vita. Come fa? Guardiamo agli Apostoli. Lo Spirito non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma lo Spirito ha portato nelle vite dei discepoli un’armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia.
Armonia dentro l’uomo. Dentro, nel cuore i discepoli avevano bisogno di essere cambiati. La loro storia ci dice che persino vedere il Risorto non basta, se non Lo si accoglie nel cuore. Non serve sapere che il Risorto è vivo se non si vive da Risorti. Ed è lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. Per questo Gesù, incontrando i suoi, ripete: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21) e dona lo Spirito. La pace non consiste nel sistemare i problemi di fuori – Dio non toglie ai suoi tribolazioni e persecuzioni – ma nel ricevere lo Spirito Santo. In questo consiste la pace, quella pace data agli Apostoli, quella pace che non libera dai problemi ma nei problemi, è offerta a ciascuno di noi. È una pace che rende il cuore simile al mare profondo, che è sempre tranquillo anche quando in superficie le onde si agitano. È un’armonia così profonda che può trasformare persino le persecuzioni in beatitudini. Quante volte, invece, rimaniamo in superficie! Anziché cercare lo Spirito tentiamo di rimanere a galla, pensando che tutto andrà meglio se passerà quel guaio, se non vedrò più quella persona, se migliorerà quella situazione. Ma questo è rimanere in superficie: passato un problema ne arriverà un altro e l’inquietudine ritornerà. Non è prendendo le distanze da chi non la pensa come noi che saremo sereni, non è risolvendo il guaio del momento che staremo in pace. La svolta è la pace di Gesù, è l’armonia dello Spirito.
Oggi, nella fretta che il nostro tempo ci impone, sembra che l’armonia sia emarginata: tirati da mille parti rischiamo di scoppiare, sollecitati da un nervosismo continuo che fa reagire male a ogni cosa. E si cerca la soluzione rapida, una pastiglia dietro l’altra per andare avanti, un’emozione dietro l’altra per sentirsi vivi. Ma abbiamo soprattutto bisogno dello Spirito: è Lui che mette ordine nella frenesia. Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. È Colui che, tra le correnti tempestose della vita, fissa l’ancora della speranza. È lo Spirito che, come dice oggi San Paolo, ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati (cfr Rm 8,15). È il Consolatore, che ci trasmette la tenerezza di Dio. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita.
Lo Spirito Santo non porta solo armonia dentro, ma anche fuori, tra gli uomini. Ci fa Chiesa, compone parti diverse in un unico edificio armonico. Lo spiega bene San Paolo che, parlando della Chiesa, ripete spesso una parola, “diversi”: «diversi carismi, diverse attività, diversi ministeri» (1 Cor 12,4-6). Siamo diversi, nella varietà delle qualità e dei doni. Lo Spirito li distribuisce con fantasia, senza appiattire, senza omologare. E, a partire da queste diversità, costruisce l’unità. Fa così, fin dalla creazione, perché è specialista nel trasformare il caos in cosmo, nel mettere armonia. È specialista nel creare le diversità, le ricchezze; ognuno la sua, diversa. Lui è il creatore di questa diversità e, allo stesso tempo, è Colui che armonizza, che dà l’armonia e dà unità alla diversità. Soltanto Lui può fare queste due cose.
Oggi nel mondo le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni: c’è chi ha troppo e c’è chi nulla, c’è chi cerca di vivere cent’anni e chi non può venire alla luce. Nell’era dei computer si sta a distanza: più “social” ma meno sociali. Abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come Chiesa, come Popolo di Dio, e come umanità intera. Che ci rigeneri. Sempre c’è la tentazione di costruire “nidi”: di raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze, il simile col simile, allergici a ogni contaminazione. E dal nido alla setta il passo è breve, anche dentro la Chiesa. Quante volte si definisce la propria identità contro qualcuno o contro qualcosa! Lo Spirito Santo, invece, congiunge i distanti, unisce i lontani, riconduce i dispersi. Fonde tonalità diverse in un’unica armonia, perché vede anzitutto il bene, guarda all’uomo prima che ai suoi errori, alle persone prima che alle loro azioni. Lo Spirito plasma la Chiesa, plasma il mondo come luoghi di figli e di fratelli. Figli e fratelli: sostantivi che vengono prima di ogni altro aggettivo. Va di moda aggettivare, purtroppo anche insultare. Possiamo dire che noi viviamo una cultura dell’aggettivo che dimentica il sostantivo delle cose; e anche in una cultura dell’insulto, che è la prima risposta ad un’opinione che io non condivido. Poi ci rendiamo conto che fa male, a chi è insultato ma anche a chi insulta. Rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene. Chi vive secondo lo Spirito, invece, porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso.
Per essere spirituali, per gustare l’armonia dello Spirito, occorre mettere il suo sguardo davanti al nostro. Allora le cose cambiano: con lo Spirito la Chiesa è il Popolo santo di Dio, la missione il contagio della gioia, non il proselitismo, gli altri fratelli e sorelle amati dallo stesso Padre. Ma senza lo Spirito la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo. E tante Chiese fanno azioni programmatiche in questo senso di piani pastorali, di discussioni su tutte le cose. Sembra che sia quella strada ad unirci, ma questa non è la strada dello Spirito, è la strada della divisione. Lo Spirito è il bisogno primo e ultimo della Chiesa (cfr S. Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972). Egli «viene dov’è amato, dov’è invitato, dov’è atteso» (S. Bonaventura, Sermone per la IV Domenica dopo Pasqua). Fratelli e sorelle, preghiamolo ogni giorno. Spirito Santo, armonia di Dio, Tu che trasformi la paura in fiducia e la chiusura in dono, vieni in noi. Dacci la gioia della risurrezione, la perenne giovinezza del cuore. Spirito Santo, armonia nostra, Tu che fai di noi un corpo solo, infondi la tua pace nella Chiesa e nel mondo. Spirito Santo, rendici artigiani di concordia, seminatori di bene, apostoli di speranza.
[01024-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
La Pentecôte arriva, pour les disciples, après cinquante jours incertains. D’un part, Jésus était Ressuscité, pleins de joie ils l’avaient vu et écouté, et ils avaient aussi mangé avec Lui. D’autre part, ils n’avaient pas encore surmonté les doutes et les peurs: ils demeuraient enfermés (cf. Jn 20, 19.26), avec peu de perspectives, incapables d’annoncer le Vivant. Puis arrive l’Esprit Saint et les préoccupations disparaissent: maintenant les Apôtres ne craignent plus, même devant celui qui les arrête; ils étaient tout d’abord préoccupés de sauver leur vie, maintenant ils n’ont plus peur de mourir; avant, ils étaient enfermés dans le Cénacle, maintenant ils annoncent à tous les peuples. Jusqu’à l’Ascension de Jésus, ils attendaient le Règne de Dieu pour eux (cf. Ac 1, 6), maintenant ils sont impatients d’atteindre des confins inconnus. Avant, ils n’avaient presque jamais parlé en public et lorsqu’ils l’avaient fait, ils avaient souvent dit du n’importe quoi, comme Pierre qui avait renié Jésus; maintenant ils parlent avec franc-parler à tous. L’histoire des disciples, qui semblait toucher à sa fin, est donc renouvelée par la jeunesse de l’Esprit: ces jeunes, qui, en proie à l’incertitude, croyaient être arrivés, ont été transformés par une joie qui les a fait renaître. L’Esprit Saint a fait cela. L’Esprit n’est pas, comme cela pourrait sembler être, une chose abstraite; c’est la Personne la plus concrète, la plus proche, celle qui nous change la vie. Comment fait-il? Regardons les Apôtres. L’Esprit ne leur a pas rendu les choses plus faciles, il n’a pas fait des miracles spectaculaires, il n’a pas écarté les problèmes et les opposants, mais l’Esprit a apporté dans la vie des disciples une harmonie qui manquait, la sienne, parce qu’Il est harmonie.
Harmonie à l’intérieur de l’homme. A l’intérieur, dans le cœur, les disciples avaient besoin d’être changés. Leur histoire nous dit que même voir le Ressuscité ne suffit pas, si on ne L’accueille pas dans le cœur. Il ne suffit pas de savoir que le Ressuscité est vivant si on ne vit pas comme des Ressuscités. Et c’est l’Esprit qui fait vivre et revivre Jésus en nous, qui nous ressuscite intérieurement. Pour cela, Jésus, rencontrant les siens, répète: «La paix soit avec vous!» (Jn 20, 19.21) et il donne l’Esprit. La paix ne consiste pas à résoudre les problèmes de l’extérieur – Dieu n’enlève pas aux siens les tribulations et les persécutions – mais à recevoir l’Esprit Saint. En cela consiste la paix, cette paix donnée aux Apôtres, cette paix qui ne libère pas des problèmes mais dans les problèmes, est offerte à chacun de nous. C’est une paix qui rend le cœur semblable à la mer profonde qui est toujours tranquille même lorsque, en superficie, les vagues s’agitent. C’est une harmonie si profonde qu’elle peut même transformer les persécutions en béatitudes. Combien de fois, au contraire, nous demeurons en superficie! Au lieu de chercher l’Esprit, nous tentons de nous en sortir, pensant que tout ira mieux si tel malheur passe, si je ne vois plus telle personne, si telle situation s’améliore. Mais cela c’est demeurer en superficie: passé un problème, un autre arrivera et l’inquiétude reviendra. Ce n’est pas en prenant les distances de celui qui ne pense comme nous que nous serons sereins, ce n’est en résolvant les problèmes du moment que nous serons en paix. Le tournant est la paix de Jésus, l’harmonie de l’Esprit.
Aujourd’hui, dans la hâte que notre temps nous impose, il semble que l’harmonie soit mise de côté: tiraillés de mille parts, nous risquons d’exploser, sollicités par une nervosité continuelle qui nous fait réagir négativement à tout. Et on cherche la solution rapide, une pilule après l’autre pour aller de l’avant, une émotion après l’autre pour se sentir vivants. Mais nous avons surtout besoin de l’Esprit: c’est lui qui met de l’ordre dans la frénésie. Il est paix dans l’inquiétude, confiance dans le découragement, joie dans la tristesse, jeunesse dans la vieillesse, courage dans l’épreuve. C’est Celui qui, entre les courants tempétueux de la vie, fixe l’ancre de l’espérance. C’est l’Esprit qui, comme le dit aujourd’hui Saint Paul, nous interdit de retomber dans la peur parce qu’il nous fait nous sentir fils aimés (cf. Rm 8, 15). C’est le Consolateur qui nous transmet la tendresse de Dieu. Sans l’Esprit, la vie chrétienne est effilochée, privée de l’amour qui unit tout. Sans l’Esprit, Jésus demeure un personnage du passé, avec l’Esprit il est une personne vivante aujourd’hui; sans l’Esprit, l’Écriture est lettre morte, avec l’Esprit elle est Parole de vie. Un christianisme sans l’Esprit est un moralisme sans joie; avec l’Esprit il est vie.
L’Esprit Saint n’apporte pas seulement l’harmonie au-dedans, mais aussi au dehors, entre les hommes. Il nous fait Église, il assemble des parties différentes en un unique édifice harmonieux. Saint Paul l’explique bien, lui qui, en parlant de l’Église, répète souvent une parole, “variés”: «les dons de la grâce sont variés, les services sont variés, les activités sont variées» (1 Co 12, 4-6). Nous sommes différents dans la variété des qualités et des dons. L’Esprit les distribue avec fantaisie, sans aplatir, sans homologuer. Et, à partir de cette diversité, il construit l’unité. Il fait ainsi depuis la création parce qu’il est spécialiste dans la transformation du chaos en cosmos, dans la mise en harmonie. Il est spécialiste dans la création des diversités, des richesses; chacun la sienne, différente. Lui, il est le créateur de cette diversité et, en même temps, il est Celui qui harmonise, qui donne l’harmonie et donne unité à la diversité. Lui seul peut faire ces deux choses.
Aujourd’hui dans le monde, les discordances sont devenues des véritables divisions: il y a celui qui a trop et il y a celui qui n’a rien, il y a celui qui cherche à vivre cent ans et celui qui ne peut pas naître. A l’ère des ordinateurs on reste à distance: plus “social” mais moins sociaux. Nous avons besoin de l’Esprit d’unité qui nous régénère comme Église, comme Peuple de Dieu et comme humanité entière. Qui nous régénère. Il y a toujours la tentation de construire des “nids”: de se réunir autour de son propre groupe, de ses propres préférences, le semblable avec le semblable, allergiques à toute contamination. Et du nid à la secte, il n’y a qu’un pas, même dans l’Eglise. Que de fois on définit sa propre identité contre quelqu’un ou contre quelque chose! L’Esprit Saint, au contraire, relie les distances, unit les lointains, ramène les égarés. Il fusionne des tonalités différentes en une unique harmonie parce qu’il voit tout d’abord le bien, il regarde l’homme avant ses erreurs, les personnes avant leurs actions. L’Esprit modèle l’Église, modèle le monde comme des lieux de fils et de frères. Fils et frères: des substantifs qui viennent avant tout autre adjectif. C’est la mode d’adjectiver, malheureusement d’insulter aussi. Nous pouvons dire que nous vivons une culture de l’adjectif qui oublie le substantif des choses; et aussi dans une culture de l’insulte, qui est la première réponse à une opinion que je ne partage pas. Puis nous nous rendons compte que cela fait mal à celui qui est insulté, mais aussi à celui qui insulte. En rendant le mal pour le mal, en passant de victime à bourreau, on ne vit pas bien. Celui qui vit selon l’Esprit, au contraire, apporte la paix là où il y a la discorde, la concorde là où il y a le conflit. Les hommes spirituels rendent le bien pour le mal, répondent à l’arrogance par la douceur, à la méchanceté par la bonté, au vacarme par le silence, aux bavardages par la prière, au défaitisme par le sourire.
Pour être spirituels, pour goûter l’harmonie de l’Esprit, il faut mettre son regard devant le nôtre. Alors, les choses changent: avec l’Esprit, l’Église est le Peuple saint de Dieu, la mission la contagion de la joie, non pas le prosélytisme, les autres des frères et des sœurs aimés du même Père. Mais sans l’Esprit, l’Église est une organisation, la mission une propagande, la communion un effort. Et de nombreuses Eglises font des actions programmatiques en ce sens de plans pastoraux, de discussions sur toutes choses. Il semble que ce soit cette route pour nous unir, mais celle-ci n’est pas la route de l’Esprit, c’est la route de la division. L’Esprit est le besoin premier et ultime de l’Église (cf. S. Paul VI, Audience générale, 29 novembre 1972). Il «vient là où il est aimé, là où il est invité, là où il est attendu» (S. Bonaventure, Sermon pour le IVème Dimanche après Pâques). Frères et sœurs, prions-le chaque jour. Esprit Saint, harmonie de Dieu, Toi qui transformes la peur en confiance et la fermeture en don, viens en nous. Donne-nous la joie de la résurrection, l’éternelle jeunesse du cœur. Esprit Saint, notre harmonie, Toi qui fais de nous un seul corps, remplis l’Église et le monde de ta paix. Esprit Saint, rends-nous artisans de concorde, semeurs de bien, apôtres d’espérance.
[01024-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Pentecost arrived, for the disciples, after fifty days of uncertainty. True, Jesus had risen. Overjoyed, they had seen him, listened to his words and even shared a meal with him. Yet they had not overcome their doubts and fears: they met behind closed doors (cf. Jn 20:19.26), uncertain about the future and not ready to proclaim the risen Lord. Then the Holy Spirit comes and their worries disappear. Now the apostles show themselves fearless, even before those sent to arrest them. Previously, they had been worried about saving their lives; now they are unafraid of dying. Earlier, they had huddled in the Upper Room; now they go forth to preach to every nation. Before the ascension of Jesus, they waited for God’s kingdom to come to them (cf. Acts 1:6); now they are filled with zeal to travel to unknown lands. Before, they had almost never spoken in public, and when they did, they had often blundered, as when Peter denied Jesus; now they speak with parrhesia to everyone. The disciples’ journey seemed to have reached the end of the line, when suddenly they were rejuvenated by the Spirit. Overwhelmed with uncertainty, when they thought everything was over, they were transformed by a joy that gave them a new birth. The Holy Spirit did this. The Spirit is far from being an abstract reality: he is the Person who is most concrete and close, the one who changes our lives. How does he do this? Let us consider the Apostles. The Holy Spirit did not make things easier for them, he didn’t work spectacular miracles, he didn’t take away their difficulties and their opponents. Rather, the Spirit brought into the lives of the disciples a harmony that had been lacking, his own harmony, for he is harmony.
Harmony within human beings. Deep down, in their hearts, the disciples needed to be changed. Their story teaches us that even seeing the Risen Lord is not enough, unless we welcome him into our hearts. It is no use knowing that the Risen One is alive, unless we too live as risen ones. It is the Spirit who makes Jesus live within us; he raises us up from within. That is why when Jesus appears to his disciples, he repeats the words, “Peace be with you!” (Jn 20:19.21), and bestows the Spirit. That is what peace really is, the peace bestowed on the Apostles. That peace does not have to do with resolving outward problems – God does not spare his disciples from tribulation and persecution. Rather, it has to do with receiving the Holy Spirit. The peace bestowed on the apostles, the peace that does not bring freedom from problems but in problems, is offered to each of us. Filled with his peace, our hearts are like a deep sea, which remains peaceful, even when its surface is swept by waves. It is a harmony so profound that it can even turn persecutions into blessings. Yet how often we choose to remain on the surface! Rather than seeking the Spirit, we try to keep afloat, thinking that everything will improve once this or that problem is over, once I no longer see that person, once things get better. But to do so is to stay on the surface: when one problem goes away, another arrives, and once more we grow anxious and ill at ease. Avoiding those who do not think as we do will not bring serenity. Resolving momentary problems will not bring peace. What makes a difference is the peace of Jesus, the harmony of the Spirit.
At today’s frenzied pace of life, harmony seems swept aside. Pulled in a thousand directions, we run the risk of nervous exhaustion and so we react badly to everything. Then we look for the quick fix, popping one pill after another to keep going, one thrill after another to feel alive. But more than anything else, we need the Spirit: he brings order to our frenzy. The Spirit is peace in the midst of restlessness, confidence in the midst of discouragement, joy in sadness, youth in aging, courage in the hour of trial. Amid the stormy currents of life, he lowers the anchor of hope. As Saint Paul tells us today, the Spirit keeps us from falling back into fear, for he makes us realize that we are beloved children (cf. Rom 8:15). He is the Consoler, who brings us the tender love of God. Without the Spirit, our Christian life unravels, lacking the love that brings everything together. Without the Spirit, Jesus remains a personage from the past; with the Spirit, he is a person alive in our own time. Without the Spirit, Scripture is a dead letter; with the Spirit it is a word of life. A Christianity without the Spirit is joyless moralism; with the Spirit, it is life.
The Holy Spirit does not bring only harmony within us but also among us. He makes us Church, building different parts into one harmonious edifice. Saint Paul explains this well when, speaking of the Church, he often repeats a single word, “variety”: varieties of gifts, varieties of services, varieties of activities” (1 Cor 12:4-6). We differ in the variety of our qualities and gifts. The Holy Spirit distributes them creatively, so that they are not all identical. On the basis of this variety, he builds unity. From the beginning of creation, he has done this. Because he is a specialist in changing chaos into cosmos, in creating harmony. He is a specialist in creating diversity, enrichment, individuality. He is the creator of this diversity and, at the same time, the one who brings harmony and gives unity to diversity. He alone can do these two things.
In today’s world, lack of harmony has led to stark divisions. There are those who have too much and those who have nothing, those who want to live to a hundred and those who cannot even be born. In the age of the computer, distances are increasing: the more we use the social media, the less social we are becoming. We need the Spirit of unity to regenerate us as Church, as God’s People and as a human family. May he regenerate us! There is always a temptation to build “nests”, to cling to our little group, to the things and people we like, to resist all contamination. It is only a small step from a nest to a sect, even within the Church. How many times do we define our identity in opposition to someone or something! The Holy Spirit, on the other hand, brings together those who were distant, unites those far off, brings home those who were scattered. He blends different tonalities in a single harmony, because before all else he sees goodness. He looks at individuals before looking at their mistakes, at persons before their actions. The Spirit shapes the Church and the world as a place of sons and daughters, brothers and sisters. These nouns come before any adjectives. Nowadays it is fashionable to hurl adjectives and, sadly, even insults. It could be said that we are living in a culture of adjectives that forgets about the nouns that name the reality of things. But also a culture of the insult as the first reaction to any opinion that I do not share. Later we come to realize that this is harmful, to those insulted but also to those who insult. Repaying evil for evil, passing from victims to aggressors, is no way to go through life. Those who live by the Spirit, however, bring peace where there is discord, concord where there is conflict. Those who are spiritual repay evil with good. They respond to arrogance with meekness, to malice with goodness, to shouting with silence, to gossip with prayer, to defeatism with encouragement.
To be spiritual, to savour the harmony of the Spirit, we need to adopt his way of seeing things. Then everything changes: with the Spirit, the Church is the holy People of God, mission is not proselytism but the spread of joy, as others become our brothers and sisters, all loved by the same Father. Without the Spirit, though, the Church becomes an organization, her mission becomes propaganda, her communion an exertion. Many Churches spend time making pastoral plans, discussing any number of things. That seems to be the road to unity, but it is not the way of the Spirit; it is the road to division. The Spirit is the first and last need of the Church (cf. SAINT PAUL VI, General Audience, 29 November 1972). He “comes where he is loved, where he is invited, where he is expected” (SAINT BONAVENTURE, Sermon for the Fourth Sunday after Easter).
Brothers and sisters, let us daily implore the gift of the Spirit. Holy Spirit, harmony of God, you who turn fear into trust and self-centredness into self-gift, come to us. Grant us the joy of the resurrection and perennially young hearts. Holy Spirit, our harmony, you who make of us one body, pour forth your peace upon the Church and our world. Holy Spirit, make us builders of concord, sowers of goodness, apostles of hope.
[01024-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Pfingsten kam für die Jünger nach fünfzig ungewissen Tagen. Einerseits war Jesus auferstanden, und voller Freude hatten sie ihn gesehen und gehört, und sie hatten sogar mit ihm gegessen. Andererseits hatten sie ihre Zweifel und Ängste noch nicht überwunden: Sie befanden sich hinter verschlossenen Türen (vgl. Joh 20,19.26), ohne große Perspektive, sie waren nicht in der Lage, den Lebenden zu verkünden. Dann kommt der Heilige Geist und die Sorgen verschwinden: Jetzt haben die Apostel auch vor denen, die sie verhaften, keine Angst mehr; zuerst hatten sie Angst um ihr Leben, jetzt haben sie keine Angst mehr vor dem Tod; zuerst hatten sie sich im Abendmahlssaal eingesperrt, jetzt ergeht ihre Verkündigung an alle Völker. Bis zur Himmelfahrt Jesu erwarteten sie ein Reich Gottes für sich (vgl. Apg 1,6), jetzt brennen sie darauf, unbekannte Lande zu erreichen. Früher hatten sie fast nie in der Öffentlichkeit gesprochen, und wenn sie es getan hatten, ging das nicht gut, wie bei Petrus, als er Jesus verleugnete; jetzt sprechen sie freimütig zu allen. Kurz gesagt, die Geschichte der Jünger, die an ein Ende gekommen zu sein schien, wird von der Jugend des Heiligen Geistes erneuert: Diese jungen Menschen, die völlig verunsichert meinten, das sei es gewesen, wurden durch eine Freude verwandelt, die sie wiederaufleben ließ. Das bewirkte der Heilige Geist. Der Heilige Geist ist nicht, wie es scheinen mag, eine abstrakte Sache; er ist Person, äußerst konkret, ganz nah, er ist derjenige, der unser Leben verändert. Wie macht er das? Schauen wir uns die Apostel an. Der Geist hat ihnen die Dinge nicht leichter gemacht, er hat keine spektakulären Wunder vollbracht, und ihre Probleme und Gegner nicht aus dem Weg geschafft. Aber der Geist hat in das Leben der Jünger die Harmonie gebracht, die fehlte, nämlich seine Harmonie, denn er ist Harmonie.
Harmonie im Inneren des Menschen. Im Inneren, im Herzen, mussten die Jünger verändert werden. Ihre Geschichte erzählt uns, dass es nicht einmal genügt, den Auferstandenen zu sehen, wenn man ihn nicht im Herzen aufnimmt. Es bringt nichts, darum zu wissen, dass der Auferstandene lebt, wenn man nicht selbst als Auferstandener lebt. Und es ist der Geist, der Jesus in uns leben und wiederaufleben lässt, der uns im Inneren wieder zum Leben erweckt. Deshalb wiederholt Jesus, als er den Seinen begegnet: »Friede sei mit euch!« (Joh 20,19.21), und er schenkt den Heiligen Geist. Der Friede besteht nicht darin, dass die äußeren Probleme sich in Luft auflösen – Gott erspart den Seinen weder Trübsal noch Verfolgungen – sondern dass man den Heiligen Geist empfängt. Darin besteht der Friede, jener Friede, der den Aposteln zuteilwurde, jener Friede, der uns nicht von Problemen befreit, sondern in den Problemen frei macht, ist ein Angebot an einen jeden von uns. Es ist ein Friede, der das Herz den Tiefen des Meeres ähnlich sein lässt, wo immer Ruhe herrscht, auch wenn die Wellen an der Oberfläche wogen. Es ist eine so tiefe Harmonie, dass sie sogar Verfolgungen in Seligkeit verwandeln kann. Wie oft jedoch bleiben wir an der Oberfläche? Anstatt den Heiligen Geist zu suchen, versuchen wir uns über Wasser zu halten, indem wir denken, dass alles besser wird, wenn dieser oder jener Ärger vorbei ist, wenn ich diese oder jene Person nicht mehr sehe, wenn sich diese oder jene Situation verbessert. Aber so bleibt man an der Oberfläche: Sobald ein Problem vorbei ist, kommt ein anderes, und die Unruhe kehrt zurück. Wir werden nicht dann zur Ruhe kommen, wenn wir uns von denen distanzieren, die nicht so denken wie wir, und wir werden auch dann nicht den Frieden finden, wenn wir die Schwierigkeiten des Augenblicks lösen. Der Wendepunkt ist der Friede Jesu, die Harmonie des Heiligen Geistes.
Heute, in der Eile, die unsere Zeit uns auferlegt, scheint es, dass die Harmonie kaum mehr eine Rolle spielt: zwischen tausend Seiten hin- und hergerissen, riskieren wir zu platzen unter dem Druck einer ständigen Nervosität, die uns auf alles schlecht reagieren lässt. Und dann sucht man eine schnelle Lösung, nimmt eine Tablette nach der anderen, um weitermachen zu können, man braucht einen Nervenkitzel nach dem anderen, um sich lebendig zu fühlen. Aber mehr als alles andere brauchen wir den Geist; er ist es, der in der Hektik Ordnung schafft. In der Unruhe schenkt er Frieden, in der Entmutigung Vertrauen, in der Traurigkeit Freude, im Alter Jugend, in der Prüfung Mut. Er ist derjenige, der in den stürmischen Strömungen des Lebens den Anker der Hoffnung setzt. Es ist der Geist, der uns, wie der heilige Paulus heute sagt, daran hindert, wieder in Angst zu verfallen, weil er uns spüren lässt, dass wir geliebte Kinder sind (vgl. Röm 8,15). Es ist der Tröster, der uns die Zärtlichkeit Gottes übermittelt. Ohne den Heiligen Geist löst sich das christliche Leben auf, da die Liebe fehlt, die alles zusammenhält. Ohne den Geist bleibt Jesus eine Figur der Vergangenheit, mit dem Heiligen Geist ist er eine heute lebende Person; ohne den Geist ist die Heilige Schrift toter Buchstabe, im Heiligen Geist ist sie Wort des Lebens. Ein Christentum ohne den Heiligen Geist ist ein freudloser Moralismus; mit dem Heiligen Geist ist es Leben.
Der Heilige Geist bringt nicht nur Harmonie im Inneren, sondern auch im Äußeren und zwischen den Menschen. Er macht uns zur Kirche, er setzt aus verschiedenen Teilen ein einziges harmonisches Gebäude zusammen. Schön erklärt das der heilige Paulus, der, als er von der Kirche spricht, ein Wort oft wiederholt, nämlich das Wort „verschieden“: »verschiedene Gnadengaben, verschiedene Dienste, verschiedene Kräfte« (vgl. 1 Kor 12,4-6). Wir sind verschieden in der Vielfalt unserer Eigenschaften und Begabungen. Der Geist verteilt sie phantasievoll, ohne etwas zu verflachen, ohne Gleichmacherei. Und aus diesen Unterschieden errichtet er die Einheit. Das tut er seit der Schöpfung, denn er ist ein Spezialist darin, Chaos in Kosmos zu verwandeln und alles in Einklang zu bringen. Er ist ein Spezialist darin, Verschiedenartigkeit und Reichtum zu schaffen – jedem einen eigenen und jedem einen anderen. Er ist der Schöpfer dieser Verschiedenartigkeit und gelichzeitig ist er der, der das Verschiedenartige in Einklang bringt, der Harmonie schafft und der Verschiedenheit Einheit verleiht. Nur er kann dies beides tun.
In der Welt von heute sind Disharmonien zu echten Spaltungen geworden: Es gibt diejenigen, die zu viel haben und es gibt diejenigen, die nichts haben, es gibt diejenigen, die versuchen, hundert Jahre zu leben, und diejenigen, die nicht einmal geboren werden. Im Zeitalter der Computer bleibt man auf Distanz: man ist mehr „social“, aber weniger sozial. Wir brauchen den Geist der Einheit, der uns als Kirche, als Volk Gottes und als ganze Menschheit erneuert. Möge er uns erneuern. Es gibt immer die Versuchung „Nester“ zu bauen: sich um die eigene Gruppe zu versammeln, um die eigenen Vorlieben, um seinesgleichen, allergisch gegen jede Kontamination. Und vom Nest zur Sekte ist es nur ein kleiner Schritt, auch innerhalb der Kirche. Wie oft definiert man die eigene Identität gegen jemanden oder gegen etwas! Der Heilige Geist hingegen verbindet die Auseinanderliegenden, vereint die Fernen, und bringt die Versprengten zurück. Er vermischt verschiedene Töne zu einer einzigen Harmonie, denn er sieht zuerst das Gute, er sieht auf den Menschen, bevor er auf dessen Fehler, auf die Menschheit, bevor er auf ihr Wirken schaut. Der Geist gestaltet die Kirche, er gestaltet die Welt als Orte von Söhnen und Töchtern, Brüdern und Schwestern. Söhne und Töchter, Brüder und Schwestern: das sind Substantive, die vor jedem weiteren Adjektiv stehen. Es ist in Mode gekommen, Adjektive zu vergeben und leider auch andere zu beleidigen. Wir können sagen, dass wir eine Kultur des Adjektivs erleben, die den Substantiv der Dinge vergisst; und auch in einer Kultur der Beleidigung, als erster Antwort auf eine Meinung, die ich nicht teile. Dann erkennen wir, dass das wehtut, demjenigen, der beleidigt wird, aber auch demjenigen, der beleidigt. Wenn man Böses mit Bösem vergilt, wenn man vom Opfer zum Täter wird, lebt man nicht gut. Diejenigen jedoch, die nach dem Geist leben, bringen Frieden, wo Zwietracht herrscht und Eintracht, wo es Konflikte gibt. Geistliche Menschen vergelten Böses mit Gutem, sie antworten auf Arroganz mit Sanftmut, auf Bosheit mit Güte, auf Lärm mit Stille, auf Geschwätz mit Gebet, auf Pessimismus mit einem Lächeln.
Um geistlich zu sein, um die Harmonie des Geistes zu verkosten, muss man seine Sichtweise der unseren vorziehen. Dann ändern sich die Dinge: im Heiligen Geist ist die Kirche das heilige Volk Gottes, die Mission ist Ansteckung mit Freude, nicht Proselytenmacherei, die anderen sind Brüder und Schwestern, die alle vom selben Vater geliebt sind. Ohne den Geist jedoch ist die Kirche eine Organisation, die Mission Propaganda, die Gemeinschaft eine Anstrengung. Und viele Kirchen veranstalten programmatische Aktionen in diesem Sinn von Pastoralplänen und Diskussionen über alles. Es scheint so, als gelangten wir auf diesem Weg zur Einheit, aber dies ist nicht der Weg des Heiligen Geistes, es ist der Weg der Spaltung. Das, was die Kirche am meisten braucht, ist der Heilige Geist (vgl. Paul VI., Generalaudienz, 29. November 1972). Er „kommt dorthin, wo er geliebt wird, wo er eingeladen ist, wo er erwartet wird“ (Bonaventura, Predigt am 4. Sonntag nach Ostern). Brüder und Schwestern, lasst uns jeden Tag zu ihm beten. Heiliger Geist, Harmonie Gottes, du, der du die Angst in Vertrauen und die Verschlossenheit in Hingabe verwandelst, kehr bei uns ein. Gib uns die Freude der Auferstehung, die ewige Jugend des Herzens. Heiliger Geist, du unsere Harmonie, der du aus uns einen einzigen Leib machst, gieße der Kirche und der Welt deinen Frieden ein. Heiliger Geist, mache uns zu Handwerkern der Eintracht, zu Aussäern des Guten, zu Aposteln der Hoffnung.
[01024-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Después de cincuenta días de incertidumbre para los discípulos, llegó Pentecostés. Por una parte, Jesús había resucitado, lo habían visto y escuchado llenos de alegría, y también habían comido con Él. Por otro lado, aún no habían superado las dudas y los temores: estaban con las puertas cerradas (cf. Jn 20,19.26), con pocas perspectivas, incapaces de anunciar al que está Vivo. Luego, llega el Espíritu Santo y las preocupaciones se desvanecen: ahora los apóstoles ya no tienen miedo ni siquiera ante quien los arresta; antes estaban preocupados por salvar sus vidas, ahora ya no tienen miedo de morir; antes permanecían encerrados en el Cenáculo, ahora salen a anunciar a todas las gentes. Hasta la Ascensión de Jesús, esperaban un Reino de Dios para ellos (cf. Hch 1,6), ahora están ansiosos por llegar hasta los confines desconocidos. Antes no habían hablado casi nunca en público y, cuando lo habían hecho, a menudo habían causado problemas, como Pedro negando a Jesús; ahora hablan con parresia a todos. La historia de los discípulos, que parecía haber llegado a su final, es en definitiva renovada por la juventud del Espíritu: aquellos jóvenes que poseídos por la incertidumbre pensaban que habían llegado al final, fueron transformados por una alegría que los hizo renacer. El Espíritu Santo hizo esto. El Espíritu no es, como podría parecer, algo abstracto; es la persona más concreta, más cercana, que nos cambia la vida. ¿Cómo lo hace? Fijémonos en los apóstoles. El Espíritu no les facilitó la vida, no realizó milagros espectaculares, no eliminó problemas y adversarios, pero el Espíritu trajo a la vida de los discípulos una armonía que les faltaba, porque Él es armonía.
Armonía dentro del hombre. Los discípulos necesitaban ser cambiados por dentro, en sus corazones. Su historia nos dice que incluso ver al Resucitado no es suficiente si uno no lo recibe en su corazón. No sirve de nada saber que el Resucitado está vivo si no vivimos como resucitados. Y es el Espíritu el que hace que Jesús viva y renazca en nosotros, el que nos resucita por dentro. Por eso Jesús, encontrándose con los discípulos, repite: «Paz a vosotros» (Jn 20,19.21) y les da el Espíritu. La paz no consiste en solucionar los problemas externos —Dios no quita a los suyos las tribulaciones y persecuciones—, sino en recibir el Espíritu Santo. En eso consiste la paz, esa paz dada a los apóstoles, esa paz que no libera de los problemas sino en los problemas, es ofrecida a cada uno de nosotros. Es una paz que asemeja el corazón al mar profundo, que siempre está tranquilo, aun cuando la superficie esté agitada por las olas. Es una armonía tan profunda que puede transformar incluso las persecuciones en bienaventuranzas. En cambio, cuántas veces nos quedamos en la superficie. En lugar de buscar el Espíritu tratamos de mantenernos a flote, pensando que todo irá mejor si se acaba ese problema, si ya no veo a esa persona, si se mejora esa situación. Pero eso es permanecer en la superficie: una vez que termina un problema, vendrá otro y la inquietud volverá. El camino para tener tranquilidad no está en alejarnos de los que piensan distinto a nosotros, no es resolviendo el problema del momento como tendremos paz. El punto de inflexión es la paz de Jesús, es la armonía del Espíritu.
Hoy, con las prisas que nos impone nuestro tiempo, parece que la armonía está marginada: reclamados por todas partes, corremos el riesgo de estallar, movidos por un continuo nerviosismo que nos hace reaccionar mal a todo. Y se busca la solución rápida, una pastilla detrás de otra para seguir adelante, una emoción detrás de otra para sentirse vivos. Pero lo que necesitamos sobre todo es el Espíritu: es Él quien pone orden en el frenesí. Él es la paz en la inquietud, la confianza en el desánimo, la alegría en la tristeza, la juventud en la vejez, el valor en la prueba. Es Él quien, en medio de las corrientes tormentosas de la vida, fija el ancla de la esperanza. Es el Espíritu el que, como dice hoy san Pablo, nos impide volver a caer en el miedo porque hace que nos sintamos hijos amados (cf. Rm 8,15). Él es el Consolador, que nos transmite la ternura de Dios. Sin el Espíritu, la vida cristiana está deshilachada, privada del amor que todo lo une. Sin el Espíritu, Jesús sigue siendo un personaje del pasado, con el Espíritu es una persona viva hoy; sin el Espíritu la Escritura es letra muerta, con el Espíritu es Palabra de vida. Un cristianismo sin el Espíritu es un moralismo sin alegría; con el Espíritu es vida.
El Espíritu Santo no solo trae armonía dentro, sino también fuera, entre los hombres. Nos hace Iglesia, compone las diferentes partes en un solo edificio armónico. San Pablo lo explica bien cuando, hablando de la Iglesia, repite a menudo una palabra, “diversidad”: «diversidad de carismas, diversidad de actuaciones, diversidad de ministerios» (1 Co 12,4-6). Somos diferentes en la variedad de cualidades y dones. El Espíritu los distribuye con imaginación, sin nivelar, sin homologar. Y a partir de esta diversidad construye la unidad. Lo hace desde la creación, porque es un especialista en transformar el caos en cosmos, en poner armonía. Es especialista en crear la diversidad, las riquezas; cada uno la suya, diversa. Él es el creador de esta diversidad y, al mismo tiempo, es Aquel que armoniza, que da la armonía y da unidad a la diversidad. Solo Él puede hacer estas dos cosas.
Hoy en el mundo, las desarmonías se han convertido en verdaderas divisiones: están los que tienen demasiado y los que no tienen nada, los que buscan vivir cien años y los que no pueden nacer. En la era de la tecnología estamos distanciados: más “social” pero menos sociales. Necesitamos el Espíritu de unidad, que nos regenere como Iglesia, como Pueblo de Dios y como humanidad entera. Que nos regenere. Siempre existe la tentación de construir “nidos”: de reunirse en torno al propio grupo, a las propias preferencias, el igual con el igual, alérgicos a cualquier contaminación. Y del nido a la secta, el paso es corto, también dentro de la Iglesia. ¡Cuántas veces se define la propia identidad contra alguien o contra algo! El Espíritu Santo, en cambio, reúne a los distantes, une a los alejados, trae de vuelta a los dispersos. Mezcla diferentes tonos en una sola armonía, porque ve sobre todo lo bueno, mira al hombre antes que sus errores, a las personas antes que sus acciones. El Espíritu plasma a la Iglesia, plasma el mundo como lugares de hijos y hermanos. Hijos y hermanos: sustantivos que vienen antes de cualquier otro adjetivo. Está de moda adjetivar, lamentablemente también insultar. Podemos decir que vivimos en una cultura del adjetivo que olvida el sustantivo de las cosas; y también en una cultura del insulto, que es la primera respuesta a una opinión que yo no comparto. Después nos damos cuenta de que hace daño, tanto al que es insultado como también al que insulta. Devolviendo mal por mal, pasando de víctimas a verdugos, no se vive bien. En cambio, el que vive según el Espíritu lleva paz donde hay discordia, concordia donde hay conflicto. Los hombres espirituales devuelven bien por mal, responden a la arrogancia con mansedumbre, a la malicia con bondad, al ruido con el silencio, a las murmuraciones con la oración, al derrotismo con la sonrisa.
Para ser espirituales, para gustar la armonía del Espíritu, debemos poner su mirada por encima de la nuestra. Entonces todo cambia: con el Espíritu, la Iglesia es el Pueblo santo de Dios; la misión, el contagio de la alegría, no el proselitismo; los otros hermanos y hermanas, amados por el mismo Padre. Pero sin el Espíritu, la Iglesia es una organización; la misión, propaganda; la comunión, un esfuerzo. Y muchas Iglesias llevan a cabo acciones programáticas en este sentido de planes pastorales, de discusiones acerca de todo. Parece que sea ese el camino para unirnos, pero ese no es el camino del Espírito, es el camino de la división. El Espíritu es la primera y última necesidad de la Iglesia (cf. S. Pablo VI, Audiencia general, 29 noviembre 1972). Él «viene donde es amado, donde es invitado, donde se lo espera» (S. Buenaventura, Sermón del IV domingo después de Pascua). Hermanos y hermanas, recémosle todos los días. Espíritu Santo, armonía de Dios, tú que transformas el miedo en confianza y la clausura en don, ven a nosotros. Danos la alegría de la resurrección, la juventud perenne del corazón. Espíritu Santo, armonía nuestra, tú que nos haces un solo cuerpo, infunde tu paz en la Iglesia y en el mundo. Espíritu Santo, haznos artesanos de concordia, sembradores de bien, apóstoles de esperanza.
[01024-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
O Pentecostes chegou, para os discípulos, depois de cinquenta dias incertos. Por um lado, Jesus ressuscitara: cheios de alegria, tinham-No visto, escutado e até comido com Ele. Por outro, ainda não superaram dúvidas e temores: estavam com as portas fechadas (cf. Jo 20, 19.26), com perspetivas reduzidas, incapazes de anunciar o Vivente. Depois, chega o Espírito Santo e as preocupações desaparecem: agora os Apóstolos não têm medo nem sequer à vista de quem os prende; antes, preocupados por salvar a sua vida, agora já não têm medo de morrer; antes, fechados no Cenáculo, agora levam o anúncio a todas as nações. Até à Ascensão de Jesus, aguardavam um Reino de Deus para eles (cf. At 1, 6), agora estão ansiosos por alcançar fronteiras desconhecidas. Antes, quase nunca falaram em público e muitas vezes, quando o fizeram, criaram problemas como Pedro que renegou Jesus; agora falam corajosamente a todos. Em resumo, a história dos discípulos, que parecia ter chegado ao fim, é renovada pela juventude do Espírito: aqueles jovens, que dominados pela incerteza se sentiam no fim, foram transformados por uma alegria que os fez renascer. Foi o Espírito Santo que fez isto. O Espírito não é, como poderia parecer, uma coisa abstrata; é a Pessoa mais concreta, mais próxima, aquela que muda a nossa vida. E como faz? Vejamos os Apóstolos. O Espírito não lhes tornou as coisas mais fáceis, não fez milagres espetaculares, não eliminou problemas nem opositores, mas o Espírito trouxe para a vida dos discípulos uma harmonia que faltava: a Sua, porque Ele é harmonia.
Harmonia dentro do homem. Era dentro, no coração, que os discípulos precisavam de ser mudados. A sua história diz-nos que a própria visão do Ressuscitado não basta; é preciso acolhê-Lo no coração. De nada aproveita saber que o Ressuscitado está vivo, se não se vive como ressuscitados. E é o Espírito que faz viver e ressurgir Jesus em nós, que nos ressuscita dentro. Por isso Jesus, ao encontrar os Seus, repete: «A paz esteja convosco» (Jo 20, 19.21) e dá o Espírito. A paz não consiste em resolver os problemas a partir de fora – Deus não tira aos Seus tribulações e perseguições –, mas em receber o Espírito Santo. Nisto consiste a paz, aquela paz dada aos Apóstolos, aquela paz que não livra dos problemas, mas, nos problemas, é oferecida a cada um de nós. É uma paz que torna o coração semelhante ao mar profundo: permanece tranquilo, mesmo quando as ondas estão revoltas à superfície. É uma harmonia tão profunda que pode até transformar as perseguições em bem-aventurança. Mas, em vez disso, quantas vezes permanecemos à superfície! Em vez de procurar o Espírito, tentamos flutuar, pensando que tudo ficará bem se certo problema passar, se não virmos mais tal pessoa, se melhorar aquela situação. Mas isto é permanecer à superfície: superado um problema, chegará outro; e a ansiedade voltará. Não é afastando-nos de quem pensa diferente de nós que ficaremos tranquilos, não é resolvendo o problema presente que estaremos em paz. O ponto de mudança é a paz de Jesus, é a harmonia do Espírito.
Com a pressa que o nosso tempo nos impõe, parece que a harmonia esteja posta de lado: reclamados por uma infinidade de coisas, arriscamo-nos a explodir, solicitados por um nervosismo contínuo que nos faz reagir mal a tudo. E procura-se a solução rápida: uma pastilha atrás doutra para continuar, uma emoção atrás doutra para se sentir vivo, quando na verdade aquilo de que precisamos é sobretudo o Espírito. É Ele que coloca ordem neste frenesi. É paz na ansiedade, confiança no desânimo, alegria na tristeza, juventude na velhice, coragem na prova. É Ele que, no meio das correntes tempestuosas da vida, mantém firme a âncora da esperança. Como nos diz hoje São Paulo, é o Espírito que nos impede de recair no medo, fazendo-nos sentir filhos amados (cf. Rm 8, 15). É o Consolador, que nos transmite a ternura de Deus. Sem o Espírito, a vida cristã desfia-se, privada do amor que tudo une. Sem o Espírito, Jesus permanece um personagem do passado; com o Espírito, é pessoa viva hoje. Sem o Espírito, a Escritura é letra morta; com o Espírito, é Palavra de vida. Um cristianismo sem o Espírito é um moralismo sem alegria; com o Espírito, é vida.
O Espírito Santo produz harmonia não só dentro, mas também fora, entre os homens. Faz-nos Igreja, compõe partes distintas num único edifício harmónico. Explica-o bem São Paulo que, ao falar da Igreja, repete muitas vezes a palavra «diferente»: «diferentes carismas, diferentes atividades, diferentes ministérios» (cf. 1 Cor 12, 4-6). Somos diferentes, na variedade das qualidades e dos dons. O Espírito distribui-os com criatividade, sem rebaixar nem nivelar. E, a partir desta diversidade, constrói a unidade. Assim procede desde a criação, porque é especialista em transformar o caos em cosmo, em criar harmonia. Ele é especialista em criar as diversidades, as riquezas; cada um com a sua, diversa. Ele é o criador desta diversidade e, ao mesmo tempo, é Aquele que harmoniza, que dá harmonia, e dá unidade na diversidade. Somente Ele pode fazer estas duas coisas.
Hoje, no mundo, as desarmonias tornaram-se verdadeiras divisões: há quem tenha demais e quem não tem nada, há quem procure viver cem anos e quem não pode vir à luz. Na era dos computadores, permanece-se à distância: mais sociedade, mas menos sociais. Precisamos do Espírito de unidade, que nos regenere como Igreja, como Povo de Deus e como humanidade inteira. Que nos regenere. Há sempre a tentação de construir «ninhos»: reunir-se à volta do próprio grupo, das próprias preferências, o semelhante com o semelhante, alérgicos a toda a contaminação. E do ninho à seita, o passo é curto, mesmo dentro da Igreja. Quantas vezes se define a própria identidade contra alguém ou contra alguma coisa! Pelo contrário, o Espírito Santo junta os distantes, une os afastados, reconduz os dispersos. Funde tonalidades diferentes numa única harmonia, porque em primeiro lugar vê o bem, vê o homem antes dos seus erros, as pessoas antes das suas ações. O Espírito molda a Igreja, molda o mundo como espaços de filhos e de irmãos. Filhos e irmãos: substantivos que vêm antes de qualquer adjetivo. Está na moda adjetivar, se não mesmo, infelizmente, insultar. Podemos dizer que vivemos na cultura do adjetivo que esquece do substantivo das coisas; e também numa cultura do insulto, que é a primeira resposta para uma opinião que eu não compartilho. Depois damo-nos conta de que faz mal a quem é insultado, mas também a quem insulta. Retribuindo o mal com mal, passando de vítimas a verdugos, não se vive bem. Pelo contrário, quem vive segundo o Espírito leva paz onde há discórdia, concórdia onde há conflito. Os homens espirituais retribuem o mal com bem, respondem à arrogância com a mansidão, à maldade com a bondade, à barafunda com o silêncio, às maledicências com a oração, ao derrotismo com o sorriso.
Para ser espirituais, para saborear a harmonia do Espírito, é preciso colocar a sua visão à frente da nossa. Então as coisas mudam: com o Espírito, a Igreja é o Povo santo de Deus, a missão é o contágio da alegria - não o proselitismo - os outros são irmãos e irmãs amados pelo mesmo Pai. Mas, sem o Espírito, a Igreja é uma organização, a missão é propaganda, a comunhão é um esforço. E tantas Igrejas fazem acções programáticas no sentido de planos de pastoral, de discussões sobre todas as coisas. Pode parecer que este seja o caminho para nos unir, porém este não é o caminho do Espírito, é o caminho da divisão. A primeira e a derradeira necessidade da Igreja é o Espírito (cf. São Paulo VI, Catequese na Audiência Geral de 29/XI/1972). Ele «vem aonde é amado, aonde é convidado, aonde é esperado» (São Boaventura, Sermão para o IV Domingo depois da Páscoa). Irmãos e irmãs, rezemos-Lhe diariamente. Espírito Santo, harmonia de Deus! Vós que transformais o medo em confiança e o fechamento em dom, vinde a nós. Dai-nos a alegria da ressurreição, a perene juventude do coração. Espírito Santo, nossa harmonia! Vós que fazeis de nós um só corpo, infundi a vossa paz na Igreja e no mundo. Espírito Santo: tornai-nos artesãos de concórdia, semeadores de bem, apóstolos de esperança.
[01024-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Po pięćdziesięciu niepewnych dniach nadeszła dla uczniów Pięćdziesiątnica. Z jednej strony Jezus zmartwychwstał, widzieli i słuchali Go pełni radości, a nawet z Nim jedli. Z drugiej strony nie przezwyciężyli jeszcze wątpliwości i lęków: przebywali za zamkniętymi drzwiami (por. J 20, 19.26), bez perspektyw, niezdolni do głoszenia Żyjącego. Następnie przybył Duch Święty i troski zniknęły: teraz apostołowie nie boją się nawet tych, którzy ich zaaresztują. Wcześniej obawiali się o ocalenie swojego życia, a teraz już nie boją się śmierci; wcześniej byli zamknięci w Wieczerniku, a teraz głoszą Ewangelię wszystkim narodom. Aż do Wniebowstąpienia Jezusa oczekiwali dla siebie królestwa Bożego (por. Dz 1,6), a teraz pragną dotrzeć do nieznanych krańców. Wcześniej niemal nigdy nie mówili publicznie, a kiedy to czynili często sprawiali kłopoty, jak Piotr zapierający się Jezusa; a teraz szczerze i otwarcie mówią do wszystkich. Historia uczniów, która wydawała się skończona, została krótko mówiąc odnowiona przez młodość Ducha: ci młodzi, którzy ogarnięci niepewnością, czuli, że dotarli do kresu, zostali przemienieni radością, która sprawiła, że się odrodzili. Uczynił to Duch Święty. Duch nie jest, jak to mogłoby się zdawać, rzeczą abstrakcyjną; jest Osobą najbardziej konkretną, najbliższą, która zmienia nasze życie. Jak to czyni? Spójrzmy na Apostołów. Duch nie uczynił im spraw łatwiejszymi, nie dokonał spektakularnych cudów, nie usunął z drogi problemów i przeciwników, ale Duch wprowadził w życie uczniów pewną harmonię, której brakowało, swoją, ponieważ On jest harmonią.
Harmonia w człowieku. W swoim wnętrzu, w sercu uczniowie potrzebowali przemiany. Ich historia mówi nam, że nie wystarczy nawet zobaczyć Zmartwychwstałego, jeśli nie przyjmiemy Go w sercu. Na nic się zda wiedza, że Zmartwychwstały żyje, jeśli nie żyje się jako zmartwychwstali. I to Duch sprawia, że Jezus żyje i odżywa w nas, wskrzeszając nas wewnętrznie. Dlatego Jezus, spotykając się ze swymi uczniami powtarza: „Pokój wam” (J 20,19.21) i daje im Ducha. Pokój nie polega na uporządkowaniu spraw od zewnątrz – Bóg nie ujmuje swoim uczniom cierpień i prześladowań – ale na przyjęciu Ducha Świętego. Na tym polega pokój, ten pokój dany apostołom, pokój, który nie uwalnia od problemów, ale czyni wolnymi w problemach, jest ofiarowany każdemu z nas. Jest to pokój, który sprawia, że serce jest podobne do głębokiego morza, które jest zawsze spokojne, nawet wtedy, gdy na powierzchni fale się burzą. Jest to harmonia tak głęboka, że może nawet przekształcić prześladowania w błogosławieństwa. Ileż razy pozostajemy natomiast na powierzchni! Zamiast szukać Ducha, próbujemy utrzymać się na powierzchni, myśląc, że wszystko pójdzie lepiej, jeśli te problemy przeminą, jeśli nie zobaczę już tej osoby, jeśli dana sytuacja się poprawi. Ale jest to trwanie na powierzchni: gdy zniknie problem, nadejdzie kolejny i niepokój powróci. Nie osiągniemy pogody ducha nabierając dystansu wobec osób, które nie myślą tak jak my, nie będziemy żyli w pokoju rozwiązując kłopot danej chwili. Punktem zwrotnym jest pokój Jezusa, jest harmonia Ducha.
Dzisiaj, w pośpiechu, jaki narzuca nam nasz czas, wydaje się, że harmonia jest usunięta na margines: ryzykujemy, że pociągani z tysiąca stron wybuchniemy, opanowani ciągłą nerwowością, która sprawia, że źle reagujemy na wszystko. Poszukujemy szybkiego rozwiązania, jedna pigułka za drugą, by iść naprzód, jedna emocja za drugą, by poczuć, że żyjemy. Ale przede wszystkim potrzebujemy Ducha: to On wprowadza w szaleństwo ład. On jest pokojem w niepokoju, ufnością w zniechęceniu, radością w smutku, młodością w starości, odwagą w próbie. To On, pośród burzliwych nurtów życia, umocowuje kotwicę nadziei. To Duch, jak mówi dzisiaj św. Paweł, uniemożliwia nam popadanie w bojaźń, ponieważ sprawia, że czujemy się miłowanymi dziećmi (por. Rz 8,15). On jest Pocieszycielem, który przekazuje nam czułość Boga. Bez Ducha życie chrześcijańskie jest chaotyczne, pozbawione miłości, która wszystko jednoczy. Bez Ducha Jezus pozostaje postacią przeszłości, z Duchem jest osobą żywą dzisiaj; bez Ducha Pismo Święte jest martwą literą, z Duchem jest Słowem życia. Chrześcijaństwo bez Ducha jest moralizmem bez radości; z Duchem jest życiem.
Duch Święty nie tylko wnosi harmonię w nasze wnętrze, ale także na zewnątrz, między ludźmi. Czyni nas Kościołem, składa różne części w jeden harmonijny gmach. Dobrze wyjaśnia to święty Paweł, kiedy, mówiąc o Kościele, często powtarza słowo „różne”: „różne charyzmaty, różne działalności, różne posługiwania” (1 Kor 12, 4-6). Jesteśmy różni, w różnorodności cech i darów. Duch rozdziela je fantazyjnie, nie wyrównując, nie ujednolicając. A wychodząc od tej różnorodności, buduje jedność. Tak czyni począwszy od dzieła stworzenia, ponieważ jest specjalistą w przekształcaniu chaosu w kosmos, we wprowadzaniu harmonii. Jest specjalistą w tworzeniu różnorodności, bogactwa; każdy na swój sposób, odmiennie. On jest stwórcą tej różnorodności i, równocześnie, jest Tym, który harmonizuje i nadaje różnorodności jedność. Tylko On może to zrobić.
Dziś na świecie dysharmonie stały się prawdziwymi podziałami: są tacy, którzy mają za dużo i tacy, którzy nie mają nic, są tacy, którzy starają się żyć sto lat i ci, którzy nie mogą się narodzić. W erze komputerów jesteśmy na dystans: bardziej „społecznościowi”, ale mniej społeczni. Potrzebujemy Ducha jedności, który odrodzi nas jako Kościół, jako lud Boży i jako całą ludzkość. Który nas odrodzi… Zawsze istnieje pokusa, by budować „gniazda”: gromadzić się wokół własnej grupy, swoich preferencji, podobni z podobnymi, uczuleni na wszelkie skażenia. Od gniazda do sekty jest blisko, również w Kościele: ileż razy określamy swoją tożsamość przeciwko komuś lub przeciwko czemuś! Natomiast Duch Święty łączy odległych, jednoczy dalekich, sprowadza zagubionych. Łączy różne odcienie w jednej harmonii, ponieważ widzi przede wszystkim dobro, bardziej patrzy na człowieka niż na jego błędy, bardziej na ludzi niż na ich działania. Duch kształtuje Kościół, kształtuje świat jako miejsca synów i braci. Synowie i bracia: rzeczowniki, które pojawiają się przed wszelkim innym przymiotnikiem. Modne jest używanie przymiotników, niestety również obrażanie. Możemy powiedzieć, że żyjemy w kulturze przymiotnika, która zapomina o rzeczowniku; a także w kulturze obrażania, które jest pierwszą odpowiedzią na opinię, której nie podzielam. Później sobie uświadamiamy, że to szkodzi tym, którzy są obrażani, ale także tym, którzy obrażają. Nie można dobrze żyć oddając złem za zło, zmieniając się z ofiar w oprawców. Natomiast ci, którzy żyją według Ducha, wnoszą pokój tam, gdzie panuje niezgoda, zgodę tam, gdzie istnieje konflikt. Ludzie duchowi zło odwzajemniają dobrem, na arogancję reagują łagodnością, na złośliwość dobrocią, na zgiełk milczeniem, na plotki modlitwą, na defetyzmem uśmiechem.
Aby być duchowymi, aby cieszyć się harmonią Ducha, musimy postawić Jego spojrzenie przed swoim. Wówczas rzeczy się zmieniają: z Duchem Świętym Kościół jest świętym ludem Bożym, misja - zarażanie radością, nie prozelityzm - innych braci i sióstr miłowanych przez tego samego Ojca. Ale bez Ducha Kościół jest jakąś organizacją, misja - propagandą, komunia - wysiłkiem. Wiele Kościołów prowadzi programowe akcje, w rozumieniu programów pastoralnych, dyskusji o wszystkim. Wydaje się, że taka jest droga do jednoczenia nas, ale to nie jest droga Ducha Świętego, to jest droga podziału. Duch jest pierwszą i ostatnią potrzebą Kościoła (por. Św. PAWEŁ VI, Audiencja generalna, 29 listopada 1972 r.). „Przychodzi tam, gdzie jest miłowany, gdzie jest zaproszony, gdzie się Go oczekuje” (Św. BONAWENTURA, Sermone per la IV Domenica dopo Pasqua). Bracia i siostry, módlmy się do Niego codziennie. Duchu Święty, harmonio Boga, Ty, który przekształcasz strach w zaufanie a zamknięcie w dar, przyjdź do nas. Daj nam radość zmartwychwstania, odwieczną młodość serca. Duchu Święty, nasza harmonio, Ty, który czynisz nas jednym ciałem, wlej swój pokój w Kościół i świat. Duchu Święty, uczyń nas budowniczymi harmonii, siewcami dobra, apostołami nadziei.
[01024-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
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[01024-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0493-XX.02]